Languages Federico Sirna Il linguaggio pubblicitario Seminar paper 2 Indice 1. Introduzione ...…………………………………………………….3 2. Definizione del linguaggio pubblicitario ….…………………….3 3. Analisi del linguaggio pubblicitario ..……………………………5 3.1. Il piano linguistico ...………………………………………………5 3.2. Il piano retorico ...…………………………………………………6 4. Le funzioni del linguaggio pubblicitario .………………………..7 5. Linguaggio pubblicitario e lingua comune ………….………….8 6. Fine ...……………...………………………………………………9 7. Bibliografia ...…………………………………………………….10 3 1. Introduzione Ogni giorno siamo bombardati da un numero infinito di messaggi pubblicitari che vengono trasmessi dai mass-media, quindi sul giornale, nella radio e nella televisione. Il linguaggio pubblicitario è diventato cosi una parte della nostra vita quotidiana. Senza rendercene conto usiamo spesso frasi o slogan pubblicitari. Come fa la pubblicità con immagini e parole a influenzare la nostra lingua e le nostre scelte nell’acquisto dei prodotti? In questa tesi verranno date in un primo tempo alcune definizioni del linguaggio pubblicitario. Poi si analizzerà sia il piano linguistico che il piano retorico del linguaggio e si illustrerà le sue funzioni. Infine si esaminerà il rapporto tra linguaggio pubblicitario e lingua comune. 2. Definizione del linguaggio pubblicitario La comunicazione linguistica è il processo di codificazione e decodificazione di un messaggio e all’interno di questi codici della lingua esistono sottocodici, i cosiddetti linguaggi settoriali.1 Più di una varietà linguistica il linguaggio pubblicitario va considerato come un uso particolare, non naturale, della lingua comune.2 Incontro l’opinione di Alberto Sobrero secondo Roberto Giacomelli “è fuori luogo sostenere che la lingua della pubblicità sia un linguaggio settoriale.”3 Anche altri autori italiani faticano a considerare la lingua della pubblicità come un linguaggio settoriale. Vediamo di seguito alcune delle più note opinioni che riguardano la definizione del linguaggio pubblicitario: 1 2 Cfr. Roberto Giacomelli: La lingua della pubblicità. In: Ilaria Bonomi, Andrea Masini, Silvia Morgana (a cura di): La lingua italiana e i mass media. Roma: Carocci 2003, p.223. Cfr. Marco Perugini: La lingua della pubblicità. In: Luca Serianni e Pietro Trifone (a cura di): Storia della lingua italiana. Torino: Giulio Einaudi 1994, p. 604. 3 Roberto Giacomelli: La lingua della pubblicità. In: Ilaria Bonomi, Andrea Masini, Silvia Morgana (a cura di): La lingua italiana e i mass media. Roma: Carocci 2003, p.223. 4 Per Tullio de Mauro il linguaggio pubblicitario è un linguaggio “subalterno” nel senso che i suoi segni linguistici sono subalterni alle immagini. L’immagine domina e marginalizza, mezzo di comunicazione permettendo, quindi la parola. In secondo luogo il linguaggio pubblicitario è subalterno perché non è una fonte autonoma di innovazioni linguistiche ma riprende usi linguistici già affermati ed è una raccolta di tutte le banalità linguistiche più sperimentate in altri settori della vita sociale. Infine è subalterno ai fenomeni strutturali della società, per esempio la industrializzazione di un paese che lo unifica linguisticamente.4 Per Maria Luisa Altieri Biagi quello pubblicitario è un linguaggio “venduto” che preferisce alla funzione referenziale e informativa quella conativa. È “venduto” in quanto non esita a catturare la terminologia prestigiosa della scienza e della tecnica e a riprodurre manipolazioni tipiche della lingua letteraria. Inoltre la lingua della pubblicità sfrutta i moduli della lingua colloquiale, con le sue approssimazioni lessicali e la sua sintassi zoppicante. Inoltre questo il linguaggio pubblicitario è venduto perché la merce da vendere è il messaggio stesso.5 Secondo Mario Medici si tratta di un “fantalinguaggio”. Il linguaggio della pubblicità persegue il più alto livello d’intensità espressiva e di suggestione psicologica. Per ottenere questo scopo usa una certa forma di “fantalinguaggio” in cui vengono esagerate e forzate al massimo le possibilità formali di una “iperproiezione rarefatta della concretezza semantica”6. Medici si riferisce per esempio a conglomerati sintattici e “parole-macedonie”.7 Riassumendo si può dire che la pubblicità utilizza un linguaggio che è comprensibile dalla maggior parte dei consumatori. Per fare ciò usa diversi linguaggi specialistici o settoriali ed è cosi infatti un particolare uso della lingua. 4 Cfr. Tullio de Mauro: Un linguaggio subalterno. In: Massimo Baldini (a cura di): Le fantaparole. Il linguaggio della pubblicità. Roma: Armando 1987, pp. 51-55. 5 Cfr. Maria Luisa Altieri: Un linguaggio “venduto”. In: Massimo Baldini (a cura di): Le fantaparole. Il linguaggio della pubblicità. Roma: Armando 1987, pp. 59-63. 6 Cfr. Mario Medici: Maxigrammatica pubblicitaria. In: Massimo Baldini (a cura di): Le fantaparole. Il linguaggio della pubblicità. Roma: Armando 1987, pp. 125-132. 7 Cfr. Mario Medici: Maxigrammatica pubblicitaria. In: Massimo Baldini (a cura di): Le fantaparole. Il linguaggio della pubblicità. Roma: Armando 1987, pp. 125-132.