I beni e i diritti reali

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Parte Seconda
I beni e i diritti reali
1. I beni
Di cosa parleremo
Questo capitolo ci permette di:
• Conoscere la nozione ed i requisiti dei beni.
• Conoscere la nozione di «frutti», sapendo distinguere i frutti naturali da quelli
civili.
1) I beni: nozione e requisiti
Nell’uso comune si è soliti impiegare indifferentemente i termini «bene»
e «cosa», come se fossero sinonimi, intendendo per bene qualunque mezzo
capace di soddisfare un bisogno umano (1).
Tuttavia, dall’art. 810 c.c., che definisce i beni come «le cose che possono
formare oggetto di diritti», discende un concetto più ristretto di bene, per cui
non tutte le cose che ci circondano sono considerate «beni».
I beni, in senso giuridico, sono solo le cose utili o utilizzabili delle quali
l’uomo può appropriarsi.
Per avere rilevanza giuridica, quindi, i beni devono essere:
• utili, cioè idonei a soddisfare un bisogno e capaci di arrecare utilità all’uomo;
• accessibili, cioè suscettibili di appropriazione da parte dell’uomo con i normali
mezzi a disposizione;
• limitati, cioè disponibili in natura in quantità limitata rispetto ai bisogni dell’uomo.
Rispetto ad uno stesso oggetto possono esservi più titolari che vantano
diritti di contenuto diverso (ad esempio, su un determinato fondo può aversi
(1) L’ossigeno presente nell’atmosfera è sì una cosa utile all’uomo per la sopravvivenza, ma
non è una risorsa limitata tale da richiederne l’appropriazione da parte dell’uomo, dunque, non
è un bene in senso giuridico. Diverso è il discorso quando si tratta di ossigeno racchiuso in una
bombola: in questo caso esso ha una sua propria utilità, è appropriabile ed è in quantità limitata.
Così diventa un bene in senso giuridico.
un soggetto che vanta un diritto di proprietà, un altro soggetto che ne è usufruttuario ed un altro ancora che gode di una servitù di passaggio).
Non possono, perciò, essere considerati oggetto di rapporti giuridici sia i
beni inaccessibili (ad esempio, i metalli al centro della terra) sia quelli presenti
in natura in quantità illimitata e di cui tutti dispongono liberamente (aria, calore
solare) sia quelli non commerciabili per legge (ad esempio, i beni demaniali
di proprietà dello Stato).
2) Classificazione dei beni: beni mobili e beni immobili
Si fanno diverse classificazioni dei beni. La distinzione più importante dei
beni è quella tra beni mobili e beni immobili.
L’art. 812 distingue due categorie di beni immobili:
• beni immobili per natura, sono quelli che non possono essere spostati
normalmente da un luogo all’altro senza che ne venga alterata la struttura
e la destinazione. Tali sono, secondo l’elencazione del codice, il suolo, le
sorgenti, i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se
unite a scopo transitorio al suolo e, in genere, tutto ciò che naturalmente
o artificialmente è incorporato al suolo (art. 812, 1° comma);
• beni immobili per determinazione di legge, sono quelli che per se stessi
non sarebbero da considerare «immobili», ma tali sono reputati dalla legge; essi sono i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono
saldamente assicurati alla riva o all’alveo o sono destinati ad esserlo in
modo permanente per la loro utilizzazione (art. 812, 2° comma).
L’individuazione dei beni mobili si effettua per esclusione: sono beni
mobili «tutti gli altri beni» (art. 812, 3° comma), cioè tutti quelli che non
rientrano nelle categorie di immobili indicate dai primi due commi dell’art.
812. Si considerano, inoltre, beni mobili le energie naturali che hanno valore
economico (art. 814 c.c.).
Parte Seconda: I beni e i diritti reali
3) Il regime giuridico dei beni
Forma, pubblicità e garanzia sono tre aspetti fondamentali del regime
giuridico dei beni, cioè delle modalità con cui il diritto regola la vita di essi.
Per forma intendiamo le caratteristiche che devono avere gli atti giuridici
perché possano essere considerati validi e vincolanti fra le parti.
Per pubblicità intendiamo riferirci ad alcune incombenze a cui siamo
tenuti se vogliamo far conoscere a tutti un nostro diritto su un bene (renderlo
pubblico appunto) in modo da poterlo far valere nei confronti di chiunque
altro avanzi delle pretese sul medesimo bene.
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Infine le garanzie sono diritti costituiti su un bene con cui si rafforza la
possibilità di vedere soddisfatto un diritto di credito.
Per quanto concerne la forma degli atti, mentre per gli atti relativi ai
beni mobili (2) vige il principio della libertà della forma, si richiede l’atto
scritto per i contratti che si riferiscono ai diritti reali immobiliari. Ad esempio
se voglio vendere una casa il diritto mi impone di stendere il contratto per
iscritto non potendo ritenere sufficiente che per un atto di tale rilevanza
basti una semplice stretta di mano o un accordo a voce fra chi vende e chi
compra (art. 1350).
Relativamente alla pubblicità, va evidenziato che mentre per i beni
mobili è sufficiente il possesso, perché il passaggio materiale di un bene
mobile consente ai terzi di venire a conoscenza del trasferimento di esso,
le vicende giuridiche riguardanti i beni immobili sono trascritte in pubblici
registri, in modo da porre i terzi in condizione di conoscerle. Ad esempio,
se acquisto un appartamento sarà mio interesse far trascrivere l’avvenuto
acquisto sull’apposito registro, visionabile da chiunque, in modo da rendere pubblico che io sono il proprietario legittimo di quell’appartamento
(art. 2643).
Per quanto riguarda le forme di garanzia, infine, mentre i beni mobili
sono, di regola, oggetto di pegno (diritto che si costituisce mediante la
consegna della cosa: art. 2786), i beni immobili sono oggetto di ipoteca
(diritto di garanzia che si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari: art. 2808). Ad esempio se ricevo un prestito per acquistare un
appartamento posso rafforzare le possibilità che il mio creditore ha di
vedersi restituita la somma dando garanzia attraverso l’iscrizione di una
ipoteca sullo stesso immobile.
Non va dimenticato, infine, che mentre i beni mobili possono non appartenere a nessuno (ed essere, come si dice, nullius) e, come tali, essere
suscettibili di appropriazione mediante occupazione (3), i beni immobili che
non sono in proprietà di alcuno diventano automaticamente di proprietà dello
Stato (art. 827 c.c.).
4) Altre principali distinzioni
(2) Esistono però alcune categorie di beni mobili (automobili, navi, aerei) che per il loro particolare valore economico vengono assoggettati ad un regime giuridico simile a quello degli immobili
(pensa, ad esempio, all’iscrizione al Pubblico Registro Automobilistico previsto per le automobili).
In questi casi parliamo di beni mobili registrati.
(3) L’occupazione è la materiale presa di possesso di un bene mobile che non è mai stato di proprietà
di alcuno o che è stato abbandonato dal suo vecchio proprietario.
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1. I beni
Oltre alla distinzione tra beni mobili e immobili, espressamente enunciata
dal codice, altre distinzioni sono frutto del lavoro degli studiosi.
Secondo la loro struttura, i beni si distinguono in beni materiali e beni
immateriali.
Sono beni materiali tutti i beni dotati di materialità corporea, che occupano uno spazio o che sono percepiti dai sensi; i beni immateriali, invece,
consistono in un’idea, frutto di un processo creativo (tali sono, ad esempio, le
opere dell’ingegno e le invenzioni).
Una distinzione che ha notevole rilevanza nel campo dei rapporti obbligatori è quella tra beni fungibili e beni infungibili.
Si dicono fungibili i beni identici gli uni agli altri o che possono considerarsi equivalenti per utilità e valore. In particolare, sono tali le cose che si
pesano, si contano, si misurano e che, per ciò, possono essere sostituite con
altre dello stesso genere (ad esempio, grano, stoffa, danaro). Infungibili sono,
invece, quelle cose che non possono essere indifferentemente sostituite con
altre, in quanto individuate dalle parti in relazione a un dato rapporto.
Parte Seconda: I beni e i diritti reali
La cosa fungibile si distingue da quella generica che è la cosa individuata per la
sua appartenenza a un genere e non per le sue qualità specifiche (ad esempio un cavallo). Se le cose generiche sono tutte fungibili, non è vero il contrario (ad esempio un
libro tra quelli scritti da Pirandello indica una cosa fungibile ma non generica).
La cosa infungibile va distinta dalla cosa specifica: le cose specifiche sono quelle prese in considerazione nella loro individualità (es. quel quadro). Una cosa specifica non è sempre infungibile ad es. se viene venduta una certa maglietta di un certo colore e taglia, il contratto ha ad oggetto una cosa specifica ma comunque fungibile.
Altra distinzione è quella tra beni consumabili e beni inconsumabili.
Beni consumabili sono quelli che non possono essere utilizzati senza
essere consumati, fisicamente (ad esempio, il cibo o i combustibili) o economicamente (ad esempio, il denaro); tali beni sono anche detti beni ad
utilità semplice appunto perché si prestano ad essere usati una sola volta.
Beni inconsumabili, invece, sono quelli che si prestano ad una utilizzazione continuata, senza che restino distrutte o alterate (ad esempio, un
fondo) ed indipendentemente dal fatto che, con l’uso, si deteriorino (ad
esempio, i vestiti).
Si distinguono, inoltre, i beni divisibili da quelli indivisibili.
Beni divisibili sono i beni che possono essere frazionati in modo omogeneo, senza che se ne alteri la destinazione economica, ed in modo che
ciascuna delle parti rappresenti una porzione del tutto (ad esempio, il denaro,
bene divisibile per eccellenza; un edificio diviso in piani); individisbili sono
tutti gli altri beni (ad esempio un cavallo vivo è un bene indivisibile poiché
una zampa non rappresenta una porzione del tutto).
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La indivisibilità di un bene può derivare dalla natura dello stesso (ad
esempio, un orologio funzionante), dalla volontà delle parti o dalla legge (ad
esempio, le scale comuni di un edificio in condominio).
5) Rapporti tra beni: pertinenze
Sotto il profilo del rapporto con gli altri beni, occorre distinguere cose
semplici, cose composte (4) e cose connesse.
Cose semplici sono beni unici, dotati di una propria autonoma utilità (ad
esempio, una pianta, un animale); cose composte sono quelle formate da
più cose semplici, unite tra loro in modo da perdere la propria autonomia e
in modo che non possono essere più godute separatamente (ad esempio, una
casa, un’automobile).
Si ha, invece, connessione quando due o più cose vengono poste in relazione tra loro, ma è possibile distinguere una cosa principale ed una accessoria.
Figure di connessione sono l’incorporazione e la pertinenza.
Si ha incorporazione quando una cosa mobile è naturalmente o artificialmente compenetrata in un’altra (immobile). Il termine sta ad indicare, dunque,
un processo di «immobiliazione», in virtù del quale le cose mobili incorporate
perdono la propria individualità economica e giuridica e seguono il regime
giuridico del bene immobile cui sono incorporate (art. 812 c.c.).
L’art. 817 del codice civile definisce le pertinenze come «le cose destinate
in modo durevole al servizio o ad ornamento di un’altra cosa».
Due elementi caratterizzano la pertinenza (5):
• uno oggettivo, che è dato dalla destinazione della cosa al servizio e ornamento
di un’altra cosa;
• uno soggettivo, che è dato dalla volontà di operare questa destinazione. È legittimato ad effettuare tale destinazione il proprietario della cosa principale o chi
è titolare di un diritto reale sulla medesima.
La destinazione, a sua volta, presenta due requisiti:
(4) Una pianta o una porta sono cose semplici. Un’automobile è una cosa composta: è il
risultato, infatti, dell’assembramento di numerosi elementi complementari fra loro (freno, pedali,
volante, leva del cambio, carrozzeria, pneumatici etc.) e quindi necessari perché l’automobile
possa definirsi tale.
(5) La cornice è una pertinenza del quadro, gli attrezzi, i macchinari, le sementi e il bestiame da
lavoro sono pertinenze del fondo agricolo, il box per le auto e il giardino sono pertinenze della casa.
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1. I beni
• deve essere «al servizio o ornamento» della cosa principale: la pertinenza
può essere adibita all’utilità della cosa principale (ad es. area riservata a
parcheggio), se al servizio di questa, o soltanto a bisogni voluttuari, se di
ornamento;
• deve essere «durevole», deve, cioè, durare per tutto il tempo necessario a
soddisfare la finalità obiettiva per cui la pertinenza è stata posta in essere.
La pertinenza forma, con la cosa principale, un’unità in senso economico; ne consegue che essa è sottoposta allo stesso regime giuridico della
cosa principale, senza però escludere che possa formare oggetto di autonomi
rapporti (art. 818, 1° e 2° comma). Pertanto, la compravendita di un bene
si riferisce anche alle pertinenze, pur se di queste non si fa riferimento nel
contratto purché le parti non manifestino una diversa volontà.
Il rapporto di pertinenza cessa col venir meno della destinazione, col
perimento della cosa principale o della pertinenza o con la sopravvenuta
inidoneità della pertinenza ad adempiere alla sua funzione.
Quanto alle figure più note di pertinenza, sono da ricordare le pertinenze del fondo agricolo (strumenti rurali, utensili, sementi) e le pertinenze industriali (suppellettili
dell’albergo, arredi dei cinematografi, cabine, ombrelloni e sedie di uno stabilimento
balneare). Quanto agli immobili urbani, ne sono pertinenze le serrature e le chiavi, gli
ascensori ed i montacarichi, le pompe antincendio etc.
Sono pertinenze anche le cose mobili poste a servizio o ornamento di altre cose mobili. Se Francesco vende la sua nave a Gianluca senza stabilire altro, Francesco avrà venduto anche la scialuppa che ne è pertinenza ma Francesco e Gianluca possono anche
accordarsi perché Francesco tenga la scialuppa.
6) Le universalità
Parte Seconda: I beni e i diritti reali
Le universalità sono costituite da un complesso di cose che appartengono
alla stessa persona ed hanno una destinazione unitaria (ad esempio, un gregge,
una biblioteca) (art. 816 c.c.) (6).
Le universalità di mobili costituiscono un’entità nuova dal punto di
vista economico-sociale; infatti, l’universalità ha nel suo insieme un valore economico maggiore rispetto alla somma dei valori di ciascun bene
isolatamente considerato. Se vendo la mia collezione completa di fumetti,
ad esempio, riceverò una somma di danaro maggiore che se vendessi i
singoli numeri (7).
(6) Una collezione di francobolli o di monete, un gregge, una biblioteca.
Il proprietario di una collezione di francobolli può, infatti, vendere l’intera collezione o anche
solo un francobollo.
(7) Altra cosa è la universalità di diritto (in latino universitas iuris), che si verifica quando
una pluralità di rapporti giuridici (non di cose) è considerata e regolata unitariamente dalla legge.
L’esempio più importante di universitas iuris è l’eredità che è costituita dal complesso di diritti
ed obblighi che in precedenza facevano capo al defunto.
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Si distinguono sia dalle cose composte, perché mancano di quella coesione fisica tra
loro (che è, invece, caratteristica delle cose composte) sia dalle pertinenze, in quanto
non è configurabile quel rapporto di subordinazione (ornamento o servizio) tipico dei
complessi pertinenziali.
Tre sono gli elementi che caratterizzano l’universalità:
• una pluralità di cose mobili;
• una destinazione unitaria, nel senso che le cose che compongono l’universalità, pur avendo ciascuna un proprio distinto valore economico assolvono
una funzione comune (così i libri di una biblioteca);
• l’appartenenza al medesimo soggetto.
Le singole cose che compongono l’universalità non perdono, per effetto
dell’unitarietà della destinazione, la loro autonomia, per cui possono formare
oggetto di separati atti e rapporti giuridici (art. 816, 2° comma c.c.).
Il patrimonio
Il patrimonio è costituito da un insieme di rapporti giuridici attivi e passivi (diritti ed
obblighi) facenti capo ad una persona (c.d. titolare) e valutabili economicamente.
La nozione giuridica di patrimonio è, dunque, più vasta di quella di uso comune;
infatti, in senso giuridico è titolare di un patrimonio anche colui che ha solo debiti,
in quanto è soggetto passivo di rapporti giuridici.
7) I frutti
I beni produttivi sono quelli che danno vita a nuove cose che vengono
definite frutti (8).
Per frutto si intende il prodotto derivante da un bene (cosa madre, che
resta inalterata).
Distinguiamo due tipi di frutti: i frutti naturali e quelli civili.
Frutti naturali. Sono quelli che provengono direttamente dalla cosa, indipendentemente dall’opera dell’uomo (ad esempio, i prodotti agricoli, la legna,
i parti degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere); essi diventano
beni autonomi solo al momento della separazione dalla cosa madre. Sono
sottoposti ad una particolare disciplina, in quanto:
(8) Gli interessi che una banca percepisce per aver concesso un mutuo sono frutti civili (del
danaro dato in prestito), i canoni di locazione percepiti dal proprietario di una casa concessa in
fitto sono frutti civili dell’immobile.
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1. I beni
• appartengono al proprietario della cosa che li produce (art. 821 c.c.);
• la loro proprietà può essere attribuita ad altri, dalla legge (ad esempio,
all’usufruttuario: art. 984) o in base ad un contratto. In questo caso la
proprietà si acquista con la separazione;
• possono essere oggetto di disposizione, come beni futuri, indipendentemente dalla cosa-madre, anche prima della separazione. In questo caso,
però, l’efficacia dell’atto di disposizione è subordinata alla separazione,
cioè al momento in cui i frutti acquistano esistenza autonoma (art. 1472).
Parte Seconda: I beni e i diritti reali
Frutti civili. Sono quelli che derivano dalla cosa come corrispettivo del
godimento che altri soggetti ottengono dalla cosa stessa (ad esempio, interessi,
pigioni, canoni).
I frutti civili debbono presentare il carattere della periodicità; essi si acquistano col decorso del tempo («giorno per giorno», cioè con la maturazione) in
proporzione alla durata del diritto.
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Parte Quarta
Il contratto
1. Il contratto in generale
Di cosa parleremo
Questo capitolo ci permette di:
• Conoscere la distinzione tra fatti, atti e negozi giuridici.
• Definire l’autonomia contrattuale e i suoi limiti.
Non tutti i comportamenti umani sono rilevanti per il diritto: alcune azioni
possono avere rilievo sotto un profilo morale, sociale o religioso ed essere
però completamente ignorate dalla legge (cedere il posto ad una persona
anziana nell’autobus è sicuramente lodevole sul piano sociale e morale, ma è
totalmente irrilevante per il diritto).
Quando invece ad un determinato evento la legge riconduce uno o più
effetti allora si parla di fatto giuridico. Possiamo perciò definire il fatto
giuridico come qualsiasi fatto al quale una norma giuridica collega un determinato effetto.
Nell’ambito dei fatti giuridici si distingue tra fatti giuridici in senso
stretto, intesi come quegli eventi il cui verificarsi è del tutto indipendente
dalla volontà umana e che pure hanno conseguenze rilevanti sul piano
del diritto (ad esempio la morte di una persona comporta la successione
nel suo patrimonio) ed atti giuridici in cui rientrano, invece, gli eventi
derivati da una attività umana consapevole e voluta, posta in essere da
un soggetto capace di intendere e di volere, cui l’ordinamento attribuisce
valore giuridico.
Quando i comportamenti umani sono conformi alle prescrizioni di diritto
si parla di atti leciti, mentre, al contrario, se il comportamento è vietato dalla
legge si parla di atti illeciti.
Nell’ambito della categoria degli atti giuridici leciti si distingue, ulteriormente, fra atti giuridici in senso stretto e negozi giuridici. Ciò che li
distingue è la volontà della persona che pone in essere quel comportamento,
poiché nell’atto giuridico in senso stretto l’agente vuole solo porre in essere
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1. Il contratto in generale
1) Fatti, atti e negozi giuridici
l’atto, mentre gli effetti giuridici sono prodotti dalla legge indipendentemente
dalla volontà del soggetto.
Nel negozio giuridico, invece, il soggetto vuole non solo porre in essere
un atto, ma avvalersi proprio degli effetti che la legge riconduce a quel determinato comportamento.
Il negozio giuridico, pertanto, può essere definito come ogni manifestazione di volontà dell’uomo finalizzata ad avvalersi degli effetti che l’ordinamento
giuridico ad essa riconduce.
Il contratto è un tipo di negozio giuridico, un negozio giuridico plurilaterale e dal contenuto patrimoniale.
2) La nozione di contratto
Il contratto è, tra le fonti delle obbligazioni, di preminente importanza,
al quale frequentemente si ricorre per l’attuazione dei più diversi scopi della
vita economica.
Il codice civile del 1942 non definisce la categoria generale del negozio
giuridico, ma parla solo di «contratto». L’art. 1321 definisce il contratto come
«l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto
giuridico patrimoniale».
Il contratto è un negozio giuridico, necessariamente bilaterale o plurilaterale con la funzione di costituire (nel senso di incidere sulla situazione
e sugli interessi delle parti introducendo un nuovo rapporto), regolare (cioè
apportare una qualsiasi modificazione ad un rapporto già esistente) o estinguere
(nel senso di porre fine ad un rapporto preesistente) un rapporto giuridico
patrimoniale.
Il requisito della patrimonialità distingue il contratto da altri negozi giuridici, quali quelli relativi ai rapporti di famiglia come ad esempio, il matrimonio.
Parte Quarta: Il contratto
3) Gli elementi del contratto in generale
Relativamente agli elementi costitutivi del contratto si distingue tra elementi
essenziali, elementi accidentali ed elementi naturali.
Elementi essenziali sono quelli che debbono necessariamente sussistere
perché un contratto possa ritenersi esistente e sono perciò comuni a tutti i contratti; ne consegue che la loro mancanza incide, come si dirà più ampiamente
in seguito, sulla loro validità, consentendo di dichiararne la nullità (1). Gli
elementi essenziali del contratto sono indicati nell’art. 1325 c.c.
(1) La dichiarazione di nullità rende il contratto totalmente improduttivo di effetti come se non
fosse mai venuto ad esistenza. Essa consegue ad una pronuncia del giudice su richiesta di chiunque
abbia interesse a porre nel nulla il contratto.
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Elementi accidentali, invece, sono quelli che non debbono necessariamente essere presenti, ma che le parti, in base al principio dell’autonomia
contrattuale, sono del tutto libere di inserire o meno nel contratto (2).
Elementi naturali del contratto
Si parla anche di elementi naturali (così, ad esempio, nella compravendita è
elemento naturale la
). Anche se, non si tratta di veri
e propri elementi, quanto piuttosto di effetti impliciti di particolari figure contrattuali, come è dimostrato dalla circostanza che non dovranno essere richiamati
dalle parti.
4) Gli elementi essenziali del contratto
L’art. 1325 c.c. enuncia gli elementi essenziali del contratto, individuandoli
nell’accordo delle parti, nella causa, nell’oggetto e nella forma (quando è
richiesta dalla legge a pena di nullità).
Accordo delle parti. Primo e fondamentale elemento costitutivo di
qualsiasi contratto è l’accordo o consenso delle parti. Per la nascita di un
contratto occorrono, infatti, due o più concordi manifestazioni di volontà
(sul meccanismo di perfezionamento del vincolo contrattuale diremo più
ampiamente in seguito).
Occorre cioè una proposta e un’accettazione della proposta (su cui vedi
Cap. 2).
(2) A differenza degli elementi essenziali, non incidono sul piano della validità del contratto,
ma ne condizionano l’efficacia, nel senso di incidere sulla produzione o meno dei suoi effetti. I
principali elementi accidentali, prevedibili dalle parti in occasione della stipulazione di qualsiasi
fattispecie contrattuale, sono la condizione e il termine.
151
1. Il contratto in generale
Causa. La causa è prevista dal secondo punto dell’art. 1325 come uno degli
elementi essenziali del contratto.
Essa viene definita come la funzione economico-sociale che il contratto
persegue ovvero lo scopo obiettivo del contratto (così, ad esempio, nel contratto di compravendita: lo scambio del bene in cambio del corrispettivo; nella
locazione: il godimento del bene locato contro il corrispettivo etc.).
Non vanno confusi con la causa i motivi, cioè gli scopi individuali che
hanno indotto le parti alla conclusione del contratto.
A differenza della causa, elemento tipico e costante di ogni fattispecie
contrattuale, i motivi possono essere i più vari; ad esempio, nella compravendita, la causa è unica ed è rappresentata dallo scambio della cosa venduta
con il prezzo, i motivi sono rappresentati dai diversi possibili impieghi del
Parte Quarta: Il contratto
denaro ottenuto da parte del venditore e della cosa acquistata da parte del
compratore.
Mentre la causa, in quanto elemento essenziale del contratto, incide sulla
sua validità (l’art. 1418, 2° comma, precisa che produce nullità del contratto
la mancanza o la illiceità della causa), i motivi sono normalmente irrilevanti,
salvo che in alcuni casi eccezionali espressamente previsti dalla legge.
L’illiceità dei motivi produce nullità del contratto, come si dirà in seguito,
nel caso previsto dall’art. 1345, il quale stabilisce che «il contratto è illecito
quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo
illecito comune ad entrambe».
Oggetto. Oggetto del contratto è la cosa o, più in generale, il diritto
(reale o di credito) che il contratto trasferisce da una parte all’altra ovvero
la prestazione che una parte si obbliga ad eseguire in favore dell’altra (così,
ad esempio, nel contratto di compravendita abbiamo un duplice oggetto:
la prestazione del venditore di consegnare la cosa e quella del compratore
di pagarne il prezzo).
I requisiti dell’oggetto sono indicati nell’art. 1346, ai sensi del quale
l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito e determinato o
determinabile.
L’oggetto è possibile quando nella realtà fisica la cosa già esiste o può
comunque venire ad esistenza (l’art. 1348 precisa, infatti, che anche un bene
futuro può formare oggetto di un contratto) ovvero, se si tratta di un comportamento umano, quando questo è idoneo a conseguire il risultato dedotto nel
contratto. È ad esempio impossibile oggetto di compravendita dal punto di
vista giuridico un bene demaniale (es. beni dello Stato), è invece impossibile
materialmente l’impegno di vedere un bene distrutto.
L’oggetto è lecito quando non è contrario alla legge, all’ordine pubblico
o al buon costume. Anche la cessione di un certo quantitativo di stupefacenti
è, in sé, una vendita, ma è evidente che si tratta di un contratto nullo per
illiceità dell’oggetto.
L’oggetto, infine, è determinato quando è indicato dalle parti nella qualità e nella quantità in modo esauriente, mentre è determinabile quando i
criteri di individuazione della sua qualità e quantità sono enunciati nel contratto stesso o altrimenti ricavabili (ad esem­pio, facendo riferimento al prezzo
corrente di mercato).
I requisiti dell’oggetto sono richiesti al momento della produzione
degli effetti del contratto stesso. Dispone, infatti, l’art. 1347 che «il contratto
sottoposto a condizione sospensiva o a termine è valido, se la prestazione inizialmente impossibile diviene possibile prima dell’avveramento della condizione
o della scadenza del termine».
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L’art. 1349 prevede, infine, che le parti possano conferire ad un terzo
il potere di determinare l’oggetto del contratto (ad esempio, la misura del
prezzo); si parla, in questo caso, di «arbitraggio» ed il terzo viene detto
«arbitratore».
(3) L’atto pubblico è il documento redatto seguendo particolari formalità da un pubblico ufficiale (es. il notaio).
(4) La scrittura privata è il documento scritto e sottoscritto dagli autori della dichiarazione.
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1. Il contratto in generale
Forma. Nel nostro ordinamento vige il principio della libertà della forma, in base al quale le parti sono libere di scegliere il modo di manifestazione
della volontà.
La forma è un requisito (o elemento) essenziale del contratto «quando
risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità» (art. 1325, 4° comma).
La forma, dunque, non è un elemento essenziale di tutti i contratti, ma
soltanto di quelli per la validità dei quali la legge richiede ed impone una
determinata forma; si parla, in tal caso, di forma «ad substantiam», perché
riguarda l’essenza del contratto.
La forma «ad substantiam» richiesta per alcuni contratti (perciò detti
formali o solenni), rappresenta un onere per le parti, poiché senza di essa
non possono realizzare il loro intento poiché il contratto privo della forma
necessaria è nullo.
Nell’art. 1350 sono elencati gli atti che devono «farsi per iscritto» sotto
pena di nullità (si tratta, in massima parte, dei contratti relativi ai beni immobili,
come ad esempio il contratto di compravendita di una casa). L’espressione «atti
che devono farsi per iscritto» si riferisce o all’atto pubblico (3) (art. 2699) o
alla scrittura privata (4) (art. 2702), ossia alle due forme scritte previste nel
nostro ordinamento.
L’obbligo di una forma «ad substantiam» risponde ad una duplice
esigenza: richiamare l’attenzione del dichiarante sull’importanza dell’atto
che compie e predisporre una documentazione per dare certezza all’atto
che si compie.
In alcuni casi la forma è richiesta non ai fini della validità ma «ai fini della
prova»: si usa, in tal caso, l’espressione latina «ad probationem». Ciò significa
che il contratto, anche se non è stipulato nella forma richiesta, è valido ed
efficace e la forma scritta è necessaria solo per provarlo.
I principali casi di forma richiesta «ad probationem» riguardano il
contratto di assicurazione (art. 1888, 1° comma), al contratto di transazione
(art. 1967), ai contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà
o del godimento dell’azienda (art. 2556).
Un esempio significativo di forma scritta ad probationem è rappresentato dai contratti di trasferimento di beni mobili registrati (automobili, navi). Come si desume dall’art.
1350, per tali atti non è richiesta forma scritta a pena di nullità. Tuttavia, poiché si tratta di atti relativi a beni che sono soggetti ad un particolare regime di pubblicità, l’onere del rispetto della forma scritta è determinato dalla esigenza di poter trascrivere l’atto e di conseguirne i corrispondenti benefici.
La necessità del rispetto di una determinata forma a pena di nullità può
dipendere dalla stessa volontà delle parti (c.d. forma convenzionale), le quali
intendano impegnarsi ad osservare modalità particolari nel concludere un
successivo contratto.
5) L’autonomia contrattuale (art. 1322)
La possibilità riconosciuta ai soggetti privati di curare i propri interessi
attraverso la conclusione di contratti viene definita «autonomia contrattuale».
Il significato dell’espressione emerge con chiarezza dalla lettura dell’art.
1322 c.c., secondo il quale «le parti possono liberamente determinare il
contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge».
Malgrado l’esclusivo riferimento alla libertà di determinare il contenuto del
contratto, l’art. 1322 concede una vasta gamma di libertà ai privati: la libertà
di concludere il contratto, la libertà di determinarne il contenuto, la libertà di
scegliere il contraente, la libertà di concludere contratti non appartenenti alle
categorie previste dalla legge (cd. contratti atipici), la libertà di determinare
la forma dell’atto, la libertà di agire a mezzo di sostituti, la libertà di inserire
nel contratto elementi accidentali etc.
Parte Quarta: Il contratto
6) Limiti all’autonomia contrattuale
Va tenuto presente che il principio dell’autonomia contrattuale può essere
ridimensionato da numerosi limiti all’esplicazione della libertà contrattuale dei
privati, il primo è nell’obbligo a contrarre.
Tale obbligo può provenire dalla volontà delle parti (come, ad esempio,
nel caso del contratto preliminare che, una volta stipulato, impegna le
parti a porre in essere, in un momento successivo, il contratto definitivo: art.
1351), ovvero può derivare dalla legge (c.d. obbligo legale a contrarre)
con riguardo alle sole imprese che operano in regime di monopolio legale
(art. 2597) e, specificamente, nel settore dei pubblici servizi (si pensi alle
imprese assicuratrici, che non possono rifiutarsi di stipulare un contratto
per l’assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore e dei natanti). In questi
casi, anzi, alla parte cui viene rifiutato il contratto è concessa dalla legge la
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possibilità di ottenere una sentenza che produce gli effetti del contratto non
concluso (art. 2932).
7) La classificazione dei contratti
Al riguardo esiste una molteplicità di criteri distintivi.
Con riguardo alle modalità di perfezionamento del vincolo contrattuale,
si distingue tra contratti consensuali e contratti reali.
I contratti consensuali, che costituiscono la maggioranza, si perfezionano con il semplice consenso, mentre i contratti reali richiedono, per il
loro perfezionarsi, oltre al consenso delle parti, anche la consegna (in latino
traditio) della cosa che, pertanto, si presenta non come un effetto obbligatorio
del contratto, ma come un elemento costitutivo dello stesso.
La legge stabilisce per questi ultimi il numero chiuso (numerus clausus),
per cui le parti non possono creare altre figure oltre quelle tipicamente previste dalla legge tra cui si ricordano: la donazione di modico valore (art. 783,
1° comma), il contratto estimatorio (5) (art. 1556), il comodato (art. 1806), il
mutuo (art. 1813), il contratto costitutivo di pegno (art. 2786, 1° comma), il
deposito (art. 1766).
Con riguardo al momento di produzione degli effetti contrattuali ed al
loro perdurare nel tempo, si distingue tra contratti ad esecuzione istantanea
e contratti di durata.
I contratti ad esecuzione istantanea sono quelli che esauriscono i loro
effetti in un solo momento.
I contratti di durata sono quelli la cui esecuzione si protrae nel tempo
per soddisfare un bisogno del creditore che si estende anch’esso nel tempo.
Essi si distinguono in contratti ad esecuzione continuata, in cui la prestazione
è unica ed ininterrotta nel tempo (ad esempio, locazione, affitto, comodato),
e contratti ad esecuzione periodica, in cui si hanno più prestazioni, che sono
(5) È il contratto con cui una parte consegna una o più cose mobili all’altra e questa si obbliga
a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose nel termine stabilito.
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1. Il contratto in generale
Con riguardo agli effetti, si distingue tra contratti ad effetti reali e contratti
ad effetti obbligatori. I contratti ad efficacia reale (o traslativi) sono quelli
che producono come effetto il trasferimento della proprietà di un bene o
la costituzione o il trasferimento di un diritto reale su cosa altrui ovvero il
trasferimento di un altro diritto; i contratti ad efficacia obbligatoria (o
obbligatori) sono quelli che danno luogo alla nascita di un rapporto obbligatorio, cioè non fanno sorgere diritti reali, ma solo diritti personali di
obbligazione (pensa, ad esempio, ad un contratto di locazione, di appalto,
di mandato ecc.).
ricorrenti a date prestabilite (ad esempio, rendita, contratto vitalizio) oppure
saltuarie, su richiesta di una delle parti (ad esempio, consegna di bevande
ad un bar).
In considerazione della esistenza o meno di un corrispettivo alla prestazione di una delle parti, si distingue tra contratti a titolo oneroso e contratti
a titolo gratuito. I contratti a titolo oneroso, o più semplicemente onerosi,
sono quelli in cui all’attribuzione in favore di un soggetto fa riscontro un
corrispettivo a carico dello stesso (ad esempio, compravendita); i contratti a
titolo gratuito, o gratuiti, sono quelli in cui manca tale corrispettivo, essendo
il contratto diretto ad accrescere il patrimonio altrui senza controprestazione
(ad esempio, donazione).
La distinzione tra contratti onerosi e contratti gratuiti incide sulla loro
disciplina. Infatti, l’acquirente a titolo gratuito è generalmente protetto meno
intensamente rispetto a quello a titolo oneroso.
Riguardo al rapporto tra prestazione e controprestazione, si distinguono contratti a prestazioni corrispettive (o sinallagmatici), contratti con
obbligazioni a carico di una sola parte (o unilaterali).
I contratti a prestazioni corrispettive sono caratterizzati dal fatto che
il contratto genera due attribuzioni patrimoniali contrapposte e ciascuna
delle parti è tenuta ad una prestazione (vi è, cioè, prestazione e controprestazione); inoltre tra le due prestazioni si stabilisce un nesso di corrispettività
(sinallagma) che consiste nella interdipendenza fra esse, per cui ciascuna
parte non è tenuta alla propria prestazione se non è effettuata la prestazione
dell’altra parte.
I contratti con obbligazioni a carico di una sola parte (o unilaterali)
sono quei contratti che, pur implicando l’esistenza di due parti e di due distinte
dichiarazioni di volontà, generano l’obbligo della prestazione per una sola
parte, che si trova nella posizione esclusiva di debitore (ad esempio, donazione,
mutuo senza interesse).
Parte Quarta: Il contratto
Riguardo al carattere dell’equilibrio fra le prestazioni in taluni contratti,
si distingue tra contratti commutativi e contratti aleatori.
I contratti commutativi sono quelli in cui non solo vi è un nesso di
corrispettività tra le prestazioni, ma anche fra il valore economico di esse. Tali
contratti hanno, pertanto, la funzione di attuare uno scambio tra prestazioni
considerate economicamente equivalenti, per cui ciascuna parte conosce l’entità
del vantaggio e del sacrificio che riceverà dal contratto.
I contratti aleatori sono quelli nei quali alla prestazione certa di una parte
corrisponde una prestazione incerta dell’altra (ad esempio, assicurazione) o nei
quali vi è incertezza per entrambe le parti (ad esempio, scommessa). Pertanto,
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all’atto della stipulazione, non è nota l’entità del sacrificio o del vantaggio cui
ciascuna parte si espone. L’incertezza può, di volta in volta, riguardare una delle
prestazioni (ad esempio, assicurazione), l’individuazione della parte che deve
eseguire la prestazione (ad esempio, scommessa), la misura della prestazione
(ad esempio, rendita vitalizia).
1. Il contratto in generale
In relazione alla forma, si distinguono contratti solenni (o formali) e
contratti non solenni. I contratti solenni sono quelli per i quali la legge impone il rispetto di una determinata forma (così, ad esempio, per la
compravendita di immobili è richiesta la forma scritta a pena di nullità); i
contratti non solenni, invece, sono quelli per i quali le parti sono libere
di scegliere qualsiasi modalità di esternazione della volontà, senza il rispetto
di alcuna formalità.
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