1. i beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione.

I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione
1. I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione. 1.1. Le cose e i beni.
Il terzo libro del codice civile è dedicato ai diritti reali, ossia ai diritti Diritti reali
che l’uomo può esercitare sui beni: si tratta pertanto di quei diritti che
afferiscono ad entità che sono suscettibili di possesso da parte dell’uomo.
A tal proposito, conviene spiegare innanzitutto quale è la nozione
di “bene” in senso stretto, cioè quella prevista a rigore di codice: invero
il Legislatore con l’articolo 810 del codice civile ha definito i beni
semplicemente come le cose che possono formare l’oggetto di tale diritto;
si tratta, quindi, di una mera qualificazione giuridica della cosa stessa.
Ben si comprende, perciò, come il concetto di “cosa” sia molto più
esteso di quello di bene, poiché la cosa è un qualsiasi bene che abbia
una sua delimitazione spaziale, ossia una cosa che esiste in senso fisico e
materiale; mentre di contro non ogni cosa è per se stessa un bene.
In buona sostanza, la tematica relativa ai diritti reali ruota attorno
al concetto di bene: il punto di partenza per comprenderne appieno il
suo significato giuridico, a ben vedere, è dato proprio dalla attitudine
economicosociale del bene stesso, attitudine che è basata certamente su
di un rapporto di appartenenza all’uomo. Ciò è vero perché per l’art. 810,
come si è appena detto, sono beni economici “le cose”: il che ovviamente
non equivale a dire che ogni cosa sia di per se stessa un bene, ma lo è solo
in quanto rappresenti un “bene giuridico”.
Lo è, dunque, la cosa che sia suscettibile di possesso da parte dell’uomo:
ciò accade poiché essa è idonea a soddisfare un bisogno umano; ma non
certamente sarà “bene” ogni entità in re ipsa.
A rigore di codice, quindi, i diritti reali devono avere ad oggetto le cose
che riescono a soddisfare direttamente i bisogni umani: sicché si considerano
ordinariamente come beni tutte le risorse esistenti in natura, ma sempre se
siano risorse idonee ad essere utilizzate sotto il profilo economico; invece
non possono esser ritenuti beni in senso stretto le cose che sono comuni
a tutti, né possono esserlo, d’altronde, le cose che non sono accessibili
all’uomo.
Accanto ai beni in senso stretto vi sono, poi, i cosiddetti beni produttivi,
detti anche mezzi di produzione: si tratta di beni inventati dall’uomo (tipo
le macchine industriali).
A tali beni, inoltre, si aggiungono anche degli altri beni che, in astratto
e a ben vedere, non sarebbero beni “materiali” in senso stretto, perché
vengono creati dal diritto: ciò sempre nel senso che è il diritto ad attribuire
loro la detta natura di beni nel senso economico; si tratta dei cosiddetti
“beni di secondo grado”, adoperando una espressione della giurisprudenza
Nozione di “bene”
Beni produttivi
Beni di secondo
grado
15
la proprietÀ e i diritti reali
mutuata dalla dottrina (ad esempio si tratta delle “azioni societarie” o
delle “multiproprietà”), beni che sono invece “immateriali” nel senso che
vengono creati dalla autonomia dei privati, mentre non esistono in natura.
Per esclusione, invece, non sono beni in senso stretto tutte le altre cose:
cioè le cose da cui l’uomo non può trarre alcun tipo di utilità (si pensi ai
minerali che esistono su altri pianeti, ad esempio, i quali pur esistendo
in natura, allo stato l’uomo non può trarne nessuna utilità, non potendosi
esercitare sulle stesse cose alcun reale possesso.
Ben si comprende, quindi, che il concetto di bene è relativo, in quanto
strettamente dipendente dalla evoluzione umana, poiché anche il diritto,
com’è ovvio che sia, si va evolvendo nel corso del tempo e risponde alle
esigenze umane.
A questo punto, occorrerà accennare ai beni in senso giuridico al fine
di distinguerli, quindi, dalle res communes omnium (una catalogazione,
quest’ultima, che trae origine nel diritto romano): ebbene le res communes
omnium altro non sono che beni esistenti in natura, ma i quali non sono
suscettibili di possesso esclusivo da parte del singolo.
Essi, infatti, appartengono a tutta la comunità, in quanto tutti ne hanno
il libero possesso; ma proprio per tale caratteristica, le predette res non pos­
sono essere di nessuno (si pensi per esempio alla luce del sole, liberamente
ed indistintamente goduta da chiunque, ma per ciò stesso, non afferente ad
alcuna sfera giuridica).
La medesima cosa invece non può vale per la terra, sulla quale l’es­
sere umano da sempre ha avuto interesse a stabilire un forte rapporto di
appartenenza e che, proprio per tale motivo, rappresenta un bene in senso
giuridico sul quale viene esercitata una serie di diritti e facoltà da parte
umana.
Infine, si deve fare un cenno alla classificazione primaria dei beni: una
prima catalogazione distingue, infatti, i beni tra mobili e immobili; ed una
seconda tra pubblici e privati.
Ma, come vedremo meglio in seguito, all’interno di tali categorie vieppiù
generali ve ne sono altre, come la distinzione tra beni in commercio e non,
ovvero quella tra beni fungibili e non, divisibili e indivisibili, deteriorabili e
non, generiche e specifiche.
Il concetto di bene limita, quindi, l’ambito di applicazione del Libro
terzo del Codice civile: sono infatti beni afferenti i diritti reali solo quelli
che hanno una attitudine economico sociale, che sono suscettibili di
apprensione materiale da parte dell’uomo e di acquisto tramite il pos­
sesso. 16
I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione
1.2. Le categorie primarie di cose.
Per cosa si intende, dunque, una entità oggettiva, sia essa materiale o Definizione
immateriale: tale previsione era contenuta in maniera pressoché identica di “cosa”
anche nel codice civile postunitario e così anche in quelli preunitari (si
pensi al codice napoletano, ad esempio, forse il più evoluto della Penisola
italiana, sino al 1860).
Il codice civile vigente parla indistintamente di bene o di cosa:
tuttavia, come si è visto, l’oggetto di cui il codice civile vigente tiene conto
realmente è, invero, solo il bene, ossia la cosa che sia atta ad essere oggetto
di diritti (giacché non ogni cosa esistente può essere oggetto di un diritto
sic et simpliciter, e ciò in base al disposto di cui all’articolo 810 del codice
medesimo).
È vero, quindi, che il termine di cosa e di bene viene adoperato
indifferentemente dal Legislatore: ad esempio, addirittura trattando del­
la proprietà, il Codice ne traccia la definizione come di un precipuo e
inviolabile diritto sulle cose.
Ciò detto, occorre ricordare, tuttavia, che con la nozione di ”cosa”
il legislatore ha, comunque, inteso solo le cose che formano oggetto di
diritto, sicché è possibile distinguere una serie di categorie all’interno delle
“cose” che esistono giuridicamente.
Infatti, innanzitutto si suole distinguere tra le cose semplici e le composte:
le prime sono costituite da un tutto unitario (ad esempio, si pensi ad un
quaderno), mentre le seconde sono formate invece da più elementi tra loro
complementari (un automobile, per esempio, è costituita da vari pezzi, tutti
tra loro necessari).
Le cose si distinguono ancora in consumabili ed inconsumabili: con la
prima categoria si intende la cosa che si estingue con il suo uso (si pensi agli
alimenti), mentre le seconde sono al contrario oggetti che consentono in re
ipsa un uso ripetuto (tipo gli indumenti).
Altresì, esistono cose specifiche e cose generiche: detta distinzione è
propria solo dei beni mobili, in quanto non è dato rinvenirla all’interno
degli immobili: sicché le prime sono esattamente quelle cose, che pos­
siedono una loro propria individualità (nel senso che, ad esempio, il debitore
dovrà consegnare proprio quella cosa, che è oggetto del contratto); mentre
le seconde hanno per oggetto una cosa, che rientra nel genus indicato dal
creditore, ossia in quel determinato genere.
Inoltre, esistono cose fungibili ed infungibili: le prime sono le cosiddette
“cose di genere”, in quanto sono sostituibili e presentano caratteri identici
tra loro; ogni oggetto prodotto in serie, ad esempio, è in quanto tale una
cosa fungibile (si pensi ad una banconota, con equivalente unità di valore).
Le infungibili, di contro, sono dette anche “cose di specie” ed esistono in un
Cose semplici
e composte
Cose consumabili
e inconsumabili
Cose specifiche
e generiche
Cose fungibili
e infungibili
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la proprietÀ e i diritti reali
unico esemplare, perché presentano caratteri distintivi tali per cui non sono
sostituibili con altre (ad esempio, una opera d’arte non sarà sostituibile in
quanto, per sua definizione, è unica).
Sicché, mentre le prime vengono prese in considerazione facendo
riferimento alla quantità, le seconde, invece, lo sono in rapporto alla loro
identità qualitativa.
Vi è, poi, la distinzione tra cose divisibili e indivisibili: le prime posCose divisibili
e indivisibili sono essere senz’altro suddivise in parti omogenee (almeno sotto il profilo
economico e giuridico) in base a un criterio materiale ovvero in base ad un
criterio funzionale: in tal senso sarà divisibile un brillante, ovvero anche un
animale, oppure un immobile; laddove, invece, le altre cose per esclusio­
ne non lo sono (si pensi ad esempio ad un orologio) poiché i suoi singoli
componenti non hanno se frazionati la funzione della cosa intera. Inoltre, vi
è una indivisibilità diversa o meglio imposta, nel senso che è prescritta per
legge o anche in maniera convenzionale infra partes.
Tutto quanto sopra premesso, occorre dire che tra cose è, quindi, possibile
Rapporti
di connessione instaurare rapporti di connessione: per accessorietà, per incorporazione o
tra le cose
per pertinenza.
La prima categoria è costituita dal classico caso di forza di attrazione
giuridica, esercitata dalla cosa principale rispetto alla cosa accessoria; nel
senso che le cose (due o anche di più) esistono e sono autonome (esempio:
casa e terreno del medesimo proprietario).
Di contro le altre due categorie si riferiscono a cose che, pur rimanendo
entità distinte, perdono di fatto la loro autonomia: si pensi alla incorporazione
di due case adiacenti tra loro, ovvero, alla pertinenza edilizia o ad una
pertinenza agraria (artt. 817 e 818 del codice); concetti che svilupperemo
meglio qui di seguito.
Tali classificazioni tra cose sono funzionali, tra l’altro, per intendere
appieno sia i rapporti di connessione tra di esse, che i concetti codicistici di
universalità, di patrimonio, di fruttificazioni e di pertinenze. 1.3. Il bene come oggetto del diritto pubblico e privato.
Si è appena visto che l’oggetto del diritto reale è il bene, nel senso che
Beni pubblici
e privati esso il bene è l’oggetto di cui il diritto civile tiene conto. Fondamentale
è, dunque, la distinzione tra beni pubblici e privati: nel senso che i beni
di cui il codice civile si occupa, in quanto tali, possono appartenere allo
Stato o ad altri enti pubblici oppure, di contro, possono essere posseduti da
persone fisiche o da enti privati.
L’articolo 42 del Dettato Costituzionale afferma, infatti, che la proprietà
è pubblica o privata; nel senso che, per l’appunto, i beni economici pos­
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I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione
sono appartenere allo stato, o ai vari enti pubblici, locali e non, ovvero ai
privati, sia persone fisiche quanto giuridiche.
Questa è, però, una mera affermazione di principio, che tuttavia
lascia del tutto impregiudicato l’oggetto del diritto stesso; in quanto spetta
ovviamente alla Legge individuarne la titolarità.
Questa possibilità caratterizza, in concreto, il nostro ordinamento: sicché
il codice civile individua una serie di beni che devono necessariamente
appartenere allo Stato, oppure agli altri enti pubblici: questo perché non
tutti i beni indistintamente possono essere pubblici o privati: in prevalenza
si tratta di beni materiali, ma non solo (come vedremo infra).
Nel dettaglio, dunque, sono e debbono essere di proprietà pubblica i Beni demaniali
beni pubblici. In tale categoria rientrano i cosiddetti beni demaniali (ossia
dello Stato), i quali vengono ad essere suddivisi in demanio naturale (il
mare, la spiaggia, le rade, l’alveo dei fiumi, i laghi e le acque pubbliche)
ed in demanio artificiale (le strade, le autostrade, le opere portuali ed
aeroportuali, gli acquedotti, gli immobili di valore storicoarcheologico,
nonché i beni che la Legge espressamente qualifica come demaniali).
Evidentemente, si tratta di beni la cui proprietà pubblica si giustifica sia
per garantirne l’effettivo utilizzo da parte della intera collettività, sia perché
assolvono ad una funzione prettamente istituzionale in quanto tali detti beni
formano oggetto di proprietà pubblica in senso lato, ossia conferiscono ai
titolari di essi dei poteri che, secondo il diritto amministrativo, sono propri
dello Stato: l’art. 822 del codice civile&, all’uopo, contiene un elenco tas­
sativo di beni che rientrano in tale categoria.
Il criterio soggettivo, affinché un bene possa essere considerato pubblico,
è dunque dato dalla appartenenza di esso ad una pubblica amministrazione;
laddove, invece, il criterio oggettivo consiste nella sua effettiva destinazione
alla pubblica utilità.
La prima categoria (beni demaniali) può essere distinta agevolmente
in beni che appartengono al demanio necessario, ossia allo Stato (articolo
822 I comma c.c.) e beni che rientrano tra il demanio accidentale (articolo
822 II comma c.c.), che possono appartenere sia allo Stato che ad altri enti
& Art. 822 (Demanio pubblico). Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio
pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre
acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le
autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti di
interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei
musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono
dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.
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la proprietÀ e i diritti reali
pubblici territoriali; oltre che attraverso la procedura di sdemanializzazione,
anche a soggetti privati.
Di recente, si è aggiunto al più classico demanio il cosiddetto demanio
regionale, introdotto dalla Legge n. 281/1970: si tratta di beni che sono, comunque,
soggetti al regime previsto dal Codice Civile per gli altri beni demaniali.
In particolare, si osserva che con la norma in esame sono stati trasferiti
alle Regioni gli acquedotti, i porti lacuali, le foreste, le cave e le torbiere,
nonché le acque minerali e termali.
Ulteriori caratteristiche peculiari dei beni, che afferiscono al demanio
si rinvengono nell’articolo 823 c.c.&: detti beni sono normalmente
inalienabili e non possono essere mai oggetto di diritti a favore di terzi (per
lo meno nei limiti stabiliti dalle leggi).
La tutela dei beni, che fanno parte del demanio, spetta alle Pubbliche
Amministrazioni che ne sono proprietarie, che ne esercitano il possesso e
lo gestiscono. A tal proposito, è stata prevista anche una espressa riserva,
con il secondo comma dell’art.823 del codice civile, il quale esplicitamente
impone alla Amministrazioni anche la tutela in giudizio degli stessi beni
demaniali con i rimedi normalmente esperibili da parte dei privati.
Si tratta, quindi, di beni che, a ben vedere, sono stati destinati alla
generalità, sia per le loro caratteristiche peculiari che per un interesse di
carattere generale.
In particolare, quindi, e proprio in ragione dei requisiti di cui sopra, i beni
demaniali sono generalmente inalienabili: ciò, ovviamente, a meno che non
venga disposta la declassificazione degli stessi in meri beni del patrimonio.
I beni patrimoniali, invece, si suddividono a loro volta in patrimonio
disponibile e patrimonio indisponibile.
La prima sottocategoria (il cosiddetto patrimonio indisponibile pubblico)
è parzialmente coincidente con il demanio, perché viene a ricomprendere,
per l’appunto, quei beni che non possono essere alienati dalla pubbliche
amministrazioni (art.826 c.c.); ma, ovviamente, oltre ad appartenere allo
Stato, i beni patrimoniali in senso stretto possono essere di pertinenza anche
degli enti pubblici territoriali e locali (regioni, province e comuni).
Beni di interesse
Detti beni, pertanto, al pari di quelli demaniali, soggiacciono prestorico-artistico valentemente alla normativa pubblica. Si tratta di beni, come i beni mobili,
di valore storicoarcheologico ed artistico, gli immobili destinati ad uffici
Beni patrimoniali
& Art. 823 (Condizione giuridica del demanio pubblico). I beni che fanno parte del
demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di
terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio
pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi
ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice.
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I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione
pubblici, le caserme, gli aerei e le navi da guerra, e, in generale, di quei
beni che la Legge espressamente assegna al patrimonio indisponibile.
In particolare, i beni di interesse storico ed artistico soggiacciono alle
prescrizioni di cui alla Legge 1089/1939, pur potendo teoricamente essere
anche di proprietà privata: infatti, i privati che detenessero, come beni di
loro proprietà, beni sottoposti al vincolo storicoartistico, possono anche
decidere di venderli, ma in tal caso lo Stato conserva il diritto di prelazione
su di essi; sicché gli atti di disposizione compiuti in mancanza delle formalità
richieste sono invalidi e, conseguentemente, sono nulli.
I beni di interesse storicoartistico sono perciò assoggettati ad un regime
speciale, che più di recente è stato innovato dal D.Lg. n.490/1999, che, tra le
altre cose, nel reiterare le speciali procedure già previste in materia, specifica
che, qualora i beni in questione vengano indebitamente commercializzati
tra privati, saranno inevitabilmente confiscati e ne conseguiranno anche
effetti penali per i trasgressori.
Sono, quindi, indisponibili, come si è visto, tutti i beni che soddisfino le
esigenze di carattere generale, pur non rientrando all’interno della categoria
della demanialità.
Invero, l’articolo 826 c.c.& definisce il patrimonio come quel complesso
di beni che non appartengono allo Stato, indicando i vari beni con una
elencazione, che ora è stata limitata alla sopra citata Legge n.281/1970.
La caratteristica principale di tali beni, quindi, è quella di non poter
essere generalmente oggetto di alcun atto di disposizione, a meno che non
vengano primieramente sottratti alla loro destinazione, e ciò sempre in base
alle modalità stabilite dalla legge.
I beni del patrimonio indisponibile, al pari dei beni demaniali, a causa
della predetta indisponibilità sono come detto già di per sé beni inalienabili
e, conseguentemente, sono assolutamente inusucapibili.
Per esclusione, invece, gli altri beni pubblici sono alienabili, in quanto Beni disponibili
non sono destinati immediatamente ad un pubblico interesse; essi, in quanto
tali, fanno parte del cosiddetto patrimonio disponibile, ossia sono beni
& Art. 826 (Patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni).I beni appartenenti
allo Stato, alle province e ai comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati
dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle
province e dei comuni.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi
in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere
quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d’interesse storico,
archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo
ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica,
le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province
e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici,
con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.
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la proprietÀ e i diritti reali
che, per l’appunto, possono essere oggetto di cessione. Sui beni oggetto
del patrimonio disponibile è possibile, quindi, esercitare le varie facoltà di
godimento e di disposizione, che il codice civile riconosce al proprietario
titolare esclusivo di appartenenza privata.
In questa categoria residuale rientrano, quindi, i beni che non
siano demaniali ovvero afferenti il patrimonio indisponibile. La natura
pubblicistica di tali beni è dotata, pertanto, semplicemente dalla natura
pubblica dell’ente a cui essi appartengono.
Di conseguenza tali beni sono alienabili, espropriabili ed anche
usucapibili.
Beni ecclesiastici
Infine, occorre soffermarsi brevemente anche sui beni ecclesiastici e su
e religiosi quelli religiosi che, per certi versi, sono equiparati al demanio nel senso che
sono invalidi per la loro destinazione eventuali atti di disposizione su di essi.
La giurisprudenza ha equiparato i beni ecclesiastici come quei beni
che appartengono agli enti ecclesiastici per il raggiungimento di finalità
religiose, sicché essi sarebbero da equipararsi al patrimonio indisponibile.
Mentre i beni religiosi non sono considerate cose fuori commercio, in
quanto sottoposti al regime dei beni privati. 1.4. I beni mobili, gli immobili ed i mobili registrati.
La dottrina distingue innanzitutto i beni materiali da quelli immateriali:
Beni materiali
e immateriali i primi sono dotati di una corporeità fisica; quindi esistono in natura e sono
visibili; laddove i secondi sono realizzati dall’uomo mediante un apporto
creativo e devono essere percepiti necessariamente tramite l’intelletto (si
pensi alle opere di ingegno).
Un’altra generale distinzione tra le categorie di beni esistenti nel diritto può
Beni mobili
e immobili essere fatta differenziando i beni in mobili ed immobili; invero tale suddivisione
trova la sua origine nello stesso codice civile ed è riportata dal Legislatore nel suo
senso più strettamente naturalistico: giacché si intendono per immobili tutti quei
beni che non si possono trasportare da un luogo ad un altro senza alterarne la
consistenza; mentre, per esclusione, tutti gli altri saranno considerati beni mobili.
Inoltre, per destinazione espressa di Legge, quindi in quanto reputati tali
dal nostro ordinamento, sono altresì beni immobili in base all’articolo 812
del codice& tutte le cose che fanno corpo con il suolo, nonché gli edifici
& Art. 812 (Distinzione dei beni). Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi
d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio,
e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo.
Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono
saldamente assicurati alla riva o all’alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente
per la loro utilizzazione.
Sono mobili tutti gli altri beni.
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I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione
galleggianti (allorquando siano saldamente assicurati alla riva e destinati ad
esserlo in modo permanente, in ragione della loro fissità).
L’elencazione codicistica degli immobili è tassativa: se ne deduce che
per esclusione sono considerati mobili tutti gli altri beni in termini residuali
ed in ragione della loro mobilità.
I concetti che vengono alla luce sono quelli di suolo, ossia di superficie
terrestre e di sottosuolo (in senso verticale), di spazio sovrastante la superficie,
di sorgenti e corsi d’acqua (ossia fiumi, torrenti, laghi e bacini), nonché
di albero (nel senso che sono considerati immobili, per incorporazione al
suolo).
Ed ancora l’art. 812 c.c. elenca come immobili i mulini, i bagni e tutti
gli altri edifici galleggianti, che siano stabilmente ancorati e destinati in
modo permanente a detta utilizzazione.
Inoltre, afferma l’articolo 813 del Codice, che vengono sottoposti al
regime patrimoniale immobiliare sia i diritti reali che riguardano i beni
immobili (come ad esempio il diritto di usufrutto su un immobile) che le
relative azioni; mentre invece si applicano a tutti gli altri diritti le disposizioni
sui beni mobili.
Infine, per esclusione, tutti gli altri beni sono mobili: in tal senso il bene
mobile per eccellenza è il danaro, ma lo sono anche i beni produttivi, i
prodotti del suolo e del sottosuolo, le azioni societarie, i titoli di credito.
Tale differenziazione è fondamentale, perché la classificazione in una Forma degli atti
categoria o in un’altra determina conseguenze diverse, in ordine alla ap­
plicazione di un regime o di un altro. Innanzitutto, quanto asserito vale
con riferimento alla forma degli atti, che riguardano i beni stessi; perché
sarà necessaria ad substantiam la forma scritta (art.1350 c.c.) per il
riconoscimento della validità di una convenzione che si riferisca a beni
immobili.
Di contro, invece, i negozi sui beni mobili sono in genere a forma
libera, nel senso che la forma scritta non è richiesta obbligatoriamente. Di
conseguenza per la pubblicità circa i negozi sugli immobili è richiesta la
trascrizione, mentre per i beni mobili in genere vale, invece, il solo pos­
sesso (art.1153), o meglio il possesso vale come titolo.
Anche le norme che regolano la competenza sulla Autorità Giudiziaria
mutano a seconda che l’oggetto riguardi un immobile (per il quale varrà
la regola del forum rei sitae) o riguardi un bene mobile (vedasi all’uopo
l’art.18 del codice di procedura civile).
Esiste, infine, una terza categoria, inventata dall’uomo, che riguarda Beni mobili
beni mobili che per la loro peculiare caratteristica, vengono sottoposti ad registrati
un regime particolare che è simile a quello vigente per gli immobili: si
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la proprietÀ e i diritti reali
tratta dei cosiddetti beni mobili registrati, i quali richiedono in genere, per
l’acquisto e per la alienazione, la forma scritta; sempre che la legge non
disponga diversamente.
Si tratta di beni come le autovetture, i camion, le navi, gli aereomobili e
gli automezzi, i quali vengono sottoposti a speciali forme pubblicitarie per
la titolarità e per il loro trasferimento a terzi e, pertanto, vengono iscritti in
particolari registri pubblici.
I mobili registrati, a ben vedere, non costituiscono una categoria a sé
stante, in quanto la summa divisio è solo quella che riguarda i mobili e gli
immobili; mentre sotto il profilo naturalistico, e quindi per le caratteristiche
intrinseche, essi beni dovrebbero comunque rientrare tra i beni mobili sic
et simpliciter.
Ma, se ciò è vero, è pur vero che questi beni “registrati”, pur rientrando
nella categoria generale dei beni mobili, se ne differenziano nettamente
per i motivi sopra esposti, ossia per la speciale disciplina riservata loro; cui,
come si è visto, essi vengono sottoposti in base alla previsione di cui all’art.
815 del codice civile&. 1.5. Patrimonio, universalità, pertinenze e frutti.
Patrimonio
Si intende per patrimonio una sfera giuridica soggettiva caratterizzata
dall’insieme dei rapporti di cui una persona fisica o giuridica è titolare.
Esso è, pertanto, composto di diritti ed obblighi, ognuno facente capo ad un
oggetto. Sicchè è improprio asserire che per patrimonio si possa intendere
un insieme di attività, in quanto la nozione comprende anche un contenuto
passivo.
Ogni persona può avere un solo patrimonio, almeno in senso giuridico;
e l’oggetto di esso è definibile come res in patrimonio, nel senso che si tratta
solo di quelle cose che ne fanno parte.
Universalità
Di contro, l’universalità è costituita da una serie di cose, che appartengono ad un medesimo soggetto, che hanno una destinazione unitaria
e una loro propria identità; pur rimanendo distinta, però, detta identità di
fatto le unifica, rendendole così “cose collettive”, il che le distingue dalla
cosa composta da singole unità.
Si ritiene, comunemente che la pluralità di cose possa essere costituita
non solo da beni mobili ed immobili, ma anche da beni immateriali (ad
esempio i brevetti).
& Art. 815 (Beni mobili iscritti in pubblici registri). I beni mobili iscritti in pubblici
registri sono soggetti alle disposizioni che li riguardano e, in mancanza, alle disposizioni
relative ai beni mobili.
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I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione
Ai sensi dell’articolo 816 del Codice esistono complessi di cose tra
loro omogenee, che costituiscono universalità di beni mobili: si pensi, per
esempio, ad una scuderia di cavalli.
L’unificazione proviene, quindi, sia dalla funzione comune, che dalla
destinazione unitaria, che i titolari del diritto conferiscono a dette cose.
Anche il regime giuridico muta, in parte, rispetto alle norme ordinarie
perché alle universalità di cose non si applicano sic et simpliciter le norme
vigenti in materia di beni mobili, ma sovente esse vengono trattate come
beni immobili; infatti, non vi si applica la regola dell’acquisto in buona
fede, che invece vige per le singole cose mobili.
Si deve sottolineare che se da un lato i beni che afferiscono ad una
universalità non devono necessariamente appartenere al solo proprietario;
in quanto possono essere anche di un possessore; è, invece, sempre neces­
sario il requisito della unitarietà di destinazione.
Trattasi di una destinazione giuridica in senso oggettivo, che è data
dalla funzione pratica ed economica, che i beni concorrono a realizzare
insieme.
Vi sono poi altre tipologie di universalità, questa volta, però, imposte
dal diritto.
Nel senso che per espressa volontà legale una serie di rapporti, attivi e Universalità
passivi, purché tra loro connessi, vengono ricondotti comunque ad unità: di diritto
in tal caso si parla di “universalità di diritto” (l’esempio classico è costituito
dalla eredità).
Ci troviamo, in questo caso, di fronte ad una universitas juris; anch’essa
rappresentata da una universalità di beni, ma anche da una pluralità di
rapporti giuridici.
Le due principali figure di universalità di diritto sono l’eredità, che ha
sempre una sua oggettiva unità (e che acquista una entità reale solo con la
morte del de cujus); nonché il cosiddetto fondo patrimoniale (ossia, quel
complesso di beni destinati al soddisfacimento dei bisogni familiari).
Ed ancora, sempre a proposito dell’argomento in esame, si deve Pertinenze
osservare quanto segue: una cosa, pur essendo immodificata e pur senza
perdere la sua propria individualità, può divenire pertinenza, nel senso
che, in base ad un legame immateriale e giuridico, essa viene destinata al
servizio di un’altra cosa; gli esempi più comuni sono dati dalle pertinenze
industriali o agrarie.
Ovviamente, come si è detto, vige un legame pertinenziale solo se la
destinazione della cosa è durevole. Infatti, il II comma dello stesso articolo
817 precisa che detta destinazione può essere effettuata dal proprietario
della cosa principale, oppure dal titolare di un diritto reale sulla medesima;
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la proprietÀ e i diritti reali
requisiti essenziali, perciò, sono dati dall’atto di destinazione e della
durevole funzione del bene.
La destinazione viene individuata, comunemente, come un atto
giuridico, ed è un elemento soggettivo del rapporto pertinenziale. L’atto
di destinazione promana, normalmente, dal titolare del diritto di proprietà
sulla cosa principale, ma non è escluso che possa provenire dal titolare del­
la cosa adibita a pertinenza.
Quanto all’altro elemento, ossia alla funzione, è necessario creare un
collegamento funzionale tra beni, si pensi ad una casa ed un garage.
E’ inutile dire che la pertinenza può essere sia un bene mobile che
immobile; può essere materialmente connessa alla cosa principale, oppure
può esserne separata; sono, ad esempio, pertinenze industriali le macchine
destinate al servizio di un’industria.
L’articolo 818 c.c. stabilisce il principio secondo cui la pertinenza segue
la cosa principale e, quindi, la vendita della cosa principale comporta
anche la vendita della cosa pertinenziale.
Diritti dei terzi
L’articolo 819 c.c. contempla, invece, la disciplina dei diritti dei terzi
in materia: la destinazione di una cosa al servizio di un’altra, infatti, non
pregiudica i diritti dei terzi, che preesistevano sul bene prima dell’atto di
destinazione. In conseguenza di ciò, è di norma richiesto il consenso: a
meno che la cosa principale non venga alienata a terzi in buona fede, che
ignoravano la sussistenza di una titolarità diversa sul bene. Ovviamente
il vincolo pertinenziale cessa con il venire meno della funzione di
pertinenza.
Alle universalità ed alle pertinenze di beni si applicano le medesime
regole; ivi compresa la normativa in materia di usucapione, così come sono
identiche le forme di tutela giuridica.
Fruttificazione
Infine, occorre accennare brevemente al concetto di fruttificazione: si
chiamano frutti i prodotti che si traggono dalle cose e che ne provengono
direttamente, ai sensi degli articoli 820 e 821 del codice. Sono frutti naturali
quelli sorti dalla cosa prima della separazione; mentre si chiamano frutti
civili quelli che, in senso economico, vengono ad essere tratti dalla cosa
come corrispettivo del godimento, che ne abbia una persona diversa dal
titolare.
I primi possono divenire oggetto dei diritti reali, mentre i secondi
seguono la disciplina dei diritti di credito: essi provengono direttamente
dalla cosa e fino a che non avviene la separazione dalla cosa madre, essi
seguono fisiologicamente la sorte di quest’ultima; anche se resta salva la
possibilità del titolare dei frutti di poterne fare oggetto di un separato atto
di disposizione.
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I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione
L’articolo 820 c.c.&elenca i beni de quibus, prodotti agricoli, la
legna, le parti degli animali, i prodotti delle miniere, le cave e torbiere; ma
autorevole dottrina ritiene che tale elencazione non sia tassativa.
Di contro, i frutti civili sono quelli che si traggono dalla cosa madre,
quale corrispettivo per il godimento che ne abbia altri. Ad esempio, le azioni
societarie sono forme di reddito, che vengono corrisposte all’azionista in
quanto frutti: a norma dell’articolo 821 c.c. i frutti civili si acquistano,
giorno per giorno, in ragione della durata del diritto.
Infine, è possibile distinguere tra frutti percetti, percipiendi e consumati,
nel senso letterale del termine, con una interpretazione che fa capo al diritto
romano. 1.6. I diritti reali: tipicità e tipologia.
I diritti cosiddetti “reali” vengono così chiamati giacché hanno ad
oggetto una res (ossia una cosa specifica e determinata). Essi hanno delle
caratteristiche comuni ben definite, in quanto sono a numero chiuso;
valgono erga omnes ed impongono a chiunque l’obbligo di rispettare il
diritto del titolare del bene o dei beni di disporre liberamente sull’esercizio
e sulla facoltà di essi.
I diritti reali sono suscettibili di possesso e di acquisto a titolo originario.
Tale cosa li differenzia ovviamente dai diritti di credito, che possono essere
acquisiti solo a titolo derivativo.
Inoltre, giova osservare che detti diritti si distinguono in diritti reali su
cosa propria e diritti su cosa altrui.
I diritti reali costituiscono, dunque, la categoria più importante tra i Diritti di garanzia
diritti assoluti; detta categoria, in quanto tale, è espressamente tutelata dal e di godimento
codice. Inoltre, all’interno di quest’ultima categoria, è possibile parlare di
diritti di garanzia e di diritti di godimento.
Ma se è alquanto intuitiva la prima distinzione, ossia quella tra diritti
su cosa propria (nel senso di titolarità del diritto) e diritti su cosa altrui; di
contro non è così per l’altra distinzione.
Per diritto di garanzia si intende, infatti, un vincolo giuridico cui può
essere assoggettata la cosa, una forma di garanzia, e quindi di vantaggio, in
& Art. 820 (Frutti naturali e frutti civili). Sono frutti naturali quelli che provengono
direttamente dalla cosa, vi concorra o no l’opera dell’uomo, come i prodotti agricoli, la
legna, i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere.
Finché non avviene la separazione, i frutti formano parte della cosa. Si può tuttavia
disporre di essi come di cosa mobile futura.
Sono frutti civili quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento
che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie
e ogni altra rendita, il corrispettivo delle locazioni.
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la proprietÀ e i diritti reali
favore del titolare di un diritto di credito: si pensi a tale proposito al pegno
ovvero alla ipoteca.
C’è però da dire, a proposito di tali ultime due fattispecie, che non tutti
gli Autori ritengono che possa parlarsi di veri e propri diritti reali, ma solo
di diritti “limitati”, in quanto non esiste una perfetta coincidenza con il
titolare; laddove, invece, il titolare del solo diritto di garanzia gode di un
diritto che è “accessorio”, in quanto derivato.
I diritti reali di godimento sugli immobili, invece, sono stati inseriti tra
i diritti reali all’interno del libro terzo del codice civile.
Si tratta della superficie e dell’enfiteusi, tipologie di cui si parlerà in
seguito.
Tali diritti hanno a loro difesa un’azione reale, che può essere esperita,
in quanto tale, contro chiunque.
Nella materia, trattandosi di diritti base assoluti, vige ovviamente il
principio di tipicità; nel senso che la Legge ha stabilito che i diritti reali
siano, come detto, a numerus clausus; pertanto, è espressamente vietato ai
privati dar vita a schemi reali atipici.
Proprietà
Il diritto reale per eccellenza è la proprietà la quale, come tale, è
riconosciuta sia dall’articolo 832 del codice civile che dall’articolo 42
del dettato costituzionale. Anche la proprietà, però, può essere “limitata”,
grazie alla libera determinazione del titolare del bene. In questa chiave
nascono altri diritti limitati (o “limitativi”) che sono l’usufrutto, l’uso e la abi­
tazione, che saranno trattati separatamente. Inoltre esistono altre tipologie
di diritti reali previste nel codice civile, come l’enfiteusi, che pure ruotano
attorno al concetto giuridico in esame, seppur con caratteristiche peculiari
difformi.
Infine, giova accennare sin da ora che, sempre in ordine e a proposito
della proprietà, il legislatore ha conferito anche alle situazioni possessorie
alcune caratteristiche peculiari, in base alle quali è possibile interferire
sulla titolarità dei beni, mobili ed immobili, e quindi sul medesimo diritto
di proprietà: ma di ciò ci occuperemo separatamente e per esteso.
Beni futuri e altrui
Occorre, ancora, accennare brevemente in questa sede a due categorie
particolari di beni, che pure rientrano nella disciplina dei diritti reali: si tratta
dei beni futuri e dei beni altrui, che almeno apparentemente sembrerebbero
derogare le comuni norme che regolano la disciplina della materia, ma
così non è. La categoria dei beni futuri riguarda, infatti, quei beni che, al
momento e alla conclusione del contratto, pur non esistendo ancora, siano
beni già suscettibili di venire ad esistenza; ovvero quelle cose che, se pur
esistenti, non costituiscono ancora beni autonomi (si pensi ai frutti naturali
non ancora separati): per l’articolo 1348 del codice, poi, la prestazione di
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I beni, i diritti sulle cose ed i rapporti di connessione
cose future può essere prevista nei contratti, fatti salvi i divieti imposti dalla
Legge.
Quanto ai beni altrui, invece, occorre segnalare quanto segue: nella
pratica contrattuale di frequente si assiste al trasferimento della proprietà
di beni che, al momento della conclusione del contratto stesso, non
rientrano ancora nella sfera patrimoniale del venditore; tale fattispecie
obbliga il venditore medesimo a procurarsi la proprietà della cosa oggetto
del contratto.
Difatti, il compratore ne acquisterà la proprietà solo nel momento
in cui ne sarà divenuto proprietario il venditore; in tali casi si parla di
vendita di beni altrui. Si assiste, però, a casi patologici nel momento in cui il
venditore non riesca a procurarsi la proprietà del bene, nei termini stabiliti
dal contratto: in tali casi si parla di inadempienza, con la possibilità per
il compratore di azionare presso l’autorità giudiziaria domande volte alla
risoluzione del contratto ed al conseguente risarcimento del danno.
A tal proposito emerge, nettamente, la differenza intercorrente tra la
vendita di cosa altrui e la vendita di cosa futura, poiché chiaramente solo in
quest’ultima tipologia contrattuale il bene non appartiene ad alcuna delle
parti stipulanti, né ad alcun soggetto.
Nel prosieguo della presente trattazione sarà puntualmente dettagliata la
casistica giurisprudenziale afferente le varie categorie di diritti reali previste
dal codice civile. 29