Il problema dell’energia oscura Espansione dell’Universo: dalla costante cosmologica di Einstein a oggi Matteo Di Giovanni (Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma) osa sappiamo dell’Universo e dei meccanismi che ne regolano le dinamiche? Lasciamo che sia Edward Witten a rispondere: “Noi conosciamo molte cose, ma quelle che non conosciamo sono molte di più”. Infatti, se andiamo a esaminare bene quello che conosciamo e i fatti che ci hanno fornito gli studi degli ultimi anni, ci accorgiamo che sono più le domande che questi hanno aperto che le risposte che siamo riusciti a trovare. O meglio: di risposte ne abbiamo trovate molte, il problema è che ogni volta che ne troviamo una si aprono altre decine di domande che giacciono ancora senza risposta. E l’energia oscura fa parte di quest’ultima categoria. Ma andiamo con ordine. C Il più grande errore di Einstein Nel lontano 1917 Albert Einstein pubblicò la teoria della Relatività Generale che riscosse immediato successo anche in ambito astronomico dato che fu in grado di risolvere il problema della precessione del perielio di Mercurio che la meccanica newtoniana non riusciva a spiegare. La risposta a questo problema la si trova nel modo in cui un corpo massivo come il Sole, o una stella qualsiasi, nelle sue vicinanze alteri le proprietà geometriche e fisiche dello spazio stesso. Convinto della bontà della sua teoria, Einstein decise quindi di applicare le equazioni della relatività generale all’intero Universo onde ottenere un modello che ne descrivesse la dinamica. Con sua grande sorpresa ottenne il modello di un Universo in espansione rallentato dalla gravità, risultato che lo turbò non poco. Egli era infatti convinto che l’Universo dovesse essere statico. Quindi, per non tradire le proprie convinzioni, inserı̀ all’interno del suo modello un fattore di energia costante e di segno negativo, tale da bilanciare la gravità e annullare esattamente l’espansione. Chiamò questo fattore costante cosmologica. Tuttavia il modello statico di Einstein ebbe vita breve. Infatti, i fisici-matematici Alexander Friedmann e Georges Lemaitre dimostrarono, indipendentemente l’uno dall’altro, che in realtà c’erano degli errori che rendevano il modello inconsistente. Ma la riprova che l’Universo fosse in espansione la si ebbe grazie alle osservazioni di Edwin Hubble il quale, per la prima volta nella storia, fu in grado di osservare galassie in moto al di fuori della Via Lattea. Einstein fu quindi costretto ad arrendersi all’evidenza e rigettò la costante cosmologica considerandola “uno dei suoi più grandi errori”: da quel momento in poi sarebbe stata universalmente posta pari a zero. Almeno fino al 1998. Come si espande l’Universo? A partire dagli anni ’30 si era convinti che l’espansione dell’Universo fosse rallentata dalla gravità, non tanto a causa di eventuali evidenze sperimentali a riguardo, ma semplicemente perché era la spiegazione più semplice ed era esattamente quello che mostravano le equazioni di Einstein in assenza di costante cosmologica. Infatti, almeno fino agli anni ’80, non esistevano le tecnologie adatte a creare un credibile progetto di ricerca in questo senso. La svolta avvenne sul finire degli anni ’80 grazie a Saul Perlmutter del Berkeley Lab che ideò un metodo che consentiva di realizzare uno studio che desse risultati attendibili sfruttando alcuni risultati che erano emersi proprio in quegli anni. Innanzitutto si era arrivati alla conclusione che le Supernovae di tipo I-a1 potessero essere utilizzate come candele standard, risultato fondamentale dato che finalmente si aveva un indicatore di distanza che permettesse di osservare le zone dell’Universo ad alto redshift2 , che sono quelle che ci interessano per lo studio della sua espansione. A questo si aggiunsero i progressi fatti nel campo dell’analisi delle immagini digitali, dato che per compensare la rarità delle Supernovae I-a bisogna osservare grandi porzioni di cielo in cui sono raccolti migliaia e migliaia di pixel tra i quali sarebbe impossibile individuare a occhio nudo il puntino luminoso della supernova. Mettendo quindi insieme tutti questi risultati, Perlmutter avviò nel 1988 il Supernova Cosmology Project (SCP) per poter finalmente dare una risposta definitiva sulla natura dell’espansione dell’Universo. Anzi, a essere sinceri era convinto di osservare il rallentamento dell’espansione dovuto alla gravità. A Perlmutter seguı̀ nel 1994 lo Hig-z Supernova Research Team (HZT) dell’australiano Brian Schmidt, uno studio concorrente che aveva gli stessi scopi di SCP. Con grande sorpresa di tutti giunsero entrambi a un risul1 2 Le Supernovae Tipo I-a sono la fase finale dell’evoluzione di un sistema di stelle binarie. Quando in tali sistemi si arriva ad avere una nana bianca e una gigante, la prima comincia ad attrarre gli strati esterni della compagna fino a raggiungere il limite di Chandrasekar, limite che rappresenta la massa al di sopra della quale la nana bianca collassa innescando l’accensione del carbonio nel nucleo degenere con la conseguente esplosione di supernova. A causa dell’effetto Doppler, la luce proveniente da oggetti in allontanamento appare di lunghezza d’onda maggiore di quella di emissione (colore più rosso). Viceversa nel caso di oggetti in avvicinamento (blueshift, spostamento verso il blu). Conoscendo quindi la lunghezza d’onda di emissione di una sorgente, misurandone il redshift rispetto a quanto atteso se ne può ricavare la velocità di allontanamento. accastampato num. 10, Giugno 2013 1 IL RICERCATORE ROMANO tato inaspettato che nel 2011 avrebbe consegnato loro il premio Nobel: l’espansione sta accelerando! Perché l’espansione è accelerata? La risposta matematica a questa domanda è relativamente semplice: perché la costante cosmologica è diversa da zero e domina sull’energia gravitazionale. Quindi non è manifestazione della staticità dell’universo come teorizzato da Einstein, anzi è proprio quel fattore che ne provoca l’espansione accelerata. Ma di che natura è questa costante cosmologica? Qual è la forza che sta dietro questa accelerazione? Al momento non lo sappiamo, tutto quello che possiamo fare è attribuirla a un’ipotetica forma di energia chiamata appunto energia oscura che è matematicamente rappresentata dalla costante cosmologica. Tuttavia c’è qualche ipotesi che possiamo fare, anche se si tratta ancora di supposizioni non verificate. Al momento la più accreditata richiede di considerare l’energia oscura come la manifestazione dell’energia del vuoto associata all’intero Universo. Infatti, a ogni regione di spazio sappiamo essere associata un’energia del vuoto intrinseca e, dal momento che l’Universo è uno spazio infinitamente esteso, quello che osserviamo non sarebbe nient’altro che l’energia del vuoto a esso associata. Questa interpretazione è confortata dal fatto che la costante cosmologica si comporta esattamente come l’energia del vuoto, ha la stessa natura repulsiva e la sua densità di energia è costante nel tempo. Ma il problema dell’energia oscura risiede proprio nella sua interpretazione come energia del vuoto. Infatti, il contributo osservato è piccolo, dell’ordine di 10−5 GeV /cm3 , mentre il modello standard della fisica delle particelle per l’energia del vuoto prevede un contributo di 122 ordini di grandezza superiore! Un disaccordo disastroso che non sappiamo spiegare. A poco serve la supersimmetria che riduce la stima teorica di soli 60 ordini di grandezza. Teorie molto avanzate basate sulla gravità quantistica, che ancora non forniscono modelli funzionanti e che sono ancora allo stato embrionale, potrebbero portarci a ottenere un contributo di energia del vuoto esattamente nullo, ma questo non risolverebbe il problema dato che noi osserviamo un contributo di energia oscura che è sı̀ piccolo, ma comunque diverso da zero. A questo si aggiunge il problema che la densità di energia oscura potrebbe non essere costante nel tempo, con la conseguenza di far cadere la sua interpretazione come energia del vuoto e la sua rappresentazione tramite la costante cosmologica. Nel caso ci fosse una dipendenza temporale l’origine di tale energia andrebbe ricercata nel campo quantistico scalare chiamato quintessenza e nella particella a esso associata. Particella che però risulterebbe talmente leggera che al presente non saremmo comunque in grado di osservarla. 2 Ammettere di non sapere... per ora Quindi in definitiva: cos’è l’energia oscura? Non lo sappiamo. O meglio non sappiamo dirlo con certezza visto che le teorie in nostro possesso non sono in grado di giustificare il valore osservato né di dare una previsione coerente con le osservazioni. Torniamo quindi al punto di partenza: “Noi conosciamo molte cose, ma quelle che non conosciamo sono molte di più”. Starà al futuro aiutarci a decifrare questo mistero. Bibliografia [1] Bransden B. e Joachain C. Physics of Atoms and Molecules. Pearson Education. Prentice Hall (2003). ISBN 9780582356924 [2] Branch D. Type Ia Supernovae as Standard Candles (2007) [3] Einstein A. e de Regny E. Il significato della relatività. Grandi tascabili economici Newton. Newton (1997). ISBN 9788881835850 [4] Monaco P. Introduzione all’Astrofisica (2009) [5] Ferrari V. e Gualtieri L. General Relativity (2011) [6] Perlmutter S. et al. Measurements of Ω and Λ from 42 High-Redshift Supernovae. In The Astrophysical Journal, vol. 517(2):565 (1999). URL http://stacks.iop.org/ 0004-637X/517/i=2/a=565 [7] Perlmutter S. Supernovae, Dark Energy, and the Accelerating Universe. In Physics Today, vol. 56(4):53–60 (2003) [8] Riess A.G. et al. Type Ia Supernova Discoveries at z¿1 From the Hubble Space Telescope: Evidence for Past Deceleration and Constraints on Dark Energy Evolution URL http: //arxiv.org/abs/astro-ph/0402512 [9] Wright N. URL http://www.vialattea.net/cosmo Commenti on-line: http://www.accastampato.it/ 2013/06/energia-oscura/ Sull’autore Matteo Di Giovanni (matteo.digio@ gmail.com), laureatosi nel 2012 con la dissertazione “Il problema dell’energia oscura” (relatore Dr. Alessandro Melchiorri), è attualmente uno studente del corso di laurea in Astronomia e Astrofisica del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma. accastampato num. 10, Giugno 2013