Determinanti
Fulvio Bisi
Corso di Geometria e Algebra (mn)
Università di Pavia - Sede di Mantova
Facoltà di Ingegneria
Nota: le parti di testo in colore rosso sono relative a dimostrazioni che non
sono state svolte a lezione, ma che vengono riportate per completezza.
1
Introduzione
Ricordiamo l’utilizzo del simbolo di sommatoria. Dati due numeri interi N ed
M , detti rispettivamente limite inferiore e limite superiore della sommatoria,
ed un’applicazione che permette di associare ad ogni numero intero k (almeno
compreso fra N ed M ), detto indice di sommatoria, una quantità reale ak , il
simbolo
M
X
ak
(1)
k=N
si legge “sommatoria per k che va da N a M di ak ”, ed è un modo abbreviato
per indicare la somma di tutti gli addendi ak con i valori di k interi presi fra N
ed M inclusi. Per esempio:
6
X
k 2 = 22 + 32 + 42 + 52 + 62 = 54 .
(2)
k=2
Inoltre, ove sarà necessario per snellire la notazione, adotteremo la convenzione di Einstein sugli indici ripetuti, che permette di omettere il simbolo di
sommatoria su un determinato indice. Ossia, quando un indice si presenta due
volte in un termine d’una espressione, si intende che occorre sommare rispetto
ad esso, salvo il caso che sia esplicitamente indicato il contrario; i limiti inferiore
e superiore di sommatoria si intende che coprano tutto il range permesso. Per
esempio, nello spazio vettoriale Kn su K, se indichiamo la base standard con
{e1 , . . . en } e, preso un vettore v ∈ Kn , le sue componenti (o coordinate) nella
base standard con (v1 , v2 , . . . vn ) , il vettore può essere scritto come
v=
n
X
vi ei = vi ei .
i=1
Si noti che l’indice di sommatoria è muto, ossia:
M
X
ak =
M
X
i=N
k=N
1
ai
(3)
2
Determinanti
Indichiamo con MK (n) lo spazio vettoriale sul campo K delle matrici quadarte
a entrate in K.
Sia A ∈ MK (n); indichiamo con Cj le colonne della matrice A, con j =
1 . . . n. Possiamo scrivere la matrice come A = (C1 , C2 , C3 , . . . Cn ). Analogamente, indichiamo con Ri le righe della matrice A, con i = 1 . . . n. Possiamo
scrivere la matrice come A = (R1 ; R2 ; R3 , . . . Rn ). Adottiamo anche adottare
la convenzione di indicare le colonne di una matrice con lo stesso simbolo della
matrice, ed un apice che indica il numero di colonna (ossia, Aj = Cj ); similmente, adotteremo la convenzione di indicare e righe di una matrice con lo stesso
simbolo della matrice, ed un indice che indica il numero di riga (ossia, Ai = Ri ).
La convenzione può essere spinta oltre, e potremo indicare l’elemento ai,j come
Aji , usando come indice a pedice il numero i di riga e come indice in apice il
numero di colonna j.
In questa maniera, arriviamo ad associare ad A la n−upla ordinata dei suoi
vettori colonna (C1 , C2 , . . . Cn ) attraverso una corrispondenza biunivoca tra gli
spazi vettoriali MK (n) e (Kn )n ; tale corrispondenza è un isomorfismo, tramite
il quale identificheremo i due spazi:
MK (n) ≃ (Kn )n .
Definizione 2.1. Sia A una matrice di MK (n). Dato un qualunque elemento
ai,j , si definisce sottomatrice aggiunta Ai,j la matrice di ordine n − 1 ottenuta
da A cancellando l’i−esima riga e la j−esima colonna.
Esempio 2.1. Data la matrice di ordine 3


1 2 3
M = 4 3 2 .
1 0 5
avremo, per esempio:
M1,1 =
3
0
2
5
M3,2 =
1
4
3
2
Possiamo ora definire il determinante di una matrice quadrata in maniera
ricorsiva. Esistono diverse definizioni operative, equivalenti fra di loro, che si
potrebbero fornire; come anche sarebbe possibile un approccio più formale ed
astratto (si veda, ad esempio: M. Grieco - B. Zucchetti, Geometria e Algebra,
ed. La Goliardica Pavese oppure S. Lang, Algebra Lineare, ed Boringhieri). Noi
sceglieremo primariamente di enunciare la definizione che permette di sviluppare
il determinante secondo la prima colonna.
Definizione 2.2. Sia A una matrice di MK (n); il determinante di A viene
indicato con uno dei seguenti simboli
|A| ,
det(A) ,
det(C1 , C2 , . . . Cn ) ,
e viene definito nel modo seguente:
1. Se n = 1, det(A) = a1,1 .
2
2. Se n > 1, allora
det(A) =
n
X
(−1)i+1 ai,1 det(Ai,1 )
(4)
i=1
n+1
= a1,1 det(A1,1 ) − a2,1 det(A2,1 ) + . . . (−1)
an,1 det(An,1 )
La definizione è fondata sul principio di induzione, e risulta ben posta. In
sostanza, è una definizione operativa: data una matrice quadrata di ordine n, il
suo determinante si calcola seguendo la regola data dalla definizione, riducendosi
al calcolo di determinanti di matrice di ordine inferiore, sino ad arrivare al
determinante di una matrice quadrata di ordine 1, che coincide con l’unico
elemento della matrice.
A titolo di esempio, scriviamo esplicitamente il determinante di una matrice
A ∈ MR (2).
Esempio 2.2. Scriveremo
a11
A=
a21
a12
;
a22
(5)
applicando la definizione 2.2, otteniamo:
det(A) = (−1)2 a11 det(A1,1 ) + (−1)3 a12 det(A1,2 ) = a11 |(a22 )| − a12 |(a21 )|
(6)
= a11 a22 − a12 a21 .
Si lascia allo studente l’esercizio della scrittura del determinante di una
matrice quadrata di ordine 3 in funzione dei suoi elementi.
2.1
Proprietà
Il determinante di una matrice di MK (n) gode di importanti proprietà, alcune
non banali, che consentono, tra l’altro, di snellire il suo calcolo. Prima di proseguire, diamo una definizione ulteriore per le matrici ottenute cancellando due
righe e due colonne:
Definizione 2.3. Sia A ∈ MK (n) una matrice quadrata di ordine n; chiamiamo
matrice bi-aggiunta Aii′ ,jj ′ la matrice ottenuta cancellando da A l’i−esima riga,
l’i′ −esima riga, la j−esima colonna, e la j ′ −esima colonna.
La prima proprietà, che consentirà di enunciare i diversi teoremi sul determinante sia “secondo le colonne” che “secondo le righe”, è espressa dal seguente
teorema e da un suo corollario.
Teorema 2.1. Sia A ∈ MK (n) una matrice quadrata di ordine n a entrate in
K qualunque; Il determinante di A si può calcolare anche secondo la formula
seguente:
det(A) =
n
X
(−1)i+1 a1,i det(A1,i )
i=1
(7)
= a1,1 det(A1,1 ) − a1,2 det(A1,2 ) + . . . (−1)n+1 a1,n det(A1,n )
In altre parole, il determinante si può anche sviluppare secondo la prima
riga, con formula analoga a quella secondo la prima colonna.
3
Dimostrazione. Sfruttando la definizione di determinante, il teorema può essere
dimostrato mediante il principio di induzione.
Se n = 1, l’enunciato è vero; poiché la matrice contiene un solo elemento, si
ha det(A) = |(a11 )| = a11 , e questo è vero sia che il calcolo si svolga secondo la
prima riga o secondo la prima colonna: in entrambi i casi, tutto si riduce ad un
solo elemento.
Supponiamo ora (ipotesi induttiva) di avere dimostrato il teorema per le
matrici di ordine n − 1, con n > 1. Calcoliamo il determinante di A secondo la
definizione 2.2, e separiamo il primo termine della sommatoria dagli altri:
det(A) =
n
X
(−1)i+1 ai,1 det(Ai,1 )
i=1
n
X
(−1)i+1 ai,1 det(Ai,1 ) .
= a11 det(A1,1 ) +
(8)
i=2
Osserviamo adesso che le matrici aggiunte Ai,1 sono di ordine n − 1, quindi per
l’ipotesi induttiva possiamo calcolare il loro determinante anche svolgendolo
secondo la loro prima riga.
Inoltre, osserviamo anche che l’elemento a1,j della matrice originaria A si
trova nella prima riga e nella colonna (j − 1)−esima avendo cancellato la prima
colonna. Analogamente, se si considera la matrice A1,j , in questa l’elemento ai,1
della matrice originaria A si trova nella prima colonna e nella riga (i − 1)−esima
avendo cancellato la prima riga.
Possiamo scrivere, pertanto:
det(A) = a11 det(A1,1 ) +
n
X
(−1)i+1 ai,1 det(Ai,1 )
= a11 det(A1,1 ) +
n
X
(−1)i+1
i=2
= a11 det(A1,1 ) +
i=2
n
X
(−1)i+1
n
X
j=2
n
X
(−1)1+(j−1) a1,j det(A1i,1j )
(9)
(−1)j a1,j det(A1i,1j ) .
j=2
i=2
Ma anche, sviluppando secondo la prima riga:
det(A) = a11 det(A1,1 ) +
n
X
(−1)j+1 a1,j det(A1,j )
= a11 det(A1,1 ) +
n
X
(−1)j+1
j=2
= a11 det(A1,1 ) +
j=2
n
X
(−1)j+1
n
X
i=2
n
X
(−1)1+(i−1) ai,1 det(A1i,1j )
(10)
(−1)i ai,1 det(A1i,1j ) .
i=2
j=2
Nella seconda espressione, cambiando il nome degli indici (muti! ), in modo da
usare i al posto di j e viceversa, riordinando i termini si ottiene l’espressione
dell’equazione (9), che è quanto volevamo dimostrare.
La dimostrazione del Teorema 2.1 è un po’ tecnica. Una volta però assodato
questo, è abbastanza immediato il seguente
4
Corollario 2.1. Sia A ∈ MK (n) una matrice quadrata di ordine n a entrate
in K qualunque; indichiamo con AT la matrice trasposta di A (ossia, (AT )ij =
Aji ). Il determinante della matrice trasposta coincide con quello della matrice
di partenza.
Dimostrazione. Sfruttando la deifinizione di determinante data in 2.2, possiamo
procedere per induzione sull’ordine n della matrice.
Se n = 1, l’enunciato è vero; poiché la matrice contiene un solo elemento, si
ha AT = (a11 )T = (a11 ) = A, e, quindi det(A) = det(AT ) = a11 . Supponiamo
adesso che il teorema sia vero per matrici di ordine n − 1 (con n > 1).
Chiamiamo B la trasposta di A, cioè B := AT ; sarà bij = aji . Scriviamo
ora il determinante di B seguendo la definizione:
det(B) =
n
X
(−1)i+1 bi,1 det(Bi,1 ) =
n
X
(−1)i+1 bi,1 det(AT
1,i ) ,
i=1
i=1
dove abbiamo usato il fatto che B è la trasposta di A, quindi la matrice aggiunta
Bi,1 , che viene dalla cancellazione della riga i−esima e della prima colonna di
B, si può ottenere cancellando la prima riga di A, l’i−esima colonna di A e
prendendo la trasposta di ciò che resta.
Ora, A1,i è di ordine n−1, quindi per l’ipotesi induttiva det(A1,i ) = det(AT
1,i );
alllora,
T
det(A ) = det(B) =
n
X
(−1)i+1 bi,1 det(A1,i )
i=1
=
n
X
(11)
(−1)i+1 a1,i det(A1,i )
i=1
= det(A) ,
sfruttando lo sviluppo del determinante secondo la prima riga riportato nell’Eq. (7) conicide con quello sviluppato secondo la prima colonna, secondo il
Teorema 2.1; questo è proprio ciò che volevamo dimostrare.
Il calcolo del determinante può essere condotto anche secondo una qualunque
altra riga o colonna, oltre alla prima. La formula generale, dovuta a Laplace,
presenta una forma semplice una volta introdotta la seguente
Definizione 2.4. Sia A ∈ MK (n); viene chiamato complemento algebrico A∗i,j
dell’elemento aij della matrice il determinante della matrice aggiunta Ai,j se
i + j è pari, l’opposto del determinante della matrice aggiunta Ai,j se i + j è
dispari. In altre parole:
A∗i,j = (−1)i+j det(Ai,j ) .
(12)
A questo punto possiamo enunciare il
Teorema 2.2. Il determinante di una matrice A ∈ MK (n) può essere calcolato
secondo la j−esima colonna usando la formula
det(A) =
n
X
(−1)k+j ak,j det(Ak,j ) =
k=1
n
X
k=1
5
ak,j A∗k,j ,
(13)
ossia, il determinante è dato dalla somma dei prodotti degli elementi della
colonna per i relativi complementi algebrici.
Osservazione 2.1. Come detto precedentemente, il Teorema (2.1) ci permette
di sviluppare il determinante anche secondo la i−esima riga, e, analogamente
al caso precedente, il determinante di A è dato dalla somma dei prodotti degli
elementi della riga per i relativi complementi algebrici.
Esempio 2.3. Come applicazione, possiamo avere questi semplici risultati:
1. Se A ∈ MK (n) è diagonale, ossia se A = diag(d1 , d2 , . . . dn ), il suo determinante è dato dal prodotto degli elementi sulla diagonale: det(A) =
d1 .d2 . . . dn .
2. Se A ∈ MK (n) è triangolare (superiore o inferiore) il suo determinante è
dato dal prodotto degli elementi sulla diagonale: det(A) = a11 .a22 . . . ann .
La dimostrazione degli esempi (2.3) è lasciata allo studente.
Definizione 2.5. La matrice I(n) = diag(1, 1, . . . 1) ∈ MK (n) viene detta
identità.
Ovviamente, in base agli esempi precedenti, det(I(n)) = 1.
Alcune delle utili proprietà di cui godono i determinanti sono facilmente
dimostrabili usando la formula (13), e vengono raggruppate nel seguente
Teorema 2.3. Sia A ∈ MK (n), con A = (A1 , A2 , . . . An ), usando i suoi vettori
colonna. Allora:
1. se una colonna di A è nulla (ossia, è il vettore nullo di Kn ), allora
det(A) = 0;
2. siano α, β ∈ K, e, per un determinato indice j di colonna, sia Aj =
αC + βD, con C, D ∈ Kn vettori colonna. Allora
det(A1 , A2 , . . . Aj . . . An ) =
α det(A1 , A2 , . . . C . . . An ) + β det(A1 , A2 , . . . D . . . An )
(14)
(in particolare, se una colonna viene moltiplicata per λ, il determinante
della nuova matrice è λ volte quello della matrice originaria;
3. sia λ ∈ K, allora det(λ A) = λn det(A);
4. se due colonne vengono scambiate, allora il determinante cambia di segno.
In altre parole:
det(A1 , A2 , . . . Ai . . . Aj . . . An ) =
−det(A1 , A2 , . . . Aj . . . Ai . . . An ) ;
(15)
5. se due colonne sono uguali, il determinante è nullo;
6. se una colonna è combinazione lineare delle altre, il determinante è nullo;
7. se due vettori colonna della matrice sono proporzionali, il determinante è
nullo;
6
8. se i vettori colonna della matrice sono linearmente dipendenti, il determinante è nullo;
9. se det(A) 6= 0, allora i vettori colonna sono linearmente indipendenti;
10. se ad una colonna si aggiunge una combinazione lineare delle altre, il
determinante non cambia.
Dimostrazione. Dimostriamo alcune delle proprietà enunciate. Cominciamo con
la Proprietà 1; questa è un’immediata conseguenza del Teorema 2.2: basta
sviluppare il determinante secondo la colonna nulla. Il prodotto di ciascun
elemento della colonna per il suo elemento algebrico è nullo, e, quindi, è nulla
anche la loro somma, ossia il determinante di A. Anche la Proprietà 2 si dimostra
facilmente con tecnica analoga. Sviluppiamo il determinante secondo la colonna
Aj = αC + βD dell’enunciato; osserviamo che, per ipotesi possiamo scivere gli
elementi aij della come:
aij = αci + βdi ,
(16)
dove abbiamo indicato con ci e di i rispettivi elementi i−esimi dei vettori colonna
C e D. Allora scriveremo:
det(A) =
n
X
ai,j A∗i,j
i=1
n
X
=α
ci A∗i,j + β
n
X
di A∗i,j
(17)
i=1
i=1
1
2
= α det(A , A , . . . C, . . . An ) + β det(A1 , A2 , . . . D, . . . An ) ,
Dove la tesi è stata ottenuta osservando ora che le due sommatorie nel terzo
membro dell’Eq. (17 altro non sono che lo sviluppo di determinanti secondo le
rispettiva j−esima colonna (C e D). La Proprietà 4 si dimostra per induzione.
Cominciamo ad esaminare matrici di ordine 2 (per matrici di ordine 1 non ha
senso parlare di scambio di colonne, visto che è presente solo un elemento, quindi
una sola colonna). Sia A la matrice 5; allora, la matrice B ottenuta scambiando
fra loro le due (uniche) colonne è
a12 a11
.
(18)
A=
a22 a21
Usando la formula (6 dell’Esempio 2.1 scriveremo
det(B) = a12 a21 − a11 a22 = −(a11 a22 − a12 a21 ) = −det(A) ,
(19)
quindi, per n = 2 l’enunciato è vero. Supponiamo ora di avere dimostrato
l’eninciato fino all’ordine n − 1, e mostriamo che è vero anche per l’ordine n ≥ 3.
Sia ora A una martrice di ordine n, e chiamiamo B, come prima, la matrice in
cui scambiamo fra loro la colonna i−esima e la colonna j−esima. Siccome n ≥ 3,
esiste almeno un’altra colonna, diciamo la k−esima, che è rimasta al suo posto.
Sviluppiamo il determinante di B secondo questa colonna:
det(B) =
n
X
(−1)h+k bhk det(Bh,k ) .
h=1
7
(20)
Ora, le matrici aggiunte Bh,k sono di ordine n−1, ottenute dalle matrici aggiunte
Ah,k scambiando fra loro le colonne i−esima e j−esima (visto che cancelliamo
la colonna k, che non era soggetta allo scambio, sono rimaste le colonne che si
scambiano); ma allora, per l’ipotesi induttiva, det(Bh,k ) = −det(Ah,k ). Inoltre,
la colonna k−esima delle matrici A e B è la stessa, ossia ahk = bhk e, pertanto
det(B) = −
n
X
(−1)h+k ahk det(Ah,k ) = det(A) ,
(21)
h=1
poichè riconosciamo nella sommatoria lo sviluppo del determinante di A secondo la k−esima colonna. Dalla Proprietà 4, otteniamo immediatamente la
Proprietà 5; siano Ak ed Ah due colonne identiche della matrice A, con h 6= k.
In base alla Proprietà 4, se scambiamo fra loro le due colonne, il determinante
deve cambiare di segno; d’altro canto, visto che le colonne sono identiche, dopo
lo scambio la matrice A è inalterata, quindi anche il suo determinante: in altre
parole, −det(A) = det(A), e, quindi det(A) = 0.
Le altre dimostrazioni sono lasciate per esercizio, come anche il compito di
scrivere gli enunciati equivalenti per righe, anziché per colonne.
Inoltre, vale l’importante
Teorema 2.4 (Teorema di Binet). Siano A, B ∈ MK (n); si ha
det(A.B) = det(A).det(B)
∀A, B ∈ MK (n)
La dimostrazione del teorema é omessa. Si rimanda lo studente interessato
all’argomento a testi completi di algebra lineare.
8