Sbobinature del corso di cardiologia. II canale. a.a. 2013

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Cardiologia, Lezione1
Prof. Di Salvo, 8/10/2013
Grazie a
Giuseppe Zara
Dal punto di vista idrodinamico la funzione cardiaca è stata paragonata a quella di una pompa premente.
Il cuore deve espellere una quantità di sangue, chiamata gittata sistolica, tale da soddisfare le esigenze
metaboliche dell’organismo, quando ciò non accade si parla di scompenso cardiaco. Grossolanamente
distinguiamo una funzione diastolica e una sistolica. La funzione diastolica è quella funzione in cui le camere
cardiache, in particolare i ventricoli, si rilasciano; la fase sistolica è invece dominata dalla eiezione e quindi
dalla contrazione delle camere cardiache. La quantità di sangue che è espulsa ad ogni sistole viene
chiamata gittata sistolica o stroke volume, la gittata cardiaca è invece data dalla gittata sistolica x la
frequenza cardiaca. Quindi potrete comprendere già che quando ,per una patologia qualsiasi che
comprometta la forza contrattile del cuore, esso non riesca a garantire una gittata cardiaca adeguata il
primo meccanismo di compenso per mantenere la gittata cardiaca sarà l’aumento della frequenza cardiaca.
La funzione cardiaca è dominata da alcuni fattori, questi sono innanzitutto la contrattilità miocardica, il
precarico, il postcarico ma anche la forma del ventricolo, la massa miocardica e, come abbiamo visto, anche
la frequenza cardiaca e i fattori che influenzano la frequenza cardiaca.
1-Il precarico(carico che viene prima) altro non è che il lavoro, o il carico, imposto alla fibra muscolare
prima che avvenga la contrazione. E’ in pratica la forza richiesta per produrre lo stiramento della fibra
cardiaca. Sapete che sperimentalmente è possibile misurare la lunghezza della fibrocellula miocardica ma
ciò non è possibile nella pratica clinica però dobbiamo comunque ottenere delle informazioni riguardo al
precarico del cuore di quel determinato paziente, abbiamo perciò bisogno di alcuni parametri non invasivi
che sebbene in maniera grossolana possono darci un’idea del precarico che sta affrontando quel cuore.
Quello che noi facciamo nella pratica clinica è andare a misurare le dimensioni del ventricolo, non possiamo
quindi misurare la lunghezza della fibra e andiamo perciò a misurare la grandezza del ventricolo che ci
stima l’entità del precarico che sta agendo su quel cuore, ciò viene fatto in maniera non invasiva con
l’ecocardiografia, in particolare andiamo a misurare il diametro massimo del ventricolo in tele diastole, cioè
al momento di massimo riempimento della camera cardiaca. Il precarico è regolato dalla legge di FrankMaestrini-Starling che ci dice che l’allungamento progressivo delle fibrocellule miocardiche comporta un
aumento della loro contrattilità fino ad un certo valore che è dato dalla lunghezza del sarcomero di 2.25μm,
superata questa lunghezza la forza contrattile della fibrocellula anziché aumentare si riduce. Questo è un
meccanismo “di compenso” che il nostro cuore mette in atto, se per una qualsiasi patologia aumenta il
ritorno di sangue al ventricolo e quindi questo deve accogliere una maggiore quantità di sangue le sue
pareti aumenteranno di dimensioni e le fibrocellule si allungheranno e svilupperanno piu’ forza per poter
espellere questa maggiore quantità di sangue. Ovviamente questo meccanismo di compenso è valido sino
ad un certo punto, quando superiamo una determinata lunghezza la fibrocellula perde forza contrattile.
2-L’altro grosso fattore che influenza la dinamica cardiaca è dato dal postcarico, che altro non è che il
carico sopportato dal muscolo cardiaco dopo l’inizio della contrazione, è la resistenza che si oppone allo
svuotamento ventricolare, la resistenza che il ventricolo deve vincere per espellere sangue in aorta, nel
caso del ventricolo sx, e in a. polmonare, nel caso del ventricolo dx. Mentre la legge di Frank-MaestriniStarling ci dice come si agisce il precarico sulla performance cardiaca, la legge di Laplace ci dà informazione
di come il postcarico influenzi la performance cardiaca. Lo stress, o postcarico, è direttamente
proporzionale alla pressione(P) che agisce all’interno del ventricolo e al raggio nella cavità ventricolare ed è
inversamente proporzionale allo spessore parietale. Per cui se un ventricolo trova ostacolo alla sua eiezione
perché è presente una stenosi aortica o perché c’è un’ ipertensione arteriosa, quindi una maggiore
resistenza all’eiezione del sangue in aorta, questo farà sì che aumenti il postcarico. L’organismo per cercare
di “compensare”, di mantenere il postcarico nei limiti normali aumenterà lo spessore parietale cardiaco allo
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scopo di mantenere costante lo stress. Per cui nei pazienti in cui è presente una stenosi aortica significativa
o un’ipertensione arteriosa di lunga data troverete un’ipertrofia ventricolare sx, questa non è altro che un
aumento dello spessore parietale atto a compensare l’aumento del postcarico. Anche questo meccanismo
di compenso ha però dei limiti. Come abbiamo visto, mentre nel precarico aumenta il volume di sangue che
arriva al cuore, le fibrocellule si allungano e sviluppano più forza contrattile per espellere la maggiore
quantità di sangue che è arrivata, superato un certo valore di cut-off questa forza contrattile anziché
aumentare si riduce. Per il postcarico la stessa cosa, se abbiamo un aumento della pressione o una stenosi
aortica che impedisce lo svuotamento del ventricolo il tentativo di compenso sarà l’ipertrofia. Però a livello
miocardico l’ipertrofia muscolare non è accompagnata da un’adeguata neoformazione di capillari, per cui le
zone piu’ interne del ventricolo saranno meno perfuse perché all’ipertrofia non consegue un’adeguata
irrorazione miocardica, non aumenta il numero dei vasi coronarici né quello dei capillari, per cui la
perfusione rimane quella, aumenta la massa di tessuto che deve essere perfusa dalla stessa rete arteriosa e
gli strati più interni, che noi chiamiamo subendocardio saranno quelli meno perfusi e dunque a lungo
andare saranno quelli che andranno incontro ad ischemia.
3-L’altro fattore che domina la meccanica cardiaca è la contrattilità del miocardio. Questa è la capacità
intrinseca che hanno le fibre muscolari di generare forza e di accorciarsi. Questa è una definizione classica
di contrattilità miocardica perché parliamo di generare forza e di accorciarsi.
Negli ultimi decenni l’anatomia e la fisiologia cardiaca è stata vista con una luce differente e si è dimostrato
che una contrazione non necessariamente determina un accorciamento delle fibre ma può determinarne
anche un allungamento, e anche la funzione diastolica ,che fino a qualche anno fa era considerato un
fenomeno passivo di distensione delle camere cardiache ventricolari, si è dimostrata essere un fenomeno
attivo, che richiede il consumo di ATP. La contrattilità miocardica può essere misurata in maniera invasiva,
col cateterismo cardiaco, oppure in maniera non invasiva, utilizzando l’ecocardiografia. Esistono numerosi
parametri molto sofisticati per misurare la contrattilità utilizzati solo in determinate condizioni. Il dato di
maggior riscontro della pratica clinica è la cosiddetta frazione di eiezione. Questo parametro altro non è
che la quantità di sangue (espressa in percentuale) che il ventricolo riesce ad espellere in rapporto alla
quantità di sangue che esso ha ricevuto. Matematicamente è: volume telediastolico del ventricolo sx volume telesistolico dello stesso ventricolo/ volume telediastolico del ventricolo sx x 100. Il valore normale
è uguale al 55%. La frazione di eiezione non è un parametro che eprime puramente la contrattilità, è un
parametro piuttosto grossolano che risente del precarico e del postcarico e che è influenzato anche dalla
contrattilità miocardica, quindi la frazione di eiezione di dice un po’ tutto della performance cardiaca.
4-La massa miocardica è la quantità di muscolo funzionante. Esistono differenti patologie che interessano il
muscolo cardiaco come ad esempio la cardiomiopatia ipertrofica. Come è facile intuire, in questa patologia
abbiamo un’ipertrofia del ventricolo sx, quindi la massa miocardica è aumentata. Ma in certe condizioni,
come del caso appunto della cardiomiopatia ipertrofica, l’ipertrofia non è semplicemente un aumento della
quantità di muscolo funzionante ma è anche associata ad un aumento del tessuto fibroso, che è non
funzionale e che può anche predisporre ad eventi aritmici. La massa quindi aumenta in tutte le condizioni in
cui abbiamo ipertrofia ventricolare sx, aumenterà perciò nell’ipertensione arteriosa e nella stenosi aortica
allo scopo di ridurre il postcarico come abbiamo visto nella legge di Laplace.
5-Un altro aspetto da considerare per valutare la performance cardiaca (nel caso della valutazione del
cuore sx) è la forma del ventricolo sx. Questo ha una forma ad ellissoide di rotazione (lo potremmo
paragonare ad una pallottola)e questa forma è la condizione ideale per consentire alle fibrocellule di
contrarsi e determinare il massimo accorciamento della camera cardiaca. Normalmente nel cuore il
diametro longitudinale prevale su quello trasverso, in alcune condizioni patologiche (come la
cardiomiopatia dilatativa o nei sovraccarichi di volume) il ventricolo tenderà a dilatarsi, determinando un
aumento del diametro dell’asse corto e l’aspetto del ventricolo non sarà più quello di un ellissoide di
rotazione ma avrà un aspetto globoso-tondeggiante, questo aspetto riduce l’efficienza contrattile del
muscolo cardiaco. Anche il modificarsi della geometria ventricolare è una forma di adattamento ma “costa”
più lavoro e più energia.
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Prima abbiamo già fatto riferimento alla similarità tra la funzione cardiaca e una pompa premente (Heart si
a roller-pump). In realtà questa definizione è parziale perché è focalizzata sulla funzione sistolica, ma come
già detto il cuore ha anche una funzione diastolica, che è rappresentata da un tubo. Immaginate dunque
che l’intera funzione cardiaca è paragonabile a quella di una pompa premente un tubo elastico. Il sangue è
contenuto all’interno di questo tubo, la pompa preme e fa espellere il sangue dopodiché questo tubo deve
ritornare su sé stesso in maniera elastica per riempirsi(questa è la funzione diastolica). Come è intuitivo
questo tubo può avere due tipi di patologie: può avere un ritorno elastico piu’ lento (alterato rilasciamento
del ventricolo sx) oppure può essere estremamente rigido così da ritornare su sé stesso soltanto un poco e
si riempie soltanto al prezzo di una maggiore pressione (alterazione della funzione diastolica di tipo
restrittivo, rappresentata dal cosiddetto stiff tube). Quindi, ricapitolando, la funzione diastolica è
caratterizzata dalla capacità che ha il ventricolo sx di dilatarsi ed accogliere il sangue refluo dalle vene
polmonari ed esistono fondamentalmente 2 patologie:
1)alterato rilasciamento: il ventricolo si dilata come dovrebbe ma lo fa più lentamente ( ritroveremo tale
alterazione in:cardiopatia ischemica, infarto del miocardio, ipetrofia miocardica);
2)alterata funzione di tipo restrittivo il ventricolo si riesce a dilatare soltanto al prezzo di un’ elevata
pressione*(la ritroveremo in: cardiomiopatie restrittiva o patologie con estesa componente fibrosi
miocardica**)
*nelle forme patologiche più avanzate **la componente fibrosa sostituisce parte del
tessuto muscolare ed è anelastica
Così, mentre in condizioni normali il ventricolo sx si rilascia facilmente e quindi il sangue viene “succhiato”
dall’atrio al ventricolo sx, se esiste una patologia del rilasciamento del ventricolo sx è necessario che il
sangue dall’atrio venga spinto con una maggiore pressione all’interno del ventricolo sx, questo comporterà
un aumento della pressione a monte (maggiore pressione nelle vene polmonari maggiore pressione nel
circolo polmonare con conseguente congestione). Ricordare che questo processo di sacking da parte del
ventricolo sx è comunque un processo attivo.
Come già ricordato, il nostro organismo è fatto in maniera tale da potersi adattare a diverse alterazioni
patologiche e una delle possibili modalità di adattamento è data dal rimodellamento ventricolare. Esso è
un processo attraverso il quale sia la geometria sia il volume sia la massa del ventricolo vengono alterate in
risposta ad un danno miocardico che può essere diffuso o localizzato come nell’infarto miocardico, oppure
in risposta ad alterazioni di carico (sovraccarico di pressione o sovraccarico di volume). In poche parole se il
cuore si trova di fronte ad un sovraccarico di volume per ,ad esempio, insufficienza aortica(parte del sangue
espulso ritorna del ventricolo per la alterata chiusura valvolare, il ventricolo dovrà accogliere una quantità
di sangue pari a questa quota di sangue che torna indietro ,caput mortum , + la normale gittata sistolica che
il cuore deve dare all’organismo altrimenti lo stesso va in scompenso) dovrà dilatarsi. Come abbiamo visto
con la legge di Laplace se aumenta la pressione e aumenta il raggio aumenta anche lo stress, quindi il
ventricolo per minimizzare lo stress parietale dovrà anche ipertrofizzarsi un pochino. Quindi di fronte ad un
sovraccarico di volume avremo un rimodellamento eccentrico con ipertrofia eccentrica, ovvero sia:
immaginate che una stanza sia il ventricolo sx, aumenta la quota di sangue che arriva al suo interno e la
camera tende ad allargarsi, allo stesso tempo per minimizzare lo stress le pareti diventeranno un po’ più
spesse e quindi avremo un quadro di ipertrofia eccentrica, cioè un aumento eccentrico dello spessore
parietale ma soprattutto un aumento del diametro cavitario.
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Se invece abbiamo un sovraccarico di pressione (es. stenosi aortica, ipertensione di lunga data) il muscolo
per poter eiettare la giusta quota di sangue dovrà generare maggiore pressione, per farlo ha bisogno di
diventare ipertrofico e lo diventerà in maniera uniforme, concentrica. Quindi immaginando sempre questa
stanza e immaginando di dover espellere sangue attraverso 2 porte più strette del normale, le pareti
diventeranno più spesse riducendo il diametro cavitario (perché non c’è bisogno di ricevere più sangue).
Ma il rimodellamento non l’avremo solo in caso di sovraccarichi di volume(ipertrofia eccentrica) o di
pressione(ipertrofia concentrica), ma anche in caso di patologie che provocano un danno diretto che può
essere localizzato o diffuso (ad es. infarto del miocardio).
Quando si ha un rimodellamento dal punto di vista istopatologico l’architettura e il tipo di cellule che
costituiscono il cuore cambiano: abbiamo una quota di cellule che muore(necrosi o apoptosi), una quota di
fibrosi(che determinano alterazioni della funzione diastolica) e abbiamo poi ipertrofia miocardica.
INFARTO AL MIOCARDIO FIBROSI ZONA INTERESSATA questo tessuto non è funzionale, se la parete è
stata interessata da infarto a tutto spessore (transmurale) tutta la parete sarà stata sostituita da tessuto
fibroso CAMBIA LA FUNZIONALITA’ CARDIACA: il sangue al momento dell’eiezione anziché essere espulso
sarà ballottato dalla parete centrale(che si contrae) a quella laterale(inerte), che in alcuni casi anziché
essere rigida va verso l’esterno, riceve cioè il sangue dall’altra parete e viene spinta verso l’esterno, si parla
allora di aneurisma o discinesia.
L’accumulo di tessuto fibroso è spiegabile col fatto che essendovi in quella zona deficit di perfusione, il
tessuto fibroso è l’unico in grado di sopravvivere.
Alla lunga questi tipi di rimodellamento hanno in sé stessi dei limiti che portano poi lentamente allo
scompenso cardiaco. Nell’ipertrofia eccentrica se il sovraccarico di volume continua si supera la lunghezza
limite dei 2.25μm e la contrattilità si riduce. Nel caso dell’ipertrofia concentrica se lo stimolo persiste
avremo che la perfusione degli strati sub endocardici sarà sempre minore e quindi avremo ischemia con
successiva fibrosi e scompenso cardiaco. Quindi tali meccanismi di compenso alla fine finiscono per causare
scompenso cardiaco.
Sempre a proposito di meccanismi di compenso: se si riduce la forza contrattile del cuore si riduce anche la
gittata sistolica, per mantenere la gittata cardiaca la prima cosa da fare è aumentare la frequenza cardiaca.
Questa è aumentata grazie all’inattivazione del sistema simpatico. Quindi troveremo che tutti i soggetti con
scompenso cardiaco mostrano frequenza aumentata(90-100 battiti/min) che normalmente è di circa 70
battiti/min. Anche questo meccanismo di compenso alla lunga finisce per portare a scompenso: se
aumento troppo la frequenza la durata della sistole e della diastole si riduce troppo e quello che è critico è
la durata della diastole perché se dura troppo poco il ventricolo non si riempie a sufficienza e quindi non
espelle molto sangue.
Negli ultimi anni il concetto di dinamica cardiaca è cambiato soprattutto grazie alle intuizioni dell’anatomopatologo Torrent Guasp che ha dimostrato come è possibile separare le diverse componenti del cuore
semplicemente svolgendolo con le sole mani come si trattasse di una singola banda muscolare. Questo
“papiro” muscolare si compone di 3 parti:
-Basal loop: parete libera del ventricolo dx;
-Banda discendente che forma l’apice;
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-Banda ascendente.
Grazie a queste osservazioni ,che dimostrano la forma ad elica del muscolo cardiaco, oggi sappiamo che la
contrazione determina l’accorciamento della banda discendente e l’allungamento della banda ascendente.
Quindi contrazione non è sinonimo di accorciamento, basti pensare ai serpenti che contraendosi si
allungano.
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Cardiologia, lezione2
Prof. Santangelo, 11/10/2013
Grazie a
Paquale Mascolo
Oggi faremo due “chiacchierate” sull’ECG e sull’attività elettrica del cuore.
Il valore della lezione frontale è cambiato sostanzialmente: all’epoca nostra, noi dal docente
avevamo delle informazioni, metodo curiosità ed altro. Adesso c’è un eccesso di informazioni, l
eccesso di info dal mio punto di vista non fa progredire nelle conoscenze dell’uomo, crea una
pseudo conoscenza a volte non verificata. Non dà il tempo sostanziale di elaborazione che fa sì che
la informazioni diventi conoscenza. Il senso della lezione universitaria non è solo trasferire info (ne
avete già troppe), il senso è che io vi debba dare una curiosità per la materia che svolgo, il senso è
anche dare un metodo che ho avuto tramandato. La lezione è una lezione di metodo, io non dico
niente di più, le info non sono il bagaglio, il centro di questa chiacchierata, lo scopo, è darvi la
curiosità di andarvi a prendere queste info che sono dette e ridette. Vanno prese e conosciute e
bisogna darvi il metodo per far diventare le info, conoscenza. Per terapeutizzare occorre metodo.
Per esempio si deve partire per concetto dato per scontato dall’anamnesi si deve parlare col
paziente poi lo si deve visitare, non si devono vedere le altre analisi (prima cosa che invece si fa
continuamente negli ospedali), non si deve etichettare il paziente per la malattia cosa che invece si
fa continuamente (il prof descrive un episodio in cui uno specializzando dice “prof c’è una
tachicardia ventricolare in un tale”, è una bestemmia). Noi dobbiamo vedere quanti anni ha, che
cosa tiene perché la stessa tachicardia ventricolare che voi già sicuramente sapete è un aritmia
pericolosa per la vita, può però essere presente nei giovani normali che hanno tachicardia
ventricolare idiopatica benigna di nessuna gravità. Il problema è IL paziente che ha la tachicardia
ventricolare. Per esempio tachicardia sinusale tutti sanno che è la forma più benigna ,per esempio
mi metto a correre o mi emoziono il mio cuore adegua la frequenza per avere una gittata
adeguata e da 70 passa a 90 bpm. Potrebbe essere un segno di benignità in assoluto? No, perché
se il paziente ha un infarto e si sta shockando la tachicardia sinusale è molto grave. Ora il concetto
qual è, non esistono le malattie ma i malati. Allora una tachicardia sinusale è l’espressione più
benigna di questo mondo delle aritmie, si palpita quando uno si emoziona si palpita quando uno si
sforza, può diventare un segno clinico fondamentale se io passo e trovo il paziente con una
frequenza a 90 quando prima ne aveva 60. Allora il problema qual è? Devo vedere il malato,
perché quel malato che ha avuto un infarto mezz’ora prima stava a 60 di frequenza e adesso sta a
90? Il concetto fondamentale è che non esistono le malattie , però purtroppo la medicina
moderna preferisce parlare di malattie perché c’è il protocollo che mi garantisce anche legalmente
sulla malattia non capendo che quel protocollo va applicato al malato. Allora soliti discorsi
nell’infarto, qual è il protocollo del dolore anginoso: una cosa è se l’infarto e il dolore è in un
90enne applicherò un determinato protocollo , un'altra cosa è se succede nel 40enne.E’ chiaro che
è diversa la situazione però è comoda perché un'altra delle tragedie è la fiscalizzazione , la
monetizzazione della medicina, dietro c’è il danaro e il problema medico legale, ormai le
assicurazioni non sanno come fare soldi e cercano di fare queste cause, allora il medico come si
protegge dicendo ”io ho applicato il protocollo”. L’ammalato sta malissimo muore però lui
legalmente ha applicato il protocollo allora ecco perché si sposta l’atto medico dal malato sulla
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malattia. L’atto medico che voi farete sarà cmq tenere presente tutta una serie di dati : età sesso
precedenti etc, ed è questo il metodo. Non si può saltare. Metodo significa che se si prende in
carico un paziente , si incomincia dalla storia , più perdete tempo a sentire le chiacchiere dei
paziente più arrivate alla diagnosi. Poi fate la visita poi vedete gli accertamenti ,ragionate su
queste cose e infine decidete quali altri accertamenti fare, non sparare a zero. Altrimenti la
società non avrà più soldi , perché se io per ogni dolore in petto faccio scintigrafia , coronarografia
etc magari quello ha un artrosi, soprattutto se è un soggetto giovane infatti è molto difficile che
abbia le coronarie ostruite a meno che non abbia coronarie anomale. Basta rasserenarla , perché
se ci sono coronarie anomale ci sta qualcosa che si vede, non c’è bisogno di tenerti 24 ore (
protocollo docet).
Perché parliamo di ECG all’inizio di un corso di cardiologia?
ECG è inscindibile da una visita cardiologica, anche se in futuro l’eco(portatile) diventerà
inscindibile però la differenza è sostanziale: dato che l’obiettività della realtà in genere è
impossibile , nell’analisi di un problema clinico meno soggettività ci metto forse quel dato più è
universale, non dico che è reale però tutti quanti la vediamo nella stessa maniera.
Ecocardiogramma ha rivoluzionato la cardiologia , è molto operatore dipendente perché fornisce
delle immagini che dipendono dal puntamento di un raggio se io lo punto in un modo è una cosa in
un altro un’altra e poi lo analizzo con la mia sensibilità. L’ ECG invece, vedrete, ha escogitato dei
sistemi di multipla osservazione oggettiva (della macchina) che ti da una serie di osservazioni che
tu devi analizzare che però sono le stesse se metti il paziente nelle stesse condizioni . Se sbaglio a
mettere le derivazioni dell‘ ECG è tutta un ‘altra cosa, ma se le derivazioni si mettono negli stessi
punti il punto di vista è sempre lo stesso. Prima si utilizzava la matita dermografica per segnare i
punti di derivazione per non confondersi e per non avere alterazioni dell’analisi vettoriale. Cosa è
un vettore? è uno strumento per definire una forza, se io do un pugno a te questo vettore ha un
orientamento se lo do a lei un altro, dipende dall’intensità, quindi l’azione ,forza elettrica in questo
caso, viene definita graficamente con il vettore. Lo sapete che in termini ferroviari il vettore di un
treno si chiama locomotore quello che muove, perché l esempio del treno? Se io mi metto alla
stazione di bologna io sui binari cammino come uno spaesato meridionale chiedo “scusi dove
prendo il treno per Milano?” E quello risponde “guardi se non si toglie lo prende giusto in faccia”.
Se io ho un'unica fonte di osservazione per me quel vettore è un punto e non riesco a capire la
direzione ma se contemporaneamente c’è un amico che lo guarda lateralmente riesce a vederlo e
a vedere la velocità se poi ce ne sta un altro dall’altra parte vede anche la lunghezza dei vagoni.
Quindi che cosa significa tutto questo? E’ che per avere io un concetto più o meno uniforme della
realtà, dell’evento vettoriale (quanto corre, da dove va, etc.), devo vederlo da più punti di vista. Il
concetto di L’ECG si basa proprio su questo , su una lettura vettoriale degli eventi (i vettori si
sommano), quindi due vettori che vanno nella stessa direzione sono più “forti. Il concetto è che
noi andiamo a leggere la sommazione vettoriale delle varie forze cardiache e da più punti la
guardiamo(raccontino del treno) più riusciamo a costituire intensità, direzione e verso e quindi
abbiamo una lettura uniforme. È importante posizionare gli elettrodi sui i punti giusti perché
cambiando i punti di osservazione cambia anche l’analisi(analisi che faccio guardando il tracciato).
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Tracciato che mi viene su una carta millimetrata che scorre a una determinata velocità perché è un
evento ripetitivo e quindi io devo avere una velocità fissa in genere si fa 25 mm/s, che è tarato:
l’elettrocardiografo è un voltamperometro . Gli dico questa è l’unità di misura 1 volt, 1 millivolt e
su questo valuta se il vettore è più o meno forte. Fatta questa premessa: l’ ECG esprime la
registrazione nel tempo degli eventi elettrici espressa come somma vettoriale. Sappiamo che la
nostra attività elettrica in realtà è elettromeccanica. Cioè senza l’attività elettrica, senza il
potenziale d’azione non si ha quel minimo ingresso di ioni calcio che scatena un cambiamento
critico del calcio libero che fa fuoriuscire altro calcio ed infine avviene la contrazione. Da un evento
elettrico si scatena quello meccanico, quindi secondo voi si può avere un evento elettrico senza
un evento meccanico? SI, perché in alcune situazioni patologiche, per esempio se il cuore è
morente, tu hai l’evento elettrico ma non la contrazione perché hai voglia di far entrare lo ione
calcio il sarcomero non si accorcia più (il prof racconta una delle sue esperienze più drammatiche:
in pratica il paziente con cardiomiopatia dilatativa fase terminale impiantato con defibrillatore lo
chiama perché non si sentiva bene, l’ ECG era perfettamente normale, neanche un extrasistole, il
professore si aspettava una tachicardia ventricolare con funzionamento del defibrillatore ma il
paziente in pochi minuti muore per dissociazione elettromeccanica). Il defibrillatore funziona una
volta funziona due volte fino ad un certo punto . Questo per dire che l’attività elettrica influenza in
un cuore normale la meccanica, per esempio se le cellule hanno un’ attività elettrica diversa si
contrarranno in modo diverso se adesso che parleremo di come questo impulso elettrico
armonizza il cuore, è chiaro che dall’impulso elettrico dipende la contrazione della singola
fibrocellula, per ottenere l’ effetto di pompa devo condurre per “mano” l’ impulso elettrico in
alcuni punti logici (qual è il punto logico per un ventricolo che deve espellere il sangue dal basso
verso l’alto? Dalla punta alla base). Le basi sono l’uscita dell’aorta e della polmonare, se si
contraesse in altro modo spingeresti il sangue da un'altra parte, per questo esistono le branche
che accompagnano l’impulso elettrico per far contrarre qualche millisecondo prima le cellule della
punta in modo che la spinta favorisca l’ uscita verso l’ alto. Quindi l’ evento elettromeccanico è
fondamentale. Come si va a formare il potenziale d azione? Nella fase 2 (ripetere le fasi della
depolarizzazione del miocardio) entrerà il calcio criticamente. Ipotizzando: se io avessi una fibrocellula
muscolare con due aghi uno all’ interno l’altro all’esterno che misurano il potenziale nella
condizione di riposo (quando non stimolata), cioè non contratta, la differenza di potenziale è 90mV per una caratteristica della proteine anioniche interne che non escono , queste proteine mi
fanno sì che il potenziale interno sia negativo rispetto all’ esterno e che sia -90mV (ricordare che le
macromolecole proteiche non si muovono ma si muovono i cationi). La membrana cellulare è
semipermeabile, cioè per determinati voltaggi ci sono dei sensori che fanno cambiare la
permeabilità della membrana. Il problema è questo: a riposo c’è una differenza di potenziale di 90, quando cambia, cambia anche la permeabilità per gli ioni, questa capacità di movimento
riguarda sodio, potassio e calcio che sono tutti positivi però chiaramente partendo da un
presupposto di negatività che non si muove, se li porto dentro posso arrivare anche a +1 e
portandoli di nuovo fuori a -90. E’ per questo movimento ciclico che per ogni ciclo continuo noi
abbiamo in definitiva la depolarizzazione; quando la differenza di potenziale è -90 e i cancelli
sono chiusi le correnti non si verificano. Che succede quando il potenziale da -90 arriva a -70?
Cambia il controllo di quella membrana che diventa permeabile al sodio che abbiamo detto essere
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criticamente elevato fuori,il sodio entra dentro ed annulla la carica negativa, dopo questo
annullamento che crea questo spike entra anche cloro per “tamponare” altrimenti arriverebbe
all’eccesso, dopo inizia una fase sempre per le modifiche della permeabilità della membrana,
quando potenziale è 0 diventa permeabile al calcio ed è quella piccola quota che entrando come
positiva mantiene il potenziale ancora all’arrivo della negatività(non si capisce) ma è anche
importante perché fa cambiare quella critica concentrazione intracellulare determinando altro
rilascio di calcio dai depositi e quindi contrazione. Per buttarla lì capite come alcuni farmaci che
modificano la concentrazione di calcio (calcio antagonisti: antiaritmici e antiipertensivi) possano
influenzare la contrattilità. Che succede per poter riportare la negatività preesistente? Deve uscire
uno ione positivo e guarda caso questa membrana apre le porte al potassio se ne esce e va a
creare una nuova negatività che riporta lentamente a -90 la differenza di potenziale. Poi abbiamo
una fase legata ad uno scambio, che consuma energia che ci fa sostituire il sodio col potassio. Il
pot. d’ azione da cui parte l’evento elettrico che adesso spieghiamo non è uguale in tutte le
fibrocellule, voi sapete che esiste un sistema di conduzione specifico per il cuore che presuppone
due stazioni i nodi (SA e AV) che sono localizzati rispettivamente allo sbocco della cava
superiore(senoatriale) e alla giunzione della tricuspide col setto (atrioventricolare), c’è un motivo
perché se voi pensate che da queste stazioni parte l’impulso elettrico nella rivoluzione cardiaca se
noi consideriamo anatomicamente cuore destro in serie con quello sinistro(funzionalmente due
pompe in serie), La contrazione deve nascere da dove arriva il ritorno venoso (atrio destro) e
quindi da li ricomincia un nuovo ciclo, quindi è logico che la prima formazione a contrarsi sia l’atrio
destro ed è anche logico che sia la porzione più alta dell’atrio destro perché deve spingere il
sangue verso il piano tricuspidale che è fornito anatomicamente di fibre (connettivali) non è
muscolo , perché l’impalcatura ossea nel cuore non c’è, però c’è lo scheletro fibroso seno la forza
non si sviluppa (concetto di Archimede, devi avere sempre un punto). Per avere dei punti di
appoggio ci sono i setti fibrosi (anche se quello ventricolare è quasi tutto muscolare) e soprattutto
l’ anello tricuspidalico e quello mitralico. Però il collagene non trasmette l’ impulso, non è una
miofibrilla che può una volta cambiata di potenziale per contiguità “spalla spalla” trasmettere
l’impulso alla fibrocellula successiva(sincizio). Quindi o se arrivi su una cicatrice (infarto) o su una
fibrosi che si può avere, quell’impulso in quella direzione si ferma . Qui è fisiologico perché ci sono
delle fibre di collagene che fanno i due anelli e allora normalmente se non ci fosse il nodo AV e il
fascio di His che “buca” uno di questi anelli , buca nel senso che l’anello non si salda là e c’è
miocardio di lavoro che è contiguo e continua con il miocardio atriale verso quello ventricolare,
questo permette all’impulso di scendere . Se questi anelli non si saldano in un altro punto questa
contiguità è presente anche in un altro punto e allora che cosa si ha? Il problema del fascio
accessorio di Kent nelle pre-eccitazioni ventricolari, riguarda i giocatori che muoiono
improvvisamente sul campo. Comunque può capitare che questo anello oltre a non chiudersi dove
ci passa il fascio di His può non saldarsi sia lungo l’anello tricuspidalico ma anche nell’anello
mitralico può non chiudersi in un altro posto e quindi la continuità e la contiguità delle fibrocellule
atrioventricolari si ha anche in un altro posto e questo crea il fascio accessorio rispetto al fascio di
His che è causa di aritmie , questa anomalia anatomica è la fonte delle aritmie della preeccitazione ventricolari e si ha quando c’è questo errore di chiusura. Perché pre-eccitazione,
perché quella zona di contiguità si eccita più velocemente del nodo? Si, perché la stazione nodale
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per motivi di evoluzione è una stazione di rallentamento. Le aritmie atriali sono più frequenti di
quelle ventricolari, se l’atrio va a 300 e non c’è un nodo che frena per esempio nella fibrillazione
atriale va a 700, se non ci fosse questo filtro nodale arriverebbero 300 impulsi al ventricolo e
quando un ventricolo è troppo veloce ha meno tempo per riempirsi, questo è un altro concetto
fondamentale. Se un ventricolo è troppo rapido non si riempie e non funziona come deve
funzionare, si va in fibrillazione ventricolare, cioè cuore che va talmente veloce che non ha il
tempo di riempirsi diastolicamente(diastole 2/3 della sistole). La via accessoria il nodo non ce l’ha
quindi l’impulso corre di più non è frenato ed ecco perche si chiama di pre-eccitazione perché
quella zona viene eccitata elettromeccanicamente PRIMA. Dopo il fascio di His ci sono le branche
che sono delle “autostrade”, volgari fibrocellule di lavoro, non hanno un potenziale diverso che
adesso vedremo invece è presente nei nodi perché devono essere diversi come capacità
eccitatorie, mentre la fibrocellula meccanica sia dell’atrio che del ventricolo ha un potenziale di
azione di 4 fasi, come abbiamo visto precedentemente, His e le branche non sono
anatomicamente diverse dal miocardio di lavoro però hanno una caratteristica importante che
presuppone una vostra conoscenza di fisica: esiste in fisica una capacità di conduzione in alcuni
conduttori che è diversa in senso assiale rispetto a quello trasversale. C’è una diversità di
conduzione che esiste anche per le fibrocellule miocardiche che hanno una capacità di far
viaggiare questa depolarizzazione in maniera diversa se sono orientate lungo l’asse (4-5 volte più
veloce ) o se sono orientate trasversalmente. Se le fibrocellule hanno la stessa direzione, quel
fascetto condurrà l’impulso più velocemente rispetto ad un orientamento irregolare. Miocardio di
lavoro è un sincizio. Se noi diamo per scontato questa proprietà della fibrocellula di condurre
meglio in senso assiale che trasversale , tutte le fibrocellule orientate nello stesso senso hanno una
capacità molto più elevata rispetto al circostante sincizio. Questo è quello che succede nell’His e
nelle branche, sono uguali alle cellule adiacenti, però formano un fascetto, un’autostrada . Mentre
le altre (fibrocellule) stanno capendo che fare loro hanno già trasmesso l’impulso all’apice e
creano la contrazione fisiologica apico-basale dei ventricoli. Quando una di queste branche si
rovina, il ventricolo si contrae lo stesso però non tardi e non con quella uniformità (noi vogliamo
che quella contrazione sia armonica dall’apice alla base). Si possono impiantare dei
resincronizzatori , sono defibrillatori pace-maker con tre cateteri che si usano soprattutto nei
blocchi di branca sinistra perché la branca sinistra porta l’impulso all’apice del ventricolo sinistro e
alla parete laterale. Se c’è blocco di branca sinistra l’impulso arriva tramite la branca destra però il
setto anatomicamente viene molto prima della parete laterale quindi viene stimolato prima il
setto e poi 70-80 msec dopo la parete laterale. In presenza di questa disarmonia la funzione di
pompa cambia, movimento non sincrono riduce l’efficienza di quella pompa. Andiamo a migliorare
lo scompensato con la risincronizzazione non aumentando la forza di contrazione in un cuore che
sta già una “schifezza” , cioè utilizzando armonicamente la forza. “I gruppi che non si armonizzano
nelle loro diversità sono condannati a finire”. L’armonia nella contrazione del ventricolo sinistro
non cambiando la forza migliora l’efficienza della pompa ( terapia della risincronizzazione) cioè si
mette un altro catetere in quel ventricolo nel caso di branca bloccata per ovviare a quella
asincronia/disarmonia setto-parete laterale dovuta al fatto che l’impulso non viaggia più secondo
il sistema canonico. I pot. d’azione non sono tutti uguali , c’è anche qua un motivo:se io devo
creare un’orchestra io leggo la partitura e vi devo dare l’armonia e la sincronia ma io devo avere
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un attimo prima la partitura e ve lo devo dire un attimo prima, quindi mi devo depolarizzare e
ripolarizzare un attimo prima di voi. Allora il pot. d’ azione dei nodi che sarebbero le strutture da
cui partono gli impulsi ovviamente è più breve, diverso ,non ha le 4 fasi , è un potenziale solo
calcio dipendente , sono costituiti da cellule muscolari che si sono adattate e perdendo il canale
del sodio ed avendo una depolarizzazione più rapida hanno la capacità di avere una frequenza di
ripolarizzazione un attimo prima delle altre (concetto del periodo refrattario). C’è un periodo in
cui tu non sei stimolabile perché non hai recuperato la tua eccitabilità. Però una volta uscito da
questo periodo refrattario devi avere l’impulso, per essere armonizzato, da una struttura che l’ha
recuperato prima di te perché seno sorge l’extrasistole ed ecco perché l’aumento della frequenza
genera la riduzione delle extrasistole . Se invece io disperdo lentamente l’impulso do più
facilmente tempo a qualche gruppo cellulare anomalo di ripolarizzarsi prima di me e di dare lo
stimolo da quel punto perché l’extrasistole è una sistole che parte da un punto diverso dal
normale sistema His-Purkinjie perché quel gruppo cellulare ha preso il sopravvento ed è riuscito ad
eccitarsi prima e per quel concetto di contiguità, anche in maniera anomala al di fuori del fascio di
His eccita i tessuti vicini e quindi ottieni la contrazione. Ricordiamoci che i nodi hanno un
potenziale più semplice , non hanno il canale del sodio mentre le altre cellule hanno il classico
potenziale a 4 fasi. Allora in alcune zone della membrana di una fibrocellula il potenziale è
invertito ,sulla membrana dove prima c’era positività incomincia a sorgere una negatività, la parte
terminale non ha ancora avuto l’impulso c’è quindi una differenza di potenziale di superficie ed è
quello che andiamo a cercare con l’ECG, cioè la somma di questi eventi . Ogni fibrocellula durante
la depolarizzazione cambia il suo potenziale extracellulare di superficie e cambiandolo in maniera
non contemporanea crea una corrente, un dipolo vuol dire una differenza di potenziale tra la parte
che si è già attivata e la parte terminale , una microcorrente che ha un orientamento vettoriale in
un senso, già adesso capite che se tutte le fibrocellule sono allineate quella corrente somma è più
lunga, se non sono allineate quel vettore sarà diverso. Noi sull’ ECG andiamo a vedere la
sommatoria vettoriale di questi eventi. Per esempio se il ventricolo sinistro è ipertrofico ha più
cellule e avrà un vettore più grosso rispetto ad un ventricolo normale . Noi andiamo a misurare la
somma di queste microcorrenti che si ottengono fino a quando non c’è la depolarizzazione totale e
poi incomincia l’ evento della ripolarizzazione cioè dal punto in cui si è depolarizzato ritorna alla
positività iniziale. Questa corrente è di uguale intensità però se andiamo a cercare lo spostamento
di cariche mentre qua si spostano cariche positive perché negativo diventa questa zona quando si
depolarizza, qui è l’ inverso si spostano cariche negative. Se io facessi un vettore dell’ attività
elettrica di una fibrocellula muscolare isolata avrei un vettore di 3 cm cosi per la depolarizzazione
ed un vettore opposto per la ripolarizzazione. Nell’ ECG questo non avviene perché l’ evento della
ripolarizzazione non sarà la somma vettoriale negativa di una somma vettoriale positiva che è la
depolarizzazione, cioè quando io andrò a valutare la depolarizzazione somma , il vettore somma
del ventricolo sinistro, QRS tanto per capirci . QRS esprime attività elettrica ventricoli, quella è una
somma di vettori quindi ha l’orientamento a seconda di come sta. Io dovrei trovare l’onda di
ripolarizzazione onda T di segno opposto, ma non è cosi la T negativa è ischemica , patologica.
come è possibile? Se la fibrocellula non è singola ma un insieme di fibrocellule e l’evento di
ripolarizzazione guarda caso non avviene contemporaneamente nelle stesse modalità della
depolarizzazione. Cioè qua si presuppone che la ripolarizzazione riprenda dallo stesso punto in cui
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si è depolarizzato. Nel Miocardio di lavoro si sviluppano pressioni all’incirca di 120mmHg, negli
strati sotto endocardici ci sono fibrocellule sottoposte ad una pressione elevata ben diversa dagli
strati epicardici e guarda caso la ripolarizzazione avviene prima negli strati epicardici e poi negli
strati sub endocardici.(ventricolo sinistro ha spessore di quasi 3 cm). Dunque depolarizza prima lo
strato sub endocardico allora il vettore di depolarizzazione e dall’endocardio verso l’epicardio , le
fibre delle branche scorrono nel sub endocardio l’attività di depolarizzazione di attivazione ha il
verso endocardio – epicardio. Se le prime a ripolarizzarsi fossero quelle dell’endocardio noi
dovremmo avere il vettore in senso opposto perché le cariche che si spostano sono negative . Non
è cosi perchè la ripolarizzazione segue un opposto orientamento, molto probabilmente perchè le
fibrocellule sub endocardiche sono sottoposte a quella pressione e quindi sono più lente nella loro
attività quindi l’onda T(ripolarizzazione) è normale quando ha lo stesso orientamento del QRS,
diventa negativa quando si perde questa normale differenza di tempo nella ripolarizzazione.
Quindi normalmente si ripolarizzano prima le cellule epicardiche che sono state le ultime a
depolarizzarsi, però quando succede ischemia allora questa inversione che porta alla T positiva
non avviene più perché le cellule epicardiche sono ancora più lente di quelle endocardiche ed
allora si ricrea questo concetto vettoriale dell’evento opposto(solo in condizioni patologiche). La
contiguità fa si che quelle micro correnti si trasferiscano , il dipolo si propaga e si forma il vettore
somma. (il prof analizza le varie derivazioni): L’apparecchio quando arrivano cariche positive va
verso l’alto viceversa verso il basso , il vettore nella depolarizzazione abbiamo detto che sposta
cariche positive , se oriento i due elettrodi nel senso del vettore in faccia analizzerà il polo positivo
e quindi innalzamento , la coda sarà negativa( le cariche positive se ne stanno andando) e quindi il
pennino andrà verso il basso. Se l osservazione la faccio in senso trasversale io avrò prima una
parte positiva e per un'altra parte è negativa. L’analisi dell’ ECG va sempre collegata al tipo di
derivazione che si fa. Se io in quella derivazione vedo una positività e una negatività vuol dire che
sto di tramezzo, di traverso al vettore somma che sto analizzando. Se il vettore è tutto positivo
vuol dire che ci sono in “faccia” . Questo è un ECG di base (slide) , risultante vettoriale di tutto . Le
onde si chiamano PQRST, perché P sta per primum le altre sono le lettere alfabetiche successive.
Onda P è attività atriale, onda QRS è attività ventricolare che è un insieme di vettori ( l’impulso è
complesso) , poi l’onda T di ripolarizzazione che ha lo stesso senso.
Prima esisteva solo il triangolo di Einthoven. Come si posizionano gli elettrodi? spalla destra:
negativo nella prima derivazione, negativo nella seconda e negativo nella terza.
Spalla sinistra positiva nella prima derivazione negativa nella seconda
Al centro: è sempre positivo. In queste derivazioni la positività del QRS dipende da come avete
posizionato positivo e negativo. Se vediamo un QRS negativo in D1 le ipotesi sono due: o abbiamo
posizionato male gli elettrodi oppure destrocardia . Se invece c’è QRS senza P si è in presenza di
tachicardia ventricolare che parte dal ventricolo sinistro perché è ovvio che se l’attività elettrica
parte da sinistra nella registrazione in D1 . Normalmente parte da destra e va verso sinistra. La P in
D2 se l’attività elettrica parte normalmente dal nodo SA va incontro al centro e quindi deve essere
positiva in D2 e D3. E se io trovo una P negativa in D2 e D3 significa che c’è un'altra stazione di
servizio “ c’è un ritmo giunzionale “. Attività elettrica dell’atrio viene vista opposta cioè parte dal
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basso, ed in basso stanno tutte e due le positività. La tecnologia ha permesso di amplificare
l’impulso elettrico , si è passati all’unipolarismo: Avr(visione amplificata dell’evento elettrico dalla
spalla destra), aVl(visione amplificato dell’evento dalla spalla sinistra), Avf(dai piedi).
V1,V2,V3,V4,V5 sono tutte unipolari che noi distribuiamo lungo il torace per avere un’immagine a
corona.
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Cardiologia, Lezione 3
Grazie ad
Prof. Santangelo, 14/10/2013
Attilio Lieto
Somma Vettoriale
Le registrazioni periferiche e precordiali esprimono la somma vettoriale delle depolarizzazioni
elettriche locali
Esempio pongo su un lato di un tavolo tre ragazzi e sul lato opposto due ragazze e li invito a tirare il
tavolo verso di sé : il tavolo si muoverà nella stessa direzione e con lo stesso verso della somma
totale delle forze applicate da ciascun ragazzo/a; quindi in questo caso il tavolo si sposterà in
obliquo più dal lato dei ragazzi che esercitano una forza maggiore.
Se equilibrio le forze ai due lati del tavolo (ponendo per esempio due ragazze più un ragazzo da un
lato e dall’ altro solo due ragazzi) il tavolo non si muoverà xk la risultante(somma vettoriale) delle
forze = 0.
Questo esempio ci permette di comprendere per cui nell’ ECG e composto Onde e Tratti
Isoelettrici (voltaggio=0 cioè che non va né verso l’alto né verso il basso considerando che l’ ECG
è tarato in modo che qualunque attività positiva che vada verso l’elettrodo esplorante di carica
positiva viene soprascritta dal pennino e ogni attività negativa viene sottoscritta)
Avere una linea isoelettrica non vuol dire che non ci sia attività elettrica cardiaca (che manca
ovviamente in caso di morte) ma che la risultante delle forze elettriche sia pari a zero.
ANALISI ECG
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Onda P: onda di attività striale. Sarà positiva se in una data derivazione l’elettrodo esplorante
positivo vede arrivare il vettore di depolarizzazione atriale che sposta cariche positive(cellula
normalmente e negativa all’interno e positiva all’esterno quando si depolarizza si crea un fronte
d’onda/vettorino che sposta le cariche positive invertendo nella fase di completa depolarizzazione la
carica elettrica di superficie. Vettori di ogni cellula si vanno a sommare e se l’elettrodo guarda
arrivare il vettore somma risultante allora avrò un innalzamento del pennino onda positiva)
Tratto isoelettrico PQ: esprime rallentamento conduttivo nodale ma c’è anche contemporaneamente
il recupero dell’elettricità degli atri(tratto ST-T dell’atrio. In passato diagnosi di infarto atriale
vedendo onda T invertita dell’atrio espressione di anomala ripolarizzazione atriale; oggi solo con
ecografia)
Complesso QRS : depolarizzazione ventricolare dall’ apice verso la base più verso sinistra
(ventricolo sinistro ha massa miocardica maggiore)
È Rapida (2 quadratini=80msec)
Tratto isoelettrico ST:
mentre la depolarizzazione va dall’ interno verso l’esterno la ripolarizzazione dovrebbe avvenire
nello stesso senso ovvero le prime fibrocellule a depolarizzare sono anche le prime a ripolarizzare
ma ciò non avviene nel cuore in toto probabilmente per gradiente pressorio(fibrocells
sottoendocardiche esposte alla pressione del flusso ematico sono più lente) e nel normale la
ripolarizzazione avviene dall’esterno(sottoepicardio) verso l’interno(sottoendocardio) o quasi.
c’è una prima fase in cui attività ripolarizzante si elide perche inizia da sopra ma anche da sotto e
quindi le forze elettriche che stanno ripolarizzando si bilanciano (linea isoelettrica)
PATOLOGIA
QRS più largo/ Blocco di Branca Sinistra(BBS)
Attivazione/Depolarizzazione del ventricolo sinistro avviene ma non tramite la branca sinistra ma
tramite il ventricolo destro(sincizio miocardico) ed è quindi più lenta.
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REPERTI CARATTERISTICI DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA : Ischemia,Lesione,Necrosi
Ischemia/Onda T negativa
Ritardo della ripolarizzazione degli strati interessati di solito sottoepicardici in quanto diventano
torpidi a causa dell’ischemia per cui ripolarizza prima il sottoendocardio e ciò comporta che la
normale T che e positiva (poiché i primi strati a ripolarizzare sono quelli epicardici)in questo caso è
negativa perche il vettore elettrico va dall endocardio all’epicardio come se fosse l’espressione del
vettore di ripolarizzazione della singola fibrocellula (in cui depolarizzazione ti crea uno spike in
salita e la ripolarizzazione ti crea uno spike in discesa in quanto parte dallo stesso punto della
depolarizzazione ma con segno opposto)
Lesione/ST non isoelettrico
Oltre ad alterata ripolarizzazione avrò anche ritardo della depolarizzazione.
Mentre cellule sane si stanno gia ripolarizzando le cellule lesionate non si sono ancora depolarizzate
e si crea un QRS accessorio/tardivo .
zona in cui si sta creando necrosi (in cui c’è lesione ischemica) non si ripolarizza e allora
prevalgono le zone che ripolarizzano e nelle derivazioni che guardano quel rallentamento di tempi
della depolarizzazione si ha un movimento dell ST in sopra o in sotto a seconda dell’estensione
della zona lesa (infatti le sindromi coronariche acute si dividono in STEMI/con sopraslivellamento
del tratto st e NSTEMI/senza sopraslivellamento)
Q di Necrosi
Se c’è una situazione necrotica nel ventricolo a tutto spessore l’ elettrodo esplorante in quella zona
non vede attività elettrica che dall’endocardio va verso l’epicardio quindi non vede il QRS che
sale(sale perche c’è vettorino che porta cariche positive dall’interno/endocardio
all’esterno/epicardio) se quella fettina di tessuto è morta quella finestra elettrica diventa un punto in
cui io guardo l’attività elettrica della parete opposta che dall’interno va verso l’esterno e che
normalmente è bilanciata da quella che mi viene incontro; quest’ultima pero non c’è più e quindi
vedo solo il vettore che va via (negativo) Q negativa di necrosi: in più derivazioni la osservo più
estesa è la necrosi
È un’onda tardiva e in IMA può non esserci(come può non esserci ST sopraslivellato) tant’è vero
che per fare diagnosi guardo enzimi/proponine perché può capitare che tracciato sia normale quindi
trattengo il paziente in caso di sospetto.
In IMA dopo alcune ore inizio a vedere ST dislivellato poi T ischemica e infine Q di necrosi.
Rispetto all’ ECG di un singolo cardiomiocita anche la somma vettoriale può essere riconducibile a
una fase di depolarizzazione (sistole elettrica) e una fase di ripolarizzazione(diastole elettrica
espressa dal tratto ST-T) che corrispondono a una sistole meccanica (che non sara 80 msec ma un
po’ di più) ed una diastole meccanica.
Sistole= 1/3 ciclo cardiaco Diastole = 2/3 ciclo cardiaco
È importante che la diastole sia più lunga perché l’efficienza di una pompa non è solo nella forza
che sviluppa ma anche nella capacità di riempimento.
Scompenso: equilibrio emodinamico del paziente non viene più assicurato.
la funzione di pompa che deve assicurare una gittata per nutrire i nostri tessuti non sarà in equilibrio
e questo avviene a volte in cuori che mantengono la capacità sistolica Scompenso Diastolico che
si avrà nei seguenti casi:
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Cardiomiopatia ipertrofica
Ventricoli geneticamente predisposti a riprodurre le proprie fibrocellule in maniera scoordinata per
cui aumenta lo spessore e al tempo stesso la rigidità per cui non si dilata bene nonostante la capacità
contrattile sia mantenuta. Quindi l’efficienza del cuore è ridotta in quanto viene meno la
componente diastolica--> insufficienza diastolica che è impossibile da curare perché non si può
ridare elasticità al miocardio che si è irrigidito ed è quindi più grave dell’insufficienza cardiaca
sistolica che invece può essere curata con inotropi positivi
Ipertensione
Ipertrofia ventricolare sproporzionata-->perdita elasticità--> insufficienza Diastolica-->Scompenso
SISTEMA DI CONDUZIONE
Nodo SA
Atrio sinistro tramite il Fascio di Bachmann: non è un vero e proprio tessuto di
conduzione specifico ma sono fibre del tetto atriale tutte più o meno orientate nella
stessa direzione e hanno più o meno il senso del fascio di His.
L’ Anisotropia conduttiva delle fibrocellule fa si che sia 5 volte più rapida la
velocità di conduzione dell’impulso lungo l’asse rispetto alla sezione traversa,per
cui se metto tutte le fibrocellule in tal senso creo un’autostrada che mi darà una
conduzione prioritaria dell’impulso nella zona alta dell’atrio sinistro (cosi come
l’impulso parte dalla zona alta dell’atrio destro affinché la contrazione si verifichi
dall’alto verso il basso facendo defluire il sangue nella giusta direzione)
Nodo AV
Fascio di His che per poter attraversare l’anello fibroso che separa gli atri dai ventricoli passa
attraverso un’incompleta saldatura del setto vicino al lembo posteriore della tricuspide.
Branca sinistra e Branca destra
Branca sinistra depolarizza il setto.
La prima attivazione ventricolare quindi è settale:la natura ha considerato più importante il setto
sinistro (il setto è formato tutto dalla parete del ventricolo sinistro,il destro non esiste) e quindi
l’attivazione del setto avviene da sinistra verso destra e da questo orientamento nasce un piccolo
vettore che ha direzione (sinistra->destra ) opposta al vettore dell’attivazione principale dei
ventricoli (alto->basso ; destra->sinistra).
Onda Q(che vuol dire onda negativa) è espressione di questo piccolo vettore che si oppone a quello
principale che sposta cariche positive verso sinistra (posto che ci troviamo in DI e quindi guardi il
vettore con una positività verso la spalla sinistra)
Nel Blocco di Branca sinistra incompleto il primo a saltare è questo vettorino
All’ ECG possiamo trovare quindi un segno dell’iniziale depauperamento della capacità conduttiva
della branca sinistra.
Poi si attivano gli apici e poi la base che è negativa perché l’impulso elettrico dagli apici sale verso
l’alto.
Complesso QRS normale presuppone una prima onda Q negativa.
In caso di infarto e io sto guardando da un buco di una finestra elettrica io avrò solo onda Q
completa perché l’RS viene sostituito dai vettori che stanno scattando dall’altra parte
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Onda S è un onda negativa infatti si parla di QS(onda Q e onda S si sommano) x es. presenza di QS
in V3 V4 V5 vuol dire infarto anteriore
Frequenza Cardiaca tramite ECG: varie formule
L’ ECG in ogni derivazione è una ripetizione monomorfa: in ogni derivazione vedrò onde che si
ripetono con la stessa forma,la stessa frequenza…se c’è qualcosa di diverso o di anticipato ho
qualcosa che è extrasistolico
Extrasistole :battito in più anticipato che non ha dato il tempo al cuore di riempirsi bene quindi al
polso sento un battito in meno(elettricamente è un plus mentre al polso è un minus x un fenomeno
emodinamico) perciò l’extrasistole si sente col fonendoscopio.al polso sentirò solo l’irregolarità
Anche per sentire la frequenza di una fibrillazione atriale non sento il polso perché tutti i battiti
precoci non li sento.
prima dell’ ECG per fare diagnosi di fibrillazione atriale si faceva la differenza cuore-polso: sentivo
la differenza tra la frequenza centrale/cuore e quella periferica/polso es. freq centr=90 bpm e freq
perif = 60 bpm irregolari --> diagnosi di fibrillazione atriale e non di extrasistolia perché troppo
frequente
Extrasistole nasce da un centro ectopico dell’atrio o del ventricolo (esiste anche un extrasistole del
nodo del seno ma questo lo lasciamo agli elettrofisiologi) ed è caratterizzata da un battito precoce
con morfologia alterata all ECG.
Extrasistole atriale
-Onda P non sinusale diversa : es.se il centro ectopico è nell’atrio sinistro il vettore corrispondente
alla depolarizzazione atriale andrà da sinistra verso destra ovvero sarà opposto rispetto a quello
normale e quindi onda P negativa
-QRS normale a meno che il battito atriale arrivi cosi precocemente all’His e trova una delle due
branche refrattarie e crea o un Blobbo di Branca Dex(BBD o un Blocco di Branca Sinix(BBS) -->
Onda Q aberrante
-Pausa compensatoria(intervallo che separa i due QRS normali): impulso che parte da pace-maker
extrasistolico atriale depolarizza anche il Nodo SA scaricandolo
Extrasistole ventricolare
-Onda P non c’è perché l’impulso parte da un centro ectopico ventricolare
-QRS anomalo da ectopia ventricolare
Es. impulso parte da centro ectopico nel ventricolo destro,non passa attraverso sistema His-Purkinje
come se l’impulso partisse da sopra e ci fosse un BBS--> morfologia dell’ extrasistole(QRS) è a
Blocco di Branca Sinix
Nella normalità QRS stretto dato dalla contemporanea attivazione e contrazione dei due ventricoli
(con la predominanza del sinistro più grosso)
Nel BBS avremo un attività elettrica ventricolare alterata: rapida attivazione ventricolo destro e
attivazione tardiva del ventricolo sinistro per delle vie che non sono il normale tessuto di
conduzione.(QRS più largo)
L Extrasistole che parte dal miocardio ventricolare destro simula il BBS perché impulso non segue
vie di conduzione e ventricolo sinistro si attiva come da BBS
Extrasistole atriale (QRS)aberrante può avere stessa morfologia (a BBS) dell’extrasistole
ventricolare
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---> Diagnosi differenziale:
-ricerco Onda P che manca nel caso di ectopia ventricolare e che è anomala in caso di ectopia atriale
TRIANGOLO DI EINTHOVEN
Einthoven non aveva la possibilità tecnica di fare rilevamenti unipolari perché erano correnti troppo
basse; bisognerà aspettare le aVR aVL aVF che sono le derivazioni amplificate
Agli inizi del ‘900 si poteva solo mettere un soggetto con elettrodi positivi da un lato e negativi
dall’altro e fare delle derivazioni bipolari.
Einthoven mette cuore al centro di tre derivazioni/punti di osservazione e stabili arbitrariamente
che:
-DI positiva al braccio sinistro e ne gativa al braccio destro
-DII positiva in basso e negativa al braccio destro
-DIII negativa al braccio sinistro e positiva in basso
Sono state scelte arbitrarie in modo che un tali derivazioni potessero essere lette in maniera simile
da tutti
Scelta di tre punti di vista per vedere varie caratteristiche vettore (direzione,modulo,verso)
Es. se mi metto sulla stessa direzione del treno vedrò solo un puntino senza sapere né la velocità né
il verso (rischio di prendere il treno in faccia !)
Asse Elettrico Ventricolare
È la Somma vettoriale della depolarizzazione dei ventricoli e poiché prevale il ventricolo sinix
rispetto al dex sarà un vettore di cariche positive che va verso la punta del ventricolo sinix
Grazie al triangolo di Einthoven posso misurare l’asse elettrico nelle varie derivazioni :
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PATOLOGICO
Ipertrofia ventricolare sinistra(la più frequente)
predomina parte sinistra e vettore asse elettrico si sposta verso sinistra(deviazione assiale)
DI il tratto registrato sarà più lungo
DIII il tratto registrato sarà negativo
Broncopneumopatia cronica ostruttiva ipertrofia ventricolo destro
Vettore asse elettrico tenderà ad andare verso il centro
FISIOLOGICO
-Brachitipo grassottello di una certa età il cuore è più orizzontale e vettore asse elettrico è verso
sinix senza essere ipertrofico
-Longitipo giovane ha asse verticalissimo (perché cuore a goccia) senza avere una ipertrofia
ventricolare dex
Quindi i segni elettrici vanno contestualizzati al soggetto in esame
Derivazioni unipolari:metto solo rilevatore positivo e il negativo non lo metto perché amplifico
talmente che posso anche avere una terra(che poi è la gamba destra) in questo modo l’eventto
elettrico lo vedo solo da un punto.
Avremo le periferiche unipolari aumentate di Goldberger (aVR aVL aVF) e le unipolari precordiali
di Wilson.
Per l’osservazione unipolare è estremamente importante dove colloco gli elettrodi.
In DI il QRS è formato da
Onda Q negativa corrispondente a depolarizzazione settale
Onda R positiva
//
//
dell’apice
Onda S negativa
//
//
della base
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Quindi il Complesso QRS è uno sviluppo dell’attività vettoriale elettrica che non è contemporanea
perché il fascio di His-Purkinje lavora in tempi diversi: prima si attiva il setto poi l’apice poi la
base. Ecco perché in BBS e in BBD c’è slargamento del QRS.
ALTERAZIONI DELL’ONDA P
Onda P: somma dell’onda P legata alla depolarizzazione dell’atrio dex e dell’onda P dell’atrio sinix
Stenosi Mitralica
Atrio sinix risente del gradiente pressorio che crea la stenosi mitralica e si dilata.
L’atrio non è come il ventricolo che per aumentare la sua forza si ipertrofizza ma appena comincia a
trovare un ostacolo si dilata (cuore umano simile a quello del maiale in cui spessore atriale=circa 3
mm ) e il sincizio diventa disomogeneo(posizione delle fibrocellule cambia)--> l’impulso elettrico
troverà i miocardiociti dell’atrio sinix non ordinati come al solito e impiega più tempo a
depolarizzarli --> depolarizzazione atrio dex e sinix non più sincrona --> si slarga un lato della P:
P Mitralica (a “M”)..
p.s. se abbiamo onda P all’ecg e facciamo un’ecocardiografia sicuramente l’atrio non sarà normale
ARITMIE dovute a : - alterata formazione dell’impulso
- alterata conduzione dell’impulso
- ESALTATO AUTOMATISMO (es:
TV da ischemia acuta)
- POST-POTENZIALI (es: TdPLQT, RIVA da riperfusione)
- MECCANISMO DI RIENTRO
(Macrorientro es: TV monomorfa
da cicatrice
Rientri multipli es: FV)
ARITMIE ATRIALI PRINCIPALI
1) FIBRILLAZIONE ATRIALE
È un’attivazione elettrica dell’atrio completamente scomposta.
Generalmente capita in quelle patologie dove si ha dilatazione atriale:
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-
Ipertensione arteriosa--> ventricolo sinix rigido-->aumento pressione telediastolica-->atrio
sinix si dilata
Stenosi mitralica
Insufficienza mitralica
Cardiomiopatia dilatativi
Tutte queste cardiopatie dilatando l’atrio determinano perdita dell’assonometria delle fibrille-->
l’impulso elettrico và a zig-zag perché non è più ordinata la sua depolarizzazione
Es. Butto la pietra in un lago e se non ci sono canne formo dei cerchi concentrici che se ne
vanno; se in una zona del lago c’è un canneto e butto la pietra quando l’onda madre arriva
vicino alle canne si spezza in tante piccole onde e quindi l’attivazione dell’acqua del canneto è
estremamente irregolare
Nell’atrio avviene la stessa cosa: si creando queste piccole onde/rotori che danno un attivazione
caotica--> atrio non segue più ritmo sinusale ma (rotori?) si riattivano tra di loro.
Da un punto di vista meccanico ci sarà perdita della contrazione atriale (contrazione a sacchetto
di vermi).
Domanda: l’ammalato sta sempre male?? Risposta: “Dipende!”
Il soggetto giovane con cuore sano si accorge della palpitazione però non sta male
perché il contributo atriale è minimo rappresentando il 25% della sistole ed essendo sano può
adeguarsi in altra maniera.
Il cuore già malato non può adeguarsi e ne risente .
Domanda: Che frequenza ha questa fibrillazione atriale? Risposta : “Dipende!”
C’è Il Nodo che non permette a tutti gli impulsi caotici di arrivare al ventricolo
Nel soggetto giovane spesso conduce bene quel nodo quindi ha una fibrillazione atriale a 180 di
frequenza e può non sentirsi bene perché una frequenza troppo alta con irregolarità dell’ R-R
riduce la capacità di riempirsi del cuore e la gittata al minuto si riduce.
Quindi nel giovane sano la fibrillazione può dare problemi per riduzione della gittata ma non
per il mancato contributo atriale; invece nel paziente malato che già parte da un 20/30% della
frazione di eiezione venendo meno anche il contributo atriale e il sincronismo atrio-ventricolare
va in scompenso(perdendo tutto il compenso ottenuto farmacologicamente)
Altre conseguenze(sia nel soggetto sano che in quello malato): Atrio fibrilla e non si contrae-->
sangue rallenta e staziona in auricola dove gia normalmente la velocità del flusso è ridotta
essendo un ansa all’interno dell’atrio --> piastrine non possono essere lavate via dal flusso si
aggregano e sangue coagula--> rischio di trombo
-trombo nell’auricola dex non si muove,a meno che non si crei un trombo enorme in safena che
abbia come conseguenza un’embolia polmonare che ti ammazzi.
-trombo nell’auricola sinix se si mobilizza và attraverso la via carotidea in testa-->ictus
Il paziente và messo in “scoagluazione”: terapia anticoagulante,in soggetto fibrillante, a vita con
warfarin/coumadin(Adesso è uscito anche un farmaco,il???,per via orale che non modifica la
cascata e quindi il tempo di protrombina,l’INR che invece si tiene sotto controllo nel warfarin).Non
va bene terapia antiaggregante (con eparina,aspirina) perché non basta in quanto anche se le
piastrine non si aggregano il sangue si coagula(attivazione del fibrinogeno)
Opzione per non fare il coumadin: occlusione dell’auricola sinix in soggetti fibrillanti a rischio
trombogenico con device(forma a ombrellino) che dalle vene della gamba arriva all’atrio sinix
passando attraverso il setto interatriale. Ci sono rischi in quanto è una struttura metallica che poi si
chiude.
p.s. non si sa funzione precisa dell’Auricola
Auricola dex serve per mettere il catetere o il pace-maker (infatti nei pazienti operati per qualunque
problema cardiochirurgico per mettere cuore in extracorporea taglio auricola e metto cannula di
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aspirazione.quando esco dall’extracorporea e richiudo asporto l’auricola -->quando devo mettere
pace-maker non lo posso più agganciare in auricola dex che manca e devo mettere un catetere a
vite)
All’ECG
-Onda P non c’è: si vede un allontanamento dall’isoelettrica senza una vera onda P
- presenza di irregolarità perché battiti passano da atrio a ventricolo a seconda della disponibilità del
nodo
2)FLUTTER ATRIALE
Aritmia atriale in cui attività elettrica non è totalmente disorganizzata.
Il Flutter è un attività atriale rapida organizzata che si scatena nel ventricolo 2:1 , 3:1 a seconda
dell’ disponibilità del (nodo?) però c’è l’atrio che più o meno si contrae (a differenza della
fibrillazione)
All’ECG per anomalie degli atri l’Onda P si incanala in un circuito nell’atrio destro costituito
da: l’ostio del seno coronario,la cava inferiore (che sono porzioni di tessuto inerte) e la cresta
terminale
ARITMIE VENTRICOLARI
1)Tachicardia ventricolare ischemica
2)Flutter ventricolare
3) Fibrillazione ventricolare
ARITMIE ATRIO-VENTRICOLARI
Cercine fibroso mitralico-tricuspidale non si salda bene-->vengono in contiguità le cellule
muscolari dell’atrio con quelle del ventricolo-->si crea una via di conduzione che normalmente non
c’è (via accessoria)--> quel ventricolo sarà attivato da una parte dal fascio di his-purkinje e
dall’altra parte da una via accessoria--> scatta meccanismo di Rientro
Meccanismo di Rientro
Alla base dell’aritmologia moderna (scoperto da Medle negli anni’70).
rappresenta la base elettrofisiologica di più aritmie(tachicardia ventricolare;flutter;tachicardia da
rientro nodale; tachicardia da rientro della pre-eccitazione ventricolare)
Impulso si genera normalmente,è la conduzione che è alterata.
Si manifesta quando sono presenti tre condizioni
I CONDIZIONE: PRESENZA DI UN CIRCUITO
in cui questo evento elettrico possa rientrare(esempio di circuito:una pista che gira attorno ad
un’isola non attraversabile)
È un meccanismo di riciclaggio automatico dell’impulso in una struttura cardiaca caratterizzata
da un circuito.
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Le strutture cardiache caratterizzate da un circuito normalmente non ci sono ma si possono
creare:
A) natura sbaglia e crea anomalie
A.1 dualità nodale(un nodo con una differenza sostanziale tra le due vie afferenti)
A.2 dualità per presenza di una via accessoria(alterazione anulus mitralico e presenza di un
fascio di Kent)
Nel Kent il circuito è costituito da: branca di his normale, via accessoria e chiudono il circuito
l’atrio e il ventricolo.tale circuito è isolato dagli anelli tricuspidalici
B) Patologia crea anomalie
B.1 Infarto in un ventricolo può creare un circuito intorno alla sua cicatrice che è muta però i
fenomeni cicatriziali (ispessimento della cicatrice) distorcono tessuto circostante modificando
assonometria delle fibrocellule rendendo questa zona di miocardio circostante la cicatrice
vulnerabile ai rallentamenti(il tessuto circostante è sano ma lento in alcune zone) ->tachicardia
ventricolare ischemica
Molti ischemici che vanno in unità coronaria o anche che dopo l’infarto,a infarto guarito, hanno
la tachicardia ventricolare.
Il cuore comincia a correre in maniera autonoma perché si creano i presupposti di una
attivazione rapida reciprocante nel ventricolo per meccanismo di rientro.
II CONDIZIONE : RALLENTAMENTO DI UNA DELLE DUE VIE DI CONDUZIONE
Se rallentamento è minimo o non c’è l’impulso gira intorno e non succede niente perché
depolarizza più o meno contemporaneamente il miocardio a valle dell’ostacolo e non si ricicla
nulla
Se però o il disassamento o delle condizioni di tono autonomico*o altro (farmaci antiaritmici
che rallentano conduzione)
modificano la conduzione di una delle due strutture e dell’altra no l’impulso che scende da
sopra si ferma in anterogrado
Se attraversa il restante tessuto con una certa velocità rapida arriva dall’altra parte(retrogrado)
quando quel tessuto è ancora refrattario per cui si elide e non si ricicla
*
Nodo AV come il Nodo AS è estremamente sensibile agli effetti simpato-vagali:
emozione;corsa-> stress adrenergico -> aumento frequenza e velocità conduzione agendo su
tutto il cuore ma principalmente su nodi as e av e sull’his.
Quello che fa il vago sul tessuto accessorio è ben diverso da quello che fa sul nodo: se faccio
compressione del nodo del seno a uno questo bradicardizza azione sul nodo ma non sul
miocardio di lavoro. Quindi nel Kent avrò rallentamento in una delle due branche per motivi
elettrici legati a disautonomia (nell’infarto sarà dovuto a motivi meccanici per cicatrice)
Tono autonomico gioca su nodo e quindi ha meno influenza nella tachicardia ventricolare ma
c’è anche in questo caso infatti le tachicardie ventricolari sorgono di notte quando c’è ipertono
del simpatico alle 6.00
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III CONDIZIONE
Extrasistole atriale o ventricolare se precoce posso avere anche un ritardo di conduzione nella
branca normale e quindi mi ritrovo nell’ultimo quadro(primo da destra nell’immagine)
L’impulso rallenta pure a scendere e quindi quando si trova allo sbocco distale della zona
normalmente ritardata arriva talmente tardi da poter passare e quindi poi si ricicla
.
Funzionamento del Defribillatore
Devo inviare uno stimolo anticipato che entri nel circuito quando non è ancora arrivato il fronte
d’onda che si sta riciclando depolarizzando quella zona
ATP/Anti Tachicardial pacing: modo di interrompere le aritmie che fanno i defribillatori senza
arrivare allo shock
Il defribillatore sente aritmia,vede il periodo
Se mandi 70 msec prima (70%prima del ciclo per una legge) un impulso. in questo modo ti trovi
in una zona del ciclo in cui attività è ancora elettricamente attiva depolarizzi quella zona
rendendola refrattaria cosi non si ha rientro e si ferma l’aritmia.
Questo vale anche per l’aritmia del Kent(di certo non usi defibrillatore nel kent) ma è il concetto
elettrofisiologico di base che permette l’interruzione non con l’elettroshock
Caso Clinico
Paziente portatrice di un Kent che si sa essere a rischio di morte improvvisa
Studi elettrofisiologici per selezionare persone di morte improvvisa morte improvvisa e metterli
in terapia(gente che non ha niente/sintomi)
Signora perfettamente sana,aveva avuto svenimenti e al tracciato era uscita questa preeccitazione ventricolare(zona pre-eccitata dà un impastatura del QRS)
Gli fecero uno studio trans-esofageo:mettendo un cateterino nel naso si va dietro l’atrio sinistro
e si stimola dando battiti anticipati per vedere se c’è circuito e si crea aritmia:
signora aveva aritmia/flutter atriale talmente rapido da diventare tachicardia ventricolare
rapida(desincronizzando il ventricolo) in 7-8 sec che degenerò in fibrillazione ventricolare e
quindi morte
Pericolo anche per i giocatori sotto stress adrenergico
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Scandalo perché aumentava le morti nel post-infarto
Flecanide(classe 1C) Antiaritmico:
fa scomparire l’extrasistole
modifica conduttanza al sodio e allunga ma soprattutto rallenta la velocità di conduzione
dell’impulso
ragionamento:infartuato ha circuito e se riduco extrasistole riduco rischio di rientro
Almaritm(nome commerciale) riduceva numero di extrasistoli da 3000 a 300 ma 1/300
conduceva cosi lentamente(aiutata dal farmaco che rallenta velocità conduzione )che riusciva a
riciclarsi
È sbagliato darlo in tutti i tipi di aritmie,va usato in : prevenzione fibrillazione atriale(rallento
conduzione in maniera omogenea nell’atrio) ,nella pre-eccitazione ventricolare in cui rallento la
conduzione della via accessoria tanto da farla scomparire
Non va usato nel cuore infartuato
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Cardiologia, Lezione 4
Prof. Di Salvo, 21/10/2013
Grazie a
Rosanna Missione
Oggi parleremo delle patologie della valvola mitrale.
La valvola mitrale è una struttura formata da due lembi,uno anteriore e un lembo posteriore.
Sono presenti due commessure e ha un’apertura di 4-5cm.
Quando parliamo delle patologie della mitrale,in realtà non dovremmo pensare soltanto alla valvola ma a
tutto l’apparato valvolare,perché da alterazioni di tutto l’apparato valvolare possono conseguire anomale
funzioni della valvola.
L’apparato valvolare è costituito dalla valvola mitrale,corde tendinee di primo e di secondo ordine e da due
muscoli papillari.
.
Tutte le patologie che interessano una di queste strutture,possono determinare stenosi o insufficienza della
valvola mitralica.
La valvola mitralica è costituita da un lembo anteriore più grande e un lembo posteriore più piccolo quindi
da un punto di vista idrodinamico la valvola mitrale è considerata asimmetrica, e la presenza di un lembo
più grande e uno più piccolo direzionano il flusso ematico all’interno della cavità cardiaca.
Siccome il sangue nel cuore non fluisce in maniera continua ma deve osservare le fasi del ciclo
cardiaco,l’energia viene conservata sotto forma di vortici,questi si formano avendo determinate
caratteristiche.
Per conservare l’energia di questo vortice di sangue che entra nel ventricolo, la valvola mitrale è formata
da un lembo anteriore più grande e uno posteriore più piccolo.
La normale apertura della valvola mitralica è di 4-5 cm2(cm quadrati).
Parliamo di stenosi valvolare mitralica quando abbiamo un restringimento dell’area valvolare con
ostruzione al passaggio di sangue dall’atrio sx al ventricolo sx.
Si parla di stenosi valvolare lieve quando l’area valvolare si restringe tra i 2 e 1,5 cm2
Si parla di stenosi moderata quando l’area valvolare si restringe tra 1 e 1,5 cm2.
Si parla di stenosi severa quando l’area valvolare si restringe con dimensioni inferiori a 1 cm2.
Sono diverse le cause che possono dare come patologia la stenosi mitralica, la più frequente fino a qualche
anno fa era la malattia reumatica,oggi molto più rara.
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Altre cause possono essere malattie congenite della valvola mitrale ad esempio la valvola mitrale “a
paracadute” in cui la valvola attacca le sue corde tendinee su un unico muscolo papillare,per cui avrà la
morfologia di un grosso paracadute.
Possono esserci cause infettive, in particolare l’endocardite infettiva che può determinare perforazione a
carico dei lembi papillari mitralici.
Poi abbiamo altre cause:malattie reumatiche,autoimmunitarie (LES), carcinoide, miocardiopatie, malattie
infettive, oltre a cause di natura degenerativa, quindi calcificazione e fibrosi dei lembi valvolari con
conseguente cattivo funzionamento della valvola mitralica.
Da un punto di vista fisiopatologico,la stenosi valvolare mitralica determina una difficoltà al passaggio di
sangue dall’atrio sx al ventricolo sx.
Potete immaginare una porta più stretta del normale,attraverso la quale deve passare la stessa quantità di
sangue che deve passare attraverso una porta normale,altrimenti la gittata cardiaca si riduce e il paziente
che ha stenosi mitralica,immediatamente avrà dei sintomi.
Fortunatamente non è così, esistono dei meccanismi di compenso.
Però inizialmente per mantenere il normale riempimento del ventricolo sx nonostante questa valvola sia
più stretta,la stessa quantità di sangue deve essere fatta passare in quest’orifizio più piccolo.
Per far passare la stessa quantità di sangue in quest’orifizio più piccolo,è necessaria una maggiore
pressione,quindi la pressione nell’atrio sx dovrà aumentare ,per consentire alla stessa quantità di sangue di
passare attraverso un orifizio più piccolo.
Questo determinerà un aumento della pressione atriale sx .
L’aumento della pressione atriale sx dipende dal grado della stenosi,dal tempo che il ventricolo impiega per
riempirsi e dalla pressione all’interno del ventricolo.
Generalmente una stenosi valvolare mitralica lieve è asintomatica,comincia ad essere sintomatica quando
l’aria valvolare si riduce al di sotto di 1,2 cm2.
I sintomi sono legati a due condizioni fondamentali, da un lato all’aumento della pressione atriale sx,perché
da come avete capito dalla lezione precedente il sistema cardiocircolatorio funziona come un sistema
idrodinamico,per cui il sangue passa da un settore a più alta pressione a un settore a più bassa
pressione,soprattutto durante la fase diastolica o fase di riempimento.
Se la valvola mitralica è più stretta del normale, per far passare la stessa quantità di sangue, l’atrio sx dovrà
aumentare la sua pressione,ma se aumenta soltanto la pressione dell’atrio sx,il sangue delle vene
polmonari che sfociano nell’atrio sx non potrà passare perché troverà un pressione più alta.
Quindi per consentire il normale funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio, anche la pressione nelle
vene polmonari dovrà aumentare,altrimenti non ci sarà passaggio dalle vene polmonari all’atrio sx.
Quindi la presenza di una stenosi mitralica condiziona in via retrograda un aumento della pressione in atrio
sx e un aumento della pressione nelle vene polmonari, altrimenti non abbiamo passaggio.
Prima delle vene polmonari ci sono i capillari e prima dei capillari ci sono le arteriole.
Per consentire questo passaggio è necessario che tutto il sistema aumenti la pressione,ma questo non è
possibile all’infinito,perché al di là di un certo valore pressorio, quando la pressione idrostatica aumenta la
pressione colloide osmotica delle proteine plasmatiche,il sangue comincia a ultrafiltrarsi e abbiamo la
comparsa di edema e a livello dei capillari polmonari avremo il quadro dell’edema polmonare.
Fortunatamente questo non avviene sempre e non avviene subito nella stenosi della valvola mitralica
perché esiste un meccanismo di bagage a livello arteriolare.
Per evitare che i capillari polmonari diventino troppo congesti, le arteriole che stanno prima dei capillari si
costringono,in questo modo arriva meno sangue ai capillari dove la pressione è più alta perché a livello
venoso la pressione è più alta.
C’è una vasocostrizione arteriolare pre-capillare per proteggere il distretto capillare, se non lo proteggiamo
il paziente va incontro ad edema polmonare.
Si crea quindi un meccanismo di compenso che protegge i capillari del circolo polmonare con una
vasocostrizione arteriolare, ovviamente delle arteriole polmonari che a loro volta fanno capo al ventricolo
dx.
Il ventricolo dx a lungo andare si troverà una situazione di aumentato post-carico perché le arteriole si sono
costrette.
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Quindi la stenosi mitralica è una patologia di una valvola della parte sx del cuore che viene compensata a
spese del ventricolo dx.
I sintomi e le conseguenze fanno capo a due grossi aspetti,da una parte il gradiente di pressione tra atrio sx
e distretto venoso polmonare e dall’altra la riduzione della portata cardiaca.
Quando i meccanismi di compenso si esauriscono perché l’ostruzione valvolare diventa troppo
importante,la quantità di sangue che passa tra atrio sx e ventricolo sx inizia a ridursi,il ventricolo sx riceverà
poco sangue,ne potrà espellere poco,la gittata sistolica si ridurrà e il paziente avrà i sintomi di
ipoperfusione legata alla riduzione della gittata sistolica.
Le conseguenze dell’aumento della pressione nell’atrio sx sono l’atriomegalia dove il cuore tende a ridurre
lo stress per la legge di Laplace anche a livello atriale,aumentando il volume atriale,questo porta ad un
aumento delle dimensioni atriali.
Più l’atrio si dilata,maggiore è il rischio di aritmie, la più frequente aritmia legata alla dilatazione atriale è la
fibrillazione atriale.
Poi abbiamo i sintomi della congestione polmonare: dispnea a riposo,dispnea da sforzo,dispnea parossistica
notturna,ortopnea,edema polmonare acuto,tosse-emottisi.
Un’importante conseguenza della stenosi valvolare mitralica è l’ipertensione polmonare.
L’ipertensione polmonare è legata a meccanismi di compenso a livello pre-capillare ,cioè a livello delle
arteriole polmonari,con lo scopo di ridurre la pressione idrostatica a livello capillare e quindi con lo scopo
di preservare il paziente dall’edema polmonare acuto.
Tutto questo condiziona un aumento della pressione a livello del distretto arterioso polmonare,e quindi un
aumento del post carico sul ventricolo dx che sarà ipertrofico e che a lungo andare dovrà fronteggiare
l’aumento del post-carico ventricolare ipertrofico e potrebbe perdere anche la sua funzione contrattile.
Abbiamo quindi una patologia del cuore sx che viene compensata da un’ipertrofia ventricolare dx.
L’aumento della pressione atriale sx ,determina un aumento nelle vene polmonari in maniera passiva e
questo determina aumento lineare della pressione arteriosa polmonare attraverso i meccanismi che già ci
siamo detti,mantenendo un gradiente di circa 10mm Hg,necessario per mantenere il flusso tra arteria
polmonare e vene polmonari.
Quindi abbiamo aumento della pressione dell’atrio sx,deve aumentare nelle vene e deve aumentare
nell’arteriole sia per mantenere il gradiente sia per preservare il distretto capillare.
Quando la pressione atriale sx supera i 20mmHg, l’aumento della pressione polmonare non sarà più lineare
ma di tipo esponenziale.
Quindi il nostro organismo compensa fino ad un certo punto in maniera lineare,superato un valore
massimo,il compenso comincia ad essere dannoso e la pressione in arteria polmonare comincia ad
aumentare in maniera esponenziale,aumento di pressione a livello dell’atrio sx condizionando un forte
sovraccarico pressorio sul ventricolo dx.
Tutto questo determina un bagage capillare che previene la congestione a livello polmonare un
sovraccarico sistolico del ventricolo dx , e si avrà quindi ipertrofia e conseguente dilatazione.
La dilatazione del ventricolo dx determina una dilatazione dell’anulus tricuspidale valvolare,quindi
insufficienza tricuspidale e a lungo andare il paziente avrà i segni dello scompenso cardiaco dx,perché tutto
il compenso viene effettuato dalla parte dx del cuore.
I sintomi della stenosi mitralica sono correlati a quelli della congestione polmonare che abbiamo detto
prima,trasmissione retrograda passiva dell’aumento della pressione dell’atrio sx nelle vene polmonari e
quindi avremo tutti i quadri di dispnea, dalla dispnea da sforzo, dispnea a riposo, dispnea parossistica
notturna fino all’edema polmonare acuto.
L’edema polmonare acuto non è così frequente come ci aspetteremmo dal paziente con stenosi
mitralica,proprio perché esiste questo meccanismo di compenso pre-capillare legato ad una
vasocostrizione delle arteriole polmonari che porta ad un compenso che deve essere esercitato dal
ventricolo dx.
La congestione a livello polmonare ma anche a livello bronchiale ,fa si che il paziente con stenosi mitralica
significativa sia sintomatico con dispnea in tutti i suo gradi ma anche tosse ed emottisi.
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Altri sintomi della stenosi mitralica sono correlati alla ridotta gittata cardiaca,cioè quando i meccanismi di
compenso non sono più sufficienti e il riempimento ventricolare sx diventa inadeguato alle esigenze
metaboliche dell’organismo compaiono i sintomi della ridotta gittata cardiaca:
ASTENIA : per una ridotta perfusione muscolare
LIPOTIMIA: per una ridotta perfusione cerebrale
EDEMI:sia per lo scompenso dx ,sia per la ridotta perfusione a livello renale.
Facendo l’esame delle urine ritroverete i segni di insufficienza pre-renale.
Se visitate il paziente con stenosi mitralica significativa ritroverete la cosi’ detta facies
mitralica,caratterizzata dalla presenza di cianosi per ipoperfusione a livello della punta del naso,degli zigomi
e delle labbra.
All’ispezione del torace noterete che l’itto puntale non è più come sappiamo a livello del V spazio
intercostale di sx ma a livello dell’epigastrio,noterete la pulsazione a livello dell’epigastrio.
Noterete anche un’accentuazione del I tono, il primo tono è legato alla chiusura della valvole atrioventricolari.
Se abbiamo della valvole atrio ventricolari come in questo caso la mitrale rigida, fibrotica e calcifica,quando
si chiude, le vibrazioni saranno più intense ,inoltre da un punto di vista emodinamico,quando la valvola
mitralica è stenotica, quindi non si apre bene,mentre in condizioni normali si apre tutta in condizioni di
protodiastole e poi progressivamente tende a chiudersi nel corso della diastole, in presenza di una stenosi
mitralica, per superare questa difficoltà poiché abbiamo l’ostio valvolare più piccolo,la valvola resterà
aperta al massimo delle sue possibilità per tutta la durata della diastole,per cui durante la diastole si
chiuderà bruscamente,questa brusca chiusura, dalla posizione di massima apertura alla chiusura che non è
graduale,creerà delle vibrazioni più forti e quindi accentuazione del I tono.
Quindi passiamo da una fase di massima apertura, stato di stenosi, alla chiusura che non è graduale.
Poi abbiamo lo Schiocco d’apertura della valvola mitrale,valvola fibrotica e il Rullio diastolico, il sangue
dovrà passare durante la diastole dall’atrio sx al ventricolo sx attraverso l’ostio valvolare ridotto e quindi
creerà un flusso che noi definiamo di tipo turbolento.
Questo flusso di tipo turbolento genererà il soffio in un rullio diastolico.
Il rullio diastolico in un soggetto con stenosi mitralica in ritmo sinusale presenta una caratteristica definita
rinforzo presistolico,cioè se il paziente è in ritmo sinusale al termine della diastole si avrà la contrazione
atriale,quindi un ulteriore passaggio di sangue,quindi accelerazione del passaggio di sangue dall’atrio al
ventricolo sx e questa accelerazione farà si che mentre stiamo ascoltando questo soffio diastolico verso la
fine della diastole avremo questa accentuazione legata alla contrazione dell’atrio sx.
A lungo andare quando si instaura un quadro di ipertensione polmonare se auscultiamo il paziente con
stenosi mitralica osserveremo uno sdoppiamento fisso del II tono legato a ritardo della componente
polmonare.
Quindi abbiamo il I TONO:
Aumentato: per la rigidità dei lembi e per l’ampia escursione della valvola semiaperta in telediastole.
Indebolito: se la valvola è molto rigida,calcifica,non flessibile.
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Intensità variabile: se c’è fibrillazione atriale, come sapete la fibrillazione atriale è caratterizzata
dall’irregolarità totale del ritmo cardiaco quindi anche la durata della diastole sarà molto irregolare.
Più corta è la diastole e meno sangue passa a livello della valvola mitrale e meno intenso sarà l’urto dato
dalla chiusura della valvola mitrale.
Caratteristica della stenosi mitralica è rullio diastolico caratterizzato dalla massima intensità di
protodiastole e con rinforzo presistolico se il paziente ha il ritmo sinusale legato appunto alla contrazione
atriale che determina in presistole o diastole questa accelerazione di sangue attraverso la valvola
mitralica.
Ovviamente se il paziente aveva un rullio diastolico con accentuazione presistolica e poi lo auscultiamo
qualche giorno dopo e non c’è più l’accentuazione presistolica,dovete sospettare che è andato in
fibrillazione atriale.
Reperti aggiuntivi sono dati da:
Soffio sistolico polmonare;
Soffio sistolico puntale perché spesso la stenosi mitrale può associarsi ad una insufficienza mitralica;
Soffio tricuspidale perché nel compenso della stenosi mitralica abbiamo detto che il ventricolo di dx diventa
ipertrofico,si dilata e dilatandosi l’anulus tricuspidale si allarga e i lembi valvolari non riescono più a
incontrarsi e quindi abbiamo rigurgito valvolare.
Le complicanze sembrano ovvie:
ARITMIE: fibrillazione atriale,perché la camera atriale è una camera ad alta pressione,dilatata,quindi tutta
questa pressione esercitata sulle pareti determina fibrillazione atriale.
La presenza dell’atrio sx dilatato e la presenza di questa fibrillazione atriale e quindi la perdita di una
contrazione atriale efficace fa si che il sangue all’interno dell’atrio in particolare nell’auricola possa
ristagnare formare dei trombi e quindi abbiamo il rischio di embolia sistemica nel paziente con stenosi
valvolare mitralica.
Se facciamo un ECG (elettrocardiogramma) al paziente con stenosi valvolare mitralica osserveremo
classicamente un’onda P Mitralica, è un’onda ampia a doppia gobba e si vede meglio nelle derivazioni DI –a
VL,V5-V6 oppure possiamo trovare una fibrillazione atriale.
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Inoltre osserveremo tutto i criteri dell’ipertrofia ventricolare dx, proprio perché è il compenso esercitato
dal ventricolo dx,quindi avremo ipertrofia ventricolo dx, blocco branca dx e nelle fasi avanzate quando
appare l’ipertensione polmonare perché aumenta la pressione in arteria polmonare ,osserveremo la P
mitralica e la P polmonare alta e appuntita.
(la P polmonare la ritroviamo solo nelle fasi avanzate quando si instaura un’ipertensione polmonare)
Mentre il ventricolo sx è strutturato per espellere sangue contro un’alta pressione il ventricolo di dx è una
camera di volume,cioè riesce ad espellere grosse quantità di sangue contro una bassa pressione.
Per cui le insufficienze valvolari polmonari e tricuspidali con sovraccarico di volume sono tollerate
abbastanza bene per molti anni dal ventricolo dx mentre i sovraccarichi di pressione vengono tollerati in
maniera efficace solo per breve tempo dopodiché si scompensa perchè strutturato per dare grossi volumi
contro basse pressioni, se abbiamo alte pressioni si scompensa.
La radiografia del torace è caratterizzata da una dilatazione dell’atrio sx con compressione a livello
dell’esofago, in alcun casi si ha un mega atrio sx e un ventricolo che relativamente sembra piccolo.
Dalla radiografia possiamo osservare anche dilatazione del ventricolo dx e i segni della congestione
polmonare e solo nelle fasi più avanzate si ha ipertensione polmonare.
Nella congestione avremo un quadro caratterizzato dalla presenza di sfumature a livello dell’ilo polmonare
mentre nell’ipertensione polmonare il quadro è caratterizzato da dilatazione dei rami polmonari,si dice ad
albero potato,e perifericamente non si osserva nulla.
L’ecocardiografia ci da importanti informazioni sulla stenosi valvolare mitralica, è una metodica non
invasiva ci consente di valutare direttamente la valvola, di poter valutare l’area, lo stato dei lembi valvolari
delle commissure, le corde tendine e dei muscoli papillari,questo è importante perché in alcuni pazienti è
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possibile riparare la valvola mitralica in stenosi per via percutanea, andando a posizionare una specie di
ombrellino o palloncino a livello della valvola mitralica.
Questo non puo’ essere fatto sempre,ma solo quando la patologia è localizzata esclusivamente a livello dei
lembi valvolari mitralici,se c’è un coinvolgimento piu’ diffuso delle corde tendinee che sono fuse o dei
muscoli papillari che sono corti e calcifici e dilatiamo solo la valvola non risolviamo nulla.
Per cui l’ecocardiogramma ci da informazioni sulla morfologia della valvola, sul funzionamento non solo
della valvola ma dell’apparato valvolare quindi corde tendinee, muscoli palipillari, ci fa capire quale
potrebbe essere la causa della stenosi valvolare se è una forma reumatica ,se si tratta di una forma infettiva
o iatrogena, ci da la possibilità di misurare un grande l’atrio sx e un normale ventricolo sx,ci permette di
osservare il ventricolo dx dilatato,ipertrofico ,possiamo valutare se c’è insufficienza tricuspidalica e stimare
la pressione polmonare in maniera non invasiva.
Da questa ecocardiografia osserviamo l’atrio il ventricolo e la valvola mitralica in diastole che dovrebbe
essere aperta, invece i lembi non riesco ad aprirsi completamente.
Oggi con l’ecocardiografia tridimensionale possiamo osservare la valvola mitralica in tutto il suo aspetto e
quindi avere una valutazione migliore per decidere con il chirurgo se si deve sostituire, riparare o effettuare
una valvuloplastica percutanea.
Quando le immagini dell’ecocardiografia non sono chiare, ad esempio come nel soggetto anziano o obeso
facciamo un’ecocardiografia trans esofagea,cioè introduciamo una sonda in esofago,considerando che
l’esofago decorre dietro l’atrio sx, abbiamo una visuale della valvola mitralica ottimale.
Il cateterismo cardiaco nel caso della stenosi mitralica oggi non si fa quasi mai a meno che non ci siano dati
discordanti tra il quadro clinico e strumentale.
La terapia medica si basa sull’utilizzo di anticoagulanti se il paziente ha una fibrillazione atriale,ma
fondamentalmente la terapia della stenosi mitralica è una terapia di natura invasiva,quindi o percutanea
quando possibile(patologia localizzata solo a livello valvolare)oppure per via chirurgica ,riparazione o
sostituzione valvolare.
Se il paziente ha una stenosi moderato severo ed è asintomatico,sarà importante valutare la pressione
polmonare, perché se la pressione polmonare è aumentata dobbiamo intervenire chirurgicamente,perché
se la pressione polmonare aumenta in modo stabile e attendiamo troppo tempo,una volta che sostituiamo
la valvola mitralica l’ipertensione polmonare rimarrà e tutti i sintomi legati all’insufficienza ventricolare dx
rimarranno perché abbiamo operato troppo tardi il paziente che resterà con ipertensione polmonare che
oggi comincia ad avere qualche trattamento con Sildenafil e Bosentan, prima c’era una mortalità altissima.
L’ipertensione polmonare legata alla stenosi mitralica è di tipo post-capillare e allo stato attuale questi
farmaci che ho citato prima non possono essere utilizzati in questa situazione. Per cui l’instaurarsi di
un’ipertensione polmonare di un certo grado, 50 mmHg, diventa un’indicazione all’intervento chirurgico
anche se il paziente è asintomatico.
Oltre alla stenosi della valvola mitralica,un’altra patologia che riguarda l’apparato valvolare mitralico
quindi: lembi,anulus, commessure,corde tendinee,muscoli papillari e nel caso dell’insufficienza diventa
molto importante la funzionalità del ventricolo sx è l’ insufficienza valvolare mitralica.
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La funzione del ventricolo sx è importante perché le bande muscolari del cuore sono disposte a livello della
base cardiaca, quindi a livello delle valvole atrio-ventricolari,mitrale e tricuspide,in maniera orizzontale.
Quando il ventricolo sx si contrae queste fibre si contraggono e contribuiscono alla chiusura della valvola
mitrale,come se la strizzassero e fanno si che la valvola si chiuda, aiutano la chiusura della valvola.
Se un ventricolo,in questo caso ventricolo sx non funziona correttamente e ha una perdita di contrattilità
anche questo meccanismo di costrizione della valvola mitralica si perde e puo’ comparire un’insufficienza
mitralica.
Questo è il motivo,ma non l’unico motivo,per cui un paziente con una cardiopatia dilatativa presenta quasi
sempre un’insufficienza valvolare mitralica,sia per la dilatazione dell’anulus ma anche perché si perde la
forza contrattile del ventricolo sx che contribuisce al restringimento dell’anulus.
Si parla di Insufficienza Mitralica quando si ha un’incompleta chiusura della valvola mitralica,legata a
patologie della valvola o delle corde tendinee o dei muscoli papillari,per cui in sistole la valvola mitralica
piuttosto che essere chiusa presenterà un’apertura e il sangue all’interno del ventricolo trovandosi di
fronte a due uscite,da una parte l’aorta con la pressione più alta e dall’altra l’atrio dove abbiamo una
pressione più bassa, il sangue ritornerà indietro in atrio sx.
Quindi l’Insufficienza Mitralica puo’ essere definita come un’incompleta chiusura dell’ostio mitralico cui
segue un reflusso dal ventricolo sx verso l’atrio sx durante la sistole.
Le cause dell’insufficienza mitralica sono varie, le distinguiamo in cause che determinano l’insufficienza
mitralica cronica e cause che determinano l’insufficienza mitralica acuta.
E’ importante questa distinzione perché le conseguenze dell’insufficienza mitralica acuta sono diverse da
quella cronica.
Banalmente l’insufficienza mitralica cronica da il tempo al cuore di adattarsi al sovraccarico di volume.
Nell’insufficienza acuta il cuore e le strutture cardiache non avranno il tempo di adattarsi per accogliere
questa maggiore quantità di sangue e quindi la pressione all’interno delle camera cardiache aumenterà
rapidamente con conseguenze più gravi.
L’insufficienza mitralica cronica ha come causa più frequente la malattia reumatica, poi patologie
autoimmuni, distrofie e patologie di natura degenerativa.
Nell’anziano e nell’adulto è più facile ritrovare un’insufficienza mitralica legata alla calcificazione dei lembi,
sclerosi dei lembi,nella cardiomiopatie abbiamo dilatazione dell’anulus,patologie del tessuto
connettivo,patologie congenite in particolare il cleft della valvola mitralica.
Anche la cardiopatia ischemica puo’ determinare insufficienza mitralica cronica.
Le forme acute sono costituite dalla cardiopatia ischemica in particolare l’infarto,se l’infarto coinvolge uno
dei due muscoli papillari durante la sistole la valvola non sarà chiusa e avremo un’insufficienza severa ed
acuta legata all’infarto del muscolo papillare.
L’insufficienza mitralica può essere traumatica dovuta ad un incidente automobilistico con trauma toracico
di diversa origine,provocando rottura delle corde tendinee,quindi uno dei lembi valvolari non si chiuderà e
durante la sistole prolasserà nell’atrio sx.
Altra causa può essere l’endocardite infettiva che può determinare perforazione dei lembi valvolari oppure
rottura della corde tendinee o altre cause sono iatrogene.
Da un punto di vista fisiopatologico il discorso è simile,in presenza di una valvola mitralica che durante la
sistole non si chiude bene per diversi motivi,avremo una quota di sangue che durante la sistole dal
ventricolo sx tornerà indietro verso atrio sx,quindi il sangue passerà da una camera a più alta
pressione(ventricolo sx) in una camera a più bassa pressione(atrio sx).
Pero’ l’atrio sx dovrà accogliere il sangue necessario al normale riempimento del ventricolo sx alla normale
gittata cardiaca ,più la quantità di sangue che torna indietro, perché lo scopo del cuore è di mantenere la
gittata cardiaca, quindi dobbiamo espellere la gittata cardiaca altrimenti si ha uno scompenso.
L’atrio sx se avrà il tempo ,si dilaterà per accogliere questa maggiore quantità di sangue legata al rigurgito
più il normale riempimento del ventricolo sx.
Il ventricolo sx a sua volta durante la diastole riceverà dall’atrio la gittata sistolica più il volume
corrispondente alla gittata sistolica più il cosiddetto caput mortuum,cioè la quantità di sangue che torna
indietro in maniera inutile.
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Quindi anche il ventricolo sx si dilaterà e avremo ipertrofia di natura eccentrica, con rimodellamento di tipo
eccentrico a livello del ventricolo sx legato a sovraccarico di volume.
In questo modo il cuore riesce a compensare e a far si che non ci sia un aumento della pressione
all’interno del ventricolo sx e all’interno dell’atrio sx.
Se invece l’insufficienza mitralica si instaura in maniera acuta,ad esempio il paziente ha un infarto con
necrosi del muscolo papillare uno dei due lembi non si chiude più e avremo insufficienza severa ed acuta,in
questo caso l’atrio sx dovrà comunque accogliere la quota di sangue necessaria a mantenere la gittata
sistolica, più la quantità di sangue che torna indietro ,ma non avrà il tempo per dilatarsi,quindi dovrà fare
tutto questo nell’ambito della stessa camera,per fare ciò aumenta necessariamente la pressione nell’atrio
sx perché non avrà il tempo di raccogliere questo maggiore volume in maniera acuta senza avere il tempo
di dilatarsi.
Quindi la pressione all’interno della cavità che non si dilata aumenterà,aumenta la pressione nell’atrio sx e
deve aumentare la pressione nelle vene polmonari, altrimenti il sangue dalle vene polmonari non passa
nell’atrio sx.
Anche in questo caso non abbiamo la possibilità, se la cosa si verifica in maniera acuta,di creare un barrage
pre-capillare a livello delle arteriole quindi la pressione aumenta anche a livello del distretto capillare e il
paziente avrà edema polmonare.
L’insufficienza mitralica acuta se severa porta rapidamente ad edema polmonare.
L’insufficienza mitralica cronica da il tempo al ventricolo sx e all’atrio sx di accogliere questo sovraccarico di
volume senza aumentare in maniera brusca e rapida la pressione al loro interno, quindi da la possibilità al
cuore di mettere in atto tutti i meccanismi di compenso di cui abbiamo parlato.
L’entità del rigurgito di sangue dal ventricolo sx verso l’atrio sx dipende ovviamente dalle dimensioni
dell’orifizio di insufficienza , immaginate che la valvola mitralica rappresenti un buco legato a endocardite o
ad un evento traumatico,se il buco è piccolo sarà poca la quantità di sangue che passa,se invece piuttosto
che il buco si ha una vera e proprio perdita del lembo avremo una maggiore quantità di sangue.
Dipende ovviamente anche dalla differenza di pressione,se la pressione in aorta è molto alta a parità di
orifizio rigurgitante ci sarà una maggiore quantità di sangue che torna indietro,perché dovete immaginare il
sangue chiuso nel ventricolo sx con da un lato il buco della valvola mitrale dall’altra parte ritroviamo l’aorta
con la pressione sistolica, se la pressione sistemica è molto alta il sangue avrà maggiore facilità a tornare
indietro verso l’atrio sx dove la pressione è più bassa.
Se noi abbiamo due persone che hanno lo stesso orifizio sul lembo della valvola mitrale e uno ha 180
mmHg di pressione sistolica e l’altro avrà 120 mmHg di pressione sistolica, pur avendo lo stesso foro sul
lembo della valvola mitralica,quello con 180mmHg di pressione sistolica avrà un rigurgito maggiore.
Altro fattore che influenza il rigurgito è la pressione nell’atrio sx ,se la pressione nell’atrio sx aumenta,
siccome la quantità di sangue che torna indietro dipenda dalla differenza di pressione tra ventricolo e atrio,
si riduce.
Quando c’è congestione polmonare e la pressione a livello polmonare è aumentata, paradossalmente
l’insufficienza mitralica potrebbe apparirvi diminuita, in realtà è diminuita perché la pressione nell’atrio è
aumentata talmente tanto che riduce il rigurgito e poi ovviamente dipende dalla funzione del ventricolo sx.
Se il ventricolo sx funziona bene,le fibre muscolari cardiache a livello dell’anulus si contraggono e stringono
la valvola,se invece la funziona contrattile del ventricolo sx è depressa le fibre circolari a livello dell’anulus si
contraggono poco o niente e anche questo determina rigurgito.
Se la funzione del ventricolo sx è depressa, quindi la camera cardiaca si allarga ,l’anulus si allarga e oltre ad
una perforazione come nel caso dell’endocardite o di un evento traumatico sul lembo valvolare mitralico si
ha anche la perdita del punto di unione tra i due lembi valvolari perché l’anulus si è dilatato, pur
funzionando la valvola normalmente, i due lembi non riescono a incontrarsi e si ha la perdita del punto di
coaptazione.
Il reflusso valvolare mitralico aumenterà quando diminuisce la capacità contrattile del ventricolo sx e
quando aumentano le resistenze periferiche,quando aumenta la pressione in aorta, può diminuire se
aumenta la capacità contrattile del ventricolo sx,se aumenta la pressione in atrio sx e se diminuisce la
pressione in aorta.
Nell’insufficienza mitralica acuta l’atrio sx non avrà il tempo di dilatarsi e quindi la sua pressione aumenterà
rapidamente,raggiungendo livelli tali da provocare edema polmonare acuto.
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Nell’insufficienza mitralica cronica l’atrio invece ha tutto il tempo per potersi dilatare e quindi riesce ad
ammortizzare il sovraccarico di volume e la pressione aumenta molto di meno e molto più lentamente.
I sintomi clinici dell’insufficienza valvolare mitralica sono legati alle palpitazioni, dovute al fatto che
l’insufficienza mitralica determina una dilatazione dell’atrio sx ,a lungo andare nelle forme croniche si ha un
aumento della pressione in atrio sx e tutto questo facilita l’insorgenza di tutte le fibrillazioni atriali, il
paziente avvertirà batticuore e palpitazioni.
Tra i sintomi ritroviamo anche una ridotta resistenza allo sforzo fisico perché il ventricolo sx dovrà
contenere ed espellere una maggiore quantità di sangue più il volume che rigurgita e quindi sta lavorando
già di più in condizioni di riposo.
Dispnea perché a lungo andare nelle forme croniche e subito nelle forme acute avremo un aumento della
pressione in atrio sx,aumento della pressione nelle vene polmonari, aumento della pressione nel circolo
capillare polmonare,quindi congestione polmonare e tutti gradi di dispnea fino all’edema polmonare acuto
e si avranno immediatamente delle forme di insufficienza valvolare mitralica acuta.
L’emottisi è sempre legata alla congestione polmonare.
I segni clinici sono caratterizzati dalla presenza di un itto sollevante diffuso, legato questa volta non alla
dilatazione del ventricolo dx ,quindi non avrete tutto l’epigastrio,ma avrete un itto puntale che sarà non
localizzato al V spazio intercostale ma sarà più basso perché abbiamo appunto una dilatazione del
ventricolo sx.
Mentre nella stenosi mitralica trovate un atrio sx grande e un ventricolo sx piccolo perché il compenso è
dato dal ventricolo dx dilatato qui troverete un atrio sx dilatato e un ventricolo sx dilatato.
Il reperto clinico dell’insufficienza valvolare mitralica è il soffio sistolico alla punta, tipicamente irradiato
all’ascellare media o anche allo spazio interscapolare vertebrale sx,maggiore è l’irradiazione del soffio
maggiore è la severità del rigurgito valvolare se la contrattilità del cuore è normale.
In alcuni casi questo soffio sistolico che è quello che domina il quadro clinico all’esame obiettivo del
paziente, ed è uno dei reperti di auscultazione più facili da sentire, accanto a questo si possono trovare
reperti un po’ più difficili da sentire come il soffio diastolico,perché si può creare la cosiddetta stenosi
relativa, siccome attraverso la valvola mitrale deve passare una maggiore quantità di sangue legato alla
normale gittata sistolica più il volume che rigurgita ,quella valvola può diventare relativamente stenotica e
quindi creare delle vibrazioni legate al flusso turbolento e dare il soffio diastolico. Quello che sentirete nella
stragrande maggioranza del casi è il soffio sistolico generalmente alla punta e al meso , irradiato alla linee
ascellari o in base alla gravità alla spazio interscapolo vertebrale sx. Toni aggiunti in diastole, terzo tono e
quarto tono li troverete soltanto nelle fasi di scompenso cardiaco.
Quindi il reperto tipico è il soffio sistolico, è sistolico perché il rigurgito avviene durante la sistole.
Dobbiamo far attenzione all’intensità del soffio, alla sua morfologia e alla sua irradiazione.
Diciamo che in presenza di una contrattilità ventricolare sx normale,maggiore è l’intensità del soffio e
maggiore è il grado di insufficienza,questa correlazione si perde se la contrattilità del cuore si riduce.
In questo caso potreste avere un soffio non tanto intenso all’auscultazione ma comunque espressione di
un’insufficienza severa che però auscultatoriamente sottostimiamo perché la contrattilità del ventricolo sx
è ridotto e quindi la turbolenza che si genera è minore.
Tipicamente viene detto che la durata dell’insufficienza valvolare mitralica è correlata alla gravità della
patologia, questo è vero fino ad un certo punto perché il fatto che il soffio sistolico sia l’espressione di
un’insufficienza severa è vero generalmente, ma esistono delle patologie come il prolasso valvolare
mitralico,dove il rigurgito è tipicamente telesistolico e quindi anche se c’è un rigurgito severo lo sentirete
solo in telesistole.
L’elettrocardiogramma dell’insufficienza mitralica lieve è pressoché normale nelle forme moderate o
severe potete osservare ingrandimento dell’atrio sx , ipertrofia e dilatazione del ventricolo sx,l’asse
elettrico sarà deviato a sx.
Quindi nella stenosi valvolare mitralica tutto il sovraccarico viene pagato dal ventricolo dx, quindi tutti
segni che troverete nell’elettrocardiogramma e dell’Rx del torace sono a carico dell’atrio sx e del ventricolo
dx.
Nell’insufficienza valvolare mitralica il compenso avviene a carico dell’atrio sx e del ventricolo sx,soltanto in
fasi molto avanzate pagherà anche il ventricolo dx.
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Nella radiografia del torace c’è un aumento dell’ombra cardiaca, bisognerebbe misurare il rapporto cardiotoracico.
Come potete notare dalla radiografia l’ombra cardiaca è molto aumentata ,il rapporto cardio-toracico sarà
aumentato e gran parte della cardio-toracica è occupata dalle camere cardiache, anche qui l’atrio sx è
dilatato e comprimerà l’esofago.
Anche in questo caso l’ecocardiografia è la metodica non invasiva di scelta che ci consente di valutare la
valvola mitralica e di consente di capire quale sarà l’eziologia di questa insufficienza valvolare, qual è il
meccanismo,se c’è un prolasso,se c’è rottura della corda tendinea,se c’è rottura di un muscolo papillare,se
c’è perforazione di una valvola,se c’è anomalia congenita.
Ci consente di quantizzare l’insufficienza, cioè se è lieve moderata o severa, ci permette di valutare i
diametri dell’atrio sx del ventricolo sx,verificare se sono dilatati e valutare anche la funzione contrattile
mediante la frazione di eiezione.
La frazione di eiezione è il parametro che più ritroverete, indipendentemente dal fatto se farete o meno i
cardiologi, servirà a chi fa medicina dello sport,medicina legale,medicina delle assicurazioni,medicina del
lavoro ecc..
In un paziente con insufficienza valvolare mitralica il normale valore di frazione di eiezione è 55%, significa
che il ventricolo sx espelle il 55% di sangue che riceve durante la diastole.
Nel paziente con insufficienza valvolare mitralica una frazione di eiezione del 55%già ci dice che la funzione
cardiaca non è normale perché per definizione la frazione di eiezione è la quantità di sangue che il
ventricolo sx espelle durante la sistole.
Nel paziente con insufficienza mitralica la frazione di eiezione sarà artificiosamente, falsamente normale o
alta ,perché il ventricolo espelle sangue in aorta ma anche in atrio sx e quindi il ventricolo che inizia a
disfunzionare espellerà sangue più facilmente verso l’atrio sx con una pressione più bassa e quindi la
percentuale che andate a valutare pari al 55% vi inganna perché in realtà questo è un ventricolo che già ha
delle difficoltà.
In un paziente con insufficienza valvolare mitralica almeno moderata,una frazione di eiezione uguale o
superiore al 55% indica che già c’è una compromissione della funzionalità contrattile.
L’ecocardiografia è importante per il follow-up dei pazienti,poiché è un indagine non invasiva che non
espone a radiazioni e ha un basso costo rispetto ad altre indagini,consente di seguire il paziente nel tempo
in maniera precisa e valutare se la patologia valvolare si sta mantenendo stabile o se il ventricolo ha
alterato la sua funzione e valutare i risultati un eventuale correzione chirurgica o percutanea.
L’ecocardiografia transesofagea (TEE) può avere un ruolo importante nell’insufficienza valvolare mitralica
per chiarire meglio l’anatomia della valvola (per vedere se ci sono delle vegetazioni) e per guidare
un’eventuale riparazione chirurgica per insufficienza valvolare mitralica
Da quest’immagine parasternale del cuore vedete la valvola mitrale in sistole, in sistole dovremmo avere
tutti e due i lembi uno sull’altro che chiudono la valvola, qui invece notiamo che uno dei due lembi è più
giù mentre l’altro è più in alto, formando un orifizio attraverso il quale il sangue tende a tornare indietro.
In questo caso possiamo valutare le dimensioni dell’atrio sx, ventricolo sx,vedete se hanno dimensioni
aumentate,fare una stima del rigurgito valvolare ,possiamo anche valutare le pressioni stimate.
L’esame emodinamico anche in questo caso si fa raramente,generalmente si ricorre ad una valutazione con
cateterismo cardiaco o coronarografia in soggetti con età uguale o superiore ai 50 anni con alti fattori di
rischio per patologia cardiaca che devono andare incontro a chirurgia soprattutto per stenosi aortica, ma si
fa anche nella patologia valvolare mitralica ,si preferisce fare la coronarografia in questi pazienti per
valutare eventuali stenosi coronariche, quindi necessità di fare angioplastica o bypass o riparazione
valvolare.
La terapia medica dell’insufficienza valvolare mitralica è poca cosa, profilassi per quanto riguarda la
malattia reumatica, alcuni autori suggeriscono l’utilizzo di acidi inibitori oppure di calcio-antagonisti per
ridurre l’intensità dell’insufficienza valvolare mitralica, perché sia i calcio-antagonisti e sia gli acidi inibitori
riducono la pressione sistolica, quindi riducono le resistenze sistemiche, quindi riducono la pressione in
aorta e quindi c’è più sangue che va al ventricolo che nell’aorta.
In questo modo ritorniamo al discorso di prima dove abbiamo due persone con la stessa valvola e uno ha
pressione sistolica 180mm Hg con maggiore rigurgito rispetto all’altro con la stessa patologia ma con
pressione 110mmHg.
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Con i calcio-antagonisti e gli acidi inibitori riduciamo la pressione per ridurre il rigurgito,anche se l’utilizzo
di questi farmaci sembra non dare miglioramenti in termini di sopravvivenza.
Se compare insufficienza cardiaca significa che non abbiamo seguito bene il paziente,abbiamo aspettato
troppo tempo per farlo operare e dobbiamo iniziare la terapia per lo scompenso,però si cerca di non
arrivare mai a questa situazione.
La terapia chirurgica dell’insufficienza mitralica si fa nei pazienti con insufficienza acuta sintomatica e
appena stabilizzati devono essere operati.
I soggetti con insufficienza valvolare mitralica moderata o severa sintomatici, vanno operati.
Nei soggetti asintomatici entra in gioco non solo il grado di insufficienza ma anche l’entità della funzione
ventricolare,cioè bisogna vedere se il ventricolo sx è troppo dilatato, se la frazione di eiezione è buona e già
al 55% in una persona con insufficienza valvolare mitralica moderata severa significa che la funzionalità del
cuore inizia a non essere buona.
Nell’insufficienza mitralica le fibrocellule muscolari cardiache per accogliere questa maggiore quantità di
sangue si allungano e aumenta la loro contrattilità fino ad un certo punto, se superiamo questo punto il
ventricolo perde la sua funzione contrattile e superato questo punto non possiamo più tornare indietro.
Per cui è importante seguire attentamente questi pazienti ed è necessario prima che ci sia una disfunzione,
perché con un ecocardiografia in presenza di un’insufficienza significativa noi possiamo trovare una
frazione di eiezione al 55% che in realtà è già più bassa, e poi perché una volta che si è instaurato il danno
non possiamo più tornare indietro.
Oggi come oggi esistono diversi approcci all’insufficienza valvolare mitralica di tipo interventistico.
Sicuramente la chirurgia è quella che occupa più spazio, mentre prima si dava più spazio alla sostituzione
valvolare con protesi, oggi si tende a riparare più spesso la valvola mitrale soprattutto nei casi dei prolassi
di singolo lembo o bilembo nello stesso segmento.
Esiste una tecnica, la tecnica di Alfieri: immaginate che questi siano i due lembi valvolari mitralici e uno dei
due prolassa, con questa tecnica si mette una sorta di punto tra i due lembi riducendo il prolasso e si crea
una valvola bimitralica, biorifiziale.
In questo modo si blocca il lembo che prolassa e si crea una valvola biorifiziale, generalmente si ha una
leggera stenosi.
Tecnica chirurgica (Alfieri)
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Sulla base di questa tecnica più recentemente è stata sviluppata una tecnica per via percutanea che
consente anche in questo caso di riparare e non di sostituire la valvola, interveniamo pungendo la vena
femorale, si va a mettere una clip.
Con l’ecocardiografia transesofagea valutiamo la valvola mitralica,se c’è un prolasso si un singolo lembo o
due prolassi che si affacciano sulla stesso segmento ,si inserisce per via percutanea una clip e si crea una
valvola biorifiziale.
Questa tecnica può essere fatta solo in casi limitati, quando c’è il prolasso di un solo lembo e non quando
l’intera valvola è prolassata in questo caso non può essere fatta nemmeno la tecnica di Alfieri.
Quindi è importante valutare non solo la valvola mitralica ma tutto l’apparato valvolare.
Se il danno non è localizzato,ma esteso non si procede alla riparazione.
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Cardiologia, Lezione 5
Prof. Russo, 28/10/2013
Grazie a
Francesca Sparano
CARDIOLOGIA PEDIATRICA
La cardiologia pediatrica si occupa delle cardiopatie congenite, delle aritmie, delle
cardiomiopatie in epoca neonatale e pediatrica però sicuramente si occupa prima di tutto di
qualcosa che dal punto di vista epidemiologico è frequentissimo ed è causa di malattie
immaginarie che è il famoso soffio cardiaco. Come sapete può essere sistolico o diastolico o
continuo e circa il 60% dei bambini normali presentano questo rumore e quindi la cosa più
importante è non patologizzare tutti i bambini normali. Le caratteristiche del soffio innocente
sono:
-è sempre un soffio sempre sistolico, mai diastolico;
-può variare con la posizione;
-non è mai di intensità 4-5/6, di solito è 1-2/6, qualche volta 3/6 della scala Levine
dell’ascoltazione;
-è dovuto verosimilmente (non lo sappiamo per certo) al flusso che esce dal cuore e va in
arteria polmonare, flusso che abbiamo tutti e che si sente più nei bambini semplicemente
perché hanno il torace più sottile.
Forse quando parliamo con i genitori sarebbe meglio chiamarlo “suono innocente” perché la
parola soffio evoca nell’immaginario collettivo la malattia del cuore.
Le cardiopatie congenite sono le malformazioni più frequenti sia prima della nascita che dopo
la nascita. La differenza di frequenza tra prima e dopo la nascita -sono più frequenti prima
della nascita- non è dovuta tanto al fatto che sono letali durante la vita fetale quanto al fatto
che quelle che determinano la morte durante la vita fetale sono per lo più associate a
cromosomopatie letali (si muore più per la cromosomopatia letale che per la cardiopatia
stessa).
Se calcoliamo la natalità in Campania vediamo come l’85% dei neonati che nascono con una
malformazione al cuore diventa adulto e in Campania nei prossimi 10 anni avremo ben 7 mila
cardiopatici congeniti adulti. Sentirete parlare al Monaldi di GUCH, un acronimo inglese
inventato da dottoressa Sommerville che ha iniziato a occuparsi di questa popolazione, sta per
Grown Up Congenital Heart deseases: i nostri ex bambini con cardiopatie congenite che sono
cresciuti. Nonostante questi progressi ancora oggi il 5% delle cardiopatie congenite viene
diagnosticato dopo la morte, si parla naturalmente di cardiopatie congenite severe e questo ci
fa capire come, nonostante tutto il progresso tecnologico della diagnostica per immagini, sia
fondamentale che tutti i neonatologi e i pediatri abbiano delle conoscenze di cardiologia
pediatrica.
Oggi la diagnosi si può fare in epoca prenatale, (qualche notizia ma non serve all’esame) già
alla 19° sett di gestazione si può fare la diagnosi di cardiopatia congenita in epoca fetale.
L’ecocardiografia fetale non si fa a tutti ma solo quando ci sono indicazioni materne (es.
rosolia contratta durante la gravidanza)o indicazioni fetali (es. ginecologo che fa l’ecografia e
vede qualcosa nel cuore che non va) ed in caso di cromosomopatie e malformazioni
extracardiache.
Ci sono alcune cardiopatie congenite che non si vedono in età fetale, per esempio la
coartazione dell’aorta o un difetto interventricolare piccolo.
In Italia entro la 24° settimana di gestazione se si trova malformazione si può interrompere la
gravidanza e allora il tentativo non è quello di convincere la mamma a fare quello che
pensiamo noi ma il tentativo è dire la prognosi.
Com’è la qualità di vita di questi bambini che crescono? Non è assolutamente proporzionale
alla gravità della cardiopatia. Questo è uno studio su più di 500 cardiopatici adulti intervistati
sulla loro qualità di vita e non è stata trovata alcuna correlazione tra qualità di vita e severità.
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Magari una persona che non è mai stata operata e ha una cardiopatia lieve può vivere peggio
di una persona che è stata operata due volte per esempio di tetralogia di Fallot.
Perché si nasce con le cardiopatie congenite? Purtroppo ancora oggi non si sa per la gran
parte delle cardiopatie congenite, quando si parla di “modello multifattoriale” sono ipotesi,
non sono certezze. In realtà probabilmente una gran parte delle cardiopatie congenite ha
un’origine genetica, esiste sicuramente anche un’eziologia ambientale, ci sono fattori
teratogeni come vari tipi di farmaci oppure la famosa rosolia nel primo trimestre di
gravidanza che sono statisticamente associati a una maggiore frequenza di cardiopatie
congenite.
Ci sono anche sindromi tra cui la più conosciuta è la sindrome di Down che è associata al 4050% dei casi a cardiopatie congenite e in particolare al canale atrio-ventricolare. Ci sono
anche anomalie monogeniche come una microdelezione su un cromosoma particolare, tra
queste la più conosciuta è sindrome di DiGeorge: una microdelezione sul cromosoma 22 che si
accompagna ad anomalie tronco-conali, nella patogenesi è implicata alterata migrazione di
cellule delle creste neurali.
Come si possono classificare? Si possono classificare in semplici e complesse ma non ci serve a
molto dal punto di vista prognostico. Semplici sono quelle con un solo difetto, complesse
hanno più di un difetto. Forse però è più grave una stenosi aortica severa di una tetralogia di
Fallot e allora dal punto di vista prognostico e clinico ci serviamo di un’altra classificazione
che si basa sul meccanismo fisiopatologico:
-Cardiopatie con iperafflusso polmonare: maggiore quota di sangue che arriva ai polmoni.
Sono: difetto interventricolare, difetto interatriale, il canale atrio-ventricolare, il dotto
arterioso pervio ma anche cardiopatie complesse per es. ventricolo unico dove non c’è stenosi
polmonare. Tutte le cardiopatie complesse dove non c’è stenosi polmonare sono con
iperafflusso polmonalare.
-Ipoafflusso polmonare: Tetralogia di Fallot, Stenosi Polmonare;
-Circolazioni in parallelo: Trasposizione Grandi Arterie;
-Ostruzioni all’efflusso VS: Stenosi aortica, Coartazione aortica;
-Dotto dipendenze: Atresia aortica (VS ipoplasico) Atresia polmonare , interruzione dell’arco
aortico.
DIV
Il difetto interventricolare è la cardiopatia congenita in assoluto più frequente, rappresenta
circa il 35% di tutte le cardiopatie congenite. Il setto interventricolare è costuituito al 99% da
setto muscolare, c’è una piccolissima parte del setto che invece è translucida che è il setto
membranoso e in questa zona si trova l’80% dei difetti interventricolari detti perimembranosi,
esistono poi anche i difetti muscolari. Perché è importante sapere dove sta un difetto? E’
importante per la storia naturale: il difetto muscolare, a meno che non è enorme, si chiude più
facilmente del difetto perimembranoso e sicuramente è molto importante anche per come si
interviene e cioè con una correzione chirurgica o in sala di emodinamica.
FISIOPATOLOGIA
C’è passaggio di sangue che dipende da: dimensioni del difetto e differenza di pressione tra i
due ventricoli che dipende dalle resistenze vascolari sistemiche e polmonari. Quando
nasciamo le resistenze polmonari sono identiche a quelle sistemiche, man mano che passano i
giorni (e questo è molto variabile, ci sono neonati in cui questo succede addirittura in un
giorno, ci sono neonati in cui ci vogliono anche dopo settimane) calano le resistenze
polmonari e quindi la pressione del ventricolo destro, di conseguenza aumenta lo shunt tra
ventricolo sinistro e dx. Succede che il flusso passa quasi direttamente dal ventricolo sin. in
arteria polmonare, quindi torna più flusso a livello delle vene polmonari in atrio sin. Questo è
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il motivo per il quale si dilata l’atrio sin e il ventricolo sin, si ha quindi un sovraccarico di
volume delle sezioni sinistre del cuore. Tutto ciò è sempre proporzionale alla grandezza del
difetto quindi in un difetto piccolo non si ha alcun sovraccarico.
Si ha un’ ipertrofia eccentrica con i sarcomeri che si dispongono in serie e non in parallelo e
una dilatazione della cavità ventricolare sinistra e della cavità atriale sinistra.
In un difetto interventricolare ampio se non ce ne accorgiamo il bambino entro i 1 o 2 mesi/
un anno si determina una complicanza gravissima chiamata sindrome di Eisen Menger. E’
un’evoluzione sfavorevole di tutti gli shunt sinistro-destri quindi vale anche per il dotto di
botallo e difetto interatriale. Succede che il flusso aumentato nelle arteriole polmonari crea
una reazione e quindi una proliferazione della tonaca intima e della tonaca media delle
arteriole, si ispessisce la parete di queste arteriole e questo fa aumentare la resistenza
vascolare polmonare e a un certo punto questo ispessimento può diventare definitivo e
determina la sindrome di Eisen Menger che si può chiamare anche vascuolopatia polmonare
ostruttiva o ipertensione polmonare irreversibile. Succede che le resistenze polmonari sono
aumentate e lo shunt diventa anche destro-sinistro perchè la pressione nel ventricolo dx è
uguale in questo caso a quella del ventricolo sinistro. E’ grave perché se operiamo bambino
con ipertensione polmonare irreversibile non riesce a uscire dalla circolazione extracorporea
e questo vale anche per gli adulti e quindi l’unica soluzione in questi bambini diventerebbe il
trapianto cuore-polmoni che già nell’adulto ha una sopravvivenza molto molto ridotta, nel
bambino è una cosa drammatica.
DIAGNOSI
All’inizio abbiamo solo uno strumento a nostra disposizione: il fonendoscopio. Dobbiamo
sentire un soffio che dura per tutta la sistole, che in genere si irradia a sbarra, un soffio che
nei primi giorni non sentiamo perché abbiamo detto che le pressioni sono uguali.
Ci può aiutare radiografia del torace che in un DIV piccolo sarà assolutamente normale, in un
DIV ampio mostra invece aumento del flusso polmonare, quindi un aumento della trama
vascolare polmonare e una cardiomegalia.
Un elettrocardiogramma con un’iperfrofia sinistra da sovraccarico di volume e destra da
sovraccarico di pressione del ventricolo dx, quindi ipertrofia biventricolare. Attenzione noi
parliamo di ipertrofia ventricolare sin ma ciò che troviamo nel DIV è una prevalenza delle
sezioni sinistre dovuta ad una ipertrofia eccentrica, in realtà è la dilatazione del ventricolo sin
che noi visualizziamo.
Dall’inizio degli anni 80 la diagnosi si fa con l’eco.
STORIA NATURALE
-I difetti piccoli si chiudono spontaneamente nella grande maggioranza dei casi entro due anni
di vita;
-i difetti moderati ci possono dare sintopatologia dello scompenso cardiaco perché questo
sovraccarico delle sezioni sinistre del cuore si ripercuote a monte e si può avere la
sintomatolgia del pre-scompenso che nel neonato si esprime sempre con: ridotto incremento
ponderale, affaticamento alla suzione (equivale alla prova da sforzo nell’adulto), fino ad
arrivare a sintomi veri e propri dello scompenso: pallore, rientramenti intercostali, dispnea e
tachipnea, tachicardia di compenso. Ci può essere anche una ripercussione sul cuore destro
quindi epatomegalia . E’ una fortuna che ci siano questi sintomi, se c’è un DIV molto ampio il
soffio non è fortissimo, è un po’ come un ventricolo solo quindi con un flusso laminare, non
turbolento quindi se non sviluppasse nessun sintomo avremmo direttamente ipertensione
polmonare irreversibile intorno all’anno di vita. Quindi quando ci sono questi sintomi di
scompenso o prescompenso noi dobbiamo intervenire. Come?
TERAPIA
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Ad esempio nasce un bambino di 2,5 Kg con affaticamento alla suzione, dispnea e tachicardia
non possiamo operarlo subito ma diamo una terapia medica perché se possiamo evitare di
operarlo nel primo mese di vita (età neonatale è meglio).
-ACE inibitori che abbassano pressione arteriosa, se facilitiamo il flusso in aorta diminuiremo
flusso che passa attraverso il DIV;
-Diuretici diminuiscono volume plasmatico e quindi il precarico così che diminuisce quantità
di flusso che passa attraverso il DIV;
-Beta-bloccanti a basso dosaggio e digitali abbassano frequenza cardiaca e quindi i sintomi
connessi alla tachicardia.
Se il neonato arriva a 3,5 Kg , se c’è sintomatologia, i DIV devono essere chiusi o
-chirurgicamente (maggior parte di DIV ampi) con un patch, intervento ha bassissima
mortalità e si fa in tutti i difetti interventricolari perimembranosi;
-negli interventi interventricolari muscolari si fa emodinamica interventistica posizionando
un device che sarebbe un vero e proprio tappo e chiudono in questo modo il DIV muscolare.
Il vantaggio è che il bambino non va in sala operatoria, non prova dolore e dopo 2 giorni può
essere dimesso. L’efficacia è ottima in entrambe le tecniche, il bambino ha una vita normale e
se il DIV è chiuso bene può fare anche sport agonistici.
Il DIV piccolo è compatibile con una vita perfettamente normale, come si fa a dire che è
piccolo? Lo diciamo quando la pressione nel ventricolo dx è normale. Si chiama anche
restrittivo e non porta nessun sovraccarico né di volume nel ventricolo destro né di pressione
nel ventricolo sin. Non si può ingrandire col tempo o si chiude o resta così. Unica precauzione
è la profilassi dell’endocardite batterica nel caso in cui il bimbo va dal dentista oppure fa un
intervento di tonsillectomia o di adenoidi questo perché se entra un germe può andare a
posizionarsi sulla turbolenza del flusso attraverso il DIV e quindi si può avere l’endocardite
batterica che è una malattia che può essere anche letale.
DIV moderati ampi terapia medica e chiusura in cardiochirurgia oppure in emodinamica.
[Attenzione a come raccontiamo il DIV: un bambino di 6 anni aveva disegnato il suo cuore
come una gomma di una macchina con un buco che perdeva, questo bambino pensava di
avere un buco nel cuore e di perdere sangue dal suo cuore. Sono cose a cui non pensiamo mai
ma se diciamo che c’è un piccolo buco nel cuore può sembrare grave nell’immaginario dei
genitori, meglio dire che c’è una comunicazione tra i due ventricoli.]
DOTTO ARTERIOSO
Sapete tutti che durante la vita fetale se il dotto si chiude, il feto muore. Il dotto di Botallo nella
vita fetale, così come il forame ovale ampio, assicura una normale circolazione fetale. Quando
facciamo per esempio l’eco fetale è chiaro che se noi diciamo che il bambino sta bene non
possiamo escludere il dotto di Botallo perché durante la vita fetale c’è e si chiude solo dopo la
nscita, ma in ogni caso non dobbiamo far preoccupare i genitori. Sono nozioni che dobbiamo
tenerci per noi alcune volte e dire “tutto apposto, possiamo escludere tutte le cardiopatie che
sono il 60-70%, quelle che non si possono escludere, non si possono escludere a nessuno
quindi neanche a lei”.
FISIOPATOLOGIA
Dopo la nascita è la stessa identica fisiopatologia del DIV: se il dotto è piccolo, ve bene così,
non c’è sovraccarico, se il dotto è grande ovviamente si ha uno shunt sinistro-destro e un
sovraccarico di volume delle sezioni sinistre.
La presenza del dotto pervio è molto frequente nei bambini prematuri, questi bambini già con
tanti problemi respiratori hanno anche il problema che il dotto di Botallo che si chiude più
difficilmente e questo può portare seri problemi.
DIAGNOSI
Il quadro sintomatologico è uguale al DIV: i sintomi dello scompenso in epoca neonatale.
Sentiamo un soffio continuo sistodiastolico nel focolaio di ascoltazione sottoclaveare sinistro.
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Con la Radiografia si può osservare cardiomegalia e aumento della trama vascolare, con
l’ecocardiografia si fa facilmente la diagnosi.
-Dotto piccolo è compatibile con la vita normale, profilassi dell’endocardite batterica se si va
dal dentista o interventi di piccola chirurgia.
-Dotto grande si deve chiudere. Come? Prima del pretermine si può tentare la chiusura con
l’ibuprofene o l’indometacina, farmaci che provocano contrazione delle cellule muscolari lisce
della tonaca media del dotto e quindi possono essere efficaci nella chiusura del dotto.
(distinzione tra dotto grande e piccolo si fa con eco misurando il gradiente di pressione tra sin
e destra e anche vedendo un flusso accelerato: se accelera il flusso vuol dire che il DIV o il
dotto non sono tanto grandi)
Quando non si riesce a chiudere nel pretermine con i farmaci, bisogna chiuderlo
chirurgicamente. Nel neonato a termine invece si dà la terapia medica quindi Ace inibitori e
diuretici ma si possono fare:
-intervento chirurgico quando il bambino è di basso peso
-dai 4 kg in poi si chiude con emodinamica.
Si deve chiudere quando ci sono i sintomi o anche quando all’eco misuriamo un atrio sin e
vintricolo sin che sono più grandi del normale, segno di sovraccarico di volume delle sezioni
sinistre. La terapia medica in questo caso serve a sperare che magari, se pesa 2,8 Kg, arriva a 4
Kg e lo chiudiamo. Come si chiude? O chirurgicamente o in sala di emodinamica. I dispositivi
che abbiamo sono le spirali ed il device che è asimmetrico, un versante si appone al lato
aortico del dotto e lo chiude per la differenza di pressione tra le due camere. Cosa usiamo
dipende dalla grandezza del dotto: più è grande il dotto, più dobbiamo mettere il device e non
le spirali.
Lo stimolo alla chiusura del dotto è l’ossigeno, con la respirazione le cellule muscolari iniziano
a contrarsi con la chiusura del dotto e la formazione del legamento arterioso.
DOTTO DIPENDENZE
Nella classificazione avete visto che c’è una categoria chiamata “dotto dipendenze”, vuol dire
che se si chiude il dotto il neonato si scompensa e muore. Sono tutte le cardiopatie in cui o è
chiuso l’efflusso destro o è chiuso l’efflusso sinistro. Per esempio un’atresia della valvola
polmonare durante la vita fetale non crea nessun problema, dopo la nascita se si chiude il
dotto il bambino muore. Un’atresia aortica ma anche una stenosi aortica o una stenosi
polmonare severissima con una valvola aortica o polmonare che si aprono pochissimo, c’è un
minimo di flusso che le attraversa, la maggior parte del flusso passerà attraverso il dotto. Tutti
gli ostacoli totali o severi all’efflusso destro o sinistro sono cardiopatie dotto dipendenti. In
questi casi si deve mantenere il dotto aperto e per farlo si usano le prostaglandine in infusione
continua che impediscono la chiusura del dotto di Botallo. Una gran parte delle cardiopatie
severe che si diagnosticano dopo la morte sono le dotto dipendenze che possono sfuggire alla
diagnosi e che sono vere e proprie emergenze neonatali. Le prostaglandine le possiamo
mantenere per massimo 15 giorni poi dobbiamo fare qualcosa e dipende dalla cardiopatia.
DIFETTO INTERATRIALE
E’ una cardiopatia molto frequente e può essere localizzata in vari punti del setto interatriale.
Il più frequente è quello detto ostium secundum, a livello del forame ovale quindi a livello
centrale ma il difetto si può localizzare anche in altre regioni: ostium primum è quello della
parte bassa del setto interatriale, la parte subito sopra le valvole atrioventricolari, è il difetto
che fa parte della cardiopatia che si chiama canale atrioventricolare. Ma il difetto può trovarsi
anche in prossimità dello sbocco della vena cava superiore, vena cava inferiore o seno
coronarico.
FISIOPATOLOGIA
Che differenza c’è con il dotto pervio e il difetto interventricolare dal punto di vista
fisiopatologico? Questo shunt si chiama pre-tricuspidalico e quindi si ha la dilatazione
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dell’atrio destro. Il flusso passa dall’atrio sinistro all’atrio destro perché la pressione in atrio
sinistro è un po’ più alta, scende attraverso la tricuspide come una colonna di flusso e quindi il
ventricolo dx si dilata. Il ventricolo dx, rispetto al ventricolo sin, ha una grande capacità di
distensibilità quindi il DIA è quasi sempre asintomatico anche se molto grande perché il
ventricolo dx si dilata però questo non comporta uno scompenso. In ogni caso però più sangue
torna lo stesso dalle vene polmonari in atrio sin e se ne va in parte nel ventricolo sin ma in
parte passa attraverso il difetto interatriale nell’atrio dx quindi il sovraccarico di volume è
delle sezioni dx e non sin. C’è sia un sovraccarico di volume che di pressione che fa si che il 5%
dei difetti interatriali ampi può portare alla sindrome di Eisen Menger e quindi bisogna fare
attenzione a diagnosticarli.
DIAGNOSI
Non è una diagnosi facile, spesso si diagnostica nei ragazzi o anche negli adulti. Non è facile
perché la maggior parte dei bambini e anche degli adulti sono asintomatici, l’unica cosa che si
può avere, come in tutti i tipi di cardiopatie con iperafflusso polmonare, è una maggiore
suscettibilità alle infezioni respiratorio. Un lattante con bronchiti ricorrenti va sempre
indagato per possibile shunt sinistro-destro.
Si sente un soffio che può somigliare a quello innocente perché si ascolta al 2° spazio
intercostale sin ed è sistolico ed eiettivo. Non è il soffio del DIA, il flusso attraverso il DIA,
poiché il gradiente di pressione è comunque basso, non dà un rumore. Il soffio è dovuto a una
stenosi polmonare relativa: attraverso la valvola polmonare passa più flusso del normale che
determina accelerazione. E’ un soffio da iperafflusso polmonare. Ciò che ci permette di
differenziarlo è il timbro: il soffio del DIA ha il timbro rude, quello innocente ha un timbro
dolce, musicale. Inoltre nel DIA si può sentire un altro soffio transtricuspidalico diastolico che
si sente perché abbiamo un passaggio di flusso maggiore del normale.
All’elettrocardiogramma si sente un R-R’ nelle derivazioni precordiali di destra,
l’espressione di un sovraccarico di volume delle sezioni dx del cuore che può arrivare fino al
blocco di branca dx completo. Si può avere anche una deviazione assiale destra, se c’è una
grande prevalenza destra.
Si può avere una radiografia del torace con l’aumento della trama vascolare polmonare e la
prominenza del II arco medio di sinistra che sarebbe l’arteria polmonare dilatata.
La diagnosi si fa con l’ecocardiografia.
STORIA NATURALE
Tutti nasciamo con un forame ovale che nell’epoca fetale deve essere ampio e quindi se
nasciamo con un difetto interatriale ostium secundum nella grandissima maggioranza dei casi
si chiude da solo nel primo anno di vita. Questo vale solo per l’ostium secundum, se si nasce
con un difetto ostium primum o cava superiore il difetto non si chiude mai da solo.
Il difetto di tipo ostium secundum se non si chiude (dopo l’anno di vita) oggi lo chiudiamo in
emodinamica. Con la chirurgia si chiudono tutti i difetti non ostium secundum.
L’emodinamica si piò fare con un peso maggiore di 10 Kg con margini adeguati e i device sono
di vario tipo che apponiamo sotto la guida della sonda dell’ ecotransesofageo. Si usa anche un
palloncino per vedere il diametro massimo del difetto e quindi il numero di device da mettere,
questa tecnica si chiama sizing.
Nel Monaldi fino al 2012 sono stati chiusi 650 DIA con mortalità zero, c’è stata
un’embolizzazione (quando device parte e va a finire in genere in arteria polmonare ed è stato
preso con un catetere), un caso serio in cui il device evidentemente è scivolato verso il basso
con rottura del lembo anteriore della mitrale e quindi il bambino è stato operato d’urgenza in
sala operatoria ed è stata riparata questa fissurazione del lembo anteriore dal chirurgo, per
fortuna adesso il bambino sta bene.
Si possono avere aritmie con un’ incidenza non tanto elevata però oggi (questa metodica si fa
da una quindicina di anni) si comincia a capire che probabilmente per un bambino di 12 Kg
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con un difetto molto grande forse è meglio farlo operare che mettere nel cuore un device
enorme rispetto a un cuore che ancora non è cresciuto perché il device, come una spina
irritativa nell’atrio può portare ad una incidenza di aritmie atriali a distanza di tempo.
La chiusura chirurgica si fa in tutti i DIA e anche in quello ostium secundum ampio ed è un
intervento che oggi il chirurgo paragona ad un intervento di appendicite nel senso che ha una
bassissima mortalità, prossima allo zero, ed è semplice. Il DIA seno venoso sotto la cava
superiore molto spesso si accompagna anche a un ritorno delle vene polmonari di dx anomalo
e quindi chiusura può essere un po’ più complessa. Comunque in linea di massima l’intervento
va bene, si fa in sternotomia mediana in età prescolare (5-6 anni). La mortalità è bassissima,
non è mai zero, anche quando si opera un DIA poi si possono avere aritmie dovute a incisione
sull’atrio di dx, si chiamano aritmie post-incisionali.
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Cardiologia, Lezione 6
Prof. Russo, 29/10/2013
Grazie ad
Annalisa Petraroli
Cardiopatie congenite con ipoafflusso polmonare
Riprendendo il discorso sulle cardiopatie, passiamo ora alle cardiopatie congenite con
ipoafflusso polmonare. Com'è intuitivo,esse si verificano in tutte quelle condizioni in
cui c'è un ostacolo all' efflusso dal ventricolo destro.
La prima malformazione che viene in mente è la stenosi polmonare.
C'è poi la tetralogia di Fallot e la malattia di Ebstein, delle altre (Cardiopatie
complesse con stenosi polmonare) bisogna sapere solo che esistono.
Stenosi Polmonare
La stenosi polmonare è una cardiopatia congenita molto frequente, rappresenta il
10% di tutte le cardiopatie congenite, e può essere associata anche a sindromi
genetiche, in particolare alla sindrome di Noonan (in quanto i pazienti affetti da
sindrome di Noonan, nel 50% dei casi presentano una stenosi polmonare), e a quella
di Williams, che sono sindromi polimalformative. La sindrome di Williams presenta
una stenosi sopravalvolare polmonare, di solito dei rami polmonari, e anche una
stenosi sopravalvolare aortica, questo perché è alterato il gene che codifica per
l'elastina, una proteina che fa parte della parete sia dell'aorta che della polmonare.
L'eziologia della stenosi polmonare è sconosciuta ma certamente esiste
un'associazione con la rosolia contratta dalla madre durante la gravidanza. In questo
caso, una delle malformazioni frequenti è la stenosi polmonare, l'altra è il dotto
pervio. Stenosi polmonare può essere presente anche nella sindrome di Turner, in cui
può essere presente anche coartazione aortica.
La stenosi polmonare si può trovare:
•
A livello della valvola (forma di gran lunga più frequente)
•
Sotto la valvola
•
Sopra la valvola
Il meccanismo fisiopatologico per cui si nasce con una stenosi polmonare sta nella
fusione delle commissure che stanno tra i lembi .
Le commissure sono punti di fusione tra due lembi affrontati quanto più questi punti
si incontrano (come se fossero suturati) tanto meno si apre la valvola.
La fusione delle tre commissure che stanno tra i tre lembi è il meccanismo anatomo
patologico della stenosi polmonare; se c'è poi anche la displasia della valvola, cioè
un'alterazione morfologica del lembo valvolare, tale per cui il lembo si presenta
ispessito, la cura della stenosi polmonare è sicuramente più complicata.
Dal punto di vista fisiopatologico c'è un sovraccarico di pressione della camera che
sta a valle della stenosi, sovraccarico di pressione che è uno stimolo affinchè vi sia
ipertrofia concentrica del ventricolo, quindi nella stenosi polmonare si ha
un'ipertrofia concentrica. Si può avere una dilatazione post-stenotica dell'arteria
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polmonare, questo quando la stenosi è lieve non si ha, quando la stenosi è
moderata o severa l'arteria polmonare si dilata perchè il flusso che passa attraverso
la valvola stenotica, molto spesso è eccentrico, e urta contro una determinata zona
della parete dell'arteria polmonare,che si dilata.
Quindi abbiamo detto: ipertrofia del ventricolo destro, dilatazione post-stenotica
dell'arteria polmonare.
Come ci accorgiamo che c'è una stenosi polmonare?
C'è un soffio che somiglia tantissimo al soffio del difetto interatriale e il meccanismo
alla base del soffio è lo stesso. E' un soffio sistolico al secondo spazio intercostale di
sinistra, sulla parasternale. Si può sentire una riduzione della componente polmonare
del secondo tono e si può sentire un click quando la valvola si apre a scatto, cioè
quando fa un movimento che si chiama “doming sistolico”.
Clinicamente come ci accorgiamo che un bimbo ha stenosi polmonare?
In realtà la clinica varia in base all'entità della stenosi:
•
Se la stenosi è lieve, il bambino è asintomatico alla nascita e sarà asintomatico
per tutto il resto della sua vita, quindi la stenosi polmonare lieve è compatibile con
una vita assolutamente normale.
•
Se la stenosi è moderata o severa, ma soprattutto severa, possiamo avere i
classici sintomi: dispnea, affaticamento da suzione, cianosi.
•
Se la stenosi è severa e non viene trattata, il paziente non raggiunge l'età adulta
Esiste poi la possibilità che alla nascita la stenosi sia molto molto severa, al punto che
la valvola quasi non si apra. In questo caso cambia classe la cardiopatia, e si parla di
cardiopatia dotto-dipendente , che si chiama stenosi critica neonatale.
Critica è la parola che ci fa pensare che se si chiude o si restringe il dotto, il neonato
non sopravvive.
All' ECG si nota ipertrofia ventricolare destra, proporzionata alla severità della
stenosi,per cui una stenosi lieve avrà un tracciato perfettamente normale.
Il tracciato ecgrafico è molto sensibile nella quantificazione della stenosi polmonare,
perchè come comincia a comparire un'ipertrofia ventricolare destra, noi notiamo che
una stenosi polmonare, ad esempio, è peggiorata.
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Ad esempio questa è la
radiografia di stenosi
polmonare molto severa, si
vede una ipodiafania, cioè
un'ipertrasparenza dei campi
polmonari, e la dilatazione
post-stenotica dell'arteria
polmonare, che sarebbe la
prominenza del secondo arco
medio di sinistra.
Come al solito è l'elettrocardiografia a farci fare diagnosi più facilmente, perché come
vedete a sinistra, il flusso da blu diventa variegato e poi vedete questa flussimetria
sulla sinistra.
Questo che vediamo ora è un
doppler colore, quindi una
rappresentazione fatta al
computer di una scala di colori
che cambia colore a seconda di
due cose: una è la direzione del
flusso rispetto a dove io metto la
sonda (blu= allontanamento
dalla sonda, rosso=
avvicinamento alla sonda),
un'altra cosa che possiamo fare è
vedere che accelera il flusso, nel
senso che cambia colore.
Quando cambia colore
tecnicamente vuol dire che la
scala della velocità massima (rappresentata in alto) viene superata dal flusso, cioè il
flusso è più veloce della scala massima che abbiamo fissato. Allora che cosa si fa? Il
flusso accelera e nella diapositiva, a sinistra, vedete questo flusso, a sinistra vedete 01-2-3 : quella è la scala in metri al secondo. Il flusso attraverso una valvola non
stenotica è sempre inferiore a un metro al secondo di velocità. Quando supera il
metro al secondo vuol dire che sta accelerando il flusso. Noi possiamo proprio
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misurare qual è la velocità massima attraverso questa stenosi polmonare con il
doppler, che si chiama pulsato o continuo.
Per misurare la velocità massima c'è un'equazione che è stata trovata da un fisico, che
si chiama Bernoulli, che è 4 moltiplicato la velocità al quadrato.
Allora , se per esempio la velocità è 3 metri al secondo, 4 moltiplicato per 3, al
quadrato, dà 36 che è un gradiente di pressione moderato.
Una stenosi è lieve quando il gradiente di pressione non supera 30-40 mmHg(anche
se esiste una certa variabilità tra i vari apparecchi ecocardiografici), ma bisogna
considerare anche
•
l'aspetto del ventricolo destro,
l'ECG,
•
•
il tipo di soffio che sentiamo.
Terapia: Valvuloplastica Percutanea
In quest'immagine angiografica vediamo in corrispondenza della freccia, il catetere
che sta in ventricolo destro,il mezzo di contrasto è stato iniettato, e dove c'è la freccia
c'è la valvola polmonare stenotica.
A destra invece abbiamo un altro esempio, la freccia indica l'anello polmonare ridotto
di dimensioni. Quando l'anello polmonare è come questo, noi non possiamo trattare
con successo la valvola polmonare in emodinamica. Perché se andiamo a fare la
valvuloplastica della polmonare e gonfiamo un palloncino in un anello così stretto,
rischiamo che si rompa l'anello. Quindi ipoplasia dell'anello è una
controindicazione alla valvuloplastica.
Prima di parlare della valvuloplastica, vediamo qual è la storia naturale.
Quando una stenosi nasce lieve, di solito rimane tale: un neonato che nasce, ad
esempio con una stenosi con 20 di gradiente, è un neonato che ha ottime probabilità
di fare una vita normale.
La stenosi polmonare di grado moderato, invece, può diventare severa nel corso della
vita, secondo vari meccanismi, tra cui la calcificazione dell'apparato valvolare.
Una stenosi polmonare va trattata quando:
•
alla nascita c'è dotto dipendenza: somministriamo le prostaglandine, aspettiamo
qualche giorno, dopodiché portiamo il neonato in sala di emodinamica.
•
C'è un sovraccarico sistolico del ventricolo destro
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Quindi una stenosi moderata, o severa, fa ipertrofizzare il ventricolo destro, facendo
aumentare la pressione al suo interno fino a valori di 50-60 mmHg (anche se alcuni
testi riportano valori di 60-70 mmHg). Diciamo che dai 50 mmHg in su si valuta se
effettuare o meno la valvuloplastica. Se il valore è intorno ai 70 mmHg, sappiamo
con sicurezza che bisogna ricorrere alla valvuloplastica.
Con la valvuloplastica, il palloncino introdotto non fa altro che rompere le
commessure che sono fuse, in modo da aprire la valvola.
L'effetto un po' negativo che si ha è l'insufficienza della valvola polmonare, dato che
è impossibile dosare precisamente di quanto allargare. In ogni caso, l'insufficienza è
meglio tollerata della stenosi severa.
La mortalità è inferiore all'1%.
La valvuloplastica non si può effettuare :
•
quando l' anello è piccolo
•
quando la valvola è troppo displasica, perché l'anello agisce solo sulle
commessure
•
quando c'è una stenosi sopra o sotto-valvolare
Donne con stenosi polmonare, anche moderata o severa, possono portare avanti una
gravidanza, anche se è ovviamente più prudente trattarla prima del parto, se se ne è a
conoscenza.
Tetralogia di Fallot
E' la più comune cardiopatia congenita cianogena, è molto frequente sia in epoca
fetale che neonatale, costituendo circa il 7% delle cardiopatie congenite. Fu scoperta
da Arthur Fallot.
Si tratta di un insieme di quattro anomalie:
•
difetto interventricolare da malallineamento
•
aorta a cavaliere
•
stenosi della valvola polmonare
•
ipertofia ventricolare destra
anche se l'anomalia vera è la deviazione anterosuperiore del setto infundibulare o setto anteriore,
che risulta spostato dentro all'efflusso del ventricolo
di destra.
Questa deviazione provoca un difetto interventricolare che si chiama DIV da
malallineamento, perché non è un DIV da mancanza di tessuto, ma è dovuto al fatto
che durante l'embriogenesi , un pezzo di setto non si è allineato con il setto
trabecolato. Il setto malallineato fa si che l'aorta anziché nascere dal ventricolo
sinistro, si può trovare a cavaliere sul setto interventricolare. L'aorta può essere tanto
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a cavaliere da nascere per il 50% dal ventricolo di destra. Quando l'aorta cavalca il
setto per più del 50%, la patologia cambia nome e si chiama doppia uscita dal
ventricolo destro, perché oltre all'aorta, ovviamente, esce anche l'arteria polmonare.
La fisiopatologia rimane la stessa.
Se il setto sporge nell'efflusso del ventricolo destro quindi nella zona sottopolmonare,
nella zona dell'infundibolo, si crea una stenosi sottovalvolare polmonare e a volte
anche valvolare. L'entità della stenosi dipende da quanto è deviato il setto: quanto più
il setto è deviato antero-superiormente, tanto maggiore sarà la stenosi polmonare.
Ovviamente più è deviato il setto, maggiore sarà la stenosi e maggiore sarà l'ipertrofia
del ventricolo destro e clinicamente comparirà la cianosi.
Il DIV è sempre ampio,il flusso attraverso il DIV diventa destro-sinistro, e lo shunt
destro-sinistro provoca la cianosi.
Vediamo la fisiopatologia: è sempre la stessa?
In realtà no, perché dipende solo ed esclusivamente dall'entità dell'ostruzione
sottopolmonare. Ma se il setto infundibulare è solo deviato di poco,quindi sporge
poco nell'efflusso del ventricolo destro, il Fallot cambia nome, e si chiama “Fallot
Rosa”. Prende questo nome perché non è cianotico, e non lo è perchè se l'ostruzione
attraverso la polmonare è molto lieve, lo shunt attraverso il DIV è sinistro-destro,
arriva soltanto poco flusso polmonare in meno, e perciò si chiama Fallot Rosa e dal
punto di vista clinico è identico al difetto interventricolare.
Domanda: nello shunt ventricolare sinistro- destro, non c'è ipertrofia ventricolare
destra? No, nello shunt che si viene a creare nel Fallot rosa, l'ipertrofia, che sarà
lieve,dipende dalla pressione:se la stenosi polmonare è lieve, la pressione non diventa
altissima nel ventricolo sinistro, e quindi il sangue va dalla camera a pressione
maggiore a quella a pressione minore, perciò lo shunt sarà sinistro-destro. In un DIV
con una lieve stenosi polmonare, quanto più aumenta l'ostruzione dx, tanto più
s'inverte lo shunt, e la maggior parte dei Fallot non è rosa, in quanto questi
rappresentano solo il 10% dei totali.
La fisiopatologia è quella di un'ostruzione moderata, o moderata-severa, di cianosi,
che nel caso di neonati e con dotto eccessivamente grande, si può anche non vedere,
via via che il dotto si va restringendo, la cianosi compare. Esistono poi anche delle
crisi di cianosi che prendono il nome di crisi asfittiche, che sono verosimilmente
dovute a spasmi dell'infundibulo polmonare. Questo essenzialmente è un cono
muscolare che può andare incontro a spasmi, rendendo il bambino ancora più
cianotico.
La presentazione clinica dipende da:
•
grado di ostruzione all'efflusso del ventricolo dx
•
presenza del dotto arterioso
se questo setto infundibulare è deviato completamente verso l'efflusso destro, lo può
anche chiudere e quindi il Fallot può diventare un Fallot con atresia polmonare. In
questo caso la cardiopatia diventa dotto-dipendente.
Clinica
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La clinica consiste nell'ascoltazione di un soffio eiettivo sul focolaio polmonare. Non
si tratta del soffio del DIV perchè il DIV non è restrittivo quindi attraverso il DIV il
flusso non passa in modo accelerato, il flusso è invece proprio quello che passa
attraverso l'infundibulo stretto.Se il soffio quasi non si sente vuol dire che passa
pochissimo flusso, per cui paradossalmente sentire un soffio nel Fallot è positivo,
perchè indica che c'è un'adeguata quantità di flusso che passa. Se il setto è molto
deviato, non sentiamo quasi il soffio.
La cianosi nel neonato e nel bambino si misura con un saturimetro percutaneo,
posizionato su un dito o sulla caviglia, il quale rileva la saturazione percutanea di
ossigeno nel sangue, che normalmente deve essere 100%. Ovviamente quando
diminuisce la saturazione di ossigeno, si ha un certo grado di cianosi.
Diagnosi
Il famoso “cuore a scarpa” è il cuore di un Fallot severo o di un Fallot con atresia
polmonare. E' un cuore in cui
l'ipertrofia ventricolare dx è così
spiccata che si solleva la punta
del cuore, all'ombra cardiaca
visualizzata alla radiografia del
torace.
Altro segno è l'assenza del
secondo arco di sinistra perché la
polmonare, quando il Fallot è
severo, molto spesso ha un tronco
di ridotte dimensioni, perché
durante la vita fetale ha ricevuto
meno flusso.
Se non si interviene nella tetralogia di Fallot:
25% muoiono nel primo anno di vita
40% muoiono nel 3° anno di vita
70% muoiono nel 10° anno di vita
95% muoiono nel 40° anno di vita
Il 5% dei pazienti che sopravvive è rappresentato dai Fallot in cui la stenosi non è né
troppo lieve (perché se fosse troppo lieve si avrebbe un DIV ampio, e quindi
ipertesione polmonare, perché è come se la stenosi non ci fosse), né troppo severa
(perché se fosse troppo severa, si avrebbe cianosi ingravescente e scompenso
cardiaco destro).Visto che il 25% dei pazienti muore entro il primo anno di vita,
siamo costretti ad intervenire. La terapia medica consiste:
•
nella somministrazione di prostaglandine, nelle forme dotto-dipendenti
•
ossigeno terapia in maschera, in caso di pazienti con crisi asfittiche, per
migliorare la saturazione di ossigeno nel sangue, e possiamo sedarli con la morfina
per far diminuire il tono adrenergico
•
beta bloccanti (propanolo) perché possono avere un effetto sulle contrazioni
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muscolari dell'infundibolo
Il Fallot si opera sempre, ma in genere non si opera nei primi mesi di vita. Negli anni
'90 si tendeva ad operare i Fallot, fra i 3 e i 6 mesi di vita, ma i risultati non erano
soddisfacenti e quindi si è giunti alla conclusione di operare i Fallot subito sotto
l'anno di vita. La decisione di operare dipende dal peso e dall'anatomia del Fallot.
Se nasce un neonato cianotico e con infundibolo molto stretto, di peso pari a 3 kg che
facciamo? Se è dotto-dipendente sicuramente bisogna intervenire, perché non
possiamo mantenere il dotto aperto fino al primo anno di vita, ma anche se non è
dotto dipendente, ma è severo, dobbiamo fare qualcosa. Cosa facciamo?
In passato si ricorreva allo shunt chirurgico che consiste nell'interposizione di un
tubicino che si può fare a vari livelli. Quello classico è quello di Reitz-BlalockTaussing, tra la succlavia destra e l'arteria polmonare destra. (Taussing era una
cardiologa, Blalock era un chirurgo, che hanno inventato l'intervento di shunt negli
anni '60. E' stato il secondo intervento inventato, perché il primo era stato la chiusura
del dotto di Botallo). Lo shunt si fa in toracotomia, dal lato ovviamente in cui bisogna
fare lo shunt, dà in genere risultati buoni, ma si possono avere comunque
complicanze.
E allora,il cardiologo ruba un po' il mestiere al cardiochirurgo. Infatti quando il dotto
di Botallo non è tanto lungo e non è tanto tortuoso, si può mettere uno stent
polmonare, che si posiziona tramite un catetere nel dotto stesso.
Lo stent è un cilindretto cavo, che si usa anche nelle angioplastiche coronariche
quando ci sono infarti, e può essere metallico o di altri materiali. Ha una durata di
circa 4-6 mesi, che sono però sufficienti per permettere al neonato di sopravvivere
fino all'intervento.
Non tutti i Fallot mettono uno stent o fanno uno shunt, i Fallot moderati, vengono
monitorati mensilmente e se rimangono tali, vengono operati direttamente dopo il
primo anno di vita. Sono i Fallot severi a neccessitare di un intervento palliativo.
Palliativo non vuol dire risolutivo: palliativi sono shunt e stent.
Arriviamo all'intervento chirurgico vero e proprio. Questo viene effettuato dal
cardiochirurgo per sternotomia mediana, che posiziona un patch, che può essere
immaginato come una toppa, è una toppa in genere di (? non si capisce) che non
provoca nessun rigetto. Si chiude il DIV con il patch. (Se l'aorta è un po' più a
cavaliere, il patch viene posizionato in modo diverso.) Poi si taglia l'infundibulo
(infundibulectomia) e si va a rimuovere letteralmente l'ipertrofia e il setto
infundibulare deviato. E' un intervento non facile, non standardizzato, anche perché,
come diceva un famoso anatomopatologo inglese, Balderston,ogni Fallot è diverso
dall'altro (“non ho mai visto in vita mia un Fallot perfettamente identico ad un altro
Fallot, c'è sempre un particolare che li differenzia”).
Le possibili complicanze di questo intervento sono:
•
insufficienza polmonare, quasi sempre l'anello polmonare è piccolo rispetto
alle dimensioni normali, e si deve allargare, e il chirurgo lo allarga mettendo un patch
che si chiama “patch trans-anulare”. Allargando l'anello,e facendo spesso anche una
commessurotomia valvolare, la valvola polmonare si chiude ma nella maggior parte
dei casi non si chiude bene. Quindi l'insufficienza polmonare è quasi la regola.
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Ovviamente l'insufficienza che ne deriva può essere lieve, moderata o severa.
•
Shunt residuo attraverso il DIV
•
aritmie post-operatorie
•
insufficienza valvolare
Specialmente quando i pazienti vengono operati molto precocemente, c'è una
maggiore probabilità di avere complicanze, tra cui l'associazione di shunt residuo e
stenosi polmonare residua.
Resta comunque il fatto che la metà dei Fallot, nella vita, ha bisogno di altri
trattamenti che possono essere: un intervento, una plastica con un catetere, o altro.
Questo ci farebbe pensare che il Fallot vive peggio del DIV. Perché il DIV è un unico
difetto, a differenza del Fallot, perché il DIV si chiude con catetere con device, si può
anche operare (in genere una sola volta). Ebbene non è così.
E' stato condotto uno studio su 50 ragazzi operati di DIA, intervistati a 20 anni e 50
ragazzi operati di Fallot, intervistati sempre a 20 anni. Questi 100 ragazzi sono stai
reintervistati a distanza di 10 anni, sulla loro qualità di vita,facendo definire a loro
quali erano i parametri di una buona vita.
Si è riscontrato che i 50 difetti interatriali stavano peggio dei 50 Fallot.
Trasposizione delle grandi arterie
La parola stessa ce lo dice, la trasposizione consiste nell'inversione delle arterie, cioè
l'aorta nasce dal ventricolo destro e la polmonare dal ventricolo sinistro.
La trasposizione può essere semplice, quando c'è solo l'inversione. Questa forma è la
più grave alla nascita, può essere con DIV oppure con DIV e stenosi polmonare,
quella con sola stenosi polmonare è rarissima. E' abbastanza frequente, rappresenta
circa il 5-7% delle cardiopatie congenite e nel 70% dei casi colpisce i maschi. Questo
perchè c'è un'eziologia genetica. Può essere maggiormente presente quando abbiamo
diabete durante la gravidanza, in quanto il diabete può essere un fattore “teratogeno”,
o quando si è fatta una terapia ormonale (come ad esempio la famosa fecondazione
assistita, che si fa con stimolazione ormonale per favorire l'ovulazione e
l'attecchimento dell'embrione).
Aorta dal ventricolo destro, polmonare dal ventricolo sinistro, si chiama anche
discordanza ventricolo-arteriosa e ne esistono varie forme. Esiste
•
la trasposizione semplice, cioè quella che si chiama “ a setto interventricolare
integro”,
•
esiste quella con DIV,
•
quella con DIV e stenosi polmonare
e poi esiste una forma che è meno frequente, in cui il setto infundibolare è
•
deviato verso l'aorta e questa è una trasposizione con DIV, stenosi sottoaortica e
coartazione dell'aorta.
Il 50% delle trasposizioni sono a setto intatto, quindi trasposizioni semplici.
Che succede quando nasce un neonato con una trasposizione a setto intatto? Il
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neonato nasce blu. E se non c'è un posto nel cuore dove si mischia il sangue venoso e
il sangue arterioso, il neonato muore. Qual è questo posto? Il forame ovale, il dotto di
Botallo. La trasposizione a setto intatto quindi, per sopravvivere, necessita di un
mixing soprattutto a livello interatriale o anche ci può aiutare il dotto di Botallo. La
trasposizione a setto intatto è quindi un'emergenza neonatale.
(E' stato scritto un articolo nel 1999, a Parigi, che ha dimostrato definitivamente
come la diagnosi prenatale di questa cardiopatia, migliora la morbilità e la mortalità
dei neonati affetti da trasposizioni a setto intatto. Chiaramente questa affermazione
dipende un pò da dalle regioni,dalla geografia, dal modo in cui ogni regione è
organizzata, in Francia per esempio, c'è Parigi che è il centro della cardiochirurgia.)
La diagnosi neonatale comunque, sicuramente migliora la vita dei neonati affetti da
trasposizione a setto intatto in particolare, ma anche da trasposizione con DIV, anche
se ovviamente il DIV può essere una serie di mixing, ma non lo è tanto perchè spesso
a livello del DIV, i flussi si incrociano e vanno a finire in aorta e in arteria polmonare
e non si ha un “mescolamento” adeguato.
Tornando alla trasposizione a setto intatto, il sintomo principale del neonato con
questo tipo di trasposizione, è la cianosi,che è molto severa. Si può sentire un soffio
continuo da dotto anche se di solito non si sente niente, non si sente nessun soffio,
quindi la diagnosi è prevalentemente clinica. L'ECG può mostrare una prevalenza
destra maggiore di quella normale del neonato, ma la diagnosi si fa con l'eco.
Qui vedete, in alto, un
vaso che nasce dal
ventricolo destro e non
biforca;
in basso a destra vedete
il ventricolo sinistro, da
cui nasce un vaso dove
c'è scritto “A P” con i
due asterischi che sono i
rami polmonari. In
basso invece lo vedete in
movimento. La diagnosi
è abbastanza facile
all'ecocardiografia.
Storia Naturale
Addirittura il 30% muore nella prima settimana di vita e il 90% muore entro un anno,
quindi è una storia naturale drammatica. Infatti nell'ambito delle trasposizioni, quella
a setto intatto è rarissimo che arrivi a un anno di vita; la trasposizione con DIV e
quella con DIV e stenosi polmonare, ci può arrivare ma si tratta di casi ovviamente
sporadici.
Che si fa una volta che il neonato cianotico arriva in emergenza, al centro dove deve
essere trattato?
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Innanzitutto si mettono le prostaglandine che ci aiutano a mantenere il dotto aperto, e
poi si “strappa” la membrana della fossa ovale con un catetere a palloncino, che viene
tirato bruscamente. Si tratta di una settostomia atriale con palloncino o manovra di
Rashkind (dal nome del cardiologo che a metà degli anni '60 ha inventato questa
manovra). L'invenzione di questa manovra ha letteralmente salvato la vita a tutti
questi neonati, perché in genere si fa nella prima giornata di vita. Il cardiologopediatra mette un catetere (anche dall'ombelicale) e tira bruscamente questo pallone
gonfiato dall'atrio sinistro all'atrio destro e tirando in questo modo ,viene via anche la
membrana della fossa ovale o comunque si allarga il forame ovale. Allargando il
forame ovale, cioè creando un vero e proprio difetto interatriale, si ha quel
mescolamento del flusso che permette il passaggio da una saturazione del 60% a una
saturazione del 75-80%. Il neonato ovviamente rimane cianotico, ma la situazione
migliora. Questo ci permette poi di procedere. Allora che cosa si fa? Negli anni '80
non esisteva altro che un intervento, cioè quello inventato da due chirurghi che si
chiamano Mustard e Senning. L'intervento consiste nell' invertire le vene, in modo da
ripristinare la circolazione fisiologica. Questo si fa utilizzando due patches incrociati
negli atri, demolendo il setto interatriale e deviando
•
con un patch il flusso delle vene polmonari che arriva all'atrio sinistro, verso la
tricuspide, e verso il ventricolo destro da cui nasce l'aorta;
•
con un altro patch il flusso proveniente dalle vene cave, verso la mitrale e il
ventricolo sinistro, da cui nasce la polmonare.
Si chiama correzione fisiologica o switch atriale ed è un intervento che si fa tra i 3 e
i 6 mesi di vita, quindi prima si fa il Rashkind (ovviamente se c'è anche un DIV, si
chiude il DIV). Questo intervento va bene per la trasposizione a setto intatto e per la
trasposizione con DIV.
I risultati sono piuttosto buoni, la sopravvivenza è di circa 70-75% a 40 anni, il che
non è male considerato il quadro drammatico con cui si nasce. Certamente ci sono dei
problemi però.
I soggetti stanno bene, infatti la maggior parte di essi sta in classe I-II NYHA.
La classificazione NYHA è una semplice classificazione anamnestica con la quale si
vede il grado di dispnea:
•
Dispnea 0 = Classe NYHA I
•
Dispnea per sforzi importanti= Classe NYHA II
NYHA sarebbe New York Heart Association.
In ogni caso, il 50% dei pazienti che fa una prova da sforzo, manifesta una ridotta
capacità all'esercizio fisico, perché il ventricolo destro svolge per tutta la vita la
funzione del ventricolo sinistro. Il ventricolo destro non è fatto anatomicamente per
fare questo e quindi purtroppo la stragrande maggioranza dei pazienti ha una ridotta
capacità allo sforzo, e molti di essi, arrivati all'età di 30-40 anni, hanno una ridotta
contrattilità del ventricolo destro, quindi una disfunzione ventricolare dx. Molti
presentano insufficienza della tricuspide che deve svolgere la funzione della mitrale.
Ci sono però anche casi di pazienti che hanno avuto figli, quindi donne che hanno
portato avanti gravidanze dopo essere state operate.
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Alla fine degli anni '70, un cardiochirurgo francese, Lecompte, ha inventato una
manovra, che si chiama manovra di Lecompte anche se i francesi sono nazionalisti e
perciò sui libri viene descritta come “french manouvre”. Questa manovra, tagliando
l'aorta e portando l'arteria polmonare davanti,ha permesso di rivoluzionare la
prognosi di questi neonati.
Questa si configura come switch
arterioso o correzione anatomica
che consiste nel tagliare l'aorta e la
polmonare al di sopra delle valvole,
la valvola aortica farà la valvola
polmonare per tutta la vita e
viceversa. Si fanno inoltre dei tagli
circolari per staccare le arterie
coronarie all'origine, perché queste
si devono traslocare sull'aorta.
La switch è difficile perché si fa nei
primi giorni di vita, perché
ovviamente non devono calare le resistenze polmonari. Se calano le resistenze
polmonari, traslocare un'aorta di un ventricolo sinistro, che si è abituato a lavorare
contro delle resistenze basse, il ventricolo sinistro si sfianca. Quindi l'intervento di
switch arterioso si fa nei primi 10-12 giorni di vita. Il dotto va mantenuto aperto con
le prostaglandine per far calare meno le resistenze polmonari.
L'intervento non si fa quando c'è una sepsi neonatale. In questi casi rari,si fa ancora
la Mustard.
Oggi la qualità di vita dei pazienti operati di switch è ottima, alla prova da sforzo
quasi tutti hanno una normale capacità di esercizio e sono quasi tutti in I classe
NYHA.
Infine nella trasposizione con DIV e stenosi polmonare, l'intervento si fa sempre in
Rashkind e si fa un po' più tardi perchè esiste una difficoltà tecnica che è quella di
chiudere un DIV, mettendo un tubo tra il ventricolo destro e l'arteria polmonare e
questo si chiama intervento di Rastelli (da Giancarlo Rastelli che è il cardiochirurgo
che l'ha inventato). Poi sempre Lecompte negli anni '90 ha trovato il modo , quando
l'anatomia lo permette, invece del tubo, di mettere un patch tra ventricolo destro e
arteria polmonare.
Che differenza c'è tra patch e tubo?
Se mettiamo un tubo in un bambino di un anno, questo è piccolo, e per forza di cose
dobbiamo andare a cambiarlo molte volte nel corso della vita. Quindi è un qualcosa
che se si può evitare, è meglio evitare.
Per concludere questa lezione, voglio solo raccomandarvi di non “frammentare” il
paziente che si presenta alla vostra osservazione e di fare attenzione al modo in cui si
comunica la diagnosi. Infatti la diagnosi che fa il medico è diversa da quella del
paziente. Il medico parla di statistiche e non dobbiamo ridurre il paziente a semplice
dato, facendo attenzione non solo a ciò che si dice ma al modo con cui si comunica,
cioè al cosiddetto “linguaggio non verbale”.
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Cardiologia, Lezione 7
Prof.ssa Russo, 30/10/2013
Grazie a
Gaetano Lombardi
La prof comincia spiegando che lo ‘squatting’ era una posizione usata dai pazienti di tetralogia di Fallot per
aumentare il ritorno venoso e quindi aumentare il flusso che passava attraverso l’infundibolo, tuttavia
siccome oggi tutte le tetralogie di Fallot vengono operati con successo, non ci sono soggetti che, in età
adulta, hanno bisogno di assumere la posizione dello ‘squatting’. Inoltre ha precisato che ad oggi si operano
anche soggetti di trenta anni con tetralogia di Fallot, perché i rischi dell’operazione cardiaca sono meno dei
rischi che si corrono a causa della malattia.
N.B. PER TUTTE LE PROCEDURE CHIRURGICHE LA PROF. RIMANDA ALLE LEZIONI DI CARDIOCHIRURGIA.
Inoltre, siccome non verrà trattato a lezione il canale atrio ventricolare, la prof ricorda che sul libro
‘cardiologia’ è presente un errore: il canale atrio ventricolare di forma intermedia è fatto da due valvole
atrio ventricolari e non un solo ostio. Inoltre a lezione non sarà trattata l’Insufficienza Aortica,
l’ipertensione arteriosache però saranno domande di esame, mentre si possono evitare le anomalie della
tricuspide.
COARTAZIONE AORTICA / STENOSI AORTICA
Ossia cardiopatia con ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro. In realtà la coartazione riguarda non solo
l’istmo dell’aorta ma anche l’arco trasverso, può essere di vari tipi, ma in ogni caso si estrinseca come un
restringimento diffuso o circoscritto nella zona dell’istmo aortico. Può essere più o meno estesa, più è
estesa e peggiore è la prognosi.
Quando si diagnostica la coartazione aortica, bisogna sempre vedere il numero di lembi della valvola
aortica, perché ad un gran numero di coartazioni aortiche si associa una malformazione detta ‘aorta
(valvola) bicuspide’, ma questa è solo la più frequente di una serie di malformazioni che si associano più
frequentemente alla coartazione aortica. Esiste, inoltre, una sindrome neonatale detta Sindrome di
Shone(Coartazione A, Stenosi Aortica, difetto interventricolare e anomalie della valvola mitrale).
La coartazione più essere dovuta a una membrana che si trova nella parete postero-laterale dell’istmo
aortico in corrispondenza del Dotto di Botallo, ma può essere anche una lesione a forma di clessidra, un
restringimento della parete vero e proprio, o ancora un ipoplasia di un tratto dell’aorta che provoca un
restringimento del lume. Questa ipoplasia può essere talmente marcata da provocare l’interruzione del
flusso in aorta.
Frequenza. E’ una lesione piuttosto frequente, in epoca fetale purtroppo è di difficile diagnosi, perché in
epoca fetale il Dotto di Botallo (che forma un arco con l’aorta discendente) può essere confuso con l’arco
vero. Si può associare, in particolare, alla sindrome di Turner, ad anomalie extracardiache, ma certamente è
difficile diagnosticarla in epoca neonatale. [N.B. La prof dice che non è necessario sapere i criteri di diagnosi
della coartazione aortica.]
Come si diagnostica? Si sospetta, in epoca fetale, se si vede una prevalenza del ventricolo destro sul sinistro
all’ecocardiogramma, inoltre si può talvolta distinguere l’arco vero dall’arco duttale grazie alla presenza dei
vasi del collo (che si staccano dall’arco vero). La presenza di un’accelerazione localizzata del flusso nell’arco
vero permette di porre diagnosi di coartazione aortica, anche se non è sempre così facile da individuare.
Dal punto di vista clinico esistono due forme di coartazione.
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COARTAZIONE AORTICA DOTTO-DIPENDENTE
La prima è detta ‘ dotto-dipendente’ in cui la stenosi è talmente serrata da richiedere la presenza del dotto
per assicurare una buona circolazione destro-sinistra, si instaura quindi una dottodipendenza della
circolazione sistemica. Tuttavia, molto spesso, i neonati vengono dimessi in seconda-terza giornata di vita in
cui il dotto può essere ancora perfettamente pervio, per cui il neonatologo non si accorge della
coartazione, soprattutto se il dotto è molto grosso (non si rilevano differenze palpatorie tra i polsi femorali
e quelli ascellari/brachiali). Nel momento in cui il dotto comincia a stringersi (anche 1 o 2 mesi dopo la
nascita) il neonato va in scompenso perché il restringimento del dotto provoca ipoperfusione, scompenso e
shock cardiogeno. In realtà, siccome già nel secondo/terzo giorno il dotto comincia parzialmente a
restringersi, è più facile avvertire una differenza tra i polsi periferici (anche grazie alle varie visite
pediatriche nei primi giorni di vita) alcuni casi di coartazione dotto-dipendente vengono diagnosticati prima
che si arrivi allo shock.
COARTAZIONE AORTICA NON DOTTO DIPENDENTE
Esiste, poi, una situazione in cui l’ostruzione è lieve e quindi non dotto-dipendente, tuttavia, man mano che
il soggetto cresce, cresce l’aorta ma non il punto in cui c’è l’ostruzione e quindi man mano la coartazione si
manifesta.
Nella forma neonatale, importante per la diagnosi è la palpazione dei polsi periferici poiché si sente una
differenza. I polsi della parte superiore del corpo risultano ‘scoccanti’ a causa dell’ipertensione arteriosa a
monte della coartazione, mentre i polsi ‘inferiori’ risultano più deboli.
Nell’adulto, la diagnosi di coartazione aortica è una diagnosi occasionale ed è la causa più frequente di
ipertensione arteriosa nel giovane. In un giovane di venti anni con riscontro di ipertensione arteriosa, prima
di pensare all’ipertensione arteriosa essenziale (che sarebbe quella della stragrande maggioranza della
popolazione, da cause ignote), prima di pensare all’ipertensione secondaria a problemi renali, una delle
cause più frequenti è proprio la coartazione aortica, per cui bisogna prima escludere quest’ultima come
causa dell’ipertensione e poi procedere con la diagnosi differenziale. Altra possibilità è che questa
ipertensione agli arti superiori possa causare cefalea, per cui la cefalea stessa risulta essere un campanello
d’allarme per l’ipertensione arteriosa dovuta a coartazione aortica non trattata.
[In questo punto la prof ha mostrato una serie di immagini e di video. I video non ci sono stati forniti]
Nel neonato in cui è ancora presente un grosso dotto pervio la diagnosi risulta più ardua per la facilità con
cui esso simula la presenza di un arco aortico normale, o perché all’imaging esso va a coprire la zona della
coartazione. La prof spiega come sia possibile rilevare all’ecocardiogramma reperti in cui la coartazione si
manifesta dopo la carotide con restringimento del lume ben visibile. L’eco color doppler aiuta nella diagnosi
rivelando come il flusso acceleri in corrispondenza della coartazione. L’eco color doppler, inoltre, permette
la diagnosi parametrica di coartazione aortica. Tramite la misurazione del gradiente di pressione (differenza
tra la pressione a monte e a valle della stenosi), si dice che un soggetto ha la coartazione aortica quando il
gradiente è superiore ai 20 mmHg.
Nella forma adulta, non diagnosticata, si può avere la formazione di circoli collaterali a partenza dall’aorta
che possono seguire il percorso delle coste e rivelarsi alla radiografia del torace le cosiddette incisure
costali, queste incisure possono rappresentare un altro segno di coartazione, ma la diagnosi nell’adulto è
fatta tramite Risonanza Magnetica Nucleare e non tramite Ecocardiografia. Tramite la risonanza magnetica
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si può ottenere una ricostruzione in tre dimensioni tramite la quale il chirurgo può avere una più chiara
rappresentazione della coartazione, per questo motivo il gold standard per la diagnosi nell’adulto e
nell’adolescente è la Risonanza Magnetica.
Cosa succede se non si diagnostica una cardiopatia di questo tipo?La sopravvivenza scende fino a
raggiungere un valore di sopravvivenza a 20 anni del 35%. Statisticamente un 10% di coartazioni neonatali
che non vengono diagnosticate porta alla morte del feto nel primo anno di vita. Tra le cause della morte vi
sono la rottura dell’aorta, l’endocardite batterica, emorragia intracranica per ipertensione arteriosa non
compensata per cui la storia naturale della coartazione fa propendere per l’intervento chirurgico il prima
possibile.
Il trattamento chirurgico è attuato dal cardiochirurgo neonatale, perché tutti i neonati affetti da
coartazione aortica non possono essere trattati in emodinamica ma vanno operati. Esistono diversi tipi di
interventi, ovviamente la scelta va fatta in base alle caratteristiche anatomiche della coartazione stessa.
L’intervento più auspicabile si chiama ‘Anastomosi Termino-Terminale’ e consiste in una vera e propria
anastomosi tra i due monconi di aorta che vengono suturati tra di loro previa asportazione del tratto
stenotico. Ciò, ovviamente, è possibile quando la coartazione è ‘localizzata’. Se la coartazione è estesa
all’arco trasverso, ad esempio, c’è bisogno di fare un altro tipo di intervento. Oggi esiste la possibilità di fare
un intervento esteso all’arco trasverso, in sternotomia, si mette un patch sotto l’arco trasverso, ma è un
intervento piuttosto difficile per cui gli interventi più usati (in toracotomia) sono:
•
•
Anastomosi termino-terminale, con la possibilità di sacrificare un tratto della succlavia visto che nel
neonato esiste la possibilità che si formino circoli collaterali e utilizzando un tratto della succlavia per
sostituire il tratto stenotico della coartazione,
Anastomosi con patch di allargamento.
La sopravvivenza dopo l’intervento è circa l’80% a 25 anni, quindi non è 100%. Tuttavia lo stesso
trattamento chirurgico non elimina tutti i rischi e le complicanze.
Complicanze:
•
•
•
Re-coartazione aortica: intervenendo con una anastomosi termino terminale in un neonato può
accadere che il neonato cresca, l’aorta cresca con il passare degli anni, ma il punto della sutura rimane
stenotico e ristretto. Questo fenomeno prende il nome di re-coartazione e avviene in circa il 50% dei
neonati operati.
Ipertensione Arteriosa Persistente, anche seè dimostrato, ma non si sa il perché, che quanto più
presto si opera la coartazione, tanto più è probabile risolvere l’ipertensione arteriosa.
Anomalie di funzione rispetto alla massa del ventricolo sinistro che è aumentato.
Il cardiologo interventista, nel giovane di 14-15 anni, che abbia raggiunto un’altezza soddisfacente in
termini di crescita, può risolvere la coartazione per via emodinamica, andando a gonfiare un pallone nella
zona della coartazione, per poi posizionare uno stent per evitare una nuova stenosi. Questo intervento non
si fa nei bambini né nei neonati, né nei bambini. Il motivo è che fare un intervento del genere in soggetti
che ancora non sono cresciuti fisicamente li espone a gravi rischi. Una volta posizionato lo stent, infatti,
esso col tempo si endotelizza e si imbriglia della parete del vaso rendendo quindi impossibile una sua
successiva rimozione. Con l’accrescimento del bambino, l’intera aorta cresce, ma la parte in cui era stato
posizionato lo stent è costretta a mantenere la forma dello stent che, seppure dilatabile, non permette un
flusso adeguato, essendo stato ideato per l’aorta di un bambino. L’unica soluzione, per i bambini operati in
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passato e ormai adulti, è stata quella di creare un by-pass che collegasse l’aorta ascendente a quella
discendente. Per questo motivo oggi si evita di trattare i bambini e i pre-adolescenti in emodinamica. Oggi
si tende a non decidere in base all’età del paziente, ma in base alla sua statura e al suo processo di
accrescimento, si decide di posizionare lo stent solo nei pazienti ormai sufficientemente grandi da
minimizzare i rischi dell’accrescimento dell’aorta.
In caso di re-coartazione, si prova a fare un’angioplastica con il palloncino, ossia si tenta di allargare con un
catetere percutaneo la zona dell’aorta re-coartata. E’ ovvio che se al posto della coartazione c’è invece una
ipoplasia diffusa dell’aorta, bisogna per forza intervenire per via chirurgica. La mortalità di questo
intervento si assesta intorno allo 0.5%.
I pazienti operati entro i due anni presentano un processo di rimodellamento, di diminuzione della massa e
di miglioramento della funzione diastolica migliore dei pazienti operati dopo i due anni. Questo si traduce
nella possibilità di non incappare nelle complicanze della coartazione aortica se si interviene precocemente.
E’ ovvio che non esiste una regola in merito, ma su grandi numeri è valida l’indicazione di intervenire il
prima possibile per prevenire l’insorgere di complicazioni sistemiche.
La prof. ribadisce che dell’Ecocardiografia bisogna sapere solo i tratti generali, ossia il suo utilizzo nella
diagnostica delle cardiopatie, senza entrare troppo nello specifico.
STENOSI AORTICA
Parliamo prima della forma congenita, di gran lunga più frequente, e poi della forma dell’anziano.
L’eziologia della stenosi aortica può essere congenita, degenerativa (degenerazione calcifica dopo i 60-70
anni) e poi molto raramente un’eziologia reumatica; questo perché è più facile che la malattia reumatica
dia una insufficienza/stenosi mitralica o un’insufficienza aortica.
La stenosi aortica può localizzarsi sopra la valvola (stenosi sopravalvolare, presente nella Sindrome di
Williams), a livello della valvola (stenosi valvolare, di gran lunga più frequente), o al di sotto della valvola
(stenosi sottovalvolare) generalmente acquisita per formazione di una membrana sotto la valvola, col
tempo.
Piccolo inciso: La valvola aortica bicuspide, frequente nella coartazione aortica, rappresenta circa l’1-2%
della popolazione normale. Quando sui libri trovate scritto che le cardiopatie congenite riguardano il 10-15
permille nati vivi, in questi numeri non è compresa la casistica della valvola aortica bicuspide. Tutte le
valvole aortiche bicuspidi, in genere o non vengono diagnosticate o vengono diagnosticate per puro caso,
perché la maggior parte di queste valvole sarà completamente asintomatica.
Nel caso, invece, della valvola unicuspide, è un frequente reperto della stenosi aortica critica neonatale e
rappresenta una forma dotto dipendente. Bisogna, in ogni caso, distinguere una valvola aortica unicuspide
da una valvola tricuspide ma con fusione delle commissure.
Si può nascere con una stenosi sottovalvolare aortica in una cardiomiopatia, che è la cardiomiopatia
ipertrofica ostruttiva. Quindi alla domanda “si può nascere con una stenosi sottovalvolare aortica? Se
questa stenosi anatomicamente è un’ipertrofia del setto interventricolare, si chiama cardiomiopatia
ipertrofica ostruttiva, la risposta è sì. Se questa stenosi è, invece una membrana, non si nasce con questa
stenosi, ma si forma nel tempo.
Le frequenze relative alle varie forme sono: forme valvolari 60-70%, Sottovalvolari 20-25%, Sopravalvolari
5%. E’ colpito prevalentemente il sesso maschile. (4:1)
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La stenosi aortica si può trovare facilmente in concomitanza con altre cardiopatie, di conseguenza
specialmente nella forma neonatale bisogna sempre andare a guardare la mitrale e l’arco aortico perché
molto spesso potremmo trovare malformazioni non isolate, ma che fanno parte di ‘spettri malformativi’.
Anche all’ecocardiografia bisogna andare a cercare queste alterazioni, perché altrimenti potrebbero
sfuggirci.
Dal punto di vista clinico possiamo avere un neonato che nasce con una stenosi dotto dipendente, o
possiamo avere un neonato che nasce con una stenosi lieve o moderata non dotto dipendente, che può
essere del tutto asintomatico. La fisiopatologia della forma dotto dipendente è piuttosto chiara, ossia man
mano che si oblitera il dotto, si scompensa il neonato e quindi bisogna cercare di mantenere il dotto pervio
con le prostaglandine per poter poi intervenire o il neonato arriva all’exitus.
La diagnosi non è sempre facile perché spesso, già dall’epoca fetale, il ventricolo sinistro si ipertrofizza, a un
certo punto non riesce a vincere l’aumento dello stress di parete per poi dilatarsi. In questo caso la
funzione ventricolare comincia a essere depressa. Se la funzione ventricolare è depressa, si possono avere
delle difficoltà nell’avvertire il caratteristico soffio della stenosi mitrale. In questi casi, tuttavia, la
diagnostica strumentale aiuta a porre diagnosi. All’ECG i segni dell’ipertrofia ventricolare sinistra sono
evidenti (aumento dell’altezza dell’onda R in V4-5-6), mentre la stasi ematica a monte è ben evidente alla
radiografia del torace. Questa stasi è dovuta proprio alla perdita di funzione del ventricolo sinistro che si
ripercuote a monte, sul circolo polmonare. In questo caso la terapia si basa su prostaglandine per
mantenere il dotto pervio e farmaci inotropi per contrastare la perdita di funzione del ventricolo.
Questa cardiopatia, che è molto grave, va sempre operata in qualche modo. Se ci sono i segni di dotto
dipendenza, l’indicazione è per la valvuloplastica, soprattutto se c’è una ridotta tolleranza allo sforzo
(affaticamento alla suzione). La sopravvivenza all’intervento di valvuloplastica non è del tutto
incoraggiante, presentando valori di mortalità precoce prossima al 10%, mentre in circa il 40% dei casi il
neonato deve essere operato di nuovo. Siccome la valvuloplastica si occupa di rompere le commissure
fibrotiche presenti tra i lembi, essa non può essere effettuata in caso di valvola monocuspide, la quale
richiede un vero e proprio intervento a cuore aperto. Ora, siccome non esistono valvole protesiche per
neonati, si possono impiantare degli ‘homograft’ ossia un’aorta prelevata da un cadavere, oppure si può
pensare di fare un intervento più complesso come l’Intervento di Ross. (La prof rimanda alle lezioni di
cardiochirurgia)
I risultati della valvuloplastica sono risolutivi per quanto riguarda la stenosi, ma molto spesso comportano
un certo grado di insufficienza iatrogena dovuta all’eccessiva apertura e alla non più ottimale chiusura dei
lembi.
Quando la valvola è troppo displasica, calcifica, alterata, è possibile fare è la valvulotomia chirurgica in cui il
chirurgo può tagliare la valvola per riformare i lembi in maniera ottimale. E’ un intervento che avviene ‘a
cielo aperto’ ossia guardando la valvola per capire come poterla tagliare al meglio.
NELL’ADULTO
Siccome si può nascere con una stenosi lieve o moderata, essa può essere non avvertita dal soggetto
portatore. Per un sovraccarico di pressioni, a carico del ventricolo sinistro si ha una marcata ipertrofia
concentrica, mentre la situazione di scompenso è una complicanza del tutto tardiva. E’ chiaro che un
neonato che nasce con una stenosi severa va incontro allo scompenso molto prima (affaticamento alla
suzione, ecc..), ma la stenosi che non nasce severa e che diventa severa solo dopo tempo, lo scompenso è
l’ultimo segno clinico al quale non si dovrebbe arrivare, perché vorrebbe dire che il ventricolo si è ormai
dilatato con poche possibilità di guarire la persona.
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La diagnosi nel soggetto adulto segue la diagnosi nel neonato:
•
•
Soffio sistolico elettivo al Secondo Spazio intercostale Destro
Pallore all’ispezione (estremamente raro)
Le linee guida consigliano criteri in base ai quali intervenire in un soggetto con stenosi aortica:
Se all’ECG compaiono chiari segni di ipertrofia cardiaca sinistra e all’Eco Color Doppler un gradiente medio
di pressione maggiore di 40 mmHg, la stenosi aortica va obbligatoriamente trattata. Queste regole sono
utili, oltre che per un’indicazione terapeutica, anche per la cosiddetta Medicina Difensiva, per giustificare
l’indicazione al trattamento chirurgico che, ricordiamo, presenta una notevole mortalità (quasi il 10%). E’
ovvio che queste linee guida non sono ‘leggi assolute’, ma che vanno sempre integrate con la situazione del
paziente e con l’esperienza personale.
Ai fini della diagnosi, quindi, notevole importanza la riveste il tracciato ecgrafico, ma ancora più importante
è l’elettrocardiogramma sotto sforzo, perché è chiaro che un ventricolo ipertrofico può andare facilmente
incontro a un’ischemia da sforzo (classico segno dell’ST sottoslivellato) con o senza i classici sintomi
dell’ischemia da sforzo. Se la prova da sforzo, quindi, risulta ‘positiva’ (presenza di alterazioni da sforzo)
l’intervento è fortemente consigliato.
Tramite l’EcoCardio, inoltre, è possibile anche andare a ricercare ulteriori segni e conferme per stadiare la
gravità della situazione. E’ possibile, ad esempio, il riscontro di fibroelastosi (iperecogena) delle corde
tendinee e dei muscoli papillari, segno prognostico negativo, in quanto indice di modificazioni
dell’endocardio che possono avere conseguenze negative a lungo termine.
Ricapitolando: Gradiente medio maggiore di 40 mmHg, Gradiente MAX maggiore di 75 mmHg, velocità di
picco maggiore di 4 m/s, area valvolare aortica (si misura all’eco e si rapporta ai percentili di superficie
corporea del bambino, ossia a quanto pesa e quanto è cresciuto) sono parametri di indicazione per
l’intervento chirurgico.
La stenosi aortica può dare, purtroppo, morte improvvisa. Quali sono i sintomi che compaiono prima della
morte improvvisa? Questi sintomi sono Angina Instabile, ipoperfusione dovuta alla stenosi, nello stretto
superiore del corpo con sincope da sforzo e vertigini, al punto da rappresentare una vera e propria triade
sintomatologica della stenosi aortica (Angina, Vertigini e Sincope). Se si arriva allo stadio dello scompenso,
ossia a danni irreversibili al miocardio, compare dispnea. Ultimo sintomo è la morte improvvisa, in genere
aritmica per fibrillazione ventricolare che insorge più facilmente sotto sforzo piuttosto che a riposo.
Per quanto riguarda l’intervento chirurgico, oltre alla valvuloplastica per via percutanea e alla valvulotomia,
esiste il cosiddetto Autograft Polmonare, ossia l’intervento di Ross, che non viene mai fatto prima dei tre
anni del paziente (a causa della grandezza della protesi valvolare artificiale) ma che richiede terapia
anticoagulante per tutta la vita. La protesi biologica, invece, non richiede coagulazione, ma può andare
incontro a calcificazione, più velocemente nel bambino a causa del suo metabolismo del calcio più attivo di
quello del soggetto adulto. La plastica della valvola aortica (trattamento di recente ideazione) è un
intervento molto difficile perché dipende molto dalla morfologia della valvola stenotica e quindi è gravata
molto dalla variabilità della stenosi. Nell’intervento di Ross vengono posizionati un Autograft polmonare
(pezzo di arteria polmonare con annessa valvola) al posto della valvola aortica, e un Homograft (arteria
polmonare prelevata dal cadavere) al posto dell’arteria polmonare. Perché non si mette direttamente
l’Homograft in posizione aortica? Perché a pressioni più alte la valvola tende a calcificarsi più velocemente,
per cui si preferisce intervenire sulla polmonare che è sottoposta a pressioni più basse, caratteristiche del
piccolo circolo. L’intervento di Ross si fa in soggetti sportivi, in donne che vogliono avere una gravidanza,
anche se la situazione è piuttosto controversa, sia perché la mortalità dell’intervento è elevata, sia perché si
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è visto che l’Homograft in posizione polmonare va incontro a dilatazione e quindi necessita di essere
sostituito in seguito.
Nello sport, un soggetto con stenosi aortica lieve, ossia con un basso gradiente medio, in Italia, può fare
sport, ma non attività agonistica.
Tra le cause della stenosi aortica abbiamo parlato della stenosi congenita (che può essere critica o non
critica), ma ci sono anche forme di stenosi aortica acquisita. Tra le forme acquisite vi sono la stenosi
reumatica (più rara), endocardite batterica, LES, Morbo di Paget e radiazioni. Una forma più frequente è la
stenosi aortica senile, più frequente in assoluto dopo i settant’anni, caratterizzata da degenerazione
calcifica dei lembi. E’ un’alterazione piuttosto frequente tra gli ultrasettantenni, infatti circa la metà dei
soggetti con più di settant’anni presenta i sintomi di una stenosi aortica moderata o severa. Fino a poco
tempo fa, questi soggetti o venivano operati o non venivano trattati a causa, magari, di controindicazioni
all’intervento, oggi vengono trattati con l’emodinamica interventistica, ossia con l’impianto di una valvola
per via percutanea montata dentro uno Stent, che può effettivamente salvare la vita a questi soggetti.
Esistono varie ditte produttrici di valvole artificiali, ma il loro funzionamento è lo stesso. La sopravvivenza di
questi soggetti è di circa l’85% a un anno.
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Cardiologia, Lezione 8
Proff. Limongelli-Elliott, 08/11/2013
Grazie a
Dario Troise
Limongelli: Cosa sono le cardiomiopatie?
Le cardiomiopatie sono malattie del muscolo cardiaco (Heart Muscle Disorders), si possono
esprimere in diverso modo, la definizione preferita è: “Le cardiomiopatie sono processi morbosi di
origine nota ed ignota che colpiscono il cuore causando disturbi sia della funzione diastolica che di
quella sistolica che causano scompenso e della funzione bioelettrica causando aritmie”.
Storicamente le cardiomiopatie sono state divise in:
–
Cardiomiopatie Primitive: malattie intrinseche del muscolo cardiaco in cui non si
riconosce una causa secondaria che possa spiegare l'alterazione istologica, macroscopica e
funzionale legata alla cardiomiopatia stessa. Per tanti anni sono state definite anche idiopatiche
(sine causa)
–
Cardiomiopatie Secondarie: conseguenza di malattie cardiache o sistemiche “specifiche”
Forse la prima definizione di cardiomiopatie è da attribuire a Godwin (1980) che le definisce:
“Malattie del miocardio da causa sconosciuta”, questo è un segnale molto importante in quanto
nel 1980 queste malattie erano ancora definite sine causa (idiopatiche) in cui è possibile distinguere
una serie di sottotipi quali:
–
Cardiomiopatia Ipertrofica
–
Cardiomiopatia Dilatativa
–
Cardiomiopatia Restrittiva
In realtà questa classificazione è seguita (1995) da quella dell'OMS (Organizzazione mondiale della
Sanità) che introduce un quarto tipo di cardiomiopatia che viene definita aritmogena quindi i
sottotipi diventano quattro e sono:
–
Cardiomiopatia Ipertrofica
–
Cardiomiopatia Dilatativa
–
Cardiomiopatia Restrittiva
–
Cardiomiopatia Aritmogena: definita per tanti anni cardiomiopatia aritmogena del ventricolo
destro o anche displasia aritmogena perchè spesso interessa inizialmente il ventricolo destro ma
nella maggior parte dei casi si configura come una patologia biventricolare che quindi interessa
entrambi i ventricoli, inoltre in una piccola percentuale dei casi è stata riscontrata interessare solo il
ventricolo sinistro.
Da anni si conoscono le cause secondarie di cardiomiopatia ovvero:
–
Cardiomiopatia Ischemica: che può determinare un infarto, un rimodellamento,
un'alterazione del muscolo cardiaco, localizzata o diffusa, che può essere una delle prime cause di
cardiomiopatia dilatativa definita post-ischemica
–
Cardiomiopatia Valvolare: per alterazioni del pre-carico e del post-carico ci possono dare
delle alterazioni del muscolo cardiaco in termini di stimolo verso il rimodellamento (eccentrico)
–
Cardiomiopatia Ipertensiva
–
Cardiomiopatia Infiammatoria
–
Cardiomiopatia Metabolica
–
Cardiomiopatia secondaria a Malattie sistemiche
–
Cardiomiopatia secondaria a Distrofie e malattie neuromuscolari
–
Cardiomiopatia secondaria a Farmaci (antracicline) tossici (alcool)
–
Cardiomiopatia Peripartum
–
Cardiomiopatie non classificabili (mitocondriali, fibroelastosi)
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Una classificazione molto recente delle cardiomiopatie (proposta dall'American Heart Association
nel 2007) mantiene una certa organizzazione molto simile a ciò che già abbiamo detto ma aggiunge
le forme genetiche, acquisite e miste. Di questa classificazione fu criticato l'inserimento di una
classe di patologie: Le malattie dei canali ionici (Ion Channel Disorders) che sono delle patologie
genetiche dei canali di membrana (Na+, K+) che possono provocare delle aritmie primitive del
miocardio senza le alterazioni istologiche, anatomiche, macroscopiche del muscolo cardiaco; si è
dibattuto su se fosse corretto considerarle cardiomiopatie o meno, queste infatti sono alterazioni di
proteine della cellula muscolare ma non provocano un danno anatomico caratteristico delle
cardiomiopatie.
La suddetta classificazione è stata infine seguita da quella Europea che ricorda le prime stilate,
quindi le cardiomiopatie sono divise idefinitivamente in:
–
Ipertrofica
–
Dilatativa
–
Restrittiva
–
Aritmogena
Solo successivamente si andrà a definire la causa di queste patologie e se queste presentano un
substrato genetico o meno.
Elliott: Quali sono gli strumenti più importanti per fare una diagnosi? Nonostante oggi si usino
ecocardiogrammi, risonanze magnetiche etc, gli strumenti più importanti da usare sono: gli occhi, le
orecchie e il cervello! In quanto il processo di diagnosi inizia prima di toccare il paziente, prima di
fare una risonanza o un elettrocardiogramma, quello che bisogna capire è che spesso ci affidiamo
troppo alla tecnologia dimenticando l'importanza dei sensi. Uno degli approcci per diagnosticare
una patologia è quello di effettuare centinaia di esami per capire di che tipo di patologia si tratti,
questo è errato in quanto innanzitutto vanno valutati:
–
L'età del paziente
–
Il sesso
–
I sintomi e segni: sincopi, dolore, se c'è un rush di che tipo si tratta(come nella malattia di
Fabbri che presenta rush tipici e che può evolvere in ipertrofia secondaria), tutto ciò aiuta nel
raggiungimento della diagnosi.
–
Storia familiare
Ad esempio, pazienti che presentano una ipertrofia cardiaca non è detto che soffrano tutti della
stessa patologia, indizi possono derivare dall'età (ad esempio la malattia di Fabbri colpisce
soprattutto gli anziani), in soggetti giovani che presentano ipertrofia cardiaca è difficile si tratti di
amiloidosi ma più probabilmente di una condizione genetica e metabolica che affligge i muscoli.
Il messaggio è che bisogna utilizzare in maniera giusta il cervello ed i sensi non usando solo
l'elettrocardiogramma, l'ecocardiogramma, la risonanza magnetica.
Inoltre è importante capire che la cardiomiopatia ipertrofica è una patologia genetica che nella
maggior parte dei casi è dovuta ad anomalie del sarcomero ma esiste una percentuale di casi in cui
questa è dipesa da altre patologie come amiloidosi o patologie metaboliche e neuromuscolari.
Cardiomiopatia Ipertrofica
Per definizione è un aumento degli spessori di parete (è un'ipertrofia e non una iperplasia!), che
interessa nella maggior parte dei casi (2/3) il ventricolo sinistro e nella restante parte (1/3) quello
destro, con una alterazione funzionale prevalentemente diastolica e in circa 2/3 dei casi anche
ostruzione all'efflusso ventricolare sinistro. In alcuni casi l'ostruzione è fissa ovvero è evidente con
l'eco-dopplere, in altri casi dobbiamo provocarla con delle manovre che possono variare il precarico, il post-carico e la contrattilità (es: manovra di Valsalva, passaggio dallo squatting alla
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posizione eretta, farmaci che aumentano la contrattilità o anche semplicemente l'esercizio fisico,
infatti oggi si utilizza l'eco-cardiogramma a riposo o anche sotto sforzo detto eco-stress).
Sotto il profilo epidemiologico troviamo che:
Prevalenza: numero di casi in una determinata popolazione in un determinato momento
Incidenza: misura la proporzione di nuovi casi che si verificano in una popolazione in un dato lasso
di tempo
Guardando i dati di prevalenza, notiamo che la cardiomiopatia ipertrofica NON è una patologia
rara, in quanto in Europa si definisce rara una patologia che presenta una incidenza pari a 1:2000
casi, in America l'incidenza è 1:2500 casi. Si capisce che la cardiomiopatia ipertrofica è quindi una
patologia molto frequente.
Un anatomo-patologo del St George Hospital di nome Donald Teare verso la fine degli anni '50,
effettuando delle autopsie private per arrotondare, si imbatté per caso in una famiglia di soggetti con
cuori abnormi morti improvvisamente. La prima idea dell'anatomo patologo fu che si trattasse di
tumore, in realtà con l'aiuto dei clinici come Godwin questi casi vennero studiati meglio, furono
caratterizzati il quadro macroscopico ma soprattutto quello microscopico e si notarono sia un
disarrangiamento delle miofibrille che fibrosi interstiziale, associando questo quadro con quello
elettrocadiografico che mostrava segni chiari di ipertrofia, Teare capì di trovarsi di fronte ad un altro
tipo di malattia che chiamò Asymmetrical Hypertrophy of the Heart che ancora oggi trova
riscontro in quanto uno dei quadri più frequenti di cardiomiopatia ipertrofica è proprio quello
asimmetrico.
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La cardiomiopatia Ipertrofica viene definita idiopatica cioè assolutamente sconosciuta, anche se in
realtà negli anni '90 grazie agli studi del gruppo di Harward e quello Europeo è stata descritta la
prima mutazione della β-miosina quale responsabile di cardiomiopatia ipertrofica, è stata la prima
mutazione ad essere scoperta in assoluto per quanto riguarda una patologia cardiovascolare, la
cardiomiopatia ipertrofica è infatti la prima patologia definita geneticamente. In prima istanza si
pensò di aver risolto tutti i problemi avendo scoperto la mutazione del gene ma l'equazione one
gene = one disease non è applicabile in quanto il discorso è molto più complesso e grazie all'aiuto di
una serie di studiosi è stato capito che la cardiomiopatia ipertrofica non è una patologia idiopatica
ma nel 60% dei casi è legata a mutazioni dei geni che codificano per le proteine del sarcomero che
si manifestano clinicamente con un pattern familiare autosomico dominante con penetranza ed
espressività variabile, questo significa che le alterazioni delle proteine del sarcomero sono
responsabili della forma clinica nel 60% dei casi di cardiomiopatia ipertrofica ed ogni figlio di un
affetto ha circa il 50% di possibilità di acquisire la patologia ma non per forza manifestandola con
la stessa espressività del genitore.
I geni coinvolti nella cardiomiopatia ipertrofica sono:
–
Geni dei filamenti spessi
–
Geni dei filamenti sottili
–
Geni che codificano per le proteine del sarcomero
E' quindi chiaro che una mutazione del sarcomero dà cardiomiopatia ipertrofica ma non è ancora
chiaro il perchè, ad oggi risultano essere presenti due differenti teorie:
–
Ipotesi della riduzione primitiva della contrattilità (Ipotesi di Marian): se abbiamo
un'alterazione di una proteina del sarcomero questa attraverso una serie di meccanismi (ridotta
attività ATPasica, alterazione dell'affinità e della sensibilità al calcio) può dare una riduzione della
contrattilità del sarcomero che da uno stress alla fibrocellula miocardica che a sua volta attiva una
serie di fattori di crescita per cui la cellula si ingrandisce.
–
Ipotesi della alterata omeostasi bioenergetica cellulare (Ipotesi di Watkins): il problema
principale (confermato con studi sperimentali e con spettroscopia di massa) è che nella
cardiomiopatia ipertrofica viene utilizzato troppo ATP dalle fibrocellule muscolari, tutto ciò attiva
una serie di segnali, il calcio non è più recuperato, si accumula e si attivano i segnali del calcio,
aumenta l'attività chinasica intracellulare ed i mitocondri cominciano a perdere forza, questo può
portare all'ipertrofia ma anche a morte di cellule sostituite da tessuto fibrotico ed è questo il motivo
per cui nella cardiomiopatia ipertrofica abbiamo spesso anche fibrosi
Come si presenta il cuore?
Macroscopicamente il cuore sarà:
–
Ingrandito
–
Aumentato di peso
–
Ridotto nelle cavità ventricolari (dato molto importante per capire la fisiopatologia)
–
Aumentati gli spessori: fatto che riconosce diversi pattern tra cui quello più frequente è
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quello asimmetrico, un po' meno frequentemente si verifica un pattern concentrico oppure uno
apicale.
Le fibrocellule non sono più legate tra di loro ma hanno una disposizione bizzarra che sovverte il
sincizio ventricolare e questo determina, negli spazi vuoti delle fibrocellule, fibrosi che ovviamente
porta ad una mancanza di elasticità, riduzione della funzione diastolica, aritmie per creazione di
circuiti. Le anomalie dei miociti saranno così schematizzate:
–
Malallineamento (disarray) : interessa più del 5% del miocardio
–
Ipertrofia: cellule ampie e corte
–
Fibrosi miocardica: spesso “a chiazze” o “ patchy fibrosis”
Saranno presenti anche anomalie dei piccoli vasi intramurali coronarici che portano ad una
difficoltà del flusso di sangue in una parete così grossa, possono essere presenti anche coronarie a
decorso anomalo chiamati “ponti miocardici” (bridge miocardici) ovvero delle coronarie che si
invaginano all'interno del muscolo cardiaco e quindi durante la fase di contrazione si potrà avere un
effetto di costrizione detto anche “milking”, per cui questo può essere uno di fenomeni responsabile
di ischemia. Le anomalie delle coronarie saranno così schematizzate:
–
Riduzione del lume ed ispessimento delle pareti dei rami intramurali (malattia dei piccoli
vasi)
–
Coronarie a decorso intra-miocardico (ponti miocardici o bridge miocardici)
La fisiopatologia si baserà quindi su:
–
Disfunzione Diastolica: alterazione del rilasciamento ed un cuore più rigido perchè
fibrotico, cuore con ridotta cavità ed un'alterata geometria (spesso asimmetrico), cuore con delle
anomalie biochimiche in termini di alterazioni di flusso di calcio intracellulare
–
Ischemia Miocardica: dipende dal fatto che il letto vascolare si riarrangia come nel cuore
d'atleta con neoangiogenesi che nella cardiomiopatia ipertrofica non può avvenire
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–
Ostruzione all' Efflusso Ventricolare Sinistro: è uno degli aspetti più interessanti della
cardiomiopatia ipertrofica, abbiamo in alcuni di questi pazienti una difficoltà all'efflusso di sangue
tra il ventricolo e l'aorta, questo succede perchè abbiamo un setto che è più grande (c'è una
contiguità tra l'aorta e la mitrale), la mitrale presenta dei lembi molto allungati e talvolta anche
displasici, la presenza di queste caratteristiche in concomitanza ad una ridotta cavità ci permette di
capire come nella fase di sistole quando aumenta la pressione nel ventricolo si crea una cavità molto
ristretta con una pressione molto aumentata, appena si apre l'aorta si ha un effetto di spremitura e in
particolare nella zona del tratto di efflusso, essendo questa molto ristretta, la velocità del flusso è di
molto aumentata e questo crea un effetto del risucchio del lembo della mitrale verso il setto (Effetto
Venturi). L'effetto Venturi ha due effetti netti: occlude l'efflusso ventricolare sinistro e lascia beante
l'anulus mitralico quindi determina un'insufficienza mitralica, tutto ciò provoca da un punto di vista
clinico aumento delle pressioni atriali e polmonari, dispnea, mancata perfusione degli organi interni
cominciando dal cuore e dal cervello con sincopi.
Quando si ha un lembo della mitrale molto pronunciato e dei muscoli papillari molto anteriorizzati
c'è un effetto anatomico di difficoltà al flusso di sangue quindi si avrà un'ostruzione definita “fissa”
presente nel 30% dei pazienti, quando questo non succede ma è comunque presente un'ipertrofia
molto importante possiamo avere un'ostruzione definita “provocabile” infatti questa è provocabile
con l'esercizio fisico, con la manovra di Valsalva, con il passaggio dallo squatting alla stazione
eretta, tutte qeuste manovre infatti riducono il pre-carico e aumentano il ritorno venoso (riducono la
cavità) possono rendere evidente e clinico il gradiente.
–
La funzione diastolica è alterata
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La funzione sistolica è definita “normale” : nella cardiomiopatia ipertrofica però la
sistolica non può essere definita normale, la contrattilità intrinseca di un sarcomero alterato non può
essere normale, semplicemente non avevamo misure cliniche per riuscire a definirla, oggi con le
nuove tecniche che misurano la deformazione locale questo è più fattibili. La funzione globale
viene misurata con la frazione di eiezione (volume telediastolico – volume telesistolico rispetto al
volume telediastolico), parliamo però di un cuore con una cavità ridotta che ha un volume
telesistolico piccolissimo questo significa che la frazione di eiezione non è il migliore parametro per
valutare la funzione globale di questi cuori. Esiste solo una piccola percentuale di pazienti (dal 5%
al 15%) che ad un certo punto comincerà a perdere in maniera chiara di frazione di eiezione perchè
questi entreranno in End stage o “burn out”, il muscolo comincia a morire, si rimodella
aumentando la cavità, la frazione di eiezione quindi sarà più utile per quantificare questa effettiva
difficoltà contrattile.
Elliot: Come definite lo scompenso? E di cosa necessitate per definire uno scompenso? Dei
sintomi!
Per tanti anni la cardiomiopatia ipertrofica non è stata mai considerata parte dello scompenso
cardiaco anche perchè non si riconosceva un vero e proprio scompenso diastolico, quando si ha un
cuore con una cavità molto piccola non è possibile aumentare la quantità di sangue eiettata da
questo aumentando la contrattilità o abbassando il post-carico, l'unico modo è aumentare la
frequenza. In cardiomiopatia ipertrofica si utilizzano dei farmaci per ridurre l'ostruzione (betabloccanti) che riducono l'inotropismo ma anche la frequenza e quindi questo può creare
un'incompetenza cronotropa sotto sforzo, sarebbe possibile ridurre il pre-carico con diuretici ma
questo è pericoloso in quanto il cuore è già piccolo e questa terapia farmacologica potrebbe
ulteriormente diminuire il volume tele-diastolico, infatti nel paziente cronico si cerca di evitare
l'utilizzo di diuretici che potrebbero diminuire ancor di più il riempimento però esistono alcune
forme di scompenso cardiaco legate all'ostruzione in cui si devono usare beta-bloccanti e diuretici
nelle dosi giusti.
In una percentuale dei casi sono le manovre (valsalva, dallo squatting alla posizione eretta) che
permettono di identificare un'ostruzione.
Parlando dei segni possiamo trovare il polso bisferiens (condizione in cui al polso arterioso, durante
la sistole, vengono rilevati due picchi seguiti da una pausa ed è dovuto ad un restringimento del
tratto iniziale dell'aorta) che va ricercato alle carotidi durante manovra di valsalva, sarà necessario
auscoltare anche il cuore. Laddove non ci sia ostruzione il paziente potrebbe non presentare segni
tipici di cardiomiopatia ipertrofica.
L'ECG è fondamentale, questo può diventare significativo prima dell'ECO infatti molti portatori
della patologia che non hanno ancora sviluppato il fenotico classico all'ecocardiogramma possono
avere un ECG alterato (ipertrofia presente con ECG – ipertrofia non presente con ECO). I segni
tipici sono:
–
Onde S profonde nelle precordiali destre e R alte nelle precordiali sinistre
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–
–
Onde Q da pseudonecrosi (fibrosi) che sono un sintomo di fibrosi e non di infarto
Onde T negative e profonde nella forma cosiddetta Giapponese o Apicale
La diagnosi definitiva viene però fatta con l'Ecocardiogramma, e sarà la misura dello spessore
della parete ventricolare valutata bidimensionalmente in proiezione parasternale asse corto
maggiore di 15 mm che ci permetterà di fare diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica.
Per capirne quella che è l'emodinamica sarà necessario usare il doppler per valutare l'ostruzione e la
fuzione diastolica, avrà un aspetto a lama in quanto l'ostruzione è mesotelesistolica a differenza di
quella che si trova nella stenosi aortica in cui si mostra come una curva tondeggiante.
Fare la diagnosi però non ci dice qual è la patologia, sarcomerica in molti casi ma dovuta anche ad
malattie metaboliche o da accumulo. Ci si soffermerà su una in particolare in quanto capiterà a tutti
i cardiologi di trovarsi di fronte ad un'analisi differenziale tra cuore d'atleta e cuore da
cardiomiopatia ipertrofica perchè questa è la prima causa di morte in atleti professionisti.
La cardiomiopatia ipertrofica può essere causa di morte improvvisa ed inspiegabile in soggetti
giovani e sani, una volta fatta la diagnosi è possibile prevedere se c'è rischio di morte improvvisa
(1% dei casi), questa stratificazione del rischio proviene dai lavori del gruppo di Londra del prof.
Elliot in cui si è notato che esistono una serie di fattori di rischio :
–
la familiarità di morte improvvisa
–
svenimenti perchè questo è un fattore di rischio
–
prova da sforzo e se la pressione cade durante lo sforzo
–
spessore del cuore: se maggiore di 3 cm può essere una patologia molto grave
soggetti con due o più fattori di rischio devono impiantare un defibrillatore che è un vero e proprio
salvavita.
Recentemente è stata pubblicata la nuova stratificazione del rischio di cardiomiopatie ipertrofiche
che utilizza l'HCM RISK SCORE ovvero un rischio individualizzato per ogni paziente, utilizzando
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una serie di parametri sarà possibile avvicinarsi in maniera più precisa a chi avrà bisogno di un
defibrillatore.
Elliot: la prima cosa che un paziente fa dopo la diagnosi di ipertrofia è andare su internet e pensare
che morirà di certo entro 5 anni, questo è errato in quanto per la maggior parte delle persone il
rischio è davvero basso, innanzitutto è necessario inserire in una tabella:
•
Età
•
MWT (massimo spessore parete ventricolare sinistra)
•
LA (spessore parete atrio sinistro)
•
FHSCD (storia familiare)
•
Sincope
E' stato visto che per un ragazzo di 25 anni con MTW= 24 e LA = 45 il rischio di morte entro 5 anni
è il 3,3% , se questo presenta sincopi il rischio sale al 6%, se presenta familiarità sale al 10%
Questo però non sostituisce il giudizio clinico del medico!
Sostituzione di valvola mitralica non da miglioramenti sulla qualità di vita, quindi oggi si usa
maggiormente la plastica.
L'ipertrofia apicale è la forma più benigna a meno che non ci siano aneurismi perché sono
protrombotici e proaritmici, la forma concentrica deve farci pensare ad una forma metabolica, la
forma asimmetrica è la più frequente e probabilmente esiste in questa un sottogruppo di forme più
maligne, dire però qual è il pattern più aggressivo è difficile.
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Cardiologia, Lezione 9
Prof. Limongelli, 22/11/2013
grazie a
Giuseppe Zara
SCOMPENSO CARDIACO
DEFINIZIONE
“SINDROME” caratterizzata da: incapacità del cuore di pompare sangue in quantità sufficiente al
fabbisogno metabolico dei tessuti.
EPIDEMIOLOGIA
Negli USA (American Heart Association)
Circa 5 milioni i malati di scompenso
500 mila nuovi casi ogni anno.
260.000 morti ogni anno.
Nel 2004 costo diretto ed indiretto stimato in 25,8 miliardi di
dollari.
In ITALIA
1 milione di persone affette da scompenso cardiaco.
Nel 30% dei casi i pazienti hanno più di 65 anni
Guardando questi numeri si potrebbe dire che lo scompenso è una “epidemia”, che vuol dire epidemia? E’
un numero di casi osservati molto maggiore dei casi attesi.
Scompenso Cardiaco :
INCIDENZA
Totale : 1-5% / anno
Aumento esponenziale con l’età
Interessante è osservare che lo scompenso aumenta con l’età: nella fascia di età che va dai 70 in su c’è un
aumento di tipo esponenziale dello scompenso cardiaco. Perché le patologie cardiovascolari aumentano
con l’età e aumentano anche una serie di co-morbilità che possono aumentare il rischio di morire per
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scompenso cardiaco. Sono co-morbilità di tipo nefrologico e pneumologico, che sono le più frequenti, ma
anche di tipo ormonale o neuro-ormonale.
EZIOLOGIA
CAUSE :
Cardiopatia Ischemica:la più frequente nei paesi industrializzati
Ipertensione Arteriosa ( da sola o associata)
Cardiomiopatie (Ipertrofica,dilatativa,restrittiva)
Malattie congenite e valvolari
Aritmie (Bradi-Tachi-F.A.)
Miocardite
Endocardite Infettiva
Embolia polmonare
Anemie
Tireotossicosi
Beri Beri
Dal punto di vista eziologico, l’età e forse la geografia hanno una parte. Guardando questa tabella cosa
notiamo? Sicuramente nei paesi occidentalizzati l’ipertensione arteriosa e la cardiopatia ischemica vengono
considerate le cause principali di scompenso cardiaco (attenzione perché qui, come sempre, europei ed
americani non sono d’accordo: gli americani dicono che la prima causa sia la cardiopatia ischemica mentre
gli europei affermano che sia l’ipertensione: in realtà le due patologie vanno a braccetto tra di loro).
L’eziologia è uguale ovunque? NO. Perché chiaramente la mortalità per scompenso cardiaco sarà molto più
frequentemente dovuta a cardiopatie congenite nei paesi del “terzo mondo” oppure al beri beri o, ancora,
per malattia di Chagas nel paesi dell’ America latina.
Così come l’età fa la sua parte. Quale sarà il fenotipo di scompenso cardiaco del giovane rispetto all’adulto?
-Aritmie: alcuni tipi di tachiaritmie sopraventricolari possono portare a dilatazione ventricolare;
-Miocarditi ;
-Valvulopatie congenite, ad esempio per malattia reumatica (non è detto comunque che una stenosi aortica
in un anziano non ci possa dare, come prima manifestazione cardiaca, scompenso cardiaco);
Quindi è importante, laddove ci trovassimo di fronte a pz con scompenso, tenere presente: che età ha, da
dove viene, se ha fatto viaggi recentemente, se è stato a contatto con animali (es. miocardite da Rickettsie).
Cos’altro bisogna chiedere al pz? Se c’è familiarità!
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Cardiomiopatia Dilatativa
Primitiva (cardiomiopatia dilatativa idiopatica)
Secondaria a cause specifiche:
-CMD
post-ischemica
-CMD
valvolare
-CMD
secondaria a
cardiopatie
congenite
-CMD metabolica
-CMD
-CMD
alcolica
peripartum
-CMD secondaria a
malattie sistemiche
-CMD da farmaci
Perché una delle forme di cardiomiopatia dilatativa, che può anche essere secondaria ad ischemia, legata
ad ipertensione e a patologie valvolare, è la Cardiomiopatia Dilatativa Familiare.
Che domande devo fare specificamente a questo giovane che si presenta da me con cardiomiopatia
dilatativa? Se ci sono state morti improvvise in famiglia (spesso la morte improvvisa è l’unica
manifestazione di CMD), se qualcuno in famiglia soffre di CMD, soprattutto se ne soffre la madre…perché?
CMD Familiare
Nel 30-50% dei pazienti, la Cardiomiopatia dilatativa idiopatica presenta
una trasmissione genetica di tipo mendeliano (Cardiomiopatia Dilatativa
Familiare) a penetranza-espressività variabile
Autosomica Dominante
Geni sarcomerici (beta-miosina, actina,
troponina T, alpha tropomiosina,etc.)
Matrilineare
Geni
mitocondriali
Geni citoscheletro cellulare (desmina,)
X- linked
Gene della
distrofina
Perché molte forme di CMD familiare possono essere di origine mitocondriale e noi i mitocondri li
ereditiamo dalla mamma, tuttavia bisogna ricordare che molte volte patologie mitocondriali non si
presentano a livello cardiaco: possono avere sordità, cataratta, disturbi intestinali, ecc.
Dove presente, spesso in questi soggetti la CMD si manifesta dopo una fase di CMIpertrofica. Ricordiamoci
che nel caso dei mitocondri si parla di eteroplasmia quindi bisogna capire quanti mitocondri sono alterati in
quel tessuto, si parla di mosaici. Laddove a livello cardiaco la quantità di mitocondri alterati sia molto
elevata allora la CMD può essere la prima manifestazione di malattia mitocondriale.
C’è un’altra domanda che dobbiamo fare ancora, cioè? Se ci sono stati Trapianti! Può sembrare assurdo ma
la gente non ve lo dice se non lo chiedete. Così come è importante chiedere se ci sono in famiglia persone
che hanno installato device di qualche genere.
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Miocardite-CMD Infiammatoria
Ipotesi virale-autoimmune
Una infezione virale del cuore
causa reazione infiammatoria
acuta (MIOCARDITE VIRALE) che
si risolve nella maggior parte dei
pazienti. Tuttavia, in soggetti
geneticamente predisposti, si
determina una infiammazione
cronica del miocardio che
progressivamente porta alla
distruzione dei miociti ed alla
dilatazione delle cavità cardiache
(CARDIOMIOPATIA DILATATIVA)
Esiste anche un’altra forma di CMD molto specifica...la miocardite. Cos’è? È un’infiammazione del
miocardio legata a vari agenti eziologici tra cui anche e soprattutto ai virus, ma può essere anche da
droghe,alcol, farmaci, patologie secondarie. Molti di noi probabilmente hanno avuto una miocardite o una
mio-pericardite che è passata inosservata, tutti siamo andati incontro ad un infezione da cytomegalovirus,
parvovirus e quant’altro ma il nostro sistema immunitario è stato capace di eliminare il virus in maniera
totalmente asintomatica. Esiste una % di soggetti (non conosciamo prevalenza ed incidenza di questi casi)
che non sono capaci né di eliminare il virus né di avere una risposta anticorpale adeguata, per cui si crea ad
un certo punto nella fase di immunità una risposta autoimmune per cui in questi soggetti il virus non viene
eliminato, rimane persistete, il nostro sistema immunitario attacca le miocellule, queste iniziano a morire,
si va incontro a processi di rimodellamento e subentra la CMD autoimmune. Paradossalmente le miocarditi
di tipo fulminante, che sono quelle che si presentano con un attacco virale impressionante senza attacco
autoimmune, sono più facilmente gestibili: oggi a nostra disposizione abbiamo la possibilità di avere una
serie di presidi quali i cuori artificiali che ci consentono di “mettere a riposo” i cuori affetti da miocardite
fulminante e di recuperarli completamente. Si ha quindi una prognosi migliore che nel caso delle miocarditi
croniche dove abbiamo una risposta autoimmune cronica: questi soggetti in più del 50% di casi nei 5 anni
successivi andranno incontro a trapianto o a morte!
Quindi se ho un processo acuto di miocardite e lo riesco a bloccare mettendo a riposo il cuore ed
eliminando il virus ci sono buone possibilità di risoluzione, mentre se la miocardite si presenta in maniera
subacuta senza manifestazione clinica di shock e scompenso acuto io mi trovo dei soggetti che hanno già
sviluppato CMD e non avrò alcuna possibilità di eliminare il virus e di riportare le fibrocellule alla normalità:
questo cuore sarà dilatato, fibrotico e avrà perso fibrocellule.
MODELLI DI SCOMPENSO
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FORME CLASSICHE DI SCOMPENSO CARDIACO:
SISTOLICA (70%dei casi)
DIASTOLICA (30% dei casi)
Ma in molti casi emtrambe
le anomalie coesistono
ma anche…...
AD ALTA & BASSA PORTATA
ACUTO & CRONICO
DESTRO & SINISTRO
RETROGRADO & ANTEROGRADO
Oggi...
Classificazione LINEE GUIDA ACC/AHA 2005
Scompenso cardiaco Cronico con Funzione sistolica conservata
(FE>55%)
Scompenso cardiaco Cronico con Funzione Sistolica ridotta (<55%)
Per tanti anni si è parlato di scompenso destro, sinistro, anterogrado, retrogrado, ecc. ma oggi lo
scompenso viene definito dalle linee guida del 2005 e del 2012 come scompenso con funzione sistolica
conservata (FE>55%) e come scompenso cardiaco con funzione sistolica ridotta (FE<55%). Su questo c’è una
grossa diatriba perché c’è chi dice che uno scompenso con funzione sistolica conservata sia in realtà una
scompenso della funzione diastolica, in realtà è una questione di semantica perché molti soggetti con
scompenso della funzione sistolica hanno una disfunzione diastolica mentre in altri è difficile dosarla ma è
probabile che c’è, quindi si preferisce usare questa definizione.
FISIOPATOLOGIA
Bisogna essenzialmente tener presenti concetti di meccanica e concetti neuro-ormonali.
Pressione Venosa
di Riempimento
Riempimento
Ventr. Sin.
Funz. Diastolica
Stroke
Volume
Eiezione
x
Frequenza
Funz. Sistolica
Cardiaca
Gittata Cardiaca
Affinché il cuore possa pompare c’è bisogno che si riempia (funzione diastolica), una volta riempito si
contrae: all’inizio le valvole sono chiuse (fase di contrazione isovolumentrica) poi quando la P
intraventrivolare supera quella aortica la valvola si apre (quindi la contrazione ventricolare serve a vincere
le forze che si oppongono all’eiezione) e abbiamo l’eiezione (gittata sistolica) di circa 70-80 mL di sangue e
se moltiplichiamo questo volume per la frequenza cardiaca (60-100 bpm) abbiamo che il cuore pompa circa
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5 litri di sangue al minuto (gittata cardiaca). Ma la gittata sistolica da cosa dipende? Da precarico,
postcarico, contrattilità, postcarico, frequenza cardiaca oltre che dall’ anatomia del cuore.
- Il precarico è il lavoro, o il carico, imposto alla fibra muscolare prima che avvenga la contrazione. E’ in
pratica la forza richiesta per produrre lo stiramento della fibra cardiaca permettendo alla stessa di
effettuare una contrazione quanto più possibile efficace nella fase sistolica e coincide sostanzialmente col
volume ematico presente nel VS nella telediastole. Il precarico è regolato dalla legge di Frank-MaestriniStarling che ci dice che l’allungamento progressivo delle fibrocellule miocardiche comporta un aumento
della loro contrattilità fino ad un certo valore che è dato dalla lunghezza del sarcomero di 2.25μm, superata
questa lunghezza la forza contrattile della fibrocellula anziché aumentare si riduce e si sviluppa solo
tensione. L’allungamento della fibra fino a quel valore permette infatti un’ideale instaurarsi di legami tra
miosina ed actina, dopo quel limite si instaurano meno legami tra la stesse proteine con conseguente
alterazione della contrattilità.
-Il postcarico è la resistenza che si oppone allo svuotamento ventricolare, è un carico di pressione. Precarico
e postcarico sono legati tra loro dalla legge di Laplace. Cosa ci dice questa legge?
Precarico
Legge di Laplace
Stress = Press. x Raggio
Spessore Parietale
In sostanza ci dice che tutte le patologie che determinano un sovraccarico di P o l’aumento del raggio (per
sovraccarico di volume) causano un aumento dello stress parietale. Cosa fa il cuore per diminuire lo stress?
Aumenta lo spessore parietale (il famoso 2h), questo si chiama rimodellamento o ipertrofia. L’ipertrofia
può essere eccentrica o concentrica: un sovraccarico di P mi darà ipertrofia concentrica con apposizione in
parallelo dei sarcomeri, mentre tutte le patologie che mi danno un aumento del volume determineranno
ipertrofia eccentrica con apposizione di sarcomeri in serie. Ad es. in caso di ipertensione o stenosi aortica
abbiamo sovraccarico di P, mentre in caso di cardiopatie congenite con shunt abbiamo sovraccarico di
volume.
-Anche lo shape, cioè la configurazione anatomica del cuore, ha un importante ruolo nella determinazione
della gittata sistolica.
SHAPE VENTRICOLARE SINISTRO :
Definizione
L
S
Configurazione del VS,
assimilabile nel normale ad
ad un ellissoide di rotazione
che rappresenta il miglior
compromesso geometrico
per assolvere ad una
funzione di pompa
Rapporto asse lungo(L) asse corto(S)
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Lo shape così come le dimensioni della cavità ventricolare possono essere determinanti fondamentali della
variazione di riempimento, ricordiamoci che la FE non è altro che una differenza di volumi. Ogni specie ha la
sua forma che è il miglior compromesso perché possa svolgere al meglio la sua funzione. E se vi dico
“massa”? Perché è importante nel determinismo della funzione sistolica? Per massa si intende la quantità
di cuore funzionante, se questa aumenta aumentano le richieste metaboliche del miocardio, tuttavia in
condizioni patologiche l’ipertrofia cardiaca non è accompagnata da un corretto sviluppo del letto vascolare
perciò le fibre finiscono per soffrire una condizione di iponutrizione e per andare incontro a necrosi. Nel
cuore d’atleta questo non accade per due motivi :1) il letto vascolare si sviluppa in modo da soddisfare le
richieste metaboliche del miocardio; 2)nel cuore d’atleta la componente fibrotica è esigua (non come nel
cuore patologico dove invece tale componente è importante, non tutta la massa quindi in questo caso è
funzionante). Si capisce quindi come la configurazione anatomica del cuore sia importante per un’adeguata
gittata sistolica.
-Che cos’è la contrattilità?
CONTRATTILITA’ : Definizione
Capacità intrinseca delle fibre miocardiche
di generare forza ed accorciarsi.
Nel cuore intatto, una modificazione della
contrattilità miocardica intrinseca può
essere definita come una variazione della
funzione di pompa che teoricamente si
verifica indipendentemente dalle
variazioni delle condizioni di carico
(precarico e postcarico) o della frequenza
cardiaca.
Essa dipende essenzialmente da una serie di interazioni intracellulari, cioè: quanta interazione c’è tra
miosine e actine, quanto veloce è questa interazione, quanto calcio disponibile c’è affinché avvenga tutto
ciò. Questo concetto è importante perché noi possiamo avere una FE normale, quindi una funzione di
pompa normale, ma una contrattilità intrinseca ridotta. Quando si verifica ciò? Nella Cardiomiopatia
ipertrofia ,ad esempio, dove il sarcomero è alterato ma se andiamo a misurare la FE, per un gioco di volumi
(volumi telediastolico e telesistolico piccoli) essa sarà normale.
Il concetto va riportato anche alla funzione diastolica: miosina e actina devono interagire grazie al calcio ma
questo si deve anche rapidamente liberare e i ponti devono rilasciarsi e da questo dipende quanto sarà
efficace il rilasciamento del nostro cuore, naturalmente il rilasciamento dipenderà anche dallo shape e dalla
geometria ventricolare. Mentre la compliance, cioè quanto questo cuore si riempirà, da cosa dipende
principalmente? Dall’elasticità della parete, quindi essenzialmente della fibrosi: un cuore fibrotico avrà
pareti meno elastiche. Ci sono diversi modelli di cuore fibrotico:
1- Nel modello di cardiomiopatia restrittiva, in cui il cuore è molto fibrotico, non c’è nessuono
slargamento e la P diastolica sale molto rapidamente: si osserva un innalzamento di P molto rapido
nella fase iniziale della diastole, una caduta di P nella fase di riempimento lento e una contrazione
atriale non molto vigorosa.
2- Nelle forme di cardiomiopatia dilatativa, in cui non si è ancora sviluppata una restrittività tu puoi
avere un cuore “dilatato”, puoi avere un riempimento che può essere ancora conservato ma molto
spesso nelle fasi finali, quando c’è grossa fibrosi, per quanto la cavità sia dilatata il riempimento
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sarà molto difficile; avrai un riempimento rapido e la contrazione atriale fintantoché non avrai un
qualcosa che possa abolirla, cosa? La fibrillazione atriale. In questi cuori molto fibrotici la
fibrillazione è una dannazione perché mi impedisce anche quella quantità di riempimento piccola
ma importantissima per questi soggetti, e questi soggetti quando hanno una fibrillazione atriale
passano rapidamente ad una classe NYHA successiva.
Cosa significa risposta neuro-ormonale? E’ una risposta che il nostro organismo mette in atto in seguito
a tutti gli sconvolgimenti della dinamica cardio-circolatoria, al fine di tenere in vita il soggetto.
RAAS e Sistema Simpatico
FISIOPATOLOGIA DELLO SCOMPENSO
CARDIACO:
ATTIVAZIONE NEURO-ORMONALE
Portata
cardiaca ↓
Perfusione renale ↓
Attivazione
neuro-ormonale
Renina, angiotensina II ↑
Attivazione SNS
Aldosterone
Funz.
Ventricolare ↓
Apoptosi,
flogosi,
ipertrofia,
fibrosi
Vasocostrizione
Ritenzione
idro-salina
Aumento del pre-post carico,
incremento del consumo di
ossigeno
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In realtà si tratta di una sorta di “suicidio” perché all’inizio l’attivazione di tutti questi meccanismi
neuro-ormonali rappresenta un meccanismo di compenso ma alla lunga determina un aumento del
precarico, del postcarico e un aumento del lavoro cardiaco sia per aumento della frequenza sia per
alterazioni della contrattilità. Tutto questo rappresenta la base per quello che è il nostro trattamento.
Perché quali sono i farmaci cardine che usiamo? I Beta-bloccanti per bloccare il simpatico, gli ACEInibitori e gli antagonisti per il recettore AT2 per bloccare il sistema renina-angiotensina e
Antialdosteronici perché anche l’aldosterone ha un effetto negativo sia per l’effetto profibrotico, sia
per il rischio vasculopatico: questi soggetti possono essere a rischio di progressione dello scompenso
ma anche di aritmie (nei trials clinici è stata dimostrata una riduzione di morte di tipo aritmico in
soggetti scompensati trattati con antialdosteronici).
Aspetti molecolari e cellulari
alla base dello scompenso
Plasticità del sarcomero
Metabolismo Cellulare
Evoluzione “End Stage”
Una cellula avrà un destino diverso a seconda dello stimolo che noi le imporremo: stimolo genetico,
disarrey, stimolo genetico inverso, apoptosi, sovraccarico di pressione, sovraccarico di volume,
sovraccarico di pressione e volume fisiologico nell’attività sportiva aerobica o anaerobica.
Tutto questo dipende da una serie di fattori intracellulari, tra cui il più importante è il sistema Ras-MAP
(ma ce ne sono tantissimi altri che contribuiscono al rimodellamento).
Prima parlavamo della fase di compenso e di scompenso: nella fase di scompenso si attivano una serie
di proteine che rappresentano il turn-over della matrice collagene: l’attivazione delle metalloproteasi e
di tante altre proteine che rimodellano il collageno sono un segnale assolutamente negativo che il
nostro cuore sta divenendo sempre più fibrotico, stiamo andando dalla fase di compenso alla fase in cui
non riesce più a compensare e va incontro a rimodellamento. Ma anche il metabolismo è diverso: in
una cellula di un cuore scompensato cosa si verifica? Un cuore scompensato è definito un cuore a corto
di carburante, ma soprattutto di ha uno shift da acidi grassi(principale fonte energetica) a glucosio, il
cuore scompensato inizia a somigliare sempre più al cuore embrionale. Il cuore embrionale è costituito
da una serie di proteine che sono programmate per una vita breve “di 9 mesi” e quindi sono proteine
molto rapide nelle loro funzioni ma che consumano molta energia. Tutto questo fa si che, se
inizialmente l’attività contrattile del cuore può migliorare, in realtà questo sia un altro suicidio che il
cuore fa, perché queste proteine saranno molto veloci ma programmate per lavorare poco e
soprattutto consumano molta più energia, per cui ci porteranno alla fase di end-stage in cui il cuore
non potrà più compensare. L’evoluzione end-stage è un’ evoluzione che non conosciamo del tutto ma
probabilmente esistono delle proteine ”shift” che permettono il passaggio tra quelli che sono i segnali
pro-ipertrofici e anabolici verso i segnali apoptotici e catabolici.
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CLINICA
Qual è il medico che vede più frequentemente i soggetti in scompenso cardiaco? E’ il medico di base.
Paradossalmente il cardiologo vede solo una parte dello scompenso, probabilmente la fase end-stage
ma sono gli internisti e i medici di base che vedono al meglio questi pz. Oggi si tenta di fare i cosiddetti
“percorsi dello scompenso” che partano dal medico di base, che deve assolutamente gestire la maggior
parte dei pazienti con scompenso ma soprattutto deve fare sì che questi soggetti abbiano il numero
inferiore possibile di ospedalizzazioni e la progressione meno rapida possibile. Uno dei problemi
maggiori di questi pz è la compliance della terapia: molti non prendono i farmaci. Tale percorso
comprenderà anche figure specialistiche come internisti e pneumologi e terminerà con
l’interessamento da parte del cardiologo.
La DIAGNOSI di scompenso cardiaco si fa essenzialmente tenendo conto di: anamnesi, esame obiettivo
ed indagini strumentali.
L’anamnesi ci serve a capire la familiarità e la storia personale (es. inizio e modalità di insorgenza dei
sintomi).
La diagnosi si fa con segni, sintomi e la dimostrazioni di una FE aumentata o ridotta a seconda se sia una
scompenso con FE ridotta o preservata. Quali sono i sintomi e i segni dello scompenso cardiaco?
Possiamo aggiungere III e IV tono al quadro semiologico di questi pz e naturalmente gli ascultiamo “le
spalle”. Che cosa facciamo dopo?
Esame radiologico: per vedere la silhouette cardiaca e se c’è versamento.
ECG
Ecocardiografia
Esami di laboratorio
La prima cosa da fare è però sempre capire quanti sintomi e segni ha il pz in modo da poterlo
classificare secondo NYHA:
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Esiste un mare magnum tra la classe II e la classe III ma molto spesso è difficile da identificare, molto
spesso per una questione di praticità definiamo la classe II-III quando non riusciamo a definire
precisamente quale sia l’attività che il pz riesce o non riesce a fare. Quando la classe III è tipica il pz non
riesce nemmeno a vestirsi o ad allacciarsi le scarpe o a lavarsi.
Mettiamo il caso che voi siate pediatri e venga da voi un bambino o un neonato in scompenso come lo
riconoscete? Bisogna tener conto della classificazione di Ross:
Classificazione dello Scompenso
Cardiaco nel Bambino
Classe I CHF
Classe II CHF
Classe III CHF
Professor of
Pediatrics, Wayne
State University.
Director of Fellowship
Education at Children's
Hospital of Michigan.
Classe IV CHF
No sintomi
Tachipnea e sudorazione alla
poppata nei neonati
(dispnea da sforzo moderato
nei bambini)
marcata tachipnea o sudorazione
alla poppata, scarsa crescita
(dispnea da sforzo lieve nei
bambini)
tachipnea, sudorazione, e
retrazioni intercostali a riposo
(dispnea a riposo)
Il bambino si stanca così da cominciare a saltare le poppate e comincia un ritardo dell’accrescimento.
Molte di queste situazioni vengono confuse con la bronchite piuttosto che il raffreddore e quant’altro,
quindi bisogna essere molto attenti a questa sintomatologia nel bambino, che sia o meno
accompagnata da reperti obiettivi tipici.
Prima abbiamo parlato di alcuni test diagnostici che sono essenzialmente quelli di primo livello. Poi ce
ne sono altri definiti di secondo livello. Li accenniamo perché questi ci permettono non tanto di fare
diagnosi ma piuttosto di stratificare il pz.
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Esami diagnostici
Test di primo livello:
Test di secondo livello:
-ECG
-Test cardiopolmonare
-RX Torace
-Test dei sei minuti
-Esami ematochimici
(BNP-pro BNP)
-Ecocardiogramma
Il test dei sei minuti è una camminata per sei minuti in un corridoio generalmente di 21 m in cui io
conto quanti m il pz riesce a fare, ho un saturimetro e vedo la f cardiaca, ma mi bastano anche solo i m
e in base a quelli che il pz riesce a fare io mi oriento su qual è la sua capacità funzionale, se questa è
variata in seguito a terapia o dopo installazione di un device. Generalmente al di sotto di 300 m la
risposta non è positiva (anche se non esistono dei veri valori di cut-off).
Il test cardiopolmonare è il test più importante per il cardiochirurgo perché è utilizzato per definire se il
pz va in lista di trapianto. Misura la quantità di ossigeno consumata e indirettamente misura quanto i
nostri tessuti riescono a lavorare senza produrre acido lattico in quantità tale da ridurre le loro funzioni,
il valore di 10 mL/Kg al minuto viene considerato cut-off per una severa riduzione della capacità
funzionale e molti pz con un valore inferiore a questo vengono iscritti alla lista trapianti. Importante è
che non esiste un unico parametro per giudicare il pz ma questo è uno dei parametri che teniamo in
grossa considerazione.
Ritornando ai test di primo livello:
Elettrocardiogramma: è alterato nel 75-95% dei soggetti scompensati, quindi avere un ECG normale
deve far ripensare alla diagnosi di scompenso cardiaco. Quindi lo definiamo un test ad alta sensibilità e
ad alto valore predittivo negativo.
RX: come accennato osserviamo la silhouette cardiaca, rapporto C-T >0,5, presenza o meno di
versamenti.
BNP e pro-BNP sono proteine prodotte dalle cavità ventricolari sx in seguito allo stimolo (aumento della
P telediastolica ventricolare) e ad oggi queste molecole hanno assunto il ruolo di biomarker così come
la troponina o il CPK in soggetti con sindrome coronarica acuta. Perché li chiamiamo biomarker? Cosa
differenzia il biomarker da sostanze che misuriamo per ricerca ma che non ci danno una sensibilità
diagnostica? Un biomarker ha le seguenti caratteristiche:
-E’ facilmente misurabile
-Ha bassi costi
-Ha un’alta sensibilità e specificità.
Queste caratteristiche conferiscono il ruolo di biomarker a qualsiasi proteina misurabile nel plasma.
Sono importanti perché ci permettono di fare una d.d. tra la dispnea respiratoria e cardiaca: in molti
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pronto-soccorsi sono presenti apparecchi che misurano la loro concentrazione nei capillari in maniera
molto rapida.
BNP & NT-pro BNP
Ecocardiogramma: cosa ci dice?
ECG
Alterazioni di ST-T
BBS
Aritmie
ECOCARDIOGRAMMA
↑ VTD e VTS
↓ FE
Ipocinesia diffusa o globale
Disfunzione diastolica (onda E/A)
IM ed IT
Possibile presenza di trombi in VS
Aumento di cavità e volumi, ipocinesie segmentarie laddove il substrato dello scompenso sia ischemico,
disfunzione diastolica, insufficienze mitraliche e tricuspidali perché l’anulus è dilatato, trombi nella cavità
ventricolari, FE ridotta…
Emodinamica:
Emodinamica cardiaca
Valvola Mitrale
Onda E
Onda A
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Chiaramente dovrò studiare la funzione diastolica con queste onde:
-onda E: riempimento precoce (Early)
-la curva che scende è definita tempo di decelerazione del riempimento lento
-onda A: contrazione atriale (Atrium).
TERAPIA
Essenzialmente antineuro-ormonale e a stadi. Quali sono i farmaci?
Partiamo dai Beta-bloccanti, ACE-inibitori o antagonisti recettoriali. Tra antagonisti recettoriali e ACEinibitori preferiamo questi ultimi perché con tutti i farmaci recettoriali possono esistere delle vie alternative
o dei recettori che possono agire legando i farmaci alternativamente(oggi si parla di recettori AT3 ma ne
esistono molti altri probabilmente)quindi gli antagonisti recettoriali (o per lo meno non tutti)non hanno
dimostrato un’efficacia pari o superiore agli ACE-inibitori per cui questi sono sempre i farmaci di prima
scelta, però hanno un problema: molti ACE-inibitori per attivazione di chinasi e aumento della bradichinine
possono dare tosse, e la tosse può essere un problema molto serio in questi pz perché è fastidiosa (secca) e
poi perché può essere confusa come una tosse da scompenso cardiaco.
Dopo questi farmaci si danno i diuretici che riducono il precarico ma che possono modificare in negativo la
storia naturale del pz anziché migliorarne le condizioni, quindi vanno utilizzati in termini sintomatici ma non
per cambiare la storia naturale del pz perché questa può essere migliorata sostanzialmente dai soli farmaci
ad inquadramento neuro-ormonale.
Farmaci che oltre ad essere diuretici hanno anche un effetto neuro-ormonale sono quelli che bloccano i
recettori dell’aldosterone, gli Antialdosteronici.
E poi via via abbiamo altre possibilità in termini di trattamento.
Uno dei motivi per cui i pz con scompenso hanno un numero elevato di ospedalizzazioni non è tanto la
inefficacia dei farmaci ma molto spesso i farmaci si dimenticano di prenderli e questi non possono essere
assolutamente sospesi soprattutto se abbiamo un riscontro positivo della terapia.
Le più temibili complicanza dello scompenso cardiaco sono le tachiaritmie ventricolari che possono
determinare morte improvvisa quindi laddove sussistano seri rischi di tale evenienza è opportuno installare
un defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD). Non esiste un stratificazione ben precisa dei pz in cui bisogna
ricorrere all’impianto dell’ ICD: si fa di solito riferimento al quadro sintomatologico e alla FE.
I.C.D.
Paziente
sintomatico
(NYHA II-III-IV)
FE≤35%
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L’ICD può essere installato come prevenzione primaria (prima che si verifichi qualunque aritmico),
ma anche in prevenzione secondaria. Naturalmente è preferibile riconoscere prima i pz che ne
necessitano e installarlo prima che si verifichi un evento aritmico.
Bisogna insomma valutare il rapporto tra rischi e benefici. Quali sono i contro nel mettere un
defibrillatore? Infezioni, rottura del catetere, interferenze con altri esami(non si può più fare
RMN), problemi psicologici (soprattutto nei giovani).
Oltre al defibrillatore, che è una profilassi, abbiamo anche dei device che possono avere attività
terapeutica, ovvero i pacemaker biventricolari. Cosa succede nei soggetti che hanno un blocco di
branca sx? Il BBS è un marker di quello che noi chiamiamo un ritardo elettrico che corrisponde
molto spesso a un ritardo meccanico: in cuori molto dilatati, molto grandi, le pareti cominciano a
muoversi in maniera asincrona e quindi possiamo avere un setto che si muove in maniera
asincrona rispetto alla parete laterale o posterolaterale o una parete posterolaterale del VS che si
muove in maniera asincrona rispetto alla parete libera del VD. Questo può portare ad una
difficoltà di eiezione. Come possiamo agire? Se noi utilizziamo due cateteri uno a dx e uno a sx
andiamo a sincronizzare con un impulso che diamo noi la contrazione delle pareti ventricolari e
questo ha dimostrato di migliorare sia la funzione sistolica nei pz “responder” alla terapia(nel 70%
dei casi) sia la classe NYHA e quindi la sintomatologia. Non in tutti i pz osserveremo un
rimodellamento inverso ma a noi interessa che la risposta sia buona in termini di FE e di
sintomatologia.
La sopravvivenza per scompenso cardiaco è molto variabile: in caso di cardiomiopatia dilatativa
circa l’ 80% dei pz sopravvive a 5 anni, mentre in caso di miocarditi solo il 50% dei soggetti saranno
vivi a 5 anni. Trattandosi di una patologia multifattoriale le curve di sopravvivenza saranno legate
sostanzialmente alla eziologia più che alla sindrome in sé.
Esistono alcuni pz per cui ci possiamo fare ben poco arrivati a un certo punto e in questi dopo aver
utilizzato tutti i farmaci a nostra disposizione oltre che i device e questi soggetti hanno uno
scompenso refrattario è bene prendere in considerazione il trapianto. Oggi abbiamo a disposizione
anche i cuori artificiali: quale curva di sopravivenza hanno modificato questi cuori artificiali? Di
quale classe di soggetti scompensati? I bambini. Perché immaginate che forse più del 70% dei
bambini in lista moriva prima del trapianto: avere un cuore di un bambino è chiaramente molto
complesso per i motivi facilmente immaginabili. Oggi la possibilità di impiantare un sistema di
assistenza monoventricolare o biventricolare ha cambiato completamente la storia di questi
piccoli pz e anche soggetti che prima avevano controindicazioni oggi hanno una possibilità.
Pensate soggetti con patologie sistemiche importanti (es. distrofia muscolare di Becker) possono
oggi avere una possibilità in più laddove il trapianto cardiaco per la componente sistemica sia
controindicato. Il cuore artificiale può avere diverse implicazioni, può essere utilizzato come:
-Bridge al trapianto: lo si installa fin quando non si trova un vero cuore.
-Bridge to recovery: ad esempio in caso di miocardite fulminante dove il pz va incontro a
scompenso acuto e shock. Una volta questi pz morivano, oggi si mette un cuore artificiale se
possibile con assistenza sx, si fa riposare questo cuore, è importante avere un sistema immunitario
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addatto alla clearance virale e questo pz si salva dopo un mese,quindi si toglie il cuore artificiale e
il pz ritorna come prima.
-Destination terapy: in pz che hanno controindicazioni al trapianto, molto spesso con malattie
sistemiche e aspettative di vita limitate.
Il Trapianto Cardiaco
CONTROINDICAZIONI
Età > 70 anni
Ipertensione polmonare irreversibile
Infezioni sistemiche in fase attiva
Diabete I tipo con danno d’organo
Vasculopatia cerebrale severa
Neoplasia
Patologie psichiatriche
Cattive condizioni socio-culturali
Insufficienza renale o epatica
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Cardiologia, Lezione 10
Prof. Calabrò, 25/11/2013
grazie a
Carmela Palummo
Cardiopatia ischemica cronica
La cardiopatia ischemica cronica, e in generale la cardiopatia ischemica, non è una malattia rara, è molto
frequente, ci sono una serie di statistiche, di analisi sia negli USA, sia in Europa, sia in Italia. E’ la prima
causa di morte insieme alle malattie neoplastiche.
Le coronarie sono due: destra e sinistra. La coronaria sinistra parte dal seno di Valsalva e si divide in tronco
comune e poi discendente anteriore e circonflessa. La discendente anteriore irrora la maggior parte del
ventricolo, quindi la parete anteriore, laterale, l’apice e il setto, la circonflessa invece corre lungo il margine
inferiore del ventricolo di sinistra, emette un ramo per il margine ottuso del cuore e va a perfondere la
porzione posteriore del ventricolo sinistro, posteriore nel caso di dominanza sinistra. In alcuni soggetti c’è
anche un ramo intermedio o bisettrice perché si trova all’interno di una biforcazione e va al centro. I rami
diagonali invece sono presenti in tutti i soggetti, possono essere poco o molto rappresentati e partono dalla
discendente anteriore e vanno verso la parete laterale. La coronaria destra origina dai seni di Valsalva si
porta all’interno del solco atrio-ventricolare posteriormente, a livello del solco interventricolare posteriore
si suddivide in una discendente posteriore e poi una porzione si continua e si anastomizza con la
controlaterale, questo ramo offre irrorazione alla parte posteriore degli atri e dei ventricoli. Il ramo del
nodo seno-atriale è un ramo precoce della coronaria di destra. Il concetto della dominanza è importante,
dominanza destra o sinistra a seconda di quale delle due coronarie dà origine a quale ramo? Ramo del setto
interventricolare posteriore. La dominanza del circolo coronarico è destra o sinistra a seconda se è la destra
o la sinistra a irrorare i 2/3 posteriori del setto interventricolare. La coronaria che dà origine all’
interventricolare posteriore o discendente posteriore che irrora la metà o i 2/3 del setto posteriore
definisce la dominanza del circolo coronarico. E’ importante capire come si distribuiscono le coronarie del
paziente, per capire, se c’è un problema alle coronarie, che tipo di alterazione si può verificare al ventricolo
del soggetto.
Il circolo coronarico (che irrora il miocardio) è costituito da due tipi di vasi:
•
Vasi di capacitanza:le arterie coronariche epicardiche (la coronarica destra e la sinistra la quale a
sua volta si suddivide nel tronco comune, nell’interventricolare anteriore e circonflessa) le quali nei
soggetti sani si mantengono solitamente in diametro costante.
Sono quindi le arterie principali che vediamo attraverso l’esame gold standard per riconoscere una
patologia coronarica, che è l’ angiografia coronarica. I vasi di capacitanza sono quindi coronaria destra,
sinistra e le loro diramazioni principali che nei soggetti sani mantengono un diametro costante. Questo
vuol dire che se io ho un po’ di ostruzione in quest’arteria, nei vasi di capacitanza ho dei meccanismi
che mi permettono una vasodilatazione autoregolata che mi permette alla fine di mantenere un
volume costante.
La coronaria destra prima di dare l’interventricolare posteriore può dare rami marginali acuti.
•
Vasi di resistenza sono le arteriole più piccole che normalmente con la angiografia coronarica non si
riescono a visualizzare ma non per questo sono meno importanti, sono quelle che in base alla
regolazione del tono riescono a modificare un minimo la loro capacitanza, cioè la loro capacità di
allargarsi.
1
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Ischemia
Tutti gli organi o tessuti possono andare incontro a ischemia. Il concetto di ischemia è: io necessito 100
di O₂, di sangue o di un nutriente e in quel momento non riesco ad avere 100, cioè un apporto di
sangue che non soddisfa le richieste di quel momento (perché le richieste possono essere diverse del
singolo organo).
I muscoli vanno in ischemia continua. A riposo non succede nulla e non ho dolore, dopo un esercizio
fisico invece avrò un minimo risentimento dei muscoli, quelli sono momenti di leggera o seria ischemia
in cui il muscolo richiede più O₂, riesco a fornirlo fino ad un certo punto, dopo un po’ non riesco più a
fornire quell’apporto maggiore.
Per il cuore è lo stesso, il cuore a riposo richiede un tot di O₂, un tot di sangue, nella maggior parte dei
casi il circolo coronarico è in grado di fornire quel tot di O₂ e di sangue, se la richiesta è maggiore… quali
possono essere le condizioni in cui un cuore richiede maggiore O₂? Lo sforzo fisico e lo sforzo emotivo
che causano tachicardia cioè accelerazione della frequenza cardiaca. In tutte queste situazioni il cuore
non è più a riposo e quindi necessita di un maggior apporto di O₂ e nella maggior parte dei casi vi sono
dei meccanismi per ovviare all’ischemia, il principale è la vasodilatazione (normalmente riesco a portare
1L al minuto in quel vaso, se necessito di più mi vasodilato e cerco di portare 2-3L).
L’Ischemia miocardica si instaura ogni qual volta si crea una discrepanza tra la richiesta (la necessità di
O₂) del muscolo cardiaco e l’apporto che viene fornito in quel momento. Questo squilibrio causa una
alterazione della capacità contrattile e elettrica del cuore (attività elettrica e meccanica sono le due
principali attività del cuore). Al 99.9% vanno insieme, esistono rare e patologiche condizioni in cui non
vi è associazione elettrica-meccanica (chi viene prima? Elettrica), è il fenomeno della dissociazione
elettro-meccanica in cui ho una generazione di ritmo che non consente una contrazione.
La sistole e la diastole sono tutti e due processi attivi che quindi richiedono consumo di energie (di O₂),
il flusso coronarico avviene in diastole.
Il flusso coronarico è regolato da una serie di fattori:
1. Consumo miocardico di O₂, cioè più consumo e più mi autoregolo e devo aumentare il flusso
coronarico, se sto consumando di più è perché necessito di più, quindi per regolazioni autocrine
e paracrine riesco a vasodilatare le coronarie.
Quando aumenta il consumo di O₂ esistono una serie di sostanze che sono le sostanze
endocrine vasoattive (adenosina e prostaglandine sono le principali) che vasodilatano, riducono
le resistenze vascolari e quindi aumenta il flusso coronarico
2. Pressione di perfusione coronarica. Quando viene perfuso il cuore? In diastole, quindi la
pressione di perfusione è quella diastolica. Se ho 20 di pressione diastolica ho una bassa
perfusione coronarica, normalmente la pressione diastolica è 70-80-90.
In assenza di stenosi coronarica, la pressione corrisponde a quella che è in aorta
3. Compressione sistolica, perché il flusso avviene in diastole ed è un flusso continuo, non è
eccessivamente pulsatile (avviene in modo pulsatile ma si deve cercare di perfondere in modo
continuo il cuore), quindi se ho una grossa compressione di alcuni segmenti di arterie durante
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2
la sistole ho delle interruzioni, ho delle difficoltà nella perfusione. Questa è una variante
anatomica che è relativamente frequente e si chiama da un punto di vista macroscopico, cioè
se è macroscopica questa compressione sistolica si chiama bridge intra-miocardico, cioè le
coronarie principali sono le coronarie epicardiche e quindi decorrono sopra il muscolo cardiaco
e non attraversano i fasci muscolari, al contrario qualcuno ha un tratto delle coronarie
epicardiche che decorre intra-miocardio, questo può causare qualche problema se la
compressione a lungo andare può facilitare lo sviluppo di aterosclerosi, può di per sé dare
qualche difficoltà alla perfusione.
4. Tono adrenergico. Il tono adrenergico è soprattutto α e β adrenergico
Tutto questo è regolazione,meccanismi che determinano flusso coronarico in un soggetto sano, con circolo
senza lesioni importanti, né stenosi significative. Tuttavia in tutti noi si sviluppano stenosi coronariche. Fino
a 40-50 anni fa si riteneva che la malattia coronarica colpiva esclusivamente oltre i 40-50 anni, questo
perché la maggior parte delle manifestazioni cliniche avvengono oltre i 40-50 anni, a volte anche 70-80
anni. In realtà alcuni studi(tra cui quelli iniziali sono quelli post Vietnam, negli USA) sono stati effettuati su
soggetti giovani che morivano in guerra e quando ritornavano venivano effettuate delle autpsie su questi
soggetti di 18-23 anni, soggetti di cui tutto ci si aspettava fuorchè di trovare aterosclerosi coronarica. E
invece si è visto che già in epoca 22-24 anni vi è aterosclerosi coronarica, è chiaro che nella maggior parte
dei casi non vi è una aterosclerosi così marcata da aver determinato dei sintomi, così marcata da aver
determinato ischemia importante, però è già presente. Probabilmente possiamo dire che negli USA
mangiano male ma anche noi in qualche modo ci avviciniamo. Questo per dire che l’aterosclerosi non è una
malattia dell’anziano, si sviluppa da giovane e più tardi si sviluppa più tardi si manifesterà da un punto di
vista clinico.
Quanti tipi di placca esistono? Dal punto di vista del comportamento, la placca può essere stabile e
instabile, è il cappuccio fibroso che caratterizza la stabilità o l’instabilità della placca, un cappuccio fibroso
ben rappresentato e spesso è difficile che vada incontro al fenomeno della instabilizzazione della placca,
che è quello della erosione, fissurazione e esposizione del materialeendoplacca verso l’esterno, cioè verso il
lume e verso gli elementi corpuscolati del sangue; la placca instabile invece presenta un cappuccio
fibrosonon particolarmente rappresentato ed è lì per andare incontro a erosione, fissurazione e
complicazioni.
Se parliamo come stiamo parlando ora della cardiopatia ischemica stabile, la maggior parte della
fisiopatologia della cardiopatia ischemica stabile è dovuta all’aterosclerosi con formazione di placca stabile,
una placca che via via cresce, a 20 anni può essere 10-25%, se uno non fa attenzione ai fattori di rischio la
placca continua a crescere, in alcuni più rapidamente, in altri meno fino ad arrivare ad un grado di
restringimento che è intorno al 60-70%. Quando raggiunge circa il 70% si iniziano a manifestare le
manifestazioni cliniche, questo per quale motivo? Finchè è 60-65% tutti quei meccanismi che abbiamo visto
prima, fondamentalmente il meccanismo di vasodilatazione autoregolata è un meccanismo in grado di
compensare la richiesta di O₂. Richiedo più O₂, con quella stenosi non riesco più a portare tanto O₂, metto
in gioco tutta la vasodilatazione possibile e riesco a portare O₂. Se arrivo a 70-80% quando avrò una
maggior richiesta di O₂ metto in gioco tutta la vasodilatazione possibile ma lo stesso non riesco ad
apportare un giusto quantitativo di O₂. Probabilmente se ho 70% di restringimento, a riposo il mio cuore
non va in ischemia, cioè la quantità di O₂ che riesco a portare è una quantità sufficiente. Se faccio degli
sforzi aumenterà la mia richiesta di O₂, aumenterà la richiesta di vasodilatazione ma che non riuscirà a
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superare quel limite e quindi inizierò ad avere dei sintomi da sforzo (ischemia da sforzo). Quando arrivo a
80-95% rischio di avere ischemia e quindi dei sintomi già a riposo.
Cause di ischemia miocardia:
1. Riduzione del flusso ematico coronarico dovuto nella maggior parte dei casi a una placca
aterosclerotica o alla formazione di un trombo all’interno della coronarica (in questo caso parliamo
di cardiopatia ischemica instabile) o ad uno spasmo coronarico. Uno spasmo non passeggero ma
uno spasmo più prolungato può causare ischemia importante, in quali soggetti si verificano questi
spasmi coronarici importanti? In soggetti con bridge intramiocardico in cui c’è uno spasmo ab
estrinseco, c’è una compressione ab-estrinseco durante la sistole (cioè in questo caso può non
esserci aterosclerosi ma spasmo), ma soprattutto in soggetti che fanno uso di stupefacenti (un
soggetto giovane che si ricovera con un ECG suggestivo di infarto, quasi di occlusione della
coronaria, quindi con urgenza va a fare la coronariografia e poi troviamo che le coronarie sono
relativamente pulite ma che probabilmente c’è stato un forte spasmo), cocaina e similari rischiano
di causare spasmi prolungati nelle coronarie e quindi questi soggetti vanno incontro a veri e propri
infarti perché se lo spasmo è prolungato e dura 1-2 minuti il territorio a valle va in ischemia seria,
non arriva sangue, rischia di andare in necrosi, quindi rischia di avere un vero e proprio infarto.
2. Ridotta capacità di trasporto di O₂: anemia, posso avere anche un lume della coronaria bello pulito
ma se ho un basso quantitativo di emoglobina in caso di anemia ho bassa capacità di trasportare
l’O₂ ai tessuti in generale, al cuore in particolare. Questo è difficile che si verifica nel corso anche di
una severa anemia in un soggetto che ha le coronarie sane, ma se il soggetto ha 50-60% di stenosi
sulla coronaria principale, quindi a riposo non ha nessun fastidio, non ha sofferenza ischemica, ma
se va incontro a uno sforzo, pur se con il meccanismo di vasodilatazione riusciamo a far andare la
quantità di sangue necessaria, è l’O₂ che viene a mancare a quel punto e quindi c’è causa di
ischemia
3. Aumento delle richieste di O₂: tachicardia ipertrofica ventricolare sinistra, cardiomiopatia
ipertrofica
È chiaro che uno non esclude l’altro, un evento ischemico non avviene solo per il meccanismo n°1 o
solo per il meccanismo n°3, spesso c’è 1 e 3 insieme, posso avere una stenosi del 70% in corso di
tachicardia, questo è il doppio meccanismo di ischemia.
Fattori di rischio
I fattori di rischio per coronaropatie, che poi sono i fattori di rischio per lo sviluppo dell’aterosclerosi,
vengono normalmente classificati in 2 grosse categorie: modificabili e non modificabili. Ci sono alcuni
modificabili che possono essere considerati parzialmente modificabili ma comunque sono tutti
modificabili. I non modificabili sono età, sesso, familiaritàe storia familiare. Per quanto riguarda l’età, il
soggetto giovane ha minor rischio rispetto al soggetto di mezza età che a sua volta ha minor rischio
rispetto al soggetto anziano. Se la causa principale è l’aterosclerosi, l’aterosclerosi inizia nel giovane,
continua nel soggetto di mezza età e continua ancora di più nell’anziano. Il soggetto anziano ha avuto
più anni perché si sviluppi l’aterosclerosi nelle sue coronarie. Per quanto riguarda il sesso, il sesso
maschile è il più colpito dal punto di vista dell’aterosclerosi, della cardiopatia ischemica fino ad una
certa età, poi ‘’poichè le donne vogliono sempre primeggiare nella vita in tutte le cose ci raggiungono e
ci superano’’.In menopausa e in post-menopausa quindi le donne hanno un rischio maggiore perché in
epoca pre-menopausale sono protette dagli estrogeni. Familiarità e storia personale possono sembrare
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la stessa cosa ma non lo sono, per esempio due gemelli monozigoti hanno la stessa familiarità, cioè se il
padre dei due gemelli ha avuto un infarto a 40 anni loro hanno un rischio maggiore del cugino il cui
padre non ha avuto l’infarto a 40 anni, però a 50 anni solo uno dei due gemelli ha un infarto, hanno
quindi la stessa familiarità ma una storia personale differente. Quindi vale sia la familiarità sia il vissuto
personale. Quali possono essere altre manifestazioni dell’aterosclerosi? Angina, inoltre l’aterosclerosi si
sviluppa anche in altri distretti, non solo nelle coronarie, un esempio di aterosclerosi localizzata a livello
del distretto periferico è la disfunzione erettile ed è uno dei nuovi marker di aterosclerosi, poi la
claudicatiointermittens quindi l’interessamento di coscia e gamba, se invece si localizza in un distretto
cerebrale avremo ischemia cerebrale o un vero e proprio ictus cerebrale.Può interessare un distretto
dei vasi intestinali allora dà una angina abdominis cioè dolore quando vi è la digestione, quando si
necessita un maggior apporto di sangue in quella situazione, anche l’intestino è un organo che richiede
O₂, quando richiede maggior ossigeno e non vi è l’apporto ottimale di O₂si verifica l’angina abdominis.
(L’aneurisma è un indebolimento di una delle tuniche delle arterie che le fa dilatare, è più a rischio di
eventuale rottura o formazione di trombi all’interno).
Si stanno facendo ricerche da 15 anni per cercare di trovare un gene specifico per l’infarto. La cardiopatia
ischemica è una patologia multifattoriale quindi si potrà trovare un gene di maggiore predisposizione, di
maggiore suscettibilità del soggetto ad avere un infarto, ma da qui a etichettare il soggetto come
certamente avrà l’infarto perché ha il gene e viceversa è poco fattibile.
I fattori di rischio modificabili sono fumo di sigaretta, abuso di alcol, dieta ricca di grassi saturi ipercalorica,
inattività fisica, obesità, ipercolesterolemia o ipocolesterolemia HDL, diabete e ipertensione. Il fumo di
sigaretta è un fattore di rischio totalmente modificabile. Se dico a un soggetto di 85 anni ‘’smetti di fumare
perché devi fare prevenzione’’ non ha molto senso, perché se ha fumato 60 anni allora non riuscirà a vivere
tanto da eliminare i danni del fumo. Invece un soggetto di 20 anni se smette oggi di fumare tra 3-4 anni
parte del danno è revertito, andato via, dipende da quanto tempo si è fumato e quante sigarette si sono
fumate in quel tempo. E’ chiaro che lo sviluppo dell’aterosclerosi c’è già stato e in chi ha fumato da 3-4 anni
c’è stato un aumento dell’aterosclerosi, quello non torna indietro. Si può solo fare in modo che non
continui a crescere in modo spropositato.L’abuso di alcol (non uso) e tra i giovani soprattutto abuso di
superalcolici, dieta ricca di grassi e inattività fisica sono anch’essi totalmente modificabili.
Il prof consiglia di vedere il documentario Super size me!
Ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia, basso HDL, obesità (un pochino) sono parzialmente
modificabili, cioè se sono iperteso non posso togliere dalla mia anamnesi ipertensione arteriosa, posso
togliere fumatore e dire ex fumatore, ma non ex iperteso, rimango un iperteso ma ben controllato dalla
terapia. Lo stesso vale per il diabete, sono in compenso glicemico spettacolare ma rimango diabetico e
questo vale anche per la dislipidemia e l’obesità in quanto l’obesità è in parte geneticamente
determinata.Comunque su questi fattori si può intervenire facendo prevenzione.
Non è solo il fumo di sigaretta a fare male ma le sostanze contenute nelle sigarette, tipo la nicotina, il
monossido di carbonio che fanno male per lo sviluppo dell’aterosclerosi perché vanno a ossidare alcuni
componenti lipidiche come le LDL che vengono raccolte all’interno della placca aterosclerotica.
In generale i fattori di rischio danno un effetto uno con l’altrosinergico, cioè se il fumo vale 2 punti e il
colesterolo altri 2 e un soggetto ha entrambi ha qualcosa in più della semplice somma, cioè uno potenzia
leggermente l’altro.
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In un soggetto di 35 anni smettere di fumare riduce il rischio cardiovascolare non immediato ma dopo
qualche anno, dipende da quanto ha fumato e da quanti anni fuma, comunque aumenta l’aspettativa di
vita.
Il colesterolo non è una cosa cattiva serve per la costituzione delle membrane plasmatiche, se avessi un
uomo o un animale colesterol-free cosa avrei? Acqua cioè togliendo ipoteticamente tutto il colesterolo da
un soggetto questo morirebbe e si scioglierebbe perché non ci sarebbero più le membrane. Inoltre il
colesterolo è un componente degli ormoni steroidei. Quindi è una cosa buona, sono gli eccessi che fanno
male. Il colesterolo nel nostro sangue è effetto di quello che noi mangiamo (totalmente regolabile
dall’esterno) e di quello che il fegato produce (che è abbastanza determinatoendogenamente, non
regolabile se non farmacologicamente). Esistono quindi due vie che portano al colesterolo plasmatico,
l’attacco di questo fattore di rischio deve andare verso tutte e due queste direzioni, più facile è ridurre
l’introito, poi ci sono farmaci che riducono o inibiscono la sintesi endogena di colesterolo (le statine). LDL è
il colesterolo cattivo, l’HDL è quello buono. L’obiettivo della strategia terapeutica (che comprende sia
correzione dei fattori di rischio sia terapia farmacologica) è cercare di abbassare il cattivo e tirare su il
buono, come si fa? Con i farmaci, le statine riescono a far abbassare abbastanza le LDL, un po’ di meno ma
qualcuna riesce a far alzare le HDL. Insieme a questo ci mettiamo anche i trigliceridi, vanno insieme. Dal
punto di vista naturale cosa si può fare per cercare di alzare il colesterolo buono? Esercizio fisico e un dito
di vino rosso (attenzione a come mettiamo il dito ;)).
Esistono dei cut-off per il colesterolo, in questi anni i cut-off tendono a essere abbassati, più passa il tempo
e più si capisce che quel valore di colesterolo totale di 220, che 10 anni fa era un valore totalmente
accettabile e che tuttora alcuni laboratori di analisi hanno come range di normalità di valore di colesterolo
accettabile, è totalmente inaccettabile cioè 220, 210 e 200 di colesterolo totale è un valore già alto.
Un signore dice che ha trovato le analisi per terra, colesterolo 200 o 180, com’è questo colesterolo? Il
fattore di rischio non può essere analizzato così asetticamente senza sapere chi è il paziente portatore di
questo fattore di rischio, cioè il fattore di rischio deve essere calato all’interno del singolo paziente. 300 di
colesterolo lo possiamo calare in chiunque è un valore alterato, da correggere, ma 180 di colesterolo totale
può essere in un soggetto ventenne totalmente normale o in un soggetto cinquantenne fumatore, obeso,
iperteso, sedentario e in questo caso è un valore totalmente inaccettabile.Quindi i cut-off si stanno
abbassando, si sta vedendo che il valore di 200 è alto, 180 è invece probabilmente buono, ma in un
soggetto con diabete 180 già non è più accettabile. Valori inferiori a 120-130 mg/dl sono valori buoni per le
LDL, valori superiori a 35-40 mg/dl sono invece valori accettabili per le HDL. Per il colesterolo LDL (che è un
target che come ogni bersaglio si modifica),130 in un soggetto che è solo iperteso è un valore buono, ma
già in un diabetico il target è diverso, deve essere più basso. Nel diabetico,soggetto che ha già avuto un
infarto il target deve essere molto più basso, per esempioun soggetto diabetico che ha già avuto un infarto,
(stiamo parlando di totale prevenzione secondaria), il target deve essere addirittura di 70.
L’inattività fisica è un fattore di rischio, l’esercizio fisico aumenta il colesterolo HDL, riduce quello LDL,
permette di mantenere il peso ideale, riduce i valori di pressione arteriosa (un soggetto con 190 di sistolica
non si può curare solo con l’esercizio fisico, mentre se ha 145-150 di sistolica se è obeso e non fa attività
fisica, modificando questi 2 fattori di rischio, il soggetto comincerà ad avere 125-130 di sistolica, cioè
ottengo una buona correzione).
Perché è antipatico come fattore di rischio l’ ipertensione come anche il diabete mellito e anche il
colesterolo? Posso avere un riscontro occasionale di pressione alta in un soggetto che è sempre stato bene,
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come è possibile che sono sempre stato bene e oggi ho la pressione alta? Tutti questi fattori sono fattori
silenti non danno segni, se ho 200 di pressione ho mal di testa, ma se ho 160 fisso di pressione sto bene,
non ho nessun fastidio acuto e quindi rischio di portarmelo non per una settimana che non succede nulla,
ma per 10 anni, 15 anni, 20 anni, finchè non ho una complicanza dell’aterosclerosi, un evento che dipende
da quale distretto viene interessato, cerebrale (ischemia cerebrale), coronarico (ischemia o infarto). Quindi
sono fattori pericolosi perché ‘’non si fanno sentire’’ finchè non danno un evento oramai importante e
probabilmente tardivo.
La pressione non è un valore target oggettivo buono, non è uguale per tutti, non è uguale all’interno della
giornata e non è uguale in ogni stagione. Il soggetto iperteso in estate tende a ridurre la terapia della
pressione perché in estate fa caldo, c’è già una vasodilatazione naturale e quindi la pressione tende a
essere più bassa (questo è più evidente nelle donne).
Tra giovani e anziani la pressione è più alta negli anziani perché l’anziano ha una rigidità maggiore delle
arterie, minore l’elasticità delle arterie, tipica dell’anziano è la pressione sistolica isolata, quindi il rischio di
avere 180 su 80 (80 è il valore normale di diastolica, c’è soltanto il valore di sistolica alta).
Bisogna invitare il paziente ad uno stile di vita migliore, solo se necessario introdurre la terapia
farmacologica.
Un soggetto molto obeso è difficile che corregga il suo fattore di rischio obesità con la sola l’attività fisica,
però la riduzione del peso in questo soggetto riesce a portare una riduzione importante dei valori di
pressione. L’attività fisica controlla meglio la pressione,poi ci sono la riduzione dell’alcool e la dieta
iposodica. Il diabete è un fattore che ha complicanze macrovascolari (sono cuore e cervello, arterie
importanti grandi) e microvascolari (complicanza diabetica della retina, nefropatia diabetica e neuropatia
diabetica).
La Campania è la regione che ha il più alto numero di obesi in età infantile.
Da un punto di vista clinico nell’angina stabile che succede? C’è una riduzione del flusso coronarico
soprattutto sotto sforzo e dolore, angina vuol dire infatti dolore. L’angina non è specifica per il cuore, c’è
per esempio quella addominale, anche se in genere il termine angina è in riferimento a quella cardiaca. Il
dolore ha una localizzazione in sede retrosternale, talvolta epigastrica, con irradiazione che spesso va al
collo, mandibola, arti maggiormente il sinistro, spalle, della durata di qualche secondo o minuto, in genere
è scatenato da uno sforzo fisico o uno stress emotivo e regredisce con il riposo (perché aumenta la richiesta
con lo sforzo, se mi fermo il dolore regredisce). Questa è la manifestazione tipica di angina, esiste una
classe di pazienti in cui posso avere non la tipica angina ma quelli che sono definiti equivalenti anginosi
(equivalenti ischemici), questi sono tipici di 2 popolazioni: soggetti anziani e soggetti diabetici che non
riferiscono un’angina tipica ma riferiscono dispnea o negli anziani agitazione. Perché gli anziani e i diabetici
non riferiscono l’angina o riferiscono meno l’angina? Perché possono avere l’anziano, per una
degenerazione, la neuropatia periferica, il diabetico una neuropatiadiabetica. Perché il sintomo che può
essere riferito è la dispnea (che è la difficoltà respiratoria)? Se è una zona piccola di cuore che va in
ischemia non succede nulla, se è una zona abbastanza grande viene meno la funzione primaria del cuore
che è la funzione di pompa, cioè prendere sangue da destra e portarlo a sinistra, parliamo del cuore di
sinistra, prendere sangue dal polmone e buttarlo nel ventricolo, se non riesco a fare questo o riesco a farlo
peggio perché il cuore è sofferente, allora parte di questo sangue ristagnerà a monte e avrò congestione
polmonare.
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L’angina può essere classificata, esiste la classificazione canadese dell’angina: se ho angina anche a riposo
avrò la classe IV, se a riposo non ho nulla, se faccio 3 scalini o 8 scalini non ho nulla, alla quarta rampa di
scale ho l’angina allora avrò un’angina di classe I. Quindi sforzo intenso classe I, a riposo classe IV, II e III
stadi intermedi.
Tutti i dolori al petto con irradiazione alla mandibola sono sicuramente dolori anginosi? Non tutti, vanno
indagate anche altre patologie (diagnosi differenziale).
L’ansia è tipica degli anziani, spesso associata alla dispnea, spesso è associata (soprattutto quando è
particolarmente protratta quindi non tanto si parla di angina stabile ma probabilmente qualcosa di più,
sintomi instabili, infarto) a un senso di angoscia perché non riesco a respirare bene, mi hanno detto che
passa e invece non passa, mi agito e peggioro la cosa perché iperventilo, non ossigeno bene, è un circolo
vizioso.
Diagnosi differenziale: con aneurisma aorta toracica, ernia iatale con esofagite da reflusso, reflusso gastroesofageo, spasmo esofageo, tutte patologie gastriche, gastro-esofagee e patologie respiratorie per esempio
polmonite e pneumotorace.
ECG durante angina stabile: se il paziente non ha dolore durante la registrazione dell’ECG probabilmente
l’elettrocardiogramma è normale, a meno che il soggetto non abbia avuto qualcosa in passato allora posso
vedere i segni di un infarto precedente. Se invece faccio l’elettrocardiogramma durante il dolore allora
posso avere alterazioni ischemiche dell’elettrocardiogramma. Il tratto che è alterato in senso ischemico è il
tratto ST e l’onda T, in genere con sottoslivellamenti con inversione dell’onda T o sopraslivellamenti.
Viene il paziente che ha avuto dolore, all’ECG non c’è niente, in quel momento non ha dolore, allora si fa
fare uno sforzo e si vede se sotto sforzo il dolore si ripresenta e si presentano le modifiche dell’ECG (test da
sforzo).Spesso si associa alla semplice prova da sforzo un test di imaging: ecocardiogramma da sforzo o la
scintigrafia da sforzo che vedono due cose diverse. L’ecocardiogramma è una metodica di imaging per
vedere come si muove il cuore, quindi per valutare la cinesi del cuore e le valvole come funzionano. Se il
cuore va in ischemia una parte di cuore non si muoverà bene, non riceve tanto sangue, tanto O₂ da potersi
muovere in modo corretto, vedrò che a riposo tutto il cuore si muove bene, sotto sforzo il paziente lamenta
un po’ di dolore, c’è un po’ di alterazione dell’ECG e una zona del cuore si ferma o non si muove più bene o
si muove un po’ più lentamente. Questa è un’ulteriore manifestazione che quel dolore che il paziente
riferisce si associa ad un evento ischemico all’ECG. La scintigrafia è in genere una scintigrafia di perfusione
cioè inietto il composto radioattivo e vado a vedere come si distribuisce all’interno del cuore, a riposo
probabilmente si distribuirà bene perché ci sono dei meccanismi di compenso per farlo distribuire bene,
sotto sforzo ci saranno delle zone che verranno ipo o non perfuse e questa è un’ulteriore manifestazione di
ischemia. Il gold standard è l’esame angiografico, la coronarografia, l’angiografia coronarica che viene
effettuata tramite degli accessi vascolari che sono accessi arteriosi: l’arteria femorale o l’arteria radiale.
Attraverso questi accessi arrivo per via retrograda al cuore, all’ostio coronarico, con il catetere inietto il
mezzo di contrasto e vedo un’immagine in cui vedrò dei tubi ben aperti e dei punti che probabilmente
presentano dei restringimenti. Quando trovo dei restringimenti cercherò di allargarli con un palloncino
(angioplastica) e di impiantare degli stent che sono gabbiette di metallo che servono a tenere più allargato
il vaso stesso. Se le alterazioni sono tanto diffuse che non riesco a fare 4-5-6 angioplastiche, a quel punto
conviene fare l’intervento chirurgico che bypassa cioè supera quella ostruzione attraverso dei condotti che
portano sangue da monte a valle.
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Cardiologia, Lezione 11
Prof. Calabrò, 29/11/2013
grazie a
Pasquale Mascolo
Allora abbiamo parlato della cardiopatia ischemica stabile, angina stabile , test da poter fare per la diagnosi
nella cardiopatia ischemica stabile e abbiamo detto che in questa l’ECG come può essere?Diagnostico o non
diagnostico perché se il pz nella cardiopatia ischemica stabile, per riassumere un attimo, è il pz che ha
dolore quando fa uno sforzo quando c’è un’ aumentata richiesta di ossigeno che il flusso sanguigno del
circolo coronarico non è in grado di fornire,facendo lo sforzo, ha l’ischemia e quindi sintomatologicamente
tipicamente ha angor(angina) ma finendo lo sforzo, fermandosi in genere dopo X tempo che può essere
immediato qualche secondo minuti, la sintomatologia regredisce perché regredisce l’ischemia che va a
determinare la sintomatologia. Quindi quando l’ECG lo faccio ad una persona che ha avuto l’episodio
(dolore) ieri o l’altro ieri molto probabilmente l’ECG lo trovo normale , quindi posso far mettere sotto
sforzo il paziente e fare un ECG da sforzo e probabilmente se riusciamo a riprodurre quello sforzo che il
soggetto ha fatto quando ha riferito il dolore probabilmente riferirà la stessa sintomatologia e confronterò
sintomatologia con eventuali alterazioni elettrocardiografiche che riguardano normalmente tratto ST e
onda T che normalmente in una ischemia tendono ad essere sottoslivellati rispetto alla linea definita
isoelettrica, mentre in alcuni casi possono essere sovraslivellati, in questo caso situazione più grave e la
vedremo nella lezione di oggi.Ma se non mi voglio accontentare del solo ECG da sforzo posso fare indagini
di 2° livello come la scintigrafia da sforzo o con i farmaci o ecocardiogramma da stress o farmacologico o
fisico e questo probabilmente mi andrà a riprodurre i sintomi che il pz riferiva , l’ECG si modificherà
probabilmente in corso di ischemia e se sto guardando la scintigrafia (che va a guardare la perfusione
coronarica ) andremo a vedere dei difetti di perfusione e invece se vado a guardare l’eco da stress andrò a
vedere delle modifiche di quella che è la cinetica del cuore (cinesi).Normalmente la cinesi è normocinetico,
i segmenti sono normocinetici , possono essere ipocinetici quando sono un po’ più rallentati e questo è un
iniziale segno di sofferenza ischemica, possono essere segmenti che diventano completamente fermi
quindi acinetici e questo può essere un segno o di un pregresso infarto in cui il cuore è sostituito da un
tessuto non più muscolare ma fibrotico, cicatriziale quindi non si muove più oppure può essere un territorio
che normalmente si muove ma che con l’eco da stress va così in ischemia che non solo si addormenta un
po’ attraverso una fase di ipocinesia ma addirittura si ferma, è come se in quel momento stesse andando
veramente in necrosi( le necrosi non è reversibile) poi noi interrompiamo lo sforzo e quindi ritorna ad
essere ipocinetico e poi normocinetico. Questo però è un segno di severa ischemia in quel territorio. una
volta che abbiamo fatto tutti questi test andiamo a fare l’angiografia coronarica e allora vediamo; (il prof
mostra vari esempi di angiografia coronarica: esempio n° 1 mezzo di contrasto iniettato con catetere in
accesso brachiale o ulnare o i più usati accesso radiale e femorale (accessi arteriosi), quello della figura era
un accesso della radiale sinistra,cateteri specifici per le coronarie quello usato era specifico per la coronaria
destra, il restringimento di placca aterosclerotica lo vedo sotto più punti di vista, guardo coronaria destra
da più direzioni fino all’IVP (tratto interventricolare posteriore) e ramo posterolaterale, questa coronaria è
tortuosa nel percorso ma non presenta restringimenti del lume vascolare, nella figura tutto quello che è
nero è il contrasto che rappresenta il lume vascolare, dalla coronaria destra si vede poi la sinistra sempre
con cateteri specifici, la sinistra si vede in più punti dato che è costituita da due rami: il discendente
anteriore e il ramo circonflesso, poi si rivede dalla figura due probabili stent nella discendente anteriore che
si distinguono dal restringimento di aterosclerosi perché molto più regolari, quindi probabilmente la pz
aveva avuto x mesi fa infarto miocardico acuto ed ha ripreso ad avere un angina probabilmente per due
errori: non ha seguito perfettamente la cura dell’angina e non ha ridotto i fattori di rischio (fumo),
fortunatamente gli stent della paziente andavano bene, proseguendo nell’analisi si passa dalla valutazione
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della discendente anteriore al ramo circonflesso che all’origine (così si dice) presenta un restringimento che
nella parte prossimale scompare, c’è una placca aterosclerotica in quel punto che era stata vista sei mesi
prima ma era molto leggera e in questi sei mesi è cresciuta. Ovviamente nell’angiografia si va verso tratti
con lume sempre più stretto quindi non è normale trovare un restringimento e successivamente un
aumento di dimensione.
Sindrome coronariche instabili si dividono in due grosse fette a seconda dell’elettrocardiogramma:
•
•
ST sopralivellato anche detto STEMI (ST ElevationMyocardialInfarction) per precisione si dovrebbe
definire infarto del miocardio con tratto ST persistentemente sopralivellato, dove per persistente si
intende un tempo di sopralivellamento superiore/uguale ai 15 minuti. Causa di STEMI occlusione
completa coronaria per esempio per formazione di trombo o per spasmo che però di solito da un
ST sopralivellato ma non persistente (tipico dei tossicodipendenti = cocaina)
NSTACS (Non ST elevationAcute Coronary Sindrome) che si dividono in infarto non STEMI e in
angina instabile (angina che va in peggioramento, peggioramento dell’angina precedente stabile).
Paziente con dolore al petto va al pronto soccorso e si fa l’elettrocardiogramma e scopre un infarto non
STEMI per distinguere poi se angina instabile o infarto non STEMI si fa saggio degli enzimi, troponine ad alta
sensibilità, CPK. Se al primo prelievo non rilevo troponine e neanche al secondo in una grade maggioranza
di casi escludo l’infarto e si definisce angina instabile. Se rilevo enzimi è un infarto non STEMI. Se è un
paziente con infarto non STEMI deve fare la coronaroangiografia perché c’è qlk di instabile nella coronaria,
esempio un po’ di trombo che poi si scioglie per la fibrinolisi spontanea, è cmq un paziente che anche se
non con una forte emergenza dopo 1,2,3 giorni deve fare l’angiografia. Se è un paziente con angina
instabile e che ha avuto dolore ma con enzimi sempre negativi, è considerato paziente a basso rischio, si
aspetta qlk giorno e se la situazione è stabile si fa prova da sforzo, se durante la prova si verificano
alterazioni del elettrocardiogramma, ischemia passano dall’essere a basso rischio a rischio intermedio e
rientrano nel gruppo che deve essere trattato con la coronaroangiografia. Se la prova da sforzo è negativa
bisogna eliminare i fattori di rischio (fumo, dieta ecc…). Si fa la prova da sforzo perché viviamo in un mondo
con risorse limitate e quindi bisogna usarle per chi è a più rischio, per questo è importante stratificare i
pazienti in base al rischio.
STEMI: cause trombotica 90% dei casi (placca ulcerata), spasmi, embolie non da placca aterosclerotica per
esempio trombo che parte dalla vena femorale e passa alla vena cava (abbiamo bypassato un paio di vene)
e arriviamo all’atrio destro, valvola tricuspide, ventricolo e arteria polmonare, in alternativa il trombo non
passa la tricuspide ma un foro (DIA o forame ovale) e va nel ventricolo sinistro per dare un embolia
sistemica, cerebrale, coronarica ecc.. (embolia paradossaperchè ho degli emboli rilevati venosi ma in realtà
l’embolo è sistemico). Cosa cambia rispetto all’angina stabile, il dolore è sempre angina ma non passa e lo
tengo anche a riposo e senza nitroderivati vasodilatatori o sublinguali (carvasin) o al prontosoccorso in vena
non passa. Che servono a superare l’occlusione che c’è in quel momento allargando quanto più è possibile
la coronaria.Il prof mostra come cambia il quadro elettrocardiografico nelle diverse sindromi coronariche
acute non ST ed ST.da u punto di vista dello STEMI abbiamo detto che è una occlusione completa formatasi
su una placca che si è ulcerata dando vita ad un trombo. Nell’angina stabile c’è crescita progressiva della
placca aterosclerotica che cresce 30, 40, 60, 70 quando arriva a 70 75 può iniziare a dare un po’ di
sintomatolologia a 80-85 la da sicuramente a 90 lo da anche a riposo. L’ infarto di solito con occlusione
completa parte da una placca del 40-50 che si ulcera è improvvisamente diventa instabile e da un trombo
che occlude completamente la coronaria.
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Cosa accade all’ulcerazione si espone la fibrina e le sostanze protrombotiche della placca che richiamano le
piastrine e si forma il trombo (ostruzione non da placca ma da disturbo della placca). La necrosi non inizia
appena si forma il trombo xchè c sono piccole compensazioni vascolari e meccanismi energetici di
compensazione, di solito la necrosi inizia dopo 15-20min, il tempo è importante qnt prima bisogna scogliere
il trombo che si è formato xkè più è lungo il tempo più è estesa la zona che va incontro a necrosi.
Non tutti gli infarti che hanno occlusione allo stesso livello per es discendente anteriore hanno lo stesso
danno, xkèqllo che può cambiare sono i sistemi circolatori collaterali alle coronarie che si sono sviluppati
nel tempo, il circolo collaterale si forma inseguito ad episodi ischemici che fanno produrre a valle sostanze
che stimolano la neoangiogenesi e sviluppo di circoli collaterali. A tal proposito un soggetto con più eventi
ischemici formerà più circoli collaterali e in questo caso se avrà un domani un infarto avrà una maggiore
compensazione.Al contrario il pz che non ha mai avuto ischemi, non avrà circoli collaterali che aiutano la
perfusione, quindi questo soggetto avrà un infarto molto grande. Sui circoli collaterali ci sono due teorie:
-tutti noi abbiamo circoli collaterali che però sono dormienti cioè sono “chiusi” e che stimoli ischemici
fanno dilatare e sviluppare circoli collaterali che sono già preformati
-circoli collaterali non sono preformati ma con sostanze bioumorali si crea neoangiogenesi
A prescindere da quale sia la teoria il concetto è chiaro: se un pz ha avuto + eventi ischemici è più
“fortunato” perché il territorio è preparato un po’ di più per avere circoli collaterali.
QUADRO CLINICO DELL’INFARTO ACUTO
E’ una durata prolungata del dolore ,intensità molto forte definita intollerabile, senso d’angoscia, senso di
morte imminente molto spesso il pz racconta di aver visto la morte in faccia. La localizzazione del dolore è
sempre la stessa, sono le caratteristiche ad essere un po’ diverse . La diagnosi differenziale deve essere
fatta come nell’angina stabile, io devo escludere che ci siano patologie gastriche , esofagee , spasmo
esofageo , reflusso gastroesofageo, patologie polmonari(pleuriti, polmoniti), patologie extracardiache come
la dissezione aortica. Molto spesso si associano dei sintomi neurovegetativi correlati: pallore, sudorazione,
nausea e vomito. Questi sono sintomi che possono rafforzare la diagnosi di infarto. Per fare diagnosi di
infarto in generale servono 3 componenti:
-Dolore
-ECG
-movimento degli enzimi
Secondo le ultime classificazioni bastano 2 di queste componenti, ma quella che deve essere sempre
presente è il movimento degli enzimi . componente fondamentale per la diagnosi di infarto sono gli enzimi
se non ci sono non si parla di infarto. Però per esempio se in un pz post operatorio troviamo gli enzimi
aumentati non significa che ha l’infarto , perché tt le informazioni(dati di laboratorio) devono essere
contestualizzate all’ interno del paziente. Se nel pz operato all’addome , abbiamo fatto di tutto lì dentro xD
se gli faccio gli enzimi la troponina sarà alta ma non significa infarto , perché per parlare di infarto oltre agli
enzimi dobbiamo avere anche un’altra delle due componenti (dolore ,ECG). quindi se il pz non ha mai avuto
dolore e all’ECG è normale ma ha le troponinealte , si parla di troponinosi: che è causata da qualche altra
cosa.
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Domanda: ma le troponine non sono specifiche? Le troponine sono specifiche ma ciò non significa che non
si è avuto un minimo danno cardiaco, un conto è avere 600 di troponina un altro è se il movimento è
minimo, in questo ultimo caso non è un infarto. Oggi abbiamo dosaggi ad alta sensibilità cioè i pazienti non
devono più rimanere 12 ore nei pronto soccorsi e quindi aspettare di fare ogni 6 ore gli enzimi , dopo 3 ore
se tutto è normale vanno a casa. Però Lo svantaggio è che se il pz ha una polmonite la troponina sarà alta
ma non c’è l’infarto. È un vantaggio perché escludiamo una serie di infarti quindi bisogna contestualizzare
quei dati nel pz.
Domanda: Professore, se il pz ha gli enzimi alti, ma ha ECG normale e non ha dolore si manda cmq a casa?
Allora se ECG è normale , troponine alte , nessun dolore la decisione dipende dal livello delletroponine se
per esempio è 0,08, contestualizziamo qst valore nel pz:
-dobbiamo valutare di quanto è aumentato, il nostro ospedale ha come valore massimo 0,08 se qst valore è
0,09 non mi interessa. Se questo è 3 , dobbiamo vedere se il pz è diabetico, ha avuto un po’ di affanno?
Ricordiamoci sempre che i pz anziani,diabetici possono avere presentazioni ischemiche atipiche: astenia ,
dipnea affanno. Se è 0,1 aspetto e poi glielo rifaccio , ripeto ECG .
Il prof mostra una slide che riassume l’evoluzione dell’ECG nell’infarto con ST sopraslivellato, se ECG non ha
onda S bisogna descriverlo come q piccolo R grande senza l’onda S. Quando si descrive un ECG
essenzialmente parliamo del complesso QRS che può essere scritto in vari modi q piccolo R grande s piccolo
etc in base alla entità dell’onda. Ritornando allìinfarto: Dopo che si chiude la coronaria a valle avviene
ischemia se la coronaria si riapre per fibrinolisi spontanea o grazie ad alcuni farmaci che utilizziamo,
sperando che a valle non si sia verificato nulla, quindi riusciamo a “revertire” l’ischemia. Se non siamo
riusciti in tempo o in assoluto a far riperfondere quella coronaria piano piano si va a sviluppare dal
subendocardioverso il subepicardio il fronte di lesione. Quindi una lesione che prima ischemica poi diventa
necrotica, quindi fronte ischemico che avanza con necrosi che dietro lo segue. Quando inizia l evento
ischemico che si va ad approfondire si ha un iniziale sopraslivellamento del tratto ST , sempre se non
riusciamo a riperfonderlo in tempo (è una questione di minuti o ore) l ST diventa sempre più alta se son
passate delle ore quindi c’è una certa necrosi si inizia a sviluppare onda Q di necrosi mentre qui c’era una
cosa triviale qui si inizia ad approfondire. L’evoluzione naturale che noi ci auguriamo di non vedere mai ai
tempi nostri diventa quasi transmurale più di questo non può morire e si sarà sviluppata una profonda
onda Q senza avere più dei complessi positivi di onda R e quel complesso viene definito QS cioè c’è soltanto
un complesso negativo, non c’è più positivo non c’è più r. Una delle complicanze dell’infarto acuto è
quando ho tessuto necrotico per tutta la parete , quel tessuto morto posso proteggerlo con farmaci se è
piccolo ma se è grande probabilmente evolverà verso l’aneurisma della parete ventricolare che si forma
perché viene meno il muscolo(forza di tensione) e quindi la pressione interna (120 ,130mmHg che è quella
che serve per aprire la valvola aortica). Quindi quella che poi darà l’aneurisma non è altro che la cicatrice
che non avendo più forza di tensione , a causa della pressione si sfiancherà nelle settimane successive.
Questa si può riparare chirurgicamente anche se non viene fatta sempre , è cmq molto rischioso. Se il
danno è notevole i segni di scompenso si hanno dopo poco tempo perché è una bella fetta di cuore che
risulta danneggiata. Per valutare la funzionalità del cuore si utilizza la frazione di eiezione che normalmente
è del 55%, è chiaro che se muoiono poche cellule avrò sempre quella frazione di eiezione, se necrosi è
grande probabilmente avrò una diminuzione. Quindi complicanze dell’infarto acuto è la rottura del
ventricolo e la formazione di aneurisma da un punto di vista dell’ECG si manifesta con persistenza del
sopraslivellamento se vedo a distanza di settimana/1° gg ECG di paziente con infarto acuto che continua ad
avere un ST sopraslivellato non posso pensare che ha un infarto acuto da 10 gg ma avrà formazione
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aneurismatica. Come per la coronarografia la stessa lesione la dobbiamo guardare da più punti di vista , per
l’ECG non abbiamo un'unica derivazione , se volessi la frequenza basta apporre anche solo due elettrodi ma
se voglio informazione devo guardare il cuore da più punti di vista (diverse derivazioni).questo è importante
nella sofferenza ischemica o infartuali del cuore perché da dove io sto guardando riesco a fare un sospetto
di sede dell’infarto. Riesco a fare diagnosi di sede : infarto anteriore piuttosto che inferiore, laterale etc e
questo mi può far sospettare anche la coronaria coinvolta.se per es. ho infarto anteriore è molto probabile
che abbia coinvolgimento della discendente anteriore se infarto laterale è molto probabile che ci sia
coinvolgimento del ramo circonflesso.se ho infarto inferiore c’è maggiore indecisione perché c’è il concetto
di dominanza potrebbe essere la destra o il circonflesso. Il prof mostra slide in cui didatticamente sono le
derivazioni dove io vedo il tratto ST sopraslivellato e faccio diagnosi di sede.
Esempio tratto ST sopraslivellatoin D2,D3, aVf da sotto guardano il ventricolo se lo vedo sopraslivellato in
queste derivazioni è molto probabile che stia avendo un infarto inferiore . Infarto antero settale
sopraslivellamento in V1,V2,V3.
Riprendendo le troponinosi , le possiamo avere in corso di scompenso, tromboembolia, malattie
infiammatorie, tachiaritmie etc.
Nell’infarto acuto la RX torace non si fa più in quanto il fattore determinante è il tempo
ecocardiogramma invece è importante per capire se ci sono complicanze , se c’è una rottura di cuore, per
capire l’area alterata , è chiaro che se ho quel tracciato caratteristico (ST sopraslivellato V2 V4 V5)è molto
probabile che avrò ipocinesia della parete anteriore. Per la scintigrafia non c’è tempo ,anche la risonanza
non serve perche ci fanno perdere solo tempo. Ecocardio ci fa capire la disfunzione di qualche segmento
nella fase acuta e mi fa escludere o verificare complicanze che dividiamo in aritmiche e meccaniche.
MECCANICHE: -Aneurisma
-la rottura del SIV ( se la lesione si localizza nel setto interventricolare)
-la rottura dei muscoli papillari che sono muscoli che servono a non far prolassare( a farle chiudere bene) le
valvole nella camere a minor pressione perché ciò che fa muovere è gradiente pressiorio. Se si rompe o c’è
disfunzione avrò un’insufficienza mitralica acuta.
-Versamento pericardico che potrà essere: di natura reattiva (è infiammazione, non è ematico: delinea
quella che viene chiamata sindrome di Dressler)o per rottura di parete (emopericardio)
Terapia:
Far passare il dolore al paziente e devo rimuovere sciogliere il trombo nella coronaria. Per alleviare il dolore
si utilizza la morfina , la lisi del trombo la posso ottenere con 2 grosse strategie :farmacologica e meccanica.
Nel mondo ideale tutti i pz con infarto dovrebbero fare strategia meccanica entro 1 ora per ottenere la
migliore riperfusione. Si sta cercando di formare la Rete dell infarto che è un organizzazione di trasporto e
riconoscimento di sintomi, fare diagnosi sul territorio. Attualmente funziona che se ho un infarto
solitamente il 118 non viene chiamato e si va in pronto soccorso dove verrà data una iniziale terapia . La
maggior parte dei pronto socc non sono dotati di cardiologia con lab di emodinamica quindi dopo aver
fatto diagnosi il pz sarà inviato presso un laboratorio di emodinamica per coronarografia urgente . Questo
significa perdere tempo infatti nel “mondo ideale” dovrebbe funzionare cosi: quando ho l infarto chiamo il
118, viene il 118 mi fa l’ECG contestualizza qst ECG nel dolore che ha il pz, poi teletrasmetto ECG alla
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centrale operativa, la quale conferma la diagnosi di infarto , e successivamente valuta in base a dove si
trova l’infartuato l’emodinamica più vicina. Questo sistema di rete abbatte tempi , riduce muscolo
necrotico nel pz, ma purtroppo siamo nel mondo reale e quindi dovrò fare la terapia
farmacologica(trombolisi), oltre a terapia antipiastrinica e anticoagulante dovrò fare anche lisi del trombo
caratterizzata da diversi farmaci a seconda dei protocolli:actilise, streptochinasi,retoplaseetc (non serve
sapere i nomi, i dosaggi ), l’importante è che questa riperfusione deve essere fatta quanto prima possibile.
Poi nel giro di 30 min debbo osservare 2 cose: il pz come sta, se il dolore è passato e devo vedere ECG .
Questo paziente prima aveva 4 mm di ST sopraslivellato se non si abbassa questo tratto la mia trombolisi
non sta funzionando (normalmente funziona in 20 min circa) se sta funzionando il pz ha meno dolore e un
altro segno di fibrinolisi efficace è la risoluzione dell’ST superiore al 50%. Le controindicazioni alla terapia
fibrinolitica sono: pz che è stato di recente operato al cervello (controindicazione assoluta), se pz ha
precedenti episodi di emorragia cerebrale, traumi cranici. Perché qsti farmaci aumentano il rischio di
emorragia. Quindi Il successo della terapia fibrinolitica si definisce in base alla risoluzione dei sintomi e
diminuzione del sovraslivellamente del tratto ST superiore al 50%. Altro segno indiretto di riperfusione
sono le cosiddette aritmie da riperfusionecioè se io riperfondo il cuore ischemico tendente al necrotico ho
delle aritmie che in questo caso sono un segnale positivo che significanoche il tessuto che era ischemico sta
riprendendo vita. Se la fibrinolisi è efficace le recenti linee guida consigliano la coronarografia il giorno dp,
la realtà non è prpr questa però si cerca cmq di spingere a fare la coronarografia quanto prima possibile,
perché la placca rimane là , rimane instabile , erosa e se lascio per molto tempo , nulla vieta che la placca si
vada a richiudere un'altra volta. Quindi devo fare la coronarografia ed eventualmente l’angioplastica
(PTCA), Che consiste in un palloncino che mi va a schiacciare la placca e successivamente vado ad
impiantare uno stent nella coronaria .
-L’angioplastica se fatta dopo la fibrinolisi viene definita angioplastica facilitata,
-se invece la fibrinolisi non va bene l’angioplastica viene definita rescue(è un fallimento di una strategia
farmacologica e deve intervenire con strategia meccanica),
-se invece angioplastica di urgenza senza fare fibrinolisi si chiama angioplastica primaria .
IL By Pass AORTO CORONARICO è una soluzione teorica per IMA , perché non si fa quasi mai in quanto il
chirurgo ritiene che il rischio sia troppo elevato(il territorio è ancora necrotico, non so bene che tipo di
tessuto vado a rivascolarizzare, e l’ infarto è ancora in atto).
Domanda: la terapia fibrinolitica in alcuni casi può determinare poi un peggioramento della condizione?
Il danno da riperfusione è sempre inferiore al beneficio che puoi ottenere andando a riperfondere. Un
danno da riperfusione potrebbero essere le aritmie(ondata di ioni) che si generano in un secondo
momento, ma è cmq un segno buono perché vuol dire che sei riuscito a riperfondere. È più un concetto
teorico . La riperfusione deve essere cmq fatta rapidamente.
Domanda: se abbiamo un sottoslivellamento del tratto ST in alcune derivazioni , nelle derivazioni opposte
avremo sopraslivellamento, come facciamo a capire ?
Questo ce l’hai soprattutto in ST sopra , esempio: nell’infarto inferiore abbiamo sopraslivellato in
D2,D3,avF specularmente avremo in altre derivazioni il sottoslivellamento in V1,V2. Allora è un infarto
sopraslivellato inferiore o è infarto non ST anteriore? In genere vince l’ST sopra e soprattutto bisogna
vedere la magnitudo dello slivellamento: se io ho 0,5 mm di sopraslivellamento D2,D3 ed ho 4mm di
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sottoslivellamento in V1,V2 è probabilmente un ST sotto V1,V2 con lievissima specularità inferiore. È un
fatto di ampiezza e ci può aiutare l’ecocardiogramma, perché se è infarto inferiore avrò all’eco una parete
inferiore ferma ,ipocinetica.
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