chapeau!
“nureyev mi insegnÒ
il coraggio e così a 50 anni ho deciso:
appendo le scarpette al chiodo”
“lascio quando sono al massimo, non volevo essere
obbligata dai segnali del corpo” spiega sylvie guillem mentre
il tour d’addio arriva a milano. e qui si racconta, dal soprannome
“mademoiselle no” al veganismo e all’aiuto agli eco-pirati
di Maria Laura Giovagnini, foto di Bill Cooper
i
l mio primo inchino, 39 anni
fa, fu... uno scivolone. all’opéra di
parigi noi studenti - ci chiamavano i “topini” - dovevamo farlo agli
insegnanti in segno di rispetto. e
io avevo preso troppa rincorsa». l’ultimo
inchino italiano, invece, sarà il 29 ottobre al teatro degli arcimboldi di milano
dopo Life in Progress, lo spettacolo con cui
dà l’addio alle scene. Fra i due, neppure un
altro scivolone però: da quando nureyev
la rese la più giovane ètoile di Francia, sylvie guillem si è rivelata insuperabile sia
nel repertorio classico sia nel contemporaneo, sia nell’espressività sia nella tecnica. «ha ridisegnato la fgura della ballerina» sottolinearono nel 2012, assegnandole
il leone d’oro alla carriera della Biennale di venezia. non solo per il fisico da ex
ginnasta: per la personalità. la riprova?
Quando cala il sipario, in genere, si sceglie il meglio del repertorio. lei no. «volevo continuare una ricerca e presentare
coreografe inedite di chi ho amato. Quindi William Forsythe, akram Khan, russell maliphant... solo Bye di mats ek è una
ripresa, ma me lo aveva cucito addosso sapendo che mi sarei ritirata presto».
Carla Fracci a 79 anni ancora balla,
Margot Fonteyn lasciò a 60. Perché lei si
ritira a 50?
per una donna oggi i 50 non sono niente. per una ballerina - che ha iniziato coi
Sylvie Guillem, 50 anni, in Life in Progress,
lo spettacolo di addio in scena il 29 ottobre
al Teatro degli Arcimboldi, a Milano.
Il tour si chiuderà a Tokyo il 20 dicembre.
io donna – 17 ottobre 2015
101
chapeau!
Adesso non ho
alcun progetto.
Devo fermarmi
e “sentire”.
Senza riempirmi
di impegni per
paura del vuoto.
Poi la cosa
giusta arriverà
ruoli importanti a 19 - non è lo stesso. Ho
energia, forza, posso mantenere il mio
standard... Fino a quando? Mi avrebbe ferito essere obbligata dai segnali del corpo.
Già, non ama le costrizioni. Quandò lasciò la Francia per l’Inghilterra (benché si
fosse mosso il Parlamento per fermarla), al
Royal Ballet venne ribattezza “Mademoiselle No”.
(ride) Col tempo ho imparato a essere
meno impulsiva, ma non per quel che va
contro la mia natura. Mi sono sempre data
a questo mestiere con il cuore. E ho seguito la lezione più importante di Nureyev:
il coraggio. Non cedeva a compromessi,
lottava per le sue convinzioni. Ha portato
all’Opéra un’aria diversa.
E un repertorio diverso: ha abbattuto le
barriere tra classico e contemporaneo.
Sylvie Guillem in Bye
di Mats Ek, una delle quattro
coreografe che ha scelto
per Life in Progress.
Alternavamo Raymonda e Bob Wilson, Giselle e Karole Armitage.
La fatica maggiore del suo percorso? La
disciplina, l’ambiente competitivo?
Nessun sacrifcio. Il lavoro era quello che
mi piaceva da morire: non è un privilegio
dato a tutti. È vero che non l’ho scelto - a
11 anni mi hanno detto: o continui con
la ginnastica artistica o entri all’Opéra però dopo il primo saggio ho capito che
valeva la pena di sopportare quel rigore. E
no, nessuna competizione in più di quelle
che ci sono in altri ambiti lavorativi.
Non ha avuto fgli: rinuncia o scelta consapevole?
Scelta consapevole: è una responsabilità
incredibile, sapevo che non avrei avuto
102
il tempo di seguirli nella misura giusta.
E oggi non mi sento affatto come se mi
mancasse qualcosa.
L’altruismo si può esprimere in parecchi
modi. Lei ha un forte impegno ecologista.
Ho sempre amato la natura, eppure non
avevo mai realizzato quanto finché a
Londra, dopo aver cambiato tre appartamenti, ne trovai uno con giardino. Mi
ha insegnato molto. Tornare dalle prove e andare lì a piantare, potare... Poi un
giorno in tv ho visto un documentario
terribile sulla crudeltà degli uomini verso gli animali e mi sono imbattuta nella
ong The Sea Shepherd: per salvare la biodiversità marina, non si limitano a parlare, c’è azione.
Si defniscono eco-pirati e affondano o sabotano le navi che pescano illegalmente.
Non sono ancora pronta per partecipare ad azioni spettacolari come le loro... Li
supporto e aiuto altre associazioni. Di
una cosa sono convinta: non possiamo
affdarci ai politici, che hanno interesse
a compiacere le varie lobby. L’unico atto
possibile è individuale: il boicottaggio.
A partire dall’acquisto di carne e pesce.
Sono diventata vegana e non per la mia
salute, per quanto abbia più energia e lucidità di prima.
Ed è per quest’anima green che ha scelto
di abitare sulle Alpi svizzere?
Dopo Londra desideravo stare in montagna, dove passeggiare e tenere liberi i miei
cani. Sto benissimo pure in Italia: ho una
vecchia fattoria nel Lazio. Lavorare da voi
è un po’ diffcile, vivere no. Contano ancora le cose semplici. Prendere un caffè
in una piazza al mattino mi fa stare bene.
Curioso: lei “è” movimento e ha sposato
un fotografo (Gilles Tapie), uno che invece ferma l’istante...
Non è affatto incompatibile: è un altro
modo di provare (e dare) emozioni.
Ogni fne è un inizio.
Per il momento non ho progetti. Sinora
tutto ruotava intorno alla danza (prove,
viaggi, spettacoli): devo fermarmi e “sentire”. Senza riempirmi di impegni per paura del vuoto: so che sarà un momento strano, violento e non posso nasconderlo né
evitarlo se intendo capire chi sono adesso.
Vivere l’attesa mi sembra l’atteggiamento
più sano. Poi arriverà l’occasione giusta.
•
io donna – 17 ottobre 2015