Tar Lombardia, Brescia, 18 marzo 2004, n. 225 - d.i.a. Su ricorso n. 424/2003 proposto da TIBERIO GUIDO, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Innocenzo e Mario Gorlani e Benedetto Giovanni Carbone ed elettivamente domiciliato presso l’Avv. Gorlani, in Brescia, Via Romanino, n. 16 contro COMUNE DI BRESCIA in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Silvana Bini e Francesca Moniga ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura comunale, in Brescia, Corsetto S.Agata, n. 11/B, e con gli interventi ad opponendum di TUROTTI DANIELA rappresentata e difesa dall’Avv. Tarcisio Gitti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Brescia, Via Moretto, n. 60, e di MONTEVERDI CRISTIANA rappresentata e difesa dagli Avv. Gianfranco Fontana, Italo Ferrari e Francersco Fontana ed elettivamente domiciliata presso il relativo studio, in Brescia, Via XXV Aprile, n. 32, per l'annullamento del provvedimento in data 20.1.2003 n. 236, del Responsabile del Settore sportelli dell'edilizia e delle imprese, con cui è stata annullata la concessione edilizia n. 02/2863 rilasciata al ricorrente in data 25.9.2002 per la costruzione di un locale tecnico interrato ed atti connessi; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Brescia e degli interventori ad opponendum; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti tutti gli atti della causa; Designato, quale relatore alla pubblica udienza del 27.2.2004, il Dott. Gianluca Morri; Uditi i difensori delle parti, Ritenuto quanto segue in fatto e in diritto; FATTO In data 25.9.2002 il Comune di Brescia rilasciava al ricorrente la concessione edilizia n. 02/2863 per la costruzione di un locale tecnico interrato di circa 12 mq nel giardino sito in vicolo S.Giorgio n. 5, nel centro storico della città. A seguito di esposti, il Comune avviava il procedimento amministrativo per la verifica della legittimità di tale concessione edilizia ed accertava che la stessa risultava essere stata rilasciata in contrasto con l'art. 16 delle NTA del PRG vigente che non ammette l'occupazione in sottosuolo dei cortili e dei giardini e di ogni altro spazio aperto non cantinato. In sede istruttoria il Comune di Brescia accertava inoltre, contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente nell'istanza di concessione edilizia, che l'opera in progetto costituiva ampliamento di un locale caldaia seminterrato, con la conseguenza che la nuova costruzione in ampliamento sarebbe risultata anch'essa parzialmente fuori terra in contrasto con l'art. 10.3 delle NTA del PRG che non ammette incrementi di volume nell'area omogenea in questione. A seguito delle rilevate illegittimità il Comune di Brescia disponeva, con l'impugnato provvedimento, l'annullamento, in via di autotutela, dalla concessione edilizia n. 02/2863, avverso il quale il ricorrente deduce le seguenti censure: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 16 delle NTA del PRG, eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erronea valutazione dei presupposti di fatto, illogicità, contraddittorietà ed erroneità della motivazione, in quanto l'Amministrazione comunale avrebbe disposto l'impugnato annullamento considerando erroneamente l'opera in progetto come ampliamento di un locale esistente, anziché opera avente rilevanza autonoma; inoltre trattandosi di locale interamente interrato destinato ad uso accessorio, lo stesso non avrebbe determinato incrementi volumetrici; 2) violazione ed errata applicazione dei principi di autotutela dell'azione amministrativa nonché eccesso di potere per carenza di motivazione, in quanto non sarebbe stato adeguatamente comparato l'interesse del titolare della concessione con l'interesse pubblico all'annullamento. Si è costituito in giudizio il Comune di Brescia, il quale difende il proprio operato evidenziando che la concessione edilizia annullata è stata emanata sulla base di una documentazione fuorviante prodotta dallo stesso ricorrente, che evidenziava erroneamente il locale in progetto come completamente interrato. Inoltre l'annullamento a breve distanza di tempo dal rilascio del titolo edilizio, quando l'opera non era stata avviata, non richiede necessità di adeguata motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico. Per queste ragioni l’Amministrazione intimata conclude per la reiezione del ricorso poiché infondato nel merito. Sono altresì intervenute ad opponendum le Sig.re Turotti e Monteverdi, le quali ripropongono, nella sostanza, difese analoghe a quelle opposte dall'Amministrazione comunale e rimarcano, in punto di fatto, che l'opera in progetto risulterebbe essere interrata solo parzialmente con conseguente violazione dell'articolo 10.3 delle NTA oltre che dell'art. 16 delle stesse norme di attuazione del PRG. Entrambe concludono, quindi, per la reiezione del ricorso poiché infondato nel merito. Attesa la rilevanza della questione circa l'esatta individuazione altimetrica del locale in progetto, con provvedimento istruttorio presidenziale n. 125 del 18.7.2003, è stata disposta una verificazione dello stato dei luoghi al fine di accertare: 1) se nella corte di pertinenza esclusiva dell'unità nobiliare sita in Brescia, vicolo S. Giorgio n. 5, il terreno sia piano ovvero in declivio; 2) se il locale caldaia esistente sia totalmente interrato e, in caso negativo, quale sia la volumetria della porzione fuori terra; 3) se la nuova costruzione già autorizzata con la concessione edilizia 25.9.2002 sia destinata ad emerge totalmente o parzialmente fuori terra con esclusivo riferimento all'andamento naturale del terreno della ridetta corte; 4) se, infine, lo stato dei luoghi così accertato corrisponda o meno a quello rappresentato nelle planimetrie di progetto prodotte dal ricorrente per conseguire la concessione in questione. Detta verificazione veniva affidata al Responsabile del Settore sportelli dell'edilizia e delle imprese del Comune di Brescia, da svolgersi nel contraddittorio con le parti e 2 dando menzione delle eventuali osservazioni delle stesse. Con successivo provvedimento presidenziale n. 154 del 4.9.2003 veniva respinta l’istanza di ammissione di consulenza tecnica d'ufficio, avanzata dal ricorrente, confermando così la disposta verificazione, trattandosi di accertamenti pregiudiziali rispetto all'eventuale ammissione della CTU da valutarsi all’esito dell’adempimento istruttorio in corso. Tutte le parti in causa hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive difese allegando, altresì, elaborati tecnici. All'udienza del 27 Febbraio 2004 la causa è stata trattenuta per la decisione. DIRITTO 1. Il ricorso è infondato e deve essere respinto. 2. Occorre premettere che l'impugnato il provvedimento si fonda sul rilevato contrasto della concessione edilizia n. 02/2863 con due distinte disposizioni delle NTA del PRG. In primo luogo il Comune di Brescia ha rilevato il contrasto dell'opera in progetto con l'art. 16 delle citate NTA secondo le quali non è concessa: "l'occupazione in sottosuolo dei cortili e dei giardini e di ogni altro spazio aperto non cantinato" Inoltre, eseguite le opportune verifiche, il Comune di Brescia ha rilevato che, contrariamente alla prospettazione fornita dal ricorrente in sede progettuale, il locale in oggetto non si poteva ritenere completamente interrato, con ciò ponendosi in contrasto con l'art. 10.3 delle predette NTA, secondo cui non sono conteggiati nel computo dei volumi: "le cantine singole anche di negozi, le autorimesse ed i volumi tecnici al servizio della residenza, per la sola parte interrata". 3. La prima questione è pertanto quella di accertare se, effettivamente, sussista contrasto con l'art. 16 delle NTA del PRG. Al Collegio non sfugge quanto statuito dal Consiglio di Stato in sede di accoglimento dell'appello contro l'ordinanza di questa Sezione n. 330/2003 che aveva respinto l'istanza cautelare avanzata dal ricorrente. Secondo il Consiglio di Stato, pur nella sommarietà della cognizione cautelare, il citato art. 16 non risulterebbe applicabile ai "locali tecnici” e comunque ai locali con destinazione "cantina”. Non si può negare che la citata norma del PRG risulti formulata in maniera poco comprensibile, poiché, interpretando a contrariis la disposizione secondo cui non è consentita l'occupazione in sottosuolo "di ogni altro spazio aperto non cantinato”, sembrerebbe invece implicitamente consentire l'occupazione del sottosuolo per la realizzazione di “spazi cantinati”, ossia destinati al solo utilizzo accessorio, escludendosi, pertanto, tutti gli altri utilizzi principali quali, ad esempio, soggiorni, cucine, camere da letto, studi, ecc. Tuttavia, ad un più approfondito esame, la Sezione ritiene di dover confermare la propria interpretazione secondo cui, nel centro storico di Brescia, l'occupazione del sottosuolo è preclusa ogni qual volta si intervenga in uno spazio non precedentemente occupato da alcun tipo di costruzione. La norma, in sostanza, andrebbe letta ed interpretata assumendo come punto di riferimento la situazione esistente, e non quella che potrebbe derivare dall'esecuzione dei lavori. 3 Ciò si desume dall'intera struttura dell'art. 16, che detta norme particolari per il restauro e il risanamento conservativo nell'ambito del centro storico. Già da questa premessa appare chiaro che detta tipologia di intervento è rivolta essenzialmente a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso ne consentono destinazioni d'uso con essi compatibili (art. 31 comma 1 lett. c, Legge n. 457 del 1978). Attraverso il restauro e il risanamento conservativo, pertanto, possono essere realizzate opere interne di consolidamento statico che non determinino la variazione dell'aspetto esterno, delle dimensioni e della destinazione del manufatto (Consiglio Stato, Sez. V, 6.7.2002, n. 3715), escludendosi, ad esempio, la costruzione di un solaio, poiché, in tal caso, difetterebbe l'elemento fondamentale della fattispecie costituito dalla preesistente struttura del fabbricato (Consiglio Stato, Sez. V, 9.2.2001, n. 577). In sostanza, come ha chiarito la giurisprudenza, le fattispecie del restauro e risanamento conservativo presuppongono un organismo edilizio preesistente e si caratterizzano per l'esecuzione di interventi che, pur diretti a migliorarlo funzionalmente, ne conservano l'assetto e le caratteristiche edilizie e strutturali, lasciandone inalterata la tipologia e la morfologia (Consiglio Stato, Sez. V, 6.9.1999, n. 1019). Data questa premessa risulta quindi necessario, nel dubbio, interpretare l'art. 16 delle NTA del PRG secondo l'ottica conservatrice e restauratrice, avendo quindi presente la situazione esistente dell'edificio (quale oggetto di tutela e di salvaguardia) e non quella che potrebbe derivare dall'esecuzione dei lavori. Del resto la stessa impostazione della norma appare coerente con questa esigenza, dal momento che esclude, attraverso l’evidente fotografia di caratteristiche edilizie e strutturali esistenti: - le alterazioni delle coperture e dei profili; - i compensi di volume salvo che per esigenze connesse ai volumi tecnici; - l’alterazione delle partiture di facciata; - l'occupazione di superficie (anche se con costruzioni smontabili) degli spazi liberi dei cortili e dei giardini; - l'occupazione in sottosuolo dei cortili e dei giardini e di ogni altro spazio aperto non cantinato (disposizione in esame); - l’asfaltatura o bitumatura di pavimentazione attualmente in pietra, ciottolato, o altro materiale caratteristico. La stessa norma contiene, altresì, una disposizione di chiusura, secondo cui le precedenti prescrizioni vanno considerate a titolo esemplificativo, e non esonerano da una osservazione rigorosa del metodo di restauro scientifico, anche in ipotesi diverse non espressamente considerate. La finalità dell'Amministrazione comunale risulta essere, pertanto, quella di preservare il più possibile gli edifici esistenti, le aree circostanti e i relativi sottosuoli. Sotto questo profilo deve ritenersi, quindi, sussistente il rilevato contrasto fra l’intervento in progetto e il citato art. 16 delle NTA del PRG. Al riguardo non risulta condivisibile la deduzione di parte ricorrente secondo cui in sede di rilascio dell'annullata concessione edilizia, l'Amministrazione comunale si era espressa favorevolmente sulla conformità del progetto con la citata disposizione, 4 atteso che ciò evidenzia solo un errore istruttorio compiuto dall'Amministrazione, a cui ha posto rimedio con il successivo annullamento del provvedimento illegittimamente rilasciato. 4. La seconda questione consiste nell'accertare l'esatta posizione altimetrica del locale in progetto, al fine di verificare se lo stesso possa ritenersi completamente interrato oppure parzialmente interrato, al fine del rispetto dell'art. 10.3 delle NTA del PRG. Occorre premettere che il deposito interrato oggetto dell'annullata concessione edilizia costituisce ampliamento dell'edificio esistente, da realizzarsi in adiacenza ad un locale caldaia, al quale è collegato attraverso una porta di accesso. Quest'ultimo locale risulta essere posizionato parzialmente fuori terra, in ragione della particolare morfologia del terreno che presenta un sensibile pendio. Come emerge chiaramente dalla documentazione fotografica depositata in atti, se è vero che parte dell’esistente locale caldaia risulta essere interrata nella parte retrostante l'ingresso dell'abitazione, l'abbassamento della quota di terreno verso il lato opposto determina una sua fuoriuscita di circa 90 cm. Al riguardo non appare fondata l'obiezione del ricorrente secondo cui detta parte fuori terra si riferirebbe, in realtà, ad un muro di contenimento del terreno. Dall'esame della tavola n. 1 redatta dal Geom. Carmelo Giaconia per conto dello stesso ricorrente, si rileva che detto muro di contenimento presenta uno spessore di circa 30-35 cm. ed è ubicato proprio in aderenza ai muri perimetrali del locale caldaia in oggetto. Ne consegue che anche questi ultimi devono considerarsi fuori terra, ancorché per una quota leggermente inferiore rispetto ai 90 cm. misurati all'esterno del detto muro di contenimento. Al fine di accertare compiutamente lo stato dei luoghi è stata altresì ordinata, al Responsabile del Settore sportelli dell'edilizia e delle imprese, una verificazione in contraddittorio con le parti, dalla quale è emerso quanto segue: - nell'area verde di pertinenza esclusiva dell'unità mobiliare del ricorrente l'andamento naturale del terreno presenta una pendenza di circa il 33%; - il locale caldaia esistente è solo parzialmente interrato, mentre la parte non interrata è ricoperta con circa 30/35 cm. di terreno di riporto, che, a giudizio del verificatore, si porrebbe a quota superiore rispetto al declivio naturale del terreno; - il locale in progetto, dovendo essere realizzato in aderenza al locale caldaia esistente, e con la stessa altezza, molto probabilmente emergerà per circa cm. 52, in corrispondenza del lato in cui emerge il locale caldaia medesimo; - le planimetrie di progetto allegate all’istanza di concessione edilizia non rappresenterebbero adeguatamente lo stato dei luoghi, in quanto riproducono i due locali (esistente e di progetto) come completamente interrati. Dette risultanze, che riguardano un mero accertamento dello stato dei luoghi, vengono sostanzialmente confermate dalla consulenza tecnica d'ufficio disposta dal Tribunale di Brescia nella causa, ex artt. 1170 e 1171 del Codice civile, intentata contro il ricorrente in relazione ai lavori intrapresi sulla base della concessione edilizia oggetto di annullamento. In tale sede il CTU riferisce che: “le opere sono state realizzate in un sito con andamento naturale del terreno inclinato verso valle con una tendenza di circa il 30%. Si rileva altresì la presenza di un manufatto sporgente di circa 90 cm. dal terreno naturale, adiacente l'edificio principale di 5 proprietà del convenuto [qui ricorrente] adibito a locale caldaia e parzialmente interrato. Il solaio di copertura del precitato locale caldaia presentava una ricopertura di terreno vegetale parzialmente arbustivo dello spessore di circa 30 cm.” A fronte di tali convergenti risultanze istruttorie, il Collegio ritiene superfluo disporre una ulteriore consulenza tecnica d'ufficio. Ne consegue che il locale in progetto, da destinarsi a deposito, deve ritenersi parzialmente fuori terra, contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente e, pertanto, in contrasto con l'art. 10.3 delle NTA del PRG. 5. Con l’ultima censura il ricorrente deduce violazione ed errata applicazione dei principi di autotutela dell'azione amministrativa nonché eccesso di potere per carenza di motivazione, in quanto non sarebbe stato adeguatamente comparato l'interesse del titolare della concessione con l'interesse pubblico all'annullamento. Occorre premettere, in punto di fatto, che la concessione edilizia è stata rilasciata in data 25.9.2002 e che il successivo annullamento è intervenuto in data 20.1.2003, con comunicazione di avvio del procedimento inviata al ricorrente in data 7.11.2002. Inoltre, al momento di adozione del provvedimento impugnato, le opere non erano ancora state iniziate. Da ultimo occorre rilevare che la documentazione progettuale prodotta dal ricorrente in sede di richiesta di concessione edilizia appare incompleta, e per certi versi fuorviante, al fine di rappresentare adeguatamente lo stato dei luoghi e consentire, all'ufficio tecnico comunale, una completa attività istruttoria. Il Collegio ritiene che il breve lasso di tempo intercorso tra l'emanazione della concessione edilizia ed il suo annullamento in autotutela, il carattere infedele dell'istanza e l'immediato avvio della procedura di riesame della concessione medesima costituiscano, per un verso, elementi significativi per escludere qualunque serio affidamento incolpevole in capo al concessionario e, per altro verso, presupposto che legittimamente escluda la necessità d'una puntuale motivazione sull'interesse pubblico all'autotutela (cfr. Consiglio Stato, Sez. V, 29.4.2000, n. 2544). 6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del Comune di Brescia e degli interventori, nella misura complessiva di € 4950 (quattromilanovecentocinquanta), a titolo di spese, onorari di difesa e competenze, oltre ad IVA e CPA, così distinta: € 1750 a favore del Comune di Brescia; € 1600 a favore di ciascuno degli interventori. P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate come in motivazione. La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti. Così deciso in Brescia, il giorno 27 Febbraio 2004, in camera di consiglio, con l'intervento dei Signori: Francesco Mariuzzo - Presidente Gianluca Morri - Giudice relat. est. Mauro Pedron - Giudice 6 NUMERO SENTENZA 225 / 2004 DATA 18 - 03 - 2004 PUBBLICAZIONE 7