Gli ambiti in cui le nanotecnologie potranno fare la

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Le nanotecnologie per l’energia
Intervista a Liberato Manna, direttore dell’Unità di Nanochimica dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova,
su quali sono gli ambiti in cui le nanotecnologie – ovvero le tecnologie di manipolazione della materia a livello
nanometrico, cioè dell’ordine del miliardesimo di metro – potranno fare la differenza e consentiranno un vero salto
di qualità.
«Gli ambiti in cui le nanotecnologie potranno fare la differenza sono molteplici: per esempio il fotovoltaico,
l’illuminazione,i combustibili fossili.
Per quanto riguarda il fotovoltaico, le nanotecnologie potrebbero permettere nei prossimi anni la fabbricazione di
celle fotovoltaiche a basso costo e a elevata efficienza energetica. Il basso costo potrebbe derivare dallo sviluppo
di processi di produzione meno elaborati di quelli attuali e di materiali meno costosi del più consueto silicio. In
particolare, una delle sfide tecnologiche è ingegnerizzare lo strato attivo della cella, cioè realizzare celle costituite
da componenti assemblati con precisione su scala nanometrica e con proprietà tali da aumentare la resa di
conversione della radiazione solare in elettricità, partendo da materiali disponibili in natura in grosse quantità.
Il settore dell’illuminazione vedrà sicuramente una rivoluzione nanotecnologica con l’avvento dei diodi
emettitori di luce. Grazie all’ausilio delle nanotecnologie, l’efficienza di conversione dell’elettricità in luce visibile
aumenterà parecchio, riducendo il più possibile l’emissione del calore. La ricerca in questo campo è molto
avanzata e alcuni fra i prototipi più promettenti sono basati su una combinazione di vari strati di molecole
organiche e nanoparticelle fluorescenti di semiconduttori: una tecnologia che ridurrà drasticamente i consumi
energetici.
Nell’ambito di un utilizzo più efficiente dei combustibili fossili, le nanotecnologie stanno apportando una
serie di rivoluzioni in tutti gli aspetti legati alle celle a combustibile. Per esempio: l’abbattimento della quantità di
materiali catalizzatori all’interno della cella (tipicamente il platino, che è molto costoso) attraverso l’utilizzo di
nanoparticelle; lo sviluppo di speciali membrane nanoporose che garantiscono un’elevata mobilità di ioni di
idrogeno all’interno della cella; lo sviluppo di catalizzatori nanostrutturati che trasformano in maniera molto
efficiente il carburante iniziale in un carburante più adatto al funzionamento della cella. Con quest’ultima tecnica si
elimina anche una serie di inquinanti o di sottoprodotti che possono “avvelenare” la cella stessa. All’aumento
dell’efficienza nell’utilizzo di un carburante corrisponde ovviamente una riduzione dei consumi e delle emissioni di
CO2.
In campo energetico, sono in corso anche altre micro-rivoluzioni che coinvolgono le nanotecnologie. Per
esempio, i micro-attuatori basati su nanofili possono convertire l’energia meccanica del movimento (per esempio
di una persona che cammina) o del suono in elettricità, che può essere utilizzata per fare funzionare un piccolo
apparecchio come un telefono cellulare. Oppure, speciali apparecchi termoelettrici sono in grado, grazie a
materiali nanostrutturati, di trasformare differenze di calore in corrente in modo più efficiente rispetto ai dispositivi
termoelettrici oggi disponibili».
Finora ha citato possibili applicazioni di nanomateriali per la produzione di energia. Quali sono le
prospettive per l’altro grande tema del momento, quello dello stoccaggio dell’energia elettrica?
«Esistono sia prospettive a breve-medio termine, sia a lungo termine. Nel primo caso, le rivoluzioni più importanti
saranno nell’ambito delle batterie. Per esempio, nel settore automobilistico, l’utilizzo di auto totalmente elettriche
necessita di batterie in grado di immagazzinare abbastanza corrente per percorrere 300-400 km senza dover
effettuare una ricarica. Inoltre le batterie devono essere leggere, poco ingombranti, economiche, velocemente
ricaricabili e in grado di sostenere migliaia di cicli di carica e scarica senza perdere drasticamente in capacità.
Sarebbe poi necessario munire le auto di dispositivi, noti come ultra-capacitori, che possano rilasciare elevati
quantitativi di energia in pochi secondi, per esempio in fase di accelerazione, il che non è possibile con una
semplice batteria. Sono tutte sfide notevoli, e le nanotecnologie, soprattutto per quanto riguarda la
nanostrutturazione
di
materiale,
stanno
facendo
grandi
passi
verso
la
loro
soluzione.
A lungo termine ci sono altre sfide, legate per esempio all’ utilizzo dell’idrogeno come carburante. I problemi
da risolvere sono complessi: innanzitutto produrre idrogeno senza generare come sottoprodotto ingenti quantitativi
di gas serra; in secondo luogo creare una rete efficiente e sicura di distribuzione e stoccaggio dell’idrogeno. Gli
ostacoli maggiori sono legati però all’individuazione di materiali in grado sia di immagazzinare in maniera efficiente
e stabile l’idrogeno, sia di rilasciarlo facilmente e velocemente quando serve. Queste due proprietà sono quasi in
contrasto fra loro: risolvere il problema non è semplice, e una possibile via richiede lo sviluppo di nanomateriali
opportuni».
A parte la realizzazione di specifici materiali nanostrutturati, ci sono altre applicazioni delle
nanotecnologie in campo energetico?
«Nanotecnologia significa in primo luogo processi di fabbricazione con controllo su scala nanometrica: queste
tecniche permettono di costruire superfici con nuove proprietà, dispositivi sempre più microscopici, sensori sempre
più “sensibili”, e così via. Con l’ausilio delle nanotecnologie un monitoraggio sempre più accurato dei parametri
permette di ottimizzare un processo e, quindi, di risparmiare energia. Un esempio, forse un po’ lontano
dall’esperienza quotidiana, è l’estrazione efficiente di combustibili fossili tramite iniezione di vapore con un
meccanismo di controllo basato su nanosensori. Simili applicazioni sono in corso anche nel settore dell’energia
geotermica.
Per fare un esempio più vicino a tutti, le nanotecnologie stanno ormai trasformando il mondo dei calcolatori e delle
comunicazioni. La costruzione di circuiti integrati sempre più piccoli e veloci, ormai definiti con una precisione di
alcuni nanometri, oggi è realtà. In un futuro prossimo, questi circuiti potranno essere basati su architetture
tridimensionali e su soluzioni tecnologiche in grado di generare molto meno calore, a parità di numero di calcoli, e
quindi di abbattere i consumi energetici e le emissioni di gas serra».
Qual è lo stato della ricerca in Italia oggi, e quali gli scenari prevedibili per il futuro?
«La ricerca sulle nanotecnologie in Italia è molto avanzata. Alcuni settori chiave sono quello energetico
(fotovoltaico, catalisi, illuminazione), la sensoristica, la ricerca biomedica, i materiali e i dispositivi con applicazioni
nell’industria aerospaziale e automobilistica.
Per esempio, nel campo del fotovoltaico, l’Unità di nanochimica dell’IIT di Genova sta sviluppando “inchiostri”
contenenti nanoparticelle di materiali semiconduttori, che possono essere depositati direttamente su una
superficie attraverso un processo chiamato “ink jet printing”.
Nel settore dell’illuminazione il Laboratorio nazionale di nanotecnologie di Lecce è all’avanguardia nella
fabbricazione di diodi emettitori di luce a base di molecole organiche.
Nel campo delle celle a combustibile, l’IIT ha avviato un’attività di ricerca che mira a individuare nuovi catalizzatori
efficienti a base di nanoparticelle.
Per quanto riguarda poi la tecnologia delle batterie, da circa un anno l’IIT ha iniziato a ricercare materiali
nanostrutturati per batterie al litio, basati su elementi ampiamente disponibili in natura e di basso impatto
ambientale.
Per il futuro gli scenari prevedibili dipendono dalla capacità dei vari attori nazionali di elaborare una strategia di
sviluppo scientifico comune e dalla volontà di organismi governativi, e soprattutto di enti privati, di investire più
fondi nella ricerca. L’Italia vanta posizioni di rilievo in molti ambiti: medicina, industria automobilistica, moda,
agroalimentare, fonti rinnovabili. In ognuno di questi settori c’è ampio spazio per una rivoluzione
nanotecnologica».
Fonte: energyviews.enel.it
20/06/2011
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