sotto il tiglio 12.
Tomás̆ S̆pidlík
La Madre di Dio
“È il tempo quando fiorisce il tiglio”
Lipa
© 2003 Lipa Srl, Roma
Indice
Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
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Introduzione......................................................
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In copertina: particolare di un mosaico di Marko I. Rupnik
“Madre di Dio dell’Ascensione e della Pentecoste”
Cappella Redemptoris Mater, Palazzo Apostolico, Vaticano
1. Ave Maria ....................................................
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2. Magnificat .....................................................
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Stampato a Roma nell’aprile 2003
da Abilgraph, via Ottoboni, 11
Selezioni di copertina: Studio Lodoli Sud, Aprilia
3. Salve Regina .................................................
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Indice dei temi principali ...................................
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Proprietà letteraria riservata
Printed in Italy
codice ISBN 88-86517-80-7
Introduzione
I cristiani derivano il loro nome da Cristo,
loro Signore, centro della loro vita e luce del
mondo. Con il culto mariano, questa luce non
viene offuscata, al contrario si manifesta ancora
di più nel suo splendore e nella sua forza. Cristo
è Dio incarnato, fattosi uomo per mezzo di una
madre umana per la salvezza del mondo. Come
potrebbe esistere un Salvatore se non ci fossero
dei salvati? Maria è l’immagine dell’uomo perfettamente redento da Cristo. Chi vuole quindi
conoscere qual è l’effetto della redenzione di
Cristo, guardi Maria. La redenzione è grazia: la
Madre di Dio è piena di grazia, in lei vediamo
ciò che la grazia può fare con l’uomo.
Fra tante diverse biografie dei santi, la vita di
Maria è la più bella lettura spirituale. È poverissima nella descrizione degli eventi esterni, per
come è concisa: nel vangelo occupa solo alcune
righe. Ma è piena di significato interiore, ogni
evento esprime un dogma misterioso. Se definiamo la sapienza come arte di vivere e di approfittare delle possibilità del dono della vita,
Maria è la Vergine sapientissima, guida sul cammino verso l’eternità.
Nel corso della storia della Chiesa, è stato
scritto molto sulla Madonna. Ma la maggior
parte dei cristiani la conosce dalle devozioni,
dalle preghiere che si rivolgono a lei. Per tale
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La Madre di dio
motivo, per questo piccolo libretto abbiamo
scelto il metodo seguente: fare un riassunto dell’insegnamento ecclesiale su Maria proponendolo come meditazione alle tre principali preghiere: l’Ave Maria, il Magnificat, la Salve Regina.
1. Ave Maria
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ave Maria
L’annunciazione a Maria è oggetto frequentissimo delle meditazioni, delle omelie e delle
pitture cristiane. È infatti un momento decisivo
della storia umana, il compimento della crea1
La forma dell’Ave Maria che si recita oggi è frutto di una
evoluzione. È composta di due parti: il saluto a Maria dell’angelo al
momento dell’annunciazione (Lc 1,28) e quello di Elisabetta (Lc
1,42); a questa prima parte, la Chiesa ha aggiunto una seconda parte
nella forma di una supplica (“Santa Maria…”). È difficile dire da
quando i cristiani hanno cominciato ad invocare la Madre di Dio
con queste parole. L’unione dei due versetti del vangelo si trova nella liturgia orientale di san Giacomo (celebrata a Gerusalemme), di
san Marco (liturgia copta) e di san Giovanni Crisostomo (a Costantinopoli, dove arrivò probabilmente verso la fine del V secolo o all’inizio del VI). È in quell’epoca che si aggiunge anche l’invocazione
del nome di “Maria”, come si può notare nella liturgia di san Basilio.
Il nome di “Gesù” alla fine si legge, per la prima volta, nella liturgia
copta (forse del V secolo), mentre in occidente compare solo nel
XII secolo. In quel periodo si cominciò a recitare spesso l’Ave Maria,
aggiungendola al Padre nostro e al Credo. L’abitudine si diffuse per
mezzo degli ordini religiosi medievali: i cistercensi, i premostratensi,
i domenicani, i servi di Maria, e altri. Ma si trattava ancora della prima parte del testo. L’invocazione “Santa Maria” comincia ad apparire solo nel XVI secolo, come “amplificazione” della prima invocazione delle litanie: “Santa Maria, prega per noi!”. Questa amplificazione era talvolta più ampia, talvolta più breve.
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La Madre di dio
zione. Il contatto umano con il mondo divino è
il problema fondamentale di tutte le religioni e
viene risolto in vari modi. Due realtà opposte
sono affrontate fin dall’inizio nella Bibbia.
I capitoli che seguono il racconto sulla creazione e il peccato, fino al capitolo 11 della Genesi, presentano in modo schematico la storia dell’umanità intera; dal capitolo 12 possiamo seguire la storia del popolo eletto. In mezzo si colloca
il racconto della torre di Babele (Gen 11,1-9).
La costruzione delle torri che servono anche come templi, simboleggia lo sforzo umano di raggiungere le realtà celesti con le proprie forze e di
fondare una società umana unita e concorde.
Questo sforzo finisce con uno smacco teologico e
sociologico: non si può raggiungere Dio che abita
nei cieli dei cieli e gli uomini, privi del suo aiuto,
non si comprendono a vicenda, “parlano con diverse lingue”.
Con il cap. 12 della Genesi, cominciamo a respirare un’aria diversa. L’elezione di Abramo viene da Dio stesso e alla torre di Babele si oppone il
racconto del capitolo 28 sulla scala di Giacobbe.
Mentre dormiva in un luogo deserto come un
povero profugo, il patriarca “fece un sogno: una
scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa” (Gen 28,12). L’ideale al quale aspiravano i costruttori della torre di
Babele sembra raggiunto, ma non con le forze
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umane, con la salita dell’intelligenza e della volontà creata. Piuttosto, al contrario, con la discesa di Dio che parla dall’alto: “saranno benedette
per te e per la tua discendenza tutte le nazioni
della terra. Ecco io sono con te…” (vv. 14-15).
Tutta la successiva storia d’Israele è come la
progressiva rivelazione di questa promessa. Nei
diversi momenti, anche in quelli più tragici,
Dio scende per proteggere e salvare il suo popolo. E non è un puro caso che quando l’empio re
Acaz ne dubita, Isaia annuncia la più bella profezia dell’Antico Testamento sull’adempimento
della promessa iniziale: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14), cioè: Dio è con noi.
Giacobbe vide gli angeli che scendevano
verso di lui. Ora, alla fine dell’antica economia,
l’angelo Gabriele viene a Nazaret dalla Vergine
e la saluta: “Il Signore è con te” (Lc 1,28). Sappiamo che di solito il saluto viene anzitutto pronunciato da colui che viene e che, in questo caso, è mandato da Dio stesso. Poiché è il rappresentante del decreto eterno di salvezza, l’angelo
è spesso dipinto dagli iconografi orientali come
un uomo forte che porta un messaggio decisivo
per tutta l’umanità. Il suo saluto è tradotto nella
nostra lingua con una parola neutra: “Ave!” In
greco e in slavo si dice invece “Rallegrati!”, una
parola estremamente adatta alla situazione. Se
la Chiesa aggiunge anche il nome di Maria,
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questo può avere un significato spirituale. Di
solito aggiungiamo il nome al saluto comune
per indicare che incontriamo una persona ben
conosciuta. L’angelo che porta l’annuncio alla
Vergine indica la sua vocazione personale e privilegiata, nota a Dio dall’eternità.
Piena di grazia
I doni che riceviamo da Dio hanno il nome
comune di “grazia”. Il Dio della Bibbia si rivela
come pieno di misericordia e di grazia (Es 34,6).
Egli effonde il suo favore sulle persone che sceglie. Va da sé che fra queste il primo posto spetta a Gesù, Figlio di Dio incarnato, come testimonia l’evangelista: “Perché la legge fu data per
mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per
mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1,17). La grazia viene quindi all’uomo secondo la misura della sua
unione con Gesù. Chi potrebbe essere unito
con il Salvatore più di sua madre? Fu lei ad accogliere nel suo grembo, nella sua vita, la pienezza della grazia divina incarnata.
Tale pienezza è incompatibile con il peccato.
Per questo motivo i cattolici professano il dogma
dell’immacolata concezione di Maria. Anche se i
teologi ortodossi si oppongono a questa definizione, anch’essi difendono la perfetta purezza della
Madre di Dio. Scrive ad esempio Vladimir Losskij: “Essa rappresenta il colmo della santità… è
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stata senza peccato sotto il dominio universale
del peccato…, il peccato non si poteva realizzare
in lei”. Riprendendo lo stesso pensiero, scrive Pavel Evdokimov: “Partecipando organicamente
alla discendenza di Adamo, condividendo il destino di tutti, Maria tuttavia è preservata da ogni
impurità personale e da tutto il male, reso in lei
inoperante”. Va notato come l’autore si esprime:
“preservata da ogni impurità personale”. È la persona che commette il peccato, non la natura.
Il motivo per cui i teologi ortodossi rifiutano
la formulazione del dogma cattolico è il timore
che, ammettendolo, Maria non partecipi alla
nostra natura peccaminosa ereditata da Adamo.
Ma il dogma non vuole dire questo. Anche Gesù
ha preso la nostra natura, eppure personalmente
è l’Agnello senza macchia. La sua forza divina ha
vinto ogni male personale e la pienezza della grazia ha prodotto in Maria lo stesso effetto.
Ma c’è il pericolo che anche i cattolici comprendano l’immacolata concezione in un modo
negativo, come si trattasse di un puro dono di
Dio senza che Maria ne abbia alcun merito. In
tal caso essa potrebbe essere ammirata, ma non
imitata. La purezza immacolata della Madre di
Dio è invece una forza positiva. Sfogliando il
vocabolario dei libri spirituali dell’oriente, il
termine che troviamo e che sembra più utilizzabile per la nostra questione è la famosa apatheia,
l’impassibilità, definita da san Giovanni Clima13
La Madre di dio
co come “paradiso in terra”, “resurrezione dell’anima prima della resurrezione dei corpi”. Le
obiezioni contro questo termine, questa volta,
non vengono dagli orientali, ma dagli occidentali. Assomigliano stranamente agli argomenti
dei recenti orientali contro l’Immacolata. L’apatheia, pensa san Girolamo, vuol preservare
l’uomo dal peccato e dalle sue conseguenze in
modo negativo, estraniandolo dalle condizioni
dell’uomo, rendendolo “o sasso o angelo”.
Sappiamo che gli argomenti di Girolamo erano ispirati da un malinteso. La vera apatheia è
differente. Non significa estraneità alla natura
corrotta, né esenzione dalle sue conseguenze. Al
contrario, significa la forza interiore della carità,
dono dello Spirito, prontezza a rigettare ogni
male appena si presenti. Sant’Efrem lo illustra
con un paragone simpatico: quando la minestra
è calda, dice, le mosche non possono andarci,
ma appena si raffredda tutte ci cadono dentro.
La forza della carità rende “inattivo” ogni male.
È ciò che scrive Losskij sulla santità di Maria: “Il peccato non si poteva realizzare in lei”.
Nota Evdokimov: “Dio non agisce sull’uomo,
ma in lui, non opera su Maria con un dono aggiunto in più, ma all’interno del sinergismo,
collaborazione del divino e dell’umano. Alla
formazione della sua persona preveniva la speciale vocazione divina dall’eternità e il pieno
Fiat dell’umile ancella alla chiamata, la risposta
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libera e senza riserve. Si tratta, quindi, di una
perfetta realizzazione dell’ideale della divinizzazione dell’uomo, tanto caro ai Padri greci.”
Losskij giustifica il culto mariano di fronte a
coloro che affermano che, pur tributando tutta
la stima doverosa alla Vergine, siamo obbligati a
sottolineare che Maria non è Dio, che fra il Creatore e la sua creatura resterà sempre un abisso
invalicabile. A nessuno può venire in mente di
negare questa differenza. Ma la pietà mariana,
dice Losskij, sta tutta nel festeggiare ciò che costituisce il termine della nostra salvezza: il superamento di questo abisso. Maria è appunto “la
Regina dei cieli, alla quale la liturgia ortodossa
conferisce la gloria che conviene a Dio (theoprepes doxa)”. Perciò Gregorio Palamas chiama la
Madre di Dio “il limite del creato e dell’increato”. Accanto ad una Persona divina incarnata
(Cristo) c’è una persona umana divinizzata (Maria). Dio si è fatto uomo, affinché l’uomo diventasse divino, è il noto principio patristico.
“L’ultima gloria della Madre di Dio è l’eschaton (la perfezione finale) realizzato in una persona creata, prima della fine del mondo”.
Eppure questo ideale così grande si presenta a
noi cristiani come un esempio da seguire secondo il grado della nostra vocazione, aprendo la
porta del nostro cuore, con un generoso Sì, alla
nostra vocazione e ai doni della grazia che riceviamo.
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La Madre di dio
iL Signore è con Te
Abbiamo visto come la pienezza della grazia
non è un dono negativo, ma il risultato del dialogo divino-umano. Per questo motivo gli autori bizantini, seguendo l’insegnamento dei Padri,
considerano l’annunciazione come il punto culminante della vita di Maria. Dice san Giovanni
Damasceno: “Dal momento in cui la Vergine
aveva acconsentito, lo Spirito Santo discese su
di lei, purificandola”.
Da questo si dovrebbe dedurre che la Madonna prima dell’annunciazione avesse commesso qualche peccato? Nessuno osa dirlo. Allora, come spiegare l’assenza di peccato fino all’evento di Nazaret? Per analogia con Cristo. Il
punto culminante della vita del Salvatore fu la
sua morte sulla croce. Nondimeno, scrive Tommaso da Kempis, “tutta la vita di Gesù fu la croce”. Le icone presentano la sua natività come
preludio alla discesa agli inferi. Il neonato è collocato in una mangiatoia che ha la forma di una
tomba. Allo stesso modo possiamo dire che tutta la vita di Maria, dal primo istante della sua
esistenza, è nel segno del Sì, del momento privilegiato nel quale si è realizzato con piena coscienza e libertà il consenso alla sua vocazione.
Non è una riflessione puramente umana che
ci conduce a queste conclusioni, ma una verità
di fede alla quale talvolta prestiamo poca attenzione: rispondendo alla chiamata di Dio, l’uomo
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partecipa all’eterno dialogo del Figlio con il Padre, realizza nel tempo ciò che fu stabilito da
Dio fin dalla creazione del mondo. L’atto posto
in un momento determinato della storia della
salvezza ha conseguenze in seguito, ma anche in
anticipo. Lo Spirito Santo fu inviato dal cielo
agli apostoli nel giorno della Pentecoste, eppure
già i profeti dell’Antico Testamento parlavano
mossi da Lui.
Allo stesso modo Gregorio Palamas mette al
centro della storia della salvezza la maternità di
Maria: “Essa è causa degli eventi anteriori a lei,
l’inizio della fila degli avvenimenti posteriori,
distributrice dei beni eterni… Essa è il colmo e
la perfezione di tutto ciò che è santo”. Se quindi
Maria, con il suo Sì, collocandosi fra Dio e gli
uomini, santifica tutti, perché la storia della sua
vita fin dai primi inizi dovrebbe essere esente da
questa forza santificatrice che è universale? Non
è quindi un caso se gli iconografi danno alla natività di Maria un’atmosfera speciale, collocandola in un ambiente sacro, talvolta in un tempio, dato che lei è nata per divenire tempio di
Cristo. Anna, la madre di Maria, è rappresentata come una persona anziana. Sua figlia nasce
da una donna considerata sterile, perché la nascita della Madre di Dio è dovuta all’intervento
speciale di Dio. Perciò quelli che nella Chiesa
ucraina, ortodossi e cattolici, professano l’Immacolata, festeggiano tale mistero nella festa
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La Madre di dio
della “Concezione di sant’Anna”.
Questo ha conseguenze per la vita spirituale
di tutti i cristiani. Anche qui sono di particolare valore certi “momenti forti” nei quali la chiamata di Dio si manifesta in piena luce e la risposta umana è data in tutta consapevolezza. Si
può dire che sono essi a dare significato a ciò
che segue, ma anche a ciò che li ha preceduti.
Una volta ammesso che l’uomo partecipa all’azione creatrice di Dio, non è troppo audace dire
che è con-creatore anche della sua stessa personale esistenza.
BenedeTTa fra Le donne
Ci sono grandi vantaggi per la spiritualità dal
fatto provvidenziale che una donna è proposta
come esempio della perfezione umana. “Il maschile—pensa Pavel Evdokimov—per l’astrazione dei concetti del suo ragionamento, scivola di
continuo nello schematico…, si rivolta contro
la materia, la carne, manifesta facilmente un disprezzo gnostico che lo introduce nelle forme deviate di un ascetismo inumano”. L’ideale femminile della perfezione serve quindi come una correzione psicologica indispensabile, affinché la
“vita nuova” portataci da Cristo non degeneri in
una “dottrina” schematica, in una ideologia, e
affinché la santificazione del mondo non sia falsamente identificata con un “indottrinamento”.
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“Legata nella sua stessa essenza allo Spirito
Santo consolatore vivificante—continua lo
stesso autore—la donna è Eva-Vita, che conserva, vivifica, protegge ogni particella della creazione maschile… Il maschio si esprime a livello
degli atti che lo progettano fuori… La donna si
esprime a livello della struttura ontologica; non
è una parola, ma l’essere, il seno della creazione.
La Madre di Dio partorisce il santo Bambino,
dà la propria carne nella quale viene a posarsi il
contenuto, la parola, la potenza, l’atto.”
Maria che aspetta docile la venuta dello Spirito Santo, pronta a dire il suo Sì ad ogni opera
buona, costituisce la realizzazione più perfetta di
questo ideale. Ma, anche se consideriamo tali
considerazioni come riflessioni personali di questo autore, esse hanno il loro fondamento nella
tradizione dei Padri che attesta fin dall’inizio
due correlazioni complementari: Adamo–Eva,
Cristo–Maria. Se Eva s’associa al peccato di
Adamo, Maria all’opera di salvezza di Cristo.
e BenedeTTo iL fruTTo deL Tuo Seno
geSù
Al centro della liturgia c’è l’anamnesis, il ricordo dell’incarnazione, l’incontro del Figlio di
Dio con l’umanità. Ne segue che l’aspetto mariano è contenuto nelle feste che commemorano i misteri della vita di Gesù, soprattutto in
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La Madre di dio
quella del Natale. In modo espressivo lo sottolinea il kontakion della festa nel rito bizantino:
“Che cosa ti offriremo, o Cristo? Tu per noi sei
apparso, uomo, sulla terra! Ciascuna delle creature da te fatte ti offre il rendimento di grazie:
gli angeli, l’inno; i cieli, la stella; i magi, i doni; i
pastori, lo stupore; la terra, la grotta; il deserto,
la mangiatoia: ma noi ti offriamo la Madre Vergine. O Dio che sei prima dei secoli, abbi pietà
di noi”.
Da questo i nestoriani conclusero: Gesù Cristo proviene da Maria come uomo, dal Padre
celeste come Dio. La risposta del Concilio di
Efeso (431) fu: Cristo è una sola persona che
unisce l’umanità e la divinità inseparabilmente.
Maria è quindi “Madre di Dio”, “Genitrice di
Dio”, in greco Theotokos.
Le discussioni che precedettero questa decisione furono difficili. Non si era ancora arrivati
alle definizioni del Concilio di Calcedonia sulle
due nature e una sola persona di Cristo. Però il
vero successo del Concilio di Efeso fu la definizione della maternità divina. Cristo è uno solo
nella sua origine da Dio e dagli uomini.
In questo contesto è spiritoso, ma molto vero, il detto di un pensatore russo: “Io non credo
in Dio, credo in Dio che si è fatto uomo ed è
nato come uomo”. E ad uno che si scandalizzava perché a parer suo c’erano troppe immagini
della Madonna nelle nostre chiese fu risposto:
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“Sono immagini di Cristo, nato dalla Madre di
Dio”.
Subito dopo il Concilio di Efeso e la sua definizione della maternità divina di Maria, san Leone Magno a Roma comprese la grande importanza di questo dogma per la vita cristiana, facendo l’analogia fra la nascita di Cristo e la nascita del cristiano, fra la maternità di Maria e la
maternità spirituale della Chiesa. Riprendeva in
qualche modo un pensiero che era già stato di
Origene: ogni cristiano ha la funzione di essere
madre di Dio: “Ogni anima vergine e incorrotta,
avendo concepito dallo Spirito Santo per generare la volontà del Padre, è la Madre di Gesù”.
La perfezione si propone come pratica delle virtù.
Lo insegnavano già gli antichi filosofi, soprattutto gli stoici. Ma Origene aggiunge alle loro esortazioni un fondamento tipicamente cristiano.
Siamo sempre stati ammoniti a praticare la giustizia, la sapienza, la verità ed altre virtù. Esercitandosi in esse, possiamo constatare che le “abbiamo”. Ma nello stesso tempo siamo consapevoli che Cristo “è” la giustizia, la sapienza, la verità. Possedendo queste virtù, abbiamo dentro di
noi Cristo stesso, lo facciamo nascere spiritualmente in noi.
La perfezione cristiana è quindi umano-divina. “La parola del Credo—scrive Evdokimov—
Nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine significa
per i Padri il mistero della seconda nascita di
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