Capitolo XIV I Beni 1. Beni e cose. Secondo l`art. 810 sono beni le

Capitolo XIV
I Beni
1. Beni e cose.
Secondo l’art. 810 sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti. Da questa definizione si ricavano due
importanti indicazioni:
1. che la nozione giuridica di bene non coincide con quella naturalistica di cosa, ma si avvicina di più a quella
economica. Le cose che possono formare oggetto di diritto sono appropriabili, suscettibili cioè di entrare a far
parte del patrimonio individuale o collettivo ed essere commercializzate attraverso scambi che il diritto
regolamenta. Le cose extra commercium comuni a tutti non sono dunque beni in senso giuridico.
2. i beni sono oggetto di diritti. Il patrimonio di ogni individuo è formato, dal punto di vista materiale da beni
ma, dal punto di vista giuridico, esso è formato da diritti sui beni. Si è titolari non del bene ma del diritto sul
bene.
Con riguardo al rapporto tra bene e diritto è opportuno chiarire che talvolta lo stesso diritto si presenta come bene
in senso giuridico, non avendo esso ad oggetto una cosa in senso materiale. Il diritto di credito ha come contenuto
la pretesa cioè il diritto del creditore a pretendere una data prestazione dal debitore: tale diritto ha in via solamente
mediata e non immediata il punto di riferimento oggettivo in un bene.
Il diritto di credito è giuridicamente rilevante come strumento atto a far conseguire un’utilità in termini
patrimoniali.
Che il diritto di credito costituisca un bene a sé stante è dimostrato dal fatto che esso può circolare come tale
mediante cessione, anche della più complessa posizione contrattuale.
Altri diritti che hanno ad oggetto beni in senso giuridico sono:
 I diritti della personalità, che hanno ad oggetto, ad esempio, la libertà o la privacy: beni di certo in senso
giuridico, ma non in senso materiale né economico; essi sono indisponibili e incommerciabili, con
un’eccezione di rilievo al regime giuridico dei beni, giustificata dal fatto che essi sono connaturati al singolo
individuo e con lui nascono e muoiono.
 Diritto sulle opere d’ingegno: invenzione, creazione intellettuale ecc.. L’opera dell’ingegno ha un rilievo
patrimoniale che ne permette la circolazione ma di certo essa non è suscettibile di appropriazione materiale:
si deve infatti tenere ben distinta l’opera in sé considerata dalla cosa che la incorpora.
Di particolare importanza è il riconoscimento positivo che anche i diritti sono considerati beni. L’art. 813, infatti,
dispone che a meno di diversa statuizione di legge, le disposizioni concernenti i beni immobili si applicano anche ai
diritti che hanno per oggetto beni immobili e alle azioni relative; le disposizioni concernenti i beni mobili si
applicano a tutti gli atri diritti.
L’azione giudiziaria non è un bene a sé stante separato e distinto dal diritto fatto valere, ma solo lo strumento per la
sua tutela offerto al privato dall’ordinamento. Non è dunque possibile trasferire l’azione a prescindere dal
trasferimento del diritto, così come la perdita del diritto implica perdita dell’azione.
2. Beni mobili, immobili, mobili registrati.
L’art. 812 classifica:
- i beni mobili: energie naturali che hanno valore economico (art. 814). Si pensi all’energia elettrica, radioelettrica,
termica, cinetica ecc..
- i beni immobili: tutto ciò che, naturalmente o artificialmente, è incorporato al suolo (edifici, sorgenti e corsi
d’acqua, alberi, ecc..)
La distinzione tra beni mobili ed immobili ha sempre costituito la summa divisio, da punto di vista storico.
La summa divisio in termini economici è ormai diventata quella tra beni di produzione e beni di consumo, ma essa
non può certo costituire nel nostro ordinamento una valida distinzione in termini giuridici, almeno fino al giorno in
cui il sistema economico sarà quello a base capitalistica.
Vi è il problema della certezza dei traffici e della tutela dell’affidamento dei terzi in sede di circolazione dei beni. È
questa l’unica vera giustificazione dell’attuale sistema. Nell’impossibilità di rendere pubbliche tutte le vicende
relative ai beni mobili, il legislatore ha giustamente ritenuto che il materiale possesso di una cosa mobile possa
costituire una sorta di presunzione in ordine alla titolarità di diritti in capo al possessore, salvo contemperamenti
derivanti da stati da mala fede.
Vi sono però beni mobili di particolare valore e quindi di limitata entità numerica, per i quali singole leggi, oltre al
codice civile, prevedono una peculiare disciplina, a condizione che siano stati iscritti in appositi registri. In difetto di
registrazione si applica la disciplina dei beni mobili.
Il codice civile detta norme sulla trascrizione per taluni di questi beni, rinviando per altri alle leggi speciali (art.
2696).
3. Altre distinzioni.
Si distingue tra:
- bene materiale
- bene immateriale: consiste in un’idea intesa come il risultato di un processo creativo, anche elementare (corpus
mysticum) che si estrinseca in un elemento materiale (corpus mechanicum). Questi beni sono oggetto di un diritto
assoluto e costituiscono un numerus clausus, essendo tali solo quelli tutelati erga omenes dalla legge. Rientrano in
questa categoria le opere d’ingegno, i modelli di utilità, i modelli e i disegni ornamentali. Non vi rientra il know-how.
Altra distinzione:
- cose generiche: sono quelle indicate solamente nel genere e dunque in astratto
- cose specifiche: sono individuate in concreto e dunque già distinte dalle altre dello stesso genere.
Altra distinzione:
- cosa fungibile
- cosa infungibile
A seconda che la cosa possa essere o non essere sostituita da altra di identica utilità: tipica cosa fungibile è il
denaro.
Altra distinzione:
- cose divisibili
- cose indivisibili
A seconda che perda o meno la propria utilità in caso di divisone. Questa divisone è decisiva in materia di
divisione ereditaria (ad es. art. 720) e ordinaria (artt. 1112, 1114, 1119).
Rilevante a certi fini è se la cosa è:
- consumabile: esaurisce la propria utilità in un’unica soluzione, perché l’uso la distrugge.
- inconsumabile: permette un godimento ripetuto nel tempo.
Questa distinzione si accompagna a quella tra cose deteriorabili e cose non deteriorabili, che è più collegata alla
realtà, dal momento che anche le cose inconsumabili sono deteriorabili. Dal punto di vista giuridico, comunque,
consumabilità e deteriorabilità sono concetti distinti che pretendono distinte regole. La consumabilità rileva ad
esempio in caso di usufrutto, mentre la deteriorabilità rileva in materia di vendita delle cose depositate presso i
magazzini generali, di termine di pagamento del prezzo nei contratti commerciali con consegna di merci.
Si distingue poi tra:
- cosa semplice: è un bene unico, dotato di una propria autonoma utilità.
- cosa composta: è formata da più cose (semplici), che perdono, nella composizione, detta autonomia e non possono
più essere godute separatamente.
Un’ultima distinzione può essere quella tra:
- beni produttivi
- beni non produttivi
Si considera la produttività sotto il profilo naturalistico come attitudine della cosa a produrre frutti.
Il codice regolamenta la materia dei frutti distinguendo tra:
- frutti naturali: l’art. 820 considera frutti naturali quelli che provengono direttamente della cosa, vi concorra o
meno l’opera dell’uomo, come i prodotti agricoli, la legna ecc.
I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce (cosa-madre) e acquistano una propria
individualità giuridica solo al momento in cui sono separati dalla cosa stessa tanto è vero che se sono venduti a
terzi prima di questo momento, la proprietà si trasferisce solo una volta avvenuta la separazione, considerandosi
essi alla stregua di cose future.
La giurisprudenza ritiene, ma in particolari fattispecie, che l’autonomia giuridica dei frutti possa ravvisarsi, anziché
al momento della separazione, a quello della maturazione.
- frutti civili: secondo l’art. 820, sono frutti civili quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento
che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie e ogni altra rendita, il
corrispettivo delle locazioni, ma anche i dividendi azionari e obbligazionari, i diritti d’autore.
I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto (art. 821, 3° comma), per cui, se il
periodo di godimento è inferiore all’anno, si dovrà dividere l’ammontare globale dei frutti per 365 e moltiplicare per i
giorni in cui il diritto sussiste.
Le distinzioni tracciate devono essere tenute presenti cumulativamente con riguardo ai vari beni, nel senso che un
bene presenta contemporaneamente una o l’altra delle predette caratteristiche.
4. Universalità di mobili. Universalità di diritto.
È considerata universalità di mobili la pluralità di cose (mobili) che appartengono alla stessa persona ed hanno una
destinazione unitaria. Al fine di configurare una universalità di mobili è necessaria una pluralità di cose (anche
due) che abbiano però una loro propria compiutezza, così da poter eventualmente essere oggetto di separato
godimento e di separata disposizione. In tal senso l’universalità si distingue e si contrappone alla cosa composta.
I singoli beni devono inoltre appartenere allo stesso soggetto o, secondo taluni, anche possessore, il quale
imprimerà la destinazione unica. Le universalità di mobili sono le c.d. universalità di fatto.
Si riconosce peraltro la configurabilità di universalità di diritto, che si distinguono da quelle di fatto almeno sotto un
duplice aspetto:
- perché l’unificazione è opera non solo del singolo ma della legge mediante una speciale disciplina;
- perché di tali universalità fanno parte non solo beni mobili, ma anche immobili, mobili registrati, diritti, obblighi,
insomma tutti i beni e le situazioni giuridiche passive, oltre a quelle attive. Comunemente si ravvisano due soli casi
di universalità di diritto:
- l’eredità: dalla disciplina positiva emerge che il patrimonio ereditario è trasferito come tale all’erede in seguito
all’acquisto della relativa qualità discendente dall’accettazione della chiamata ereditaria, tanto ciò vero che si parla
di successione a titolo universale o in universum ius, proprio a sottolineare che la successione consiste nel
trasferimento del complesso dei diritti ed obblighi già facenti capo al defunto. La tutela del patrimonio ereditario è
unitaria ogniqualvolta si contesti la qualità di erede.
- l’azienda: l’azienda può essere trasferita unitariamente, con tutti i contratti in corso e con successione nei
rapporti obbligatori attivi e passivi.
Per le universalità di mobili, la legge prevede una disciplina in parte diversa a quella dei beni immobili, per esempio
in materia di azione di manutenzione e di usucapione.
5. Le pertinenze.
Si distinguono dalle universalità di mobili le cose legate da vincolo pertinenziale. Pertinenze sono le cose destinate
in modo durevole a servizio e ad ornamento di altre. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della
cosa principale o da chi è titolare di un diritto reale sulla medesima.
Il fenomeno del nesso pertinenziale si inquadra nel più complesso fenomeno della aggregazione di cose, tuttavia la
distinzione rispetto alla universalità di mobili è chiara, perché, innanzi tutto, cosa principale e pertinenza possono
essere indifferentemente cose mobili o immobili. In secondo luogo la pertinenza è in posizione subordinata rispetto
alla cosa principale e, almeno di regola, ha destinazione diversa.
Deve essere lo stesso soggetto proprietario e titolare del diritto reale sui beni ad imprimere il vincolo, ciò che non
potrebbe dunque accedere qualora i beni fossero di proprietà distinta.
Anche nel caso di pertinenza c’è diversità rispetto alla cosa composta, nella quale confluiscono cose singole non in
posizione di subordine ma in posizione autonoma di essenzialità.
La pertinenza si distingue dalla cosa accessoria, come è dimostrato dal fatto che il legislatore le considera
separatamente l’una a fianco all’altra, ad esempio in materia di obbligazioni del venditore (art. 1477 2° comma). In
verità sono nella pertinenza è ravvisabile il vincolo durevole di destinazione ad ornamento o servizio, laddove la
cosa accessoria non è legata stabilmente alla principale, né, per altro verso, confluisce in modo indispensabile a
formare la cosa composta.
Quanto alla disciplina, non si applica alle cose accessorie l’art. 818 secondo cui gli atti e rapporti giuridici che
hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto. Tale regola
è ritenuta valida, dalla giurisprudenza, anche in materia di trascrizione, ritenendosi opponibile il trasferimento
della pertinenza immobiliare nonostante che l’atto trascritto, concernente il trasferimento della proprietà della cosa
principale, nulla eventualmente dica al riguardo.
La cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile ai terzi che abbiano anteriormente acquistato diritti sulla
cosa principale a conferma della in inscindibilità del regime giuridico dei due beni.
La cessazione del vincolo pertinenziale non richiede particolari forme: così come esso si instaura di fatto mediante
l’effettiva subordinazione di una cosa all’altra, così di fatto esso verrà meno o perché il proprietario modifica la
destinazione o perché aliena un bene separatamente dall’altro.
L’instaurazione di un nesso pertinenziale da parte dell’unico proprietario dei beni, non fa venire meno i diritti che i
terzi potevano vantare sulla cosa posta al servizio o ad ornamento, nei limiti in cui, se la cosa principale è un bene
immobile o un bene registrato, tali diritti risultano da atto di data certa anteriore all’instaurazione del nesso e il
terzo cui i diritti medesimi debbano essere opposti sia di buona fede.
6. I beni pubblici.
L’art. 42 della Carta costituzionale afferma che i beni economici, quelli suscettibili di appropriazione e dunque di
commercio, appartengono allo Stato, ad enti o privati.
Non tutti i beni possono infatti essere indifferentemente pubblici o privati. Il codice enuncia una serie di beni che
non possono non essere pubblici e per i quali dunque è esclusa la proprietà dei privati.
Viene innanzi tutto in questione il demanio pubblico, costituito dal lido del mare, dalla spiaggia, rade e porti; fiumi,
torrenti, laghi; opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parte delle demanio pubblico, se appartengo allo Stato o
suoi enti territoriali, le strade, le autostrade e strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti
di interesse storico, archeologico e artistico; raccolte dei musei, delle pinacoteche.
I beni elencati al 1° comma costituiscono il demanio naturale o necessario, benché non è concepibile una proprietà
privata degli stati. I beni di cui al 2° comma possono invece essere anche di proprietà privata e costituiscono il
demanio artificiale o accidentale.
I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritto a favore di
terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi. La tutela di questi beni spetta all’autorità amministrativa, che
può indifferentemente scegliere la via amministrativa (autotutela) o quella privatistica.
Non potendo essi in nessun caso essere liberamente trasferiti ai privati non è nemmeno possibile acquistarli a titolo
originale. È invece possibile possederli ma con rilevanza solo nei rapporti tra privati.
L’autorità amministrativa può anche deliberare con atto pubblico della G.U. (Gazzetta Ufficiale), il passaggio dei
beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato. In realtà l’atto di sdemanializzazione ha valore puramente
dichiarativo là dove ciò che conta è la cessazione della destinazione del bene dell’uso pubblico, che non vuol dire
disuso, ma piuttosto obiettiva sottrazione della cosa dell’uso pubblico.
Tutti i beni non demaniali di proprietà dello Stato e dei suoi enti pubblici territoriali ne costituiscono il patrimonio:
una parte di tale patrimonio è qualificato peraltro come indisponibile.
Del patrimonio indisponibile fanno parte (art. 826), le foreste, le miniere, le cave, le cose di interesse storico,
archeologico, gli armamenti, gli aeromobili militari.
Il patrimonio dello Stato (disponibile o indisponibile), salvo regole particolari che lo concernono, è soggetto alle
disposizioni del codice civile (art. 828). Solo la legge speciale può sottrarre i beni che fanno parte del patrimonio
indisponibile alla loro destinazione. Anche di questi beni è pertanto possibile disporre, pur nei confronti di privati,
sempre che sia fatto salvo il vincolo di destinazione. In difetto di salvezza, invece, l’atto traslativo deve ritenersi
assolutamente nullo per illiceità e non semplicemente annullabile. È però necessario il preventivo annullamento
dell’eventuale autorizzazione amministrativa.
Si deve poi dire che lo Stato nell’esercizio della sua sovranità ha potere anche sulle cose comuni a tutti: si pensi alle
acque territoriali del mare.
Va infine ricordato che lo Stato acquisisce i beni pubblici o ab origine o coattivamente, mediante espropriazione,
requisizione, nazionalizzazione, o convenzionalmente mediante acquisto fattone dai privati ancora ex lege in caso di
beni immobiliari vacanti o di successione legittima, in assenza di successibili entro il sesto grado.