ABRUZZESI ILLUSTRI
PAOLO MARSO
(1440 – 1484)
poeta umanista
Poeta e umanista, Paolo Marso (anche Marsi) nacque a Pescina (AQ) nel 1440 in una
famiglia di modeste condizioni economiche e molto numerosa, contava oltre ai genitori
ben 14 figli.
Dallo stesso Marso si apprende che di tutti i suoi fratelli solo tre arrivarono all’età adulta
ma alla data del 1482 risulta in vita solo l’ultimo, Angelo, di molti anni più giovane di lui,
che trovò la morte in quello stesso anno per mano di un mercenario turco nei pressi di
Frascati. Non si possiedono notizie relative al padre; della madre, invece, si deduce che
visse a lungo con il poeta, il quale si prese cura dell’anziana genitrice anche nei momenti
più difficili.
Come si ricava da alcuni versi che figurano nel suo commento ai Fasti di Ovidio, ancora
ragazzo si trasferì a Carsoli (AQ), alle dipendenze di una montana domus, generosa propago,
individuabile nel casato del patrizio romano Virgilio Orsini, che a Carsoli appunto aveva
un piccolo feudo. Con la morte dell’Orsini nel 1457, Paolo, diciassettenne, ne perse la
protezione, sicché fu costretto a lasciare Carsoli e recarsi a Roma, meta sospirata dei
giovani di talento, dove poté procurarsi una formazione culturale eccellente sotto il
riguardo umanistico, anche perché ebbe a disposizione delle biblioteche ben fornite,
grazie alle opportunità offerte dalla Curia pontificia, presso la quale assunse l’incarico di
abbreviatore. Il suo impiego nella Curia, ritenuto duro e poco remunerativo, durò poco
più di un lustro ma gli dette modo di conoscere l’umanista Pomponio Leto e di stabilire
con lui un’amicizia destinata a durare. Grazie a questa amicizia e alla frequentazione
dell’Accademia Romana, fondata da Leto, Marso entrò in contatto con altri numerosi
eruditi tra cui Antonio Volsco, insigne umanista di Priverno.
Intorno al 1463 lasciò Roma e si recò a Perugia, dove fu ben accolto da Mons.
Giovambattista Savelli, protonotario apostolico e poi governatore della città dal 1466 al
1468. Nella città umbra scrisse un poemetto in esametri “De aureis Augustae Perusiae
saeculis, per divum Paulum Secundum restitutis libri tres”, corredato di una dedica
in distici allo stesso papa Paolo II, al quale il poeta attribuisce i meriti della prosperità
che attraversava la città di Perugia. Insegnò all’Università perugina Grammatica, Lingua
Greca e Poesia, nella stessa cattedra che fu del Cantalicio, di Tomaso Varano, di Antonio
Volsco e di Giovanni Sulpicio Verulano.
A Perugia ebbe anche modo di stringere rapporti di amicizia con vari personaggi che a
quel tempo dimoravano in città, tra cui Giovanni Rosa da Terracina, futuro vescovo di
Rimini e governatore di Perugia nel 1486, Stefano Guarnieri da Osimo, cancelliere di
Perugia, o i più celebri letterati Iacopo Antiquari e Angelo Decembrio. Agli inizi del
1468, per incompatibilità con il vescovo Jacopo Vannucci, sorta probabilmente in
seguito ad una relazione che ebbe con una donna dalla quale nacque un figlio illegittimo,
o anche per un torto subìto in ambito universitario, fu costretto a lasciare Perugia e
trasferirsi a Venezia dove ritrovò Pomponio Leto e godette della protezione del colto e
Paolo Marso (1440-1484) poeta umanista
ABRUZZESI ILLUSTRI
generoso patrizio veneto Bernardo Bembo, esperto diplomatico della repubblica
veneziana, munifico mecenate, oratore facondo, padre del Cardinale e poeta petrarchista
Pietro Bembo. A Venezia, con l’aiuto del Bembo e del Leto, aprì uno Studio letterario
che divenne ben presto assai fiorente.
Pompono Leto si trovava nella città lagunare già dall’anno prima per organizzare un
viaggio verso l’Oriente, allo scopo di apprendere il greco e l’arabo e arricchire così la
propria cultura. Marso, affascinato dal progetto del Leto, manifestò l’intenzione di
accompagnarlo nel suo viaggio culturale. In procinto di imbarcarsi per la Grecia, salutò
gli amici lasciati a Perugia componendo una “Epistola ad amicos omnes Perusiam
Augustam incolentes”, ma il viaggio non ebbe luogo sia perché l’amico Pomponio
Leto venne arrestato dalla polizia pontificia con l’accusa di cospirazione politica nei
confronti del pontefice, sia perché il mecenate Bernardo Bembo, incaricato di una
ambasceria presso il re Enrico IV di Castiglia, lo volle con sé insieme al poeta satirico
Antonio Vinciguerra.
Il soggiorno in terra spagnola durò sei mesi, da metà agosto 1468 a febbraio 1469, e di
questo viaggio il poeta ci ha lasciato un documento di notevole importanza: una raccolta
di 21 poesie in metro elegiaco, intitolata “Bembice”, dedicata al Bembo, all’interno della
quale si trova un resoconto dettagliato del viaggio compiuto via mare da Venezia a
Cadice e un altrettanto minuzioso racconto del soggiorno a Siviglia. Dalle sponde del
Guadalquivir il Marso rivolse nostalgici versi agli amici lasciati in Italia, denunciando la
noia provata per l’inattività, intervallata solo dai teneri momenti trascorsi in compagnia
di una gentildonna del luogo, tale Beatrice, figlia colta e affascinante di un medico di
Siviglia alla quale dedicò la composizione erotica “De Beatrice Nimpha hispanica”,
dove l’abruzzese esalta le bellezze e le grazie della gentildonna spagnola.
Rientrato a Venezia, gli si presentò subito l’opportunità di intraprendere un nuovo
viaggio al seguito di un nuovo mecenate, Nicolò Canal, senatore e ambasciatore della
Serenissima, eletto da poco comandante della flotta veneziana in Oriente con il compito
preciso di ostacolare l’avanzata dei Turchi e di tentare una trattativa con il Sultano.
All’inizio la spedizione riportò brillanti affermazioni, tanto da indurre il Marso a
rivolgere a Giovanni, figlio del Canal, un breve componimento in distici elegiaci “Ad
Ioannem Canalem, Nicolai doctoris filium”, per illustrare i successi militari del padre
del luglio 1469. Di lì a qualche mese, però, le sorti della spedizione cambiarono fino alla
tragica disfatta di Negroponte del 12 luglio 1470, oggetto di un bel poemetto del Marso,
che s’intitola appunto: “De crudeli Europontinae Urbis excidio Sacrosanctae
religionis Christianae lamentatio”.
La pesante sconfitta subita in Oriente costò all’ammiraglio Canal la relegazione a vita a
Portogruaro con ricaduta su Marso che si ritrovò disoccupato e senza più protettore.
Dopo un breve periodo di incertezza e di instabilità economica, ebbe la fortuna di
godere di un nuovo protettore, Marco Corner, patrizio veneziano, assai ricco e liberale
che gli affidò l’educazione del figlio Giorgio. In quel periodo ebbe modo di conoscere
vari umanisti, tra cui Ermolao Barbaro e Girolamo Bologni da Treviso, i quali
apprezzarono la sua abilità poetica.
Paolo Marso (1440-1484) poeta umanista
ABRUZZESI ILLUSTRI
Quando nel 1471 a Roma fu eletto al soglio pontificio Sisto IV, papa Francesco Della
Rovere, l’Umanesimo conobbe una nuova fioritura. Forse attratto dalla liberalità del
nuovo papa, ai primi del 1473 Paolo Marso decideva di tornare a Roma per riprendere
gli studi; poté, cosi, dedicarsi con più serenità al suo commento ai Fasti di Ovidio, che
aveva avviato già prima del ’63. Il lavoro, portato a termine nel ’74, fu corredato di
un’ampia lettera di dedica al Corner, a ricordo della sua amicizia e protezione, e nel ’79 vi
fu aggiunta una Ratio astrologiae, una sorta di appendice astrologica che aveva la funzione
di spiegare i principali fenomeni astronomici descritti nel testo ovidiano.
Dopo il ’79, il Marso si dedicò al commento della Pharsalia di Lucano e della Rethorica ad
Herennium, di cui fa cenno nella stessa lettera di dedica al Corner, senza trascurare
l’attività poetica. A quel periodo risale la collaborazione con Bartolomeo Sacchi il
Platina, prefetto della Biblioteca Vaticana, in una raccolta di versi scritti per esaltare il
poema De fastis Christianae religionis di Lodovico Lazzarelli; con altri poeti del sodalizio
pomponiano collaborò nella compilazione di un’antologia, andata poi perduta, in onore
di un adolescente senese, Alessandro Cinuzzi, paggio del conte Girolamo Riario,
spentosi l’8 gennaio 1474 all’età di 16 anni. In questo periodo Paolo Marso occupò un
posto di grande rilievo nella ricostituita Accademia Pomponiana dopo la liberazione di
Pomponio Leto nel 1469. Riconosciuta ufficialmente dal papa come Religiosa litteraria
sodalitas Viminalis et universa Accademia latina e addirittura consacrata a San Vittore e San
Fortunato, Paolo Marso ne fu nominato censore con lo stesso Leto e con Publio Astreo.
Circondato da tanta stima, fu chiamato anche alla cattedra di Retorica nella “Sapienza” e
nel primo anno d’insegnamento (1480-81) tenne un corso sui Carmina di Orazio e sui
Tristia di Ovidio, nel secondo (1481-82) un corso sui Fasti. In tale occasione preparò la
relazione definitiva del suo commento, la stessa che l’anno successivo fece pubblicare a
Venezia dove si recò nell’estate del ’82 per meglio seguirne le fasi di stampa.
Durante il viaggio da Roma verso Venezia, intenzionato a sostare a Firenze per far visita
a Lorenzo il Magnifico e al Poliziano si vide negare l’ingresso in città perché proveniente
da Roma dove si diceva vi fosse scoppiata un’epidemia di peste. Tenuto fuori le porte,
scrisse una epistola poetica al Poliziano, affinché intercedesse per il suo ingresso in città.
Si ignora se il permesso fosse stato poi accordato; certo è che alla data del 24 dicembre
di quell’anno quando a Venezia fu finalmente pubblicato, per i tipi di Battista Torti, il
suo commento ai Fasti di Ovidio, Marso era già a Roma probabilmente richiamato da
impellenti problemi di natura finanziaria.
Nel 1483, su iniziativa di Pomponio Leto, fu indetta, una gara poetica nel giorno delle
palilie, antica festa pastorale romana che si celebrava il 21 aprile, in occasione della quale
Marso recitò un’orazione sul Natale di Roma.
Trovandosi in una condizione di disagio economico, compose un’accorata epistola al
pontefice “Divo Sixto pontifici maximo Paulus Marsus, servulorum minimus,
cum humili commendatione foelicitatem” intesa ad ottenere un aiuto
Ormai poche altre vicende di un qualche rilievo lo attendevano: la riconferma nella
cattedra di Retorica alla “Sapienza”, una nuova edizione del commento ai Fasti (Milano,
giugno 1483) e la preparazione di un’altra edizione a Venezia (agosto 1485), che egli non
Paolo Marso (1440-1484) poeta umanista
ABRUZZESI ILLUSTRI
potè vedere perché nel corso dell’anno 1484, forse verso la fine di febbraio, a Roma lo
colse la morte, all’età di soli 44 anni.
Carlo Maria d’Este
(Centro reg.le Beni Culturali)
BIBLIOGRAFIA E FONTI:
Arnaldo Della Torre, Paolo Marsi da Pescina: contributo alla storia dell’Accademia Pomponiana,
Rocca san Casciano, Cappelli, 1903
Paolo Pontari, Marso Paolo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto
dell’Enciclopedia italiana, 2008, vol.70
Susanna Alles Torrent, Alfonso de Palencia y el humanismo italiano, in Cuadernos de Filologia
italiana, Universitat de Barcelona, 2012, vol.19
Aggiunto in Sulmona il 26 febbraio 2016
Paolo Marso (1440-1484) poeta umanista