Non contaminare il sogno di Dio - Sacro Cuore ai Gerolomini Pozzuoli

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“QUEL PER SEMPRE… SOGNO DI DIO!”
(XXVII dom t.o. - Gen 2,18-24 Sal 127 Eb 2,911 Mc 10,2-16)
Nella domenica in cui inizia solennemente in
Vaticano il Sinodo sulla famiglia, la liturgia ci
presenta una catechesi straordinaria sul matrimonio
e la famiglia. Bellissimo il racconto dal libro della
Genesi che abbiamo ascoltato nella Prima lettura! È
così poetico… pieno di immagini semplici per farci
capire cose importanti! Possiamo considerare
questo testo a vari livelli di rapporto:
interpersonale in genere, tra uomo e donna, tra
coniugi. “Non è bene che l’uomo sia solo: farò per
lui un aiuto che gli stia come di fronte” (v. 18,
CEI: “che gli corrisponda”). Cioè… la creatura
umana ha bisogno di un tu, di un volto che stia
davanti al proprio volto, ha bisogno del rapporto
con l’altro. Che l’altro mi sta di fronte significa che
è uguale a me, che mi “corrisponde” (ciò che
Adamo non aveva potuto trovare negli animali, v.
20); ma anche che egli è diverso da me… è altro
da me! La persona umana è creata da Dio non
autosufficiente… ha bisogno di un “aiuto”.
Questa è la volontà di Dio: che nessuno basti a se
stesso. Non c’è bontà nella solitudine! Ulteriore
livello di lettura è il rapporto tra uomo e donna.
Il testo afferma una affinità totale, espressa in quell’
“osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne”, e
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nell’attribuzione alla donna di un nome che –
nell’ebraico - è strettamente affine a quello
dell’uomo. Si tratta di una medesima creatura in
due modalità distinte, non esiste alcuna differenza
di dignità, valore, importanza. La differenza
sessuale non implica alcuna separazione, al
contrario: i due sono “della stessa pasta!”. Sarà il
peccato a cambiare questa vicinanza…
prossimità in distanza: “la donna che tu hai
messo accanto a me” (3,12). Riguardo al
rapporto strettamente coniugale, l’affermazione
“i due saranno un’unica carne” (v. 24) esprime la
realizzazione di una unità nuova: i due sono uno,
formano una sola persona. E Gesù cita proprio
questo testo per affermare l’indissolubilità
dell’unità coniugale (anche in Mt 19,5), come anche
S. Paolo per illustrare il mistero sacramentale del
matrimonio (Ef 5,31). Una tale fusione richiede la
capacità di “lasciare il padre e la madre”, ovvero
staccarsi dai rapporti più forti per stabilirne uno
ancora più intimo. Occorre il coraggio di lasciare
le vecchie sicurezze senza cercare nel coniuge un
surrogato del genitore. Per quanto questa “carne
unica” non dica soltanto riferimento alla sessualità,
vale tuttavia la pena di notare come questa
affermazione giudichi il comportamento sessuale
fra i coniugi e lo benedice. L’unione sessuale
esprime l’unità della nuova carne, e perciò
presuppone che l’altro sia assunto in modo totale, in
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una condivisione piena. Qui si potrebbe aprire la
parentesi sul tempo del fidanzamento e il dono di
se! Cosa ne stiamo facendo? Vedete: “Non c’è
speranza per la fiducia e la fedeltà del dono di sé,
se prevale l’abitudine a consumare l’amore come
una specie di integratore del benessere psicofisico. L’amore non è questo! Il fidanzamento
mette a fuoco la volontà di custodire insieme
qualcosa che mai dovrà essere comprato o
venduto, tradito o abbandonato, per quanto
allettante possa essere l’offerta.” Questo è il
punto, concentrarsi sull’obiettivo a lungo termine
che si vuole raggiungere, il per sempre… senza
bruciare le tappe… e senza restare scottati!
Detto questo… comprendiamo la domanda
trabocchetto dei farisei di cui ci racconta Marco:
“è lecito o no a un marito ripudiare la moglie?”. I
farisei conoscono bene la legge di Mosè; sanno
però che esiste un conflitto tra norma e vita… e
dunque mettono alla prova Gesù in questa strettoia
tra la regola e la vita: starà con la legge o con la
persona? Gesù risponde rilanciando in alto,
portandoli subito oltre il lecito e l’illecito: voi fate
così, ma Dio non la pensa così, Dio crede
nell’amore come unico, crede nella possibilità di
vivere insieme ad una persona per tutta la vita.
Senza sopportarsi, senza sentirsi in gabbia, senza
massacrarsi: l’obiettivo della vita di coppia non è
vivere insieme per sempre, ma amarsi per
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sempre! Gesù dice che è possibile amarsi per
tutta la vita, che Dio l’ha pensata così
l’avventura del matrimonio, che davvero la
fedeltà ad un sogno non è utopia adolescenziale
ma benedizione di Dio! Gesù ci porta a respirare
un sogno… l’aria degli inizi: “in principio…
prima della durezza del cuore… non fu così!”
L’uomo respirava col “respiro di Dio!”. Nel cuore
dell’Eden appena creato e abitato… Dio scopre
un nonbene, una mancanza che precede la colpa
originale, un male più antico del peccato: la
solitudine… il primo nemico della vita! David
Maria Turoldo in uno dei suoi testi affermò:
“Neanche Dio può stare solo!”. Capite? Dio è
contro la solitudine… Lui è in se stesso comunione di Tre… è relazione… condivisione. Ecco
perché afferma: “gli voglio fare un aiuto che gli sia
simile”. “AIUTO”… parola bellissima che
riempie i salmi, che tracima dalle profezie…
parola gridata nel pericolo, invocata nel
pianto… parola carica di forza e di speranza per
una salvezza possibile e vicina. Eva e Adamo sono
l’uno per l’altro “aiuto simile”, salvezza che
cammina a fianco. Ecco… in principio, prima
della durezza del cuore, era così! “L’uomo non
divida quello che Dio ha congiunto!”. Che
equivale a dire: “Non contaminare il sogno di
Dio!”. Ma questo accade! Accade per cento
eventi: l’infedeltà, la mancanza di rispetto, l’offesa
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alla dignità… che fanno di quell’uno per l’altro
un uno contro l’altro! Oggi la liturgia ci ricorda
con forza che un matrimonio che non si divide, non
è una norma difficile da osservare, è “vangelo”…
“lieta notizia” che l’amore è possibile… che può
durare oltre… che il cuore tenero è capace di un
sogno che non svanisce all’alba… perché è sogno
eterno… il “per sempre” sogno di Dio!
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