2016-10-03 La parola magica esuberi Care amiche, cari amici negli ultimi giorni ci siamo fatti una “scorpacciata” di riflessioni sul futuro di banche e bancari. Ritornando alla “realtà” quotidiana, i segnali restano sempre poco rassicuranti. Innanzi tutto vediamo a che punto è la vicenda di Hypo Alpe Adria Bank, relativamente alla quale ci siamo lasciati con l'annuncio della sua liquidazione entro il 2018, con conseguente licenziamento dei buona parte dei dipendenti. Ebbene, venerdì 7 ottobre, presso la sede centrale di Tavagnacco, inizierà la procedura di licenziamento collettivo. Come annunciato dalla Banca, per il momento si tratta di 110 dipendenti sui 280 totali, quelli impiegati nella rete commerciale e nel coordinamento della stessa presso la Direzione. Il Sindacato, a fronte delle ricadute sul territorio dei licenziamenti, ha richiesto di estendere, fin dalla prima fase della procedura, il tavolo di trattativa al Ministero dello Sviluppo Economico e alla Regione. La normativa sui licenziamenti collettivi prevede infatti che i rappresentanti dei lavoratori possano farsi assistere, durante gli incontri con l’azienda, da esperti. Me detta richiesta sembra essere stata di netto rifiuto: «Riscontriamo oggi il netto rifiuto da parte dell’azienda alla richiesta delle rappresentanze sindacali e delle Istituzioni Italiane. La proprietà della banca – il Ministero delle Finanze d’Austria – non vuole interloquire in alcun modo con lo Stato Italiano”. Concetto questo ribadito anche dal Presidente della Regione Friuli Debora Serracchiani, che ha dichiarato«I vertici austriaci della Hypo Bank confermano il loro atteggiamento ostile nei confronti delle Istituzioni italiane, nazionali e regionali». Ovviamente l'obiettivo dei Sindacati è la salvaguardia dell'occupazione, ed a tal fine hanno precisato: “Continuiamo a richiedere un urgente intervento governativo, affinché venga accertata da Banca d’Italia la correttezza delle procedure di spogliazione di Hypo Bank da parte dell'Austria e garantita, anche tramite il Fondo Atlante, una continuità aziendale ed il salvataggio dei dipendenti”. Francamente entrambe le richieste mi sembrano piuttosto difficili da concretizzare, ma capisco che “a mali estremi estremi rimedi”, per cui ogni escamotage può andar bene per portare a casa qualche risultato. Continueremo a seguire la vicenda. Ottocento chilometri più a nord, in quel di Francoforte, cambiano i suonatori ma la musica resta sempre quella. Certo qui non parliamo di liquidazione della Banca, ma i licenziamenti ci sono lo stesso. Mi riferisco a Commerzbank, la seconda Banca tedesca, che ha annunciato una "cura dimagrante" a tutto campo, che porterà in rosso i conti del terzo trimestre ma che, sperano i manager, consentirà di ottenere ricavi tra i 9,8 e i 10,3 miliardi nel 2020, costi in calo a 6,5 miliardi, e un ritorno sul capitale tangibile almeno al 6 per cento. E per fare questi numeri cosa si deve fare? Semplice, ragazzi, dire addio a 9.600 posti di lavoro, anche se alla fine sarebbero “solo 7.300”, in quanto sarebbero previste 2.300 nuove assunzioni. Certo che, a prima vista, i 280 lavoratori di Hypo sono ben poca cosa a fronte dei 9.600 di Commerzbank, ma quel che vale sono le percentuali ragazzi; i 280 rappresentano il 100% della forza lavoro della Banca austriaca, i 9.600 il 20% dei dipendenti di quella tedesca, comunque uno ogni 5. Certo l'operazione non sarò indolore anche nella ricca Germania; anche da quelle parti si pone infatti la questione se i tagli saranno socialmente sostenibili, come in occasione della riduzione di 5.200 posti di tre anni fa, quando molti dipendenti di Commerzbank avevano accettato prepensionamenti od orari di lavoro ridotti. E' chiaro che qualche “sacrificio” ci sarà anche per gli azionisti, dato che verrà sospeso il dividendo che la Banca aveva ricominciato a pagare l'anno scorso per la prima volta dal 2007, dopo lo stop seguito alla crisi finanziaria che costrinse lo Stato tedesco ad “iniettare” 18 miliari di euro di capitale (ancora oggi lo Stato è il primo azionista con il 15% delle azioni). Al riguardo, mi sembra di poter segnalare ai cultori dell'intervento pubblico tout court nel capitale delle banche, che lo stesso non sembra essere poi così risolutivo per il loro rilancio, e Commerzbank ne sarebbe la conferma. Ed il perché balza agli occhi, e lo abbiamo toccato con mano anche in casa nostra. Per essere più chiaro, per rimettere in pista una banca in difficoltà non basta adeguare il capitale. Bisogna che la stessa si reimmetta nel circolo virtuoso della “redditività”, affrontando inevitabilmente anche le “forche caudine” dei costi, al fine di portarli stabilmente al di sotto dei ricavi. Diversamente, il capitale iniettato si brucia in tempi rapidi, come è accaduto per il Monte, ed è evidente che non si può pensare di ricorrere all'infinito al mercato, perché alla fine nessuno ti allunga più un soldo. Al riguardo, il discorso potrebbe allargarsi. Ragazzi, non è vero che la “filosofia” è materia da relegarsi alle aule degli atenei. La filosofia, intesa come visione della vita, permea anche settori come il nostro. Mi spiego meglio. In altri Paesi, dagli Usa al Belgio all'Austria, che qualche banca fallisca, magari non quelle sistemiche, è un evento deprecabile ma accettato. In Italia vige la cultura opposta: nessuno è lasciato fallire, il sistema ingloba i costi e si campa tutti, ma più deboli. Sia chiaro che non esprimo un giudizio morale, e sicuramente non auspico fallimenti bancari; mi limito ad osservare la realtà, che deriva appunto della visione della vita di noi italiani. Permettetemi però di avanzare il dubbio che questa “filosofia” possa nell'immediato futuro “non tenere più”, in quanto la molteplicità delle banche in crisi rende di fatto la coperta “troppo corta”. L'incontro di ieri convocato dal Ministro Padoan, con Bankitalia e con i vertici delle principali banche, è perfettamente in linea con questa “filosofia”. Parlando sempre di personale in eccesso, registriamo che nella notte di mercoledì 28 settembre, dopo un'estenuante trattativa durata mesi, che in certi momenti aveva assunto le caratteristiche del “muro contro muro”, fra il Sindacato ed i vertici di ICCREA si è raggiunta un'ipotesi di accordo sugli “esuberi” della ex Bcc Crediveneto. Iin pratica, a fronte delle 80 uscite richieste da Banca Sviluppo, che si è presa in carico Crediveneto, si è trovato un compromesso su 58 tra dimissioni e prepensionamenti. Nel dettaglio, le uscite ed i prepensionamenti saranno 29, come pure 29 le dimissioni volontarie incentivate con l'erogazione di 36 mensilità. Come sempre succede in questo tipo di trattative, per poter ridurre il numero dei colleghi costretti a lasciare la banca, qualcuno alla fine il conto lo deve pagare. E la contropartita della riduzione da 80 a 58 è il solito piano di riduzione triennale dei costi del lavoro. Il menù è sempre quello, anche perché non è facile inventarsi cose nuove in questa materia! Quindi si parla di riduzione della base imponibile del Tfr, di piano di smaltimento di ferie e permessi ex festività non più monetizzabili, di contenimento del lavoro straordinario e di pagamento dello stesso con la modalità della “banca ore”. Tutte cose che ci sono ben note da tempo! Comunque l'importante è che alla fine in questa vicenda abbia prevalso il buon senso di tutti! Sempre per restare sul “fronte del fuoco” degli organici giudicati ridondanti, a questo punto dovremmo giocoforza parlare dei Piani industriali in arrivo a Siena, Vicenza e Montebelluna, perché, siatene certi, dentro quei Piani il “piatto forte” sarà sempre quello degli “esuberi”. Ma invece di farlo affrettatamente, ed in poco spazio, preferisco dedicarvi maggiore attenzione e maggior approfondimento. Ne parleremo già domani. Un abbraccio a tutti. Umberto Baldo