proposta di lavoro per il tema di Italiano parola chiave = “comunicazione” - Certo che se vogliamo essere interlocutori significativi degli uomini e donne del nostro tempo, se vogliamo comunicare con loro, dobbiamo «sciacquare i panni» non nel fiume di Firenze, ma nel ruscello dell’empatia e dell’ascolto attivo. - Nel «predicatore», indicato dallo scrittore russo Lev Tolstoj, posso proiettarmi io stesso o qualche mio confratello, è vero, ma credo che il termine possa riguardare un po’ tutti. - Certo il termine è usatissimo e rischia di sfilacciarsi. - E questo dipende dalla volontà di ciascuno, mettersi in ricerca di questo torrentello e «fare il nostro bucato». - Esiste il rischio di perdere la parola, proprio perché non si ascolta la realtà. - Approfitto della sua pazienza per condividere un argomento a me molto caro, quello della comunicazione (che per la Chiesa, e non solo, è d’importanza cruciale). - Intercetta ed evidenzia un atteggiamento che è umano. - Prima di congedarmi, caro e paziente direttore, le concedo un numero di prestidigitazione. - La frase capovolta potrebbe diventare così: «Il predicatore (e il cristiano e la persona adulta) è “sempre” un uomo capace di ascolto che, con parole semplici, risponde a domande che qualcuno (consapevolmente o no) gli pone». - Lo faccio con una citazione, che ho trovato in un libro sulla predicazione: «Il predicatore è spesso un uomo sordo che, con parole difficili, risponde a domande che nessuno gli fa». - Nell’empatia appunto! - Non voglio qui parlare dei mass media, televisione, telefonini, internet, ma dell’atteggiamento di base. - Penso di essere arrivato, introducendo il concetto di empatia, alla meta del nostro mini-viaggio al centro della comunicazione. - Provo a girare come un calzino la citazione iniziale, guardi un po’ che coniglio bianco salta fuori... - Quello di un progressivo allontanamento dalla realtà, con la conseguente estraniazione dalla vita e l’imbocco di una spirale involutiva, per giungere a balbettii incomprensibili. - Scriveva in maniera chiarissima uno psicologo (O. Poli): «L’essenza del vero dialogo non sta nel “trovare le parole giuste da dire”, ma nell’atteggiamento profondo di voler comprendere ciò che l’interlocutore, prova, sente e pensa in quel momento». - Se poi guardiamo dentro questa sordità, più che d’orecchi, la si scopre di cuore: una sclerocardia (dal greco: «cuore duro»), termine che tradurrei con «assenza di empatia». dalla lettera al direttore di don Alberto TOMASINI, Giornale di Brescia, 17.08.2005, p. 45 Questa è (era!) una lettera al direttore che è stata smontata in frasi, poi disposte alla rinfusa. Leggi con attenzione tutto il testo, cercando di interpretare l’argomento di cui tratta e la linea del percorso argomentativo (segui le indicazioni di struttura e i rimandi tematici interni). Poi prova a ricostruire un’argomentazione coerente: non occorre che tu riesca a ricomporre per forza la lettera come era al principio (anche se l’idea di fondo del gioco è un po’ quella). Puoi anche scegliere soltanto alcune delle frasi (o porzioni di frasi, purché senza violarne il senso sostanziale), integrandole con osservazioni tue e costruendoci sopra una argomentazione nuova. Un suggerimento utile può essere di provare a intendere gli argomenti riferiti dallo scrivente alla cultura cattolica, come metonimici della cultura in generale, e quindi estendere più ampiamente il campo delle riflessioni sulla comunicazione proposte dal testo. [solo dopo aver fatto il tuo lavoro, puoi confrontarlo con il testo originale, riportato nella pagina seguente] 1 Approfitto della sua pazienza per condividere un argomento a me molto caro, quello della comunicazione (che per la Chiesa, e non solo, è d’importanza cruciale). Certo il termine è usatissimo e rischia di sfilacciarsi. Non voglio qui parlare dei mass media, televisione, telefonini, internet, ma dell’atteggiamento di base. Lo faccio con una citazione, che ho trovato in un libro sulla predicazione: «Il predicatore è spesso un uomo sordo che, con parole difficili, risponde a domande che nessuno gli fa». Nel «predicatore», indicato dallo scrittore russo Lev Tolstoj, posso proiettarmi io stesso o qualche mio confratello, è vero, ma credo che il termine possa riguardare un po’ tutti. Intercetta ed evidenzia un atteggiamento che è umano. Quello di un progressivo allontanamento dalla realtà, con la conseguente estraniazione dalla vita e l’imbocco di una spirale involutiva, per giungere a balbettii incomprensibili. Esiste il rischio di perdere la parola, proprio perché non si ascolta la realtà. Se poi guardiamo dentro questa sordità, più che d’orecchi, la si scopre di cuore: una sclerocardia (dal greco: «cuore duro»), termine che tradurrei con «assenza di empatia». Penso di essere arrivato, introducendo il concetto di empatia, alla meta del nostro mini-viaggio al centro della comunicazione. Scriveva in maniera chiarissima uno psicologo (O. Poli): «L’essenza del vero dialogo non sta nel “trovare le parole giuste da dire”, ma nell’atteggiamento profondo di voler comprendere ciò che l’interlocutore, prova, sente e pensa in quel momento». Nell’empatia appunto! Certo che se vogliamo essere interlocutori significativi degli uomini e donne del nostro tempo, se vogliamo comunicare con loro, dobbiamo «sciacquare i panni» non nel fiume di Firenze, ma nel ruscello dell’empatia e dell’ascolto attivo. E questo dipende dalla volontà di ciascuno, mettersi in ricerca di questo torrentello e «fare il nostro bucato». Prima di congedarmi, caro e paziente direttore, le concedo un numero di prestidigitazione. Provo a girare come un calzino la citazione iniziale, guardi un po’ che coniglio bianco salta fuori... La frase capovolta potrebbe diventare così: «Il predicatore (e il cristiano e la persona adulta) è “sempre” un uomo capace di ascolto che, con parole semplici, risponde a domande che qualcuno (consapevolmente o no) gli pone». dalla lettera al direttore di don Alberto TOMASINI, Giornale di Brescia, 17.08.2005, p. 45 2