Diapositiva 1 - Società Astronomica Italiana

XVI SCUOLA ESTIVA DI ASTRONOMIA DI STILO
della SOCIETA‟ ASTRONOMICA ITALIANA
25 – 29 luglio 2011
Stilo (Reggio Calabria)
Spettroscopia Astronomica
Agatino Rifatto
INAF – Osservatorio Astronomico di Capodimonte,
Napoli
1
L‟ arcobaleno è uno dei fenomeni che deve aver affascinato, per
bellezza e per il suo mistero, l‟uomo primitivo.
Fino al XVII secolo, le idee sulla natura della luce e sui colori erano le
più diverse; la luce era considerata “incolore” ed i colori erano
“emanazione” dei corpi colorati, oppure mescolanze di bianco e di nero.
Oggi disponiamo di una spiegazione completa e, sotto tutti gli aspetti
esauriente, della luce nell‟ ambito della teoria della radiazione
elettromagnetica.
2
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3
La radiazione elettromagnetica
La luce che riceviamo dai corpi celesti non è
altro che radiazione elettromagnetica emessa
non in modo continuo, ma sotto forma di
fotoni, o quanti di luce, distinguibili in base
all'energia trasportata. Lo spettro della
radiazione elettromagnetica non è altro che
la sovrapposizione di tutte le onde
elettromagnetiche di cui è composto.
L'unità di misura dell'energia trasportata dai fotoni è l'elettron-volt (eV):
esso è l'energia che acquista un elettrone libero (cioè una carica elettrica
e = 1.6x10-19 C ) accelerato da una differenza di potenziale di 1 volt (V),
per cui:
1 eV = 1.6x10-19 J = 1.6x10-12 erg
Come in tutti i fenomeni ondulatori, la
radiazione elettromagnetica è caratterizzata da
una lunghezza d'onda λ e da una frequenza ν, il
cui prodotto è uguale alla velocità di
propagazione dell'oscillazione che, a sua volta, è
uguale alla velocità della luce:
λ ν = c = 299792 km/s
4
L'energia ε trasportata dalla radiazione elettromagnetica (quanto di luce) è
direttamente proporzionale alla frequenza ν.
ε = h ν = (h c) / λ
La costante di proporzionalità, che viene indicata con h, prende il nome di
costante di Planck:
h = 6.626x10-34 J s
Avremo dunque che ad 1 quanto di energia pari a 1 eV corrisponde la
lunghezza d'onda:
λ1 = 12400 Å = 1.24 μ
e la frequenza:
1 = 2.42x1014 Hz
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A seconda della lunghezza d‟onda di propagazione, la radiazione
elettromagnetica prende il nome di: a) raggi ; b) raggi X; c) raggi
ultavioletti (UV); d) luce visibile; e) raggi infrarossi; f) micro-onde; g)
onde radio.
I quanti di luce visibile possiedono un'energia
compresa tra circa 1.5 e 3 eV, e occupano
solo una piccola parte dello spettro
elettromagnetico studiato in astrofisica, il
quale si estende da energie dell'ordine del
MeV (raggi gamma), ad un milionesimo di eV
(onde radio-metriche).
Passando dai raggi gamma alle onde radio cresce la lunghezza
d‟onda della radiazione.
La radiazione che riceviamo dagli astri è la sovrapposizione di tante
onde elettromagnetiche caratterizzate, ciascuna, da una propria
frequenza.
Studiarne lo spettro significa scomporre la radiazione nelle sue
componenti fondamentali.
6
Isaac Newton (1642 – 1727)
• E‟ il primo a dare una interpretazione moderna e a
studiare metodicamente il comportamento della luce.
• Nel 1704 espone il suo concetto meccanicistico
secondo cui la luce è costituita da corpuscoli che si
muovono in linea retta e dà spiegazione dei fenomeni
della rifrazione e della riflessione.
Egli descrive inoltre il fenomeno della dispersione, che
consiste nella scomposizione, per mezzo di un prisma,
della luce nelle sue componenti fondamentali di colori,
dimostrando che questo fenomeno è legato all‟ indice di
rifrazione del mezzo attraversato.
Newton punta il suo prisma verso il Sole che filtra attraverso una sottile
apertura delle persiane della finestra ma, la scarsa qualità del vetro
utilizzato e la mancanza di una fenditura abbastanza sottile, fornisce solo
uno spettro continuo di colori senza risolvere ulteriori dettagli di righe.
7
Cenni Storici
• Leucippo (V sec. A.C. – Filosofo greco)
• Democrito (V sec. A. C. – Filosofo greco, allievo di Leucippo)
„atomisti‟
materia costituita da particelle minuscole e indivisibili
(atomòs= indivisibile).
Autori della teoria atomista considerata, anche a distanza di secoli, una
delle visioni più “scientifiche” dell'antichità: l'atomismo democriteo
infatti fu ripreso non solo da altri pensatori greci, come Epicuro (IV
sec. A.C.), ma anche da filosofi e poeti romani (Lucrezio – I sec. A.C.)
nonché da filosofi del tardo medioevo e dell'età rinascimentale.
Democrito può essere considerato il “padre delle fisica”, in quanto
“l‟atomismo di Democrito ebbe una funzione determinante, nel XVI
e XVII secolo, per la formazione della scienza moderna”.
Considerazioni che
intuizioni filosofiche
analisi sperimentale
introdotta da Galileo
scaturiscono da semplici
e non da una corretta
dei fenomeni, che verra‟
Galilei (XVI sec.)
8
Modello atomico di Dalton (1766 – 1844)
Il modello atomico di John Dalton (1803) è basato sui seguenti
punti:
•La materia è formata da atomi piccolissimi, indivisibili e
indistruttibili.
•Tutti gli atomi di uno stesso elemento sono identici e hanno
uguale massa.
•Gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in
atomi di altri elementi.
•Gli atomi di un elemento si combinano, per formare un
composto, solamente con numeri interi di atomi di altri
elementi.
•Gli atomi non possono essere né creati né distrutti, ma si
trasferiscono interi da un composto ad un altro.
L’atomo di Dalton può essere immaginato come una microscopica sfera
completamente piena e indivisibile.
Le successive esperienze di Thomson (1856 – 1940) e Rutherford (1871 – 1937),
dimostreranno che esso è composto da un nucleo e da elettroni, separabili tra di
loro, e che era quasi interamente vuoto, essendo la massa concentrata quasi del
tutto nel nucleo.
9
Modello atomico di Thomson (1856 – 1940)
Nel modello atomico di Thomson, formulato nel 1898,
l'atomo, piuttosto che la sferetta solida e compatta
ipotizzata da Dalton, è costituito da una sfera
omogenea carica di elettricitá positiva all‟interno della
quale gli elettroni sono distribuiti in maniera uniforme
e senza una disposizione spaziale particolare (modello
“a panettone”, in quanto le cariche negative sono
inserite all‟interno della carica positiva come i canditi
all‟interno del panettone).
Tale modello scaturisce
dal suo esperimento:
un campo elettrico è in
grado di deviare i raggi
catodici  ipotesi della
loro natura corpuscolare.
Con il suo esperimento, Thomson chiarì che i raggi catodici sono particelle
cariche negativamente (elettroni) e riuscì a misurare il rapporto carica/massa.
I suoi studi misero anche in evidenza l‟esistenza di altre particelle, di carica
opposta e di massa molto maggiore.
10
Modello atomico di Rutherford (1871 – 1937)
Esperimento di Rutherford:
egli bombardò un sottilissimo
foglio di oro, posto fra una
sorgente di particelle alfa e
uno schermo. L'esperimento
portò alla constatazione che i
raggi alfa non venivano quasi
mai deviati; solo l'1% dei
raggi incidenti era deviato
considerevolmente, o erano
respinti, dal foglio di oro.
Nel 1911, E. Rutherford fece un
esperimento finalizzato a convalidare il
modello atomico di Thomson.
Come conseguenza di tale esperimento,
Rutherford propose un modello che
prevedeva
la
concentrazione
della
maggioranza della materia in un volume
relativamente piccolo rispetto alle
dimensioni atomiche (ossia un nucleo
atomico) e la presenza di elettroni
rotanti intorno ad esso, come i pianeti del
sistema solare attorno al sole.
11
Nel modello atomico di Rutherford, il moto
dell‟elettrone è il risultato dell‟equilibrio tra
forza centrifuga e forza di attrazione
elettrostatica:
v2
Ze 2
m

r 4 o r 2
(1)
Energia dell‟elettrone (en. cinetica + en. potenziale elettrica):
1
Ze 2
2
E  mv 
2
4 o r
(2)
Secondo la teoria classica l‟orbita di un elettrone in un atomo
dovrebbe decadere per emissione di radiazione elettromagnetica.
Inoltre, i livelli energetici dell‟elettrone sono infiniti e questo non
permetteva di spiegare gli spettri a righe.
12
Modello atomico di Bohr (1885 – 1962)
Nel 1913 N. Bohr, che a quel tempo lavorava con
Rutherford, propose un modello che, applicando
all'atomo
di
Rutherford
la
quantizzazione
dell'energia introdotta da Planck, riuscì a
giustificare lo spettro dell'idrogeno.
Bohr, per spiegare il mistero delle righe spettrali,
fece l‟ipotesi che:
1. L‟elettrone, tra tutte le infinite orbite possibili, può occupare solo
orbite speciali la cui energia deve essere pari ad un multiplo intero
n della quantità (h/2), con h costante di Planck.
2. L‟elettrone può saltare tra due orbite possibili, emettendo una
quantità di energia (fotone) pari a:
L‟aspetto rivoluzionario del modello di Bohr consiste nel prevedere che
l‟energia può essere emessa solo per quantità discrete (quanti di luce).
Questo è il motivo per cui questa parte della fisica prende il nome di
Meccanica Quantistica .
13
Il modello atomico sviluppato da N. Bohr ha come punto
di partenza il modello atomico di Rutherford + la teoria
quantistica elaborata da Planck.
Dalla (1) si ricava:
2
Ze
mv 2 
4 o r
(3)
che sostituita nella (2) porge:
1 Ze 2
Ze 2
1 Ze 2
E


2 4 o r 4 o r
2 4 o r
(4)
14
Condizione di quantizzazione del momento angolare:
Il momento angolare è un'importante grandezza fisica, legata alle
rotazioni spaziali.
È infatti la quantità che si conserva se un sistema fisico è invariante
sotto rotazioni; in altri termini costituisce l'equivalente per le rotazioni
spaziali della quantità di moto per le traslazioni.
h
L  mvr  n
(5)
Con n=1,2,3,…
2
h  6,63  10 34 J  s Costante di Planck
2
h
Elevando al quadrato la (5): m 2 v 2 r 2  n 2
4 2
che sostituita nella (3):
rn 
Es.: per Z=1,n=1 si ottiene
n h o
2
2 2
n
h
2
mv 
4 2 mr 2
2
mZe
2
(6)
Raggi orbite permesse!
r1=5.29·10-11m
raggio di Bohr15
Sostituendo la (6) nella (4):
mZ 2 e 4 1
En   2 2 2
8 o h n
quindi:
dove:
13,6
E n   2 eV
n
me 4
18

2
,
18

10
J  13,6 eV
2 2
8 o h
(7)
Energia di legame
dell‟elettrone
Dalla quantizzazione del momento angolare
derivano la quantizzazione di r e di E
16
Seconda ipotesi di Bohr:
Quando un elettrone passa da uno stato eccitato allo stato
fondamentale l‟energia viene emessa sotto forma di pacchetti:
E 2  E1  h
(8)
La frequenza e la lunghezza d‟onda dell‟energia
emessa dall‟atomo sono quantizzate.
In questo modo si riusciva a spiegare il processo di formazione
delle righe spettrali
17
Meccanismo atomico di emissione e assorbimento:
atomo di idrogeno
In condizioni normali, l‟atomo di idrogeno si trova
nello stato n=1 (livello fondamentale), che
corrisponde allo stato di minima energia E0 = h0
(energia di legame).
Eccitazione:
Energia particella o fotone: E = h ( - 0)
Ionizzazione (effetto fotoelettrico):
E  - E0
0 = frequenza di soglia
fotoelettrico
al di sotto della quale non si ha effetto
Per l‟atomo d‟idrogeno è: E0 = 13.54 eV, da cui segue:
0 = ( h c) / E0 = 12335 / 13.54 = 911 Å.
Tutti i fotoni con   0 riusciranno a ionizzare l‟atomo d‟idrogeno.
18
Dal modello di Bohr (formule 7 e 8) si ha (formula di Rydberg – Ritz):
E 2  E1 1
1 
1 
19
2 1
15  1

 13,6  1,6  10  Z  2  2   3,28  10  2  2 
h
h
n 
n 
m
m
dove si è posto Z=1 per l‟atomo di idrogeno.
Ponendo m=1,
Ponendo m=2,
Ponendo m=3,
m=4,
m=5,
n=2,3,4… si ottiene la serie di Lyman (ultravioletto).
n=3,4,5… si ottiene la serie di Balmer (visibile).
n=4,5,6… si ottiene la serie di Paschen (infrarosso).
n=5,6,7 serie di Brackett
n=6,7,8 serie di Pfund
Questa rappresentazione e' valida
anche per gli atomi più complessi.
Tutte le transizioni che terminano
sull'orbita
più
bassa
(stato
fondamentale) generano la serie di
Lyman che cade nell„UV.
Per esempio, le lunghezze d'onda, in
Angstrom, delle righe della serie di
Balmer possono essere ottenute dalla
formula precedente, in cui n=3 per
H, n=4 per H, etc...
19
m=2:
n=3 =4.57·1014 Hz da cui =6563 Å, ossia H.
n=4 H (=4861 Å)
n=5 H (=4341 Å)
n=6 H (=4102 Å)
20
Livelli d‟energia nell‟atomo di H
n=4
n=5
n=3
n=2
n=1
r  5.25 10 11  n 2 (m)
13.6
E 2
n
(eV)
21
n=4
n=5
n=3
n=2
n=1
22
n=4
n=5
n=3
n=2
n=1
23
 1
1 
E 2  E1  13.6   2  2 
 n 2 n1 
(eV)
n 2  2
  E 2  E1  ΔE  10.2 (eV)
n1  1 
hc
ΔE  h  ν 
λ
costante di Planck
h = 6.6x10-27 erg s-1
 λ  1216
Å
velocità della luce
c = 3x1010 cm s-1
24
Le transizioni
•
Transizioni fra stati legati
(bound-bound)
•
Transizioni fra stati legati e stati liberi
(bound-free, free-bound)
•
Transizioni fra stati liberi
(free-free)
A0 = AI
A+ = AII
A++ = AIII
A+++ = AIV
25
transizioni fra stati legati
26
transizioni fra stati legati e liberi
27
transizioni fra stati liberi
A+
e28
La fotoionizzazione
Condizione per avere fotoionizzazione:
E  E0
cioè
  0
K=1/2 mev2
n 
Energia cinetica
n 3
n2
E0
Energia di ionizzazione
1
E  E 0  me v 2
2
n 1
29
Potenziali di ionizzazione (eV)
I
II
III
IV
H
13.6
He
24.6
54.4
O
13.6
35.1
54.9
77.4
N
14.5
29.6
47.5
77.5
S
10.4
23.3
34.8
47.3
30
A
Spettro della stella Vega con le righe della serie di
Balmer dell‟idrogeno
31
Spettroscopia astronomica
La luce emessa da una sorgente viene intercettata dalla fenditura
posta sul piano focale del telescopio.
Il fascio uscente dalla fenditura, prima di raggiungere il mezzo
disperdente, viene reso parallelo dal collimatore .
La luce viene quindi dispersa in un fascio parallelo, a diverse
lunghezze d‟onda, prima di raggiungere la lente di camera che
rifocalizza il fascio sul recettore.
Lo spettro altro non è che la successione delle immagini
monocromatiche della fenditura.
La sua estensione, nel senso della dispersione, dipenderà dalle
proprietà del mezzo disperdente.
La sua altezza dipenderà dall‟altezza della fenditura.
La scomposizione della luce ci permette di capire la natura della
sorgente emittente e ricavare importanti parametri, quali la
temperatura, la composizione chimica, ecc..
32
Lo spettrografo si applica al telescopio in modo che il piano
focale di quest‟ultimo coincida con la fenditura.
Schema di uno spettrografo:
collimatore
camera
Mezzo disperdente
fenditura
CCD
33
Al piano focale del
telescopio
fenditura
Limita il contributo
del cielo
Deve far passare
tutta la luce della
stella
Aumenta S/N se la
sorgente è debole
Se è troppo larga
perdiamo di
risoluzione
34
collimatore
Deve raccogliere
tutta la luce
Con D e f apertura e
focale del collimatore
Dc/fc = Dt/ft
(c) e del telescopio (t),
rispettivamente
se Dc/fc > Dt/ft il fascio entrante risulta
diaframmato e quindi il diametro dello
specchio del telescopio è parzialmente
se Dc/fc < Dt/ft
non serve.
utilizzato.
35
mezzo
disperdente
grande come il
collimatore
+ piccolo
perde luce
camera
+ grande
inutile
Determina il fattore di
riduzione dell‟immagine
La fenditura si proietta sulla camera
con una dimensione Fcoll/Fcam
36
Consideriamo una fenditura di apertura
pari a 100 μ sul piano focale
Con Fcoll = 30 cm, Fcam= 50 cm
al fuoco della camera diviene
100* 30/50= 60μ
La dimensione deve occupare almeno 2 pixels
serve un pixel  30 μ
37
Uno spettro si estende per circa 10° che, sul piano focale,
con una Fcam= 50 cm, corrispondono a:
206265
500
Determinazione
della la scala
sul piano
focale
= 412.53 arcsec mm-1
dimensioni lineari dello spettro
10 x 3600
412.53
= 87.27 mm
(8000 – 4000) Å
87.27
= 45.84 Å mm-1
Risoluzione effettiva
45.84 x 30
1000
= 1.38 Åpix-1
38
Mezzi disperdenti usati per gli spettrografi:
Reticolo
Prisma
Grism
39
L‟elemento disperdente più semplice è il prisma
L‟indice di rifrazione del vetro
varia con la lunghezza d‟onda
La variazione dell'indice di rifrazione
con la lunghezza d'onda è descrivibile
con la formula empirica di Hartmann:
n() ~ A+B/(-C)
40
L‟angolo con cui la luce è deviata varia al
variare dell‟angolo di incidenza
Normalmente si lavora in
condizioni di minima deviazione
La luce entra
parallelamente
alla base del prisma
δ =2 arcsin [n (λ ) sin (/2)] - 
Minime aberrazioni ottiche
n (λ )
indice di rifrazione

apertura prisma
δ
angolo di deviazione
41
Calcoliamo l‟angolo di deviazione minima di un
prisma di 60° di vetro flint a 4000 A e a 8000 Å
n ( 4000 Å) = 1.652
n (8000 Å) = 1 .613
δ = 47 .98 °
δ = 44 .62 °
PRISMA-OBIETTIVO
È un prisma collocato al fuoco di un
telescopio che produce gli spettri di
tutti gli oggetti nel campo
42
Dispersione del prisma:
Si definisce dispersione D di un prisma la quantità:
D = d/d
Se utilizziamo l'espressione di Hartmann per l'indice di rifrazione n:
n() ~ A+B/(-C)
e ricordando la seguente relazione tra  ed n:
 = 2 arcsin[n() sin(/2)]-
si ottiene:
d/d ≈ AB/(-C)2
cioè la dispersione di un prisma è inversamente proporzionale al
quadrato della lunghezza d'onda.
43
Potere risolutivo del prisma:
Si definisce potere risolutivo R di un prisma la quantità:
R = /
Esso è un indicatore della minima differenza di lunghezza d'onda
rivelabile.
R = B*dn/d
dove B è la lunghezza della base del prisma, assumendo che tutto il
prisma sia investito dal fascio luminoso, e dn/d è la derivata
dell'indice di rifrazione rispetto a .
44
Spettrografi a Reticolo
I prismi sono stati rimpiazzati dai reticoli
Meno ingombranti
Uno spettroscopio a reticolo è concettualmente analogo ad
uno a prismi.
E' costituito da un collimatore, un reticolo che sostituisce
il prisma come elemento disperdente, e da un obiettivo
(focheggiatore) che raccoglie lo spettro sul piano focale
dello strumento.
In alcuni casi il reticolo è curvo in modo da poter svolgere
anche il ruolo di focheggiatore.
45
La teoria che sta alla base del funzionamento del reticolo è
abbastanza semplice.
Un reticolo genera sempre un numero dispari di spettri, detti
ordine dello spettro. Più precisamente, l'immagine generata dal
reticolo con angolo di diffrazione uguale a zero è detta di ordine 0 e
coincide con l'immagine della sorgente. Poi troviamo sempre,
disposti simmetricamente rispetto all' asse normale del reticolo, gli
spettri di ordine +1 e -1, +2 e -2, ecc.., generati da angoli di
diffrazione via via crescenti in valore assoluto.
46
I parametri che caratterizzano un reticolo sono:
 il numero di tratti per mm;
 l' angolo di "blaze“; esso stabilisce per quale ordine e per quale
lunghezza d'onda il reticolo è ottimizzato. Questo parametro si
ottiene variando l'angolo di inclinazione dei solchi.
 La costante del reticolo; essa è definita dall‟inverso del numero di
tratti per mm. Rappresenta la distanza tra due tratti e viene
espressa in Å o in nm. Per es., per un reticolo da 1200 tratti/mm,
si ha: 1mm = 107 Å, pertanto d = 10.000.000 / 1200 = 8333 Å, che
costituisce la distanza tra due tratti del reticolo.
Esistono due tipi di reticoli: quello a riflessione e quello a
trasmissione.
I reticoli usati in astronomia hanno tra 100 e 2400 tr/mm.
Il reticolo a trasmissione non è utilizzato nelle applicazioni che
richiedono una risoluzione "spinta" perché non può superare il numero
di 1200 tratti/mm.
47
Equazione del reticolo:
 =
d (sin θm + sin θi)
m
d è il passo (1/N)
m è l‟ordine
 è la lunghezza
d‟onda incidente
θm e θi sono gli angoli di diffrazione (ordine m) e di incidenza.
Ciò significa che se utilizziamo un reticolo a 300 tr/mm
(d = 3.33x10-3 mm) con θi = 0°, al I° ordine per la
luce blu (4400 Å) sarà θm=1 = 7.59°, mentre per la
rossa (6600) Å sarà θm=1 = 11.42°.
Al II° ordine si avrà:
θm=2 = 15.17° e θm=2 = 22.84°,rispettivamente.
48
Dispersione angolare del reticolo:
d
dθ
=
d cos θm
Indica come varia l‟angolo di
diffrazione per effetto di una
variazione unitaria di .
m
Misura
la
separazione
angolare tra due fasci di
Una relazione che dà laluce
variazione
della
con  adiacenti.
lunghezza d‟onda in funzione dell‟angolo.
A parità
di variazione
angolare
la variazione in
Dispersione
lineare
del reticolo:
L = F x d‟onda
(d/dθ)diminuisce
con F focale
dello spettrografo
lunghezza
al crescere
di K e
al diminuire della separazione fra le aperture.
L = F x (d/dθm)
con F focale dello spettrografo
49
Per evitare sovrapposizione tra spettri di ordini
diversi si utilizzano dei filtri che ne riducono
l‟estensione
Se gli spettri non occupano più di 400 pixels
e la dispersione è pari a
200 Å mm-1
utilizzando un CCD con pixel-size di 20μ
200
20
1000
= 4 Å pix-1
ogni spettro si estenderà su
un intervallo spettrale
4 (Å pix-1) x 400 (pix) = 1600
Å
50
Potere risolutivo del reticolo:
Si definisce potere risolutivo del reticolo la capacità che ha lo
strumento a separare due tratti (λ) ad una certa lunghezza d'
onda.
Nel caso del reticolo è definito dalla seguente relazione:
R = λ/λ = m n = λ /(l N m)
dove, m è l' ordine dello spettro, n il numero totale di tratti, l la
larghezza del reticolo e N il numero di tratti/mm.
Esempi:
1) un reticolo quadrato di 50 mm di lato, con una densità di 1200
tratti/mm, avrà una risoluzione teorica di 60000 e quindi ad una
lunghezza d‟onda  = 5500 Å potrà risolvere, al I ordine, due
picchi con separazione  = 0,09 Å.
2) Con lo stesso reticolo di sopra, la riga H dell‟idrogeno avrà una
risoluzione, al I ordine pari a: R = 6563Å/(1200 x 50 x 1) = 0.11 Å
51
Il prisma è stato il primo mezzo disperdente usato nella
costruzione degli spettrografi, ma appena si è consolidata la
metodologia di fabbricazione del reticolo, questo ha avuto il
sopravvento nell'impiego.
Il grande vantaggio del reticolo rispetto al prisma è quello di
fornire una risposta lineare, ossia la dispersione, è direttamente
proporzionale alla lunghezza d' onda stessa.
Questo non è vero nei prismi, dove la dispersione dipende
dall'indice di rifrazione del vetro, pertanto gli spettri che si
ottengono sono difficilmente riproducibili e confrontabili.
Il Grism è l'accoppiamento di un reticolo di diffrazione in
trasmissione e di un prisma sottile. Il reticolo può essere inciso
direttamente sul prisma o incollato. L'elemento disperdente in
questo caso è il reticolo, mentre il prisma ha il solo compito di
riallineare la direzione della lunghezza d'onda centrale dello
spettro in uscita (generalmente il primo ordine) nella direzione
dell'asse ottico.
52
Confronto tra diversi metodi spettroscopici
Spettroscopia “classica” a fenditura lunga:
Fornisce lo spettro 1D delle regioni lungo la fenditura. Le informazioni che si
ottengono sono dunque identificate da due coordinate (spettroscopia 2D): la
posizione X della regione emittente all'interno della fenditura e la lunghezza
d'onda λ.
Nella spettroscopia classica la risoluzione spaziale è determinata solo dalle
condizioni di seeing;
Spettroscopia Integral Field (spettroscopia 3D):
Fornisce informazioni sull'intera regione coperta dal campo di vista dello
spettrografo, e dunque permette di acquisire dati in tre dimensioni: due
spaziali (X, Y o  e δ) ed una spettrale (λ).
La spettroscopia Integral Field (IFS) presenta l'importantissimo vantaggio
di acquisire tutta l'informazione nelle medesime condizioni osservative.
Limite attuale: campo di vista inquadrato relativamente piccolo, ma comunque
sufficientemente grande per lo studio di alcune regioni estese quali, ad
esempio, le regioni nucleari delle galassie normali ed attive, le nebulose
planetarie, le regioni di formazione stellare.
Nella spettroscopia 3D la risoluzione spaziale è limitata dalle dimensioni delle
53
pupille (lenti o lenti + fibre) e dalla loro separazione.
La IFS può essere sviluppata principalmente in tre modi:
(1) mediante una matrice di lenti;
(2) utilizzando un fascio di fibre ottiche;
(3) tramite un image slicer.
54
Esempi di IFS: Mrk 298
Il riquadro in nero,
sovrapposto all'immagine
in Hα della galassia
attiva Mrk 298, indica
la matrice (16x16) dello
spettrografo
MPFS
usato per ottenere i
dati delle figure 4 e 5.
Immagine della galassia
Mrk 298 nel continuo a
λ = 5200 Å, con
sovrapposte le isofote
relative
all'emissione
della riga [OIII]λ5007.
Immagine di Mrk 298
in [OIII]λ5007, con
sovrapposto il campo
di velocità.
55
128
spettri
della
regione nucleare di
Mrk 298 ottenuti con
lo spettrografo MPFS
nella configurazione
16x8. E' mostrata la
regione dello spettro
compresa tra λ =
6000 Å e λ = 7000
Å. In rosso sono
riportati gli spettri in
cui
è
presente
un'intensa emissione
in Hα; in magenta
sono
invece
gli
spettri in cui tale
emissione è debole;
infine, in nero, sono
gli spettri in cui
l'emissione
è
del
tutto assente.
56
Esempi di IFS: Mrk 938
Distribuzione delle velocità
radiali ottenute dalla riga in
assorbimento del NaI, con il
metodo
della
crosscorrelation.
Il
plot
tridimensionale
mostra
chiaramente
la
presenza di due distinte
concentrazioni
stellari
separate da da una velocità
di circa 150 km/sec nello
spazio delle velocità e
caratterizzate, ciascuna, da
una dispersione di velocità
radiale di circa 100 km/sec
rispetto al proprio centro
dinamico.
Parte del data-cube
d'informazioni relative
all'emissione
in
Hα
(isofote) e continuo
adiacente (immagine).
Nei
riquadri
piccoli
sono riportati i profili
della
riga
in
assorbimento del NaI.
Parte
del
data-cube
d'informazioni
relative
all'emissione
in
[OIII]λ5007 (isofote) e
continuo
adiacente
(immagine). Nei riquadri
piccoli sono riportati i
profili delle righe Hβ ed
[OIII]λ5007.
57
I corpi luminosi possono produrre tre diversi tipi di spettri:
Sorgente luminosa
spettro continuo
Nube di gas caldo
spettro a righe d’emissione
Nube di gas “freddo” interposto tra la sorgente
luminosa e l’osservatore
spettro continuo
solcato da righe in assorbimento
58
La presenza o meno di righe atomiche in uno
spettro stellare dipendono dal tipo e dal
numero di atomi di una certa specie presenti
nell‟atmosfera stessa, nonché dalle condizioni
fisiche (temperatura, pressione, …) regnanti
nella stessa atmosfera stellare.
Gli atomi possono trovarsi nel loro stato fondamentale o in
stati eccitati, possono essere neutri o ionizzati e tutto ciò
avviene in condizioni di locale equilibrio termodinamico.
In un dato istante, in una regione atmosferica di volume “piccolo”, il
numero di atomi che passano dallo stato A a B è uguale al numero di atomi
che ritornano da B a A.
59
Il fatto di vedere in uno spettro alcune righe
piuttosto che altre, dipende da:
1. Potenziale di ionizzazione. Più è alto, più
è difficile strappare l‟elettrone.
2. Temperatura atmosferica. Col crescere
della temperatura aumentano densità ed
energia dei fotoni, per cui aumenta anche
la ionizzazione.
3. Pressione. Col crescere della pressione,
diminuiscono gli spazi disponibili e quindi
aumenta la probabilità di ricombinazione
degli atomi e quindi diminuisce il grado di
ionizzazione.
La combinazione di questi tre ingredienti determina l‟aspetto finale dello
spettro
60
Classificazione degli spettri stellari
Il primo tentativo di classificazione degli
spettri stellari risale a padre Angelo Secchi
(1818 – 1878) che aveva intuito la correlazione
tra spettro e colore, suddividendo le stelle in
quattro classi:
I
Stelle
bianche
Vega, Altair, Sirio, …
Intense righe in assorbimento
della serie di Balmer (H)
II
Stelle
gialle
Sole, Capella, Polluce, …
Righe di Balmer deboli. Intense
righe metalliche (ferro, sodio,
calcio)
III
Stelle
arancione
Betelgeuse, Aldebaran,
Antares, …
Righe metalliche e bande
molecolari (Titanio)
IV
Stelle
rosse
Schjellerup 152, R Leporis, …
Prevalentemente bande
molecolari dell’ossido di carbonio
Con l‟aumentare del numero degli spettri ….. INADEGUATA!!
61
Classificazione di Harvard
Gli spettri stellari sono ordinati in una sequenza che parte dalle stelle a
temperatura più alta (35000 °K), per finire con quelle di bassa temperatura
(2000 – 3000 °K).
Ogni classe, a sua volta, è suddivisa in 10 sottoclassi, indicate con un
numero da 0 a 9 posto dopo la lettera indicante la classe spettrale (B5,
A0, ecc.).
Infine, viene posto un numero romano da I a V per indicare la classe di
luminosità (I = supergigante, III = gigante, V = nana bianca o stella di
sequenza principale).
In tale classificazione, il Sole è indicato come stella G2-V.
62
63
Componenti di uno spettro
di galassia:
Continuo stellare
Righe d‟assorbimento
(componente stellare)
Righe d‟emissione
(componente gassosa)
64
direzione della dispersione
Lo spettro è l‟immagine monodimensionale della galassia lungo la
fenditura  le righe sono disposte lungo la direzione della
dispersione
65
Step 1
Step 2
N

E
Spettro prima della pre-riduzione
Posizionatura della
fenditura lungo un
angolo di posizione
 (per es., lungo
l‟asse
maggiore
della galassia)
Step 3
Stesso spettro dopo la pre-riduzione e la sottrazione
del cielo
66
Riduzione:
procedura per trasformare il dato osservativo
grezzo in dato scientifico
Sequenza:
• sottrazione del bias
• correzione per flat-field
• rimozione dei raggi cosmici
• calibrazione in lunghezza d‟onda
• calibrazione in flusso
• sottrazione del cielo
Sottrazione del bias
Bias:
livello elettronico del CCD
Si ottiene con un‟esposizione
di 1 sec con otturatore chiuso
(*) Ima=immagine
ImaB = Ima(*) - bias
Correzione per flat-field
Flat-field:
spettro ottenuto con cupola chiusa
e luci accese
Serve a rivelare e rimuovere
gli effetti della non uniforme
risposta dei pixel colpiti da luce
Deve essere normalizzato
mediamente 1) per eliminare
la dipendenza dalla 
(reso
Flat normalizzato
Flat
Media di colonne del flat
Le colonne del flat vengono
mediate e la funzione che
riproduce il profilo viene
usata per normalizzare il flat
ImaBF = ImaB / flatN
Sottrazione dei raggi cosmici
Raggi cosmici:
radiazione cosmica che
colpisce il CCD con
eventi casuali
1
Raggi cosmici
Si notano pixel o gruppi
di pixel molto brillanti
Sezione di spettro
3
2
Maschera
Spettro ripulito
Calibrazione in lunghezza d‟onda
He 5876Å
Serve lo spettro a righe di
emissione (note) di una lampada di
un gas o di un miscuglio di gas
La posizione di ogni riga di
emissione sull‟immagine (in pixel)
viene messa in relazione alla sua 
(in Å)
La funzione che converte da pixel in
Å è detta soluzione in dispersione
Spettro di He-Ar
Identificazione delle righe
Utilizzando un polinomio di
quinto grado si ottiene uno spettro con
λiniziale = 4458.3 Å e intervallo dλ = 2.6 Å/px
Soluzione bidimensionale
Calibrazione in flusso
Spettro della
stella standard
Si usa lo spettro di una stella detta
standard spettrofotometrica di cui è
noto il flusso in funzione della 
Viene estratto lo spettro monodimensionale e misurato il flusso (in
conteggi di fotoni) a varie 
Si
determina
la
funzione
di
calibrazione che converte da conteggi
in erg cm-2 sec-1 Å-1
Spettro 1D della stella
Misura dei flussi
Curva di calibrazione
Spettro prima della
calibrazione in flusso
Spettro dopo la
calibrazione in flusso
Con la calibrazione in flusso viene
rimossa la non uniforme sensibilità del
CCD alle varie lunghezze d‟onda
Sottrazione del cielo
Spettro della galassia+cielo
Spettro senza cielo
Esempi di spettri di galassie
Galassia ellittica
M 87
Assorbimenti stellari
Galassia spirale, tipo Sa
M 96
Galassia spirale, tipo Sc
Righe di emissione da
regioni di formazione
stellare
M 100
Curva di rotazione
Esprime la velocità di rotazione delle stelle all‟interno di una
galassia in funzione della loro distanza dal centro
Si
costruisce utilizzando le righe d‟emissione (se presenti 
componente gassosa) e/o d‟assorbimento (componente stellare) dello
spettro della galassia
I()  profilo osservato di una riga


I(o)  profilo in laboratorio della stessa riga
0
La riga osservata sarà spostata per effetto Doppler di  rispetto alla
81
riga di laboratorio
Se indichiamo con dN/dv il numero di stelle che all‟interno di un
elemento di volume dV della galassia hanno velocità:
v = c ( - 0)/0   = 0(1 + v/c)
avremo:
I() =  I(,v)(dN/dv)d =  I(0,v)(dN/dv)(1+v/c)d0
Anche il profilo della riga sarà spostato per effetto doppler!
i
c 
0
c
i
82
Consideriamo N stelle in un volumetto dV, ciascuna con velocità vi, tale
che sia:
vrot = v = (ivi2/N)
e
2 = [i (vi - vrot)2/N]
La di stribuzione delle velocità in dV è una gaussiana (ellissoide delle
velocità). Sia dunque:
dN
dv
=
1
r
2
(vi - vrot)2
e
2r
Il numero di stelle con velocità media
vrot in dV.
Poiché l‟intensità della riga sarà proporzionale a tale numero di
stelle, sarà:
I() =  I() (dN/d)d
Ma dalla relazione
v = c ( - 0)/0 segue: dN/dv  dN/d
anche il profilo avrà un allargamento gaussiano!83
Cause dell‟allargamento della riga d‟emissione:
•allargamento causato dalla dispersione di velocità
•allargamento strumentale (larghezza della fenditura)
riga2 = disp2 + str2
Cause dell‟allargamento della riga d‟assorbimento:
• allargamento causato dalla dispersione di velocità
• allargamento strumentale (larghezza della fenditura)
• allargamento causato dalla rotazione delle stelle: per stelle di tipo
spettrale G-K  10 km/sec
riga2 = disp2 + str2 + rot2
84
Righe di emissione:
per conoscere l‟allargamento intrinseco è sufficiente
l‟allargamento strumentale: disp2 = riga2 - str2
sottrarre
Righe di assorbimento:
per conoscere l‟allargamento intrinseco è necessario avere uno
spettro di una stella di riferimento (tipo spettrale G8III-K3III) per
sottrarre la componente di rotazione stellare.
Si fa l‟ipotesi che il profilo risultante sia la convoluzione dei tre
effetti (Str = strumentale; Disp = dispersione; Rot = rotazione):
Pgal() = Str()Disp()Rot()d
Pstella() =Str()Rot()d
nulla)
per lo spettro della galassia
per lo spettro della stella (dispersione
85
Proprietà dello spazio di Fourier:
La convoluzione tra due funzioni equivale al prodotto delle
trasformate di Fourier delle due funzioni.
Pstar(t) = Str(t) Rot(t)
Pgal(t) = Pstar(t) Disp(t)
da cui segue:
Disp(t) = Pgal(t) / Pstar(t)
Il profilo delle dispersioni di velocità è l‟antitrasformata di Fourier dei
rapporti delle trasformate di Fourier relative al profilo della riga della
galassia ed al profilo della riga della stella di riferimento.
86
La riga risulterà allargata per il fatto che essa sarà formata da
stelle che all‟interno dell‟elemento di volume dV hanno diverse
velocità v (e quindi diverso spostamento doppler …):
allargamanto della riga  dispersione di velocità!
Ciò che si osserva è dunque l‟integrale dei vari profili
corrispondenti alle diverse velocità di rotazione delle singole
stelle nell‟elemento di volume dV.
y=v
x

x=R
y
fenditura dello
spettrografo
-vi
vc
+vi
87
 La fenditura dello spettrografo può essere posta lungo uno qualsiasi
degli assi della galassia .
 Generalmente, viene posta lungo l‟asse maggiore che coincide con la
linea dei nodi e lungo la quale si ha la massima velocità di rotazione
della galassia .
 vc è la velocità del baricentro della galassia. Ad ogni distanza x dal
centro della riga corrisponde un volumetto di stelle dV posto a
distanza R dal centro della galassia che si muove con velocità vi e
dispersione di velocità i (corrispondente all‟allargamento della riga
in quel punto).
 In questo modo è possibile costruire un grafico ponendo in ascissa la
distanza dal centro della galassia (posto come origine) ed in ordinata
la corrispondente velocità di rotazione media: vi = c(i - c)/c.
Un grafico analogo può essere costruito con le dispersioni di velocità
i.
88
Tipico profilo delle
dispersioni di velocità
Curva di rotazione
tipica
si ha: gas  star
 vgas  vc
Componente gassosa  struttura “fredda”
Componente stellare  struttura “calda”
89
Esempio di misure per la riga Hα (λ = 6582.8 Å):
pixsize = 14m; dispersione = 4.06 Å/pix; scala ( disp.) = 5.39 arcsec/pix
n. misura
x
(pix)
2376.86
2377.29
2366.50
2355.71
2355.43
1
2
3
4
5
y
(pix)
1428.57
1385.71
1342.86
1300.00
1257.14
λ
(Å)
6599.2
6599.4
6595.0
6590.6
6590.5
V
(km/sec)
1663.9
1673.1
1471.9
1270.8
1266.2
Δy
(pix)
8.57
4.29
0
-4.29
-8.57
r”
(arcsec)
46.2
23.1
0
-23.1
-46.2
Si ricava:
n. misura
1
2
3
4
5
V = V
(km/sec)
192.0
201.2
0.0
-201.1
-205.7
R
(kpc)
6.7
3.4
0
-3.4
-6.7
Polinomio di calibrazione:
λ0 = c0 + c1x + …
c0 =5634.2 Å
c1 =0.406 Å/pix
λ - λ0
λ0
d = 30 Mpc  R = d (r”/206265)
V=c
angolo d‟inclinazione: i = 45  V = Voss cosec i = Voss 1.41
Si ottiene:
n. misura
1
2
3
4
5
V = V
(km/sec)
270.7
283.7
0.0
-283.6
-290.0
R
(kpc)
6.7
3.4
0
-3.4
-6.7
corretta
non corretta
90
Curva di rotazione tipica
Calcolo della massa M di una galassia all‟interno di una data distanza
radiale R:
vR
MR

R
NGC 1035

G m MR = m VR2
R2
m
R
 MR = R VR2
G
forza centrifuga
NGC 2998
forza gravitazionale
Raggio
VR
MR
VR
MR
(kpc) (km/s) (1010 MO) (km/s) (1010 MO)
G = 6.670 x 10-8
(dyn cm2 g-2)
0.5
39
0.018
87
0.088
1.0
65
0.098
102
0.24
2.0
91
0.39
126
0.74
1 U.A. = 1.496x1013 cm
3.0
107
0.80
142
1.40
1 pc=3.086x1018 cm
5.0
123
1.80
182
3.90
1 MO = 1.989x1033 g
8.0
135
3.40
204
7.70
20.0
214
21
30.0
214
32
1 pc = 206265 U.A.
91
Interpretazione della curva di rotazione:
vR
(c)
(a)
(b)
R0
R
Le curve di rotazione delle galassie presentano un andamento come sopra: si
possono distinguere le due componenti a e c :
 tratto (a) : la velocità di rotazione cresce linearmente con la distanza fino ad
R0;
 tratto (c) : per R > R0, al crescere della distanza, la velocità resta costante o
diminuisce lievemente.
Il tratto (b), per R > R0, corrisponde al moto kepleriano e non è osservato
92
Significato fisico:
Caso dell‟ellissoide:
a = R  asse maggiore
b  asse intermedio
M

R0
c  asse minore
P
q = (b/c)(b/a) 
schiacciamento dell‟ellissoide
sfera  q = 1
Nel tratto (a) la galassia si comporta come un corpo rigido: in ogni punto P
posto a distanza 0<R<R0 dal centro della galassia si ha equilibrio tra forza
di gravità e forza centrifuga  la materia esterna a tale punto non
esercita alcuna forza su di esso.
93
In un punto P posto a distanza 0<R<R0 dal centro della galassia
sarà:
v2/R = G(M/R2)
con
M = (4/3)  q R3 
v2 = (4/3)  G q R3  R2
posto: K = [(4/3)  G q R3 ]1/2 = cost.
si ha: v = K R
In questo modo è spiegato il tratto (a) della curva di
rotazione.
Dalla relazione precedente segue:
 = (3 K2)/(4  G q R3) = cost.
La densità all‟interno
del volume di raggio R = R0 è costante.
94
Un punto P‟ posto a distanza R‟ > R0 dal centro della galassia si muoverà
per effetto della forza esercitata su di esso dalla massa contenuta
all‟interno dell‟ellissoide avente a = R = R0.
Per tutti questi punti si dovrebbe osservare un moto kepleriano, un moto
la cui velocità decresce al crescere della distanza dal centro del moto
secondo la seguente legge:
v2/R = G(M/R2)
ma: (GM)1/2 = cost
v = K‟ R-1/2 con K‟ = (GM)1/2 = cost.
M = cost.
In questo tratto non è la densità che resta costante ma è la massa che
resta costante
M = cost  (4/3)  G q R3 = K‟‟  = [(3 K‟‟)/4 G q] R-3
  R-3
 nel tratto (b) la densità di massa è una funzione che decresce come
il cubo della distanza.
95
Cosa ci dicono le osservazioni:

La velocità non decresce in modo kepleriano (v  R-2)

La velocità resta pressoché costante
v2/R = G(M/R2)  v2 = (4/3)  G q R2 
da cui segue:
v =cost    R-2
 nel tratto (b) la densità di massa è una funzione che decresce come
il quadrato della distanza
 In questo tratto la densità decresce meno rapidamente di quanto
previsto dal moto kepleriano
Presenza di materia oscura che fa crescere il rapporto M(R)/L(R) verso
l‟esterno.
96
(R)
(a)
(c)
(b)
 tratto (a)
:  = cost.
 tratto (b)
:   R-3
 tratto (c)
:   R-2
R
R0
 Il tratto kepleriano (b) della curva di rotazione, corrispondente a v
 R-2 e   R-3, non viene osservato.
 Dopo il tratto (a) di corpo rigido (v  R e  = cost.) le velocità di
rotazione restano costanti o, in pochi casi, diminuiscono più
lentamente (  R-2) rispetto a quanto previsto dal moto kepleriano
(  R-3)  esiste materia oscura nelle regioni esterne delle
galassie
Problema della massa
mancante
Qual è il valore della
densità dell‟universo?
Evoluzione dell‟universo
97
98