Proposta ecosam per la Famiglia Salesiana

Proposta di Educomunicazione
per la Famiglia Salesiana
ECOSAM
Équipo de Comunicación Social America
dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice
Presentazione
Con la pubblicazione di questo testo sull’Educomunicazione, abbiamo compiuto un primo
passo verso la convergenza di queste due realtà la cui sintesi costituisce il cuore del Sistema
preventivo: intuizione profetica di don Bosco, elaborata lungo la storia dai membri della
Famiglia salesiana.
È sempre stato chiaro, nella nostra tradizione, il binomio educatore-comunicatore. Uno non
può esistere senza l’altro. Oggi, in particolare, l’educazione e la comunicazione, prese
individualmente, sono incapaci di affrontare il cambio epocale che stiamo vivendo.
Alla radice della Proposta che presentiamo, c’è la riflessione che da alcuni anni è andata
consolidandosi, principalmente in America Latina, e che crede nell'interrelazione
comunicazione-educazione come campo di dialogo, di spazio per la conoscenza critica e
creativa, per la cittadinanza attiva, la solidarietà e la cultura della pace.
L’Educomunicazione può esprimersi attraverso la metafora della polifonia sociale: uno spazio
multivocale dove la presenza dell’altro è la dimensione costitutiva del dialogo reciproco, la
mediazione dell’apprendimento, il pieno esercizio della cittadinanza.
Per questo, l’interrelazione Comunicazione-Educazione è diventata un nuovo paradigma
sociale.
Scriveva don Juan Vecchi, Superiore generale dei Salesiani: «Sta nascendo il cittadino
elettronico che dobbiamo aiutare ad essere onesto, ad aprirsi all’aldilà della rete e a
riconoscere la paternità di Dio, perché sia un buon cristiano».
La comunicazione sociale, di fatto, determina una nuova cultura che cambia la vita e ci
interpella. Educare nella società dell’informazione implica, pertanto, mettere in relazione il
sistema educativo con questa cultura.
«Tutto questo – scrive Madre Antonia Colombo – nell’era del cyberspazio rende più esigente
e rilevante la nostra missione. Si tratta, in effetti, di un ambiente che non può essere
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enfatizzato, né demonizzato, se non riconosciuto, valorizzato e orientato allo sviluppo della
persona in quanto tale».
La ricerca condotta in questo campo, ci ha ricondotto nuovamente alla positività del Sistema
preventivo che esige oggi una rilettura dentro i nuovi paradigmi di spazio e tempo generati
dalla cultura della comunicazione. Nuovi paradigmi che danno vita a una nuova persona e, di
conseguenza, a un nuovo modo di pensare e di agire.
Ci auguriamo che la Proposta di Educomunicazione, elaborata dalle sorelle di ECOSAM
(Équipe di Comunicazione Sociale America), con la consulenza del professor Ismar De
Oliveira Soares, e assunta dalle scuole e dai centri di formazione professionale di America
nelle linee operative del documento finale dell’Incontro Continentale di Educazione Salesiana
(Cumbayá II, Ecuador maggio 2001), possa essere studiata e attuata non solo dagli educatori
ed educatrici della Famiglia salesiana, ma anche da tutti coloro che credono che educare
significa comunicare.
Graziella Curti, fma
Consigliera generale per la Comunicazione Sociale
dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice
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Preludio
«Non si riuscirà a comprendere pienamente il senso di questa rivoluzione, però sta nascendo
il cittadino elettronico che dobbiamo aiutare ad essere onesto, ad aprirsi all’aldilà della rete
e a riconoscere la paternità di Dio, perché sia un buon cristiano» (Juan Vecchi)
Il lavoro paziente, impegnato, libero da spettacolarità, creativo e colmo di speranza e di
ricerca di tante Figlie di Maria Ausiliatrice e laici, che nel Continente coordinano le
esperienze di Comunicazione-Educazione-Cittadinanza, trova oggi il suo comune
denominatore nella Proposta di Educomunicazione che l’Équipe di Comunicazione Sociale
America (ECOSAM) presenta in questo documento.
Con questa proposta una tappa si conclude e se ne apre un’altra.
È punto di arrivo di un cammino di azione-riflessione-azione che ECOSAM ha compiuto
cercando di coordinare il lavoro della Comunicazione Sociale nelle differenti regioni di
America. È, allo stesso tempo, punto di partenza affinché esperienze che si stanno realizzando
e quelle che si avvieranno trovino in questo Piano continentale di Educomunicazione un
orientamento e uno stimolo per vivere questa missione in dialogo con la cultura
contemporanea, lavorando in rete e esprimendo una missione educativa inculturata al servizio
della vita21.
Il documento presenta nelle sue tre parti: panoramica della situazione; fondamento teorico
e orientamenti operativi, le ragioni che rendono improrogabile una proposta di questa
natura, i riferimenti su cui si fonda e i possibili cammini che la rendono percorribile.
Essendo questo il primo sforzo continentale di articolare i progetti di ComunicazioneEducazione-Cittadinanza, non è stato possibile approfondire tutte le teorie che sottostanno a
tali sperimentazioni. Tale ricerca resta come impegno e sfida per ECOSAM e per tutte le
coordinatrici ispettoriali di comunicazione.
Si è ritenuto opportuno, nella parte del fondamento teorico offrire stimoli sull'argomento a
partire da studi recenti per fornire un supporto valido alla riflessione e per evidenziare che le
esperienze che si realizzano sono in linea con la ricerca scientifica contemporanea.
Gli orientamenti operativi forniscono un orizzonte aperto nel quale è possibile dare inizio a
processi di Educomunicazione di natura diversa e in aree differenti, mantenendosi, senza
dubbio, all’interno della proposta che ECOSAM offre. In un campo educativo tanto nuovo e
in rapida trasformazione non si può correre il rischio di incasellare le iniziative in strutture
predefinite. In molte comunità educative ci sono esperienze che stanno riuscendo a disegnare
un nuovo curricolo, uno spazio nel quale la creazione di “ecosistemi comunicativi” è non solo
possibile, ma già una realtà.
L’invito è quello di applicare la Proposta nell’ambito dell'educazione formale e di
condividere, con tutti, le scoperte e gli orizzonti che si vanno configurando, utilizzando per
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questo tutte le possibilità di comunicazione che fornisce l’universo virtuale in cui siamo
immersi.
Parte I
LA SITUAZIONE
Un nuovo scenario mondiale
Quando Langdon Winner22,educatore e docente di letteratura nella scuola media, domandò ai
suoi alunni quale libro aveva maggiormente influito sulla formazione del loro pensiero, un
terzo dei ragazzi rispose in bianco, un altro terzo riconobbe che non gli occorreva nessun
libro, e il resto citò libri scritti da presentatori di programmi televisivi di successo.
Erano tutti alunni brillanti che avevano ottenuto eccellenti qualificazioni per entrare
all’Università, però la prova a cui erano stati sottoposti rispondeva al criterio di una cultura
analogica, a un'altra forma, cioè, di intendere e comprendere le informazioni.
Quegli studenti avevano trascorso una parte della loro vita davanti al televisore, erano stati in
contatto con giochi elettronici, computer. Il loro contesto culturale si articolava a partire da
codici e risorse digitali, virtuali. Intendevano e organizzavano le informazioni in un modo
diverso. Il loro universo di riferimento era totalmente distinto da quello del loro professore.
Winner afferma che gli studenti di oggi non sanno tanto o di più di quelli di altri tempi. La
differenza sta nel fatto che essi acquisiscono le conoscenze attraverso ipertesti, CD-rom,
enciclopedie multimediali, pagine web, ecc. Hanno pertanto forme particolari per organizzare
i dati e modalità diverse per condividerli con gli altri.
Questo fatto è semplicemente un aspetto della realtà culturale che vive gran parte
dell’umanità, che si distanzia notevolmente da quella in cui la generazione di adulti è stata
formata.
Jacques Delors, nel Rapporto che la Commissione Internazionale sull’Educazione per il XXI
secolo ha presentato all’UNESCO nel 2000, allude a questa nuova forma di società dove i
fenomeni si pongono su scala planetaria e di fronte ai quali bisogna prendere decisioni che
manifestano la responsabilità con la quale si vive il momento storico presente.
«Oggi, gran parte del destino di ognuno di noi, lo vogliamo o no, si gioca in uno scenario
mondiale. Imposto dall’apertura delle frontiere economiche e finanziare, stimolato dalle teorie
del libero commercio, rafforzato dal ridispiegamento del blocco sovietico, strumentalizzata
dalle nuove tecnologie dell’informazione l’interdipendenza planetaria non cessa di aumentare,
sul piano economico, scientifico, culturale e politico. Il fatto, sperimentato in modo confuso
da ogni individuo, si è convertito per i leader mondiali in una fonte di difficoltà. La presa di
coscienza generata da questa “globalizzazione” delle relazioni internazionali costituisce
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inoltre, in se stessa, una dimensione del fenomeno. E, al di là delle promesse che contiene,
l’apparire di questo nuovo mondo, difficile da decifrare e, ancora di più, da prevedere, crea un
clima di incertezza e di apprensione, che rende ancora più incerta la ricerca di una soluzione
ai problemi che si dispiegano veramente su scala mondiale»23.
Questo nuovo ordine sociale è stato, in parte, determinato dall’avvento delle Nuove
Tecnologie. Benché l’informatica, la microelettronica, il laser, le telecomunicazioni, la
robotica, l’intelligenza artificiale, i superconduttori di energia, la biotecnologia, la
microriproduzione, la miniaturizzazione che permette la nanologia derivino, si applichino e si
sviluppino in campi diversi, tutte sono caratterizzate dalla facilità di interdipendenza che
forniscono le cosiddette Tecnologie della Informazione e Comunicazione.
Il ricercatore brasiliano Ismar de Oliveira afferma che questi cambi sono propri di una nuova
era: l’era della informazione, che dà vita a un nuovo contesto culturale caratterizzato dal
confronto tra ciò che si intende per “modernità” e quella che viene ancora definita “cultura
della post-modernità”24.
Per Dacal Alonso, dell’Università Iberoamericana di Città del Messico, la post-modernità si
caratterizza per il predominio della tecnica e dell’informazione. Con il consolidamento
dell’Era dell’informazione tutto è cambiato molto rapidamente, dalle cosmovisioni che
alimentano l’immaginario dell’essere umano, fino alle modalità con cui le persone si
relazionano con i propri simili. L’umanità è immersa in una società profondamente mediatica.
Gran parte delle trasformazioni attuali hanno come testimone ineludibile la comunicazione di
massa. I mezzi di comunicazione mettono in moto trasformazioni culturali che incidono
nell’area comunicativa ed educativa della società.
«La cultura quotidiana della maggioranza della gente – secondo Jesús Martín Barbero – non
solo nella città, ma anche nelle zone rurali, è giorno dopo giorno sempre più modellata dalle
proposte, dai modelli e dalle offerte culturali dei mezzi di comunicazione di massa. Per
quanto scandaloso possa suonare, la maggior parte dei latinoamericani sta accedendo alla
modernità non per mezzo del libro, né seguendo un progetto illustrato, ma attraverso i formati
e i generi delle industrie culturali degli audiovisivi»25.
È la prova evidente che i mezzi stanno somministrando alla gente un livello minimo di sapere
e di saperi utili per destreggiarsi nella vita, nel mondo e nella città. Essi si convertono, per
coloro che non raggiungono la scolarità di base, in costitutivi del loro immaginario e in
sostituti dell’educazione. Per quelli, invece, che accedono all'educazione formale, sono
complementari e a volte sostitutivi di ciò che si apprende a scuola26.
UNA DEMOCRAZIA CHE CREA ESCLUSIONE
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«Per gli effetti della rivoluzione tecno-scientifica si stanno producendo spettacolari
trasformazioni che influiscono profondamente sulla nostra vita, sull'ambiente fisico che ci
circonda, sull'ambiente culturale, saturato da un'informazione trasmessa con le risorse
tecnologiche della comunicazione sempre più sofisticate». 27 «L'85 % del mercato mondiale
delle telecomunicazioni è situato negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone»28. In America
Latina, a raggio planetario, troviamo solo l'agenzia messicana Televisa, la brasiliana Globo e
la venezuelana Organización Diego Cisneros. Come si può costatare, in questo processo di
globalizzazione alcuni hanno dettato le regole e altri semplicemente le subiscono.
Questo nuovo potere mondiale, collegato alle multinazionali che hanno spodestato i governi
nazionali nel momento di stabilire le regole del gioco, non è democratico e ha interessi propri
a livello economico e di mercato. Non essendo vincolato allo stato di diritto, tale potere non
ha nessun impegno nei confronti dell'interesse della collettività. «Questo non significa che il
comportamento delle multinazionali sia totalmente svincolato dall'etica, ma che la natura
morale del potere è differente»29.
Tale dominio dell'informazione conferisce alle grandi potenze un vero e proprio potere
culturale e politico, soprattutto sulla popolazione che non è stata preparata, attraverso
un'adeguata educazione, a giudicare, interpretare e criticare le informazioni ricevute. Il
monopolio quasi totale delle industrie culturali da parte di una minoranza di paesi, e la
diffusione della loro produzione nel mondo intero, unito all'esistenza di un pubblico
vastissimo, costituiscono potenti fattori d'erosione delle specificità culturali. Essendo
uniforme e, con frequenza, di grande povertà di contenuto, questa falsa "cultura mondiale"
porta con sé norme implicite e può indurre, in quelli che ne subiscono l'influsso, un
sentimento di spogliazione e di perdita di identità.
Sebbene le reti elettroniche stiano costituendo un nuovo spazio per l'opinione pubblica nel
quale il pensiero collettivo può costruirsi con punti di vista differenti e a partire da diversi
luoghi, il livello di disuguaglianza e di squilibrio tra il Nord e il Sud del pianeta si
approfondisce sempre di più, così come il divario tra chi è collegato alla tecnologia e chi non
ha la possibilità di frequentare neppure la scuola.
Le popolazioni più povere, sprovviste di elettricità, vivono lontano o ai margini di
quest'evoluzione. Bisogna ricordare inoltre che più della metà della famiglia umana manca di
diversi servizi offerti dalla rete telefonica.
Attualmente, meno del 2% della popolazione mondiale ha accesso a Internet. Lo squilibrio è
estremamente alto in Africa, dove solo una ogni 685 persone può collegarsi alla rete. Nella
terza Conferenza Mondiale su Bambini e Mezzi di Comunicazione Sociale che si è svolta a
Tessalonica (Grecia), 23 - 27 marzo 2001, Ellen Wartella, del College Communication,
dell’Università del Texas, ha presentato alcuni dati ottenuti attraverso una ricerca realizzata
negli Stati Uniti. Alcuni di essi non hanno bisogno di alcun commento: l’80% dei bambini
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africani non ha mai visto un programma televisivo. Invece un bambino statunitense vive in
casa dove ci sono tre televisioni, tre videoregistratori, tre radio, due registratori, due
apparecchi CD, 1 videogioco e un computer personale.
Le tecnologie possono convertirsi così in un abisso che va ad aumentare le differenze tra
quelli che possono ottenere le informazioni e quelli che non potranno acquisirla.
RETI COMUNICATIVE
Uno dei tratti più caratteristici della società dell’informazione è la sua articolazione in rete; un
concetto di rete applicato a tutto: alla tecnologia, alla comunicazione, all’organizzazione, alla
gestione, alla produzione, al potere e alla società in generale.
Le reti instaurano un nuovo modo d' essere cittadini e di vivere. Convertono le città in
telecittà, creano un essere umano elettronico portatore di un sistema di protesi collegate al
corpo che attrezza la propria casa con i “multimedia familiari”. Questi ultimi trasformano le
case in terminal collegati a sistemi elettronici mondiali: telefono, televisione, modem dei
computer, stampante, fax. La vita quotidiana è totalmente permeata dall’elettronica.
La digitalizzazione del pianeta ha cambiato il processo tradizionale della comunicazione
sociale. Il concetto inequivocabile di recettore è stato messo in crisi. L’elettronica ha
introdotto un nuovo modello d'interscambio: l’interattività e la possibilità di produrre
comunicazione a partire da quello che prima si chiamava “pubblico”. L’elettronica ha
realizzato quello che Bertold Brecht idealizzava pensando alla radio: lo stesso mezzo che ora
riceve possiede condizioni tecniche per offrire un feedback.
La democratizzazione dei mezzi di comunicazione può avere molto poco o nulla a che vedere
con una situazione più democratica e partecipativa nella società. In alcuni casi, la disputa
degli spazi nelle grandi reti può significare soltanto un effettivo accesso alla produzione di
messaggi su grande scala nell’industria della comunicazione30.
L’esistenza diventa un’opportunità per potenziare gli sforzi, per abbandonare l’isolamento e i
progetti riduttivi, per socializzare la conoscenza e ottimizzare le risorse.
IMMATERIALITÀ DEGLI SPAZI VIRTUALI
Le nuove tecnologie della comunicazione ci presentano, ogni volta di più, immaginari non
fantastici, ma reali. La grande rivoluzione della relazione persona-mondo consiste nel fatto
che le nostre fantasie, i mondi che popolano la nostra immaginazione, tutto quello che prima
era solo nostro e personale diventa ora collettivo, reale, interattivo.
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Questo mondo è collettivo perché l’industria elettronica sta rifornendo il mercato ogni volta di
più con softwares che permettono la navigazione in spazi virtuali praticamente infiniti. Il
mondo fantastico della letteratura viveva solo dentro la mente. Il mondo fantastico del cinema
viveva nell’immaginazione a partire dalla proiezione di fotogrammi che, passando davanti
agli occhi dello spettatore in forma sequenziale, producevano la sensazione del movimento. Il
nuovo mondo dell’immaterialità è accessibile a tutti quelli che lavorano con il computer e in
questo modo diventa patrimonio collettivo.
Questo mondo è reale perché si tratta di uno spazio dove si verificano fatti reali e concreti.
Lo spazio virtuale non è solo una proiezione mentale immaginaria e inesistente. Si costituisce
in una dimensione possibile in cui si verificano avvenimenti in cui si può simulare l’uso di
apparecchi, sperimentare tecnologie e allenamenti di piloti… Questo è assolutamente nuovo.
Mai prima uno spazio materiale, un universo virtualmente fatto dalla tecnologia ha permesso
alla persona d'interfacciarsi con questo spazio virtuale.
Questo mondo è interattivo perché lavora con la persona, prende in considerazione le sue
interferenze e si ricostruisce a partire da esse. Non si tratta di un’interazione astratta di un
processo puramente intellettuale ai margini dei dati fenomenologici concreti, di leggi o di
ragioni d'ordine teorico. Si tratta di una nuova relazione con il mondo in cui lo spazio fisicoconcreto, tradizionale permette la sua riproduzione in campo virtuale degli spazi immateriali,
in cui avvengono raduni elettronici (teleconferenze), contatti virtuali, scambi di sentimenti.
Alcune imprese sono già nell’ambito delle reti: non hanno sede in nessun luogo concreto
geografico, non hanno attrezzature fisiche e tuttavia permettono incontri, contatti, raduni e
scambi di ogni tipo, “come se fossero reali” e di fatto lo sono.
Il campo dell’immaterialità sta diventando prioritario a scapito dei vissuti concreti. Le
persone stanno sostituendo l’esperienza in “carne e ossa” con quella sullo schermo31.
SINGOLARITÀ GIOVANILE
Chi sono i giovani del secolo XXI? Per rispondere a questa domanda è necessario domandarsi
quali concetti mentali si adoperano quando si parla di “gioventù”.
Non è semplice definire questa fase della vita perché implica una contestualizzazione storica,
psicologica, sociale, economica, politica, culturale. Insieme a questo, Mario Angulo ci mette
in guardia su alcuni codici che stigmatizzano la gioventù:

Le immagini giovanili associate alla presunta pericolosità sociale. Se il giovane appartiene
ad una classe sociale bassa è segnato come soggetto potenzialmente pericoloso.

Un’altra modalità di rappresentazione è quella di vedere i giovani come problema,
sottolineando gli aspetti irregolari e le condotte devianti. Questo modo di concepire la
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
gioventù è presente non solo nei mezzi di comunicazione, ma anche nei documenti politici
istituzionali.
Altri archetipi vengono associati all’edonismo, al narcisismo e al consumismo, di
conseguenza vedono il giovane lontano dal senso di responsabilità centrato sul culto del
corpo e immerso nel consumo sfrenato.
Questo ultimo stereotipo è rafforzato dall’industria dello spettacolo e dalla pubblicità32. Come
può l’educazione restituire ai giovani la loro identità di protagonisti di una storia che, di fatto,
già stanno costruendo con la ricchezza che proviene dal loro particolare modo di essere? È
importante prendere in considerazione il fenomeno gioventù in tutta la ricchezza della sua
espressione, della sua ricerca d’identità, della sua carica di eterogeneità. Secondo Antonio
Carlos G. Da Costa non esiste un paradigma egemonico che definisca la gioventù. Questo fa
emergere la necessità di definire questo soggetto sociale a partire da un insieme di fattori.
La gioventù, essendo un fenomeno multidimensionale, deve essere considerata a partire dalla
sua significatività specifica nei diversi contesti della vita sociale: creazioni, educazione,
lavoro, comunicazione, partecipazione o esclusione dal consumo e altri33.
Di conseguenza pensare la gioventù richiede uno sforzo di rilettura del mondo. Babin parla di
due nuovi modi di comprendere i giovani, la loro capacità di creare una cultura diversa, di
accostare la realtà facendo interagire suono, parola, immagine, di essere più predisposti a
sviluppare l'intelligenza ARTICOLATA (Tissular) rispetto a quella geometrica. La prima
conduce a confrontare ogni parte dell'insieme per comprenderne il significato, la seconda
procede a partire da dimostrazioni34.
La cosmovisione giovanile si forma a partire da presupposti vissuti, frutto di interscambi
comunicativi a livello planetario. I giovani sperimentano una sensazione di prossimità
muovendosi attraverso diverse culture e geografie virtuali, entrando in rapporto con altre
lingue, culture, intessendo una conoscenza ibrida.
È urgente tener conto delle trasformazioni contemporanee della cultura giovanile perché i
giovani riflettono nuove concezioni del tempo e del consumo.
Carlos Feixa considera la gioventù di oggi generazione @, cioè dell'era digitale. Una delle
caratteristiche del tempo digitale è quella di permettere di riprogrammare costantemente
l'inizio, la fine, la durata e il ritmo di un'attività. Si genera in questo modo un autentico tempo
virtuale, la cui "realtà" dipende dall'ambito in cui si produce. Il giovane si "connette" a tempi
molteplici e si muove in misure di tempo relative, decentrate e ambivalenti35. Vive in spazi,
come i centri commerciali, nei quali il tempo e il consumo si fondono insieme, si globalizza lo
spazio e il tempo si virtualizza, cambia la concezione ciclica del tempo e il consumo passa da
uno spazio locale ad uno spazio globale, grazie alle infinite possibilità che aprono le reti di
connessione con il pianeta.
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Si sa già che questa generazione @ non include numericamente la maggioranza dei giovani
del mondo. Ma, certamente la tecnologia causa un impatto comportamentale ampio,
diversificato e complesso nei giovani di tutti i segmenti sociali. La possibilità d' accesso alle
nuove tecnologie arriva ai quartieri più poveri, producendo saperi differenziati e provocando
cambi culturali. La capacità di comunicazione si converte in imperativo e condizione di
sopravvivenza e l'appropriazione delle nuove tecnologie, dei codici linguistici rende i giovani
nuovi attori sociali.
Senza dubbio, la globalizzazione - per i giovani di classe economica più bassa - amplierà
ancora di più il fossato della propria esclusione sociale. "L'impatto della globalizzazione
economica, delle radicali trasformazioni tecnologiche e organizzative del mondo del lavoro, il
costo sociale di ristrutturazione produttiva generano circostanze nuove e terribili per questi
giovani: aumento del rischio di esclusione sociale e di mancanza di una professionalità
spendibile sul mercato del lavoro; macchine intelligenti sostituiscono l'intelligenza umana; la
dematerializzazione del lavoro che fa dell'informazione e della conoscenza requisiti
fondamentali per la sopravvivenza professionale mette in difficoltà soprattutto i giovani delle
classi più povere che non hanno possibilità di accedere all'alfabetizzazione elettronica.36
Entrare nella dinamica della singolarità giovanile si converte in una sfida perché colloca la
famiglia, gli educatori, la società in stato di permanente attenzione ai cambi culturali prodotti
dai giovani in contatto con i loro gruppi "reali" di appartenenza e con i gruppi "virtuali" che si
creano nella rete, nella telecittà, generando una telecittadinanza molte volte opposta alla
cittadinanza nell'ambiente sociale nel quale passano gran parte del loro tempo.
È importante tenere conto degli spazi nei quali si muovono i giovani, considerare questi
nomadi con enorme capacità di transito attraverso diversi mondi nello stesso tempo. È
importante offrire loro opportunità per costruire il progetto di vita dentro i loro orizzonti. È
necessario credere che i giovani cercano spazi dove possano forgiare la loro identità, dove
esercitare il protagonismo sociale e una cittadinanza che li avvicini a valori come libertà,
tolleranza, convivenza, solidarietà, democrazia, impegno per la trasformazione sociale, etica
delle relazioni.
LE SFIDE DELL'EDUCAZIONE
La religiosa salesiana María Helena Moreira, educatrice e ricercatrice nel campo della
Educomunicazione, pone alcuni interrogativi che attivano la riflessione critica di fronte alla
nuova situazione.
"Dal mondo creato da queste tecnologie nascono nuovi linguaggi, nuove relazioni tra le
persone. Esse modificano il tempo e lo spazio tradizionale. L'importante è domandarsi: come
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sono queste nuove relazioni tra le persone. La facilità d'interagire con qualcuno che sta in un
altro continente non è ciò che garantisce la qualità della comunicazione?, come gestiamo la
differenza, l'eterogeneità culturale?.
Il concetto di cittadinanza si è ampliato. Parliamo infatti di "cittadini del mondo". Come agire
in questo mondo articolato in reti di comunicazione? Non apparteniamo più a una società
locale, ma ad una mondiale? Ci sono nuovi modi contemporanei di vedere, percepire e
interagire con questa realtà?
Il concetto di spazio è ampio, si parla infatti di ciberspazio, nel quale si muovono "cittadini
delle reti" che condividono informazioni, conoscenze, idee, sogni, comportamenti. Questo
cambio si è verificato non in un territorio reale, ma virtuale. Scompare il concreto, lo spazio
fisico, quello che si può toccare, il contatto è vanificato; si entra in un'altra dimensione della
percezione delle relazioni interpersonali e sociali. L'io che entra in contatto con l'altro io abita
un non luogo, è senza territorio. Si propone in questo modo la sfida di come riscattare le
radici culturali. Cosa fare per non perdere il riferimento alla propria identità?
Gli interrogativi che si sono delineati esigono una risposta che apra cammini di nuova
cittadinanza, capace di abitare le reti di informazione e di comunicazione"37.
Il sistema tradizionale di educazione, in questo scenario e, soprattutto, di fronte alla realtà
giovanile, non è più un punto di riferimento per leggere e dare significato alla realtà e
all'esistenza. Il nuovo volto della scuola passa attraverso la riscoperta della sua identità, per
l'apertura al dialogo tra pedagogisti, teorici della cultura e della comunicazione.
I molteplici cambi provenienti dal mondo della comunicazione provocano trasformazioni
culturali e aprono spazi per generare nuove forme di conoscenza.
Quali sfide pone il mondo della comunicazione all'educazione? Come assumere i processi di
cambio culturale generati dalla disuguaglianza nell'accesso a progetti e strategie educative?
Come conoscere e lavorare sull'immaginario giovanile nelle istituzioni educative, per
instaurare spazi effettivi che permettano l'esercizio della cittadinanza? Quali cambi
organizzativi si richiedono per la costruzione di ecosistemi comunicativi che rendano
possibile l'interscambio, la solidarietà tra gli attori sociali della scuola e della società?
All'educazione si aggiudica una responsabilità etica e sociale di fronte all'egemonia
economica mondiale, supportata dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Considerando che i giovani popolano l'universo della comunicazione sociale, nel quale si
verificano cambi radicali, quale sfida deve affrontare il sistema educativo?
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educare per una società di produzione che sia giusta, equa e democratica;
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formare per una cittadinanza locale, nazionale, mondiale; educare per una convivenza
solidale ed etica;
formare per la cooperazione e la tolleranza;
rendere visibile l'acquisizione di abilità di comprensione, di analisi, di riflessione di
critica e creatività;
offrire strumenti per rinforzare l'identità culturale, aperta al pluralismo e al cambio
culturale;
prendere in considerazione la cultura digitale e virtuale della comunicazione;
instaurare nuove relazioni pedagogiche e comunicative;
educare per cosmovisioni differenti e sguardi molteplici;
fornire capacità per identificare il pensiero unico che si instaura con l'egemonia delle
imprese di telecomunicazioni;
formare alla capacità di negoziare il senso con le differenti istanze di formazione;
lavorare su concetti come ciberspazio, telepresenza, libertà di espressione,
democrazia, partecipazione creativa, cultura della visualizzazione elettronica,
mediazioni tecnologiche, simulacro, ipertesto in relazione con il mondo della
formazione che si consolida ogni volta di più;
partire da una matrice pedagogica che favorisca strategie metodologiche,
procedimenti finalizzati allo sviluppo di competenze comunicative;
proporre metodologie per analizzare i discorsi del ciberspazio, dell'ubicazione e della
atemporalità;
sviluppare teorie e paradigmi inerenti al contesto informativo e comunicativo;
creare metodologie per l'alfabetizzazione multimediale (tecnologia e informazione);
acquisire competenze per una interazione reale, dentro un processo di molteplici flussi
comunicativi;
educare al senso estetico, all'armonia attraverso le espressioni dell'arte e della cultura.
Educare nell'era dell'informazione, secondo Francisco Gutierrez, è porre il sistema educativo
in contatto con la cultura postmoderna, orientandosi più alla sensibilità che alla razionalità
astratta. Per questo propone che si educhi per l'incertezza, per la ricerca di senso, per la vita,
per la convivenza, per l'appropriazione della storia e della cultura38.
Quello che manca effettivamente, nell'attuale momento, secondo Ismar de Oliveira, è dare all'utilizzo delle tecnologie della comunicazione sociale nella scuola - il senso politico
richiesto dall'esperienza storica dell'umanità, nel secolo XXI. Quello che manca alla
maggioranza delle scuole è la riflessione contestualizzata sulla realtà costruita dalla presenza
della comunicazione sociale nella società contemporanea. Una riflessione che superi l'ingenua
esaltazione delle tecnologie in continuo cambiamento39.
L'educazione che ricerca continuamente la sua identità incontrerà la sua ragione d'essere nella
sua missione di formare cittadini solidali, capaci di convivere e di dare sapore alla vita.
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La formazione dei docenti nell'ambito della comunicazione diventa un'urgenza. Emerge nello
scenario educativo la figura dell'educomunicatore. Secondo Ismar de Oliveira
l'educomunicatore è un agente culturale specializzato in educazione e comunicazione, capace
di creare, di dare vita e senso alla tecnologia. La sua missione è gestire i processi
comunicativi: far nascere iniziative, gestire progetti e diffondere produzioni nell'area della
comunicazione, nell'ambito dell'educazione formale e non formale.
EDUCAZIONE - COMUNICAZIONE:
UNA PROSPETTIVA DI FUTURO
Il cammino del rapporto tra queste due aree ha più di quarant'anni di tradizione. Ha avuto
diverse impostazioni a seconda della scuola di ricerca e della sensibilità degli autori. Alcuni
ricercatori presentano l'insegnamento dei mezzi e con i mezzi, altri insistono sulle chiavi di
lettura audiovisiva oppure sulla ricezione critica dei messaggi.
Esiste un documento dell'UNESCO elaborato a metà degli anni '70 che si può ritenere
fondamentale: "L'educazione in materia di comunicazione".
Specialisti di diversi Paesi esprimono in questo testo i rapporti tra il mondo dell'educazione e
quello della comunicazione.
Ci sono state numerose iniziative in questo campo. Esse sono state arricchite con i contributi
delle teorie dei mezzi di comunicazione sociale, della semiotica, dell'analisi critica dei
messaggi, della produzione dell'industria dei mezzi, dell'estetica…
Questo tema ha generato polemiche e prese di posizione contrapposte nel pubblico in
generale: chi, a priori, ha considerato il mondo delle nuove tecnologie multimediatiche come
assolutamente buono, positivo, e chi - all'estremo opposto - lo ha ritenuto demoniaco.
Altri più realisti ammettono le positività della tecnologia e riconoscono ugualmente che la
riflessione etica sul suo utilizzo è spesso mancata.
Nonostante gli innumerevoli sforzi educativi attorno al tema dell'utilizzo dei mezzi non si è
giunti ad un consenso. Al contrario, si manifesta una grande incertezza attorno ai
procedimenti seguiti. Si sono realizzati finora sforzi isolati, condivisi solo nei Congressi e
Seminari, ma sono molte le sfide, molti i nuovi e rapidi cambiamenti nell'ambito della
comunicazione, che rendono necessario sviluppare nuove teorie e pratiche nell'area
dell'Educazione - Comunicazione. Infatti, si sono realizzati notevoli sforzi, ma nella
situazione attuale sono senza dubbio insufficienti e inoltre non articolati.40
Tuttavia grazie a queste esperienze va sorgendo in forma inequivocabile un nuovo campo che
integra queste due aree e che viene denominato col termine Educomunicazione.
13
Nell'incontro di ECOSAM, Èquipo de Comunicación Social América, delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, realizzato a Caracas nel settembre del 2000 si sono analizzati 53 progetti concreti
attorno al rapporto Educazione-Comunicazione-Cittadinanza, che si stanno realizzando nelle
diverse opere salesiane del continente. Studiando la natura e la pratica di questi progetti,
stabilendo relazioni tra gli uni e gli altri, si è giunte ad una loro articolazione e suddivisione in
aree di intervento educativo che rendono così possibile l'elaborazione di un Piano
continentale di Educomunicazione.
14
Parte II
FONDAMENTO TEORICO
Presentazione
Il percorso storico che presentiamo di seguito trova il suo fondamento nelle ricerche realizzate
dal NCE – Núcleo de Comunicación y Educación de la Escuela de Comunicación y Artes de
la USP (Universidad de São Paulo – Brasile), con il coordinamento del Professor Ismar de
Oliveira Soares41.
Utilizziamo tale ricerca in quanto, trattandosi di uno degli studi più recenti e documentati nel
campo della Comunicazione-Educazione, fornisce un apporto consistente al riferimento
teorico che intendiamo definire in queste pagine.
La ricerca a cui facciamo riferimento si è realizzata tra il 1997 e il 1998, utilizzando come
base iniziale per la raccolta dei dati il Directorio Latinoamericano de Investigadores y
Especialistas en Comunicación y Educación, compilato negli anni ‘80 e ’90, che raccoglie un
totale di circa 1.200 nomi di produttori culturali, educatori artistici, tecnici informatici,
docenti, ricercatori e professionisti della comunicazione e dell’educazione di tutta l’America
Latina.
Il campione della ricerca è costituito da 178 specialisti, che hanno risposto al questionario che
chiedeva di interrogarsi sulla natura dell’interrelazione tra educazione e comunicazione, sulle
aree di attività che derivavano da esse e sul profilo di chi lavorava in tale campo. Dei 178
specialisti, il 67,66% erano brasiliani e il 32,29% latinoamericani e spagnoli.
La ricerca ha assunto, come punto di partenza, alcuni indicatori delle profonde trasformazioni
che si stanno attuando nel campo scientifico, soprattutto riferito alle scienze umane.
L’obiettivo della ricerca era quello di identificare lo spazio di confronto, teorico e pratico, di
due campi tradizionali del sapere, quello dell’educazione e della comunicazione.
La conclusione a cui si giunge segnala l’emergere effettivo di un nuovo campo del sapere, che
reclama una sua identità, riflette su se stesso, si costruisce un proprio linguaggio, tutti
elementi imprescindibili per riconoscere, come oggetto autonomo di conoscenza, il campo
dell’interrelazione tra Educazione-Comunicazione.
AVVICINAMENTO TRA EDUCAZIONE E COMUNICAIZONE

BREVE PERCORSO STORICO
15
Lo studio sull’avvicinamento tra i campi dell’Educazione e della Comunicazione appare già
fin dall’inizio del XX secolo, anche se con intenti moralistici da parte, soprattutto, di religiosi
ed educatori, che si mostravano restii di fronte alle manifestazioni dei mezzi di
comunicazione sociale.
Verso la metà del secolo, l’ottica si restringe soprattutto attorno ai contenuti che i mezzi
veicolano. La preoccupazione è l’ideologia e i contenuti politici espliciti e subliminali
presenti nella cultura di massa. La Scuola di Francoforte contribuisce a far sì che la reazione
ai mezzi di comunicazione di massa sia di aperta sfiducia. L’avvicinamento tra i due campi
parte dal presupposto che gli strumenti di comunicazione detengono un potere di
manipolazione delle coscienze e di decisione politica-economica.
A partire dalla seconda metà del XX secolo, l’interesse si sposta verso la dimensione
audiovisiva, incrementando la lettura critica del cinema e della televisione. Tanto in Europa
come in tutta l’America Latina, si moltiplicano i cineclub con l’obiettivo di stimolare l’analisi
critica dei messaggi42.
Da questo momento, si ha un sensibile incremento nella letteratura destinata a mettere in
guardia gli utenti circa i pericoli provenienti dall’esposizione prolungata ai messaggi, così
come nel richiamo alla necessità di organizzarsi per far fronte al processo di manipolazione
esercitato dai media.
Negli anni ’70, l’attenzione si sposta sull’analisi del discorso43, e le pratiche pedagogiche
vanno indirizzandosi verso la formazione critica della coscienza del pubblico. Alcune
istituzioni, vincolate alla chiesa cristiana e cattolica – come l’Asociación Mundial para las
Comunicaciones Cristianas (a Londra) e le Organizaciones Internacionales Católica de
Comunicación (a Quito)44 – esercitano un protagonismo educativo per i media in America
Latina che costituisce l’antecedente più recente della educomunicazione.
L’UNESCO è un riferimento importante per lo sviluppo di progetti di lettura critica dei
media. Nei suoi documenti si analizza e denuncia la concentrazione dei mezzi di informazione
nell’emisfero nord, nelle mani di pochi paesi ricchi, che detengono il potere di decidere circa
la produzione dell’informazione di altri beni simbolici. Il Rapporto McBride su un Nuovo
ordine mondiale dell’informazione e della comunicazione evidenzia il carattere ideologico dei
programmi di educazione ai mezzi, specialmente in America Latina45.
Negli anni 80, l’UNESCO, senza abbandonare la riflessione sull’influenza del primo mondo
sul terzo, spinge, attraverso le sue pubblicazioni, a un’accesa discussione circa la relazione
esistente tra l’educazione formale (la scuola) e i mezzi di informazione.
Nel mondo iberoamericano, il ricercatore spagnolo, radicato ormai in Colombia, Jesús Martín
Barbero, introduce una nuova linea di riflessione con la sua “teoria delle mediazioni”. Questo
permette una visione più acuta e lucida dei processi di ricezione e produce un cambio
importante nella pedagogia dell’educazione ai mezzi.
Dalla finalità di formare per difendersi dalla minaccia che costituiscono i mezzi, latente nella
maggior parte dei programmi educativa che si andavano sviluppando, si passa a concepire la
relazione tra comunicazione ed educazione come la possibilità di costruire ecosistemi
comunicativi a partire dalla realtà mediatica in cui tutti siamo immersi.
16
Nella seconda metà degli anni 90, l’accelerato sviluppo dei mezzi elettronici, specialmente
delle reti mondiali di comunicazione, mette in evidenza la necessità di costituire un nuovo
campo che avvicini, criticamente e costruttivamente, le aree della “educazione ai mezzi” e
“dell’uso delle nuove tecnologie nell’insegnamento”.

CONTRIBUTI TEORICI
Gli apporti di tre autori, Burrhus Skinner (1904-1990), Célestin Freinet (1896-1966) e Paulo
Freire (1925-1997), contribuiscono a formare alcuni concetti di base che danno supporto
all’azione degli educatori e “comunicatori educativi”, secondo un’espressione di Mario
Kaplún.
Con la teoria del rinforzo e della ricompensa, Skinner si pone all’origine delle esperienze di
insegnamento per obiettivi, attraverso l’uso di processi e risorse tecnologiche controllabili.
Questa teoria è servita di appoggio, per molto tempo, all’idea che – nell’uso delle tecnologie
dell’informazione e nella educazione in presenza e a distanza – risiederebbe tutta e qualche
possibilità di convivenza tra i due campi.
Per Freinet, l’educazione è sinonimo di “espressione”, ragione per la quale non è possibile
senza interlocutori. Egli utilizza nella scuola una metodologia che permette agli alunni di
avvicinare e usare il giornale, abilitandoli a riconoscersi come “soggetti”, produttori di
conoscenza, comunicatori.
Rivedendo le teorie della comunicazione in vigore fino agli anni 70, Paulo Freire pone le basi
per una nuova pedagogia, dando rilevanza al concetto di “educazione ai mezzi” come attività
inerente ai programmi di alfabetizzazione ed educazione popolare.
Per lo studioso brasiliano, la Comunicazione è fondamentale non solo nelle relazioni umane,
ma perché l’interazione dei suoi elementi di base permette una certa autonomia al processo
educativo.
Nella relazione educatore-educando, lo schema comunicativo deve essere una relazione
sociale egualitaria e dialogica che produca conoscenza46.
La comunicazione è la relazione che si fa effettiva per la co-partecipazione dei soggetti
nell’atto di conoscere, essendo prioritario l’impiego dei mezzi di informazione. È
fondamentale conoscere il contesto del processo comunicativo nel quale la lettura e la
scrittura si producono. Pertanto, si richiede la formazione in “competenze specifiche” per
comprendere i nuovi ed emergenti mezzi di comunicazione.

PUNTI DI CONVERGENZA
Nella relazione comunicazione-educazione, si rilevano alcuni punti di convergenza:
17
-
-
-
-
In ambedue i campi si fa riferimento alla necessità di trasformazioni e di cambi di
fronte ai processi sociali prodotti dalla società contemporanea. L’educazione è
chiamata a rivedere i propri metodi, obiettivi, nell’esigenza di preparare e formare i
suoi agenti. La comunicazione, d’altra parte, soggetta alle regole del mercato, si
contrappone ai valori etici sostenuti dagli educatori.
C’è uno sforzo congiunto delle istituzioni, degli enti sociali e delle agenzie
internazionali circa l’interazione comunicazione-educazione, nel fatto di chiedere
maggior approssimazione.
Altre aree della conoscenza, come l’antropologia e la sociologia, offrono supporti
teorici e metodologici alla comunicazione-educazione. Lo si costata dalla presenza di
sub-aree orientate alla cultura, allo sviluppo e studio di temi inerenti l’egemonia e la
dipendenza nelle relazioni politico-sociali potenziate dalla comunicazione sociale.
Si osserva la preoccupazione a identificare e descrivere la interazione comunicazioneeducazione come campo autonomo di intervento sociale e di ricerca accademica. Le
ipotesi avanzate nel lavoro di ricerca sono considerate coerenti e plausibili dalla
maggioranza assoluta degli intervistati.
EDUCOMUNICAZIONE
Non c’è dubbio che, specialmente in America Latina, si va consolidando una teoria che
sostiene l’interazione comunicazione-educazione come un campo di dialogo e di intervento
sociale specifico, uno spazio per la conoscenza critica e creativa, per l’espressione della
cittadinanza attiva e della solidarietà. Nasce la “Educomunicazione”.
Per educomunicazione si può intendere tutta l’azione comunicativa che avviene nello spazio
educativo, ossia, la comunicazione interpersonale, di gruppo, dell’organizzazione, di massa,
realizzata con l’obiettivo di produrre e sviluppare ecosistemi comunicativi.
Come sostiene una delle ipotesi, avanzate dalla ricerca coordinata dal Prof. Soares, non si
tratta di una nuova disciplina, ma di un nuovo paradigma di interpretazione della realtà.
È importante creare relazioni significative tra comunicazione ed educazione, diminuendo
l’imperialismo sia pedagogico che comunicativo. Evitare, dunque, la visione unilaterale, che
associa la comunicazione solo alla riflessione sull’uso delle tecnologie dell’informazione e
comunicazione.
In questo campo, come dice Nadia Laureti, ricercatrice del NCE, si è di fronte a un processo,
a un modus operandi capace di inaugurare posizioni teoriche e pratiche che vanno al di là
delle pareti paradigmatiche; di riconcettualizzare la relazione tra educazione-comunicazione e
orientarla verso una “educazione cittadina di emancipazione”, sufficientemente forte da
rompere il predominio dominante di una cittadinanza associata al consumo. Per progettare in
questo senso, bisogna partire dalla pratica della educomunicazione, che si appoggia sul
18
concetto di un nuovo soggetto, di un nuovo spazio, di un nuovo tempo e di una nuova
modalità di pensare e di agire.
AREE DI INTERVENTO
La ricerca a cui si sta facendo riferimento, distingue quattro possibili aree di azione
professionale degli educomunicatori.
Durante la riflessione che ha accompagnato il seminario che l’Èquipo de Comunicación
Social América delle Figlie di Maria Ausiliatrice ha realizzato a Caracas, nel settembre 2000,
con la consulenza del Prof. Ismar de Oliveira Soares, sono emerse quattro aree di intervento,
con caratteristiche proprie, legate alla missione delle salesiane in questo campo.
Le aree sono sorte dall’analisi di alcuni progetti di Educomunicazione che si stanno
realizzando nel continente americano. Nello studio, si è fatta attenzione a quelle
caratteristiche che permettevano di ubicarli in una o altra area, a seconda della natura.
Certamente, molti progetti non sono immediatamente incasellabili in una delle quattro aree,
ma si possono riferire a una o più di queste, dato che il processo educativo, nella pratica, cerca
di rispondere armonicamente alla totalità della persona.
La classificazione che ne è risultata risponde dunque meglio alla necessità di comprendere il
processo di Educomunicazione, in forma organica, integrale, chiara.

EDUCAZIONE ALLA COMUNICAZIONE
Comprende i programmi e le azioni orientate, nell’ambito dell’educazione formale, allo studio
e alla comprensione dei processi di comunicazione umana e sociale. Il fenomeno dei media, in
particolare, lo si affronta dall’ottica di capire il posto che occupano nella società, l’impatto e
le implicanze che derivano dall’affermarsi di una società mediata dalla comunicazione.
Lo studio, di carattere teorico-pratico, tende a formare interlocutori sociali responsabili, critici
e creativi, promotori dell’accesso a tutte le risorse della comunicazione e alla loro
utilizzazione come mezzo di espressione per gli individui e i gruppi sociali.
Quest’area è quella che si è maggiormente sviluppata in America Latina, ma anche in altre
parti del mondo.
Raduna molteplici esperienze che fanno riferimento a teorie che, a volte, sono tra loro
contrapposte. Fino a non molto tempo fa, si identificava proprio con l’educazione ai mezzi la
stessa educomunicazione. La ricerca che abbiamo assunto come riferimento di base, rileva
invece, con chiarezza, che attualmente, l’educomunicazione possiede un più ampio raggio di
riflessione e di azione.
Negli ultimi quarant’anni, in diverse parti del mondo, si sono avviati programmi di
educazione ai media, con obiettivi e impronte molto diverse: moralista (campagne contro la
19
pornografia nel cinema negli 30 e 60); ideologica (progetti di “lettura critica” della
comunicazione, negli anni 70); costruttivista (progetti orientati alla decostruzione-costruzione
dei messaggi dei mezzi, negli anni 80).
Ultimamente, vari governi, specialmente negli Stati Uniti, Canada e in Europa, hanno stabilito
politiche educative orientate a ridurre gli effetti dei media sui bambini e gli adolescenti.
A metà degli anni 70, l’UNESCO radunò specialisti di diversi paesi con il fine di studiare la
relazioni tra educazione e comunicazione. Il risultato fu la pubblicazione del documento La
educación en materia de Comunicación, testo ritenuto fondamentale per l’educazione ai
mezzi. Lo stesso organismo internazionale, sempre in quel tempo, stimolò gli stati affinché
istituissero politiche nazionali di comunicazione, offrendo principi per la diffusione di
pratiche educative in quest’area.
Nel Simposio Internacional sobre la Educación para los Medios, organizzato dall’UNESCO
nel 1982 in Germania, al quale parteciparono rappresentanti di 19 paesi, si definì questa
pratica pedagogica come lo sviluppo della conoscenza, delle abilità e delle attitudini che
stimolano la formazione di una coscienza critica e, conseguentemente, di una maggior
competenza dei mezzi elettronici e stampati.
In seguito, sempre l’UNESCO promosse vari seminari di educazione alla televisione nei
diversi paesi di America Latina. In questi si andò consolidando il principio che l’ideale
sarebbe stato che i programmi di educazione alla ricezione dei mezzi includessero l’analisi
delle produzione dei media, l’uso degli stessi come strumenti di espressione creativa,
ritenendo come obiettivo ultimo il rafforzamento della democratizzazione della
comunicazione in tutto il continente47.
Considerando gli sforzi notevoli che sono stati fatti per approfondire il rapporto educazionecomunicazione, specialmente con ricerche e pubblicazioni di risultati in riviste specializzate e
in Internet, il sistema educativo non ha tuttavia ancora integrato, in forma definitiva e
adeguata, l’educazione ai mezzi nelle proprie mete e nelle sue pratiche. C’è chi non ritiene il
tema pertinente per la scuola e chi afferma che l’attitudine critica dei ricettori dei mezzi di
fronte ai loro messaggi viene acquisita naturalmente, per tanto non c’è bisogno di alcun
intervento educativo al riguardo.
Len Masterman, uno dei più grandi e famosi investigatori inglesi in questo campo, difende un
processo di educazione sistematica nell’area della Media Education, suggerendo come finalità
non solo il raggiungimento di una “intelligenza critica”, ma di una “autonomia critica” per
affrontare la vita al di fuori dell’ambiente scolastico e preparare il futuro.
Negli Stati Uniti, la Media Literacy, malgrado sia sorta negli anni 70, ha acquistato vivacità
solo negli ultimi dieci anni. In questo tempo, più di 15 stati americani hanno introdotto, in
qualche modo, questa attività nei curricoli delle proprie scuole.
Altro fatto rilevante è la preoccupazione di abilitare gli educatori a sviluppare programmi in
quest’area. L’Università di Harvard si è proposta di formare annualmente circa 100 specialisti
della relazione educazione-comunicazione.
20
William Thorn nel suo intervento all’International Congress on Media and Education
affermò che le ricerche dimostrano la tendenza nordamericana a orientarsi, più allo sviluppo
di teorie e pratiche educative, che interpretino il contesto proprio dell’era dell’informazione,
che alla comprensione dei media in sé stessi.
In questo modo, il campo più ristretto dell’educazione ai mezzi va trasformandosi, a poco a
poco, anche negli Stati Uniti nell’ambito più ampio della comunicazione-educazione,
coincidendo, in tal modo, con ciò che sta succedendo, da circa vent’anni, in America Latina.
Quella conosciuta come “lettura critica dei mezzi” si è imposta in America Latina come
conseguenza del contributo pedagogico di Paulo Freire ponendosi alla radice della teoria della
dipendenza, come strategia per formare la percezione critica dell’audience di fronte
all’“invasione culturale” dei prodotti del Nord America.
I programmi di educazione per la ricezione venivano impartiti, quasi sempre, al di fuori
dell’educazione formale; avvenivano nei quartieri, nelle periferie, nelle comunità rurali; erano
sostenuti da istituzioni coinvolte nell’educazione e nella cultura popolare. Le ricerche di
María Elena Hermosilla e Valerio Fuenzalida in Cile; María Teresa Quiróz in Perù; José
Manoel Morán in Brasile ne danno testimonianza48.
In seguito, si è assistito ad uno spostamento di obiettivi dei progetti sviluppati in America
Latina. Il ricercatore brasiliano Pedro Gilberto Gomes, analizzando molti di questi progetti
scoprì che, sebbene si basino su pedagogie diverse, hanno in comune lo sforzo di trasferire il
problema “dai mezzi” al “processo comunicativo”. È in questo cambio di polo che risiede il
grande apporto che l’America Latina sta dando allo studio del problema. Attualmente, non si
parla solo “di educazione al senso critico”, ma si fa riferimento a una “educazione per la
comunicazione” intesa come processo.
Jesús Martín Barbero ha contribuito abbondantemente a tale cambio di posizione.
I suoi apporti circa la teoria delle mediazioni aiutano a comprendere che i media esercitano
una funzione di intermediari nella produzione della cultura tanto quanto lo stesso fenomeno
della ricezione è mediato da istanze sociali quali la famiglia, la scuola, i gruppi dei pari, la
chiesa… Di conseguenza, pur non riconoscendo una influenza così diretta dei mezzi sugli
utenti, si rende tuttavia necessario educare i mediatori di tale influenza, specialmente le
famiglie49.
Il Piano di Educomunicazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice in America intende l’area
dell’educazione alla comunicazione più ampiamente rispetto alle esperienze fin qui riportate.
Include, infatti, la dimensione della comunicazione interpersonale. Si ritiene che la
dimensione relazionale appartiene alla natura stessa dell’educazione salesiana ed è alla radice
di qualsiasi processo di comunicazione sociale. I mezzi non creano la comunicazione,
semplicemente potenziano questa caratteristiche inerente alla natura umana.
21
Nella misura in cui la relazione educativa quotidiana risponde ai criteri di uguaglianza,
responsabilità, dono, libertà, accettazione e rispetto, i processi di educazione ai mezzi possono
rendere possibile una comunicazione sociale più solidale, che non emargini nessuno.

MEDIAZIONE TECNOLOGICA
L’avvento delle Nuove Tecnologie sta costruendo una cultura che richiede di essere
conosciuta e compresa. Esse hanno fatto il loro ingresso nella scuola e domandano
l’aggiornamento costante degli educatori.
La mediazione tecnologica nell’educazione comprende i processi e le riflessioni intorno alla
presenza e ai molteplici usi delle nuove tecnologie dell’informazione nell’educazione.
Propone alla comunità educativa l’utilizzo delle risorse tecnologiche a partire da una
prospettiva di cittadinanza, che implica la democratizzazione dell’uso delle risorse
tecnologiche optando per progetti di solidarietà, come esercizio di autentica pratica
comunicativa.
Il ricercatore e educomunicatore spagnolo Alfonso Gutiérrez, nella sua opera Educación
Multimedia y Nuevas Tecnologías, suggerisce un’educazione multimediale che “facendo uso
delle tecnologie predominanti nella società attuale, permetta all’alunno di conseguire le
conoscenze, le abilità e le attitudini necessarie per:
- comunicare (interpretare e produrre messaggi) utilizzando distinti linguaggi e mezzi
- sviluppare la propria autonomia personale e la percezione critica per costruire una
società giusta e multiculturale, in cui convivere con le innovazioni tecnologiche
proprie di ogni epoca”50.
Per Gutiérrez Martín è indispensabile che l’educazione multimediale si diriga non solo agli
educandi, ma anche agli educatori in formazione e in servizio attivo.
L’UNESCO ha pubblicato nel 1992 The State of the Art and Beyond, una riflessione
sull’evoluzione dell’informatica nel contesto educativo. Nel secondo capitolo, Bernard Levrat
segnala alcuni temi fondamentali di riflessione riguardo alle tecnologie nella scuola:
- l’innovazione tecnologica è una realtà che preoccupa tutti: imprese, industrie e
università, pertanto non è un problema esclusivo del sistema educativo;
- i computer devono essere dati in mano ai professori e agli alunni, insieme alla
opportunità di un tirocinio e di una struttura adeguata
- le strategie per l’utilizzo delle nuove tecnologie devono tenere presente il contesto
di chi le utilizza
- è imprescindibile la promozione di esperienze-pilota.
22
Tale documento riconosce che la presenza della nuove tecnologie nell’educazione può causare
nuovi problemi nella relazione educatore/educando, pertanto l’autore si chiede: perché
utilizzarle, allora?
Egli stesso risponde adducendo due motivi: primo, perché l’immenso sviluppo di quest’area e
delle sue applicazioni nella società fa sì che l’educazione non possa ignorarle per altro tempo;
inoltre, l’informatica trae con sé infinite possibilità di soluzione dei problemi che
l’educazione affronta quotidianamente.
Nel gennaio 2001, si è celebrato in Spagna il I Congreso Internacional de Educared. In tale
sede, affiorò con forza il tema dell’introduzione delle nuove tecnologie nell’educazione. Il
quotidiano El País, pubblicava al riguardo:
«La preoccupazione per l’introduzione delle nuove tecnologie con fini pedagogici nei centri
scolastici è praticamente unanime nel corpo docente. La fretta per trovare una soluzione su
come si può effettivamente operare risponde al fatto che la Rete si è intromessa
nell’educazione senza darle il tempo di reagire, con una molteplicità di informazioni a cui si
può accedere. Gli esperti assicurano che, per sviluppare una nuova pedagogia adatta a questo
strumento, è ormai imprescindibile accettare che Internet sia presente nelle aule.
D’altro canto, Jesús Beltrán, docente di Psicologia dell’Educazione all’Università
Complutense di Madrid, aveva avvertito che “tutta la tecnologia, e specialmente Internet, ha
un grande potere, in quanto non è solo uno strumento. È importante sapere che cosa
professori e alunni possono fare con essa”»51.
Le nuove tecnologie causano un cambio nella struttura dell’educazione occidentale.
Certamente, oggi ci sono altri spazi, oltre la scuola, nei quali si possono acquisire conoscenze
trascorrendo meno tempo in classe, ponendosi obiettivi più ambiziosi con sguardi allo
sviluppo umano, non solo in termini di utilità economica, ma anche di soddisfazione e
arricchimento personale.
Questa riflessione rimanda a uno dei compiti educativi di questa area: la demitizzazione delle
nuove tecnologie come salvataggio dell’educazione, e l’identificazione dell’opera educativa,
mettendo le tecnologie al servizio della crescita della persona umana.
Levrat accenna a un problema dovuto alla novità del campo: la mancanza di risorse che
forniscano agli educatori orientamenti sicuri nel proprio lavoro educativo con le nuove
tecnologie. Egli indica la possibilità di utilizzare queste risorse come integrazione,
centralizzando e condividendo informazioni tra gruppi, regioni e paesi, procurando risorse
pedagogiche agli alunni e mezzi di formazione ai docenti. Nonostante riconosca che il
materiale disponibile è raramente di tipo analitico e critico e non ancora esistente in misura
sufficiente da essere condiviso.
L’UNESCO ammette che sono ancora pochi i paesi che hanno avviato un cammino
appropriato di formazione degli educatori nell’area delle nuove tecnologie.
23
La maggioranza degli investimenti si riduce all’acquisto di strumenti hardware. C’è un fatto
indiscutibile che contribuisce a migliorare la situazione: l’utilizzazione dell’informatica va
creando, come conseguenza naturale, “ricercatori” nel campo, e questa abitudine di studiare
influisce positivamente nel mondo in cui i contenuti sono esplorati e insegnati.
Anche Henri Dieuzeide, ex-coordinatore del Centre de Liaison de l’Enseignment et des
Moyens d’Information (Francia), esprime il suo punto di vista circa la relazione tra tecnologia
ed educazione. Definisce le Nuove Tecnologie della Comunicazione e dell’Informazione
(NTCI) come l’insieme della “tecnologia portatile”, che riunisce strumenti di presentazione
audiovisiva e la micro-informatica capace di promuovere lo sviluppo di nuove relazioni con le
fonti della conoscenza, caratterizzate dall’interattività.
Secondo questo autore, le tecnologie associate alle telecomunicazioni stanno aprendo
all’educatore un nuovo universo di potenzialità. Il concetto di “nuovo” si riferisce alla
continua trasformazione che certe tecnologie generano, unito alla grande capacità di
collocazione di dati e alla possibilità della loro utilizzazione immediata.
L’importanza dell’educatore-mediatore (educomunicatore) risiede, secondo Dieuzeide, nel
fatto che qualsiasi uso delle NTCI si situa giustamente all’incrocio tra la “pedagogia”
(razionalizzazione e ottimizzazione dei processi di apprendimento) e la “didattica” (che
assicura la trasmissione delle conoscenze definite dagli obiettivi di ogni disciplina).
Sostiene anche che ciò che importa per raggiungere il sapere è lo sviluppo della capacità di
selezione interpretativa che rende possibile la comunicazione, intesa da lui non come semplice
trasmissione passiva di dati misurabili, ma come informazione in azione, maneggiata, diffusa
e, soprattutto, condivisa.
Dov Shinar afferma che il computer sta rivoluzionando la comunicazione e la conoscenza
essendo multilinguistica, non lineare, perché stabilisce un altro tipo di distanza tra le persone,
creando, tra l’altro, la telepresenza. In funzione di questo, la scuola avrà nuove funzioni:
favorire il contatto umano, identificare problemi, fornire informazioni, propiziare il controllo
tecnico e distinguere la realtà dalla fiction.
Anche la ricercatrice argentina Beatriz Fainholc si mostra ottimista: Le tecnologie educative
applicate costituiscono il mezzo utile per ottenere una corretta, fedele ed equilibrata
rappresentazione delle culture minori. Possono rendere l’insegnamento più scientifico e
maggiormente adeguato alle persone e ai gruppi. Integrano persona e popoli, fornendo
maggior flessibilità all’educazione, rafforzando il contesto totale dell’apprendimento e
favorendo la comprensione internazionale. Nel campo della conoscenza, le nuove tecnologie
incoraggiano lo sviluppo della più variegate strategie cognitive, delle abilità intellettuali, delle
attitudini flessibili attraverso la combinazione delle diverse specificità di ogni mezzo, ciò
ridonda in un potenziamento più preciso di ciò che caratterizza l’essere umano: la sua
intelligenza, le sue emozioni, i suoi atti.
24
Terry Winograd, matematico specializzato in informatica, è più cauto e relativizza la presenza
e l’impatto civilizzatore delle nuove tecnologie: Nessuna tecnica può essere utilizzata in
qualche modo, e ogni mezzo permette solo una certa gamma di applicazioni. Per esempio, i
computer possono essere molto efficienti per promuovere la comunicazione in una società
decentralizzata, però – simultaneamente – possono essere anche utilizzati dalla censura
governativa per analizzare tutte le informazioni divulgate e impedire così che si scriva
liberamente.
In uno studio recente del Progetto Virtual Society? (condotto da analisti sociologi delle nuove
comunicazioni) sull’uso delle nuove tecnologie, il questionario per il campione sottoposto ad
indagine includeva, tra le altre, la categoria di “ex-utente” di Internet. La proiezione dei
risultati indicava che quasi 28 milioni di persone negli Stati Uniti si dichiaravano “ex” della
Rete. All’interno di questo gruppo di “disincantati”, la maggioranza erano adolescenti,
principale target di molti dei contenuti della Rete.
L’unico precedente in questo senso è altrettanto strano. Nel 1995, uno studio effettuato nel
Regno Unito quantificò nell’8% la popolazione con accesso a Internet. Però,
sorprendentemente, un altro 8% si qualificò come “ex-utente”, una categoria che i sociologi,
che avevano preparato il sondaggio, non avevano pensato di inserire. Ebbene, nonostante
fossero i primi anni dell’esplosione di Internet, si trovarono già di fronte un profilo di gente
che aveva dato uno sguardo alla Rete delle Reti e aveva deciso che non gli interessava52.
Con tutte le sue potenzialità e contraddizioni, l’area della mediazione tecnologica
nell’educazione sta venendo assunta, lentamente, da università e governi, come ambito
strategico delle proprie politiche educative.
Ismar de Oliveira Soares termina la sua riflessione su quest’area considerando che le
possibilità tecnologiche sono molto diversificate tra loro. D’altro lato, è evidente che non è
possibile dominare tutte le tecnologie. Senza dubbio, una volta comprese le necessità
dell’educazione, un buon educomunicatore saprà farsi accompagnare da specialisti del settore.
È importante, però, garantire, attraverso le tecnologie, l’ampliamento del campo espressivo
per educatori ed educandi. Se questo avviene, l’interazione tra comunicazione-educazione
sarà effettiva.

ESPRESSIONE E ARTE
L’essere umano ha sempre avuto bisogno di esprimere se stesso e i propri pensieri attraverso
tutte le manifestazioni dell’arte.
Il mondo occidentale, pur avendo valorizzato sempre tali espressioni, studiandole e
diffondendole, difficilmente le ha introdotte come pratica nel processo educativo. In generale,
l’avvicinamento al mondo dell’arte era teorico e si circoscriveva alle manifestazioni di alto
25
livello, riconosciute universalmente. Da una parte restavano le espressioni culturali autoctone,
popolari: racconti, drammatizzazioni mitologiche, movimenti musicali, danze…
Quest’area deve tener presente due dimensioni: l’educazione all’armonia, alla bellezza,
all’estetica, come parte costitutiva della persona, della società e della convivenza; e la
riflessione, la valorizzazione e l’accompagnamento di tutte quelle espressioni proprie del
nuovo modo di comprendere il mondo e di relazionarsi con se stessi, con gli altri, con
l’ambiente, soprattutto dei giovani e degli adolescenti.
Pierre Babin riconosce che i giovanissimi possiedono un modo nuovo di comprendere il
contesto che li circonda. L’esposizione a un mondo multimediale crea in loro un’esperienza
globale; all’intelligenza geometrica, propria dei processi educativi tradizionali, si unisce
un’intelligenza modulare per la quale la realtà si percepisce in modo multidimensionale e
molto legata alle emozioni.
Zubiri parlava della necessità di coltivare, nell’ambito educativo, l’intelligenza sentiente,
nell’intento di valorizzare la ragione e la sensibilità, giacché l’essere umano apprende tanto
per la percezione affettiva che ha della realtà come per la capacità di tradurla in concetti
astratti.
Un giovane brasiliano fa questa confessione: «Un nodo centrale per poter costruire sogni,
poter cambiare noi stessi è la realtà che ci circonda e la capacità di sentire, di toccare, di
amare e di conoscere. Se non si hanno queste capacità di connessione con l’ambiente e con
l’altro non si è capaci di prendere decisioni, di vedere la realtà a partire da una prospettiva che
ci conduca alla realizzazione dei nostri sogni personali e sociali»53.
L’area dell’espressione e dell’arte, all’interno della educomunicazione, deve curare
particolarmente gli spazi di protagonismo nei quali ragazzi, adolescenti e giovani possono
essere se stessi; esprimersi con spontaneità, scoprire la propria parola e i modi particolari per
comunicarla agli altri.
Esse si coordinano con le altre aree dell’educomunicazione per condurre ragazzi, adolescenti,
giovani ed educatori ad appropriarsi della cultura attuale, a ricrearla, a ri-esprimerla in nuovi
simboli culturali.
È proprio di quest’area scoprire e potenziare quelle manifestazioni artistiche presenti nella
comunità a cui la scuola appartiene, creare canali perché possano essere espresse e permettano
alle persone, particolarmente agli educandi, di scoprirsi e di narrarsi alla propria comunità.
Questo ha particolare importanza nei settori popolari, dei quali è propria una enorme vivacità
culturale ed espressiva.
Attraverso l’espressione artistica, i mezzi elaborano le emozioni, l’estetica, la bellezza, il
senso della vita, la gioia e tutto questo contribuisce a costruire significati che infondono
slancio a un’azione politica nella società.
26

COMUNICAZIONE PER LA CITTADINANZA
L’area è costituita dalla riflessione sul ruolo della comunicazione nella formazione ai valori
della partecipazione, responsabilità, solidarietà, democrazia e pace.
Coadiuva all’impegno responsabile per la trasformazione dell’ambiente, come esercizio di
cittadinanza. Propone alla comunità la partecipazione nell’analisi e nella formulazione di
politiche pubbliche di comunicazione per il territorio, la regione, l’intera nazione.
Nella misura in cui, educatori ed educandi padroneggiano i mezzi di comunicazione, sono
ritenuti cittadini attivi, coscienti, capaci di partecipare e selezionare le informazioni che
desiderano, in un universo in continuo cambiamento.
La sfida educativa per gli educatori è comprendere i meccanismi della produzione, distruzione
e del consumo dell’informazione, dei mezzi di comunicazione e il loro impatto sociale e
culturale. L’educazione cerca strade che le permettano di interagire con i giovani online e
offline per formare cittadini globali informati, colti, creativi, critici, solidali, che possano
essere capaci di lottare per la giustizia sociale in questo nuovo paesaggio culturale54.
In un’intervista ad Armand Mattelart, pubblicata nel numero di settembre-dicembre 1999
dalla Revista Comunicação & Educação, lo studioso di comunicazione afferma la necessità di
utilizzare la tecnologia a favore dell’esercizio della cittadinanza.
Egli evoca il tempo in cui si pensava che Internet avrebbe costituito l’agorà che avrebbe
risolto gli squilibri sociali. Constata, però, la direzione subita dalle superstrade
dell’informazione verso una logica di mercato.
Mattelart enfatizza il ruolo protagonista dell’educazione, anche se nelle società
latinoamericane crescono gli emarginati, e sostiene che, solo nella misura in cui la
maggioranza potrà accedere alla conoscenza diffusa dalle tecnologie, si potrà sognare come
metterla al servizio di tutti. Afferma: “Questa preoccupazione deve essere trasformata in una
problematica pubblica. In nessun altro modo potremo riformare il sistema. Credo che ci
attende un lavoro molto lungo, ma fondamentale. Nessuno si auto-regolamenterà.
L’autoregolamentazione è completamente falsa, non avviene se non esiste un intervento di
cittadinanza contro tutti gli interessi privati”55.
Le motivazioni che conducono i professionisti a stabilire vincoli tra comunicazioneeducazione sono permeate di utopie sociali. Gli educomunicatori credono nella mediazione
della comunicazione con e per l’educazione, in quanto azione politica di intervento in un
sociale frammentato e complesso dalla post-modernità, strutturato sulla logica del potere
economico-finanziario internazionale e dal fenomeno della globalizzazione.
L’educazione ha un impegno politico nella formazione di un cittadino integrale, e la necessità
di situarsi nella riflessione permanente circa il significato dell’essere cittadino. È opportuno
27
interrogarsi su come instaurare una coesione in uno scenario sociale multiculturale,
polisemico, differenziato, nel quale sorgono nuovi attori sociali nella partecipazione politica.
“Come ripensare la cittadinanza come uno spazio nel quale i cittadini risignifichino
criticamente determinati linguaggi e pratiche, riorganizzino creativamente la memoria dei
simboli, dei segni, dei riti e miti che rendono possibile il senso di appartenenza e
partecipazione?”56.
Gli interventi politico-sociali della educomunicazione si orientano alla formazione di una
coscienza etica e una pratica tesa alla trasformazione della società. Ciò che supporta l’azione
educomunicativa è la rilettura delle utopie sociali. Questa azione politica si fa concreta nella
formazione di cittadini critici, partecipativi, creativi, interlocutori, interagendo e trasformando
il contesto in cui sono inseriti. Richiede una comunicazione che propone la credibilità
all’essere umano, la sua continua ricerca di relazioni solidali e umanizzanti. Cittadinanza
promotrice di coscienza etica e di valori estetici. Cittadinanza che incontra nel volto dell’altro
il marchio indelebile della soggettività, della originalità dell’essere umano che dà il suo
contributo per fare di questo mondo una casa abitabile.
La comunicazione considera queste nuove soggettività, soprattutto dei giovani, con la loro
capacità di espressione multiculturale, le loro conoscenze ibride, globalizzanti, penetrate dalla
cultura dell’oralità e dell’immagine, per un nuovo modo di costruire la memoria storica
informatizzata. Come formare questi giovani cittadini, come soggetti autonomi senza evadere
la necessità di un cambio di gestione comunicativa nel mondo dell’educazione?
Il concetto di “cittadinanza” oggi è itinerante e in divenire per quanto riguarda la sua identità.
Il concetto tradizionale di “cittadinanza” ormai non risponde agli imperativi del mondo
moderno. Il mondo nel quale ci muoviamo ci fa passare dal locale al mondiale, da esperienze
uniche a esperienze multipli, dal razionale all’emozionale, dal compatto al frammentato, da
comunità reali a comunità virtuali, dalle tradizioni alla diversità culturale. Questo continuo
transitare da un polo all’altro costituite il tessuto esistenziale dei giovani.
Il termine “cittadinanza” nelle relazioni comunicative dentro la polis ci rimanda a risignificare il concetto di spazialità. La cyber-polis ci rimanda a una ulteriore riflessione:
formazione dei cyber-cittadini. Che cosa significa educare i giovani per e sulle autostrade
dell’informazione, di internet, del cyber-spazio? Formare alla cittadinanza implica rendere
possibile nuove alfabetizzazioni: la scritta, la multimediale che utilizza una gamma di forme
tecnologiche di comunicazione. Bisogna appropriarsi delle abilità di analisi semiotica, di
analisi del discorso, della decostruzione e della contro-lettura critica. La ri-significazione è
uno degli aspetti meno sviluppati nell’avvicinamento critico e culturale dei cyber-analfabeti.
Internet diventa così uno spazio per l’esercizio politico. Sorgono nuove comunità
democratiche nelle quale la libertà di espressione e creazione sono molto più ampie. Le reti di
internet creano anche centri di potere, capaci di produrre significati multipli e cangianti:
fluidità, eterogeneità, interattività, interconnessione, reciprocità- Si stabilisce un contratto
sociale che cerca l’equilibrio dentro la libertà personale e l’armonia sociale57.
28
Len Masterman, docente all’Università di Liverpool (Gran Bretagna), considera che la
coscienza degli educatori circa la continua erosione che interessa il sistema democratico dei
media e che pone a rischio la democrazia nel mondo, è un fatto capace di mobilitarci a
lavorare in questa area della cittadinanza.
Masterman mette in guardia circa il pericolo che suppone:
- il mascheramento ideologico sostenuto dal neoliberalismo che occulta il pericolo per
la democrazia rappresentato dalle concentrazione dei media nelle mani di pochi;
effettivamente, la filosofia del mercato fa una “cortina di fumo” che rende difficile
lo sguardo critico verso la tendenza alla crescente centralizzazione della proprietà
dei media, con la conseguente riduzione dello spazio per la manifestazione pubblica
del pensiero;
- il deterioramento dei sistemi pubblici dei mezzi di comunicazione, con uno stato che
va lasciando di assumere obblighi fondamentali in questo campo, come quello di
dare supporto a programmi educativi e culturali attraverso l’uso delle nuove
tecnologie. Sebbene Masterman non si dichiari a favore del potere governativo dei
mezzi, difende la responsabilità dello stato in questa area;
- la scandalosa convergenza di interessi tra la politica e la pubblicità, che producono
uno specie di simulacro di democrazia virtuale, nel quale i candidati non vengono
eletti per i propri programmi di governo, ma per l’immagine che di loro producono i
mezzi di comunicazione di massa. È di dominio pubblico, la quantità di spot
pubblicitari che si maneggiano nelle campagne elettorali. Le immagini dei candidati
e le strategie dei partiti sono elaborate dalle grandi agenzie pubblicitarie.
Commentando il pensiero di Len Masterman, Ismar de Oliveira evidenzia che la
Educomunicazione spinge oggi a una formazione socio-politica che prima non si aveva. Negli
anni 60-70, i motivi psicologici erano quelli che orientavano l’educazione per i mezzi. Si
temeva l’influenza negativa di questi nei bambini e negli adolescenti. Sebbene questa
tendenza resti in vigore, già negli anni 80 apparve un orientamento culturale nell’educazione
ai media, in cui si lavorava molto in progetti basati su “comunicazione è cultura”.
Attualmente, a queste due correnti, si aggiunge quella che punta ad educare per difendere e
infondere vigore alla democratizzazione delle risorse e degli strumenti di comunicazione e
alla necessità di intervenire nelle azioni che contribuiscono a creare politiche nazionali
nell’area della Comunicazione e dell’uso delle Nuove Tecnologie. Questo è, senza dubbio,
educazione per la cittadinanza58.
LINEE TRASVERSALI

GESTIONE DEI PROCESSI EDUCOMUNICATIVI
29
Gestione della comunicazione negli spazi educativi
Per la loro complessità, gli atti comunicativi hanno bisogno di essere coordinati e articolati.
Non si tratta solo di amministrare, ma di avere l’abilità per far nascere processi di
comunicazione.
Il concetto di gestione, utilizzato qui, indica tutto il processo articolato e organico, orientato
da una chiara intenzionalità educativa cominciando dalla pianificazione fino alla posta in
opera e valutazione delle attività dirette a creare e mantenere ecosistemi comunicativi, cioè,
ambienti animati dal principio dell’azione e del dialogo comunicativo59.
Nasce una nuova domanda nell’esercizio professionale della comunicazione: la gestione dei
processi comunicativi, cioè l’amministrazione dell’ecosistema comunicativo.
Garantire l’interconnessione senza creare settori; generare dialogo tra le diverse aree di azione
e potenziare il coefficiente comunicativo dei processi culturali. Questo richiede che, in tutte le
tappe del processo, ci siano progetti che garantiscano la convergenza delle aree di intervento
in un medesimo obiettivo.
Per gestione di comunicazione s’intende l’insieme delle azioni orientate a:
- scoprire il coefficiente comunicativo di ogni azione educativa, valutando
continuamente le interrelazioni comunicative che si stabiliscono nello spazio
educativo alla luce della prospettiva teorica della educomunicazione;
- pianificare e implementare azioni educative nello spazio dell’educazione in presenza
e a distanza;
- produrre nella pratica pedagogica analisi del sistema di massa dei mezzi di
comunicazione, utilizzando metodologie adeguate, educando per il consumo e per la
convivenza attiva ed autonoma;
- collaborare perché gli educatori e gli educandi si approprino concettualmente e
praticamente delle risorse della comunicazione, per trasformarsi in produttori di
cultura utilizzando i nuovi linguaggi e i media;
Di fronte al nuovo paradigma di gestione, sorgono alcuni interrogativi: come convertire la
scuola in uno spazio di comunicazione totale e di cultura mediata dalla comunicazione? come
convertire lo spazio fisico-amministrativo in organizzazioni che:
- siano capaci di ridefinire la cultura comunicativa orientando le relazioni tra
amministrazione, coordinamento, corpo docente e alunni, democratizzandoli
attraverso una pratica effettiva e quotidiana della cittadinanza?
- Siano capaci di ridefinire la cultura comunicativa che orienta la propria relazione
con il mondo che la circonda – la comunità e i propri mezzi di informazione di
massa.
30
La formazione di cittadini critici, se non è favorita dalla famiglia, dalla scuola, dalle altre
istituzioni sociali, difficilmente lo sarà dal sistema dei media, sorretto dall’ottica del
mercato60.
La gestione comunicativa sorge da una maggiore coscienza dell’universalità, del diritto di
tutti ad accedere ai beni e alle risorse della comunicazione. Alla gestione comunicativa
corrisponde il compito di generare significati.
Assumendo la prospettiva della gestione comunicativa, si intende che, in essa e a partire da
essa, sarà gestita una nuova produzione simbolica e una nuova pratica comunicativa.
Il nuovo ambito appare, dunque, come il dominio delle azioni che mobilitano comunicatorieducatori e educatori-educandi per l’esercizio di una produzione aperta, ricca di
comunicazione all’interno degli spazi educativi e nelle relazioni di questi con i mezzi di
comunicazione e con la propria società.
Il processo di gestione comunicativa si converte nel supporto di un progetto culturale.
Pertanto, gestendo tali istanze (animazione culturale, produzione culturale, mercato
educativo) si promuoverà una cultura specifica.
PROFILO DEL GESTORE
Tra i “valori educativi” che servono di riferimento per il lavoro di articolazione del gestore, si
evidenziano:
- apprendere a lavorare in forma cooperativa, in équipe, rispettando le differenze;
- valorizzare l’esperienza, l’errore come parte del processo di apprendimento;
- animare progetti orientati alla trasformazione sociale.
L’attivazione dell’agente culturale o professionale della comunicazione educativa è
considerata, più che un lavoro di natura didattica, come un servizio multidisciplinare e
multimediale, destinato a tutta la comunità.
Il gestore, pertanto, deve essere preparato ad affrontare le contraddizioni inerenti a un campo
ancora in formazione, attuando in tutte le attività umane nel quale si rende necessaria
l’utilizzazione dei processi e delle risorse della comunicazione, a partire da una prospettiva
pedagogica adeguata al momento storico.
La gestione dei processi comunicativi nello spazio educativo non è compito di un unica
persona, ma di tutta la comunità educativa. Senza dubbio, la gestione della comunicazione
deve essere accompagnata, animata e valutata da specialisti dell’area.

RICERCA
È il motore del processo educomunicativo. Cerca di dare supporto teorico alla pratica e
legittima la Educomunicazione nel campo culturale. La riflessione permanente sui processi
31
che si portavano avanti permette l’evoluzione del campo e lo identifica come soggetto
autonomo della conoscenza.
Data la rapida evoluzione in questo settore, è urgente che ognuna delle aree sviluppi pratiche
permanenti di ricerca e di valutazione, utilizzando le metodologie partecipative.
Attualmente, le ricerche procedono, soprattutto nel campo dell’educazione ai mezzi.
Il Congresso Internazionale su Comunicazione e Educazione (São Paulo-Brasile, maggio
1998), ha messo in evidenza quattro grandi filoni di investigazione che si stanno già
sviluppando in America Latina, Europa, Africa e America Nord:
1. Proyecto Base de Datos de Experiencias de Educación para la Comunicación en
America Latina, coordinato dal Dipartimento della Comunicazione sociale della
Conferenza Episcopale Latinoamericana (CELAM). È orientato alla formazione di una
bancadati sul tema e alla motivazione-abilitazione di educatori per l’area in tutto il
continente.
2. Proyecto Southern Media Education Research Network, che coinvolge università
di Inghilterra, Stati Uniti e Africa del Sud sotto il coordinamento di Andrew Hart,
dell’Università di Southampton (Regno Unito). Si prefigge di identificare le
metodologie di lavoro nell’area.
3. Proyecto Cleringhouse Year Book about Children and Media-Participation and
Education, sviluppato dall’UNESCO e coordinato da Cecilia von Felitzen (Svezia).
Attraverso la pubblicazione annuale di un volume dedicato al tema, l’istituzione cerca
di continuare ad influire a un dibattito mondiale attorno al tema.
4. Proyecto Media Education Leaders and Teachers in English speaking countries,
a carico della Association for Media Literacy (Toronto-Canada) e coordinato da
Christopher Worsnop. Si propone di lavorare con le storie di pratiche pedagogiche e
cerca il profilo dei protagonisti dell’educazione ai media.
I risultati della ricerche a cui si è fatto riferimento considerano una conquista le principali
ipotesi formulate all’inizio della ricerca. Le ipotesi, che si propongono di seguito,
costituiscono l’orizzonte verso cui orientare lo studio e l’approfondimento:
- il nuovo campo di intervento sociale chiamato “interrelazione comunicazioneeducazione” ha trovato la sua autonomia e sta procedendo verso il consolidamento;
- a partire da questa interrelazione, si è inaugurato un nuovo paradigma trasversale
che si struttura in modo graduale, mediatico, transdisciplinare e interdiscorsivo,
essendo messo in atto nella pratica da attori sociali di aree concrete di intervento
sociale;
- nuove possibilità di mediazione sorgono in questi ambiti di intervento. La
comunicazione mediatica esercita una funzione storica, e la tecnologia va
configurando nuovi spazi di comunicazione;
- sono caratteristiche costitutive dell’ambito dell’educomunicazione le utopie sociali,
le pratiche inclusive e la valorizzazione delle differenze culturali delle comunità;
32
-
è importante conoscere non solo il processo di configurazione di sapere polifonici,
ma anche comprendere e differenziare le reti e i livelli a cui si appartiene61;
il meccanismo della comunicazione struttura un nuovo ethos, forme di vita e di
relazione con il tempo. Retta dalla velocità come fattore determinante di potere, e
dalle nuove configurazioni dello spazio virtuale, la comunicazione assume un ruolo
strategico nella definizione e composizione dei differenti interessi e obiettivi
sociali62.
L’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice è attento alle ricerche più significative nel campo
della relazione comunicazione-educazione. Cerca, dentro il carisma educativo salesiano, la
ragione comunicativa che dà solidità e senso alla sua presenza nel mondo giovanile.

FORMAZIONE
Il nuovo campo della Educomunicazione richiede, per la complessità, la novità e le
trasformazioni costanti, uno sforzo sostenuto di formazione continua. Non solo di tutti gli
educatori, ma di tutta la comunità educativa coinvolta nel processo di crescita degli educandi.
È comunque fuori di dubbio che gli educatori hanno un ruolo di protagonisti.
La formazione-abilitazione si presenta come una linea traversale in tutto il processo educativo
e deve costituire una pratica permanente negli educatori, qualunque sia l’area di
Educomunicazione su cui si interviene. Deve essere una formazione orientata ad abilitare
l’educomunicatore per:
- mantenere una continua attitudine di apertura alla società e una capacità critica che
gli permetta di estendere la sua visione del mondo e rompere le frontiere strette del
suo proprio punto di vista;
- rivedere il proprio sistema comunicativo nelle relazioni interpersonali dentro
l’organizzazione di appartenenza;
- conoscere i fenomeni culturali per sapere educare alla convivenza delle differenze e
al rispetto della diversità;
- adottare nuove politiche pedagogiche-comunicative. Si tratta di unire la ricchezza
del dialogo pedagogico con la tecnica dei media per aprire uno spazio di creazione,
di espressione, di appropriazione dei nuovi mezzi tecnologici in modo che si
amplino le conoscenze e l’uguaglianza di opportunità per tutta l’infanzia e
l’adolescenza;
- educare la persona integralmente: apprendere a maneggiare la conoscenza in
profondità e stabilire interrelazioni con l’universo; apprendere a lavorare in équipe,
qualificandosi per intervenire nelle situazioni concrete della vita; apprendere a
convivere, sviluppando le proprie capacità e condividendole con gli altri,
realizzando progetti comuni che diano priorità alla solidarietà, all’umanizzazione, al
33
-
pluralismo, alla pace; apprendere a essere persona nella libertà, in autonomia,
responsabilità personale e sociale, a comunicarsi offrendo la verità di se stessi e
accogliendo la verità degli altri;
mantenere un dialogo permanente con la società e con le nuove tecnologie della
comunicazione per riscattare lo spirito umanista e formare cittadini aperti ad una
solidarietà planetaria, per la cooperazione e per l’etica della responsabilità sociale63.
Sono sempre più gli educatori che si vanno formando in questa area, per ri-significare il
proprio ruolo di protagonisti nel processo educativo, creando condizioni e abilitandosi per
comprendere, convivere e utilizzare il nuovo modus comunicandi proprio delle nuove
tecnologie e inerente alla natura delle comunità reali e virtuali.
Va acquisendo consistenza la comunicazione-educazione come quel campo che rende visibile
una “comunicazione mediatica, carica di intenzionalità educativa”.
A questo nuovo professionista – l’educomunicatore – si richiede che sviluppi capacità di
percezione come:
- inserirsi nel momento pluriculturale, carico di negoziazione di senso;
- conoscere i meccanismi che reggono la ricezione e il consumo di prodotti e beni
simbolici;
- avere la capacità per esprimere i saperi tradizionali ed entrare in dialogo con i nuovi
saperi, specialmente quelli che si riferiscono a progetti tecnologici di società
emergenti;
- assumere il dialogo e l’ascolto come attitudine di base;
- mantenersi disponibile per la costruzione di un nuovo spazio pubblico.
Dentro questa pedagogia di azione multiforme e di valori che orientare gli educomunicatori
che lavorano nella scuola, nelle imprese, nei mezzi di comunicazione sociale, nei movimenti
popolari, si scopre un motore propulsore: la formazione di cittadini critici, partecipativi e
inseriti nell’ambiento sociale.
Questi educatori credono e lavorano per la costruzione di relazioni sociali più umanizzanti.
Per loro, la relazione comunicazione-educazione permette di immergersi giorno dopo giorno a
costruire ponti per la scoperta di nuovi cammini e la creazione di visioni diverse sugli
avvenimenti quotidiani.
In questo campo della formazione-abilitazione, è urgente che l’educazione superiore si apra
verso le nuove necessità di formare professionisti capaci di articolare le diverse aree di
intervento dell’Educomunicazione, ossia la formazione di un gestore di processi comunicativi
nello spazio educativo.
EDUCOMUNICAZIONE E MISSIONE SALESIANA
34
Nel primo fascicolo de Il Gong64, Donne in rete. Uno stile di vita nell’era della
comunicazione. Lettera proposta alle fma, si afferma: «I nostri interlocutori privilegiati ci
interpellano, oggi, con i loro linguaggi. A noi la risposta educativa, tenendo conto della loro
nuova identità e della cultura in cui tutti siamo inseriti» (p.5).
Il Congresso che si è svolto a Roma nel dicembre 2000 per i delegati ispettoriali e nazionali di
comunicazione sociale dei Salesiani, aveva come titolo: Don Bosco comunicatore. L’incontro
analizzava l’impegno della comunicazione sociale come fedeltà a don Bosco e ai giovani.
Don Antonio Martinelli, responsabile del Dicastero della Comunicazione Sociale dei
Salesiani, insisteva nella necessità di «tornare alle origini, ricordare che siamo stati inviati ai
giovani, i quali fanno dell’informazione il pane quotidiano e l’espressione ordinaria della vita.
La fedeltà a don Bosco e la fedeltà ai giovani esigono l’impegno e la qualificazione nella
comunicazione»65.
L’attenzione, all’interno della Famiglia salesiana, al fenomeno della comunicazione si
appoggia sulla natura stessa del carisma. Don Juan Vecchi, nella sua lettera La comunicazione
Sociale nella missione salesiana ricorda: «Ci chiamiamo, con convinzione ed interiore
soddisfazione, figli di un Santo che ha saputo dare ascolto alle molte voci che venivano dai
giovani e dalla cultura del suo tempo; ed è riuscito a comunicare col gesto, con la parola e con
la stessa struttura che aveva creato. Questa infatti diventò "messaggio" proprio perché
esprimeva con chiarezza la finalità e lo spirito della sua missione»66.
La Famiglia salesiana ha continuato ininterrottamente a camminare in questo campo negli
ultimi anni, spinta dalla comprensione e preoccupazione dinanzi alle sfide pastorali che
derivano da un mondo globalizzato e mediatizzato.
Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, i due rami più numerosi della famiglia, hanno
dedicato molte riflessioni al tema, approfondimenti che si sono raccolti negli Atti dei Capitoli
generali e che trovano anche un fondamento nelle Costituzioni e in altri documenti
istituzionali.
La convivenza con i giovani e il contatto con il loro mondo, è una realtà che stimola
continuamente a cercare nuove strade di accompagnamento.
«Se esaminiamo la vita dei giovani del nostro tempo, sorgono in noi due sentimenti:
scopriamo con rammarico che il loro linguaggio, imparato dai media, rischia ormai di essere
per noi incomprensibile; e sentiamo l’urgenza di ricuperare terreno nell'impegno della
comunicazione, come risposta alla nostra vocazione di Salesiani.
Si tratta di raggiungere prima e di tenere poi il passo di una realtà che è in evoluzione
continua e che a sua volta diventa motore di un altrettanto ininterrotto cambiamento
globale»67.
Quando, nel Capitolo generale XIX (1990), le Figlie di Maria Ausiliatrice istituirono
l’Ambito per la Comunicazione Sociale, risposero a una chiara e sentita esigenza di impegno
35
nel campo della comunicazione. Due interrogativi facevano da sottofondo a tutta la riflessione
capitolare: Come affrontare la cultura attuale? Come tradurre nell’oggi le intuizioni delle
origini?
Se la creazione di un nuovo Ambito rispondeva a questa domande, ne originava delle altre:
Come organizzare uno spazio per la Comunicazione sociale? Come continuare il
coordinamento ispettoriale?
La risposta a questi quattro interrogativi è raccolta nel primo numero de Il Gong, al quale
hanno fatto seguito altri due opuscoli, sempre nello sforzo di accompagnare le comunità
educative in questo cammino che non aveva antecedenti di riferimento, data la novità del
campo. Non si trattava tanto di fare delle cose, quanto di creare sensibilità attorno al
fenomeno, di generare una mentalità di cambio68.
Le tre linee operative che hanno canalizzato la programmazione dell’Ambito per la
Comunicazione Sociale delle Figlie di Maria Ausiliatrice sono state:
- Animazione – Formazione
- Informazione
- Produzione
Queste tre direzioni hanno generato condizioni perché nelle differenti ispettorie delle fma nel
mondo sorgessero numerose iniziative che a poco a poco hanno creato una rete di azione
sempre più articolata con un potere crescente di richiamare alla partecipazione in un compito
che compete a tutti.
Il Capitolo generale XX (1996) ha proposto all’Istituto una linea orientativa che riassume
alcune convinzioni e ha offerto punti fondamentali per il futuro immediato delle ispettorie. Si
scoprono in essa tre modalità che hanno tracciato percorsi di quello che avrebbe potuto già
essere un piano di educomunicazione:
 «in dialogo con la cultura contemporanea»
Una chiamata a una attitudine aperta, di reciproco dialogo, di mutuo arricchimento davanti
alle caratteristiche, possibilità e limiti di questa cultura contemporanea. Un invito a una
educazione per la comunicazione che approfitti delle risorse tecnologiche di oggi, abiliti per
appropriarsi delle chiavi di lettura della cultura attuale e per creare nuove espressioni e sintesi
culturali.
 «capaci di esprimere la profezia dell’“insieme”»
un irrinunciabile invito a lavorare insieme, uniti, condividendo obiettivi e realizzazioni. Una
esigenza di creare reti e meccanismi di animazione che lo rendano possibile.
 «in una missione educativa inculturata al servizio della vita»
36
Presenta il punto di partenza e di sviluppo del programma: da un processo educativo
inculturato, scoprire le mutue implicanze tra comunicazione e educazione, valorizzando e
approfittando degli elementi della propria cultura per fare della comunicazione educativa un
processo significativo in cui la comunità sia aiutata ad autocomprendersi e ad
autoesprimersi69.
La riflessione su questi documenti e su altri provenienti da fonti diverse, il loro confronto con
la realtà che i giovani vivono nella società di oggi, ha spinto le comunità educative salesiane a
interrogarsi sulla responsabilità in questo momento storico.
Ancora don Vecchi afferma: «Siamo parte, cosciente o meno, di una grande rete che ci
avvolge. Si può rimanere estranei oppure ci si può inserire, offrendo, anche in questo campo, i
doni che abbiamo come educatori ed evangelizzatori. Non va considerata piccola cosa il fatto
di poter diffondere istantaneamente, in tutto il mondo, informazioni e comunicati. Spesso
commentiamo più i rischi che i pregi di tale situazione. Ma se vogliamo che il mondo della
comunicazione venga modificato dal lievito evangelico dobbiamo sentirci interpellati ad
intervenire ed interagire con coloro che vengono in piazza o negli areopaghi "per parlare e
sentir parlare"»70.
In questa stessa linea, nasce la sfida che Ecosam si è assunto nell’incontro di Costa Rica
(novembre 1998):
«La nostra missione di educatrici nel continente americano, dove la società globalizzata e
mediatizzata emargina ed esclude, richiede interlocutrici capaci di assicurare la relazione
Educazione-Comunicazione-Cittadinanza, a partire da un’etica comunicativa basato sul
Vangelo».
Il desiderio e la necessità di sistematizzare le esperienze che si andavano facendo per
rispondere all’impegno assunto hanno dato origine all’elaborazione del Piano di
Educomunicazione nell’incontro di Ecosam a Caracas (settembre 2000).
Il contenuto e l’obiettivo di questo documento, le politiche di azione che fanno da riferimento
sono quelle che l’Istituto ha riformulato grazie all’Ambito per la Comunicazione sociale:
1. Passare da una visione strumentale ad una concezione culturale della comunicazione
2. Assumere la comunicazione come ottica e pratica educativa trasversale della missione
nell’attualizzazione del carisma
3. Favorire una comunicazione istituzionale basata sulla mentalità di rete per incidere
sulle decisioni a favore della vita e di coloro che la società esclude
4. Dialogare con il mondo contemporaneo per contribuire alla creazione di una nuova
cultura della solidarietà verso una cittadinanza attiva
5. Passare da un’informazione unidirezionale a una comunicazione reciproca di qualità
affinché tutti abbiano voce
6. Realizzare una mediazione tecnologica attraverso l’uso educativo delle nuove
tecnologie.
37
Don Juan Vecchi, sempre nella sua lettera su Comunicazione Sociale nella Missione salesiana
evidenzia alcuni rischi e proposte che diventano punti di riferimento obbligati per rendere
operativo questo o qualsiasi altro piano di educomunicazione in chiave salesiana.
«Per rispondere alla sfida dell’odierna comunicazione si rende necessario un cammino
formativo adeguato […]. Notiamo che mentre la tecnica si sviluppa con estrema rapidità, lo
sviluppo delle competenze individuali, di apprendimento ed uso delle nuove tecniche è
piuttosto lento e disuguale […]. Che fare, quindi? L’unica strada utile da seguire è quella
della formazione. La nuova alfabetizzazione, cioè la capacità di leggere e scrivere nella
cultura dei media, riguarda tutte le persone e, per quanto concerne la fede, tutti i credenti.
Quanto più dovrà interessare ad educatori ed evangelizzatori! […] È vero che non siamo
chiamati ad essere tutti degli specialisti in comunicazione sociale. Abbiamo l’obbligo, però, di
essere buoni comunicatori […]. Non ci accontentiamo della critica facile su quello che ci
viene dalla comunicazione di massa. Percorriamo piuttosto, con decisione e sistematicità, un
cammino di preparazione di giovani ed adulti ad una responsabilità e conoscenza dei media
rispondente alla loro crescita».
Con invidiabile lucidità, don Vecchi legge nella situazione di nuove povertà, l’opportunità che
si pone di fronte alla famiglia salesiana al termine dell’incontro: «C’è una nuova povertà nel
mondo: quella degli esclusi dai circuiti dell’informazione. I dislivelli sono già evidenti e
sempre più grandi sono previsti da sociologi ed educatori. Un’istituzione educativa, come la
nostra, può considerare sua missione istituire spazi di comunicazione, anche con mezzi
alternativi, per la gente più semplice: incontri di gruppi, associazioni e famiglie, opportunità
festive e culturali. Così pure portare la competenza mediale ai giovani ed agli ambienti dove
l’esclusione è più diffusa, così come in un tempo precedente fece uno sforzo per alfabetizzare
ed istruire attraverso le scuole. È un campo dove i gruppi di volontari possono dare il loro
contributo. Non solo. Se l’istituzione pubblica non è in grado, per vari motivi, di offrire
terminali accessibili a tutti, la comunità salesiana dovrà considerare il modo di creare tali
possibilità. Se non consideriamo le nuove tecniche un lusso, ma una condizione importante
per l'educazione, rientra nel nostro impegno facilitarne l’accesso ai giovani poveri ed alla
gente emarginata».
38
Parte III
PERCORSO OPERATIVO
Presentazione
In un workshop, il dr. Jacques Marcovitch71, Rettore dell’Università di São Paulo, narrò
questa storia: «Un passerotto era sul punto di morire congelato nell’inverno europeo e andò a
consultare la civetta – vecchio simbolo della sapienza – sul modo migliore per risolvere la
situazione. “Trasformati in osso e ti salverai” sentenziò la civetta dall’alto dell’albero. “Ma
come?”, insistette il passerotto. E la civetta, con fare noncurante, rispose: “Questo è un
problema tuo. Il mio campo è quello delle idee, non conviene che io mi allontani da questo. I
problemi pratici devi risolverli tu».
Questo piccolo racconto ci rimanda alla sfida che bisogna, sempre, convertire in piani
operativi gli obiettivi che si desiderano raggiungere e che devono essere espressi chiaramente.
Abbiamo esposto ampiamente i nuovi scenari di questa società mediatizzata, segnata
profondamente dalla presenza delle nuove tecnologie dell’informazione; si sono descritte le
sfide che tali tecnologie lanciano all’educazione prendendo in considerazione anche la
singolarità attuale del mondo giovanile. Si è insistito sulla educomunicazione come nuovo
campo che avvicina la comunicazione e l’educazione, con il compito di creare ecosistemi
comunicativi facilitatori di apprendimento e del pieno esercizio della cittadinanza. Si sono
presentate le quattro aree di intervento che, complementandosi a vicenda, renderanno
possibile tale impegno. Però, in pratica, quali sono i passi che ci restano da fare?
Dinanzi a un campo in permanente trasformazione è facile intendere la necessitò di porsi di
fronte alle contraddizioni inerenti a un’area ancora in formazione. Non esiste dunque un corpo
di obiettivi specifici, mete, esperienze, procedure costruito come proposta di provata efficacia.
Tutto è in divenire. Esistono sì – e molte – esperienze concrete di educomunicazione in tutto
il continente, e ognuna di esser fa riferimento a teorie diverse. Lo studio e la valutazione
permanenti di queste pratiche renderà possibile la costruzione di un percorso operativo che
serva da riferimento valido a nuove esperienze.
Il cammino è appena cominciato.
Un aspetto è fuori discussione: i mezzi di comunicazione e le nuove tecnologie
dell’informazione, già presenti nella scuola, saranno parte di un processo di
educomunicazione solo se sono al servizio di un progetto pedagogico con obiettivi chiari.
I miti creati attorno alla tecnologia educativa non sono altro che questo: miti. Queste nuove
risorse sono solo strumenti, con un’alta capacità di potenziare le nostre possibilità, però non
possono cambiare l’educazione in se stessa.
39
Esponiamo alcune proposte che possono servire come riferimenti articolati per quelle
esperienze di educomunicazione che già si stanno facendo, o come indicatori di percorso per
coloro che hanno deciso di coinvolgersi in questo processo.
EDUCOMUNICAZIONE:
MOSAICO O CAMPO ARTICOLATO?
Quando nelle pagine precedenti abbiamo delineato le sfide che l’educazione deve affrontare ci
siamo riferiti alla proposta di Francisco Gutiérrez per educare nell’era dell’informazione. I
cammini che egli propone si avvicinano molto alle linee trasversali del nuovo disegno
curricolare di molti dei Piani di Educomunicazione ufficiali nel continente e facilitano la
creazione di un campo articolato delle aree di intervento che il piano di educomunicazione
delle Figlie di Maria Ausiliatrice in America propone.
Gutiérrez sostiene che, per far fronte agli squilibri prodotti dalla globalizzazione e dalla
filosofia post-moderna, la scuola contemporanea deve incamminarsi più verso una sensibilità
umana che verso la razionalità astratta e distante. Per questo, pone come necessario:
 EDUCARE ALL’INCERTEZZA
Significa:
- educare per interrogare continuamente la realtà quotidiana;
- educare per localizzare, riconoscere, interpretare e utilizzare le informazioni;
- educare a risolvere problemi;
- educare a saper riconoscere e sfatare le proposte magiche di certezze che
provengono dai numerosi canali di informazione;
- educare per creare, ricreare e utilizzare le risorse tecnologiche in dimensione umana;
 EDUCARE AD ASSAPORARE LA VITA
In questo tempo caratterizzato dall’assenza di certezze, squilibri, relativismi, le grandi
maggioranze si vedono condannate a vivere con enormi carenze. In accordo a questo, i mezzi
di comunicazione si convertono in “buffoni” destinati a divertire e a intrattenere la gente.
Gutiérrez propone che l’educatore risponda a queste domande:
- Quanto, educandi ed educatori, stanno soffrendo o assaporando la vita?
- Quanto entusiasmo hanno dentro di loro?
- Quanto si sentono utili e valorizzati?
- Quanto si sentono importanti davanti agli altri?
- Dove: nella partecipazione, nella convivenza, nell’esprimere la vita?
Una scuola che non appassiona ed entusiasma per la vita non risponde alle necessità attuali.
Ed è ugualmente importante analizzare con cura il ruolo che giocano in questo senso i mezzi
di comunicazione e le tecnologie della comunicazione specializzati precisamente per invitare
a godere la vita, con le proprie metodologie e con i loro obiettivi.
40
 EDUCARE AL SENSO E AL SIGNIFICATO
Ai mezzi si attribuisce la capacità di dare senso e significato agli avvenimenti. Ruolo che
anche l’educazione rivendica per sé. Educare al senso non è tanto insegnare a conformarsi a
significati già costruiti, ma creare meccanismi che permettano alle persone – educandi ed
educatori – di produrre significati propri.
Requisito indispensabile è che i progetti educativi siano elaborati dalla comunità e non
imposti da una o più persone. È un modo per formare persone autonome e critiche di fronte ai
frequenti tentativi di manipolazione da parte di diverse istituzioni.
 EDUCARE ALLA CONVIVENZA
I mezzi di comunicazione favoriscono il consumo di massa dei messaggi in forma dispersa,
acritica, anche se molto attiva. La società, al contrario, ha bisogno di solidarietà che solo la
convivenza è capace di insegnare. Non è sufficiente insegnare la solidarietà, è imprescindibile
offrire esperienze di solidarietà, educare in solidarietà, rompendo stereotipi e pregiudizi molto
presenti nei media, particolarmente nella pubblicità. Questo implica anche un’educazione al
consumo critico.
 EDUCARE AD APPROPRIARSI DELLA STORIA E DELLA CULTURA
Gutiérrez sostiene che l’essere umano non è spettatore della storia, ma suo costruttore.
Il sistema educativo che elabora proposte che permettano alla persona di scoprire e sviluppare
differenti modi di appropriazione della sua esperienza culturale, sta rispondendo alle necessità
del suo contesto.
Questa educazione avviene nell’ambito del comportamento, quando si apre cammino alla
creatività, all’immaginazione, all’intuizione…
Il suo esercizio ha costruito la storia. Nel campo socio-culturale questo è possibile solo se i
referenti hanno la possibilità di appropriarsi degli strumenti che permettono produzione di
cultura. Nel nostro momento storico: gli strumenti e le tecnologie della comunicazione72.
Partendo dallo schema che Ismar de Oliveira presente nel Children, youth and the media
beyond the millennium (Toronto, maggio 2000), si può visualizzare l’articolazione possibile
tra la proposta di Francisco Gutiérrez e le aree di intervento che propone il piano di
educomunicazione di Ecosam:
41
Educare al senso del
limite e dell’incertezza
educazione alla
comunicazione
Assaporare la
bellezza
comunicazione per
la cittadinanza
APPROPRIARSI
DELLA COMUNICAZIONE
E PRODURRE CULTURA
mediazione
tecnologica
Divenire cittadini
di questo tempo
arte
ed espressione
Cercare il senso
profondo della vita
Il grafico evidenzia la stretta relazione che esiste tra le dimensioni a cui, secondo Gutiérrez,
dovrebbe riferirsi l’educazione e le aree che la Educomunicazione propone come ambiti
operativi per giungere, precisamente, a ciò che anche Gutiérrez considera fondamentale:
appropriarsi delle chiavi di lettura della cultura attuale, appropriarsi dei suoi codici, per creare
nuovi simboli che permettano di esprimere la nuova cultura, i nuovi modi di essere e di vivere
la globalizzazione come solidarietà locale e universale, il sorgere di interlocutori che,
conoscendo le ragioni e i codici che rafforzano l’esclusione sociale, siano capaci di servirsi di
essi per invertire questa tendenza e orientare la costruzione sociale verso:
- l’utilizzazione cosciente, critica, creativa e umanizzante dei dati contingenti della
realtà, attraverso l’educazione alla comunicazione;
- la capacitò di dar senso al fare umano, scoprire il significato degli avvenimenti e
orientare l’uso delle tecnologie a beneficio di tutti, attraverso l’educazione alla
mediazione tecnologica;
- la passione per la vita e per le relazioni umane, l’armonia e la bellezza, attraverso
l’educazione alla comunicazione nell’espressione e nell’arte;
- la convivenza senza esclusioni, la casa abitabile per tutti, attraverso l’educazione
alla comunicazione per la cittadinanza.
42
UN AMBIENTE PRIVILEGIATO…
Come Famiglia salesiana siamo nelle migliori condizioni per poter accompagnare processi
educativi che permettano ai giovani di appropriarsi delle chiavi di lettura della cultura attuale
e creare nuove espressioni e sintesi culturali:
- viviamo tra i giovani condividendo spazi e tempi, stabilendo relazioni di famiglia
che favoriscono la comunicazione e la conoscenza delle inquietudini giovanili e dei
nuovi linguaggi con cui si esprimono tra loro e con gli altri;
- consideriamo di vitale importanza il protagonismo giovanile, che permette
l’espressione aperta dei codici che essi usano per scambiarsi i significati; che
permette la sintesi che essi vanno facendo della comprensione di se stessi,
dell’ambiente, del momento storico, delle loro speranze e timori…
- abbiamo spazi privilegiati che favoriscono tutto questo: centri giovanili, gruppi,
scuole, organizzazioni di volontariato…
… PER CREARE ECOSISTEMI COMUNICATIVI
Ismar de Oliveira considera l’ambito educativo come il più propizio per costituirsi in spazio di
comunicazione libera, senza manipolazione, dove ogni docente e ogni alunno sia motivato e
mobilitato a comunicar-si, utilizzando tutte le risorse messe a disposizione dalla modernità
tecnologica:
- L’educazione si presenta alla società come un’organizzazione completa dove si
muovono persone che compiono delle funzioni, emettono, ricevono e rielaborano
simboli, si relazionano come istituzioni con il pubblico esterno e, molte volte, con i
mezzi di comunicazione sociale.
- L’educazione elabora l’informazione, sistematizzandola e divulgandola; lavora sul
ludico, mobilitando sentimenti, emozioni; coltiva e diffonde valori.
- L’educazione rappresenta uno spazio comunicativo unico capace di dare al
bambino, all’adolescente fino al giovane universitario, condizioni per esprimersi,
sviluppando le proprie capacità di avere e usare la parola, una parola che con
frequenza gli sarà negata dal sistema dei mezzi di comunicazione di massa.
- L’educazione è uno spazio dove la lettura e la critica della comunicazione – della
propria e di quella di massa – possono essere fatte, sempre che il sistema formale o
non formale di insegnamento abbia come meta la preparazione di cittadini autonomi
di fronte alle reali possibilità di manipolazioni esercitate dal sistema dei media73.
43
COMPITI DELLA GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE
Nell’ambito scolastico, al di là delle funzioni di mantenere la “salute” dell’informazione e il
suo libero flusso nell’istituzione e tra questa e la società, e più ancora di modernizzare e
attivare i servizi multimediali, l’équipe di gestione dei processi di educomunicazione ha come
compito:
- Elaborare analisi e ricerche nel campo della relazione comunicazione-educazione
in tutti gli ambiti possibili, pianificando, eseguendo e valutando i processi
comunicativi. L’elaborazione di tali analisi esige una visione d’insieme dei processi
di educomunicazione, conoscenze tecniche specifiche e si applica tanto ai
macrosistemi come a quegli spazi delle attività umane più ristrette. L’impegno della
gestione comunicativa riguarda anche i processi di relazione interpersonale che
avvengono tra i membri della comunità educativa. Per questo, sono valide e utili le
conoscenze e i procedimenti relativi alla comunicazione dell’organizzazione.
- Accompagnare gli educatori nell’uso adeguato delle risorse della comunicazione,
e promuovere l’utilizzo delle tecnologie non solo come risorse didattiche, ma anche
come mezzi di espressione di cittadini immersi nel processo educativo, facendo leva
sugli aspetti essenziali dell’interazione comunicativa: lo spazio, il corpo, il discorso.
Si tratta di lavorare tenendo presenti i “non-luoghi” e il “non-tempo” con sguardi
alla formazione per l’esercizio di una cittadinanza globale.
- Esercitare il ruolo di ombudsman della comunicazione interna, cioè, rendere
possibile per tutti il diritto a una comunicazione trasparente e fluida.
- Promuovere un alto grado di comunicazione e creatività nello spazio educativo,
servendosi di tutti i mezzi possibili, come il teatro, il giornalismo, la musica, altre
espressioni artistiche, la produzione audiovisiva, come mezzo di espressione di
cittadinanza nell’ambito educativo.
- Avviare programmi di “educazione per e ai mezzi” tenendo presenti le riflessioni
circa la ricezione e le pratiche che si portano avanti nei differenti contesti sociali.
- Riflettere attorno al nuovo campo, sistematizzando informazioni che permettano
una maggiore conoscenza delle domande della società attorno a ciò cui la relazione
comunicazione-educazione fa riferimento.
PASSI DA COMPIERE
L’Équipo de Comunicación Social América ha per il futuro, tra gli altri, l’impegno di animare
nel continente non solo le esperienze in corso e che vanno avviandosi, ma anche la riflessione
su di esse, in modo tale che si possa andare scoprendo la teoria che le sostiene e possa
rendersi esplicita la dimensione carismatica che vi sta alla base.
44
Una delle sfide è di orientarsi verso l’elaborazione di una teoria propria, in accordo con le
specificità provenienti dalla pedagogia salesiana presenti nelle esperienze di
educomunicazione.
Un secondo impegno, che si è già in parte realizzato, è
educomunicazione nei progetti educativi che orientano la
locali. Come si è notato in precedenza, la creazione di
compito di franchi tiratori, ma di tutta la comunità anche
realizza l’impegno di gestire i processi educomunicativi.
l’integrazione delle esperienze di
missione delle comunità educanti
ecosistemi comunicativi non è il
se il coordinamento ricade su chi
In terzo luogo, resta da compiere l’impegno di informare sulle possibilità formative in questo
campo a livello continentale e mondiale, e disegnare una proposta formativa propria che tenga
presente, non solo gli elementi comuni inerenti alla formazione per la gestione della
educomunicazione, ma quelli provenienti dalla ricchezza del carisma salesiano e delle
caratteristiche culturali dei popoli di appartenenza. Le offerte di formazione costituiranno una
gamma ampia: da corsi brevi di attualizzazione per gli educatori fino a corsi di
specializzazione e di laurea avvallati da Università con percorsi riconosciuti nell’area
Educazione-Comunicazione.
In questo cammino di ampi orizzonti, costituisce uno stimolo molto significativo la parola di
don Vecchi ai salesiani: «La comunicazione sociale investe tutta la presenza salesiana,
impegnata nell'educare ed evangelizzare tanto attraverso opere specifiche, quanto attraverso
altre forme di azione che influiscono sulla cultura popolare e la promozione di forme sociali
adeguate. La comunicazione viene così intesa come "via maestra" per la realizzazione delle
diverse aree della missione. Di conseguenza emerge come una competenza necessaria che
rientra nell’identità del salesiano educatore, pastore, evangelizzatore, promotore vocazionale.
Egli realizza questi aspetti della sua missione "in particolare con la comunicazione sociale".
La comunicazione sociale – messaggi, strumenti, cultura – apre o preclude strade per
interpretare e forgiare la vita. Da essa spesso vengono desunti la visione del mondo e i
modelli di comportamento. La qualità della vita è ormai collegata con quello che i mezzi di
comunicazione presentano direttamente o in forma occulta.
Richiedere di inserire nel progetto educativo e pastorale la comunicazione, considerandone gli
aspetti, le possibilità ed i rischi, non significa altro che domandare alle comunità salesiane ed
educative di acquisire ed offrire competenze nei confronti della cultura in cui siamo immersi e
della società in cui dobbiamo vivere»74.
21
Cfr. Atti del CG XX delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Roma 1996. p. 91.
WINNER L., Technological Frontiers and Human Integrity. En GOLDMAN S.L., (ed.) Research in technology studies. Lehigh University Press, 1989
22
45
23
Cfr. DELORS J., Educacão, um tesoro a descobrir. Relatorio para a UNESCO da Comissão Internacional
sobre Educação para o siculo XXI (4° ediz.) Cortez Editora; UNESCO, MEC, Brasilia 2000.
24
Cfr. OLIVEIRA SOARES I., La gestión de la comunicación en el espacio educativo. DIA-logos de la
Comunicación, Lima, s/f.
25
Citato da BISBAL M., Pensar la cultura de los medios. Claves sobre realidades massmediáticas. Universidad
Católica Andrés Bello. Caracas, 1999, pág. 74
26
Ib. pág. 75
27
Espinoza Manuel, "Hacia una cultura de la complejidad", en Puntual Publicación periódica de la Fundación
Polar. Octubre, 1995. Año 3, n. 5, Venezuela, Caracas. Pag. 6.
28
CEBRIÁN, Jan Luis. "Regular el caos", en Debates de El País Digital, Diario Español en la Web, Junio,
1998.
29
CEBRIÁN, Jan Luis. Ibidem.
30
FILHO Ciro M. Cenarios do Novo Mundo. Edições NTSE. São Paulo 1998. Pag. 11.
31
Cfr. Ibidem. Pag.14 ss.
32
ANGULO, Mario. “La juventud venezolana: reto a la frustración y oportunidad al desarollo”. Ponencia en el
primer congreso de juventudes. Caracas, 3-5/02/2000.
33
COSTA, Antonio Carlos Gomes, Protagonismo Juvenil. Adolescência, educação e partecipaçao
democrática. Fundação Odebrecht, Salvador (Brasil), 2000, p. 67-68.
34
BABIN, Pierre e KOULOUMDJIAN, M. F. Novos modos de compreender. 1998,São Paulo, Paulinas.
35
FEIXA, Carlos. "Generación @ La juventud en la era digital", en Nómadas, n. 13, 2000, DIUC, Bogotá, p. 84.
36
COSTA, Antonio Carlos Gomes. Protagonismo juvenil. Adolescênciã, educação e participação
democrática. Fundação Odebrecht, Salvador (Brasil), 2000, p. 111.
37
Cfr. MOREIRA, MH. "Lendo o mudo da Comunicação". Artículo elaborado para el home site de la Comisión
Escuela América, de las Hijas de María Auxiliadora: http://barrioperu.terra.com.pe/ispmaux/ idex.htm
38
GUTIÉRREZ, Francisco. "La mediación pedagógica y la tecnología educativa", in Tecnología Educacional,
v. 5 (132/133), Rio de Janeiro set./dic., p. 11-19.
39
SOARES, Ismar de Oliveira. "Tecnologias da informação e novos atores sociais" in Revista Comunicação &
Educação, USP, ed. Moderna, Ano II, N. 4,set./dez; 1995.
40
VICENTE, J. Relación de Comunicación Social y la dimensión educativa de la presencia Salesiana.
Ponencia en el encuentro de SDB responsables de la Comunicación en América Latina y el Caribe. Octubre,
1998.
41
SOARES DE OLIVEIRA I., Comunicação/Educação: a emergência de um novo campo e o perfil de seus
profissionais. In Contato, Brasilia, ano 1, n. 2, jan/mar. 1999, p. 19-74
42
Vedi MATTELART, Armand. Comunicación Masiva en el proceso de liberación. Buenos Aires, Siglo XXI,
1973 e ENZENSBERGER, Hans Maguns. Elementos para uma teoria dos meios de Comunicação. Rio de
Janeiro, Tempo Presente, 1979, riportati da MARQUES DE MELO, José. Comunicação e Libertação, Petrópolis,
1981, p. 62-66
43
BARBERO, Jesús Martín. Comunicación Masiva: Discurso y Poder. Quito, Editorial Epoca-CIESPAL, 1978
44
Luis Ramiro Beltrán, nel suo studio “Neoliberalismo y Comunicación Democrática en Latinoamérica:
plataformas e banderas para el tercer milenio” pubblicato in Nuevos Rostros para una Comunicación Solidaria
(Quito, Ecuador, SCC, 1994, p. 45-135) garantisce che la UCLAP – Unión Católica Internacional de Prensa, la
OCIC-AL- Organización Católica Internacional del Cine y del Audiovisual-América Latina e la UNDA-AL –
Asociación Católica Latinoamericana para la Radio, la Televisión y los Medios Afines rappresentano, nel loro
insieme, le istituzioni che maggiormente sono coinvolte, nel continente, nella riflessione attorno a una nuova
politica di comunicazione, includendo in essa l’educazione dei recettori per una ricezione attiva e critica dei
messaggi dei media.
45
NEOTTI, Clarêncio. Nova ordem Mundial de Informação e da Comunicação, Petrópolis, Vozes, 1966.
46
FREIRE, Paulo. Extensão ou Comunicação? Rio de Janeiro, Paz e Terra, 1971, p. 81.
47
MIRANDA, M. Educación para la Comunicación. Manual latinoamericano. Santiago, CENECA/UNESCO,
1992
48
SOARES DE OLIVEIRA I., Comunicação/Educação: a emergência de um novo campo e o perfil de seus
profissionais. Op. Cit.
49
Cfr. OROZCO, G. nel Manual para los medios. Una propuesta integral para Maestros, Padre y Niños, México,
ILCE, 1992, pag. 21.
50
GUTIÉRREZ M., A. Educación Multimedia y Nuevas Tecnologías. Proyecto didáctico Quirón. Ediciones de
la Torre. Madrid, 1997, pag. 12-13
51
“La Red entra en la educación” en El País Digital, Educación, 22-01-01, http://www.elpais.es
52
XIMENEZ DE SANDOVAL, P. “Internet, la hora del desencanto” en El País Digital, Sociedad, 21-12-00
http://www.elpais.es
46
53
AMADEO, Eduardo, citato da GOMES DA COSTA, A. Protagonismo Juvenil, adolescência, educação e
partecipação democrática. Fundação Odebrecht, Salvador (Brasil), 2000, p. 149
54
KENWAY, Jane. Blackslah in Cyberspace and “Why girls need modems” in Roman, Leslie and Eyre, Linda
Dangerous Territories, New York, Routledge, 1997
55
MATTELART, Armand. “Comunicação e interesse público” en Comunicação & Educação, São Paulo, n. 16,
p. 72
56
“Educación y ciudadanía: perspectivas e interrogantes”, in Nómadas, DIUC, Bogotám septiembre, 1998, n. 9,
p. 6
57
KELLY, U.A. Schooling Destre: Literacy, cultural politics and pedagogy, New York, Routledge, 1997
58
cfr. SOARES, I. De Oliveira. Sociedade da informação ou da Comunicação? Editora Cidade Nova. São Paulo,
1996, p. 56ss
59
SOARES, Ismar de Oliveira. Comunicação & Educação: a emergência de um novo campo e o perfil de seus
profissionais. In Contato, ano 1, n2, jan/mar, 1999, Brasilia, p. 40
60
SOARES, Ismar de Oliveira. La gestión de la comunicación educativa. In Chasqui, n. 58, junio, 1997, p. 7-11
61
FOUCAULT, Michel. A Microfísica do Poder. Org. Roberto Machado. Rio de Janeiro, Graal, 9 ed. 1990.
62
Secondo Adriano Duarte Rodrigues cf. 1997:152
63
Cfr. MOREIRA, MH. “Lendo o mundo da Comunicação”, op. cit
64
Il Gong è una collana di opuscoli pubblicati dall’istituto delle figlie di maria ausiliatrice con la finalità di
accompagnare il lavoro quotidiano delle comunità in uno stile di vita specifico dell’era della comunicazione
65
MARTINELLI, A. Intervista in ANSMAG pubblicazione periodica per la comunità salesiana, n. 68,
15/01/2001, p. 8
66
VECCHI, J. Actas del Consejo General, n. 370, 8/12/1999
67
VECCHI, J. Op. cit
68
CURTI, MG. - CHINELLO, MA. Ambito per la comunicazione sociale. Un po’ di storia. Relazione presentata
nell’incontro di Ecosam di Caracas, settembre 2000.
69
cfr. VICENTE, J. Anteproyecto de investigación para Maestría en Comunicación Organizacional. Universidad
Católica Andrés Bello, Caracas, 2000, p. 11
70
VECCHI, J. Op. cit.
71
Discorso di apertura del Workshop “Educação a distância: compartilhando experiências”, organizzato
dall’EPUSP (Escuela Politécnica de la Universidad de São Paulo), 29-03-1999
72
GUTIÉRREZ F., citado da SOARES I. De Oliveira, “Gestión de la comunicación en el espacio educativo”, in
GUTIÉRREZ M., A. (coord) Formación del profesorado en la sociedad de la Información. Escuela Universitaria
de Magisterio (Universidad de Valladolid), Segovia, 1998, p. 39 ss
73
cfr. SOARES, I. De Oliveira. “La gestión de la comunicación educativa”, in Chasqui, Revista latinoamericana
de comunicación, Ecuador, n. 58, junio 1997, pag. 7ss
74
VECCHI, J. Op. cit.
47