Persinsala Teatro
Mara Verena Leonardini
maggio 14, 2012
Al teatro Franco Parenti, Mario Martone mette in scena le
Operette Morali del poeta di Recanati, in una
rappresentazione impegnativa sostenuta da un cast e da una
scenografia di indubbia importanza. Passibile forse di un
eccessivo pudore nei confronti del testo letterario.
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Illustre poeta, o come si dice ai giorni nostri… Caro Giacomo.
Non so bene dove tu sia ora. Probabilmente con Schopenhauer a deridere i
positivisti, magari sulla Luna. Devi sapere che qui da noi, mentre tu non
c’eri, hanno unificato la nazione sotto il nome di Italia e sono passati ben
150 anni da questo evento. Noi italiani abbiamo celebrato tale
anniversario riscoprendo i lustri del passato e tra questi si è deciso di
trasporre teatralmente una delle tue opere più affascinanti: le Operette
Morali, la raccolta di componimenti in prosa che ha conquistato da
sempre tutti i tuoi lettori. E non mi riferisco solo ai più devoti, o come si
dice oggi: ai tuoi fan.
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Ebbene, succede che questo interessante progetto, quello di mettere in
scena le tue Operette, viene studiato e ideato da Mario Martone, regista
affermato sia nel mondo teatrale, sia in quello cinematografico (be’, tu non
sai cosa sia il cinema, ma ne parleremo in altra occasione…) e per
realizzarlo coinvolge attori dai nomi importanti quali Paolo Graziosi, Renato
Carpentieri e Barbara Valmorin, musicisti come Giorgio Battistelli, uno
scenografo formidabile come Mimmo Paladino e la Fondazione del Teatro
Stabile di Torino (Torino che è stata capitale, ma ora non lo è più…
riparleremo anche di questo). Lo spettacolo vince il prestigioso premio
UBU 2011 per la regia, sicché nei puoi ben gioire e forse ti interesserà
sapere nel dettaglio di che si tratta.
Tu stesso, del resto, nell’ispirarti ai dialoghetti satirici di Luciano,
immaginavi in cuor tuo la necessità di misurarti non solo con la poesia e il
saggio filosofico, ma anche con la scrittura teatrale e, se da un lato ben si
prestano le tue Operette per il palcoscenico, dall’altro devi sapere che
metterlo in scena non si è rivelato così semplice. I dialoghi scelti sono stati
sedici su ventiquattro, un numero notevole che ha richiesto 210 minuti di
prosa. Alla base si è tentato di rispettare la struttura complessiva
dell’opera e di cimentarsi con la tua filosofia della Natura, indagando nel
profondo dell’animo e delle paure umane con immagini e personaggi dai
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diversi punti di vista (islandesi e scienziati, pianeti e folletti…) e questa ci
pare un’operazione senz’altro meritevole.
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Gli attori in scena recitano le tue medesime sentenze, costruiscono i tuoi
dialoghi indossando costumi del tuo tempo. Interpretano il potente Giove
così come l’inquietante Natura, ma nessuno si avventura a reinterpretare il
senso di quei versi o, semplicemente, ad adattarli al Mondo Nuovo che
soffre ancora di alcuni problemi filosofico/esistenziali che descrivi nei tuoi
carteggi. Il rispetto nei tuoi confronti è a tratti didascalico e quelli che tu
poni come profondi spunti di riflessione rimangono tali, ovvero scenari
possibili, panorami disarmanti, sussurri d’angoscia come quelli di Porfirio.
L’impressionante lavoro dello scenografo Mimmo Paladino infonde quel
quid in più a tutto lo spettacolo e si può considerare l’unico vero tentativo
(riuscito) di andare oltre la parola per celebrare il tempio del palco. Un
esempio su tutti, la mastodontica scultura dove risiede la Natura nel
deserto africano.
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Non a caso, i dialoghi più suggestivi sono quelli intrisi di amara ironia che
giocano sullo spazio. Ricco di pathos l’incontro tra il Tasso e il suo genio
familiare, inquietante lo studio del dottor Ruysch, cinico il battibecco tra lo
gnomo e il folletto, malinconiche le frasi di Colombo a Gutierrez, maestosa
la matrigna Natura (interpretata dalla brava Barbara Valmorin) nei
confronti del povero islandese.
Il resto lo conosci già, caro Giacomo, perché l’hai scritto tu. Si nota la
volontà registica di inserire alcuni spunti autoriali, ma la riverenza nei tuoi
confronti fa sì che resti impresso il tuo nome su tutto. Le tue parole sono
preservate come in una teca di vetro e noi le ascoltiamo, le ammiriamo,
ma non riusciamo pienamente a farle nostre.
Quasi a dimostrare, ancora una volta, che Giacomo Leopardi di Recanati è
un filosofo fuori dal tempo, sempre troppo in anticipo sulle domande
assolute del mondo e dell’uomo, sul peso dell’infelicità e sulla ricerca vana
di consolazione.
Questo è tutto, illustre poeta. Noi italiani continuiamo e continueremo a
leggerti. E forse un giorno riusciremo anche a capirti veramente.
Con affetto.
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Lo spettacolo continua:
Teatro Franco parenti
via Pier Lombardo, 14 – Milano
fino a domenica 13 maggio
orari: martedì, mercoledì, giovedì, ore 19.30 – sabato, ore 19.30 – domenica, ore 17.30
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Operette Morali
di Giacomo Leopardi
adattamento e regia Mario Martone
con Renato Carpentieri, Marco Cavicchioli, Roberto De Francesco, Paolo Graziosi, Giovanni Ludeno, Paolo
Musio, Totò Onnis, Franca Penone e Barbara Valmorin
scene Mimmo Paladino
costumi Ursula Patzak
luci Pasquale Mari
suoni Hubert Westkemper
dramaturgia Ippolita di Majo
aiuto regia Paola Rota
scenografo collaboratore Nicolas Bovey
musica per il Coro di morti nello studio di Federico Ruysch Giorgio Battistelli (Casa Ricordi – Milano)
esecuzione Coro del Teatro di San Carlo diretto da Salvatore Caputo
produzione Fondazione del Teatro Stabile di Torino
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