il ruolo del farmacista nella gestione del paziente anziano

CORSO ECM PER FARMACISTI
IL RUOLO DEL FARMACISTA NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE
ANZIANO
Invecchiamento fisiologico e patologico
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Il processo di invecchiamento è sicuramente ineluttabile ed è molto più complesso di
quanto si possa pensare; è oggetto di continuo studio in diversi ambiti delle scienze
mediche e biologiche, anche perché assistiamo a un “invecchiamento globale” della
popolazione, dovuto alla migliore qualità di vita ed al progresso nel campo della
prevenzione e della terapia medica.
È difficile fare una distinzione tra le modificazioni anatomiche e funzionali da attribuire
all’invecchiamento “in sé” e le modificazioni da attribuire ai vari insulti patogeni che
hanno colpito, nel corso della vita, i vari organi ed apparati. Inoltre la velocità di
invecchiamento è differente da un organo all’altro nello stesso individuo e molto
variabile tra un individuo e l’altro. Pertanto la dispersione dei valori dei parametri
biologici (ad esempio la clearance della creatinina o la portata cardiaca) rispetto alla
media è molto più ampia rispetto a quella dei soggetti più giovani.
A livello di tutti i distretti, assistiamo a un processo di degenerazione cellulare
fisiologica e possiamo osservarne le implicazioni cliniche. Ad esempio, se consideriamo
la composizione corporea, il paziente anziano va incontro a riduzione del peso
corporeo (maggiore nell’uomo che nella donna) e diminuzione della massa magra
totale ed aumento relativo della massa adiposa. Quindi vi è un’alterazione del
metabolismo; l’anziano ha bisogno di un minor introito calorico rispetto all’adulto ma
al tempo stesso il processo di invecchiamento causa una deplezione di sostanze
nutrienti che vanno rimpiazzate con un’alimentazione corretta. Le possibili implicazioni
cliniche sono la tendenza alla malnutrizione e soprattutto le alterazioni della cinetica
dei farmaci: aumenta il volume di distribuzione dei farmaci lipo-solubili.
La diagnostica differenziale nell’anziano è un argomento molto complesso poiché le
medesime manifestazioni cliniche possono essere collegate all’invecchiamento
fisiologico di un insieme di apparati: se continuiamo con l’esempio della malnutrizione,
e consideriamo la malnutrizione per difetto, la degenerazione dell’apparato muscoloscheletrico riduce l’attività fisica, che nei soggetti adulti stimola l’appetito; il cavo
orale subisce importanti modificazioni e livello di apparato dentario e paradentario, di
mucosa orale, di saliva, di sistema muscolo-articolare, di deglutizione; l’apparato
gastro-intestinale va incontro a modificazioni a livello di esofago, stomaco, intestino.
Inoltre la malnutrizione può dipendere da altre cause sottostanti oltre a quelle legate
al processo di senescenza: bronchite cronica, enfisema, disfagia, GERD, cancro,
presenza di gastrectomia, cattivo controllo metabolico del diabete, IRC, demenze,
ictus, malattie neurodegenerative, uso ed abuso di farmaci….
Il paziente anziano è quindi un soggetto di estrema complessità sotto tutti i punti di
vista e l’approccio farmacologico implica una grande cautela nel valutare tutto
l’insieme di modificazioni legate al processo di senescenza.
Diagnostica di laboratorio tipica dell’anziano
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Per quanto riguarda gli esami di laboratorio, è importante premettere che non tutti i
parametri ematochimici variano con l’aumentare dell’età. Ad esempio, elettroliti, GOT,
bilirubina, fosfatasi acida e T4 sierica non dovrebbero subire alterazioni considerevoli.
Alcuni parametri subiscono invece un aumento fisiologico: fosfatasi alcalina, globuline,
urea, creatinina, acido urico, calcio (nelle donne), VES. Altri invece vanno incontro a
diminuzione: albumine, fosfati (negli uomini), T3 sierica, ferro, capacità totale legante
del ferro, leucociti.
Alcuni esami di frequente esecuzione nel paziente anziano riguardano:
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Emocromo: il sistema emopoietico nell’anziano subisce una progressiva lieve
riduzione dell’emoglobina. Il volume corpuscolare medio tende all’aumento,
mentre vi è una progressiva lieve riduzione del midollo attivo, sostituito da
tessuto adiposo (viraggio da midollo "rosso" a midollo "giallo"). La vita media
eritrocitaria, il conteggio delle piastrine, i neutrofili e i macrofagi non subiscono
significative variazioni. L’implicazione clinica più rilevante è la ridotta risposta
midollare alle perdite ematiche croniche ed acute e quindi la tendenza
all’anemia. L’anemia è definita dall’OMS come una concentrazione di Hb
inferiore a 12 g/dl nelle donne e 13 g/dl negli uomini, la prevalenza aumenta
con l’età, interessando complessivamente circa il 13% dei soggetti sopra i 70
anni. La presenza di anemia nel soggetto anziano ha una stretta relazione con
la funzionalità fisica e la disabilità. Anche se asintomatica, ed apparentemente
ben tollerata può comportare il rapido peggioramento di molteplici patologie
oltre che compromettere in maniera significativa l’autosufficienza dell’anziano. È
ampiamente documentato in letteratura che, indipendentemente dalla causa,
una anemia non trattata può associarsi ad astenia, declino funzionale, ad una
aumentata morbilità e mortalità, a deficit neurologici e cognitivi, a depressione,
ad un aumentato rischio di cadute, a danni cardiovascolari e renali. È quindi
molto importante tenere sotto controllo i valori dell’emoglobina negli anziani.
-
Coagulazione: il paziente anziano va incontro ad un aumento dei livelli del
fibrinogeno e dei fattori V, VII e IX della coagulazione. L’incidenza della
tromboembolia venosa, comprendente la trombosi venosa profonda (TVP) e
l’embolia polmonare, e della tromboembolia arteriosa, che può portare
all’infarto miocardico e all’ictus, aumenta con l’età, particolarmente dopo i
55 anni. L’aterosclerosi svolge un ruolo importante nella stimolazione della
coagulazione indesiderata ed è considerata il più comune tra gli stati di
ipercoagulabilità acquisiti. Il processo aterosclerotico può essere influenzato
direttamente dalle alterazioni dell’attivazione piastrinica, della coagulazione e
della fibrinolisi, ognuna delle quali concorre alla deposizione di fibrina e, in
ultima analisi, all’accrescimento della placca, la cui rottura può stimolare una
coagulazione anomala. Ragion per cui gli anziani sono sovente in terapia con
anticoagulanti. Esistono numerosi anticoagulanti differenti, molti dei quali
hanno un utilizzo specifico, specialmente per la profilassi della tromboembolia
venosa. In generale, i farmaci somministrati per via endovenosa, come
l’eparina o i fibrinolitici, vengono usati a breve termine per i pazienti
ospedalizzati, mentre i farmaci orali, come il warfarin e gli antiaggreganti
piastrinici, vengono usati a lungo termine per i pazienti ambulatoriali. Le
eparine a basso peso molecolare, somministrate SC, si possono utilizzare
praticamente in ogni situazione.
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I pazienti anziani necessitano di un accurato monitoraggio dei parametri della
coagulazione: gli effetti anticoagulanti dell’eparina, generalmente, vengono
controllati con l’aPTT ; la determinazione del tempo di protrombina (PT) è il
metodo più comunemente utilizzato per il monitoraggio della terapia con
warfarin. Dal momento che il PT e l’INR (PT/INR) misurano la capacità del
sangue di coagulare correttamente, possono essere utilizzati per valutare la
tendenza sia al sanguinamento sia alla formazione di coaguli.
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Funzionalità renale: a livello renale, il paziente anziano subisce modificazioni
strutturali macroscopiche e microscopiche, con ripercussioni funzionali. Quindi
l’anziano va sovente incontro ad aumento del rischio di intossicazione da
farmaci eliminati prevalentemente per via renale; maggiore incidenza di iperipovolemia, acidosi-alcalosi, disionia; aumento del rischio di anemia; aumento
del rischio di insufficienza renale acuta da sostanze tossiche, ischemia, o
infezioni delle vie urinarie; rischio di infezione delle vie urinarie; aumento del
rischio di osteoporosi. I parametri relativi alla funzionalità renale come
creatinina, clearance della creatinina nelle 24 ore. urea, vanno controllati
regolarmente. È importante anche lo studio della velocità di filtrazione
glomerulare (VGF) perché a volte può essere alterata anche in pazienti con una
creatinina sierica nella norma. Bisogna utilizzare la formula di Cockroft e Gault
che tiene conto di peso (masse muscolari), età e sesso e che si correla con
ottima approssimazione al filtrato misurato sperimentalmente con la clearance
dell'inulina:
Clearance creatinina calcolata =
(140 - età) x peso (Kg)
72 x creatinina (mg/dl)
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Metabolismo glucidico. I valori glicemici aumentano progressivamente nel corso
della vita, e si riscontrano anche tendenza all’aumento dei valori insulinemici e
ridotta tolleranza al carico di glucosio. Le suddette alterazioni si correlano ad
una insulino-resistenza, dipendente non tanto da un difetto recettoriale, quanto
post-recettoriale. Vi è quindi nell’anziano un maggiore rischio di diabete mellito
(la prevalenza di diabete mellito tipo II è del 5% nella popolazione generale
dopo i 75 anni). Importante quindi tenere sotto controllo i valori della glicemia e
l’emoglobina glicata.
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Tiroide: Negli anziani, con l'avanzare dell'età, la fisiologia tiroidea si modifica
gradualmente e può condurre a ipotiroidismo. L'ipotiroidismo nell'anziano è un
importante problema di salute pubblica, se si considera che il 17,5% degli
ultrasettantacinquenni ha un TSH aumentato pur con livelli di T3 e T4 nella
norma. Nell'anziano individuare i sintomi dell'ipotiroidismo è arduo perché
coincidono con i disturbi attribuibili allo stesso processo di invecchiamento e
senescenza: astenia, facile affaticabilità, stitichezza, cute secca e anelastica,
intolleranza al freddo, aumento ponderale, disturbi cognitivi, apatia, etc.).
Nell'anziano l'ipotiroidismo può insorgere anche in maniera atipica con:
ipertensione, bradicardia, varie tachiaritmie, edema del volto e degli arti, senza
fovea, crampi muscolari, neuropatia periferica, atassia cerebellare. Le indagini
di laboratorio possono documentare ipercolesterolemia, anemia normocitica
normocromica, iponatriemia, elevazione del TSH > di 5 mcg/ml, eventuale
riduzione di FT4, aumento CPK etc.
I problemi più comuni
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Alterazioni cognitive: La demenza è una condizione che interessa dall’1 al 5 per
cento della popolazione sopra i 65 anni di età, con una prevalenza che
raddoppia poi ogni quattro anni, giungendo quindi a una percentuale circa del
30 per cento all’età di 80 anni. Per demenza si intende genericamente una
condizione di disfunzione cronica e progressiva delle funzioni cerebrali che porta
a un declino delle facoltà cognitive della persona. Nella definizione generica di
‘demenza’ rientrano diverse malattie, alcune classificabili come demenze
‘primarie’, come la malattia di Alzheimer, la demenza con i corpi di Lewy, la
demenza frontotemporale, e altre invece definite ‘secondarie’, in quanto
conseguenza di altre condizioni, come ad esempio la demenza da AIDS. Il
morbo di Alzheimer (MA) è la forma di demenza più comune nell’anziano,
costituendo fino ai due terzi dei casi. La sua frequenza aumenta con l’età.
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La depressione è un’altra manifestazione molto frequente nel paziente anziano,
ed è una delle più difficili da diagnosticare. L'anziano si ritira progressivamente
dalle attività sociali e man mano rinuncia ad una vita indipendente. Il tutto si
accompagna alla perdita del "ruolo" e ad una situazione di noia e solitudine. I
cambiamenti nello stile di vita vengono considerati come normale espressione
del processo di invecchiamento: perciò modificazioni di comportamento ed
atteggiamenti patologici a volte sono ignorati o accettati come ineluttabili,
mentre possono essere la spia di una depressione mascherata. La depressione
può comparire sotto forma di un episodio durante l'età adulta e ripetersi a
distanza di 30 /40 anni nell'età avanzata, oppure può comparire tardi nella vita
ed i suoi sintomi (includendo alterazioni della memoria, eloquio e motricità
rallentati) possono essere facilmente confusi con quelli di una senilità precoce o
di un incidente vascolare cerebrale minore. Si calcola che il 20/25% delle
persone al di sopra dei 65 anni soffra di depressione. Nell'anziano la
depressione può essere causata da eventi della vita (perdita del compagno,
problemi di salute, ristrettezze economiche ecc.), malattie neurologiche (morbo
di Parkinson od endocrine, ipotiroidismo, morbo di Cushing), malattie cardiache,
incidenti vascolari cerebrali, artrite o artrosi, cancro, deficienze nutrizionali.
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Astenia. La debolezza è uno dei sintomi più frequenti nel paziente anziano,
assume connotazioni più complesse e sfumate rispetto al medesimo fenomeno
negli adulti e le cause possono essere molteplici: tra le più comuni,
l’abbassamento della pressione arteriosa, la malnutrizione, l’ipoglicemia, lo
squilibrio elettrolitico, la sarcopenia, il diabete mellito, il deficit vitaminico,
l’ipovolemia. Senza tralasciare le cause psicologiche come stress e depressione
e l’assunzione di farmaci che possono portare a spossatezza e sonnolenza.
Bisogna compiere una serie di indagini per escludere patologie organiche come
anemia da carenza di ferro, patologie endocrine (ipo e ipertiroidismo, ma anche
insufficienza ipofisaria o delle ghiandole surrenali), neoplasie e leucemie.
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Cadute: Debolezza, difficoltà alla deambulazione, diminuite capacità sensoriali
rendono il paziente anziano ad elevato rischio di caduta. L’apparato muscoloscheletrico dell’anziano subisce un declino fisiologico; la massa muscolare
diminuisce in favore della massa grassa, le ossa vanno incontro a un
progressivo assottigliamento, specie nelle donne, che hanno maggior
predisposizione all’osteoporosi. È quindi chiaro come le cadute siano causa della
maggior parte delle fratture e di aumento della mortalità nei pazienti anziani. Le
fratture, in particolare quella della testa del femore, possono portare al decesso
in quanto portano ad immobilità e a conseguenze gravissime come piaghe da
decubito, infezioni, sindrome da allettamento, cachessia.
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Disturbi del sonno. L’insonnia è un problema molto sentito nella popolazione
oltre i 60 anni. Le persone anziane soffrono di disturbi del sonno molto più
frequentemente rispetto ai giovani adulti, le donne in percentuale maggiore
rispetto agli uomini. L'insonnia dell’anziano è caratterizzata da risvegli notturni
(insonnia centrale) e/o precoce risveglio mattutino (insonnia terminale). Le
persone anziane si addormentano con facilità, ma il loro sonno dura molto poco,
e si risvegliano molto presto al mattino. Essendo il loro sonno più leggero e
meno ristoratore è altrettanto facile risvegliarle. Dopo i 70 anni si assiste alla
scomparsa del sonno profondo, per cui avviene un deterioramento complessivo
della qualità del riposo. Anche le cause dell’insonnia nell’anziano sono molto
diverse da quelle tipiche di altre età. L’insonnia senile è dovuta soprattutto a:
o Abitudini scorrette: l’anziano tende a trascorrere molto tempo a letto, fa
frequenti sonnellini diurni e non pratica alcuna attività fisica.
o Disturbi organici: problemi cardiaci, respiratori, gastroenterici e urologici,
nonché alcune patologie tipiche dell’invecchiamento (morbo di Parkinson,
demenza senile, sindrome delle gambe senza riposo, apnee notturne)
interrompono e disturbano il sonno della persona anziana, causando
anche preoccupazioni di ordine psicologico.
o Assunzione di farmaci: alcuni farmaci, da soli o combinati, possono
portare degli effetti collaterali e interferire con il normale ritmo sonnoveglia, anche a causa delle alterazioni nel metabolismo dei farmaci.
La risoluzione dei problemi di insonnia è ancora più pressante nel caso dei
pazienti anziani, perché questo disturbo ne peggiora la già compromessa
funzione sociale e il rendimento psicofisico. I disturbi del sonno aumentano
infatti lo stato depressivo e il calo dell’umore.
Un disturbo da considerare nell’anziano è inoltre la sindrome delle gambe senza
riposo, che in alcuni casi può affliggere il paziente già in età adulta e protrarsi
con l’avanzare dell’età. Il meccanismo non è chiaro, ma potrebbe coinvolgere
disturbi nel sistema nervoso centrale. I pazienti affetti lamentano una
sensazione di fastidio e formicolio alle estremità inferiori quando si sdraiano:
muovono quindi l’estremità colpita allungandola, scalciando o camminando. Ne
consegue che hanno difficoltà ad addormentarsi, si svegliano ripetutamente
durante la notte o entrambi.
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Dolori ed artrosi. L'artrosi è una patologia degenerativa delle articolazioni: esse,
invecchiando, vanno incontro ad un progressivo cambiamento strutturale che
porta alla formazione dei cosiddetti osteofiti, “becchi” ossei che possono colpire
tutte le articolazioni e creare dolori e fastidiosi scricchiolii presenti al
movimento. L'artrosi è quindi una patologia tipica dell'anziano e colpisce
soprattutto le articolazioni sottoposte a maggior carico quali schiena, ginocchia
e anche. È più frequente nelle donne, soprattutto dopo la menopausa, che
possono essere colpite anche a livello delle mani, dove possono formarsi dei
fastidiosi noduli, in particolare tra la falange intermedia e l'ultima falange, che
periodicamente possono infiammarsi e dare dolore, oltre a creare danni estetici.
L’artrosi si manifesta generalmente con dolore articolare, presente in modo
significativo durante il movimento e soprattutto quando ci si rimette in moto
dopo essere stati fermi. L’obiettivo terapeutico è controllare il dolore con
farmaci antidolorifici o antinfiammatori perché senza dubbio la sintomatologia
dolorosa cronica contribuisce a un rapido declino del paziente anziano oltre a
minare la qualità di vita. La terapia maggiormente efficace nell'artrosi è
comunque la ginnastica nei pazienti che abbiano tale possibilità. La patologia
artritica è un’altra causa frequente di dolore nel paziente anziano; è un
processo morboso di tipo infettivo-infiammatorio che colpisce le strutture
anatomiche di una o più articolazioni. Non è un fenomeno limitato alla
popolazione anziana ma un elevato numero di anziani ne soffre e va incontro a
sintomatologie dolorose acute. È quindi importante differenziare l’artrite,
patologia acuta, dall’artrosi, patologia cronica.
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Ipertensione. La pressione arteriosa sistolica subisce un progressivo incremento
con l’aumentare dell’età (specie nel sesso femminile). La pressione arteriosa
diastolica tende ad aumentare fino al 60° anno; successivamente si stabilizza o
tende a diminuire lievemente. Dalle linee guida del ’97 non esiste più
distinzione tra adulto ed anziano per la definizione di Ipertensione Arteriosa.
Anche in età avanzata il “cut-off” per la diagnosi di I.A. è 140/90 mmHg.
L’Ipertensione Sistolica Isolata (I.S.I.) (PAS >140;PAD < 90. indice di perdita di
elasticità delle arterie maggiori) è la forma di ipertensione tipica della
popolazione anziana. La prevalenza di questa forma di I.A. è risultata essere
del: 5% a 60 aa del 12,6% a70 aa e del 23,6% a 80 aa ed ha assunto il ruolo
di vero e proprio fattore di rischio cardiovascolare. Nel paziente anziano occorre
tenere sotto controllo i valori pressori in differenti occasioni e orari della
giornata.
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Lesioni cutanee. La cute nell’anziano subisce modificazioni morfologiche e
strutturali: atrofia dell’epidermide, delle ghiandole sudoripare e dei follicoli
piliferi; degenerazione del collagene e delle fibre elastiche; sclerosi delle
arteriose; riduzione del grasso sottocutaneo. La cute diviene sottile, rugosa,
secca, fragile, depigmentata; i capelli sono grigi e radi, le unghie sottili, fragili,
rigate, e presentano crescita rallentata. Si riscontrano ridotta capacità di
riparazione delle ferite, ridotta sintesi della Vitamina D, ridotta capacità
termoregolatoria. Le implicazioni cliniche sono: abrasioni ed infezioni ricorrenti;
prurito, intertrigine; ulcere da pressione; onicogrifosi; carcinoma a cellule
squamose (basalioma).
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Malattie cardiovascolari. Se l’alta prevalenza di patologie cardiovascolari, come
ipertensione, malattia arteriosa coronarica e scompenso cardiaco, sia dovuta a
un processo di invecchiamento o se queste malattie si verifichino più
frequentemente nelle persone anziane semplicemente a causa di una più lunga
esposizione ai fattori di rischio, non è stato ancora stabilito. Con l’età, il cuore
può subire processi di atrofia, rimanere invariato o sviluppare un’ipertrofia
moderata o grave. Le pareti delle grandi arterie di conduzione (p. es., l’aorta) si
ispessiscono e le arterie si dilatano e si allungano. L’ispessimento deriva
principalmente da un aumento dello spessore intimale dovuto ad accumulo
cellulare e deposizione di matrice; si verifica anche la frammentazione della
membrana elastica interna. Queste modificazioni possono spiegare
parzialmente l’aumentata probabilità negli anziani che si sviluppi
un’aterosclerosi. I fattori che contribuiscono a ridurre la gravità
dell’aterosclerosi e la mortalità per malattie coronariche (CAD) comprendono la
riduzione dei livelli di colesterolo e della prevalenza di fumo, oltre al
miglioramento della terapia medica per le persone con CAD acuta e un migliore
controllo dell’ipertensione.
Le patologie cardiovascolari più frequenti nel paziente anziano sono:
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Malnutrizione: è un fenomeno comune tra le persone anziane. Spesso non viene
riconosciuta e quindi non è trattata, ma è una malattia con costi elevati in
termini di morbilità e mortalità ed ha un impatto negativo sulla qualità di vita.
La malnutrizione, sia per eccesso che per difetto, può portare a conseguenze
molto gravi. La sovranutrizione porta a obesità, diabete, aumento di incidenza
delle patologie cardiovascolari. La malnutrizione per difetto, caratterizzata dalla
perdita progressiva di massa magra, ha gravi conseguenze sull’autonomia del
paziente, facilita la comparsa di piaghe da decubito, espone a un maggior
rischio di fratture ed al peggioramento di patologie croniche, inoltre aumenta il
rischio di essere ospedalizzati, porta a soffrire di depressione ed apatia ed in
generale determina un peggioramento della qualità di vita. L’utilizzo cronico di
farmaci può contribuire alla malnutrizione.
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Infezioni ricorrenti: Le persone anziane sono soggette a un elevato rischio di
malattie infettive a causa delle alterazioni del sistema immunitario legate all'età
ma anche delle carenze nutrizionali frequenti. La semeiologia delle infezioni è
molto spesso atipica nel soggetto anziano e i segni e i sintomi sono più discreti
che nell'adulto giovane: a volte vi può essere un ritardo diagnostico e
terapeutico che aggrava la prognosi delle malattie infettive in pazienti
particolarmente fragili, il cui stato clinico si deteriora rapidamente, anche in
assenza di febbre. La ricerca di una sindrome laboratoristica infiammatoria e il
ricorso rapido a degli esami complementari semplici, orientati in base ai dati
dell'esame clinico, permettono di confermare l'ipotesi infettiva nei casi difficili. Il
trattamento delle malattie infettive deve essere adattato alla situazione clinica e
ai risultati dei prelievi batteriologici, che si devono effettuare sistematicamente
a causa dell'alta prevalenza di infezioni dovute a batteri multiresistenti nelle
persone anziane. Il dosaggio degli antibiotici prescritti deve tener conto delle
capacità individuali di metabolismo e di eliminazione dei farmaci. La gestione
contemporanea delle patologie concomitanti è indispensabile per la guarigione.
La prevenzione delle infezioni resta essenziale per tentare di ridurre la
morbilità/mortalità delle malattie infettive in geriatria. L'importanza delle
vaccinazioni antinfluenzale e antipneumococcica è chiaramente dimostrata in
questo contesto. Una delle malattie infettive più frequenti nell’anziano è la
polmonite nosocomiale. L’incidenza annuale negli anziani varia da 20-40/1000
per la polmonite acquisita nella collettività a 100-250/1000 per la polmonite
acquisita nelle strutture assistenziali di lungodegenza. In qualunque momento,
si ritiene che il 2,1% degli anziani residenti in tali strutture abbia la polmonite.
La polmonite nosocomiale è frequente tra i pazienti anziani ricoverati in
ospedale che sono stati sottoposti a interventi chirurgici toracici o addominali,
ventilazione meccanica o alimentazione per sondino. Il fattore di rischio
principale per lo sviluppo di una polmonite nell’anziano è la presenza di altre
malattie gravi. Inoltre, la probabilità che la polmonite abbia un esito
sfavorevole, compresa la morte, è legata in maniera diretta al numero delle
patologie concomitanti; il tasso di mortalità aumenta da 9/100 000 in assenza
di altre affezioni, a 217/100 000 in presenza di un’affezione ad alto rischio e a
979/100 000 in presenza di due o più affezioni ad alto rischio. Nei pazienti
anziani è probabile che insorga un maggior numero di complicanze delle
polmoniti, come la sepsi, l’empiema e la meningite.
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Tumori: Sono circa 270.000 i nuovi casi di cancro ogni anno. Di questi, il 63,7%
si verifica nell’età avanzata: il rischio di sviluppare un tumore nelle persone di
65 o più anni è circa 40 volte più alto che nelle persone di 20-44 anni di età, ed
è circa quattro volte più elevato che nelle persone di 45-64 anni. Diverse teorie
sono state proposte per spiegare l’associazione tra cancro ed età: ad esempio la
prolungata o ripetuta esposizione ad agenti cancerogeni, le alterazioni delle
difese immunitarie e del sistema endocrino. Il tumore alla prostata, alla
mammella, al colon, al pancreas, alla vescica, allo stomaco, ai polmoni e al
retto sono le più frequenti forme di cancro nelle persone con più di 65 anni.
Sebbene il cancro colpisca più frequentemente la popolazione di età avanzata,
gli anziani vengono controllati meno frequentemente, sono sottoposti a meno
esami per stabilire lo stadio di avanzamento del tumore, e possono seguire
terapie più leggere o anche nessuna terapia. Inoltre, molti studi dimostrano che
i pazienti con più di 65 anni sono poco rappresentati nei trial clinici. Eppure i
benefici del trattamento del cancro nelle persone anziane sono ormai
dimostrati.
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Disturbi vescicali: Con l’età, la capacità e la contrattilità della vescica e la
capacità di ritardare la minzione si riducono; le contrazioni vescicali non inibite
si fanno più frequenti. Il volume del residuo postminzionale aumenta, ma
probabilmente fino a valori ≤ 50-100 ml. La lunghezza dell’uretra e la forza
dello sfintere decrescono nelle donne, mentre nella gran parte degli uomini
aumentano le dimensioni della prostata. I liquidi assunti giornalmente sono
eliminati più tardi nel corso della giornata e durante la notte. Queste
modificazioni aumentano la probabilità che insorga un’incontinenza negli
anziani, ma da sole non sono in grado di causarla. L’incontinenza si può
classificare secondo la durata della sintomatologia, la presentazione clinica o la
sua alterazione fisiologica. Clinicamente, tuttavia, è più agevole distinguere tra
cause transitorie e cause che riflettono una disfunzione intrinseca delle vie
urinarie (che procurano incontinenza urinaria stabilizzata). Le prime, di solito,
riflettono problemi che stanno al di fuori delle vie urinarie. Incontinenza
transitoria: è inconsueta nelle persone più giovani, ma è comune tra gli anziani,
nei quali va sempre presa in considerazione. Le cause reversibili possono essere
ricordate usando la formula mnemonica DIAPPERS: Delirio, Infezioni (delle vie
urinarie, sintomatiche), uretrite e vaginite Atrofica, farmaci (Pharmaceuticals),
disturbi Psichiatrici (specialmente depressione), diuresi Eccessiva (p. es., da
iperglicemia), mobilità limitata (Restricted) e fecalomi (Stool impaction).
Bisogna diagnosticare e trattare la causa sottostante. L’incontinenza transitoria
non trattata può divenire persistente, ma non si deve considerare stabilizzata
per il solo fatto che è presente da lungo tempo.
La politerapia
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Le problematiche correlate alla terapia farmacologica nell’anziano rivestono oggi
grande interesse. Il sommarsi di invecchiamento fisiologico e insulti patogeni
crea una condizione di estrema fragilità nei pazienti anziani che sono spesso
afflitti da svariate patologie sovrapposte, tanto da perdere di vista la relazione
causa-effetto tra esse. Ecco perché tra tutti gli interventi medici, infatti, la
prescrizione di farmaci è certamente uno dei più frequenti e un’appropriata
pratica prescrittiva è di estrema importanza per la salute dell’anziano. In
ambito geriatrico è facile constatare come molti farmaci prescritti o consigliati
all’anziano siano superflui (perché se ne può fare a meno), inappropriati
(perché usati a dosaggi sbagliati o per malattie sbagliate), inutili (perché
inefficaci).
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Inoltre non bisogna mai dimenticare che le reazioni avverse ai farmaci sono fra
le cause principali di ospedalizzazione e morte in molti Paesi americani ed
europei.
È stata recentemente pubblicata una relazione sul consumo di farmaci in Italia
nell’anno 2008; i dati riportano la spesa lorda procapite e le spese totali, ed è
importante rilevare come con l’aumentare dell’età aumentino vertiginosamente
le spese legate ai farmaci. Gli anziani risultano essere i maggior consumatori di
farmaci, spesso assunti in maniera incontrollata ed arbitraria, soprattutto a
causa dei problemi cognitivi che li affliggono, ed anche a causa del fenomeno
frequente di auto prescrizione.
Problemi legati alla polifarmacoterapia
• Ridotta capacità degli anziani di metabolizzare ed eliminare i farmaci
• Malattie coesistenti o condizioni fisiologiche che possono interagire
• Mancanza di compliance
• Costo elevato
Pertanto, anche se la responsabilità della prescrizione resta primariamente del
medico, oggi anche il Farmacista deve sentirsi coinvolto nel monitoraggio e
nell’ottimizzazione di una terapia farmacologia, tanto più se si opera in un
contesto geriatrico.
Il corso si propone di fornire le nozioni di base e le informazioni utili allo scopo di
preparare il farmacista dal punto di vista scientifico e relazionale a rispondere, nel
limite delle sue competenze professionali, alle richieste e alle domande che i pazienti
gli pongono, in modo da poterli indirizzare verso comportamenti corretti, in attesa che
si confrontino con il loro medico di fiducia.
Relatori e Responsabili Scientifici: Prof. Giovanni Ricevuti, dott. Alessandro Spadaro.
Segreteria Organizzativa: Ufficio ECM del Dipartimento di Chimica Farmaceutica
Università degli Studi di Pavia
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Responsabile
Prof. Tiziana Modena
Tel. 0382 987384
Cell. 339 8866844
Fax 0382 987931 – 0382 422975
[email protected]
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