Decreto n. 19 del 24 marzo 2016 - regione campania

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n. 19 del 29 Marzo 2016
Decreto Dirigenziale n. 19 del 24/03/2016
Dipartimento 52 - Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali
Direzione Generale 6 - Direzione Generale per le politiche agricole, alimentari e
forestali
U.O.D. 9 - UOD Tutela qualità, tracciabil prod agricol e zootecnici serv di svil agric
Oggetto dell'Atto:
PROMOZIONE E VALORIZZAZIONE DELL'AGRICOLTURA
INTEGRATA:APPROVAZIONE E AGGIORNAMENTO DELLE NORME TECNICHE
GENERALI E DEI DISCIPLINARI DI PRODUZIONE INTEGRATA DELLA REGIONE
CAMPANIA - SEZIONE TECNICHE AGRONOMICHE -ANNO 2016-(ALLEGATI)
fonte: http://burc.regione.campania.it
n. 19 del 29 Marzo 2016
IL DIRIGENTE
PREMESSO che:
a) la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome ha sancito, in
data 20 marzo 2008, l’accordo sulle procedure per la definizione di una disciplina nazionale in materia di
produzione integrata;
b) la Legge n. 4 del 3 febbraio 2011 istituisce il Sistema Nazionale di Qualità di Produzione Integrata e il
successivo DM attuativo 4890 dell’8 maggio 2014 affida all’Organismo Tecnico Scientifico il compito di
approvare le Linee Guida Nazionali della Produzione Integrata nonché di verificare la conformità delle
norme tecniche generali e dei disciplinari regionali alle suddette Linee Guida;
c) con nota n. 26666 del 9.12.2015 il Mipaaf ha comunicato l’approvazione da parte dell’OTS, nella
seduta del 3.12.2015, delle Linee Guida Nazionali della Produzione Integrata;
CONSIDERATO che ai disciplinari regionali di produzione integrata devono attenersi i beneficiari della
Misura 10 “Pagamenti Agro-climatici ambientali”– Sottomisura 10.1 Pagamento per impegni agroclimatico-ambientali. Tipologia di intervento 10.1.1 “Produzione integrata” del PSR Campania 20142020;
CONSIDERATO altresì che:
- nella suddetta nota n. 26666 del 9.12.2015 il Mipaaf ha dato facoltà alle Regioni di poter acquisire il
parere positivo di conformità alle Linee Guida nazionali delle proprie norme tecniche generali/sezione
tecniche agronomiche, qualora le variazioni in esse contenute si fossero limitate esclusivamente al
recepimento degli aggiornamenti, senza pertanto sottoporsi alla verifica di conformità ma soltanto
attraverso una comunicazione formale;
- con nota n. 28692 del 15 gennaio 2016 la UOD “Tutela della qualità, tracciabilità dei prodotti agricoli e
zootecnici, servizi di sviluppo agricolo”, ha comunicato al Mipaaf il recepimento da parte della regione
Campania degli aggiornamenti delle Linee Guida Nazionali della Produzione Integrata approvate
dall’OTS nella seduta del 3.12.2015;
CONSIDERATO che:
- la UOD “Tutela della qualità, tracciabilità dei prodotti agricoli e zootecnici, servizi di sviluppo agricolo”,
ha altresì aggiornato le Norme tecniche generali per la Produzione Integrata e redatto i disciplinari di
produzione integrata, sezione “Tecniche agronomiche”, delle seguenti colture agrarie:
- floricole, costituito dalle norme generali comuni per tutte le colture floricole ed ornamentali e dalle
schede tecniche di garofano, crisantemo, gerbera, gladiolo, lilium, poinsettia, rosa, aralia ed
asparago ornamentale;
- tabacco Kentucky, tabacco Burley,
- colture aromatiche: aneto, origano, menta, rosmarino, coriandolo, salvia e timo;
- i suddetti disciplinari sono stati inviati al Mipaaf per la verifica di conformità da parte del Gruppo
Tecniche Agronomiche con nota n. 113238 del 18.02.2016;
CONSIDERATO che, nel corso della seduta del 19 febbraio 2016 tenutasi presso il Mipaaf, il Gruppo
Tecniche Agronomiche ha espresso parere positivo sulla conformità dei disciplinari della Regione
Campania, ravvisando esclusivamente un’incongruenza in merito all’avvicendamento delle colture
floricole ed ornamentali, così come indicato nella nota Mipaaf n. 5773 del 04/03/2016, acquisita al
protocollo n. 178596 del 14/03/2016 della UOD “Tutela della qualità, tracciabilità dei prodotti agricoli e
zootecnici, servizi di sviluppo agricolo”;
TENUTO CONTO che la UOD “Tutela della qualità, tracciabilità dei prodotti agricoli e zootecnici, servizi
di sviluppo agricolo”, sulla base di quanto indicato nel suddetto parere di conformità, ha adeguato i
disciplinari di produzione integrata delle colture floricole alla prescrizione indicata;
fonte: http://burc.regione.campania.it
n. 19 del 29 Marzo 2016
RITENUTO pertanto di poter approvare i documenti Norme tecniche generali per la Produzione
Integrata/ Sezione Tecniche Agronomiche (Allegato 1) e i “Disciplinari di Produzione Integrata della
Regione Campania”- sezione “Tecniche Agronomiche” – delle:
- colture floricole e ornamentali (costituito dalle norme generali comuni per tutte le colture floricole ed
ornamentali e dalle schede tecniche di garofano, crisantemo, gerbera, gladiolo, lilium, poinsettia, rosa,
aralia ed asparago ornamentale;
-tabacco Kentucky, tabacco Burley;
- colture aromatiche: aneto, origano, menta, rosmarino, coriandolo, salvia e timo (Allegato 2);
RITENUTO inoltre di dover disporre l’aggiornamento dei disciplinari specifici di coltura già approvati la
con la DGR n. 348 del 19.07.2011 e con il DRD n. 50 del 02.02.2015 per renderli conformi alle Norme
tecniche generali per la Produzione Integrata/ Sezione Tecniche Agronomiche dell’anno 2016
VISTA la nota prot. PG/2014/166279 del 07.03.14 del Direttore Generale della DG 52.06;
DECRETA
per i motivi e le considerazioni esposte in narrativa che s’intendono integralmente riportate nel presente
dispositivo:
1. approvare i documenti Norme tecniche generali per la Produzione Integrata/ Sezione Tecniche
Agronomiche (Allegato 1) e i “Disciplinari di Produzione Integrata della Regione Campania”sezione “Tecniche Agronomiche” – delle colture floricole e ornamentali (costituito dalle norme
generali comuni per tutte le colture floricole ed ornamentali e dalle schede tecniche di garofano,
crisantemo, gerbera, gladiolo, lilium, poinsettia, rosa, aralia ed asparago ornamentale, del
tabacco Kentucky, del tabacco Burley; delle colture aromatiche: aneto, origano, menta,
rosmarino, coriandolo, salvia e timo (Allegato 2);
2. disporre l’aggiornamento dei disciplinari specifici di coltura già approvati con la DGR n. 348 del
19.07.2011 e con il DRD n. 50 del 02.02.2015 per renderli conformi alle Norme tecniche generali
per la Produzione Integrata/ Sezione Tecniche Agronomiche dell’anno 2016 e la loro
pubblicazione sul portale dell’Assessorato Agricoltura;
3. di inviare telematicamente il presente decreto all’Assessore all’Agricoltura, per opportuna
conoscenza, ai Servizi territoriali provinciali per l’agricoltura, all’UDCP Segreteria di Giunta –
Ufficio III Affari Generali – Archiviazione Decreti Dirigenziali per compiti consequenziali, all’UDCP
Segreteria di Giunta - Ufficio V – Bollettino Ufficiale B.U.R.C. ai fini del D.Lgs n 33/2013 artt. 26 e
27.
PASSARI
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
Allegato 1
NORME TECNICHE GENERALI PER LA PRODUZIONE INTEGRATA
-SEZIONE TECNICHE AGRONOMICHE-
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
PREMESSA
La produzione integrata è un sistema di produzione agroalimentare che utilizza i metodi ed i mezzi produttivi
volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione nel
rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici.
I disciplinari di produzione integrata della Regione Campania sono redatti in conformità alle “Linee Guida
Nazionali di Produzione Integrata” vigenti, approvate dall’Organismo Tecnico Scientifico per la Produzione
Integrata istituito con la Legge nazionale n. 4 del 03/02/2011. Esse sono costituite dalle “Linee guida
nazionali per la produzione integrata delle colture/ difesa fitosanitaria e controllo delle infestanti” e dalle
“Linee Guida Nazionali di produzione Integrata/Sezione Tecniche Agronomiche”.
Qualora le “Linee Guida Nazionali di Produzione Integrata” siano revisionate e/o aggiornate, anche le
presenti norme tecniche saranno aggiornate con apposito provvedimento regionale.
E’ fatto obbligo alle aziende agricole della Campania che producono seguendo i principi della produzione
integrata, di rispettare le Norme tecniche generali, in cui sono descritti vincoli e norme comuni a tutte le
colture e i disciplinari di coltura, in cui sono descritte le modalità di coltivazione, dalla scelta dell’ambiente
di coltivazione fino alla raccolta, vigenti per l’anno in corso.
Le indicazioni riportate nei disciplinari si distinguono in norme obbligatorie (vincoli e divieti) ed in consigli
tecnici.
All'interno del testo, sia delle Norme tecniche generali che dei disciplinari di coltura, i vincoli ed i divieti
sono evidenziati con una retinatura come quella che evidenzia questo capoverso.
Le restanti indicazioni, pur non essendo vincolanti, sono da considerarsi funzionali al raggiungimento di una
produzione ecosostenibile.
I disciplinari di produzione integrata sono disponibili sul sito internet dell’Assessorato all’Agricoltura
all’indirizzo: http://www.agricoltura.regione.campania.it (pagine della Produzione Integrata).
Tutte le operazioni colturali dovranno essere riportate in un registro aziendale delle operazioni colturali e di
magazzino.
DEROGHE
In caso di eventi straordinari che determinano situazioni fitosanitarie tali da richiedere l’impiego di prodotti
fitosanitari non previsti nelle schede di coltura contenute nelle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo
integrato delle colture” possono essere concesse deroghe di carattere aziendale o, se la problematica
coinvolge ampi territori, di valenza territoriale.
Prima di autorizzare l’esecuzione di un trattamento in deroga occorre verificare che la situazione fitosanitaria
presenti condizioni problematiche straordinarie che non possano essere risolte adottando le strategie di difesa
prevista dalle Norme tecniche regionali.
Le deroghe possono essere concesse solo su situazioni accertate e mai in modo preventivo rispetto al
manifestarsi della problematica fitosanitaria. In caso di nuove emergenze fitosanitarie, i provvedimenti
adottati dall’UOD 10 Fitosanitario Regionale hanno effetto immediato anche sull’applicazione delle Norme
tecniche di difesa, senza l’esigenza di ulteriori provvedimenti.
La richiesta di deroga per quanto attiene la difesa ed il diserbo deve essere indirizzata all’UOD 10
Fitosanitario Regionale.
Le deroghe hanno validità temporanea.
Le deroghe di valenza territoriale sono pubblicate sul Portale dell’Agricoltura all’indirizzo https://www.
agricoltura.regione.campania.it nella pagina dedicata alla Difesa integrata.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITA’
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell’area di coltivazione è di fondamentale importanza in
riferimento alle esigenze delle colture interessate.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
La scelta sarà particolarmente accurata in caso di nuova introduzione della coltura e/o varietà nell’ambiente
di coltivazione.
MANTENIMENTO DELL’AGROECOSISTEMA NATURALE
La biodiversità è una risorsa naturale da preservare anche nei sistemi agricoli, nei quali può contribuire a
ridurre l’uso delle sostanze chimiche di sintesi, attraverso la salvaguardia degli organismi utili al
contenimento naturale delle avversità, a tutelare le risorse ambientali e a rispettare l’agroecosistema naturale.
Il mantenimento di siepi, filari e fasce boscate, oltre a caratterizzare il paesaggio agrario e a preservare la
biodiversità, costituisce anche fonte di reddito attraverso la produzione di legna da ardere o da opera, la
produzione di miele da parte di insetti pronubi.
Per il mantenimento dell’agroecosistema naturale sarà necessario porre in essere una serie di interventi quali:
- azioni di tipo ambientale, come il consolidamento delle sponde dei canali, il controllo della perdita di
nutrienti attraverso i canali di scolo, la protezione dall’azione dannosa del vento e delle acque ruscellanti;
- azioni di tipo agrobiologico, per favorire il ricovero di un maggiore numero di specie di uccelli e di
artropodi rispetto a quella delle aree coltivate, con presenza di predatori e parassitoidi che possono
contribuire al controllo di specie fitofaghe sulle circostanti colture agrarie.
Le specie vegetali da preferire nell’impianto di siepi, filari e fasce boscate sono quelle già adattate e presenti
nel territorio, in grado di favorire la permanenza e la moltiplicazione dell’entomofauna utile, in grado di
produrre frutti e/o foglie appetiti da animali selvatici, con fioritura ricca e differenziata nel tempo per
favorire i pronubi, con chioma favorevole ad accogliere l’avifauna utile.
È auspicabile che ogni azienda destini, nel rispetto della tutela e della conservazione della biodiversità,
all’interno della propria Superficie Agricola Utilizzata (SAU), almeno il 5% di superficie investita ad aree
naturali o “zone-rifugio di ausiliari” come siepi, boschetti e filari alberati.
Al fine di preservare il contenuto di sostanza organica dei suoli e la fauna selvatica non è ammessa la
bruciatura delle stoppie.
SCELTA VARIETALE E MATERIALE DI MOLTIPLICAZIONE
L’Unione Europea per evitare l’introduzione e la diffusione dei parassiti delle piante ha disciplinato, tra
l’altro, la produzione, la circolazione, l’importazione, l’esportazione e la riesportazione di piante, parti di
piante e semi. Per specifici organismi nocivi, soprattutto quando sono ancora confinati in piccoli areali e c’è
un serio rischio di diffusione, la stessa Unione emana specifiche misure fitosanitarie di eradicazione.
Queste normative comunitarie sono trasposte nella normativa nazionale.
Pertanto l’utilizzo di materiale di propagazione sano è il primo elemento per assicurare la buona riuscita
della coltivazione e prevenire la diffusione di organismi nocivi.
Le ditte vivaistiche sono obbligate a produrre e/o commercializzare materiale vivaistico, nel rispetto di
specifiche norme che prevedono, tra l’altro il possesso di:
- autorizzazione fitosanitaria (Decreto legislativo n. 214/05);
- iscrizione al registro ufficiale dei produttori (Decreto legislativo n. 214/05);
- autorizzazione all’uso del passaporto delle piante (Decreto legislativo n. 214/05);
- iscrizione al registro Ufficiale dei fornitori – Accreditamento (R.U.F- - DD.MM. 14/04/1997 e D.M.
09/08/2000).
E’ obbligatorio acquistare il materiale di moltiplicazione da fornitori autorizzati dai Servizi Fitosanitari
Regionali. Tali materiali devono essere accompagnati, secondo i casi, dal “Passaporto delle Piante”e dal
“Documento di Commercializzazione”.
Gli acquirenti hanno l’obbligo di conservare la predetta certificazione fitosanitaria per almeno un anno dalla
data di acquisto.
Per la semina diretta di colture erbacee ed ortive è obbligatorio ricorrere all’uso di semente certificata.
Il Passaporto delle piante ” attesta l’assenza di organismi nocivi da quarantena.
Il “Documento di commercializzazione”attesta la corrispondenza varietale e l’assenza di organismi nocivi
pregiudizievoli alla qualità delle produzioni agricole.
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Non è consentito il ricorso a materiale proveniente da organismi geneticamente modificati (OGM).
Si consiglia di scegliere il materiale di moltiplicazione in funzione delle specifiche condizioni
pedoclimatiche di coltivazione. Ove disponibili si può far ricorso alle liste varietali consigliate consultando il
sito web istituzionale dell’Assessorato all’Agricoltura. Per alcune colture erbacee la pratica dell’innesto
consente di contenere alcune avversità telluriche.
Le autoproduzioni vivaistiche orticole
Ai sensi della normativa vigente in materia di commercializzazione di sementi di varietà orticole, queste
ultime possono essere commercializzate solo se appartengono a una varietà iscritta ufficialmente nello
specifico registro nazionale o comunitario.
Per gli ecotipi locali, non iscritti al registro nazionale o comunitario, l’uso delle sementi autoriprodotte in
azienda è consentito esclusivamente per il reimpiego aziendale.
L’agricoltore che intende utilizzare piantine proveniente da seme autoprodotto in azienda, può trasferirlo “in
conto lavorazione” presso un vivaio autorizzato.
Lo spostamento del materiale vegetale deve essere preventivamente notificato al Servizio Fitosanitario
competente per territorio (riferito sia alla sede legale dell’azienda agricola che a quella del vivaista).
Il materiale prodotto deve essere destinato esclusivamente al reimpiego aziendale, con esclusione di ogni
forma di cessione a terzi. Il vivaista è obbligato a tenere tale partita in conto lavorazione separata dalle
restanti produzioni vivaistiche.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO ALL’IMPIANTO E ALLA SEMINA
I lavori di sistemazione e preparazione del suolo all’impianto e alla semina devono essere eseguiti con gli
obiettivi di salvaguardare e migliorare la fertilità del suolo evitando fenomeni erosivi e di degrado e vanno
definiti in funzione della tipologia del suolo, delle colture interessate, della giacitura, dei rischi di erosione e
delle condizioni climatiche dell’area. Devono inoltre contribuire a mantenere la struttura, favorendo
un’elevata biodiversità della microflora e della microfauna del suolo ed una riduzione dei fenomeni di
compattamento, consentendo l’allontanamento delle acque meteoriche in eccesso.
A questo scopo dovrebbero essere utilizzati, se disponibili, gli strumenti cartografici in campo pedologico.
Gli eventuali interventi di correzione e di fertilizzazione di fondo devono essere eseguiti nel rispetto dei
principi stabiliti al paragrafo “Fertilizzazione”.
Quando la preparazione del suolo comporta tecniche di lavorazione di particolare rilievo sull’agroambiente
naturale come lo scasso, il movimento terra, le rippature profonde, ecc., queste operazioni devono essere
attentamente valutate sia per il rispetto del territorio che per il mantenimento della fertilità.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
Una corretta successione delle colture rappresenta uno strumento fondamentale per preservare la fertilità dei
suoli, la biodiversità, prevenire le avversità e salvaguardare/migliorare la qualità delle produzioni.
L’adesione alla produzione integrata dell’intera azienda comporta l’adozione di un avvicendamento
quinquennale che comprenda almeno tre colture e preveda al massimo un ristoppio per ogni coltura.
Nei casi di seguito indicati alle lettere a), b) e c) è consentito invece ricorrere ad un modello di successione
che preveda, nel quinquennio, due colture con al massimo un ristoppio per coltura. In tali casi è inoltre
possibile avere due ristoppi della stessa coltura a condizione che la coltura inserita tra i due ristoppi
appartenga a una famiglia botanica diversa.
a) Terreni ricadenti nelle zone montane e svantaggiate così come classificate ai sensi della direttiva
75/268/CEE;
b) indirizzi colturali specializzati, come ad esempio le colture orticole, floricole e il tabacco;
c) colture erbacee foraggere di durata pluriennale;
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Ad integrazione di quanto indicato si precisa che:
- ai fini del ristoppio, i cereali autunno-vernini sono considerati colture analoghe;
- le colture erbacee poliennali tecnicamente non avvicendabili non sono soggette ai vincoli rotazionali;
- ai fini dell’avvicendamento, gli erbai sono considerati colture di durata annuale;
- le colture erbacee poliennali avvicendate e il maggese sono considerate, ai fini del conteggio, come una
singola coltura;
- le colture erbacee foraggere di durata pluriennale devono essere seguite da una coltura diversa;
- le colture protette all’interno di strutture fisse (che permangono almeno cinque anni sulla medesima
porzione di appezzamento) sono svincolate dall’obbligo della successione a condizione che, almeno ad anni
alterni, vengano eseguiti interventi di solarizzazione (di durata minima di 45 giorni) o altre pratiche non
chimiche di contenimento delle avversità;
- per le colture orticole pluriennali (es. carciofo, asparago) è necessario un intervallo minimo di almeno due
anni, ma negli impianti dove sono stati evidenziati problemi fitosanitari è necessario adottare un intervallo
superiore;
- per le colture orticole a ciclo breve è ammissibile la ripetizione di più cicli nello stesso anno e ciascun anno
con cicli ripetuti viene considerato come un anno di coltura; nell’ambito della stessa annata agraria, la
successione fra colture orticole a ciclo breve appartenenti a famiglie botaniche diverse o un intervallo di
almeno sessanta giorni senza coltura tra due cicli della stessa ortiva, sono considerati sufficienti al rispetto
dei vincoli di avvicendamento;
- le colture da sovescio che normalmente occupano il terreno per un breve periodo di tempo non vengono
considerate ai fini della successione colturale; qualora il loro ciclo (da emergenza a interramento inclusi) sia
superiore ai 120 giorni rientrano invece tra le colture avvicendate
Nel caso di reimpianto di colture arboree, qualora non specificamente indicato nei disciplinari di coltura, si
consiglia di:
- lasciare a riposo il terreno per un congruo periodo, durante il quale praticare una coltura estensiva oppure il
sovescio;
- asportare i residui radicali della coltura precedente;
- effettuare una concimazione con sostanza organica sulla base dei risultati delle analisi chimico-fisiche del
terreno;
- sistemare le nuove piante in posizione diversa da quella occupata dalle precedenti;
- utilizzare portinnesti adatti allo specifico ambiente di coltivazione.
Per ragioni agronomiche, o per evitare l’insorgenza di problematiche fitosanitarie, i disciplinari specifici di
coltura possono definire in alcuni casi specifici intervalli di attesa per il ritorno della medesima coltura sulla
stessa superficie e ulteriori limitazioni nelle successioni delle diverse colture.
SEMINA, TRAPIANTO, IMPIANTO
Le modalità di semina e trapianto (per esempio epoca, distanze, densità) consigliate per le colture annuali
negli specifici disciplinari, consentono il raggiungimento di rese produttive adeguate, nel rispetto dello stato
fitosanitario delle colture, limitando l’impatto negativo delle malerbe, delle malattie e dei fitofagi,
ottimizzando l’uso dei nutrienti e consentendo il risparmio idrico.
Nel perseguire le medesime finalità, anche nel caso delle colture perenni si consiglia di rispettare le esigenze
fisiologiche della specie e della varietà considerate.
GESTIONE DEL SUOLO E PRATICHE AGRONOMICHE PER IL CONTROLLO DELLE
INFESTANTI
La gestione del suolo e le relative tecniche di lavorazione sono finalizzate al miglioramento delle condizioni
di adattamento delle colture per massimizzarne i risultati produttivi, favorire il controllo delle infestanti,
migliorare l’efficienza dei nutrienti riducendo le perdite per lisciviazione, ruscellamento ed evaporazione,
mantenere il terreno in buone condizioni strutturali, prevenire erosione e smottamenti, preservare il
contenuto in sostanza organica e favorire la penetrazione delle acque meteoriche e di irrigazione.
Nel rispetto di queste finalità, fatte salve specifiche situazioni pedologiche e colturali, si devono rispettare le
seguenti disposizioni:
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
negli appezzamenti di collina e di montagna con pendenza media superiore al 30% sono consentite:
- per le colture erbacee esclusivamente la minima lavorazione, la semina su sodo e la scarificatura;
- per le colture arboree all’impianto, sono ammesse le lavorazioni puntuali o altre finalizzate alla sola
asportazione dei residui dell’impianto arboreo precedente
- per le colture arboree nella gestione ordinaria è obbligatorio l’inerbimento, inteso anche come vegetazione
spontanea gestita con sfalci;
negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% e il 30%, oltre alle tecniche sopra descritte
sono consentite lavorazioni ad una profondità massima di 30 cm, ad eccezione delle rippature per le
quali non si applica questa limitazione;
- negli appezzamenti dedicati alle colture erbacee è obbligatoria la realizzazione di solchi acquai
temporanei al massimo ogni 60 metri o prevedere, in situazioni geo-pedologiche particolari e di
frammentazione fondiaria, idonei sistemi alternativi di protezione del suolo dall’erosione;
-per le colture arboree è obbligatorio l’inerbimento nell’interfila (inteso anche come vegetazione
spontanea gestita con sfalci). In condizioni di scarsa piovosità (inferiore a 500 mm/anno), il vincolo
dell’inerbimento non si applica su terreni a tessitura argillosa, argillosa-limosa, argillosa-sabbiosa,
franco-limosa-argillosa, franco-argillosa e franco-sabbiosa-argillosa (classificazione USDA); nel
periodo primaverile-estivo in alternativa all’inerbimento è consentita l’erpicatura a una profondità
massima di dieci cm o la scarificatura.
nelle aree di pianura è obbligatorio per le colture arboree l’inerbimento dell’interfila nel periodo
autunno-invernale per contenere la perdita di elementi nutritivi; nelle aree a bassa piovosità (inferiore a
500 mm/anno), possono essere anticipate le lavorazioni;
sui terreni dove vige il vincolo dell’inerbimento nell’interfila delle colture arboree sono ammessi
interventi localizzati di interramento dei concimi.
I trattamenti con prodotti fitosanitari al terreno e quelli per il controllo delle erbe infestanti sono riportati
nelle singole schede di coltura delle “Norme tecniche per la difesa fitosanitaria e il diserbo integrato delle
colture”. L’uso eventuale di fitoregolatori, qualora ritenuto imprescindibile, sarà indicato nei disciplinari
specifici delle colture per i quali sono previsti.
Qualora si ricorra alla tecnica della pacciamatura, si raccomanda l’utilizzo di materiali pacciamanti naturali,
o di materiali biodegradabili o riciclabili.
GESTIONE DELL’ALBERO E DELLA FRUTTIFICAZIONE
Le cure destinate alle colture arboree quali potature, piegature e altre pratiche quali l’impollinazione e il
diradamento sono praticate con le finalità di favorire un corretto equilibrio delle esigenze quali-quantitative
delle produzioni e di migliorare lo stato sanitario della coltura.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione delle colture ha l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità.
Una conduzione degli interventi di fertilizzazione secondo i criteri sotto indicati, unitamente alla gestione
delle successioni, consente di razionalizzare e ridurre complessivamente gli input fertilizzanti.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per coltura o per ciclo colturale.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio
secondo quanto indicato nella vigente ”Guida alla concimazione” della Campania (Allegato 1 alle presenti
Norme tecniche).
L’impostazione del piano di concimazione comporta la definizione dei seguenti elementi:
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
a) Dati identificativi degli appezzamenti
All’interno della superficie aziendale devono essere individuate le aree omogenee per caratteristiche
pedologiche ed agronomiche, così come indicato nella “Guida alla concimazione”, ed identificati gli
appezzamenti che le compongono.
b) Caratteristiche del terreno e dotazione in elementi nutritivi
Le analisi del terreno, effettuate su campioni rappresentativi e correttamente interpretate, sono funzionali alla
stesura del piano di concimazione, pertanto é necessario che siano disponibili prima della redazione dello
stesso.
Per la predisposizione del piano di concimazione è necessario effettuare un’analisi chimico fisica almeno per
ciascuna area omogenea individuata. In particolare:
- per le colture erbacee le analisi devono essere eseguite almeno ogni 5 anni;
- per le colture arboree le analisi devono essere eseguite all’impianto o, nel caso di impianti già in essere,
all’inizio del periodo di adesione alla produzione integrata.
Sono ritenute valide anche le analisi eseguite nei 5 anni precedenti l’inizio dell’impegno.
L’analisi fisico-chimica del terreno deve contenere almeno le seguenti determinazioni: tessitura, pH,
carbonio organico, calcare totale, calcare attivo, azoto totale, potassio scambiabile e fosforo assimilabile.
Per l’elaborazione dei piani di concimazione di colture diverse che insistono sullo stessa “area omogenea”, è
sufficiente effettuare una sola determinazione analitica.
Non è richiesta l’esecuzione delle analisi nel caso in cui non vi siano apporti di fertilizzanti. Tale indicazione
va riportata nel registro delle operazioni colturali per l’annata in corso specificando la coltura o le colture
non fertilizzate.
Dopo 5 anni dalla data di esecuzione delle analisi del terreno, occorre ripetere solo quelle determinazioni
analitiche che si modificano in modo apprezzabile nel tempo: carbonio organico, azoto totale, potassio
scambiabile e fosforo assimilabile (analisi semplificata); mentre per quelle proprietà del terreno che non si
modificano sostanzialmente (tessitura, pH, calcare attivo e totale), non sono richieste nuove determinazioni.
Qualora vengano posti in atto interventi di correzione del pH, quest’ultimo valore andrà nuovamente
determinato.
c) Individuazione dei fabbisogni delle colture per azoto, fosforo e potassio in funzione della resa prevista.
I fabbisogni dei macroelementi (azoto, fosforo e potassio) sono determinati sulla base della produzione
ordinaria attesa indicata per singola coltura e degli assorbimenti/asportazioni indicati nella “Guida alla
concimazione”.
Qualora l’azienda, nel calcolo delle unità fertilizzanti, utilizzi produzioni ordinarie attese più elevate rispetto
a quelle indicate nella “Guida alla concimazione”, esse dovranno essere dimostrate con documentazione
probante.
Nel caso di doppia coltura (es. principale e intercalare) o di più cicli di coltivazione della stessa coltura
ripetuti (es. orticole a ciclo breve), gli apporti di fertilizzanti devono essere calcolati per ogni coltura/ciclo
colturale.
Nel caso delle colture di IV gamma non si devono superare le quantità massime di 450 unità di azoto, 350
unità di P2O5 e 600 unità di K2O per anno.
Fertilizzanti impiegabili
I fertilizzanti impiegabili sono tutti quelli ammessi al commercio ai sensi del decreto legislativo n. 75/2010 e
ai sensi del Reg. Ce 834/07 relativo ai metodi di produzione biologica. È inoltre ammesso l’uso dei
sottoprodotti aziendali e di allevamento per i quali le norme vigenti prevedono l’utilizzo agronomico. Non è
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ammesso l’utilizzo agronomico dei fanghi di depurazione ad eccezione dei fanghi provenienti dall’industria
agroalimentare.
Per la loro capacità di migliorare la fertilità del suolo, è consigliato l’impiego dei fertilizzanti organici.
Inoltre l’utilizzo di prodotti biostimolanti e corroboranti può contribuire a migliorare lo stato fisiologico e
nutrizionale delle colture. Una coltura che si trova in uno stato fisiologico-nutrizionale ottimale risulta
maggiormente protetta dall’attacco di fisiopatie e fitopatologie; l’opportunità di disporre di mezzi tecnici
innovativi, in grado di migliorare tale stato fisiologico-nutrizionale costituisce uno strumento indiretto al fine
di indurre una maggiore resistenza delle colture agli stress biotici ed abiotici nella difesa integrata.
In particolare:
- i biostimolanti concorrono a stimolare i processi naturali nel sistema suolo-pianta ed a migliorare
l’efficienza d’uso dei nutrienti da parte della coltura;
- i corroboranti proteggono la coltura dagli stress abiotici (es. idrici, termici, ecc.) o ne potenziano la naturale
difesa dagli stress biotici mediante meccanismi indiretti esclusivamente di tipo fisico-meccanico.
Modalità ed epoche di distribuzione.
Si consigliano modalità e epoche di distribuzione dei fertilizzanti in relazione alle dinamiche di assorbimento
delle colture e all’andamento meteorologico in modo tale da massimizzare l’efficienza della concimazione.
Concimazione azotata
Epoche e modalità di distribuzione
Una volta stimato il fabbisogno di azoto della coltura occorre decidere come e quando soddisfarlo. Per
ridurre al minimo le perdite per lisciviazione e massimizzare l’efficienza della concimazione occorre
distribuire l’azoto nelle fasi di maggior necessità delle colture e frazionarlo in più distribuzioni se i
quantitativi sono elevati.
Il frazionamento delle dosi di azoto è obbligatorio quando il quantitativo da distribuire per singolo intervento
supera i 100 Kg/ha per le colture erbacee ed orticole e i 60 Kg/ha per le colture arboree; questo vincolo non
si applica alle quote di azoto a lenta cessione.
Le concimazioni azotate sono consentite solo in presenza della coltura o al momento della semina in quantità
contenute.
In particolare sono ammissibili distribuzioni di azoto in pre-semina/pre-trapianto nei seguenti casi:
- colture annuali a ciclo primaverile estivo, purché la distribuzione avvenga in tempi prossimi alla semina;
- uso di concimi organo-minerali o organici qualora sussista la necessità di apportare fosforo o potassio in
forme meglio utilizzabili dalle piante; in questi casi la somministrazione di N in presemina non può
comunque essere superiore a 30 kg/ha;
- colture a ciclo autunno vernino in ambienti dove non sussistono rischi di perdite per lisciviazione e
comunque con apporti inferiori a 30 kg/ha;
- per le colture arboree in preimpianto non sono ammessi apporti di azoto, salvo quelli derivanti dall’impiego
di ammendanti.
- Nella fase di allevamento gli apporti di azoto devono essere localizzati in prossimità della zona di terreno
occupata dagli apparati radicali e sono ridotti rispetto alle quantità somministrate in piena produzione.
- Nelle colture di IV gamma non si deve effettuare nessuna applicazione azotata per due cicli dopo
l’eventuale letamazione.
- Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati) e non è ammesso superare i 170 kg/ha/anno di azoto apportato con effluenti zootecnici, inteso come
quantitativo medio aziendale, integrando eventuali maggiori esigenze solo con concimi minerali.
Eventuali ulteriori specifiche sull’impiego dei fertilizzanti azotati possono venire indicate nelle norme dei
disciplinari specifici di coltura.
Efficienza dell’azoto apportato con i fertilizzanti
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Per l’efficienza dell’azoto apportato con i fertilizzanti si veda quanto riportato nella Guida alla concimazione
vigente
Concimazione fosfopotassica
Epoche e modalità di distribuzione
In relazione alla scarsa mobilità del P e del K, e tenendo presente l’esigenza di adottare modalità di
distribuzione dei fertilizzanti che ne massimizzino l’efficienza, nelle colture erbacee a ciclo annuale non
sarchiate (ad es. cereali autunno-vernini) sono consentite solo le distribuzioni durante la lavorazione del
terreno.
Per il fosforo si ammette la localizzazione alla semina e l’impiego, fino alla fase di pre-emergenza, dei
concimi liquidi.
Nelle colture orticole, in relazione sia alla brevità del loro ciclo vegetativo e sia al fatto che in genere
vengono sarchiate, benché sia fortemente consigliato apportare questi elementi durante la preparazione del
terreno, ne è tuttavia consentita la distribuzione in copertura.
In caso di avvicendamenti che includono colture particolarmente esigenti in P o K la quantità da distribuire
può essere ridotta o annullata sulle colture meno esigenti e concentrata su quelle maggiormente esigenti,
all’interno di un piano di fertilizzazione pluriennale
Nelle colture pluriennali è raccomandato anticipare, almeno in parte all'impianto (rispettando i massimali
annuali sotto indicati per l'arricchimento) le asportazioni relative all'intero ciclo; sono parimenti consentiti
anche gli apporti in copertura.
Colture pluriennali in pre impianto
Considerata la scarsa mobilità del fosforo e del potassio, occorre garantirne la localizzazione nel volume di
suolo esplorato dalle radici. Per questo motivo nelle colture pluriennali (es. arboree, prati, ecc.) in preimpianto, in terreni con dotazioni scarse o normali, è possibile anticipare totalmente o in parte le asportazioni
future della coltura.
Se la dotazione è elevata, le anticipazioni con P e K non sono, in genere, da ammettere; fanno eccezione quei
casi in cui l’esubero di detti elementi nel terreno non è particolarmente consistente e risulta inferiore alle
probabili asportazioni future che si realizzeranno durante l’intero ciclo dell’impianto.
Le anticipazioni effettuate in pre-impianto devono essere opportunamente conteggiate (in detrazione) agli
apporti che si effettueranno in copertura.
In ogni caso, anche quando si facciano concimazioni di arricchimento e/o anticipazioni, non è consentito
effettuare apporti annuali superiori ai 250 kg/ha di P2O5 e a 300 kg/ha di K2O.
Colture arboree in allevamento
Nella fase di allevamento degli impianti frutti-viticoli l’apporto di fosforo e potassio, al fine di assicurare
un’adeguata formazione della struttura della pianta, può essere effettuato anche in assenza di produzione di
frutti.
Se la dotazione del terreno è scarsa e in preimpianto non è stato possibile raggiungere il livello di dotazione
normale apportando il quantitativo massimo previsto, è consigliato completare l’apporto iniziato in pre
impianto. Pertanto, oltre alla quota annuale prevista per la fase di allevamento, è possibile distribuire anche
la parte restante di arricchimento.
In condizioni di normale dotazione del terreno, devono essere apportati indicativamente i quantitativi
riportati di seguito, espressi come percentuale dell’apporto totale consentito nella fase di produzione.
P2O5
I anno 30%
II anno: 50%
K2O
I anno 20%
II anno: 40%
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Qualora la fase di allevamento si prolunghi non è ammesso superare le dosi indicate per il secondo anno.
Fertilizzazione organica
Tale pratica consiste nell’apportare sostanza organica per mantenere o migliorare la fertilità del terreno. La
fertilizzazione organica è una pratica da favorire tenendo conto però che apporti eccessivi possono
determinare rischi di perdite di azoto e di inquinamento ambientale.
Tra i materiali organici maggiormente impiegati per la fertilizzazione organica ci sono gli effluenti
zootecnici (letami e liquami) e gli ammendanti (ammendanti compostati verdi, ammendanti compostati misti,
ammendanti vegetali semplici non compostati,ecc.)
Le funzioni svolte dalla sostanza organica sono principalmente due: quella nutrizionale e quella strutturale.
La prima si esplica con la messa a disposizione delle piante, degli elementi nutritivi in forma più o meno
pronta e solubile (forma minerale), la seconda permette invece di migliorare la fertilità fisica del terreno. Le
due funzioni sono in antagonismo fra loro, in quanto una facile e rapida degradabilità della sostanza organica
dà origine ad una consistente disponibilità di nutrienti, mentre l’azione strutturale si esplica in maggior
misura quanto più il materiale organico apportato è resistente a questa demolizione. I liquami sviluppano
principalmente la funzione nutrizionale mentre i letami e gli ammendanti quella strutturale. Funzione strutturale della materia organica
L’apporto di ammendanti con lo scopo di mantenere e/o accrescere il contenuto di sostanza organica nei
terreni è una pratica da favorire. D’altra parte apporti eccessivi effettuati con una logica di “smaltimento”
aumentano i rischio di perdite di azoto e di inquinamento ambientale.
Si ritiene quindi opportuno fissare dei quantitativi massimi utilizzabili annualmente in funzione del tenore di
sostanza organica del terreno
Dotazione del terreno
in sostanza organica
Apporti
annuali
massimi
Bassa
13
Normale
11
Elevata
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Per l’utilizzo di ammendanti organici non vengono fissati vincoli specifici relativi all’epoca della loro
distribuzione e al frazionamento. Occorre, comunque, operare in modo da incorporarli al terreno e rispettare
le norme igienico sanitarie.
Funzione nutrizionale della sostanza organica
I fertilizzanti organici contengono, in varia misura, tutti i principali elementi nutritivi necessari alla crescita
delle piante. Nella tabella che segue sono riportati valori indicativi dei diversi fertilizzanti organici,
utilizzabili qualora non si disponga di valori analitici.
Caratteristiche chimiche medie di letami, materiali palabili e liquami
Matrici organiche
Letame
- bovino
- suino
- ovino
Materiali palabili
- lettiera esausta polli da carne
- pollina pre-essiccata
Liquame
- bovini da carne
- bovini da latte
- suini
- ovaiole
SS
(% t.q.)
Azoto
(kg/t t.q.)
P
(kg/t t.q.)
K
(kg/t t.q.)
20 - 30
25
22 - 40
3-7
4,7
6 - 11
0,4 – 1,7
1,8
0,7 – 1,3
3,3 – 8,3
4,5
12 - 18
60 - 80
50 - 85
30 - 47
23 - 43
13 - 25
9 - 15
14 - 17
14 - 25
7 - 10
10 - 16
1,5 – 6,0
19 - 25
3,2 – 4,5
3,9 – 6,3
1,5 – 5,0
10 - 15
1,0 – 1,5
1,0 – 1,6
0,5 – 2,0
4,0 – 5,0
2,4 – 3,9
3,2 – 5,2
1,0 – 3,1
3,0 – 7,5
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L’effettiva disponibilità di nutrienti per le colture è però condizionata dai processi di mineralizzazione a cui
deve sottostare la sostanza organica e dall’entità, anche consistente, che possono assumere le perdite di azoto
(es. per volatilizzazione) durante e dopo gli interventi di distribuzione.
Per ciascuna tipologia di matrice organica è importante pertanto tenere conto dei coefficienti di efficienza
riportati nella Guida alla concimazione.
L’elemento “guida” che determina le quantità massime di fertilizzante organico che è possibile distribuire è
l’azoto. Una volta fissata detta quantità si passa ad esaminare gli apporti di fosforo e potassio.
Nella pratica si possono verificare le seguenti situazioni:
 le quote di P e K apportate con la distribuzione dei fertilizzanti organici determinano il superamento dei
limiti ammessi. In questo caso il piano di fertilizzazione è da ritenersi conforme, ma non sono consentiti
ulteriori apporti in forma minerale.
 le quote di P e K da fertilizzanti organici non esauriscono la domanda di elemento nutritivo, per cui è
consentita l’integrazione con concimi minerali, fino a coprire il fabbisogno della coltura.
Utilizzo degli effluenti zootecnici
Per l’utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici (liquami e letami), relativamente ai quantitativi da
distribuire, nonché alle modalità ed epoche relative alla distribuzione, vige quanto previsto dalle vigenti
disposizioni regionali (LR n. 14/2010, DGR 771/2012).
Casi particolari
Per la concimazione fosfatica e potassica si possono utilizzare i concimi organo minerali che contengono
nella loro formulazione una matrice organica umificata.
La presenza della sostanza organica, che contrasta i fenomeni di immobilizzazione e di retrogradazione che
si verificano nel terreno a carico in particolare del fosforo, determina una buona efficienza di detti concimi.
All’azoto della frazione organica vengono aggiunte generalmente piccole quantità di azoto minerale e quindi
tali prodotti risultano caratterizzati da un titolo di azoto basso che però non è trascurabile.
Esistono delle situazioni in cui l’apporto di azoto non è previsto (stima di un fabbisogno nullo, epoca di
distribuzione lontana da quella di intenso assorbimento, specie leguminosa in simbiosi con batteri azoto
fissatori, ecc.) e quindi in questi casi l’impiego degli organo minerali sarebbe precluso.
In relazione alle considerazioni relative all’efficienza sopra esposte, l’impiego dei fertilizzanti
organominerali è ammesso solo nelle situazioni in cui sia necessaria la concimazione fosfatica e/o potassica,
con apporti massimi di 30 kg/ha di N.
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Per i nuovi impianti di colture arboree è vietato il ricorso all’irrigazione per scorrimento ad eccezione di
quelli alimentati da consorzi di bonifica che non garantiscono continuità di fornitura.
Negli impianti arborei già in essere e nelle colture erbacee l’irrigazione per scorrimento è ammissibile solo
se vengono adottate le precauzioni necessarie alla massima riduzione degli sprechi
Si consiglia di adottare, quando tecnicamente realizzabile, la pratica della fertirrigazione al fine di migliorare
l’efficienza dei fertilizzanti e dell’acqua distribuita e ridurre i fenomeni di lisciviazione.
E’ opportuno verificare la qualità delle acque per l’irrigazione, evitando l’impiego sia di acque saline, sia di
acque batteriologicamente contaminate o contenenti elementi potenzialmente inquinanti.
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Il bilancio idrico può essere ottenuto:
1) attraverso l’adesione a servizi telematici di consulenza all’irrigazione (come, ad esempio, al piano
regionale di consulenza all’irrigazione, o servizi complementari), applicando i consigli irrigui (volumi irrigui
e data dell’intervento irriguo) inviati in modo automatico e personalizzato all’azienda.
- L’azienda deve irrigare nelle epoche e con i volumi indicati dal servizio.
- Gli interventi irrigui dovranno essere documentati sul registro delle operazioni colturali e conservando la
stampa della pagina del servizio che indica la data di irrigazione e il volume consigliato.
2) attrezzandosi con un termometro a minima ed a massima e con un pluviometro per la registrazione
giornaliera, o con una capannina meteorologica, oppure servendosi di dati forniti da servizi meteo ufficiali in
modo da applicare la metodologia per valutare i fabbisogni irrigui della coltura (come riportato nel paragrafo
“Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui”.
- L’azienda deve irrigare nelle epoche e con i volumi risultanti dalla suddetta metodologia per la valutazione
conservando i dati di temperatura e precipitazioni utilizzati.
- Gli interventi irrigui dovranno essere documentati sul registro delle operazioni colturali.
- Nel caso di aziende che utilizzano- irrigazione per aspersione e per scorrimento deve essere registrata la
data e il volume di irrigazione utilizzato per ogni intervento. Per le sole aziende di superficie aziendale
inferiore ad 1 ettaro può essere indicato il volume di irrigazione distribuito per l’intero ciclo colturale
indicando le sole date di inizio e fine irrigazione.
- Nel caso di aziende che utilizzano microirrigazione (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa
portata) può essere registrato il solo volume di irrigazione per l’intero ciclo colturale (o per intervalli
inferiori) prevedendo l’indicazione delle sole date di inizio e fine irrigazione;
-Nella gestione consortile o collettiva dei volumi di adacquamento: i dati su indicati possono essere
forniti dalla struttura che gestisce la risorsa idrica.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (che viene fornito in
tabella all’interno di ogni disciplinare di coltura), che rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della
coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, cioè
moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Per la determinazione di ETo, occorre utilizzare i valori di temperatura massima (Tmax) e di temperatura
minima (Tmin), ambedue espresse in gradi centigradi [°C], secondo la seguente formula:
ETo = (9,862+15,120 * Tmax – 9,028 * Tmin) / 1000
ETo = (9,9 + 15,1 * Tmax – 9,0 * Tmin) / 1000
Il valore così ottenuto va moltiplicato per:
(0,76 n + 55,20)
dal 1° gennaio fino al 15 giugno
(-0,70 n + 299,97)
dal 15 giugno fino al 31 dicembre
dove n è il giorno del calendario giuliano (1° gennaio=1; 1 febbraio=32….; 31 dicembre=365).
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L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il valore
il Valore massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Vmax è disponibile o in tabella all’interno di ogni disciplinare di coltura oppure può essere messo in
relazione al tipo di terreno secondo i seguenti valori tabellari:
Tipo di terreno
Vmax
(m3/ha)
terreno sabbioso,
(sabbioso, sabbioso
franco, franco sabbioso)
terreno franco, (franco,
franco limoso, limoso)
terreno argilloso, (franco
sabbioso argilloso, franco
argilloso, franco limoso
argilloso, argilloso,
argilloso sabbioso,
argilloso limoso
pari a millimetri
350
35
450
45
550
55
I volumi irrigui massimi per intervento, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per aspersione e per le
manichette ad alta portata; viceversa non ci sono limitazioni per gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo,
ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è necessario effettuare il bilancio idrico.
Irrigazione in coltura protetta
Per le colture protette non è prevista la redazione del bilancio irriguo.
- In caso presentino impianti irrigui per aspersione è previsto esclusivamente il rispetto dei volumi massimi
di adacquamento in relazione al tipo di terreno.
Caratteristiche delle acque di irrigazione
Ai fini di un'irrigazione razionale é importante conoscere alcune caratteristiche dell'acqua, soprattutto la
salinità.
La salinità dell’acqua rappresenta il contenuto salino espresso come residuo salino fisso o contenuto in sali
totali disciolti (STD) espresso in mg L-1. Essa è correlata alla conducibilità elettrica dell’acqua (EC) espressa
in dS m-1.
STD
[mg L-1]
< 500
EC
[dS m-1]
< 0,75
Bassa
500 - 1000
0,75 – 1,5
Moderata
1000 - 2000
1,5 – 3,00
> 2000
> 3,00
Salinità
Molto bassa
Elevata
La sensibilità delle colture ai livelli di salinità varia in funzione di più fattori; tra questi assumono particolare
importanza la specie e il portinnesto. Valori di EC compresi tra 1 e 2 provocano danni più o meno lievi,
mentre valori superiori a 2 provocano danni gravi per quasi tutte le specie.
L’idoneità delle acque irrigue non è solo funzione della quantità dei sali in esse presenti, ma anche dal tipo
degli stessi, in particolare dal rapporto tra alcuni dei cationi in soluzione. Un utile indice, di uso comune, è il
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rapporto di assorbimento del sodio (SAR) che viene determinato tramite il rapporto tra i cationi sodio, calcio
e magnesio:
SAR = Na+ / [(Ca2+ + Mg2+)/2]½.
In base ai valori assunti dal SAR, l’acqua irrigua può essere classificata in 4 categorie:
Categoria
S1
S2
S3
S4
SAR
0 - 10
11 - 18
19 - 26
> 26
Le acque di categoria S1 sono idonee per l’irrigazione di tutti i tipi di terreni.
Colture non irrigue e interventi di soccorso
In caso di assenza di irrigazione non è previsto alcun adempimento.
Nel caso di stagioni particolarmente siccitose che rendano necessario ricorrere all’irrigazione di soccorso,
pena la perdita o la pesante riduzione del reddito, è richiesta la registrazione dell’intervento irriguo e la
giustificazione relativa attraverso bollettini agrometeorologici o altre evidenze oggettive.
DIFESA INTEGRATA DELLE COLTURE
La difesa e il diserbo delle colture sono contenute nelle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo
fitosanitario delle colture”. Tali Norme sono costituite dalle Norme Comuni a tutte le colture, di seguito
riportate, e dalla parte speciale che è distinta in specifiche schede per la difesa e il diserbo di ciascuna delle
colture considerate.
Norme comuni
Per tutte le colture vengono adottate le misure di seguito riportate.
1. Concia delle sementi e materiale di moltiplicazione
E’ consentita la concia di tutte le sementi ed il trattamento del materiale di moltiplicazione con i prodotti
registrati per tali impieghi, tranne per le colture per le quali tale impiego è specificatamente vietato.
2 Ratticidi
E’ consentito l’impiego di ratticidi regolarmente registrati per questo impiego.
3. Repellenti
E’ consentito l’uso di “grasso di pecora” come repellente a cervi, daini, caprioli e camosci.
4. Vincoli e consigli nella scelta dei prodotti fitosanitari
La scelta delle sostanze attive inserite nelle singole norme di coltura e sulle singole avversità è effettuata
tenendo conto della disponibilità di valide alternative ai fini della gestione complessiva di adeguate strategie
di difesa, limitando, per quando possibile, i prodotti (miscele, così come definite dalla classificazione CLP)
che:
- contengono sostanze attive “candidate alla sostituzione” ai sensi del Reg. 408/2015/UE e successive
integrazioni (smi);
- sono caratterizzati dalla presenza sull’etichetta del simbolo di pericolo o pittogramma “teschio con tibie
incrociate” (corrispondente al pittogramma GHS06);
- sono classificati “CORROSIVI” /o H314 (gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari) e H318 (gravi
lesioni oculari).
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Inoltre sarà opportuno favorire la limitazione di prodotti con frasi di rischio relative ad effetti cronici
sull’uomo che, secondo il nuovo sistema di classificazione CLP, sono:
H350i Può provocare il cancro se inalato,
H351 Sospettato di provocare il cancro;
H340 Può provocare alterazioni generiche;
H341 Sospettato di provocare alterazioni generiche
H360 Può nuocere alla fertilità o al feto;
H360D Può nuocere al feto;
H360Df Può nuocere al feto. Sospettato di nuocere alla fertilità.
H360F Può nuocere alla fertilità.
H360FD Può nuocere alla fertilità. Può nuocere al feto.
H360Fd Può nuocere alla fertilità. Sospettato di nuocere al feto.
H361 Sospettato di nuocere alla fertilità o al feto
H361d Sospettato di nuocere al feto.
H361f Sospettato di nuocere alla fertilità
H361fd Sospettato di nuocere alla fertilità; sospettato di nuocere al feto.
Per quel che riguarda i formulati commerciali che vengono commercializzati secondo il vecchio sistema di
classificazione, DPD, le frasi di rischio interessate sono: R40, R60, R61, R62, R63, R68.
Il vincolo di dare preferenza alle formulazioni migliori quando della stessa sostanza attiva esistano
formulazioni a diversa classe tossicologica con frasi di rischio relative ad effetti cronici sull’uomo (frasi di
rischio CLP: H350, H351, H360 e H361; frasi di rischio con il vecchio DPD: R40, R60, R61, R62, R63,
R68) è sospeso per l’anno 2016.
Le sostanze attive da utilizzare vanno scelte esclusivamente tra quelli riportati nelle schede di coltura, per la
difesa e per il diserbo.
5. Prodotti autorizzati in agricoltura biologica
Possono essere utilizzate tutte le sostanze attive previste dall’Allegato II del Regolamento (CE) n. 889 del 5
settembre 2008 e ss.mm.ii., a condizione che siano regolarmente autorizzati in Italia.
6. Smaltimento scorte
E’ autorizzato l’impiego dei prodotti fitosanitari previsti nelle norme tecniche stabilite per un anno, ma
esclusi nell’anno seguente. Tale indicazione deve intendersi valida esclusivamente per l’esaurimento delle
scorte presenti e registrate nelle schede di magazzino alla data dell’entrata in vigore delle nuove norme o
per le quali sia dimostrabile l'acquisto prima di tale data. Tale autorizzazione, valida solo per una annata
agraria, non può intendersi attuabile qualora siano venute meno le autorizzazioni all'impiego e può essere
applicata utilizzando le sostanze interessate secondo le modalità previste nelle norme tecniche nell’anno
precedente.
7 Uso delle trappole
L'impiego delle trappole è obbligatorio tutte le volte che le catture sono ritenute necessarie per giustificare
l'esecuzione di un trattamento. Le aziende che non installano le trappole obbligatorie per accertare la
presenza di un fitofago non potranno richiedere nessuna deroga specifica.
L'installazione a carattere aziendale non è obbligatoria quando per la giustificazione di un trattamento sia
possibile fare riferimento a monitoraggi previsti nelle norme tecniche regionali. Inoltre l'installazione non è
obbligatoria quando per la giustificazione di un trattamento sia previsto, in alternativa, il superamento di una
soglia d’intervento.
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Nelle tabelle seguenti si riportano alcune raccomandazioni relative al numero di trappole da utilizzare in base
alla superficie da monitorare.
Senza confusione
Parassita
<= 1 ha *
> 1,6 a 3 > 3,6 a 6
ha
ha
> 6,6 a
10 ha
> 10,6 a
20 ha
Oltre **
Cydia pomonella
2
3
4
5
n° ha /2
1 ogni 10 ulteriori ha
Pandemis cerasana
1
1
2
3
n° ha /4
1 ogni 10 ulteriori ha
Archips podanus
1
1
2
3
n° ha /4
1 ogni 10 ulteriori ha
Argyrotaenia pulchellana
1
1
2
3
n° ha /4
1 ogni 10 ulteriori ha
Cydia molesta
2
3
4
5
n° ha /2
1 ogni 10 ulteriori ha
Anarsia lineatella
2
3
4
5
n° ha /2
1 ogni 10 ulteriori ha
Cydia funebrana
2
3
4
5
n° ha /2
1 ogni 10 ulteriori ha
Lobesia botrana
1
1
3
4
n° ha /3
1 ogni 10 ulteriori ha
Tignola della patata
1
1
2
3
n° ha /4
1 ogni 10 ulteriori ha
Con confusione o distrazione
> 1,6 a 6
ha
> 6,6 a 10 ha
Parassita
<= 1 ha
Oltre
Cydia pomonella
1
2
3
n° ha /4
Cydia molesta
1
2
3
n° ha /4
Anarsia lineatella
1
2
3
n° ha /4
Cydia funebrana
1
2
3
n° ha /4
Lobesia botrana
1
2
3
n° ha /4
Pandemis cerasana
Archips podanus
Argyrotaenia pulchellana
Tignola della patata
Trappole cromotropiche
Parassita
=< 1,5ha
Mosca del ciliegio
Tripidi delle colture
orticole
1
1-2
per serra
1,5-3,5 ha
2
3,5-6,5
ha
3
6,5-10 ha
4
Oltre
n°ha /3
(*) quando la dimensione di una coltura in un'azienda non supera i 3000 metri quadrati, deve intendersi
decaduta l'obbligatorietà delle trappole a condizione che sia possibile utilizzare i dati di cattura relativi a
trappole installate in appezzamenti o aziende limitrofe.
(**) il dato va sempre corretto per eccesso o difetto: esempio con 13 ha si devono installare 6 trappole di
Cydia pomonella
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
8. Vincoli da etichetta
Nell'applicazione delle norme tecniche devono comunque sempre essere rispettate le indicazioni riportate
sulle etichette dei formulati commerciali approvate con decreto del Ministero della Salute vigente.
9. Modifiche di etichetta
Dal 1 giugno 2015 è in vigore il Regolamento (CE) 1272/2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e
all’imballaggio delle sostanze e delle miscele pericolose (Regolamento CLP o semplicemente CLP).
Tutte le registrazioni avvenute dopo il 1 giugno 2015 riportano in etichetta unicamente la nuova
classificazione.
Fino al 30 maggio 2017 restano in commercio formulati la vecchia classificazione DPD.
A partire dal 1 giugno 2017 tutte le etichette in commercio riporteranno esclusivamente la nuova
classificazione.
10. Le schede di difesa integrata
Le strategie di difesa integrata delle singole colture vengono sviluppate in schede che sono impostate con
le seguenti modalità (colonne):
- Avversità: sono riportate le avversità, con indicazione in italiano e nome scientifico, nei confronti
delle quali si propongono le strategie di difesa; sono considerate le principali avversità normalmente
diffuse in ambito regionale.
- Criteri di intervento: per ciascuna avversità sono specificati i criteri di intervento che si propone di
adottare per una corretta difesa integrata. In particolare si evidenziano eventuali soglie economiche
di intervento.
- S.a. e ausiliari: per ciascuna avversità sono indicati: mezzi di difesa da utilizzare tra cui gli ausiliari,
esche proteiche, sistemi di disorientamento, confusione sessuale e prodotti fitosanitari.
- Note e limitazioni d’uso: sono riportate indicazioni (es. rischi di fitotossicità, effetti sull’entomofauna
utile, effetti su altri parassiti ecc.) e limitazioni d’uso dei mezzi di difesa richiamati nella colonna
precedente.
È ammesso l’uso delle sole sostanze attive indicate nella colonna S.a. e ausiliari
La singola sostanza attiva potrà essere utilizzata da sola o in varie combinazioni con altre sostanze
attive presenti nella stessa colonna nelle diverse formulazioni disponibili sul mercato senza limitazioni se
non per quanto specificamente indicato.
Nella colonna “S.a. e ausiliari”, i numeri riportati a fianco di alcune sostanze attive (s.a.), indicano il
corrispondente numero della nota, riportata nella colonna “Limitazioni d’uso e note”, da riferirsi a
quella specifica sostanza.
Quando lo stesso numero è riportato a fianco di più s.a., la limitazione d’uso si riferisce al numero
complessivo di trattamenti realizzabili con tutti i prodotti indicati. Il loro impiego deve quindi considerarsi
alternativo.
Es. Difesa del pomodoro dalla peronospora:
Azoxystrobin (1)
(1)Al massimo due interventi l’anno
Pyraclostrobin (1)
Azoxystrobin e Pyraclostrobin, complessivamante non possono essere usati più di due volte all’anno
(nessun trattamento con Pyraclostrobin e d u e c o n Azoxystrobin; oppure u n t r a t t a m e n t o c o n
Pyraclostrobin e u n o c o n Azoxystrobin; oppure due con 2 Pyraclostrobin e nessuno con Azoxystrobin;)
quindi i due prodotti devono intendersi alternativi fra loro.
Le singole sostanze attive sono utilizzabili solo contro le avversità per le quali sono stati indicati nella
tabella "Difesa integrata" e non contro qualsiasi avversità.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
Possono essere impiegati anche prodotti fitosanitari pronti all’impiego o miscele estemporanee
contenenti una miscela di sostanze attive purché queste siano indicate per la coltura e per l’avversità.
Le dosi di impiego delle sostanze attive sono quelle previste nell'etichetta dei formulati commerciali.
Ove tecnicamente possibile si utilizzeranno preferibilmente le dosi minori.
11.-Le schede del controllo delle infestanti
Le strategie per il controllo delle infestanti delle singole colture sono sviluppate in schede che sono
impostate con le seguenti modalità (colonne):
- Periodo d’intervento: è riportata la fase fenologica a cui si riferisce la strategia di controllo
delle infestanti consigliata (pre semina, pre emergenza della coltura, post emergenza della coltura,
pre trapianto della coltura, post trapianto della coltura);
- Principio attivo: per ciascuna infestante (o gruppo di infestanti) è indicato il mezzo di difesa da
utilizzare tra cui in particolare i prodotti fitosanitari;
- % di p.a.: è indicata la percentuale di sostanza attiva sulla base della quale è impostata la dose
di intervento; questa indicazione, non vincolante, è individuata tenendo come riferimento uno dei
formulati commerciali contenenti il p.a. in oggetto e normalmente utilizzati;
- Dose di formulato commerciale L o kg/ha: in relazione alla colonna precedente è indicata la dose
di utilizzo a cui possono essere impiegati i p.a. per ciascuna applicazione;
- Modalità di assorbimento e traslocazione: è indicata la modalità di assorbimento e traslocazione
dei principi attivi indicati;
- Infestanti controllate: sono riportate le tipologie delle infestanti nei confronti delle quali viene
impostata la strategia di controllo proposta;
- Stadio delle infestanti: è indicato lo stadio fenologico delle infestanti da controllare.
Per quanto riguarda gli erbicidi, la quantità complessiva di sostanza attiva impiegabile ad ettaro è quella
indicata nelle schede, a prescindere dalle formulazioni utilizzate. Questa indicazione vale anche per
l’utilizzo di formulati commerciali con concentrazioni di sostanza attiva diverse da quelle indicate nelle
schede stesse.
Sono consentite le miscele estemporanee tra le diverse s.a. ammesse per il diserbo; la dose di ogni s.a.
non potrà superare la dose massima prevista per ciascuna coltura, sempre che non sia indicato altrimenti
nelle norme tecniche.
Per quanto riguarda le modalità di lettura delle schede valgono le modalità già richiamate per la
interpretazione delle schede di “Difesa Integrata”.
ALTRI METODI DI PRODUZIONE E ASPETTI PARTICOLARI
Coltivazioni sotto serra
La Regione Campania ha promulgato una Legge Regionale concernente ” Norme per la realizzazione di
impianti serricoli funzionali allo sviluppo delle attività agricole” (24/3/1995, n. 8) e successive modifiche
ed integrazioni ed il relativo regolamento di attuazione (Regolamento 6 dicembre 2013, n. 8) che disciplina
i principali aspetti legati alla realizzazione e alla corretta conduzione di un impianto serricolo.
Si raccomanda di utilizzare film plastici di copertura ad elevato rendimento termico, elevata trasparenza e
media durata (non più di due anni). Tra i materiali più largamente disponibili, si citano l’etilenvinilacetato
(EVA) e i coestrusi, il cui spessore è compreso tra 0,14 e 0,18 mm. In stagioni particolarmente fredde, si
può ricorrere alla doppia copertura con fogli aggiuntivi disposti all’interno della struttura, in EVA o anche
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
in PE; può risultare utile anche l’applicazione di polipropilene (‘tessuto-non-tessuto’) sulla coltura, con
l’avvertenza che la luminosità viene ridotta fino al 50%, rispetto all’esterno.
I combustibili ammessi per il riscaldamento delle serre sono esclusivamente il metano, olio e gasolio a
basso contenuto di zolfo, i combustibili di origine vegetale (pigne, pinoli, altri scarti di lavorazione del
legno) e tutti i combustibili a basso impatto ambientale. Sono consigliati inoltre tutti i sistemi di
riscaldamento che impiegano energie rinnovabili (geotermie, energia solare ecc.).
Coltivazioni fuori suolo (o senza suolo o in idroponica)
È ammessa l’applicazione del sistema di produzione integrata alla tecnica di produzione fuori suolo
ponendo attenzione in particolare:
- alla scelta dei substrati e loro riutilizzo o smaltimento;
- alla gestione della fertirrigazione;
- alla gestione delle acque reflue (percolato)
Substrati
Al fine di consentire alla pianta di accrescersi nelle migliori condizioni i requisiti più importanti che devono
essere valutati per la scelta di un substrato sono i seguenti:
- costituzione;
- struttura;
- capacità di ritenzione idrica;
- potere assorbente;
- pH;
- contenuto in elementi nutritivi e EC;
- potere isolante;
- sanità;
- facilità di reperimento e costi;
Possono essere utilizzati substrati naturali (organici o inorganici) e substrati sintetici.
Sono da preferire i substrati naturali che, esaurita la propria funzione, possono essere utilizzati come
ammendanti su altre colture presenti in azienda.
I substrati sintetici devono essere smaltiti nel rispetto delle norme vigenti.
Fertirrigazione
Nella tecnica di produzione nel fuori suolo la fertirrigazione assolve alle funzioni di:
- soddisfacimento del fabbisogno idrico della coltura;
- apporto degli elementi fertilizzanti;
- dilavamento del substrato.
La concentrazione degli elementi fertilizzanti presenti nella soluzione nutritiva varia in funzione della
specie coltivata e della naturale presenza di sali disciolti nell’acqua. Viene misurata attraverso la
conducibilità elettrica (EC) utilizzando come unità di misura il siemens (millisiemens o microsiemens).
Per ogni coltura vi sono dei valori soglia il cui superamento può portare a fenomeni di fitotossicità.
Nella tabella sottostante sono riportati i valori soglia indicativi riferiti alle principali colture:
coltura
Pomodoro
Peperone
Cetriolo
Melone
Zucchino
Melanzana
Fagiolo
Fragola
Vivaio
Taglio
EC
(mS)
2.30
2.20
2.20
2.30
2.20
2.10
1.70
1.60
2.40
3.30
dati ricavati da “Principi tecnico-agronomici della fertirrigazione e del fuorisuolo” edito da Veneto Agricoltura
Gestione delle acque reflue (percolato)
Le acque reflue derivanti dal percolato durante il periodo di coltivazione normale e/o dal dilavamento del
substrato, qualora si riutilizzi per la coltura successiva, hanno ancora un contenuto in elementi fertilizzanti
significativo rispetto alla soluzione nutritiva distribuita e pertanto possono essere ancora utilizzate ai fini
nutrizionali:
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Le norme tecniche generali Agg. 2016
-
-
nel riciclaggio interno sulla coltura (ciclo chiuso), previa verifica della idoneità dal punto di vista
fitosanitario, sottoponendole se necessario a filtrazione, clorazione, trattamento con UV;
mediante distribuzione per il mantenimento del tappeto erboso della serra, se presente. La presenza
del tappeto erboso sotto la coltura fuori suolo garantisce una azione climatizzante sottochioma e
favorisce lo sviluppo di insetti/acari antagonisti;
per la fertilizzazione di altre colture.
Coltivazioni di IV gamma e coltivazioni in vaso
Per i consigli e gli obblighi si rimanda ai disciplinari specifici di coltura.
RACCOLTA
Le corrette modalità di raccolta e di conferimento ai centri di stoccaggio e lavorazione garantiscono il
mantenimento delle migliori caratteristiche qualitative dei prodotti.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Guida alla concimazione per la produzione integrata
(anno 2016)
1. Istruzioni per il campionamento dei terreni e l’interpretazione delle analisi
2. Bilancio e piano di concimazione aziendale
3. Coefficienti di assorbimento e asportazione delle colture per N, P2O5 e K2O
4. Rese di riferimento
5. Comuni della Campania e rese di riferimento
6. Dosi massime di azoto per coltura nelle zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola
1. Istruzioni per il campionamento dei terreni e l’interpretazione delle
analisi
Identificazione di un’area omogenea
La determinazione delle caratteristiche fisico-chimiche di un suolo, mediante le relative analisi, viene
eseguita su campioni di terreno rappresentativi del sito o, più specificamente, di porzioni omogenee di
questo.
A tal fine è indispensabile dare una definizione di un’area omogenea che è “quella parte della superficie
aziendale che presenta elementi ambientali comuni e per la quale si ritiene che i terreni abbiano
caratteristiche chimico-fisiche pressoché uguali”.
Indiscussa è l’estrema variabilità spaziale (verticalmente ed orizzontalmente) delle caratteristiche
fondamentali di un suolo, pertanto l’identificazione delle aree omogenee risulta spesso difficoltosa.
Tuttavia, in un’azienda l’individuazione di aree omogenee può essere fatta sia sulla base di osservazioni
visive di immediato riscontro, quali colore e aspetto fisico, sia sulla base di informazioni relative a
ordinamento colturale, fertilizzazioni ricevute in passato e vegetazione coltivata e spontanea.
In generale l’area omogenea prescinde dall’utilizzazione agricola del suolo.
Poiché un’azienda può presentare uno o più aree omogenee, per una completezza di informazioni sarà
opportuno eseguire le analisi fisico-chimiche per ciascuna area omogenea individuata.
Qualora si disponga della cartografia pedologica, la zona di campionamento deve comunque ricadere
all’interno di una sola unità pedologica.
Attrezzature
Gli strumenti devono essere costruiti con materiali e modalità che non devono influenzare le caratteristiche
del suolo che si vogliono determinare. Sono necessari: sonda o trivella; vanga; secchio con volume non
inferiore a 10 litri; telone asciutto e pulito di circa 2 m2; sacchi di capacità di almeno un litro, con adeguato
sistema di chiusura; etichette.
Qualunque sia la superficie della zona da campionare, effettuare almeno 15 campioni elementari, prelevando
non meno di 6 campioni per ettaro ed utilizzando uno degli schemi proposti di seguito.
Modalità di campionamento
La fase immediatamente successiva all’individuazione delle aree omogenee consiste nel prelievo vero e
proprio dei campioni di terreno. Prima di tutto è fondamentale stabilire il momento del campionamento. In
linea generale, il campionamento deve essere effettuato almeno 3 mesi dopo l’ultimo apporto di concimi o 6
mesi dopo l’ultimo apporto di ammendanti o correttivi. Altrettanto fondamentale è stabilire i punti
dell’area/appezzamento in cui effettuare il prelievo del campione di terreno. Per la scelta dei luoghi di
prelievo si può fare riferimento a tre schemi:
1
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
1) Campionamento sistematico: Suddividere idealmente la zona di campionamento nel numero
prescelto di unità di campionamento, utilizzando un reticolo di dimensioni opportune: le unità devono
avere approssimativamente la medesima dimensione. All’interno di ogni unità di campionamento
prelevare casualmente un campione.
2) Campionamento non sistematico a X o W: individuare i punti di ciascun prelievo lungo un
ipotetico percorso ad X o, meglio ancora, a W all’interno dell’area omogenea, seguendo i criteri di
esclusione successivamente indicati. Anche questa procedura, però, può portare ad una copertura non
completa della superficie da investigare e si limita quindi a fornire dati orientativi.
3) Campionamento randomizzato: prelievo di ogni singolo sub-campione in maniera completamente
casuale.
In ogni caso, è buona norma evitare di prelevare campioni in prossimità dei bordi dell’appezzamento, dove
può esserci una minore omogeneità delle caratteristiche da analizzare per l’influenza di fattori esterni
all’appezzamento stesso (“effetto bordo”), ed evitare, per quanto possibile, di prelevare campioni in zone che
possono presentare delle anomalie: aree a quota inferiore o superiore alla media; aree dove sono stati
accumulati fertilizzanti o prodotti o sottoprodotti dell’attività agricola; aree dove hanno stazionato animali;
aree da affioramento del sottosuolo; aree aventi differenze di irrigazione e/o di drenaggio; aree dove ristagna
l’acqua.
Se vi sono residui colturali in campo, prima di procedere al prelievo è bene ripulire la zona interessata, per
facilitare le operazioni.
Profondità di campionamento
Nel caso di prima caratterizzazione di un suolo mediante determinazione delle sue caratteristiche fisicochimiche, è consigliato effettuare prelievi di terreno a profondità diverse, che potranno essere scelte in
funzione della tipologia di coltura da impiantare:

erbacee e/o ortive: può essere conveniente effettuare 3 prelievi alle profondità 0-20, 20-40 e 4060 cm;

arboree: è necessario approfondire ulteriormente i campionamenti, tenuto conto del fatto che le
radici di queste specie possono arrivare al metro ed oltre di profondità, per cui si potranno
effettuare 4 prelievi ma a 0-30, 30-60, 60-90 e 90-120 cm.
Negli anni successivi è sufficiente effettuare campionamenti a profondità in cui si ha generalmente il
massimo sviluppo dell’apparato radicale (0-40 cm per ortive e parte delle erbacee; 0-60 cm per le arboree e
la rimanente parte delle erbacee).
La determinazione delle caratteristiche fisico-chimiche potrà essere fatta, più appropriatamente su ogni
singolo sub-campione, mediando solo successivamente per ciascuna profondità di riferimento i valori
ottenuti dalle analisi, oppure più semplicisticamente si possono inizialmente mescolare i sub-campioni,
tenendoli sempre separati per profondità, ed eseguire poi sull’unico campione finale le analisi necessarie; in
quest’ultimo caso si procederà come di seguito riportato:
Prelievo del campione elementare
Una volta individuato il sito di campionamento eliminare, se necessario, la vegetazione che ricopre il suolo.
Introdurre verticalmente la sonda o la trivella fino alla profondità voluta ed estrarre il campione elementare
di suolo. Nel caso di terreni sabbiosi la sonda può essere introdotta diagonalmente, ponendo attenzione a
rispettare la profondità scelta. Nel caso di terreni molto compatti o con elevata presenza di scheletro, che non
permettono l’uso della sonda, scavare con la vanga una piccola buca a pareti verticali fino alla profondità
prescelta. Prelevare quindi una fetta verticale che interessi tutto lo strato, mantenendo costante la frazione di
terreno proveniente dalle diverse profondità.
- Formazione del campione globale: inserire i diversi campioni elementari, man mano che vengono
prelevati, nel secchio; rovesciare il secchio su una superficie solida, piana, asciutta e pulita, coperta con il
telone; mescolare il terreno ed omogeneizzarlo accuratamente.
- Formazione del campione finale: se non è necessaria una riduzione, ogni campione globale costituirà un
campione finale; se il campione deve essere ridotto, stendere il terreno omogeneizzato e prelevare
casualmente una decina di campioni di 50 g ognuno, distribuiti su tutta la superficie e che interessino tutto lo
spessore del campione globale; unire questi prelievi per costituire uno o più campioni finali del peso di circa
500 g ognuno.
2
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Condizionamento dei campioni finali
Inserire ciascun campione finale in un contenitore asciutto, pulito, che non interagisca con il terreno e sia
impermeabile all’acqua e alla polvere. Chiudere l’imballaggio e predisporre due etichette uguali nelle quali
sia chiaramente identificato il campione. Collegare un’etichetta al sistema di chiusura ed attaccare l’altra alla
superficie esterna del contenitore. Non inserire mai etichette all’interno del contenitore ed a contatto con il
suolo. Nel caso sia necessario sigillare il campione effettuare l’operazione in maniera tale che non sia
possibile aprire il contenitore senza violare il sigillo, al quale deve essere incorporata una delle etichette.
Sulle etichette porre dei riferimenti biunivoci al verbale di campionamento.
Analisi del terreno
L’analisi chimico fisica del terreno è un supporto indispensabile alla elaborazione di un corretto piano di
concimazione. Le analisi del terreno permettono: di orientare meglio le lavorazioni, l’irrigazione, la scelta
delle varietà colturali e dei portainnesti; di individuare gli elementi nutritivi eventualmente carenti e quindi in
grado di limitare le produzioni agricole; di rilevare se vi sono elementi presenti in dosi elevate, tali da
permettere di contenere le concimazioni; di concorrere ad una corretta diagnosi di eventuali alterazioni o
affezioni delle colture, attraverso l’individuazione di carenze, squilibri od eccessi di elementi.
In particolare, le determinazioni analitiche indispensabili alla caratterizzazione di un suolo sono quelle
riportate nella tabella seguente (analisi completa).
Determinazioni analitiche di base per la caratterizzazione dei suoli
Determinazione analitica
Tessitura (sabbia, limo e argilla)
Unità di misura
g kg-1
Reazione del suolo (pH in acqua)
Carbonio organico
g kg-1
Calcare totale
g kg-1
Calcare attivo
g kg-1
Azoto totale
g kg-1
Potassio scambiabile
mg kg-1
Fosforo assimilabile
mg kg-1
CSC
meq.100 g-1
Qualora le caratteristiche del terreno e la specificità della coltura lo richiedano, è consigliabile eseguire
ulteriori determinazioni analitiche quali ad esempio la conducibilità , il contenuto di magnesio, ferro e altri
elementi.
Frequenza dell’esecuzione delle analisi del terreno
Per le colture arboree è necessario eseguire le determinazioni analitiche riportate in tabella (analisi
completa), la cui validità è di cinque anni, prima dell’impianto o anche con coltivazione in atto, se non sono
mai state eseguite in precedenza.
Per le colture erbacee è necessario eseguire almeno un’analisi completa, la cui validità è di cinque anni.
Sia per le colture arboree che per le colture erbacee, dopo cinque anni, occorre ripetere solo quelle
determinazioni analitiche che si modificano in modo apprezzabile nel tempo: carbonio organica, azoto totale,
potassio scambiabile e fosforo assimilabile (analisi semplificata).
Qualora vengano posti in atto interventi di correzione del pH, quest’ultimo valore andrà nuovamente
determinato.
Le metodiche ufficiali di analisi del suolo
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Le analisi chimiche
Le analisi chimiche dovranno essere eseguite secondo quanto previsto dai “Metodi ufficiali di analisi
chimica del suolo” (MUACS) D.M. del 13/09/99 - riportati in Gazzetta Ufficiale n. 185 del 21 ottobre 1999 e
successive modifiche.
Le analisi fisiche
Le analisi fisiche dovranno essere eseguite secondo quanto previsto dai “Metodi ufficiali di analisi fisica del
suolo” (MUAFS) D.M. del 01/08/97 riportati in Gazzetta Ufficiale n. 204 del 2 settembre 1997.
Tessitura o granulometria
La tessitura è una proprietà statica del terreno che svolge un ruolo fondamentale nel determinare alcune
caratteristiche fisico-chimiche del terreno stesso come struttura, parametri idrologici, capacità di scambio
cationico, etc.).
Le particelle del terreno vengono in genere classificate in base al diametro secondo scale convenzionali, di
cui le più diffuse sono il sistema classificatorio di Atterberg (adottato anche dalla Società Internazionale
della Scienza del Suolo - SISS) e il sistema classificatorio proposto dall’USDA (United States Department of
Agriculture). La classificazione USDA è quella maggiormente utilizzata e prevede la seguente distinzione:
scheletro: particelle > 2mm;
sabbia molto grossa: particelle comprese tra 2 e 1 mm;
sabbia grossa: particelle comprese tra 1 e 0.5 mm;
sabbia media: particelle comprese tra 0.5 e 0.25 mm;
sabbia fine: particelle comprese tra 0.25 e 0.10 mm;
sabbia molto fine: particelle comprese tra 0.10 e 0.05 mm;
limo grosso: particelle comprese tra 0.05 e 0.02 mm;
limo fine: particelle comprese tra 0.02 e 0.002 mm;
argilla: particelle < 0.002 mm.
Tuttavia, per le analisi utili alla redazione dei piani di concimazione, è sufficiente determinare solo le tre
principali frazioni granulometriche della cosiddetta terra fine:
 sabbia: particelle comprese tra 2 e 0.05 mm;
 limo: particelle comprese tra 0.05 e 0.002 mm;
 argilla: particelle < 0.002 mm.
La diversa proporzione di sabbia, limo e argilla,conferisce caratteristiche diverse al suolo. Una volta
determinate le percentuali di questi tre componenti, per attribuire la classe tessiturale al suolo è necessario
avvalersi del triangolo tessiturale di seguito riportato.
Diagramma tessiturale USDA
4
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Le diverse classi tessiturali possono essere raggruppate come indicato nella tabella che segue:
Raggruppamento
Grossolana
moderatamente grossolana
Media
moderatamente fine
Fine
tessitura
- sabbioso
- sabbioso franco
- franco sabbioso
- franco
- franco limoso
- limoso
- franco sabbioso argilloso
- franco argilloso
- franco limoso argilloso
- argilloso
- argilloso sabbioso
- argilloso limoso
Fonte Regione Campania “Linee guida per la valutazione della capacità d’uso dei suoli mediante indagine pedologica
sito specifica”
Reazione del terreno (pH)
Indica la concentrazione di ioni idrogeno nella soluzione circolante nel terreno; il suo valore dà
un’indicazione sulla disponibilità di molti macro e microelementi ad essere assorbiti. Il pH influisce
sull’attività microbiologica (ad es. i batteri azotofissatori e nitrificanti prediligono pH subacidisubalcalini, gli attinomiceti prediligono pH neutri-subalcalini) e sulla disponibilità di elementi minerali,
in quanto ne condiziona la solubilità e quindi l’accumulo o la lisciviazione.
pH
Classificazione
< 5,4
5,4-6,0
6,1-6,7
6,8-7,3
7,4-8,1
8,2-8,6
> 8,6
fortemente acido
acido
leggermente acido
neutro
leggermente alcalino
alcalino
fortemente alcalino
Carbonio organico
La determinazione del carbonio organico è necessaria per stimare il contenuto di sostanza organica
presente nel terreno. Comunemente infatti il contenuto in sostanza organica viene stimato
indirettamente moltiplicando la concentrazione di carbonio organico per un coefficiente di conversione
pari a 1,724.
La sostanza organica rappresenta circa l’1-3% della fase solida in peso e il 12-15% in volume di un
terreno. Ciò significa che essa costituisce una grossa parte delle superfici attive del suolo e, quindi, ha
un ruolo fondamentale sia per la nutrizione delle piante (mineralizzazione e rilascio degli elementi
nutritivi, sostentamento dei microrganismi, trasporto di fosforo e dei microelementi alle radici,
formazione del complesso di scambio dei nutrienti) e sia per la struttura del terreno, in quanto migliora
l’areazione, aumenta la capacità di ritenzione idrica nei suoli sabbiosi, limita la formazione di strati
impermeabili nei suoli limosi, limita il compattamento e l’erosione nei suoli argillosi.
La dotazione di sostanza organica di un terreno si valuta in funzione della sua tessitura, come riportato nella
tabella seguente:
Dotazione
sabbioso,
Classi tessiturali USDA
franco
argilloso
5
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
sabbioso-franco
franco-sabbioso
carbonio
organico (g/kg)
scarsa
normale
buona
molto buona
<7
7-9
9-12
> 12
sostanza
organica
(g/kg)
< 12
12-16
16-21
> 21
franco-sabb.-argilloso
franco-limoso
argilloso-sabbioso
limoso
carbonio
sostanza
organico
organica
(g/kg)
(g/kg)
<8
< 14
8-12
14-21
12-17
21-29
> 17
> 29
franco-argilloso
argilloso-limoso
franco-arg.-limoso
carbonio
organico
(g/kg)
< 10
10-15
15-22
> 22
sostanza
organica
(g/kg)
< 17
17-26
26-38
> 38
Calcare
Si analizza come “calcare totale” e “calcare attivo”.
Per calcare totale si intende la componente minerale costituita prevalentemente da carbonati di calcio e
in misura minore di magnesio e sodio.
Se presente nella giusta quantità il calcare è un importante costituente del terreno, in grado di
neutralizzare l’eventuale acidità e di fornire calcio e magnesio. Entro certi limiti agisce positivamente
sulla struttura del terreno, sulla nutrizione dei vegetali e sulla mineralizzazione della sostanza organica;
se presente in eccesso inibisce l’assorbimento del ferro e del fosforo rendendoli insolubili e innalza il
pH del suolo portandolo all’alcalinizzazione.
Il calcare attivo, in particolare, è la frazione del calcare totale facilmente solubile nella soluzione circolante e,
quindi, quella che maggiormente interagisce con la fisiologia dell'apparato radicale e l'assorbimento di
diversi elementi minerali. Per la maggior parte delle piante agrarie, un elevato contenuto di calcare attivo ha
l'effetto di deprimere, per insolubilizzazione, l'assorbimento di molti macro e micro-elementi (come fosforo,
ferro, boro e manganese).
Valutazione agronomica di un suolo in funzione della dotazione (g/kg) in calcare totale e calcare attivo
Calcare totale (g/kg)
Calcare attivo (g/kg)
<25
povero
<50
basso
25-100 mediamente dotato
50-150 medio
100ben dotato
>150
elevato
150
150ricco
250
>250 eccessivamente ricco
Azoto totale
Esprime la dotazione nel suolo delle frazioni di azoto organico. Il valore di azoto totale può essere
considerato un indice di dotazione azotata del terreno, comunque non strettamente correlato alla disponibilità
dell’azoto per le piante ed ha quindi di per sé un limitato valore pratico nella pianificazione degli apporti
azotati.
Un’eccessiva disponibilità di N nel suolo provoca un ritardo di fioritura, fruttificazione e maturazione, una
minor resistenza al freddo e ai parassiti, un aumento dei consumi idrici e un accumulo di nitrati nella pianta.
Azoto totale (g/Kg)
<0,5
0,5-1,0
1,0-1,5
>1,5
Dotazione
Molto bassa
Bassa
Media
Elevata
6
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Rapporto C/N
Questo parametro, ottenuto dividendo il contenuto percentuale di carbonio organico per quello dell’azoto
totale, è utilizzato per quantificare il grado di umificazione del materiale organico nel terreno.
Tale rapporto è generalmente elevato in presenza di notevoli quantità di residui vegetali indecomposti
(paglia, stoppie, ecc.), dato il basso contenuto in sostanze azotate, e diminuisce all’aumentare dei composti
organici ricchi d’azoto (letame, liquami), in caso di rapida mineralizzazione della sostanza organica o di
un’ingente presenza di azoto minerale.
I terreni con un valore compreso tra 9 e 12 hanno una buona dotazione di sostanza organica, ben umificata ed
abbastanza stabile nel tempo.
Rapporto C/N
<9
9-12
>12
basso
equilibrato
elevato
mineralizzazione veloce
mineralizzazione normale
mineralizzazione lenta
Potassio scambiabile
Il potassio (K) è presente nel suolo in diverse forme: non disponibile (all’interno di minerali primari), poco
disponibile (negli interstrati dei minerali argillosi) e disponibile (sotto forma di ioni scambiabili o disciolto
nella soluzione del suolo). La sua disponibilità per le piante dipende dal grado di alterazione dei minerali e
dal contenuto di argilla. La forma utile ai fini analitici è quella scambiabile, ossia quella quota di K presente
nel suolo cedibile dal complesso di scambio alla soluzione circolante o da questa restituita e quindi più
disponibile all'assorbimento.
Il K nella pianta regola la permeabilità cellulare, la sintesi di zuccheri, proteine e grassi, la resistenza al
freddo e alle patologie, il contenuto di zuccheri nei frutti.
Spesso la carenza di K è solo relativa, nel senso che la pianta manifesta sintomi da carenza di K, ma in realtà
la causa non è la bassa dotazione di tale elemento nel terreno, bensì l’antagonismo con il magnesio (Mg), che
se presente ad alte concentrazioni viene assorbito in grande quantità a discapito del K.
Valutazione agronomica della dotazione in potassio scambiabile (mg/kg) di un suolo in funzione della sua
tessitura
Potassio scambiabile (mg/kg di K2O)
Valutazione
Sabbia > 60%
Franco
Argilla > 35%
basso
< 102
< 120
< 144
normale
102-144
120-180
144-216
elevato
144-180
181-217
217-265
molto elevato
> 180
> 217
> 265
Fosforo assimilabile
Questo elemento si trova nel suolo in forme molto stabili e quindi difficilmente solubili (la velocità con cui il
fosforo viene immobilizzato in forme insolubili dipende da pH, contenuto in Ca, Fe e Al, quantità e tipo di
argilla e di sostanza organica).Il fosforo è presente sia in forma inorganica (fosfati minerali), sia in forma di
fosforo organico (in residui animali e vegetali); la mineralizzazione del fosforo organico aumenta
all’aumentare del pH. Agevola la fioritura, l’accrescimento e la maturazione dei frutti oltre che un miglior
sviluppo dell’apparato radicale.
La disponibilità di fosforo per le piante è fortemente condizionata oltre che dal pH del terreno anche dalla
presenza di calcare; quindi, la quantità di P assimilabile dalle piante dipende solo parzialmente dal contenuto
totale dell’elemento nel terreno. Per la determinazione analitica del fosforo si usa generalmente il metodo
Olsen per terreni con pH>7 ed il metodo Bray-Kurtz per terreni con pH<7. In ogni caso è stato recentemente
dimostrato che i valori analitici ottenuti applicando il metodo Olsen ai suoli delle regioni mediterranee sono
correlati ai relativi asporti colturali.
7
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Valutazione agronomica della dotazione (mg/kg) in P2O5 (estratto con metodo Olsen) di un suolo
P2O5 (mg/kg)
Valutazione
<6
molto basso
6-13
basso
13-25
Medio
25-40
Alto
> 40
molto alto
Capacità di scambio cationico (CSC)
Esprime la capacità del suolo di trattenere sulle fasi solide, ed in forma reversibile, una certa quantità di
cationi, in modo particolare calcio, magnesio, potassio e sodio.
La CSC è correlata al contenuto di argilla e di sostanza organica, per cui più risultano elevati questi
parametri e maggiore sarà il valore della CSC. Un valore troppo elevato della CSC può evidenziare
condizioni che rendono non disponibili per le colture alcuni elementi quali potassio, calcio, magnesio.
Viceversa un valore troppo basso è indice di condizioni che rendono possibili perdite per dilavamento
degli elementi nutritivi. E’ necessario quindi tenere conto di questo parametro nella formulazione dei
piani di concimazione, ad esempio prevedendo apporti frazionati di fertilizzanti nei suoli con una bassa
CSC.
Pertanto una buona CSC garantisce la presenza nel suolo di un pool di elementi nutritivi conservati in
forma labile e dunque disponibile per la nutrizione vegetale.
Capacità
(meq/100 g)
<5
5-10
10-20
>20
Scambio
Cationico
molto bassa
Bassa
media
alta
Conducibilità
La determinazione analitica della conducibilità consente di avere un’indicazione sulla salinità del terreno,
tenuto conto dei danni che i i sali possono determinare alle colture, sia morfologici che fisiologici.
La tolleranza alla salinità delle colture varia ampiamente in relazione a diversi fattori: specie e varietà; stadio
biologico in cui si trova la pianta quando si verifica lo stress salino; tipo e livelli dei sali; condizioni
ambientali, climatiche e pedologiche; esercizio e metodo irriguo. Tra gli altri effetti, elevate concentrazioni
saline nella soluzione del suolo (>4 dS/m), riducono significativamente la produzione di biomassa, la resa
economica e la complessiva sopravvivenza della pianta. Tuttavia, la determinazione della conduttività è
indispensabile per la classificazione dei terreni salini ed alcalini che si basa anche sulla misura del pH e della
percentuale di sodio scambiabile (ESP).
Classificazione dei suoli in funzione della conduttività elettrica, della percentuale di sodio scambiabile e del
pH
Tipo di suolo
Conduttività [dS m-1]
ESP
pH
Salino
>4
< 15
< 8,5
Sodico
<4
> 15
> 8.5
Salino-sodico
>4
> 15
< 8,5
8
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
2. Bilancio e Piano di concimazione aziendale
A) CONCIMAZIONE DELLE COLTURE ERBACEE ANNUALI ED ORTIVE
CONCIMAZIONE AZOTATA
Il calcolo delle unità di azoto complessive da distribuire alla coltura viene determinato sulla base di un
bilancio che prevede i seguenti elementi:
Apporti:
- Apporti provenienti dalla mineralizzazione della sostanza organica (B)
- Apporti provenienti dalla fertilità del suolo (C)
- Residui della coltura dell'anno precedente (D)
- Azoto da fertilizzazioni organiche effettuate negli anni precedenti (E)
- Apporti da deposizioni atmosferiche (precipitazioni, ecc.) (F)
Perdite:
- Fabbisogni della coltura (A)
- Immobilizzazioni e dispersioni (G)
- Lisciviazione (H)
Quindi, la dose da somministrare risulterà dalla seguente espressione:
Concimazione azotata = A - B - C - D - E – F + G + H
- DETERMINAZIONE DI A
Il fabbisogno della coltura è calcolato moltiplicando il valore degli assorbimenti/asportazioni unitarie per la
produzione attesa (capitoli 4 e 5).
A = Assorbimenti/asportazioni colturali unitari x produzione attesa
Per le colture erbacee è utilizzato il coefficiente di assorbimento colturale unitario, con il quale si intende la
quantità di azoto, per unità di prodotto, assorbita dalla pianta e localizzata nei frutti e negli altri organi
(culmo, fusto, foglie e radici).
Per le colture orticole è utilizzato il coefficiente di asportazione colturale unitario, con il quale si intende la
quantità di azoto, per unità di prodotto, asportata dalla parte commerciale della pianta.
- DETERMINAZIONE DI B
È indicato con B la quantità di azoto mineralizzato ogni anno (kg ha-1 anno-1), a partire dalla sostanza
organica presente nel terreno, che viene reso disponibile per la coltura. La quantità annualmente distrutta
viene definita da un coefficiente detto “coefficiente di distruzione annuo” o “coefficiente di
mineralizzazione”, che si esprime con il simbolo K2. Tale coefficiente varia da 0,7% a 2,0%, in relazione al
tipo di terreno ed è più elevato nei terreni sabbiosi e sciolti e più basso nei terreni argillosi e pesanti.
Tabella 1. Valori del coefficiente K2 in funzione di diverse tipologie di terreno
Terreno
Sabbioso neutro
Sabbioso acido
Sabbioso calcareo
Limoso medio
Limoso argilloso
Limoso calcareo
Argilloso
argilla (%)
5
5
5
15
22
10
38
calcare (%)
0,2
0,0
10,0
0,2
0,2
30,0
0,2
pH
7,0
5,0
8,0
7,5
7,5
8,1
7,5
K2 (%)
2,0
1,0
1,7
1,6
1,3
0,9
1,0
9
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Argilloso calcareo
30
15,0
8,0
0,7
Il coefficiente K2 è calcolabile con la seguente formula (Remy e Martin-la Fleche, 1974).
K2 = 1200/[(argilla+20)*(calcare+20)]
Nella formula il contenuto di argilla e calcare è espresso in %. Pertanto il dato delle analisi chimico fisiche
del terreno, espresso in g kg-1 deve essere diviso per 10.
La formula da applicare per la determinazione dell’azoto apportato dalla mineralizzazione della sostanza
organica (B) è la seguente:
B 1= Pr [m] * d.a * S.O [%] * K2 * 50
- Pr è la profondità di terreno maggiormente interessata dallo sviluppo radicale (vedi capitolo 5).
- d.a è la densità apparente. In assenza di un valore “misurato”, si riportano in tabella 2 i valori di densità
apparente comunemente utilizzati in funzione della tipologia di terreno.
- S.O è la sostanza organica.
Tabella 2. Valori di densità apparente in funzione di diverse tipologie di terreno
Tipo di terreno
terreni argillosi
terreni medi
terreni sabbiosi
densità apparente (t m-3)
1,2
1,3
1,4
Poiché gli apporti di azoto derivanti dalla mineralizzazione della sostanza organica (B) sono disponibili per
la coltura esclusivamente nel periodo in cui essa si sviluppa, il valore di B si moltiplica per il coefficiente
n/12 dove n è il numero di mesi in cui la coltura è effettivamente presente in campo durante i 12 mesi
dell’anno (per esempio per un mais con ciclo colturale da aprile ad agosto, quindi 5 mesi, tale coefficiente
sarà 5/12 = 0,42).
- DETERMINAZIONE DI C
Con C si indica la quantità di azoto presente nel terreno in una forma prontamente disponibile per le colture
(kg ha-1); esso si calcola in funzione del contenuto in azoto totale del terreno e della sua tessitura.
Per un suolo:
- tendenzialmente sabbioso:
C = 28,4 * N totale [‰]
- franco:
C = 26,0 * N totale [‰]
- tendenzialmente argilloso:
C = 24,3 x N totale [‰]
Il dato ottenuto va moltiplicato per il coefficiente tempo (n/12) che deriva dal rapporto tra il numero di mesi
in cui la coltura è realmente presente in campo ed i 12 mesi dell’anno.
- DETERMINAZIONE DI D
In seguito ad interramento, i residui della coltura precedente subiscono un processo di degradazione
microbica che porta alla liberazione di azoto in tempi più o meno brevi. La quantità di azoto (kg ha-1) reso
disponibile dai residui della coltura è indicato con la lettera D. Tale quota è in relazione al rapporto C/N dei
1
La formula riportata è ottenuta dalla semplificazione della seguente espressione:
B = profondità radicale [m] * 10.000 *densità apparente * %S.O./100 * %N-S.O./100 * K2 /100 * 1.000.
N-S.O. è la quota di azoto contenuta nella sostanza organica (S.O), pari al 5%.
10
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
residui colturali. Nel caso in cui tali residui siano caratterizzati da un rapporto C/N elevato si ha una
temporanea indisponibilità di azoto, rappresentata in tabella con il segno negativo. Nella tabella che segue è
riportata la quantità di azoto disponibile (kg ha-1) in funzione di diverse specie
Tabella 3. Azoto disponibile in funzione della coltura in precessione (kg ha-1)
N da residui (kg ha-1)
30
Coltura
Barbabietola
Cereali autunno-vernini
- paglia asportata
- paglia interrata
Colza
Girasole
Mais
- stocchi asportati
- stocchi interrati
Prati
- medica in buone condizioni
- polifita con leguminose > 15% o medicaio diradato
- polifita con leguminose dal 5 al 15%
- polifita con leguminose < 15%
- di breve durata o trifoglio
-10
-30
20
0
-10
-40
80
60
Patata
Pomodoro e altre orticole (cucurbitacee, liliacee, etc.)
Orticole minori a foglia
Soia
Leguminose da granella (pisello, fagiolo, lenticchia, etc.)
Sorgo
Sovescio di leguminose (in copertura autunno-invernale o estiva)
40
15
30
35
30
25
10
40
-40
50
- DETERMINAZIONE DI E
L’azoto derivante dalla mineralizzazione dei residui di fertilizzanti organici che sono stati distribuiti negli
anni precedenti varia in funzione delle quantità e del tipo di fertilizzante impiegato e nel caso di distribuzioni
regolari nel tempo anche della frequenza (uno, due o tre anni). Il coefficiente di recupero si applica alla
quantità totale di azoto contenuto nel prodotto ammendante abitualmente apportato nel caso di apporti
regolari (tab. 4) o alla quantità effettivamente distribuita l’anno precedente per apporti saltuari (vedi
“disponibilità nel 2° anno ” di tab. 5).
Questo supplemento di N si rende disponibile nell’arco di un intero anno e va opportunamente ridotto in
relazione al ciclo del singolo tipo di coltura.
Tale valore fornisce una stima della fertilità residua derivante dagli apporti organici effettuati gli anni
precedenti e non include l’azoto che si rende disponibile in seguito ad eventuali fertilizzazioni organiche che
si fanno alla coltura per la quale si predispone il bilancio dell’azoto.
Tab. 4 - Apporti regolari di fertilizzanti organici: coefficiente % di recupero annuo della quantità di
elementi nutritivi mediamente distribuita
Matrici organiche
Ammendanti
Liquame bovino
Liquame suino e
pollina
tutti gli anni
50
30
ogni 2 anni
30
15
ogni 3 anni
20
10
15
10
5
Tab. 5 – Apporti saltuari di fertilizzanti organici: coefficiente % di recupero
Disponibilità nel 2° anno
20
11
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Si riportano, nella tabella che segue, le caratteristiche chimiche medie di alcune matrici organiche che
possono essere utilizzate come riferimento per la determinazione di E.
Matrici organiche
Letame
- bovino
- suino
- ovino
Materiali palabili
- lettiera esausta polli da carne
- pollina pre-essiccata
Liquame
- bovini da carne
- bovini da latte
- suini
- ovaiole
SS
(% t.q.)
Azoto
(kg/t t.q.)
P
(kg/t t.q.)
K
(kg/t t.q.)
20 - 30
25
22 - 40
3-7
4,7
6 - 11
0,4 – 1,7
1,8
0,7 – 1,3
3,3 – 8,3
4,5
12 - 18
60 - 80
50 - 85
30 - 47
23 - 43
13 - 25
9 - 15
14 - 17
14 - 25
7 - 10
10 - 16
1,5 – 6,0
19 - 25
3,2 – 4,5
3,9 – 6,3
1,5 – 5,0
10 - 15
1,0 – 1,5
1,0 – 1,6
0,5 – 2,0
4,0 – 5,0
2,4 – 3,9
3,2 – 5,2
1,0 – 3,1
3,0 – 7,5
- DETERMINAZIONE DI F
La quantità di azoto che arriva al terreno con le precipitazioni (F) è normalmente stimata in 10-20 kg ha-1, e
varia in funzione soprattutto della località e della vicinanza a centri urbani ed industriali.
- DETERMINAZIONE DI G
Con G (kg ha-1) si indica la quantità di azoto che viene immobilizzato dalla biomassa e/o dal terreno per
processi di adsorbimento chimico-fisico, nonché l’azoto perso per processi di volatilizzazione e
denitrificazione e dell’effetto negativo che la mancanza di ossigeno causa sui processi di mineralizzazione
della sostanza organica. Si calcola come quota di tutti gli apporti azotati utilizzando la formula seguente:
G = (B + C + D + E + F) * fattore correttivo
Il fattore correttivo è funzione della tessitura del terreno e del drenaggio ed è riportato nella tabella che
segue.
Tabella 6. Fattore correttivo da utilizzare per valutare l’immobilizzazione e la dispersione dell’azoto nel terreno.
DRENAGGIO*
Lento o impedito
Normale
Rapido
tendenzialmente sabbioso
0,35
0,20
0,15
Tessitura
Franco
0,40
0,25
0,20
tendenzialmente argilloso
0,45
0,30
0,25
- DETERMINAZIONE DI H
Con H si indica la quantità di azoto (kg ha-1 anno-1) perso per lisciviazione in funzione della facilità di
drenaggio e della tessitura del terreno. Si riportano nella seguente tabella i valori stimati di H.
Tabella 7. Quantità di azoto (kg ha-1 anno-1) perso annualmente per lisciviazione in funzione della facilità di drenaggio
e della tessitura del terreno.
DRENAGGIO*
Lento o impedito
Normale
Rapido
tendenzialmente sabbioso
30
40
50
Tessitura
Franco
20
30
40
tendenzialmente argilloso
10
20
30
12
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
* L’entità del drenaggio può essere desunta da documenti cartografici e di descrizione delle caratteristiche
dei suoli, ove disponibili, o determinata con un esame pedologico.
13
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
CONCIMAZIONE FOSFATICA
Il calcolo delle unità di fosforo complessive da distribuire alla coltura, espresso in P2O5, viene determinato
sulla base di un bilancio che prevede i seguenti elementi:
Apporti:
- Apporti provenienti dalla fertilità del suolo (B)
- Apporti da fertilizzazioni organiche effettuate negli anni precedenti (E)
Perdite:
- Fabbisogni della coltura (A)
- Immobilizzazione dovuta al calcare (C)
Inoltre, in funzione della dotazione iniziale in fosforo del terreno, potrebbe essere necessario somministrare
una quota aggiuntiva o riduttiva di questo elemento nutritivo:
- Quota di arricchimento o riduzione (D).
Pertanto, la dose finale di fosforo da somministrare alla coltura risulta dalla seguente espressione:
in caso di arricchimento:
+ (D1 * C)
Concimazione fosfatica = A – B + B * (C - 1)-E
(con dotazione normale)
in caso di riduzione:
– D2
- DETERMINAZIONE DI A
Il fabbisogno colturale viene calcolato moltiplicando il valore degli assorbimenti/asportazioni per la
produzione attesa (vedi capitoli 4 e5).
A = Assorbimenti colturali unitari x produzione attesa
- DETERMINAZIONE DI B
Con B si indica la quantità di fosforo mineralizzato ogni anno (kg ha-1 anno-1), a partire dalla sostanza
organica presente nel terreno, e che viene reso disponibile per la coltura.
Come per l’azoto, la quantità annualmente distrutta viene definita da un coefficiente detto “coefficiente di
distruzione annuo” o “coefficiente di mineralizzazione” che si esprime con il simbolo K2 (Tab. 1).
La formula da applicare per la determinazione del fosforo apportato dalla mineralizzazione della sostanza
organica è la seguente:
B 2= Pr [m] * d.a * S.O [%] * K2 * 10
- Pr è la profondità di terreno maggiormente interessata dallo sviluppo radicale (vedi capitolo 5).
-d.a è la densità apparente. In assenza di un valore “misurato”, si riportano in tabella 2 i valori comunemente
utilizzati in funzione della tipologia di terreno.
- S.O è la sostanza organica.
Poiché gli apporti di fosforo derivanti dalla mineralizzazione della sostanza organica sono disponibili per la
coltura esclusivamente nel periodo in cui essa si sviluppa, il dato, precedentemente ottenuto, va moltiplicato
per un coefficiente che tiene conto dei mesi in cui essa è realmente presente in campo, come descritto in
precedenza per la concimazione azotata.
2
La formula riportata è ottenuta dalla semplificazione della seguente espressione:
B = profondità radicale [m] * 10.000 *densità apparente [t m-3]* %S.O./100 * % P2O5-S.O./100 * K2 /100 * 1.000.
P2O5-S.O. è la quota di fosforo contenuta nella sostanza organica (S.O.), pari a 1%.
14
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
- DETERMINAZIONE DI C
Il parametro C tiene conto della quantità di fosforo derivante dagli apporti, sia di quelli provenienti dalla
dotazione in sostanza organica sia di concimi, che, per specifici processi fisico-chimici in funzione della
dotazione di calcare totale, non è disponibile per la coltura. Essa può essere calcolata con la seguente
formula:
C = a + (0,02 * Calcare totale[%])
Dove:
a = 1,2 in terreni tendenzialmente sabbiosi
a = 1,3 in terreni franchi
a = 1,4 in terreni tendenzialmente argillosi
- DETERMINAZIONE DI D
Al fine di calcolare la quota di arricchimento/riduzione, nella tabella seguente si suddividono le colture in 5
classi, escluse le floricole, in funzione della loro esigenza in termini di fosforo e potassio.
Tabella 8. Classificazione delle colture in funzione della loro esigenza in fosforo e potassio
frumento duro; frumento tenero; sorgo; avena; orzo
mais ceroso; mais granella; soia; girasole
barbabietola; bietola
tabacco; patata; pomodoro da industria; pisello fresco ;
pisello da industria; asparago; carciofo; cipolla; aglio;
spinacio; lattuga; cocomero; melone; fagiolino da
industria; fagiolo da industria; fragola; melanzana;
peperone; cavolfiore
medica ed altri erbai
CLASSE 1
CLASSE 2
CLASSE 3
CLASSE 4
CLASSE 5
Quindi, in funzione della classe di appartenenza della coltura e della tessitura del suolo, si individua il livello
di dotazione di fosforo.
Tabella 9. Limiti inferiore e superiore della classe di dotazione “normale” in P2O5 (mg/kg) in funzione di tessitura e
classe colturale.
Classe coltura
1
2
3
4
5
tendenzialmente sabbioso
18-25
11-21
23-30
25-30
34-41
TERRENO
franco
23-28
18-25
30-39
30-35
41-50
tendenzialmente argilloso
30-39
23-30
34-44
35-40
46-55
Pertanto, se la dotazione è:
 più bassa del limite inferiore di dotazione: si calcola la quota di arricchimento (D1);
 più alta del limite superiore di dotazione: si calcola la quota di riduzione (D2).
Quota di arricchimento (D1)
La quota di arricchimento corrisponde alla quantità di elemento che è necessario apportare al terreno per
portarlo al limite inferiore della normalità.
La formula è la seguente:
D1 = (Pr * d.a * Q)
- Pr è la profondità di terreno maggiormente interessata dallo sviluppo radicale della coltura (vedi capitolo 5)
- d.a è la densità apparente del terreno (tab. 2).
15
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
- Q è la differenza tra il valore del limite inferiore di normalità del terreno (Tab. 9) e la dotazione risultante
dalle analisi.
Quota di riduzione (D2)
Costituisce la riduzione da calcolare, nel caso in cui la dotazione del terreno sia abbondante, al fine di
diminuire la quota di asportazione della quantità eccedente la normalità.
La formula è uguale a quella utilizzata per il calcolo della quota di arricchimento, ma preceduta dal segno
negativo:
D2 = - (Pr * d.a * Q)
- Pr è la profondità di terreno maggiormente interessata dallo sviluppo radicale (vedi capitolo 5)
- d.a è la densità apparente del terreno (in mancanza di un dato misurato fare riferimento alla tabella 2).
- Q è la differenza, in valore assoluto, tra la dotazione del terreno ed il valore del limite superiore di
normalità.
DETERMINAZIONE DI E
Il fosforo derivante dalla mineralizzazione dei residui di fertilizzanti organici che sono stati distribuiti negli
anni precedenti varia in funzione delle quantità e del tipo di fertilizzante impiegato e nel caso di distribuzioni
regolari nel tempo anche della frequenza (uno, due o tre anni). Il coefficiente di recupero si applica alla
quantità totale di fosforo contenuto nel prodotto ammendante abitualmente apportato nel caso di apporti
regolari (tab. 4) o alla quantità effettivamente distribuita l’anno precedente per apporti saltuari (vedi
“disponibilità nel 2° anno ” di tab. 5).
Questo supplemento di fosforo si rende disponibile nell’arco di un intero anno e va opportunamente ridotto
in relazione al ciclo del singolo tipo di coltura.
16
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CONCIMAZIONE POTASSICA
Il calcolo delle unità di potassio complessive da distribuire alla coltura, espresso in K2O, viene determinato
sulla base di un bilancio che prevede i seguenti elementi:
Apporti:
- Apporti da fertilizzazioni organiche effettuate negli anni precedenti (E)
Perdite:
- Fabbisogni della coltura (A)
- Lisciviazione (H)
- Immobilizzazione (C)
Inoltre, in funzione della dotazione iniziale in potassio del terreno, si deve somministrare una quota
aggiuntiva o riduttiva di questo elemento nutritivo:
- Quota di arricchimento (D1) o riduzione (D2)
Pertanto, la dose finale di potassio da somministrare alla coltura risulta dalla seguente espressione:
in caso di arricchimento:
+ (C * D1)
Concimazione potassica = A + H-E
(con dotazione normale)
in caso di riduzione:
– D2
- DETERMINAZIONE DI A
Il fabbisogno colturale viene calcolato moltiplicando il valore degli assorbimenti/asportazioni per la
produzione attesa (vedi capitolo 5).
A = Assorbimenti colturali unitari x produzione attesa
- DETERMINAZIONE DI H
Per il potassio una perdita è costituita dalla quota che si allontana per fenomeni di lisciviazione. Questa quota
può essere stimata in funzione della facilità di drenaggio (Tab. 10) o in funzione del contenuto in argilla del
terreno (Tab. 11).
Tabella 10. Perdite annuali di potassio (kg ha-1) in funzione della facilità di drenaggio (questa può essere desunta da
documenti cartografici e di descrizione delle caratteristiche dei suoli ove disponibili o determinata con un esame
pedologico)
DRENAGGIO
normale, lento od
impedito
rapido
tendenzialmente
sabbioso
25
35
TERRENO
franco
15
tendenzialmente
argilloso
7
25
17
Tabella 11 Perdite annuali di potassio (kg ha-1) in funzione del contenuto in argilla
% Argilla
0-5
5-15
15-25
K2O (kg ha-1)
60
30
20
17
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
> 25
10
- DETERMINAZIONE DI C
Il parametro C tiene conto della quantità di potassio che, per specifici processi fisico-chimici in funzione del
contenuto in argilla, non è disponibile per la coltura. Il parametro C, applicato alla sola quota di
arricchimento (D1), necessaria quando la dotazione è più bassa del limite inferiore di dotazione (tab. 12), può
essere calcolato con la seguente formula:
C = 1 + (0,018 * Argilla[%])
- DETERMINAZIONE DI D
Al fine di calcolare la quota di arricchimento/riduzione, si fa riferimento al limite inferiore e superiore di una
dotazione potassica “normale” in funzione della tessitura del suolo, come riportato nella tabella che segue:
Tabella 12. Limiti inferiore e superiore della classe di dotazione “normale” in K2O (mg kg-1) in funzione di tessitura e
classe colturale.
Classe coltura
Tutte
tendenzialmente sabbioso
102 - 144
TERRENO
franco
120 - 180
tendenzialmente argilloso
144 - 216
Pertanto, se la dotazione è:
 più bassa del limite inferiore di dotazione, si calcola la quota di arricchimento (D1);
 più alta del limite superiore di dotazione, si calcola la quota di riduzione (D2).
Quota di arricchimento (D1)
La quota di arricchimento corrisponde alla quantità di elemento che è necessario apportare al terreno per
portarlo al limite inferiore della normalità.
La formula è la seguente:
D1 = (Pr * d.a * Q)
- Pr è la profondità di terreno maggiormente interessata dallo sviluppo radicale della coltura (vedi capitolo 5)
- d.a è la densità apparente del terreno (Tab. 2).
- Q è la differenza tra il valore del limite inferiore di normalità del terreno (Tab. 12) e la dotazione risultante
dalle analisi.
Quota di riduzione (D2)
Costituisce la riduzione da calcolare, nel caso in cui la dotazione del terreno sia abbondante, al fine di
diminuire la quota di asportazione della quantità eccedente la normalità.
La formula è uguale a quella utilizzata per il calcolo della quota di arricchimento, ma preceduta dal segno
negativo:
D2 = - (Pr * d.a * Q)
- Pr è la profondità di terreno maggiormente interessata dallo sviluppo radicale della coltura (vedi capitolo 5)
- d.a è la densità apparente del terreno (Tab. 2).
- Q è la differenza, in valore assoluto, tra la dotazione del terreno ed il valore del limite superiore di
normalità (Tab. 12).
DETERMINAZIONE DI E
Il potassio derivante dalla mineralizzazione dei residui di fertilizzanti organici che sono stati distribuiti negli
anni precedenti varia in funzione delle quantità e del tipo di fertilizzante impiegato e nel caso di distribuzioni
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
regolari nel tempo anche della frequenza (uno, due o tre anni). Il coefficiente di recupero si applica alla
quantità totale di potassio contenuto nel prodotto ammendante abitualmente apportato nel caso di apporti
regolari (tab. 4) o alla quantità effettivamente distribuita l’anno precedente per apporti saltuari (vedi
“disponibilità nel 2° anno ” di tab. 5).
Questo supplemento di potassio si rende disponibile nell’arco di un intero anno e va opportunamente ridotto
in relazione al ciclo del singolo tipo di coltura.
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B) CONCIMAZIONE DELLE COLTURE ARBOREE
1. Concimazione di allevamento
Le quantità di macroelementi da distribuire in fase di allevamento delle colture arboree costituiscono una
percentuale dei quantitativi calcolati secondo il metodo del bilancio utilizzato per le colture erbacee.
Azoto: indicativamente la percentuale dei quantitativi di previsti nella fase di piena produzione non deve
superare il 40% nel primo anno di allevamento ed il 50% negli anni successivi che precedono la fase di piena
produzione (variabile in funzione della specie).
Fosforo: indicativamente la percentuale dei quantitativi di previsti nella fase di piena produzione non deve
superare il 30% nel primo anno di allevamento, ed il 50% negli anni successivi che precedono la fase di
piena produzione (variabile in funzione della specie).
Potassio: indicativamente la percentuale dei quantitativi di previsti nella fase di piena produzione non deve
superare il 20% nel primo anno di allevamento, ed il 40% negli anni successivi che precedono la fase di
piena produzione (variabile in funzione della specie).
Per la determinazione delle asportazioni, per le specie arboree è sempre utilizzato il coefficiente di
assorbimento colturale unitario (vedi capitolo 5).
Si riportano inoltre nelle tabelle che seguono i limiti inferiori e superiori di dotazione “normale” di fosforo e
potassio del terreno, utili alla determinazione delle eventuali quote di arricchimento o riduzione di tali
elementi.
Tabella 13. Limiti inferiore e superiore della classe di dotazione “normale” in P2O5 (mg kg-1)
Classe coltura
TERRENO
tendenzialmente sabbioso
franco
tendenzialmente argilloso
Arboree
16-25
21-39
25-48
Tabella 14. Limiti inferiore e superiore della classe di dotazione “normale” in K2O (mg kg-1)
Classe coltura
TERRENO
tendenzialmente sabbioso
franco
tendenzialmente argilloso
Arboree
102-144
120-180
144-216
2) Concimazione di produzione
Le quantità di macroelementi da distribuire in fase di produzione delle colture arboree è calcolato secondo il
metodo del bilancio utilizzato per le colture erbacee utilizzando per le concimazioni fosfatiche e potassiche i
valori riportati nelle precedenti tabelle 13 e 14.
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C) EFFICIENZA DELL’AZOTO APPORTATO CON I FERTILIZZANTI
Calcolate le unità di azoto con il metodo del bilancio, per la determinazione della quantità effettiva di
fertilizzante azotato da somministrare alla coltura è necessario tener conto del suo titolo e del suo
coefficiente di efficienza.
Efficienza dei concimi di sintesi
Per i concimi minerali di sintesi si assume un valore di efficienza del 100%
Efficienza dei liquami zootecnici
Per i liquami zootecnici si deve considerare che, pur essendo caratterizzati da azione abbastanza “pronta”,
simile a quella dei concimi di sintesi, presentano rispetto a questi, per quanto riguarda l’azoto, una minore
efficienza.
Per determinare la quantità di azoto effettivamente disponibile per le colture, è necessario prendere in
considerazione un coefficiente di efficienza che varia in relazione all’epoca/modalità di distribuzione, alla
cultura, al tipo di effluente e alla tessitura del terreno.
Bisogna dapprima individuare il livello di efficienza (bassa, media e alta) in relazione alle modalità ed
epoche di distribuzione dei liquami (tabella 16).
Successivamente si sceglie, in funzione del tipo di liquame e della tessitura il valore del coefficiente da
utilizzare.
Poiché apporti consistenti in un’unica soluzione hanno per diversi motivi una minor efficacia rispetto alle
distribuzioni di minor entità e frazionate in più interventi, volendo essere maggiormente precisi, si tiene
conto come ulteriore fattore che incide sul coefficiente di efficienza anche della quantità di azoto distribuita
nella singola distribuzione (tabelle 16a, 16b, 16c).
Per l’utilizzo agronomico dei liquami zootecnici vige in Campania quanto previsto dalla disciplina tecnica
regionale (DGR 771/2012), emanata ai sensi del DM del 7 aprile 2006, e il relativo Allegato tecnico (DRD
n.160/2013) in cui sono definiti i divieti, le epoche, le dosi e i coefficienti di efficienza minimi per l’utilizzo
dei liquami.
Tabella 16 – Livello di efficienza della fertilizzazione azotata con liquami in funzione della coltura, epoca e
modalità di distribuzione 1
Gruppo colturale e ciclo
Modalità di distribuzione in relazione alla coltura e
all’epoca
Efficienza
Su terreno nudo o stoppie prima della preparazione del terreno e
bassa
semina nell'anno successivo
Primaverili – estive
(es. mais, sorgo, barbabietola)
Sui residui pagliosi prima della preparazione del terreno e
semina nell'anno successivo 2
media
Prima della preparazione del terreno e semina nel medesimo
anno
alta
In copertura con fertirrigazione
media
In copertura con fertirrigazione a bassa pressione
alta
In copertura con interramento
alta
In copertura in primavera senza interramento
media
In copertura in estate senza interramento
bassa
Su terreno nudo o stoppie prima della preparazione del terreno
2
bassa
Autunno – vernine
Sui residui pagliosi prima della preparazione del terreno
media
(es. grano, colza)
Presemina
bassa
In copertura nella fase di pieno accestimento (fine inverno)
media
21
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Gruppo colturale e ciclo
Modalità di distribuzione in relazione alla coltura e
all’epoca
Efficienza
In copertura nella fase di levata
alta
Presemina
alta
In copertura con interramento
alta
In copertura con fertirrigazione
media
In copertura senza interramento
bassa
Secondi raccolti
Su terreno nudo o stoppie prima della preparazione del terreno e
bassa
semina nell'anno successivo
Pluriennali erbacee (es. prati,
erba medica)
Sui residui pagliosi prima della preparazione del terreno e
impianto nell'anno successivo 2
media
Prima della preparazione del terreno e semina nel medesimo
anno
alta
Ripresa vegetativa e tagli primaverili
alta
Taglie estivi o autunnali precoci
media
Tardo autunno (> 15/10)
bassa
Pre-impianto
bassa
In copertura in primavera su frutteto inerbito o con interramento alta
Arboree
In copertura in estate su frutteto inerbito o con interramento
media
In copertura nel tardo autunno (>15/10)
bassa
In copertura su frutteto lavorato senza interramento
bassa
Fonte: Decreto ministeriale 7 Aprile 2006.
1) I livelli di efficienza riportati in tabella possono ritenersi validi anche per i materiali palabili ed ammendanti, ovviamente per quelle epoche e
modalità che ne permettano l'incorporamento al terreno.
2) Per ottenere un'efficienza media la quantità di N non deve essere superiore ai 15 kg per t di paglia.
Tabella. 16a: Coefficienti di efficienza dei liquami suinicoli(%)
Tessitura grossolana Tessitura media Tessitura fine
Efficienza(1)
Alta
73
65
57
Media
53
48
42
Bassa
33
31
28
Tab. 16b: Coefficienti di efficienza dei liquami bovini (%)
Tessitura grossolana Tessitura media Tessitura fine
Efficienza(1)
Alta
62
55
48
Media
45
41
36
Bassa
28
26
24
Tab. 16c: Coefficienti di efficienza dei liquami avicoli (%)
Tessitura grossolana Tessitura media Tessitura fine
Efficienza(1)
Alta
84
75
66
Media
61
55
48
Bassa
38
36
32
1)
La scelta del livello di efficienza (Alta, Media o Bassa) deve avvenire in relazione alle epoche/modalità di distribuzione (vedi
tabella 16).
Fonte Decreto Ministeriale 7 Aprile 2006
22
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Efficienza degli ammendanti organici
Ai fini dell’utilizzazione agronomica si considerano ammendanti quei fertilizzanti, come ad esempio il
letame bovino maturo, in grado di migliorare le caratteristiche del terreno e che diversamente da altri
effluenti zootecnici come i liquami e le polline rilasciano lentamente ed in misura parziale l’azoto in essi
contenuto. Come caratteristiche minime di riferimento si può assumere che detti materiali debbano avere un
contenuto di sostanza secca > al 20% ed un rapporto C/N maggiore di 11.
Per gli ammendanti organici ed i letami il coefficiente di efficienza è pari al 40%.
23
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
3. Coefficienti di assorbimento e asportazione delle colture per N, P2O5 e
K2O (espressi in kg/q ) *
Gruppo
colturale
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
arboree
Coltura
Actinidia solo frutti
Actinidia frutti, legno e foglie
Albicocco solo frutti
Albicocco frutti, legno e foglie
Arancio solo frutti
Arancio frutti, legno e foglie
Castagno solo frutti
Ciliegio solo frutti
Ciliegio frutti, legno e foglie
Clementine solo frutti
Clementine frutti, legno e foglie
Fico solo frutti
Fico frutti, legno e foglie
Kaki solo frutti
Kaki frutti, legno e foglie
Limone solo frutti
Limone frutti, legno e foglie
Mandarino solo frutti
Mandarino frutti, legno e foglie
Mandorlo solo frutti
Mandorlo frutti, legno e foglie
Melo solo frutti
Melo frutti, legno e foglie
Nespolo solo frutti
Nespolo frutti, legno e foglie
Nettarine solo frutti
Nettarine frutti, legno e foglie
Nocciolo solo frutti
Nocciolo frutti, legno e foglie
Noce da frutto solo frutti
Noce da frutto frutti, legno e foglie
Olivo solo olive
Olivo olive, legno e foglie
Pero solo frutti
Pero frutti, legno e foglie
Pesco solo frutti
Pesco frutti, legno e foglie
Pioppo
Pioppo da energia
Susino solo frutti
Susino frutti, legno e foglie
Uva da tavola solo grappoli
Uva da tavola grappoli, tralci e foglie
Vite per uva da vino (collina e montagna) solo grappoli
Vite per uva da vino (collina e montagna) grappoli, tralci e
foglie
N
0,15
0,59
0,09
0,55
0,13
0,28
0,84
0,13
0,67
0,15
0,28
0,10
1,14
0,07
0,58
0,12
0,25
0,10
0,28
2,97
0,45
0,06
0,29
0,06
0,80
0,14
0,64
2,82
3,10
1,48
3,20
1,00
2,48
0,06
0,33
0,13
0,58
0,55
0,60
0,09
0,49
0,05
0,51
0,27
P2O5
0,04
0,16
0,05
0,13
0,05
0,13
0,33
0,04
0,22
0,04
0,13
0,04
0,75
0,03
0,20
0,03
0,10
0,03
0,13
1,06
0,35
0,03
0,08
0,02
K2O
0,34
0,59
0,36
0,53
0,22
0,39
0,86
0,23
0,59
0,16
0,43
0,23
1,00
0,15
0,60
0,21
0,35
0,18
0,94
0,79
0,70
0,17
0,31
0,27
0,06
0,14
0,43
1,35
0,50
1,00
0,23
0,48
0,03
0,08
0,06
0,17
0,34
0,53
1,25
2,90
0,47
1,30
0,44
2,00
0,17
0,33
0,16
0,58
0,03
0,10
0,01
0,06
0,07
0,22
0,49
0,15
0,48
0,30
Tipo
coeff.
**
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
asp.
asp.
ass.
asp.
ass.
asp.
0,57
0,26
0,67
ass.
24
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
arboree
arboree
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
erbacee
Vite per uva da vino (pianura) solo grappoli
Vite per uva da vino (pianura) grappoli, legno e foglie
Avena
Avena pianta intera
Barbababietola da zucchero (pianta intera)
Barbabietola da zucchero (radici)
Canapa da fibra
Cavolo abissino
Cece
Colza
Colza pianta intera
Farro
Farro (pianta intera)
Favino
Girasole (acheni)
Girasole (pianta intera)
Grano duro (granella)
Grano duro (pianta intera)
Grano tenero (granella)
Grano tenero (pianta intera)
Grano tenero biscottiero (granella)
Grano tenero biscottiero pianta intera
Grano tenero FF/FPS (granella)
Grano tenero FF/FPS (pianta intera)
Lenticchia (granella)
Lino fibra
Lino granella
Lupino
Mais da granella (granella)
Mais da granella (pianta intera)
Mais dolce (spighe)
Mais dolce (pianta intera)
Mais trinciato
Orzo (granella)
Orzo (pianta intera)
Panico
Pisello proteico
Pisello proteico + paglia
Rafano (da sovescio)
Riso (granella)
Riso (granella+paglia)
Segale
Segale pianta intera
Soia (granella)
Soia (pianta intera)
Sorgo da foraggio
Sorgo da granella (solo granella)
Sorgo da granella (pianta intera)
Tabacco Bright
Tabacco Bright pianta intera
Tabacco Burley
Tabacco Burley pianta intera
Triticale
Triticale pianta intera
0,20
0,62
1,91
2,12
0,31
0,22
0,43
6,91
3,68
3,39
6,21
2,57
2,70
4,30
2,80
4,31
2,28
2,94
2,10
2,59
1,70
2,30
2,41
2,96
4,21
2,59
3,63
4,30
1,56
2,27
0,85
1,42
0,39
1,81
2,24
1,49
3,42
4,55
0,13
1,38
2,03
1,93
2,78
5,82
6,30
0,30
1,59
2,47
2,00
2,62
3,37
3,71
1,81
2,54
0,07
0,28
0,67
0,93
0,14
0,14
0,20
0,30
0,74
0,51
2,19
0,33
0,21
0,60
1,08
1,28
2,66
0,87
0,98
1,00
1,24
1,90
0,83
1,04
0,80
1,01
0,80
0,97
0,80
0,98
0,95
1,80
1,40
1,00
0,69
1,00
0,42
0,54
0,15
0,80
0,98
0,39
0,88
1,16
0,09
0,70
0,92
0,70
1,23
1,36
1,76
0,10
0,73
0,95
0,60
1,04
0,30
0,62
0,70
1,10
1,74
0,99
7,86
0,52
1,53
4,40
1,15
8,51
0,56
1,90
0,50
1,88
0,50
1,87
0,50
1,87
1,22
3,20
1,30
4,40
0,38
2,23
0,23
0,98
0,33
0,52
1,89
4,79
1,28
4,23
0,44
0,55
2,07
0,50
3,11
2,01
3,05
0,35
0,43
1,57
3,50
4,09
3,70
5,11
0,50
3,00
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ass.
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ass.
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ass.
asp.
ass.
25
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
foraggere
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
Erba mazzolina
Erba medica
Erbai aut. Prim. Estivi o Prato avv. Graminacee
Erbai aut. Prim. Misti o Prato avv. Polifita
Festuca arundinacea
Loglio da insilare
Loiessa
Prati di trifoglio
Prati pascoli in collina
Prati polifiti >50% leguminose
Prati polifiti artificiali_collina
Prati stabili in pianura
Aglio
Asparago verde (turioni)
Asparago verde (pianta intera)
Basilico
Bietola da coste
Bietola da foglie
Broccoletto di rapa (cime di rapa)
Broccolo
Cappuccio
Carciofo
Cardo
Carota
Cavolfiore
Cavolo Rapa
Cetriolo
Cicoria
Cipolla
Cocomero
Endivie (indivie riccia e scarola)
Fagiolino da industria
Fagiolino da mercato fresco
Fagiolo
Fagiolo secco
Fava
Finocchio
Fragola
Lattuga
Lattuga coltura protetta
Melanzana
Melone
Patata
Peperone
Peperone in pieno campo
Pisello da industria (grani)
Pisello mercato fresco
Pomodoro da industria
Pomodoro da mensa a pieno campo
Pomodoro da mensa in serra
Porro
Prezzemolo
Radicchio
Rapa
1,89
2,06
2,07
1,79
2,04
0,90
1,53
2,07
2,27
2,48
2,25
1,83
1,08
1,41
2,56
0,37
0,27
0,54
0,41
0,52
0,53
0,81
0,59
0,41
0,47
0,44
0,18
0,44
0,31
0,19
0,47
0,75
0,75
0,75
6,60
0,74
0,58
0,45
0,31
0,31
0,52
0,39
0,42
0,38
0,38
0,73
4,75
0,26
0,26
0,26
0,38
0,24
0,46
0,31
0,47
0,53
0,55
0,75
0,65
0,40
0,69
0,60
0,39
0,47
0,51
0,72
0,27
0,32
0,66
0,13
0,19
0,30
0,16
0,17
0,19
0,21
0,11
0,16
0,15
0,19
0,09
0,32
0,12
0,12
0,32
0,25
0,20
0,27
3,55
0,21
0,11
0,23
0,09
0,09
0,19
0,17
0,16
0,10
0,14
0,27
0,79
0,13
0,12
0,10
0,14
0,14
0,30
0,26
2,81
2,03
2,45
2,70
1,22
0,80
2,25
2,45
2,30
2,30
2,04
1,81
0,95
0,83
2,24
0,39
0,51
0,55
0,49
0,57
0,53
1,08
0,53
0,69
0,56
0,41
0,25
0,88
0,32
0,29
0,85
0,75
0,68
0,75
5,95
0,42
0,81
0,71
0,50
0,50
0,62
0,57
0,70
0,46
0,50
0,44
2,25
0,37
0,41
0,40
0,36
0,45
0,45
1,20
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
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26
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
orticole
baby leaf
baby leaf
baby leaf
baby leaf
baby leaf
baby leaf
frutti
minori
frutti
minori
frutti
minori
frutti
minori
frutti
minori
frutti
minori
frutti
minori
frutti
minori
frutti
minori
Ravanello
Scalogno
Sedano
Spinacio da industria
Spinacio da mercato fresco
Verza
Verza da industria
Zucca
Zucchino da industria
Zucchino da mercato fresco
Lattuga
Rucola 1° taglio
Rucola 2° taglio
Spinacio
Valerianella
baby leaf generica
0,46
0,27
0,54
0,61
0,59
0,55
0,41
0,39
0,49
0,44
0,27
0,43
0,54
0,34
0,49
0,39
0,19
0,13
0,20
0,18
0,17
0,20
0,21
0,10
0,17
0,16
0,08
0,13
0,15
0,13
0,15
0,12
0,36
0,27
0,75
0,70
0,69
0,57
0,55
0,70
0,85
0,78
0,47
0,45
0,60
0,71
0,58
0,57
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
asp.
Lampone
0,16
0,12
0,26
asp.
Lampone biomassa epigea
0,30
0,30
0,70
ass.
Mirtillo
0,14
0,07
0,19
asp.
Mirtillo biomassa epigea
0,30
0,20
0,50
ass.
Ribes
0,14
0,10
0,44
asp.
Ribes biomassa epigea
0,40
0,40
1,00
ass.
uva spina biomassa epigea
0,30
0,30
0,60
ass.
Rovo inerme
0,21
0,11
0,31
asp.
Rovo inerme biomassa epigea
0,40
0,40
0,70
ass.
*) I coefficienti di asportazione sono quelli che considerano le quantità di elemento che escono dal campo
con la raccolta della parte utile della pianta; mentre sono considerati di assorbimento quando comprendono
anche le quantità di elemento che si localizzano nelle parti della pianta non raccolte e che rimangono in
campo.
**) la classificazione proposta è puramente indicativa ma può variare perché dipende da quali sono le parti di
pianta effettivamente raccolte e allontanate dal campo.
27
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
4 Rese di riferimento
Le rese di riferimento di ciascuna coltura sono distinte in tre colonne a ciascuna delle quali sono correlati i
comuni della Campania come riportati nel successivo capitolo 6
Coltura
Piante arboree
Actinidia
Albicocco
Arancio
castagno da frutto
clementine
ciliegio
fico
kaki
limone
mandarino
melo
nettarine
nocciolo
noce
olivo
pero
pesco
susino
vite (uva da tavola)
Vite (uva da vino)
vigneti DOC
Taurasi
Greco di Tufo
Fiano di Avellino
Solopaca
Taburno e/o Aglianico del
Taburno
Guardiolo (bianchi)
Guardiolo (rossi)
S. Agata dei Goti
Falerno
Asprinio di Aversa
Ischia (bianchi)
Ischia (rossi)
Vesuvio o Lacryma Christi del
Vesuvio
Capri
Campi Flegrei (bianchi)
Campi Flegrei (rossi)
Penisola Sorrentina (bianchi)
Penisola Sorrentina (rossi)
Cilento
Castel S. Lorenzo (bianchi)
Castel S. Lorenzo (rossi)
Costa d'Amalfi (bianchi)
Costa d'Amalfi (rossi)
Sannio (bianchi)
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 1
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 2
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 3
profondità
radicale
(m)
20,0
25,0
30,0
3,5
25,0
15,0
8,0
35,0
30,0
25,0
30,0
22,0
3,5
4,0
4,0
28,0
27,0
20,0
13,0
15,0
10,0
10,0
10,0
15,0
10,0
15,0
24,0
24,0
3,5
20,0
11,0
5,0
28,0
24,0
20,0
24,0
20,0
3,5
3,0
3,0
21,0
25,0
17,0
13,0
11,0
10,0
10,0
10,0
15,0
10,0
18,0
17,0
0,0
3,5
0,0
14,0
5,0
0,0
0,0
0,0
24,0
20,0
3,5
4,0
3,0
21,0
25,0
17,0
15,0
10,0
10,0
10,0
10,0
15,0
10,0
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,3
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,3
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
12,0
12,0
10,0
10,0
12,0
10,0
9,0
10,0
12,0
12,0
10,0
10,0
12,0
10,0
9,0
10,0
12,0
12,0
10,0
10,0
12,0
10,0
9,0
10,0
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
12,0
12,0
10,0
12,0
11,0
10,0
12,0
12,0
12,0
11,0
15,5
12,0
12,0
10,0
12,0
11,0
10,0
12,0
12,0
12,0
11,0
15,5
12,0
12,0
10,0
12,0
11,0
10,0
12,0
12,0
12,0
11,0
15,5
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
0,4
28
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Sannio (rossi)
Galluccio (bianchi)
Galluccio (rossi)
Irpinia (senza indicazione
vitigno)
Irpinia (con indicazione vitigno)
(bianchi)
Irpinia (con indicazione vitigno)
(rossi)
Piante erbacee da pieno
campo
avena
barbabietola
carciofo
cece
colza
erbai misti
erbai di graminacee
erba medica
fagiolo da granella fresco
favino
frumento duro
frumento tenero
mais granella
mais trinciato
orzo
patata
pisello consumo fresco
pomodoro da industria
pomodoro da mensa
prato avvicendato di graminacee
prato polifita (leguminose> 50%)
prato-pascolo
soia
sorgo granella
tabacco bright
tabacco burley
Orticole
aglio
anguria
asparago
bietola
carota
cavolfiore
cavolo broccolo
cavolo cappuccio
cavolo verza
cetriolo
cipolla
fagiolino
fava
finocchio
fragola
indivia
13,5
12,0
11,0
14,0
13,5
12,0
11,0
14,0
13,5
12,0
11,0
14,0
0,4
0,4
0,4
0,4
12,0
12,0
12,0
0,4
11,0
11,0
11,0
0,4
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 1
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 2
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 3
profondità
radicale
(m)
4,0
45,0
21,0
3,0
3,5
10,0
10,0
22,0
10,0
3,0
4,0
5,0
9,0
65,0
4,0
42,0
5,0
70,0
80,0
8,0
6,0
0,0
3,5
4,0
4,0
6,0
3,5
0,0
14,0
2,0
2,5
8,0
8,0
13,0
7,0
3,0
4,0
5,0
6,0
50,0
3,0
33,0
4,0
59,0
0,0
6,0
5,0
4,0
0,0
3,0
4,0
4,0
3,0
0,0
19,0
2,0
2,0
8,0
8,0
17,0
7,0
2,0
4,0
5,0
6,0
50,0
2,5
31,0
4,0
59,0
0,0
6,0
5,0
4,0
0,0
3,0
4,0
4,0
0,3
0,4
0,4
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,4
0,4
0,4
0,3
0,3
0,3
0,3
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 1
10,0
60,0
8,0
30,0
25,0
34,0
30,0
29,0
25,0
40,0
40,0
9,0
13,0
30,0
37,0
25,0
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 2
6,0
0,0
0,0
0,0
0,0
19,0
0,0
26,0
0,0
38,0
40,0
0,0
10,0
0,0
37,0
0,0
rese di riferimento
(t/ha)
colonna 3
6,0
0,0
0,0
0,0
0,0
26,0
0,0
24,0
0,0
0,0
40,0
0,0
10,0
0,0
0,0
0,0
profondità
radicale
(m)
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
29
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
lattuga
melanzana
melone
spinacio da mercato fresco
peperone
zucca
zucchino da mercato fresco
IV Gamma
rucola
valerianella
lattughino
spinacino
baby leaf generica
Colture in ambiente protetto
asparago
anguria
cetriolo
cavolo rapa
fagiolo
fragola
lattuga
melanzana (ciclo 6 mesi)
melanzana (ciclo 10 mesi)
melone
peperone (ciclo 7 mesi)
peperone (ciclo 9 mesi)
pomodoro ciliegino
pomodoro grappolo
pomodoro tondo
pomodoro lungo
zucchino
27,0
40,0
50,0
15,0
30,0
70,0
25,0
23,0
33,0
42,0
0,0
25,0
30,0
24,0
23,0
33,0
42,0
0,0
25,0
30,0
24,0
0,3
0,4
0,4
0,3
0,3
0,3
0,3
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Profondità
radicale (m)
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
resa (t/ha)
6,0 (per taglio)
8,0 (per taglio)
10,0 (per taglio)
10,0 (per taglio)
10,0 (per taglio)
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Resa (t/ha)
10,0
100,0
120,0
40,0
10,0
43,0
40,0
100,0
140,0
40,0
100,0
140,0
80,0
100,0
140,0
130,0
80,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Profondità
radicale
(m)
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
30
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
5. Elenco dei comuni della Campania e rese di riferimento
Nella tabella che segue si riportano le colonne, indicate nel precedente capitolo 4, a cui fare riferimento per
le rese delle colture relative a ciascun comune della Campania.
Comune
Acerno
Acerra
Afragola
Agerola
Agropoli
Aiello del Sabato
Ailano
Airola
Albanella
Alfano
Alife
Altavilla Irpina
Altavilla Silentina
Alvignano
Amalfi
Amorosi
Anacapri
Andretta
Angri
Apice
Apollosa
Aquara
Aquilonia
Ariano Irpino
Arienzo
Arpaia
Arpaise
Arzano
Ascea
Atena Lucana
Atrani
Atripalda
Auletta
Avella
Avellino
Aversa
Bacoli
Bagnoli Irpino
Baia e Latina
Baiano
Barano d’Ischia
Baronissi
Provincia
SA
NA
NA
NA
SA
AV
CE
BN
SA
SA
CE
AV
SA
CE
SA
BN
NA
AV
SA
BN
BN
SA
AV
AV
CE
BN
BN
NA
SA
SA
SA
AV
SA
AV
AV
CE
NA
AV
CE
AV
NA
SA
Colonna
relativa alla
resa di
riferimento)
2
1
1
1
1
3
2
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Baselice
Battipaglia
Bellizzi
Bellona
Bellosguardo
Benevento
Bisaccia
Bonea
Bonito
Boscoreale
Boscotrecase
Bracigliano
Brusciano
Bucciano
Buccino
Buonabitacolo
Buonalbergo
Caggiano
Caianello
Caiazzo
Cairano
Caivano
Calabritto
Calitri
Calvanico
Calvi Risorta
Calvi
Calvizzano
Camerota
Camigliano
Campagna
Campolattaro
Campoli del Monte Taburno
Campora
Camposano
Cancello ed Arnone
Candida
Cannalonga
Capaccio
Capodrise
Caposele
Capri
Capriati al Volturno
Capriglia Irpina
Capua
Carbonara di Nola
Cardito
Carife
Carinaro
Carinola
Casagiove
Casal di Principe
Casal Velino
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Casalbore
Casalbuono
Casalduni
Casaletto Spartano
Casalnuovo di Napoli
Casaluce
Casamarciano
Casamicciola Terme
Casandrino
Casapesenna
Casapulla
Casavatore
Caselle in Pittari
Caserta
Casola di Napoli
Casoria
Cassano Irpino
Castel Baronia
Castel Campagnano
Castel di Sasso
Castel Morrone
Castel S. Giorgio
Castel San Lorenzo
Castel Volturno
Castelcivita
Castelfranci
Castelfranco in Miscano
Castellabate
Castellammare di Stabia
Castello del Matese
Castello di Cisterna
Castelnuovo Cilento
Castelnuovo di Conza
Castelpagano
Castelpoto
Castelvenere
Castelvetere in Val Fortore
Castelvetere sul Calore
Castiglione dei Genovesi
Cautano
Cava de’ Tirreni
Celle di Bulgheria
Cellole
Centola
Ceppaloni
Ceraso
Cercola
Cerreto Sannita
Cervinara
Cervino
Cesa
Cesinali
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Chianche
Chiusano San Domenico
Cicciano
Cicerale
Cimitile
Ciorlano
Circello
Colle Sannita
Colliano
Comiziano
Conca dei Marini
Conca della Campania
Contrada
Controne
Contursi Terme
Conza della Campania
Corbara
Corleto Monforte
Crispano
Cuccaro Vetere
Curti
Cusano Mutri
Domicella
Dragoni
Dugenta
Durazzano
Eboli
Ercolano
Faicchio
Falciano del Massico
Felitto
Fisciano
Flumeri
Foglianise
Foiano di Val Fortore
Fontanarosa
Fontegreca
Forchia
Forino
Forio
Formicola
Fragneto l’Abate
Fragneto Monforte
Francolise
Frasso Telesino
Frattamaggiore
Frattaminore
Frigento
Frignano
Furore
Futani
Gallo Matese
Galluccio
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Gesualdo
Giano Vetusto
Giffoni Sei Casali
Giffoni Valle Piana
Ginestra degli Schiavoni
Gioi
Gioia Sannitica
Giugliano in Campania
Giungano
Gragnano
Grazzanise
Greci
Gricignano di Aversa
Grottaminarda
Grottolella
Grumo Nevano
Guardia Lombardi
Guardia Sanframondi
Ischia
Ispani
Lacco Ameno
Lacedonia
Lapio
Laureana Cilento
Laurino
Laurito
Lauro
Laviano
Letino
Lettere
Liberi
Limatola
Lioni
Liveri
Luogosano
Lusciano
Lustra
Macerata Campania
Maddaloni
Magliano Vetere
Maiori
Manocalzati
Marano di Napoli
Marcianise
Mariglianella
Marigliano
Marzano Appio
Marzano di Nola
Massa di Somma
Massa Lubrense
Melito di Napoli
Melito Irpino
Melizzano
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Mercato San Severino
Mercogliano
Meta
Mignano Monte Lungo
Minori
Mirabella Eclano
Moiano
Moio della Civitella
Molinara
Mondragone
Montaguto
Montano Antilia
Monte di Procida
Monte San Giacomo
Montecalvo Irpino
Montecorice
Montecorvino Pugliano
Montecorvino Rovella
Montefalcione
Montefalcone di Val Fortore
Monteforte Cilento
Monteforte Irpino
Montefredane
Montefusco
Montella
Montemarano
Montemiletto
Montesano sulla Marcellana
Montesarchio
Monteverde
Montoro
Morcone
Morigerati
Morra de Sanctis
Moschiano
Mugnano del Cardinale
Mugnano di Napoli
Napoli
Nocera Inferiore
Nocera Superiore
Nola
Novi Velia
Nusco
Ogliastro Cilento
Olevano sul Tusciano
Oliveto Citra
Omignano
Orria
Orta di Atella
Ospedaletto d’Alpinolo
Ottati
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Paduli
Pagani
Pago del Vallo di Lauro
Pago Veiano
Palma Campania
Palomonte
Pannarano
Paolisi
Parete
Parolise
Pastorano
Paternopoli
Paupisi
Pellezzano
Perdifumo
Perito
Pertosa
Pesco Sannita
Petina
Petruro Irpino
Piaggine
Piana di Monte Verna
Piano di Sorrento
Piedimonte Matese
Pietradefusi
Pietramelara
Pietraroja
Pietrastornina
Pietravairano
Pietrelcina
Pignataro Maggiore
Pimonte
Pisciotta
Poggiomarino
Polla
Pollena Trocchia
Pollica
Pomigliano d’Arco
Pompei
Ponte
Pontecagnano Faiano
Pontelandolfo
Pontelatone
Portici
Portico di Caserta
Positano
Postiglione
Pozzuoli
Praiano
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Presenzano
Prignano Cilento
Procida
Puglianello
Quadrelle
Qualiano
Quarto
Quindici
Ravello
Raviscanina
Recale
Reino
Riardo
Ricigliano
Rocca d’Evandro
Rocca San Felice
Roccabascerana
Roccadaspide
Roccagloriosa
Roccamonfina
Roccapiemonte
Roccarainola
Roccaromana
Rocchetta e Croce
Rofrano
Romagnano al Monte
Roscigno
Rotondi
Rutino
Ruviano
S. Giorgio a Cremano
Sacco
Sala Consilina
Salento
Salerno
Salvitelle
Salza Irpina
San Bartolomeo in Galdo
San Cipriano d’Aversa
San Cipriano Picentino
San Felice a Cancello
San Gennaro Vesuviano
San Giorgio del Sannio
San Giorgio la Molara
San Giovanni a Piro
San Giuseppe Vesuviano
San Gregorio Magno
San Gregorio Matese
San Leucio del Sannio
San Lorenzello
San Lorenzo Maggiore
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
San Mango sul Calore
San Marcellino
San Marco dei Cavoti
San Marco Evangelista
San Martino Sannita
San Martino Valle Caudina
San Marzano sul Sarno
San Mauro Cilento
San Mauro la Bruca
San Michele di Serino
San Nazzaro
San Nicola Baronia
San Nicola la Strada
San Nicola Manfredi
San Paolo Bel Sito
San Pietro al Tanagro
San Pietro Infine
San Potito Sannitico
San Potito Ultra
San Prisco
San Rufo
San Salvatore Telesino
San Sebastiano al Vesuvio
San Sossio Baronia
San Tammaro
San Valentino Torio
San Vitaliano
Sant’Agata dei Goti
Sant’Agnello
Sant’Anastasia
Sant’Andrea di Conza
Sant’Angelo a Cupolo
Sant’Angelo a Fasanella
Sant’Angelo a Scala
Sant’Angelo all’Esca
Sant’Angelo d’Alife
Sant’Angelo dei Lombardi
Sant’Antimo
Sant’Antonio Abate
Sant’Arcangelo Trimonte
Sant’Arpino
Sant’Arsenio
Sant’Egidio del Monte Albino
Santa Croce del Sannio
Santa Lucia di Serino
Santa Maria a Vico
Santa Maria Capua Vetere
Santa Maria la Carità
Santa Maria la Fossa
Santa Marina
Santa Paolina
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Sanza
Sapri
Sarno
Sassano
Sassinoro
Saviano
Savignano Irpino
Scafati
Scala
Scampitella
Scisciano
Senerchia
Serino
Serramezzana
Serrara Fontana
Serre
Sessa Aurunca
Sessa Cilento
Siano
Sicignano degli Alburni
Sirignano
Solofra
Solopaca
Somma Vesuviana
Sorbo Serpico
Sorrento
Sparanise
Sperone
Stella Cilento
Stio
Striano
Sturno
Succivo
Summonte
Taurano
Taurasi
Teano
Teggiano
Telese Terme
Teora
Terzigno
Teverola
Tocco Caudio
Tora e Piccilli
Torchiara
Torella dei Lombardi
Torraca
Torre Annunziata
Torre del Greco
Torre le Nocelle
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Tortorella
Tramonti
Trecase
Trentinara
Trentola Ducenta
Trevico
Tufino
Tufo
Vairano Patenora
Vallata
Valle Agricola
Valle dell’Angelo
Valle di Maddaloni
Vallesaccarda
Vallo della Lucania
Valva
Venticano
Vibonati
Vico Equense
Vietri sul Mare
Villa di Briano
Villa Literno
Villamaina
Villanova del Battista
Villaricca
Visciano
Vitulano
Vitulazio
Volla
Volturara Irpina
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
6. Dosi massime di azoto per coltura nelle zone vulnerabili ai nitrati di origine
agricola
Si riportano di seguito le dosi massime di azoto per coltura nelle zone vulnerabili ai nitrati di origine
agricola in base alla ripartizione comunale (DGR n. 209/2007 ad oggetto: Approvazione del programma
d'azione della Campania per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola. Linee di indirizzo ai sensi del
D.M. 7 aprile 2006. Rimodulazione Delibera di Giunta Regionale N. 182/2004 – Allegato.
ZVNOA ricadenti nei seguenti comuni:
Provincia di Caserta: Arienzo; Aversa (T); Caianello; Cancello ed Arnone; Capodrise; Capua; Carinaro; Casal di Principe;
Casaluce (T); Casapesenna (T); Caserta; Castel Volturno; Cellole; Cesa (T); Frignano (T); Grazzanise; Gricignano di Aversa (T);
Lusciano (T); Macerata Campania; Maddaloni; Marcianise; Mondragone; Orta di Atella; Parete; Portico di Caserta; Recale; San
Cipriano d'Aversa (T); San Felice a Cancello; San Marcellino (T); San Marco Evangelista (T); San Nicola La Strada; San Tammaro;
Santa Maria Capua Vetere; Santa Maria La Fossa; Sant'Arpino (T); Sessa Aurunca; Succivo; Teano; Teverola (T); Trentola-Dugenta;
Vairano Patenora; Villa di Briano; Villa Literno (T); Vitulazio;
Provincia di Napoli: Acerra (T); Afragola (T); Arzano (T); Bacoli; Boscoreale (T); Boscotrecase; Brusciano (T); Caivano;
Calvizzano; Camposano (T); Cardito (T); Casalnuovo di Napoli (T); Casandrino (T); Casavatore (T);Casola di Napoli; Casoria;
Castellammare di Stabia; Castello di Cisterna (T); Cercola (T); Cicciano; Cimitile (T); Comiziano (T); Crispano (T); Ercolano (T);
Frattamaggiore (T); Frattaminore (T); Giugliano in Campania; Gragnano; Grumo Nevano (T); Lettere; Marano di Napoli; Mariglianella
(T); Marigliano (T); Melito di Napoli; Mugnano di Napoli; Napoli; Nola; Ottaviano; Poggiomarino (T); Pollena Trocchia; Pomigliano
d'Arco (T); Pompei (T); Portici (T); Pozzuoli; Qualiano; Quarto; San Gennaro Vesuviano (T); San Giorgio a Cremano (T); San
Giuseppe Vesuviano; San Sebastiano al Vesuvio; San Sebastiano al Vesuvio; San Vitaliano (T); Santa Maria La Carità (T);
Sant'Anastasia; Sant'Antimo (T); Sant'Antonio Abate; Saviano (T); Scisciano (T); Somma Vesuviana (T); Striano (T); Terzigno; Torre
Annunziata (T); Torre del Greco; Trecase; Villaricca; Volla (T);
Provincia di Salerno: Agropoli; Angri; Baronissi; Battipaglia; Bellizzi; Capaccio; Castel San Giorgio; Cava de' Tirreni;
Corbara; Eboli; Mercato San Severino; Montecorvino Pugliano; Nocera Inferiore; Nocera Superiore; Pagani; Pontecagnano Faiano;
Roccapiemonte; Salerno; San Marzano sul Sarno (T); San Valentino Torio (T); Sant'Egidio del Monte Albino; Sarno; Scafati (T);
Siano;
(T) comuni la cui superficie territoriale è designata come totalmente vulnerabile
COLTURA
actinidia
aglio e scalogno
albicocco
arancio
asparago
avena
barbabietola da zucchero
broccoletto di rapa
carciofo
carota e pastinaca
cavolfiore
cavolo broccolo
cavolo cappuccio
cavolo di bruxelles
cavolo verza
cetriolo
ciliegio
cipolla
clementine/mandarino
cocomero
dosi massime di azoto
ammesse (kg/ha anno)
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
erba medica (fieno) irriguo
fagiolino
fagiolo (da sgusciare)
fava (da sgusciare)
fico
finocchio
fragola
frumento duro
frumento tenero
indivia
kaki
lattuga
limone
mais da granella
mais insilato
mandarino
mandorlo
melanzana
melo
melone
nettarine
nocciolo
noce
olivo
orzo
patata
peperone
pero
pesco
pisello
pomodoro
pomodoro da industria
ravanello
sedano
spinacio
susino
tabacco
vite
zucca
zucchino
68,8
68,8
88,7
117,9
83,8
242,3
218,8
102,6
104,0
118,8
179,8
109,3
61,3
203,8
153,8
63,8
11,8
272,8
77,8
205,8
178,8
117,8
68,8
83,8
77,8
196,3
164,0
72,2
168,8
73,1
161,8
209,8
193,8
233,8
174,7
122,6
148,1
97,3
383,8
143,8
ZVNOA ricadenti nei seguenti comuni:
Provincia di Avellino: Frigento; Montemarano; Castelvetere sul Calore; Bagnoli Irpino; Flumeri; Sturno; Montella; Volturara
Irpina;
Provincia di Benevento: Apice; Faicchio; Fragneto Monforte; Paduli; Pesco Sannita
Provincia di Caserta: Gioia Sannitica; Piedimonte Matese; Riardo; Rocchetta e Croce; San Potito Sannitico;
43
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
Provincia di Salerno: Albanella; Altavilla Silentina; Ascea; Atena Lucana; Buonabitacolo; Campagna; Casal Velino;
Casalbuono; Castelcivita; Castelnuovo; Cilento; Ceraso; Cicerale; Controne; Contursi Terme; Gioi; Giungano; Lustra; Monte San
Giacomo; Montesano sulla Marcellana; Ogliastro Cilento; Omignano; Orria; Padula; Perito; Polla; Postiglione; Roccadaspide;
Rutino; Sala Consilina; Salento; San Pietro al Tanagro; San Rufo; Sant'Arsenio; Sanza; Sassano; Serre; Sessa Cilento; Teggiano;
COLTURA
actinidia
aglio e scalogno
agrumi
albicocco
avena
broccoletto di rapa
carciofo
cavolfiore
cavolo cappuccio
cece (granella)
ciliegio
cipolla
erbai monofiti (fieno)
erbai polititi
erba medica (fieno) irriguo
erba medica (fieno) non irriguo
fagiolo (da sgusciare)
fava (da sgusciare)
favino
fico
fragola
frumento duro
frumento tenero
girasole
lattuga
mais da granella
mais insilato
mandorlo
melanzana
melo
melone
nettarine
nocciolo
noce
olivo
orzo
patata
peperone
pero
pesco
pisello
pomodoro
pomodoro da industria
prati polifiti (fieno)
soia
sorgo
susino
dosi massime di azoto
ammesse (kg/ha anno)
136,8
97,3
51,7
79,3
51,3
59,3
163,3
107,3
155,3
87,3
74,4
107,3
185,3
207,3
32,3
11,3
60,3
82,2
9,2
47,3
212,3
96,1
97,5
137,3
85,3
218,3
107,3
5,3
222,9
48,9
162,2
172,3
111,3
54,8
57,3
71,3
189,8
135,3
48,9
162,3
48,3
131,3
143,3
166,0
137,3
90,9
99,3
44
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
tabacco
vite
zucca
zucchino
107,3
90,8
187,3
127,3
ZVNOA ricadenti nei seguenti comuni:
Provincia di Avellino: Avella; Avellino; Baiano; Cesinali; Contrada; Domicella; Forino; Grottaminarda; Marzano di Nola;
Mercogliano; Monteforte Irpino; Montoro Inferiore; Montoro Superiore; Mugnano del Cardinale; Pago del Vallo di Lauro; Quadrelle;
San Michele di Serino; Santa Lucia di Serino; Santo Stefano del Sole; Serino; Sirignano; Solofra; Sperone;
Provincia di Benevento: Solopaca; Amorosi; Benevento; Calvi; Castelvenere; Forchia; Pago Veiano; Pietrelcina;
Puglianello; San Giorgio del Sannio; San Leucio del Sannio; San Nicola Manfredi; San Salvatore Telesino; Sant'Angelo a Cupolo;
Telese;
Provincia di Napoli: Carbonara di Nola; Casamarciano; Liveri; Palma Campania; Roccarainola; San Paolo Bel Sito; Tufino;
Provincia di Salerno: Bracigliano; Calvanico; Fisciano; Giffoni Sei Casali; Giffoni Valle Piana; Montecorvino Rovella; San
Cipriano Picentino; San Mango Piemonte.
COLTURA dosi massime di azoto ammesse (kg/ha anno)
COLTURA
dosi massime di azoto
ammesse (kg/ha anno)
160,0
101,0
83,0
55,0
63,0
167,0
111,0
159,0
91,0
91,5
111,0
114,4
45,0
actinidia
aglio e scalogno
albicocco
avena
broccoletto di rapa
carciofo
cavolfiore
cavolo cappuccio
cece (granella)
ciliegio
cipolla
colza
erba medica (fieno) irriguo
erba medica (fieno)
irriguo
erbai monofiti (fieno)
erbai polititi
fagiolo (da sgusciare)
fava (da sgusciare)
fico
frumento duro
frumento tenero
lattuga
mais da granella
mais insilato
mandorlo
melanzana
melo
melone
non
24,0
145,0
266,0
64,0
85,9
51,0
99,8
101,3
89,0
201,0
111,0
9,0
226,6
52,6
165,9
45
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Guida alla concimazione” (allegato alle Norme tecniche generali Agg. 2016)
nettarine
nocciolo
noce
olivo
orzo
patata
peperone
pero
pesco
pisello
pomodoro
pomodoro da industria
prati polifiti (fieno)
sorgo
susino
tabacco
vite
zucca
zucchino
176,0
115,0
66,0
61,0
75,0
193,5
139,0
52,6
166,0
52,0
135,0
147,0
169,8
94,6
103,0
128,2
115,2
191,0
131,0
46
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
Allegato 2
DISCIPLINARI DI PRODUZIONE INTEGRATA
-SEZIONE TECNICHE AGRONOMICHE-
1
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
FLORICOLE E ORNAMENTALI
Il presente disciplinare è costituito dalle norme tecniche generali comuni a tutte le colture floricole ed
ornamentali, e dalle schede tecniche specifiche per ciascuna coltura.
NORME TECNICHE GENERALI
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell’area è di fondamentale importanza in riferimento alle
esigenze della specie, sia in pien'aria che in ambiente protetto, al fine di ridurre al minimo gli interventi
correttivi durante la coltivazione. Per valutare la possibilità di introdurre la coltura è necessario:
- verificare che l’area interessata all’impianto presenti caratteristiche idonee per il raggiungimento di
adeguati standard produttivi;
- raccogliere alcune informazioni di base sull’ambiente pedologico per verificare la compatibilità dello stesso
con le esigenze della specie. Informazioni di larga massima possono essere desunte dalla cartografia dei
suoli.
La scelta sarà particolarmente accurata in caso di nuova introduzione della coltura e/o varietà nell’ambiente
di coltivazione.
In presenza di impianti serricoli è auspicabile il ricorso a piantumazioni di barriere vegetali (siepi e filari)
lungo le aree perimetrali di confine dell'azienda, compatibilmente con le esigenze di coltivazione, al fine di
mitigare l'impatto degli impianti stessi e delle attività nei confronti dei contesti urbani e rurali circostanti.
Non si ritiene opportuno porre dei limiti alla diffusione delle diverse colture in quanto la variabilità del
materiale genetico a disposizione del produttore è quasi sempre tale da consentire un’ampia adattabilità alle
diverse condizioni ambientali.
COLTURA PROTETTA
Nel caso di colture protette, le aziende che aderiscono al presente disciplinare devono essere in regola con la
normativa regionale vigente in materia di realizzazione degli impianti serricoli. In particolare:
- L.R. 24 marzo 1995, n. 8 (Norme per la realizzazione di impianti serricoli funzionali allo sviluppo delle
attività agricole);
- L.R. 21 marzo 1996, n. 7 (Modifiche ed integrazioni della legge regionale 24 marzo 1995 n. 8,
concernente“ norme per la realizzazione di impianti serricoli funzionali allo sviluppo delle attività
agricole”);
- L.R. 22 novembre 2010, n. 13 (Regolarizzazione degli impianti serricoli);
- L.R. 18 dicembre 2012, n. 33 (Modifiche alla legge regionale 24 marzo 1995, n. 8 concernente “norme per
la realizzazione di impianti serricoli funzionali allo sviluppo delle attività agricole”);
-L.R. 6 maggio 2013, n. 5 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 –
2015 della Regione Campania “legge finanziaria regionale per l’anno 2013”).
- Regolamento 6 dicembre 2013, n. 8 (BURC n. 70 del 9 Dicembre 2013)
Si raccomanda di costruire serre e impianti il più possibile rispettosi dell’ambiente e nell’ottica del risparmio
energetico, e di prevedere la regolare manutenzione di tutti gli impianti. E' ammessa l'utilizzazione di serre
con strutture e rapporti volumetrici di vario tipo, nel rispetto delle normative vigenti.
Tutti gli apprestamenti protetti e i relativi impianti interni (elettrico, riscaldamento, irrigazione etc.) devono
rispettare norme e vincoli nazionali e locali
Materiali di copertura degli impianti serricoli
E’ consigliabile che la serra abbia un’altezza alla gronda non inferiore ai 2,5 metri.
La scelta del materiale di copertura è influenzata, naturalmente, dal tipo di struttura portante e dai sistemi di
collegamento tra la struttura e la copertura (portavetri, profili ad omega, tendifilm). I materiali di copertura
utilizzabili sono:
2
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
Vetro: è lo storico materiale di copertura delle serre. Se ne distinguono due tipi fondamentali: lucido e
giardiniera, (per entrambe le tipologie di vetro è previsto l’utilizzo di lastre temperate, secondo quanto
previsto dalle vigenti normative in materia di sicurezza). Il vetro giardiniera dà luogo ad un’illuminazione
diffusa ed è utilizzato preferibilmente nelle regioni meridionali a più alto irraggiamento.
Lastre in plastica rigida: in questo gruppo sono comprese le lastre, piane o ondulate, realizzate in PVC,
PMM, in poliestere stratificato e policarbonato alveolare. I migliori risultati si ottengono con il
polimetacrilato di metile (PMM) e con il cloruro di polivinile biorientato (PVC), che hanno trasmissioni
luminose simili a quelle del vetro ed una stabilità ottica piuttosto elevata. Con le lastre semplici la
formazione di condensa è maggiore rispetto a quella sotto vetro per cui le falde devono avere una sufficiente
pendenza.
Film plastici trasparenti: i film plastici più utilizzati, anche in funzione del loro basso costo, sono quelli in
polietilene (PE). Essi hanno tuttavia una durata ed una resistenza a sollecitazioni meccaniche piuttosto
limitata. Inoltre presentano una minore trasparenza e quindi minori rendimenti termici. Recentemente sono
stati migliorati tramite schermatura all’infrarosso, così da aumentare la loro capacità di “trattenere” il calore
(effetto serra). Film plastici realizzati con materiali capaci di migliori prestazioni (trasmittanza totale alle
radiazioni solari visibili ed ultraviolette lunghe) sono quelli in PVC ed in EVA (etilenvinilacetato).
Si raccomanda di utilizzare film plastici di copertura ad elevato rendimento termico, elevata trasparenza e
media durata (non più di due anni). Tra i materiali più largamente disponibili, si citano l’etilenvinilacetato
(EVA) e i coestrusi, il cui spessore è compreso tra 0,14 e 0,18 mm. In stagioni particolarmente fredde, si può
ricorrere alla doppia copertura con fogli aggiuntivi disposti all’interno della struttura, in EVA o anche in PE;
può risultare utile anche l’applicazione di polipropilene (‘tessuto-non-tessuto’) sulla coltura, con
l’avvertenza che la luminosità viene ridotta fino al 50%, rispetto all’esterno.
I materiali plastici, dopo l’utilizzazione ed alla fine della loro vita economica, vanno conferiti ad un
Consorzio di recupero. E’ assolutamente vietato disperderli nell’ambiente o bruciarli.
Impiantistica per la regolazione dei fattori climatici in serra
La regolazione dei fattori climatici in serra è di fondamentale importanza per la riuscita della coltivazione. A
seconda delle specie e dei processi produttivi adottati è consigliabile, per ottenere una produzione di qualità,
disporre di impianti con caratteristiche adeguate alle esigenze di crescita e sviluppo delle piante come di
seguito riportati:
IMPIANTI CONSIGLIATI
Aperture di colmo della serra
Aperture laterali
Riscaldamento basale
Riscaldamento con areotermi
Impianto coibentazione/ anticondensa
Impianto di illuminazione e oscuramento
Impianti di umidificazione dell'ambiente
(cooling/fog)
FUNZIONE
Contenimento degli eccessi termici in estate per l’effetto camino
(rapido allontanamento dell’aria più calda)
Arieggiamento della serra nelle ore più calde per impedire
ristagni di umidità
Mantenimento di temperature al colletto di 14-16°C
Contenimento della umidità relativa interna alla serra, riduzione
della condensa
Riduzione della condensa e coibentazione
Illuminazione: per garantire un minimo di lux all’apice
vegetativo. Oscuramento: con telo nero per la programmazione
dell’induzione fiorale
Regolazione dell'umidità
Riscaldamento nelle colture protette
I combustibili ammessi sono esclusivamente il metano, olio e gasolio a basso contenuto di zolfo, i
combustibili di origine vegetale (pigne, pinoli, altri scarti di lavorazione del legno) e tutti i combustibili a
basso impatto ambientale. Sono consigliati inoltre tutti i sistemi di riscaldamento che impiegano energie
alternative (geotermia, energia solare, ecc.).
Al fine di ridurre l’apporto di imput energetici, è necessario provvedere all’impiego di schermi termici, che
assolvono alla duplice funzione di coibentazione e ombreggiamento.
Regimazione delle acque meteoriche
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
Ai sensi dell'art. 3 del Regolamento 6 dicembre 2013, n. 8 (BURC n. 70 del 9 Dicembre 2013), gli impianti
serricoli devono essere provvisti di opere di deflusso e raccolta delle acque meteoriche e di esercizio.
La realizzazione di vasche e/o serbatoi per il recupero dell’acqua piovana di gronda, consente sia di limitare
l’impatto determinato dai grossi volumi d’acqua non assorbiti dalle aree coperte, sia di riutilizzare per
l’irrigazione l’acqua meteorica a basso contenuto di salinità. Gli impianti di desalinizzazione (osmosi
inversa) risultano necessari nei casi di cattiva qualità dell’acqua di irrigazione e nelle aziende che adottano
tecniche di coltivazione fuori suolo.
SCELTA VARIETALE E MATERIALE DI MOLTIPLICAZIONE
E’ obbligatorio acquistare il materiale di moltiplicazione da fornitori autorizzati dai Servizi Fitosanitari
Regionali. Tali materiali devono essere accompagnati, secondo i casi, dal “Passaporto delle Piante”e dal
“Documento di Commercializzazione”.
Gli acquirenti hanno l’obbligo di conservare la predetta certificazione fitosanitaria per almeno un anno dalla
data di acquisto.
All’arrivo delle piantine in azienda si raccomanda di controllare la presenza di insetti (larve di minatrice
fogliare e neanidi di mosca bianca), di nematodi o di patologie fungine. In linea di massima la provenienza
meristematica del materiale di moltiplicazione fornisce comunque buone garanzie di sanità.
Non è consentito l’uso di materiale geneticamente modificato (OGM)
SISTEMAZIONE E LAVORAZIONI DEL TERRENO
Nella sistemazione del terreno si dovranno tenere in considerazione i seguenti parametri:
- livellamento del terreno tale da permettere un adeguato drenaggio di eventuali acque in eccesso (lieve
pendenza, generalmente inferiore al 2 per mille) e soprattutto tale da evitare ristagni idrici in zone depresse;
- installazione di dreni nel caso il terreno sia troppo pesante e presenti problemi di insufficiente franco di
coltivazione in determinati periodi dell’anno;
- in pre-impianto si consiglia una lavorazione profonda non oltre i 40 cm seguita da lavorazioni superficiali
per la preparazione del letto di semina o trapianto. In caso di presenza di strati inerti in profondità si
consiglia di evitare qualsiasi intervento che porti in superficie tale materiale. Per favorire il drenaggio delle
acque, in terreni non sabbiosi, può essere utile effettuare una ripuntatura.
SEMINA, TRAPIANTO, IMPIANTO
Le modalità di semina e trapianto, consigliate nelle schede specifiche di coltura, consentono il
raggiungimento di rese produttive adeguate, nel rispetto dello stato fitosanitario delle colture, limitando
l’impatto negativo delle malerbe, delle malattie e dei fitofagi, ottimizzando l’uso dei nutrienti e consentendo
il risparmio idrico. Le predette modalità devono rispettare le esigenze fisiologiche della specie e della varietà
considerata, nonchè limitare l’utilizzo di fitoregolatori di sintesi e in particolare dei prodotti che
contribuiscono ad anticipare, ritardare e/o controllare lo sviluppo delle produzioni vegetali.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
La successione colturale rappresenta uno strumento fondamentale per preservare la fertilità dei suoli, la
biodiversità, prevenire le avversità e salvaguardare/migliorare la qualità delle produzioni.
Tanto premesso, l’alto livello degli investimenti in strutture ed impianti comporta per il floricoltore la
necessità di adottare un ordinamento produttivo ad alto valore unitario per mq di produzione e, inoltre, di
motivare le scelte relative alla specie ed alle varietà da impiantare in base all’andamento del mercato e alla
posizione della propria azienda.
Le colture floricole e ornamentali ottenute all’interno di strutture fisse sono svincolate dall’obbligo della
successione a condizione che, almeno ad anni alterni, vengano eseguiti interventi di solarizzazione (di durata
minima di 45 giorni) o altre pratiche non chimiche di contenimento delle avversità.
Per le colture floricole e ornamentali ottenute in pien’aria in indirizzo colturale specializzato è consentito
ricorrere ad un modello di successione che preveda nel quinquennio due colture con due ristoppi a
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
condizione che la coltura inserita tra i due ristoppi appartenga ad una famiglia botanica diversa.
GESTIONE DEL SUOLO
La gestione e la lavorazione del suolo durante il ciclo colturale deve consentire di migliorare le condizioni di
adattamento della coltura, massimizzarne i risultati produttivi, favorire il controllo delle infestanti, migliorare
l’efficienza dei nutrienti, evitandone perdite per lisciviazione, ruscellamento ed evaporazione,·mantenere il
terreno in buone condizioni strutturali, prevenendone erosione e smottamenti, favorire la penetrazione delle
acque meteoriche e di irrigazione.
Durante le lavorazioni bisogna porre attenzione a non danneggiare l'apparato radicale superficiale; inoltre
occorre evitare, nel caso di specie a portamento arboreo o arbustivo, di ferire il colletto delle piante, in
quanto, molto spesso, queste ferite costituiscono il primo punto di ingresso di patogeni fungini.
Per la disinfezione pre-impianto del terreno sono da preferire mezzi rispettosi dell’ambiente (mezzi fisici
quali solarizzazione, vapore, ecc); la fumigazione con prodotti chimici è consentita solo nei casi e alle
condizioni specificate nelle schede di difesa. Nel caso si preveda il ricorso alla pacciamatura è raccomandato
l’impiego di materiali biodegradabili, compresi film plastici derivanti da risorse naturali rinnovabili, che
consentono di ottenere un buon effetto pacciamante e di essere incorporati nel suolo a fine ciclo evitando la
necessità di rimozione e smaltimento.
Per le coltivazioni in vaso devono essere utilizzati substrati di cui siano note le principali caratteristiche
fisico-chimiche al fine di verificarne l’idoneità alla coltura e minimizzare l’impiego e la perdita di nutrienti
nell’acqua di drenaggio. Si ricorda che sono disponibili in commercio anche vasi in materiali plastici
biodegradabili derivanti da risorse naturali rinnovabili il cui impiego è raccomandato in quanto contribuisce
alla sostenibilità ambientale.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati).
Per le coltivazioni in vaso non è necessario effettuare le analisi del terreno, attenendosi a quanto riportato
nelle schede tecniche di coltura.
Per le coltivazioni fuori suolo e in vaso è necessario prevedere il recupero e il riutilizzo della soluzione
nutritiva.
Per la concimazione organica preferire i fertilizzanti ben compostati, in modo da evitare fenomeni di
fitotossicità dovuti ad una ripresa della fermentazione. Le concimazioni in copertura si effettuano con
rapporti diversificati di NPK, secondo se si tratti di fase vegetativa o produttiva. Si consiglia l’utilizzo di
fertirrigatori o di pompe dosatrici, che permettono una distribuzione più efficiente delle unità fertilizzanti.
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Si consiglia di adottare, quando tecnicamente realizzabile, la pratica della fertirrigazione al fine di migliorare
l’efficienza dei fertilizzanti e dell’acqua distribuita e ridurre i fenomeni di lisciviazione. E’ opportuno
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
verificare la qualità delle acque per l’irrigazione, evitando l’impiego sia di acque saline, sia di acque
batteriologicamente contaminate o contenenti elementi inquinanti.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, ovvero moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Coefficienti colturali medi per le specie floricole di cui alle schede tecniche di coltura
Specie floricola
Kc
Gerbera
0,4-0,6
Crisantemo
0,4-0,6
Poinsettia
0,3
Garofano
0,4-0,6
Lilium
0,4-0,6
Gladiolo
0,1-0,3
Rosa
0,4-0,6
Aralia
0,4-0,6
Asparago ornamentale
0,4-0,6
Volumi di adacquamento massimi (Vmax) in relazione al tipo di terreno:
Tipo di terreno
Terreno sabbioso
Terreno franco
Terreno argilloso
metri cubi ad
ettaro
(m3/ha)
350
450
550
pari a
millimetri
35
45
55
I volumi irrigui massimi per intervento, sopra riportati, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per
aspersione e per le manichette ad alta portata e per le colture protette; viceversa non ci sono limitazioni per
gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è
necessario effettuare il bilancio idrico.
Nelle coltivazioni in vaso in pieno campo è sconsigliata la fertirrigazione per aspersione, mentre è
raccomandata la distribuzione tramite sistemi irrigui localizzati direttamente in vaso o altri sistemi, che
limitino la dispersione di acqua e fertilizzanti.
DIFESA E DISERBO
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” vigenti in
Regione Campania.
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RACCOLTA, SELEZIONE E CONFEZIONAMENTO
Le informazioni specifiche per la raccolta, la selezione e il confezionameto per le specie floricole sono
riportate nelle schede tecniche di coltura. In particolare per quanto riguarda gli standard qualitativi di
prodotto e di confezionamento delle varie categorie merceologiche, si fa riferimento alle schede dei fiori
definite nell’ambito del progetto Marchio:“STANDARD GARANTITO-FIORI DELLA CAMPANIA®” (in
linea con quanto previsto dal MiPAAF nell’ambito del “Programma per la definizione di “Standard di
Qualità nel settore florovivaistico”)
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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SCHEDE TECNICHE DI COLTURA
GERBERA da fiore reciso in serra
Esigenze pedologiche
PARAMETRI PEDOLOGICI
Profondità utile alle radici
Drenaggio
Tessitura
Calcare
pH
Conducibilità elettrica
Sostanza organica
VALORI CONSIGLIATI
Non inferiore ai 40-50 cm
Buono
terreno sabbioso, franco-sabbioso, franco
da assente a mediamente calcareo (<5% CaCO3 totale)
5,5-6,5
1,5-2,0 dS/m (estratto in pasta satura)
2-3%
Esigenze climatiche
L'esigenza climatica è riferita, principalmente, alla necessità di avere una buona luminosità (soprattutto in
inverno); i parametri relativi alla temperatura e all’umidità relativa possono essere controllati tramite
l’impianto di riscaldamento e la ventilazione interna alla serra.
PARAMETRI CLIMATICI
Temperatura minima
Temperatura massima
Umidità
Luminosità
VALORI CONSIGLIATI
8-10°C (al di sotto si rallenta l’attività vegetativa).
Per ottenere una produzione invernale bisogna comunque assicurare almeno
14-15°C a livello del suolo e 16-18°C nell’ambiente
28-30°C (la specie soffre molto gli eccessi termici); in estate, dalla seconda
decade di maggio alla prima di settembre, è necessario ombreggiare per
contenere le temperature in serra)
Deve essere contenuta al di sotto del 70-75%
Si avvantaggia di elevate luminosità con produzioni migliori sia dal punto di
vista qualitativo che quantitativo (soprattutto in inverno)
Scelta varietale
Le cultivar possono essere classificate in base a:
numero di petali del fiore (a fiore semplice, doppio o semidoppio);
colore dei petali (sono diponibili tutti i colori tranne l’azzurro) e del disco centrale (nella maggior
parte delle varietà è verde o giallo, particolarmente pregiato il “cuore nero”);
dimensioni del fiore (tipi normali, midi, mini e mini-mini);
larghezza dei petali (tipi normali e “gerspider”, dal fiore simile al crisantemo spider).
Le giovani piante arrivano in azienda già acclimatate in vasetto retato o in vasetto di torba, pronte per il
trapianto. Le piantine possono essere conservate per qualche giorno in ambiente fresco, prima di essere
trapiantate. In caso di tempi di conservazione si prolunghi, la soluzione più rispondente è, comunque,
rappresentata dal mantenimento in cella frigo a temperatura di 5-6°C e umidità relativa pari al 70-80%, in
condizioni che garantiscono un migliore stato di conservazione delle piantine.
Trapianto
Il terreno, una volta amminutato, va sistemato in aiuole rialzate larghe 60 cm, con interfila di circa 40 cm.
L’aiuola dovrà essere tanto più alta quanto più alte sono le condizioni di umidità del terreno e dell’aria. In
alcuni casi, per rendere più soffice lo strato superficiale di terreno coltivato e per ridurre il valore del pH, è
buona norma ammendare con torba bionda.
Il trapianto può essere effettuato da aprile a fine luglio. In linea di massima si sceglie il trapianto precoce nel
caso si voglia ottenere la produzione nel periodo estivo (in serra fredda) ed il trapianto tardivo (non si
consiglia comunque di superare la seconda decade di luglio) per la programmazione della raccolta invernale
(in serra calda).
Occorre tenere presente che occorrono tra le 6 e le 8 piante per mq lordo di serra. Le piantine vengono messe
a dimora in file binate sulle aiuole, distanziandole di 20-25 cm sulla fila e 30-40 cm sulla bina. Il vasetto va
adagiato nella piccola buca predisposta lasciando che il bordo sfiori o superi leggermente la superficie del
terreno. Vanno evitati trapianti troppo profondi per evitare marciumi al colletto. All’arrivo dei vasetti in
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azienda e nelle primissime fasi di attecchimento è importante evitare che la torba del vasetto si disidrati
diventando idrorepellente.
Cure colturali
Le cure colturali immediatamente successive alla messa a dimora delle piantine sono rappresentate da
nebulizzazioni atte a ridurre lo stress da trapianto. Nel periodo estivo (specie nei mesi caldi di giugno e
luglio), è buona norma prevedere l’ombreggiamento della coltura per ridurre gli elevati livelli termici e
l’insolazione diretta della coltura. Le cure colturali della gerbera rientrano tra quelle normalmente adottate
per gli ordinamenti floricoli (irrigazioni, fertirrigazioni, trattamenti antiparassitari, raccolta). Particolare
attenzione deve essere posta nella regolazione delle condizioni termoigrometriche all’interno della serra
agendo sul riscaldamento e sull’apertura l’apertura/chiusura delle sportellature laterali e di colmo. Nel
periodo estivo la gerbera può essere sottoposta alla pratica della sfogliatura, che consiste nella eliminazione
delle foglie, soprattutto quelle vecchie ed inattive, allo scopo di ridurre la massa fogliare e di meglio
arieggiare la coltura. una diretta conseguenza di operazioni di sfogliature troppo accentuate sono
l’abbattimento dei consumi idrici ed una riduzione del diametro dei capolini nei flussi di fioritura
immediatamente successivi.
Fertilizzazione
La gerbera necessita di periodici e frequenti interventi di concimazione. Per le coltivazioni su suolo la
frequenza degli interventi di fertirrigazione dipende dal tipo di terreno e dalla stagione.
Per il calcolo dei quantitativi di elementi fertilizzanti da somministrare alla coltura, è necessario fare
riferimento alle asportazioni, di cui si riportano di seguito i valori medi relativi ad una coltivazione biennale:
Tipo di prodotto
Pianta intera
Asportazioni (Kg/pianta)
N
P2O5
K 2O
0,00375 0,00093 0,00626
Pertanto, i tre elementi base della fertilità vengono asportati in rapporto 1:0,25:1,67; tale rapporto nutritivo
dovrà essere preso di riferimento per l’esecuzione dei trattamenti di fertirrigazione, regolando i quantitativi
di potassio e di azoto, secondo le diverse fasi vegetative della pianta. Il numero di interventi annui oscilla tra
i 20 ed i 30 (cadenza 10-15 gg), con una concentrazione tra l’1 e il 2 ‰ (corrispondente a conducibilità
elettriche comprese tra 1500 e 3000 dS/m) in funzione della concentrazione di sali già presente nell’acqua di
irrigazione.
Caratteristiche dell'acqua d'irrigazione
La gerbera è molto sensibile alla qualità dell’acqua di irrigazione. In linea di massima una buona acqua
dovrebbe presentare i seguenti requisiti:
Conducibilità elettrica <750 dS/m;
S.A.R. inferiore a 2;
basso tenore in sodio (<50 mg/L) ed in cloro (<70 mg/L);
basso contenuto di bicarbonati (intorno a <200 mg/L).
Metodi irrigui
Si consiglia l’adozione di impianti a goccia, soprattutto nei terreni con difficoltà di drenaggio e nelle serre
che presentano condizioni di umidità elevate dell’ambiente. Su terreni sciolti si può utilizzare anche un
impianto del tipo per aspersione sottochioma, controllando i volumi irrigui massimi per intervento.
Volumi di adacquamento e turni
I volumi di adacquamento sono orientativamente pari a 15 l/mq (massimo 20 lt/mq) per i sistemi ad
aspersione sotto chioma, con turni bisettimanali o anche trisettimanali nel periodo estivo e in terreni
particolarmente sciolti. In inverno il numero di interventi irrigui dipende essenzialmente dal regime
termico al quale è sottoposta la coltura. Il turno può avere cadenza quindicinale o anche superiore nel
caso si tratti di coltivazioni in serra fredda.
Per quanto concerne gli impianti a goccia in linea di massima i volumi sono orientativamente pari a 5
l/mq, con consumi settimanali di 15-20 l/mq.
Raccolta
Il fiore viene raccolto con la mano, escludendo l’uso del coltello, disarticolando il picciolo dalla sua
inserzione con la base della pianta, operando con una leggera torsione verso l’alto dello stelo. Fare
attenzione a non lasciare parti di stelo sulla pianta, con conseguenti rischi di marcescenza. E’ preferibile
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raccogliere quando le piante presentano condizioni di turgore dei tessuti.
Il capolino può essere raccolto quando i primi due giri di fiori maschili (sul disco) mostrano le antere mature.
In condizioni ottimali la raccolta ha inizio 45-60 gg. dopo il trapianto e prosegue poi ininterrottamente con
flussi continui, più o meno ravvicinati e abbondanti in funzione della luce e della temperatura. Nel periodo
invernale, generalmente i fiori presentano un inferiore diametro dei capolini e una ridotta lunghezza degli
steli, anche se aumenta la loro durata in vaso.
Subito dopo la raccolta deve essere limitata al minimo indispensabile la permanenza dei fiori in serra. Va
assolutamente evitato di lasciarli a terra o esposti all’insolazione diretta. E’ consigliabile porli subito in un
carrello con acqua e quindi spostarli in un magazzino fresco. Per le aziende attrezzate è buona norma
conservare il prodotto, sempre immerso in acqua (nel carrello), in frigorifero a 5-6°C.
Selezione e Confezionamento
Il gambo va tagliato alla base per pochi centimetri. Per la valutazione qualitativa e l’attribuzione della
categoria commerciale, i parametri da tenere presenti sono quelli di seguito indicati:
- diametro del capolino;
- diametro dello stelo e suo portamento;
- giusto grado di maturazione del fiore;
- assenza di difetti (bordatura petali, fasciazione, ecc.)
La categoria extra è costituita da fiori ben formati e di diametro minimo di 10 cm (9 cm nel periodo
invernale), con lunghezza minima dello stelo di 45 cm.
La prima è costituita sempre da fiori ben formati, di diametro minimo pari a 10 cm, con lunghezza minima
dello stelo superiore ai 40 cm.
La seconda è costituita da fiori anche con leggere malformazioni, con diametro < a 10 cm e lunghezza
minima di 35 cm.
Il confezionamento dei fiori di gerbera viene realizzato sistemando gli steli, uniformi rispetto alla categoria
commerciale, negli appositi cartoni o sostegni in acquapack. Nel confezionamento in scatole di cartone,
generalmente si dispongono 50 pezzi per cartone, suddivisi in due “padelle” da 25 steli.
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CRISANTEMO da fiore reciso in serra (multiflora)
Esigenze pedologiche
PARAMETRI PEDOLOGICI
Profondità utile alle radici
Drenaggio
Tessitura
Calcare
pH
Conducibilità elettrica
Sostanza organica
VALORI CONSIGLIATI
non inferiore ai 40 – 50 cm
buono
terreno sabbioso, franco-sabbioso
da assente a mediamente calcareo (<5% CaCO3 totale)
6-7
1,5 dS/m (estratto in pasta satura)
2-3%
I suoli più adatti alla coltivazione del crisantemo sono i suoli tendenzialmente sabbiosi e senza ristagni idrici.
Esigenze climatiche
Il crisantemo è particolarmente sensibile alla temperatura ed alla luminosità. In particolare si fa presente che
la velocità di sviluppo è influenzata dalla temperatura, mentre il fotoperiodo determina la differenziazione
fiorale (pianta brevidiurna).
PARAMETRI CLIMATICI
Temperatura minima
Temperatura massima
Umidità
Luminosità
VALORI CONSIGLIATI
+10°C (al di sotto di tale valore è compromessa la differenziazione
fiorale)
+30°C (al di sopra di tale valore aumenta il rischio di formazione di steli
ciechi)
Da mantenere costante.
- Prime settimane 80-85%UR
- successivamente 60-70%UR
Garantire 12 ore di buio
Scelta varietale
Le varietà di crisantemo commercializzate per fiore reciso possono essere distinte in uniflore (con un fiore
per stelo) e multiflore (con più fiori per stelo). Altra suddivisione è invece possibile facendo riferimento alla
forma del fiore. Vi sono varietà "a margherita", le più diffuse per la programmazione, "ad anemone", "a
palla", "spider" o a ragno, "a pompon". Le piantine possono essere conservate per qualche giorno in
ambiente fresco, prima di essere trapiantate. In caso i tempi di conservazione si prolunghino, la soluzione più
rispondente è, comunque, rappresentata dal mantenimento in cella frigo a temperatura di 5-6°C e umidità
relativa pari al 70-80%, in condizioni che garantiscono un migliore stato di conservazione delle piantine.
Trapianto
Dopo aver proceduto alla pulizia del terreno ed alla asportazione di eventuali residui della coltura precedente
è indispensabile la lavorazione alla profondità minima di 25-30 cm. La fresatura consente, tra l’altro, lo
sminuzzamento di eventuali residui della coltivazione precedente (radici, cubetti, ecc.)
Le piantine arrivano in azienda già radicate in cubetto di torba e vengono messe prontamente a dimora sul
terreno in precedenza lavorato. All’arrivo dei vasetti in azienda e nelle primissime fasi di attecchimento è
importante evitare che la torba del vasetto si disidrati diventando idrorepellente. Vanno evitati trapianti
troppo profondi per evitare marciumi al colletto. Si consiglia la formazione di porche di coltivazione rialzate
di almeno 10 cm per migliorare l'arieggiamento basale e distanziate tra loro di circa 40 cm. Il trapianto può
essere continuo tenendo conto del ciclo delle diverse varietà. Per le coltivazioni in piena aria occorre
trapiantare 10/12 settimane prima della ricorrenza dei defunti. In pien'aria la densità di impianto varia da 30 a
50 piante a mq se trattasi di uniflore o multiflore. In coltura programmata e in serra, il ciclo di coltivazione
dura, mediamente, 15 settimane, con densità massima consigliata di 55 piante a mq.
Cure colturali
Le cure colturali immediatamente successive alla messa a dimora delle piantine sono rappresentate da
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nebulizzazioni atte a ridurre lo stress da trapianto. In coltura programmata si ricorre all'illuminazione e
all'oscuramento per l'induzione fiorale. Per alcune varietà multiflore si ricorre all'asportazione del fiore
centrale per favorire lo sviluppo e la formazione di quelli laterali. Vengono effettuati trattamenti brachizzanti
a secondo della stagione e della varietà, almeno un trattamento per ciclo di coltivazione. In serra deve essere
posta attenzione alla regolazione delle condizioni termoigrometriche agendo sul riscaldamento e
sull’apertura/chiusura delle finestrature laterali e di colmo.
Fertilizzazione
Per il calcolo dei quantitativi di elementi fertilizzanti da somministrare alla coltura, è necessario fare
riferimento alle asportazioni, di cui si riportano di seguito i valori medi:
Tipo di prodotto
Pianta intera
Asportazioni
(kg/pianta)
N
0,0020
P2O5
0,0014
K 2O
0,0016
Nella concimazione di copertura è necessario praticare fertirrigazioni settimanali con concentrazioni intorno
a 1,5 per mille.
Caratteristiche dell'acqua d'irrigazione
Il crisantemo è sensibile alla qualità dell'acqua, che deve essere povera di calcare e a salinità ridotta. Nel caso
si disponga solo di acque dure e saline, le possibili soluzioni sono:
- vasche di recupero acqua piovana di gronda; il recupero dell'acqua piovana di gronda è sempre
consigliabile oltre che per motivi tecnico-agronomici (elevata qualità essendo priva di sali) anche per motivi
ecologico-ambientali (eliminazione di problemi alle reti fognarie per la confluenza dei volumi d'acqua nelle
aree serricole durante le piogge);
- impianti di desalinizzazione.
Metodi Irrigui
Sono sempre raccomandati gli impianti a microportata per ridurre i costi di gestione e per consentire il
risparmio delle risorse idriche. Come per molte floricole si consiglia, oltre l'impianto sotto chioma, anche
quello sopra chioma per aspersione per ridurre le condizioni di stress nelle fasi successive al trapianto.
Volumi di adacquamento e turni
I volumi vanno controllati per evitare sprechi. Ci si deve regolare in funzione delle caratteristiche del terreno
e del substrato. I turni debbono essere controllati in funzione dello stato del terreno e non prefissati.
Orientativamente, con impianti del tipo ad aspersione sotto chioma i volumi per singolo intervento irriguo si
aggirano tra i 15 ed i 20 lt/mq.
Raccolta
Per le varietà uniflore viene eseguita mediante taglio quando il fiore è quasi completamente aperto. Per le
varietà multiflora si procede allo strappo della pianta che deve avere 6/9 fiori completamente aperti e
successivo taglio al di sopra del colletto.In magazzino, si procede alla cernita, alla selezione ed al
confezionamento in fasci da 5 steli che a loro volta vanno posti in carrelli con acqua.
Selezione e confezionamento
Lo stelo deve essere pulito dalle foglie basali per circa 20 cm. Per la valutazione qualitativa e l’attribuzione
della categoria commerciale, i parametri da tenere presenti sono:
- la categoria extra è costituita da fiori con steli rubusti e ben formati, con almeno 9 fiori per infiorescenza in
grado di aprire di cui 5 già aperti in estate e 3 o 4 in inverno, con un peso medio per stelo pari a 75 gr, e
lunghezza unica 75/80 cm.
La categoria prima è costituita sempre da fiori con steli rubusti e ben formati, con almeno 6 fiori per
infiorescenza in grado di fiorire, con un peso medio per stelo pari a 70 gr, e lunghezza unica minima 70 cm.
Per il confezionamento le unità di confezionamento sono mazzi singoli da 5 steli, legati con elastico, pari di
testa e pari di piede, in buste microforate, assemblati in cartoni 80 - 100 steli, posti in 5 mazzi sciolti tra
loro.
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GAROFANO in serra
Esigenze pedologiche
PARAMETRI PEDOLOGICI
Profondità utile alle radici
Drenaggio
Tessitura
Calcare
pH
EC
Sostanza organica
VALORI CONSIGLIATI
non inferiore ai 40-50 cm
buono
tutti i tipi di terreno eccetto quelli argillosi
da assente a mediamente calcareo (<5% CaCO3 totale)
7,0-7,5
<2,0 dS/m (estratto in pasta satura)
2-3%
I suoli più adatti alla coltivazione del garofano sono i suoli tendenzialmente sabbiosi e senza ristagni idrici.
Esigenze climatiche
Il garofano è specie adatta al clima mediterraneo, per cui richiede elevata luminosità e bassa umidità.
PARAMETRI CLIMATICI
Temperatura minima
Temperatura massima
Umidità
Luminosità
VALORI CONSIGLIATI
la temperatura minima biologica è 4°C. La temperatura ottimale è di 1012°C di notte e di 18-21°C di giorno
soffre oltre i 35°C
soffre molto i climi umidi. La U.R. andrebbe tenuta, specie in serra,
sempre al di sotto del 70%.
non reagisce al fotoperiodo (pianta a giorno indifferente) e si adatta a
diverse condizioni di luminosità (purché correlate con le temperature).
Si avvantaggia di luminosità piuttosto elevate (30.000-45.000 lux).
Scelta varietale
Le varietà di garofano maggiormente coltivate appartengono al grande gruppo dei “mediterranei”; al gruppo
“altri garofani” sono da ascriversi le coltivazioni di miniature (uniflore e multiflore) e di specie diverse da D.
Caryophillus. Le barbatelle possono essere conservate per qualche giorno in ambiente fresco, prima di essere
trapiantate. In caso di tempi di conservazione si prolunghi, la soluzione più rispondente è, comunque,
rappresentata dal mantenimento in cella frigo a temperatura di 5-6°C e umidità relativa pari al 70-80%, in
condizioni che garantiscono un migliore stato di conservazione delle piantine. In linea di massima la
provenienza meristematica delle talee radicate (barbatelle) fornisce, comunque, buone garanzie di sanità.
All’arrivo delle piantine in azienda è buona pratica controllare l'assenza di insetti (larve di minatrice fogliare
e neanidi di mosca bianca), di nematodi o di patologie fungine (Fusarium, Verticillium, Phytium,
Rhizoctonia). In particolare, viste le crescenti difficoltà nell’attuare interventi di geodisinfezione, si
raccomanda l’utilizzo di varietà geneticamente selezionate in funzione della resistenza fitopatologica e alle
avversità telluriche.
Trapianto
In pre-impianto si consiglia una lavorazione profonda con vangatrice (40 cm) seguita da lavorazioni
secondarie per la preparazione del letto di semina. Per la preparazione del letto di semina il terreno, una volta
amminutato, va sistemato in aiuole rialzate larghe 50 cm, alternate a passaggi di 50 cm. Per agevolare il
trapianto è preferibile sistemare sulla superficie dell’aiuola la rete di sostegno delle piante, ciò consente di
visualizzare lo spazio disponibile e di posizionare al meglio le talee. Le aiuole dovranno essere tanto più
rialzate quanto più umide sono le condizioni del terreno e dell’ambiente di coltivazione. In condizioni di non
eccessiva umidità e buon drenaggio, per aumentare il sesto d’impianto, si possono realizzare aiuole più
larghe fino a 90 cm, utilizzando reti di plastica per il tutoraggio delle piante a quattro luci.
Il terreno deve essere sufficientemente umido affinché le giovani piantine possano agevolmente superare la
crisi da trapianto, al fine di limitare al massimo interventi correttivi.
Relativamente all’epoca di trapianto, questa si differenzia in base alla tecnica colturale:
Coltura di piena aria
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In questo tipo di coltivazione, sempre meno diffusa, viene praticata per la produzione estiva, il trapianto
viene effettuato in aprile-inizio maggio. La densità consigliata è di 20 piante/mq lordo.
Coltura in serra
Nella coltivazione in serra, per la produzione invernale, il trapianto può essere effettuato in maggio-giugno
(con densità di impianto di 22 piante/mq lordo) oppure in luglio (con densità di 26 piante/mq lordo). E’
conveniente comunque non superare la seconda decade di luglio.
Devono essere evitati trapianti troppo profondi poiché aumentano la possibilità di insorgenza di marciumi
pedali; il colletto delle piante deve rimanere fuori dal terreno, soprattutto se si opera in condizioni di ristagno
idrico. Subito dopo il trapianto vanno effettuate frequenti nebulizzazioni al fine di rinfrescare l’ambiente e
ridurre la traspirazione e favorire il rapido superamento della fase di attecchimento.
Cure colturali
Particolare cura va posta nella fase immediatamente successiva alla messa a dimora delle piantine, con
nebulizzazioni, di breve durata e frequenti, atte a superare rapidamente la crisi da trapianto.
Le cure colturali rientrano tra quelle normalmente adottate per le specie floricole (irrigazioni, fertirrigazioni,
trattamenti antiparassitari, raccolta). La regolazione delle condizioni termoigrometriche all’interno della
serra (arieggiamento attraverso l’apertura/chiusura delle aperture di colmo e laterali) costituisce, inoltre,
un’operazione particolarmente importante, al fine di migliorare la qualità delle produzioni, prevenire le
malattie fungine e condizionare i livelli termici.
La cimatura
La cimatura dei getti principali deve essere effettuata scalarmente, man mano che questi mostrano il boccio
(abbozzi fiorali). In linea di massima si distingue una cimatura bassa (effettuata lasciando 3-4 nodi sulla
pianta), adatta a varietà a maggiore sviluppo vegetativo ed a trapianti precoci, ed una cimatura alta (lasciando
5-6 nodi sulla pianta, adatta a varietà a più lento accrescimento ed a trapianti tardivi).
La cimatura di tutti i getti secondari viene effettuata solo su varietà molto precoci. Per le cultivar attuali è
bene comunque non cimare più della metà dei getti secondari, limitando tale operazione ai soli trapianti di
giugno. Nei trapianti tardivi si effettua generalmente la sola cimatura del getto principale.
La sbocciolatura
E’ una pratica che consiste nella asportazione dei bocci laterali, formatisi successivamente a quello
principale, quando questi hanno raggiunto le dimensioni di un pisello. L’operazione, effettuata anche una
volta alla settimana, deve essere tempestiva e serve ad anticipare leggermente la fioritura e ad ottenere fiori
più grandi e diritti sullo stelo.
Fertilizzazione
Per il calcolo dei quantitativi di elementi fertilizzanti da somministrare alla coltura, è necessario fare
riferimento alle asportazioni, di cui si riportano di seguito i valori medi:
Tipo di prodotto Asportazioni (kg/pianta)
Pianta intera
N
P2O5
K 2O
0,00132 0,00054 0,00195
Pertanto i tre elementi base della fertilità vengono asportati in rapporto 1:0,4:1,5; questo rapporto nutritivo
dovrà quindi essere rispettato nella fertirrigazione, con maggiori apporti di potassio nella fase produttiva. Nel
periodo invernale gli interventi di fertirrigazione hanno cadenza quasi mensile, mentre nel periodo
primaverile-estivo raggiungono cadenze settimanali, con concentrazioni della soluzione circolante compresa
tra 1 e 2‰ (corrispondente a conducibilità elettriche comprese tra 1500 e 3000 dS/cm) in funzione della
concentrazione di sali già presente nell’acqua di irrigazione.
Particolare attenzione va posta nella scelta dei fertilizzanti organici. Il garofano, come la maggior parte delle
specie floricole, si avvantaggia di somministrazioni di sostanza organica al terreno. Gli eccessi possono
tuttavia portare ad un eccessivo lussureggiamento della coltura e ad una qualità inferiore (steli troppo
“teneri”). E’ necessario utilizzare sempre prodotti ben compostati, così da evitare fenomeni di fitotossicità
dovuti ad una ripresa della fermentazione o ad aumenti di acidità organica.
Caratteristiche dell'acqua d'irrigazione
Il garofano è tra le specie floricole più resistenti alla salinità dell’acqua di irrigazione. In linea di massima
una buona acqua dovrebbe presentare i seguenti requisiti:
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Conducibilità elettrica <1200 ms/cm
S.A.R. tra 1,5 e 2
basso tenore in sodio (<50 ppm) ed in cloro (<70 ppm)
basso contenuto di bicarbonati (<250 ppm)
Nel caso in cui i parametri dell’acqua da utilizzare divergano significativamente da quelli sopra indicati le
possibili soluzioni sono:
- vasca di recupero dell’acqua piovana;
- adozione impianto di desalinizzazione (osmosi inversa).
Metodi Irrigui
Sono sempre raccomandati gli impianti a microportata per ridurre i costi di gestione e per consentire il
risparmio delle risorse idriche. Si consiglia l’adozione di impianti a goccia. Su terreni molto sciolti si può
utilizzare anche un impianto del tipo per aspersione sottochioma. Generalmente, l’impianto di irrigazione
sottochioma per la coltivazione del garofano è integrato da linee aeree di ali piovane, particolarmente idonee
per la nebulizzazione della coltura nella fase di trapianto. Non si consiglia l’irrigazione per infiltrazione
laterale, che comporta un notevole dispendio di acqua e la creazione di forti condizioni di umidità in serra
Volumi di adacquamento e turni
I volumi di adacquamento si aggirano intorno ai 15 lt/mq (massimo 20 lt/mq) con i sistemi ad aspersione,
con turni anche bisettimanali nel periodo estivo. In inverno il numero di interventi irrigui si riduce
notevolmente, fino ad una cadenza quasi mensile.
Nel caso degli impianti a goccia si riducono le quantità di acqua somministrazione, mentre aumenta la
frequenza degli interventi. Per questi ultimi, in linea di massima, i volumi si aggirano intorno ai 5 lt/mq, con
consumi settimanali di 15-20 lt/mq.
Raccolta
Le modalità prevedono che il fiore viene raccolto recidendo lo stelo con un coltellino (o con la mano
all’altezza di un nodo, se lo stelo è abbastanza turgido) in prossimità di un nodo a 7-10 cm dalla base dello
stelo. Gli steli devono essere recisi in condizioni di turgore della pianta, facendo attenzione a non provocare
lesioni nella raccolta e nell’asportazione attraverso i palchi di rete sistemati per il sostegno delle piante.
Il fiore può essere raccolto quando i petali più esterni si aprono formando una specie di “pennello”. Nella
coltivazione in piena aria le raccolte hanno inizio generalmente con la festa della mamma (primi di maggio)
e proseguono poi per tutto il periodo estivo fino alle prime piogge.
Nella coltivazione invernale in serra le raccolte iniziano con la ricorrenza dei defunti (primi di novembre, per
i trapianti di maggio-giugno) e proseguono poi fino alla festa della mamma dell’anno successivo.
Subito dopo la raccolta, deve essere limitata al minimo indispensabile la permanenza dei fiori in serra. Va
assolutamente evitato di lasciarli per troppo tempo appoggiati sulle reti o peggio ancora al sole. E’
consigliabile porli subito in un carrello con acqua e quindi spostarli in un magazzino fresco. Per le aziende
attrezzate è buona norma conservare il prodotto, sempre immerso in acqua (nel carrello), alla temperatura di
5-6°C.
Selezione e confezionamento
Per la valutazione qualitativa e l’attribuzione della categoria commerciale, i parametri da tenere presenti
sono:
- altezza e buona conformazione dello stelo;
- giusto grado di maturazione del fiore;
- assenza di getti ascellari;
- pulizia delle foglie e delle parti verdi;
- assenza di difetti (calice scoppione, ecc.).
I garofani a gran fiore (o standard) da 20 (raramente vengono ancora confezionati in mazzi da 50). Le
categorie sono:
- extra: fiori ben formati, con uniforme ed adeguato grado di apertura, stelo diritto e robusto della lunghezza
minima di 60 cm, foglie pulite ed assenza di attacchi parassitari.
- prima: fiori ben formati, con uniforme ed adeguato grado di apertura, stelo diritto e robusto, della
lunghezza minimo ammesso 50 cm;
- seconda: fiori ben formati, con giusto grado di apertura, lunghezza minima ammessa 45 cm
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I garofani delle cvs. miniature multiflore vanno confezionati in mazzi da 10, riuniti in pacchi da 5. Le
categorie sono:
- extra: fiori ben formati (che mostrano il colore) in numero non inferiore a 4 per stelo, stelo diritto e robusto
della lunghezza minima di 55 cm, foglie pulite ed assenza di attacchi parassitari;
- prima: fiori ben formati (che mostrano il colore) in numero non inferiore a 3 per stelo, con uniforme ed
adeguato grado di apertura, stelo diritto e robusto, della lunghezza di circa 45 cm;
- seconda: fiori ben formati, lunghezza minima ammessa 35 cm
Infine i garofani delle cvs. miniature uniflore vanno confezionati in mazzi da 10 fiori riuniti in pacchi da 5.
Per tutte le classificazioni la parte basale dello stelo deve essere pulito per 5-10 cm.
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ROSA da fiore reciso in serra
Esigenze pedologiche
PARAMETRI PEDOLOGICI
Profondità utile alle radici
Drenaggio
Tessitura
Calcare
pH
Conducibilità elettrica
Sostanza organica
VALORI CONSIGLIATI
non inferiore ai 50 cm
buono
la possibilità di scegliere tra diversi portainnesti permette la coltivazione
in terreni di ogni tipo, con la sola esclusione di quelli molto argillosi e
poveri di sostanza organica
da moderatamente calcareo a calcareo (5-10% CaCO3 totale)
compreso tra 6,5 e 7 in funzione dell'adattabilità dei portainnesti
<2,0 dS/m (estratto in pasta satura)
non inferiore al 3%
Esigenze climatiche
Le temperature ottimali sono: 14-16 °C di notte e 21-24 °C di giorno.
L'impiego di pacciamatura con materiali organici e con film plastici esplica effetti positivi in quanto rende
più uniforme la temperatura del suolo.
L'aborto dei boccioli (steli ciechi) ed il fiore malformato (bullhead) risultano collegati ad insufficiente
temperatura dell'aria (<14°C) e del terreno. L'aborto dei boccioli è determinato da ridotta luminosità e
potatura molto corta.
Condizioni di elevata umidità (> al 90%) di notte e di scarsa umidità di giorno (< al 60%) favoriscono
l'insorgenza di patologie fungine. Per migliorare le condizioni di crescita preferire serre ad elevato volume
unitario (3-4 m3/m2). Per regolare l'umidità ricorrere al riscaldamento e utilizzare impianti del tipo fog e/o
cooling per umidificare l'ambiente serra.
PARAMETRI CLIMATICI
Temperatura minima
Temperatura massima
Umidità
Luminosità
VALORI CONSIGLIATI
al di sotto 8-10°C si arresta la crescita.
Per ottenere una produzione invernale bisogna comunque assicurare almeno
13-15°C a livello del suolo e 14-16°C nell’ambiente
30-35°C (la specie soffre molto gli eccessi termici); in estate, dalla seconda
decade di maggio alla prima di settembre, è necessario ombreggiare al 50 %
per contenere le temperature in serra
Compresa tra 60 e 85%
alla ripresa vegetativa 80-85%; in fioritura 60-70%
Pianta a giorno indifferente. Si giova di elevate luminosità : 30.000-44.000
lux
Scelta varietale
Le rose da fiore reciso si distinguono in base alla grandezza del fiore:
rose a fiore grande suddivise in tre grandi gruppi: ibridi di tea, floribunda e grandiflora. La quasi
totalità delle rose coltivate appartiene al gruppo degli ibridi di tea;
rose a fiore piccolo suddivise in mansuiniane o uniflore e poliantha o multiflore.
Utilizzare piantine già innestate e brancheggiate di 1 anno di età, avendo cura di prepararle al momento
dell'impianto (eliminare gli steli danneggiati, accorciare gli altri lasciando 2-3 gemme per ramo, accorciare le
radici lasciando non meno di 10 cm).
Trapianto
Si effettua in settembre -ottobre o in gennaio febbraio. Impianto a fila semplice con interfila non inferiore a
1,30 m e distanza sulla fila di 10-15 cm per una densità di impianto di 6 piante/mq. Si procede allo scavo di
una trincea di 25 cm di profondità; si riempie la trincea per circa la metà, si adagiano le piante con le radici
rivolte verso il basso e a contatto con il terreno, si ricopre la trincea per intero costipando leggermente il
terreno attorno alle radici e lasciando fuori del terreno il punto d'innesto.
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Cure colturali
Le cure colturali immediatamente successive alla messa a dimora delle piantine sono rappresentate da
nebulizzazioni atte a ridurre lo stress da trapianto. Nel periodo estivo (specie nei mesi caldi di giugno e
luglio), è buona norma prevedere l’ombreggiamento della coltura per ridurre gli elevati livelli termici e
l’insolazione diretta della coltura. Le cure colturali della rosa rientrano tra quelle normalmente adottate per
gli ordinamenti floricoli (irrigazioni, fertirrigazioni, trattamenti antiparassitari, raccolta). Particolare
attenzione deve essere posta nella regolazione delle condizioni termoigrometriche all’interno della serra
agendo sul riscaldamento e sull’apertura l’apertura/chiusura delle sportellature laterali e di colmo.
Coltura a raccolta continua
Potatura: si mira ad ottenere una produzione continua durante tutto l'anno con un brevissimo periodo di
riposo estivo; in tal caso la potatura viene effettuata attraverso la raccolta regolando l'altezza del taglio in
rapporto alle caratteristiche varietali; generalmente si taglia lo stelo al di sopra della 2a foglia completa, ma
quando l'altezza della pianta si è elevata troppo è necessario ritornare in basso eliminando una porzione dello
stelo divenuto improduttivo.
Coltura a raccolta discontinua: può realizzarsi in serra riscaldata o fredda e consiste nell'effettuare potature e
cimature a date stabilite in modo da ottenere gran parte della fioritura (generalmente in un arco di 20-30
giorni) ad epoche più convenienti dal punto di vista commerciale.
Fertilizzazione
La rosa necessita di periodici e frequenti interventi di concimazione. Per le coltivazioni su suolo la frequenza
degli interventi di fertirrigazione dipende dal tipo di terreno e dalla stagione, generalmente con cadenza
variabile da 8 a 15-20 giorni.
Per il calcolo dei quantitativi di elementi fertilizzanti da somministrare alla coltura, è necessario fare
riferimento alle asportazioni, di cui si riportano di seguito i valori medi relativi ad una coltivazione
pluriennale:
Tipo di prodotto Asportazioni (g/pianta)
N
P2 O5 K2O CaO anno
Pianta intera
g/pianta
1,72 0,33 0,98 1,88
1°
Pianta intera
g/pianta
4,31 0,95
5,6
2°
Pianta intera
g/pianta
7,05
1,5 3,88 7,47
3°
Pianta intera
g/pianta
5,57 1,76 3,66
5,5
4°
Pianta intera
g/pianta
4,74 0,72 3,95 3,19
5°
2,8
Il numero di interventi annui oscilla tra i 20 ed i 30 (cadenza 10-15 gg), con una concentrazione tra l’1 e il 2
‰ (corrispondente a conducibilità elettriche comprese tra 1500 e 3000 dS/m) in funzione della
concentrazione di sali già presente nell’acqua di irrigazione.
Caratteristiche dell'acqua d'irrigazione
La gerbera è molto sensibile alla qualità dell’acqua di irrigazione. In linea di massima una buona acqua
dovrebbe presentare i seguenti requisiti:
• Conducibilità elettrica <750 dS/m
• S.A.R. inferiore a 2
• basso tenore in sodio (<50 mg/L) ed in cloro (<70 mg/L)
• basso contenuto di bicarbonati (intorno a <200 mg/L)
Metodi Irrigui
Si consiglia l’adozione di impianti a goccia, soprattutto nei terreni con difficoltà di drenaggio e nelle serre
che presentano condizioni di umidità elevate dell’ambiente. Su terreni sciolti si può utilizzare anche un
impianto del tipo per aspersione sottochioma, controllando i volumi irrigui massimi per intervento.
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Volumi di adacquamento e turni
I volumi di adacquamento sono orientativamente pari a 15 L/mq (massimo 20 lt/mq) per i sistemi ad
aspersione sotto chioma, con turni bisettimanali o anche trisettimanali nel periodo estivo e in terreni
particolarmente sciolti. In inverno il numero di interventi irrigui dipende essenzialmente dal regime termico
al quale è sottoposta la coltura. Il turno può avere cadenza quindicinale o anche superiore nel caso si tratti di
coltivazioni in serra fredda.
Per quanto concerne gli impianti a goccia in linea di massima i volumi sono orientativamente pari a 5L/mq,
con consumi settimanali di 15-20 L/mq.
Raccolta
Il fiore viene raccolto con la mano, escludendo l’uso del coltello, disarticolando il picciolo dalla sua
inserzione con la base della pianta, operando con una leggera torsione verso l’alto dello stelo. Fare
attenzione a non lasciare parti di stelo sulla pianta, con conseguenti rischi di marcescenza. E’ preferibile
raccogliere quando le piante presentano condizioni di turgore dei tessuti.
Il capolino può essere raccolto quando i primi due giri di fiori maschili (sul disco) mostrano le antere mature.
In condizioni ottimali la raccolta ha inizio 45-60 gg. dopo il trapianto e prosegue poi ininterrottamente con
flussi continui, più o meno ravvicinati e abbondanti in funzione della luce e della temperatura. Nel periodo
invernale, generalmente i fiori presentano un inferiore diametro dei capolini e una ridotta lunghezza degli
steli, anche se aumenta la loro durata in vaso.
Subito dopo la raccolta deve essere limitata al minimo indispensabile la permanenza dei fiori in serra. Va
assolutamente evitato di lasciarli a terra o esposti all’insolazione diretta. E’ consigliabile porli subito in un
carrello con acqua e quindi spostarli in un magazzino fresco. Per le aziende attrezzate è buona norma
conservare il prodotto, sempre immerso in acqua (nel carrello), in frigorifero a 5-6°C.
Selezione e confezionamento
Il taglio deve avvenire obliquamente sullo stelo portante il bocciolo e non sul legno “vecchio”. Per la
definizione delle diverse categorie di qualità non si fa riferimento alla lunghezza dello stelo; si potranno
avere, cioè, confezioni extra, prima e seconda con diverse lunghezze degli steli, specificate dai codici
apposti.
Per la valutazione qualitativa e l’attribuzione della categoria commerciale, parametri da tenere presenti sono:
lunghezza e diametro dello stelo (robustezza, verticalità cioè in asso con l’apice del fiore, soppressione
di bottoni o gemme ascellari, presenza di palchi fogliari e spine, stelo pulito alla base per 10 cm);
la lunghezza dello stelo, a prescindere dalla categoria commerciale, è indicata con un codice;
dimensione e conformazione del bocciolo (calibro);
giusto grado di maturazione del fiore (tale da assicurare una completa apertura dello stesso) ;
assenza di difetti sul fiore e sulle foglie;
Le unità di confezionamento sono in fasci da 10 – 20 steli disposti in file pari di piede e pari di testa. I fasci
sono avvolti da foglio di carta microforata
, assemblati in pacchi da 2, 3 o 5 unità di confezionamento.
In caso di confezionamento a file, è ammessa la differenza di 10 cm per la lunghezza degli steli in un mazzo.
In confezioni pari di testa non è ammessa differenza di lunghezza tra gli steli di un mazzo, mentre per il
confezionamento a file la lunghezza minima è quella della categoria (codice).
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LILIUM da fiore reciso
Esigenze pedologiche
PARAMETRI PEDOLOGICI
Profondità utile alle radici
Drenaggio
Tessitura
Calcare
pH
EC
Sostanza organica
VALORI CONSIGLIATI
Non inferiore ai 40 cm
Buono
Terreno sabbioso, franco- sabbioso, franco
da assente a mediamente calcareo (<5% CaCO3 totale)
5,5 – 7,5
<2,0 dS/m (estratto in pasta satura)
2-3%
I suoli più adatti alla coltivazione del lilium sono quelli tendenzialmente sabbiosi e senza ristagni idrici.
Esigenze climatiche
Il lilium è specie adatta al clima mediterraneo, per cui richiede elevata luminosità e bassa umidità. Se il pH è
superiore a 7,5 provvedere alla sua correzione, ad es. con zolfo; se inferiore correggere ad es. con composti a
base di calcio. La coltivazione può realizzarsi in pien'aria, in serra di vetro o plastica.
PARAMETRI CLIMATICI
Temperatura minima
Temperatura massima
Umidità
Luminosità
VALORI CONSIGLIATI
8-10 C° (al di sotto si arresta la vegetazione). Per ottenere una
produzione invernale bisogna garantire almeno 14-15 °C a livello del
suolo e 16-18°C nell'ambiente.
Soffre oltre i 28 – 30°C; da maggio a settembre ombreggiare per
contenere gli eccessi termici.
Deve essere tenuta sempre al di sotto di 70 – 75%.
In inverno si giova di elevata luminosità per la qualità e quantità dei fiori.
La carenza di luce in inverno può causare abscissione fiorale; in tal caso
illuminare fino a raggiungere 7500 mW/mq con lampade a vapori di
sodio ad alta pressione.
In estate ombreggiare al 50%
Scelta varietale
Orientare la scelta su quelle varietà che presentano caratteri di resistenza nei confronti delle principali
fitopatie, al fine di evitare l'eccessivo ricorso ai trattamenti chimici.
I principali gruppi di lilium coltivati sono:
- Asiatici, più comuni, a foglia stretta;
- Orientali, di maggior pregio, a foglia più larga;
- Longiflorum, con fiori a trombetta;
- LA, ibridi di L. longiflorum e asiatici
Evitare l'impiego di bulbi auto riprodotti in azienda.
I bulbi all'arrivo devono essere piantati in terreno umido, altrimenti conservare al massimo per 3 settimane a
0-2 °C oppure per 1 settimana a 2-5 °C.
Per non incorrere in danni alla successiva coltivazione si consiglia di evitare: la conservazione oltre i limiti
indicati, il disseccamento, la ricongelazione dei bulbi in torba umida a – 2°C
Trapianto
In pre-impianto si consiglia una lavorazione tra 30-40 cm seguita da lavorazioni secondarie per la
preparazione del letto di semina. Per la preparazione del letto di semina il terreno, una volta amminutato, va
sistemato in aiuole rialzate larghe 50-60 cm, alternate a passaggi di 40-50 cm; si consigliano porche più alte
in condizioni di maggior ristagno di acqua e aria. Si consiglia l'utilizzo di bulbi di diamentro maggiore nel
periodo invernale. Le date d'impianto dipendono dalle condizioni climatiche, dalle varietà e dai periodi
desiderati di entrata in produzione. Nel periodo estivo con temperature più alte utilizzare varietà con
sviluppo di steli più lunghi e ricchi di foglie. La densità d'impianto è diversa a seconda delle varietà, del
calibro dei bulbi, dalle poche d'impianto; generalmente, in estate si utilizzano densità d'impianto maggiori
(fino a 60 bulbi per mq per ibridi asiatici con bulbi calibro 10-12) mentre in autunno inverno densità
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d'impianto minori (25-35 bulbi a mq per gli ibridi orientali, lilium speciosum, longiflorum con bulbi calibro
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D'inverno piantare ad una profondità di 6-8 cm, d'estate 8-10 cm.
Si raccomanda l'utilizzo di bulbi con radici sane in quanto sono proprio quest'ultime a provvedere
all'alimentazione della pianta durante le prime 3 settimane, prima di lascire il posto alle radici dello stelo. Per
favorire il superamento della crisi da trapianto i bulbi, principalmente nel periodo estivo, possono essere
piantati in cassette con torba e fatti radicare in ambiente controllato a 9-13 °C per 3 settimane fino al
raggiungimento di una altezza di 10 cm dello stelo e non prima che si siano sviluppate le radici dello stelo.
Cure colturali
Dopo l'impianto bagnare più volte assicurandosi che il terreno aderisca bene ai bulbi. Assicure sempre il
giusto grado di umidità durante e dopo lo sviluppo delle radici dello stelo.
Per alcune varietà è necessario tutorare le piante con reti di plastica. Per il controllo delle infestanti si
consiglia di pacciamare.
Fertilizzazione
Il lilium necessita di pochi nutrienti nelle prime 3 settimane. Dopo tale periodo somministrare azoto per
favorire la levata. Si consiglia di utilizzare concimi contenenti basso tenore di fluoro. Apportare sostanza
organica, preferibilmente letame bovino in ragione di 10kg /mq
Per il calcolo dei quantitativi di elementi fertilizzanti da somministrare alla coltura, è necessario fare
riferimento alle asportazioni, di cui si riportano di seguito i valori medi per varietà appartenenti ai seguenti
gruppi:
Tipo di prodotto
Asiatici – pianta intera
Speciosum – pianta intera
N
P2O5 K2O
Asportazioni (g/mq) 10,09 1,00 10,7
16,1 1,71 15,1
Caratteristiche dell'acqua d'irrigazione
Il lilium è sensibile alla salinità. In linea di massima si consigliano i seguenti valori:
Conducibilità elettrica <0,75 dS/m,
tenore in cloro: fino a 200 mg/litro in serra e fino a 450 mg/litro in pien'aria.
Nel caso in cui i parametri dell’acqua da utilizzare divergano significativamente da quelli sopra indicati le
possibili soluzioni sono:
− vasca di recupero dell’acqua piovana;
− adozione impianto di desalinizzazione (osmosi inversa);
− aumentare la frequenza e i volumi d'irrigazione;
Metodi Irrigui
Sono sempre raccomandati gli impianti a microportata per ridurre i costi di gestione e per consentire il
risparmio delle risorse idriche. Si consiglia l’adozione di impianti a goccia. Su terreni molto sciolti e in estate
si può utilizzare anche un impianto per aspersione soprachioma per mitigare le alte temperature.
Volumi di adacquamento e turni
Si consigliano volumi di irrigazione non superiori a 15- 20 litri/mq. Turni irrigui ogni 3-4 giorni nel periodo
estivo mentre in inverno ogni 7-8 giorni.
Nel caso degli impianti a goccia si riducono le quantità di acqua, mentre aumenta la frequenza degli
interventi. Per questi ultimi, in linea di massima, i volumi si aggirano intorno ai 5 lt/mq.
Raccolta
Raccogliere nelle ore fresche e limitare al minimo la conservazione a secco prima della selezione e del
confezionamento (non più di un'ora). Lo stadio di maturazione ottimale è non appena i primi boccioli si sono
ben colorati. I fiori, anche se appena aperti, possono danneggiarsi durante il trasporto. Per l'imballaggio
utilizzare cartoni forati per allontanare l'etilene che accellera la maturazione. Il trasporto deve avvenire in
cella frigo e all'arrivo i fiori devono essere posti in acqua dopo aver reciso obbliquamente lo stelo. Si
consiglia di utilizzare sempre acqua di conservazione pulita per evitare l'occlusione dei vasi da parte dei
batteri con conseguente appassimento dei fiori.
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Selezione e confezionamento
Per quanto riguarda la valutazione qualitativa e l'attribuzione della categoria commerciale, i principali
parametri da tenere presenti sono i seguenti:
- altezza e buona conformazione dello stelo;
- eliminazione delle foglie basali;
- numero di boccioli sulla spiga;
- giusto grado di maturazione dei boccioli.
Prima del confezionamento si eliminano le foglie basali per circa l0 cm. Si confezionano in mazzi da 10 steli
o 20 steli (uniflori), non rag- gruppati in pacchi, e conservati in frigorifero a basse temperature.
Le categorie di qualità sono le seguenti:
- "extra": lunghezza minima > 80 cm (asiatici e longiflorum) e > di 60 cm (uniflori), con stelo dritto e
robusto, foglie pulite ed assenza di attacchi parassitari, con spighe portanti almeno 6 boccioli fiorali (asiatici)
o 4 boccioli (orientali e longiflorum) ben formati (cioè in grado di aprirsi);
- "prima": lunghezza minima 80 cm (asiatici), 80 cm (longiflorum) e 60 cm (uniflori), stelo diritto e robusto,
con almeno 4 boccioli ben formati (asiatici), almeno 3 boccioli (orientali e longiflorum);
- "seconda": prodotto meno vigoroso ma portante minimo 3 boccioli ben formati (asiatici) e 2 boccioli
(orientali e longiflorum).
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GLADIOLO
Esigenze pedologiche
PARAMETRI PEDOLOGICI
Profondità utile alle radici
Drenaggio
Tessitura
Calcare
pH
Conducibilità elettrica
Sostanza organica
VALORI CONSIGLIATI
Non inferiore ai 40 cm
E’ richiesto un buon drenaggio anche per la necessità di
allontanare, mediante irrigazioni dilavanti, i sali in eccesso che si
accumulano nel terreno in coltura protetta.
Il gladiolo non ha particolari esigenze di terreno anche se
predilige i terreni areati e profondi
Da assente a moderatamente calcareo <5% CaCO3
6,0-7,5 ottimale 6,5
Alte concentrazioni saline hanno un effetto negativo
sull'accrescimento della pianta. La quantità totale di sali, espressa
come conducibilità elettrica dell'estratto saturo (ECe) deve essere
compresa tra 0,5 e 1,5 dS/m
2-3%
Esigenze climatiche
Il gladiolo può essere coltivato sia in serra (fredda o riscaldata per ottenere le più pregiate produzioni
invernali) che in piena aria. Non predilige eccessivi innalzamenti della temperatura, specie in condizioni di
bassa luminosità.
PARAMETRI CLIMATICI
VALORI CONSIGLIATI
Vanno distinte le esigenze in funzione della luminosità
disponibile, pertanto:
- temperatura minima: -1/-2°C, al di sotto di 5°C si arresta la
Temperatura
vegetazione
- temperatura ottimale: 10/12°C di notte e 16/20°C di giorno
- temperatura massima: 35°C (30°C con scarsa luminosità)
Non superiore a 70-75%. All'interno delle serre l'UR deve essere
Umidita'
mantenuta il più possibile costante attorno al valore del 60%,
con tolleranza del ±10% fra giorno e notte.
Fotoperiodo
Si tratta di una pianta longidiurna (minimo 14-16 ore di luce)
Si avvantaggia di luminosità piuttosto elevate (30-45.000 lux),
Luminosita'
durante il periodo estivo in alcune zone dell'Italia meridionale
può essere necessario l’ombreggiamento.
Scelta varietale
Nella scelta delle varietà da utilizzare, generalmente si tiene conto dell’epoca di coltivazione e dei colori
maggiormente richiesti in corrispondenza del periodo previsto in base alla programmazione della fioritura,
che vista la grande disponibilità di cultivar, può essere assicurata in tutti i periodi dell'anno. Al fine di
assicurare il buon esito della coltivazione, altro parametro che assume sempre maggiore importanza nella
scelta delle varietà è sicuramente la valutazione dei caratteri di resistenza nei confronti delle principali
fitopatie Infatti, attraverso il conseguente contenimento dei quantitativi di fitofarmaci utilizzati, si persegue
sia l’obiettivo di contenere l’impatto ambientale, che quello della riduzioni dei costi di produzione.
Inoltre le varietà si possono suddividere in 3 grandi gruppi commerciali:
- ibridi a gran fiore;
- ibridi di Primulinus;
- ibridi Gladiolus x Colvillii.
I gladioli di gran lunga più utilizzati sono gli ibridi a gran fiore, che possono essere ulteriormente classificati
in base a:
• calibro del bulbo (da 10 a 14+);
• durata del ciclo (70 gg. precoci; 90 gg. medio-precoci; 120 gg. tardivi)
• colore:
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Impianto
Il gladiolo viene riprodotto per bulbetti. I bulbi vengono prodotti da ditte specializzate e sono generalmente
coperte da brevetti. Generalmente dopo l'arrivo i bulbi devono essere piantati in terreno umido, ma possono
essere frigoconservati per una settimana ad una temperatura fra i 2°C e 5°C, fino ad un massimo di tre
settimane ad una temperatura compresa fra 0 e 2°C. Si consiglia di evitare l'impiego di bulbi autoriprodotti in
azienda.
In merito all’epoca e alla densità d’impianto bisogna fare un distinguo tra:
Coltivazione in piena aria
Gli impianti avvengono solitamente in 2 periodi:
- estivo (giugno-luglio), al fine di ottenere la fioritura in corrispondenza della ricorrenza dei defunti.
- primaverile (da gennaio a marzo), per la produzione estiva.
Coltivazione in coltura protetta
Di solito si procede all'impianto nella prima metà di settembre in modo da ottenere la fioritura in dicembregennaio, evitando di orientare la scelta su quelle cultivar particolarmente esigenti in fatto di luminosità
(rischio di produzione di "steli ciechi). La durata della coltivazione è strettamente connessa alla cultivar
utilizzata ed all'epoca d'impianto, infatti il ciclo produttivo oscilla tra 70 ed 120 giorni, con una certa
variabilità in funzione del tipo di coltivazione (piena aria, serra fredda, serra riscaldata).
La densità ottimale è di 25-30 bulbi/mq lordo in estate e 20-25 bulbi/mq lordo per colture autunno-vernine.
Le modalità di impianto sono comuni a tutti i tipi di coltivazione, mentre varia, essenzialmente, la densità di
trapianto (bulbi/m2), in funzione del calibro prescelto e del periodo (generalmente si adottano calibri dei
bulbi, per impianti autunno invernali di 14 o +14 e per impianti estivi calibri di10-12. Il bulbo deve essere
piantato ad una profondità pari alla sua altezza, evitando trapianti troppo profondi per la possibilità di
insorgenza di marciumi ai bulbi e alle radici.
Il terreno viene sistemato in porche baulate per evitare ristagni, con larghezze di circa 50 cm, lasciando un
passaggio di 50 cm, mentre le file vengono distanziate tra loro, secondo il sesto prescelto, tra i 15 ed i 30 cm,
con una le distanza sulla fila di 10-15 cm. L’impianto può realizzarsi anche in file semplici distanziate di
circa 50 cm, con distanze tra i bulbi sulla fila di circa 10 cm.
Cure colturali
In fase di impianto il terreno deve essere sufficientemente fresco, infatti successivamente si effettuano
frequenti nebulizzazioni al fine di rinfrescare l’ambiente, ridurre la traspirazione e la conseguente crisi di
trapianto.
Altre operazioni che si possono rendere necessarie durante il ciclo colturale sono le seguenti:
- la sarchiatura:
- la rincalzatura: è una operazione facoltativa, viene fatta quando le piante hanno formato la terza foglia ed è
particolarmente utile in estate; spesso viene effettuata in pieno campo per evitare l'uso dei sostegni;
- eliminazione dei bulbi laterali: viene effettuata sui gladioli a fiore grande per avere un prodotto di migliore
qualità;
- eliminazione dei germogli laterali: si esegue specialmente nelle piantagioni tardive.
Fertilizzazione
La concimazione del gladiolo, in considerazione della brevità del ciclo colturale, viene in gran parte
realizzata in pretrapianto che riveste una enorme importanza per il buon esito della coltivazione. In copertura
si effettuano al massimo 2-4 interventi di fertirrigazione, con fertilizzanti idrosolubili ed in giusto rapporto
N:P:K durante le fasi vegetativa e produttiva.
All’impianto va evitato l’utilizzo di concimi fosfatici e potassici quando dall’analisi del terreno risultino
dotazioni, rispettivamente, superiori a 100 mg/kg (= ppm) di P2O5 e potassici con dotazioni superiori a 360
mg/kg di K2O (metodo acetato di ammonio).
Può essere utile procedere ad una correzione del pH se superiore ai valori ottimali, (indicativamente 50-100
g/m2 di zolfo o 100-150 g/m2 di solfato ferroso o 3 – 4 g/m2 di acido citrico in fertirrigazione)
La quantità di elementi asportati varia spesso considerevolmente con la cultivar, tuttavia, nella concimazione
di copertura si possono tenere presenti le seguenti asportazioni medie:
Tipo di prodotto
Intera pianta
asportazione
g/pianta
N
P2O5
K2O
0,66
0,63
2,5
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Se la coltura viene effettuata su un terreno per il quale è stata effettuata una buona concimazione di base, si
potrà intervenire in copertura durante il germogliamento e la levata con 3-4 interventi in fertirrigazione con
concimi idrosolubili, con rapporto consigliato N:P:K 1:0,7:2 alla concentrazione dell'1-1.5 ‰ (1-1.5 kg per
1000 l di acqua). In fase produttiva si può intervenire con apporti di concimi più ricchi di potassio e
magnesio per favorire una buona colorazione e formazione della spiga. Il gladiolo, come la maggior parte
delle specie floricole, si avvantaggia di apporti di sostanza organica al terreno nella fase di pretrapianto con
prodotti ben compostati.
Caratteristiche dell'acqua d'irrigazione
Il gladiolo, come tutte le bulbose, è molto sensibile alla qualità dell’acqua di irrigazione. In linea di massima
sono utilizzabili per l’irrigazione le acque con le seguenti caratteristiche:
• conducibilità elettrica (ECw) pari a 0.75-1 dS/m (corrispondente ad una salinità di 0.5-0.6%o) e S.A.R.
inferiore a 1,5-2;
• basso tenore in sodio (intorno alle 20-30 mg/L) ed in cloro;
• basso contenuto di bicarbonati;
La tolleranza massima di cloro nell'acqua utilizzata per l'irrigazione in serra è di 200 mg/L e in piena aria di
450 mg/L. Acque irrigue con ECw superiori 0.75 e fino a 2 dS/m o con valori di cloro superiori a quelli
indicati sono ancora utilizzabili ma occorre aumentare la frequenza delle irrigazioni ed il volume di
adacquamento di circa il 15-25%.
Metodi Irrigui
E’ importante assicurare una uniforme distribuzione dell'acqua d’irrigazione. E' preferibile adottare sistemi a
microportate di erogazione (goccia, microspruzzatori e simili), anche per una migliore razionalizzazione
della pratica della fertirrigazione. Su terreni molto sciolti si può utilizzare anche un impianto del tipo per
aspersione sottochioma. In pieno campo è possibile ricorrere anche all'irrigazione per scorrimento.
Volumi di adacquamento e turni
I quantitativi sono funzione della natura del terreno (più o meno sabbioso) e dello sviluppo della pianta. I
2
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volumi di adacquamento si aggirano intorno ai 15 l/m (massimo 20 l/m ) per i sistemi ad aspersione
sottochioma, con turni bisettimanali nel periodo estivo. In inverno il numero di interventi irrigui si riduce
notevolmente. Per quanto concerne gli impianti a goccia i volumi si aggirano intorno ai 5 l/mq, con consumi
settimanali di 15-20 l/mq.
Raccolta
Si procede all'estirpazione dell'intera pianta e al taglio poco al di sopra del bulbo, eliminando eventuali
residui di terra. La raccolta va effettuata quando i primi fiori (1-2) iniziano l'antesi (apertura) e mostrano
appena il colore. I gladioli devono essere tenuti in posizione eretta, poichè l'apice del fiore si orienta nelle
direzione della luce.
Selezione e Confezionamento
Per la selezione e confezionamento, come prima operazione si eliminano le foglie basali per circa 10 cm. Le
unità di confezionamento sono i mazzi da 10 steli o da 20 steli, facoltativamente assemblati in pacchi da 2, 3
o 5 unità e si conservano in frigorifero a basse temperature (4°C).
Le categorie merceologiche sono:
- "Extra": lunghezza minima di 120 cm, con stelo diritto e robusto, foglie pulite ed assenza di attacchi
parassitari, con spighe portanti almeno 7-8 boccioli fiorali ben formati (cioè in grado di aprirsi);
- "Prima": lunghezza minima 100 cm, stelo diritto e robusto, con almeno 5-6 boccioli ben formati;
- "Seconda": prodotto meno vigoroso ma portante minimo 3-4 boccioli ben formati.
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POINSETTIA
Esigenze pedologiche
La Poinsettia (Euphorbia pulcherrima) è una pianta piuttosto sensibile alle malattie fungine ed agli stress
in genere, pertanto andrà posta grande cura nelle pratiche di invasatura.
- Fare molta attenzione a non piantare troppo profondamente.
- Rincalzare il substrato solo in prossimità dei bordi del vaso (dunque lontano dal colletto)
Per evitare stess climatici:
- Umidificare la serra prima di disporre i vasi
- Disporre, subito dopo l'invaso, i vasi uno contro l'altro così da creare un microclima ideale ed una rapida
ripresa vegetativa.
- Utilizzare esclusivamente talee ben radicate così da ridurre al minimo i danni al colletto durante il
maneggiamento delle stesse per l'invaso. Le Poinsettie richiedono substrati di coltivazione con elevate
qualità fisico/chimiche. Le caratteristiche fisiche sono determinate dalla scelta dei componenti del substrato
mentre quelle chimiche possono essere corrette durante la coltivazione mediante adeguate concimazioni. Le
caratte ristiche di un substrato adatto alla Poinsettia sono:
- Capacità di ritenzione dell'acqua non deve mai superare il 50% del volume. In tal modo si elimina il
rischio di asfissia radicale e si riduce notevolmente la capacità di aggressione di malattie fungine quali
Pythium, Thielaviopsis basicola, Rhizoctonia, Phytophtora e Botrytis.
- Contenuto salino del substrato - non deve mai superare i 2 g/L.
Infatti, pur considerando la Poinsettia una pianta tollerante la alta salinità, un eccesso di concentrazione
provoca nelle radici una cresci- ta ridotta ed una predisposizione alle malattie fungine.
Composizione del substrato - I substrati vanno definiti in funzione del sistema di irrigazione; al proposito,
potremmo schematizzare così:
- per irrigazione tradizionale, si suggerisce di utilizzare substrati a base di esclusiva torba, misti di torba
chiara e scura, a struttura fine clfe garantiscano una buona ritenzione idrica nella stagione calda. E'
assolutamente necessario bagnare con cautela, soprattutto nella stagione autunnale. In questi substrati la
maggior capacità di assorbimento rende meno probabile l'eccesso di salinità e compensa meglio le
variazioni del pH.
- per irrigazione a goccia, si suggerisce l'uso di un substrato come quello per l'irrigazione tradizionale ma
con una maggior percentuale di torba chiara e arricchito con argilla colloidale di qualità che consen- ta la
produzione di piante più compatte e stabili, anche in questo caso la maggior capacità di assorbimento
diminuisce sensibilmente il rischio di eccessi di salinità.
- per irrigazione a flusso e riflusso, si suggerisce l'uso di substrati a base di torba chiara, di buona
struttura, che garantiscano solitamente una crescita rigogliosa e veloce. Chi è dotato di questi impianti
solitamente riesce a controllare perfettamente la salinità, ciononostante è consigliabile l'arricchimento di
questi substrati con argilla di qualità e con perlite o polistirolo per ridurne la capacità di ritenzione.
Valore del pH. Il valore ideale del pH dovrà essere compreso tra 5,5 e 6,5. Un pH troppo basso o troppo alto
causa facilmente delle carenze nutrizionali che si evidenzieranno sulla pianta con bordi fogliari schiari- ti ed
ampie deformazioni della foglia. In caso di pH troppo basso si potrà aggiungere al substrato del carbonato di
calcio; in caso di valore di pH troppo alto, bisognerà intervenire sulla soluzione di fertirrigazione corregendola con dell'acido nitrico.
Esigenze climatiche
La temperatura ha un'importanza fondamentale nella coltura della Poinsettia. In questo paragrafo, si
procederà prima ad una rapida ricognizione dei parametri fondamentali e, dunque, si passerà a verificare i
rapporti tra le diverse fasi della coltivazione, la luce e gli altri fattori critici della coltivazione.
Il criterio di base di qualsiasi tecnica colturale è di rapportare, nella giusta misura, i diversi parametri
"energetici" della specie: temperatura/umidità, luce e nutrizione.
-Inizio coltura
Per favorire una buona ripresa della vegetazione si suggerisce di mantenere la temperatura ad un minimo
notturno di 18° C.
-Fase di sviluppo
Durante l'estate la Poinsettia sopporta piuttosto bene le alte temperature. È da rilevare che ad un aumento
della temperatura bisogna intervenire con un adeguato aumento di U.R., un incremento della luminosità (in
estate normalmente è di tipo naturale), ed una abbondante irrigazione integrata con le dovute concimazioni.
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Decisamente più delicate per la buona riuscita della coltivazione sono le fasi di induzione a fiore e di
sviluppo delle brattee, fino alla fioritura.
-Influenza della temperatura sull'induzione a fiore
La fioritura delle Poinsettie avviene in un ampio range di temperature (da 14 a 25 °C). Tuttavia si ritiene
ottimale una temperatura diurna/noturna da 20 a 22 °C.
Può, alle volte, rendersi necessario anticipare o ritardare la fioritura per errori i programmazione o per
andamento stagionale particolare; a tal proposito è fondamentale tener presente combinazioni di
temperature con diurna più bassa della notturna favoriscono la fioritura, (sebbene non programmato, in
annate con autunno particolarmente freddo, questo capita in quelle aziende che abitualmente accendono le
caldaie esclusivamente in serata). Combinazioni di temperatura con diurna più alta e notturna più bassa, viceversa rallentano la fioritura (questo avviene negli anni in cui gli autunni miti inducono i coltivatori a rinviare
l'avvio stagionale delle caldaie); temperature particolarmente calde (oltre i 24 - 25 °C) provocano un ritardo
critico dell'induzione a fiore. In sostanza, insieme all'accorcia- mento del giorno, la pianta ha la necessità di
"sentire" la riduzione della temperatura per avviarsi alla fioritura.
Per condizioni artificiali di giorno corto (circa 10 ore di luce), si consiglia comunque di indurre un seppur
lieve abbassamento della tempera- tura notturna arieggiando le serre durante la notte.
-Influenza della temperatura e della luce sulla grandezza delle piante e sulla loro capacità di germogliare
La grandezza delle piante di Poinsettia (altezza e diametro) viene determinata in sostanza dalla temperatura
media diurna e dalla quantità di luce a disposizione. Combinazioni di temperatura con diurna più alta e
notturna più bassa provocano una crescita più vigorosa (piante più lunghe e foglie più grandi) rispetto a
temperature diurne e notturne uguali a pari temperatura media giornaliera. In sostanza, l'altezza delle piante
sarà determinata dalla temperatura durante la coltivazione nel periodo di giorno lungo, mentre il numero e la
qualità dei germogli secondari sono determinati dalla quantità di luce ed in misura assolutamente minore
dalla temperatura. Potremmo dunque dire che una buona gestione della temperatura e della luce porterà alla
formazione di piante di buona taglia, ben accestite e di buona qualità.
-Influenza della temperatura e della luce sullo sviluppo della brattea e sulla sua grandezza
Alte temperature diurne e notturne (superiori ai 22 °C) durante lo sviluppo delle brattee stimolano una
fioritura precoce ed un maggior sviluppo della superficie delle brattee. Contemporaneamente, un simile
andamento della temperatura provoca una caduta precoce dei ciati ed una più facile comparsa di malattie
fungine legata ad un indebolimento generale della struttura cellulare delle foglie.
Per ovviare a questo inconveniente e produrre comunque in breve tempo delle brattee di buone dimensioni,
sono da consigliare temperature notturne più basse rispetto a quelle diurne, durante la fase di sviluppo delle
brattee. Un riferimento ideale sarà: 24 °C di giorno e 16 °C di notte.Una simile gestione delle temperature
consentirà anche un notevole risparmio energetico. Va comunque tenuto presente che le brattee si sviluppano
essenzial- mente in condizione di luce intensa. La luce debole in questa fase può portare ad un ritardo di due
o più settimane. Sarà dunque buona norma, durante il mese di ottobre, eliminare l'ombreggiamento.
Fattori influenzati dalle temperature p redominanti
Organizzazione delle foglie
Sviluppo di foglie e di fiori
Incremento della crescita
Crescita superficie foglie
Immagazzinamento riserve
Serbevolezza pianta
Periodo di fioritura
preferibilmente tra 20 e 25 °c
ideale avere temperatura diurne e notturne uguali
alla temperatura medla giornaliera
si suggerisce una combinazione con temperatura
diurna più alta rispetto a lla temperatura notturna
si suggerisce una combinazione con temperatura
diurna più alta rispetto alla temperatura notturna
temperatura diurna medio alta ma anche notturna
più bassa
suggerisce una combinazione con temperatura
diurna più alta rispetto alla temperatura notturna
per fioritura regolare temperatura costante durante
il periodo di indicazione. Per anticipare la fioritura
differenziata di temperatura negativa (notturna più
alta della diurna). Per ritardare la fioritura
differenza di temperatura positiva (diurna più alta
della notturna). Alle nostre latitudini ottenere una
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Altezza delle Piante
differenza di temperatura negativa è sempre
piuttosto complesso.
temperatura media diurna nella fase di crescita
medio/alta
L'effetto cool morning
Un abbassamento della temperatura per un periodo anche solo di due o tre ore durante le prime ore del
mattino, comporta una riduzione della crescita delle piante in altezza, dando un effetto "brachizzante" che
in molti casi può sensibilmente migliorare la qualità globale della piaQta aumentandone la compattezza.
È evidente che tale pratica si può conseguire esclusivamente in paesi piuttosto freddi; infatti, nelle calde
giornate estive la possibilità di abbas- sare considerevolmente la temperatura diurna esiste solo nei paesi del
Nord-Europa.
L'effetto "cool morning" appare tanto più evidente quanto più a lungo e maggiormente si può abbassare la
temperatura. La temperatura media diurna desiderata deve comunque essere raggiunta, altrimenti si
provocherà un allungamento del tempo di coltivazione.
- Nel periodo dell'induzione, che è sicuramente quello maggiormente critico nella coltivazione della
Poinsettia, devono essere perseguite delle temperature diurne costanti da 18 a 20 °C. In tal frangente
intervenire così: temperatura di ventilazione o raffrescamento da 18 a 20°C, temperatura di riscaldamento da
16 a 18 °C. Nel periodo successivo, a minor intensità luminosa, per il buon sviluppo della brattea è
necessario aumentare le temperature suindicate di un paio di gradi, ad esempio: temperatura di ventilazione
da 20 a 22 °C, temperatura di riscaldamento da 18 a 20 °C.
Va comunque tenuto presente che per la produzione di piante compatte con germogli di lunghezza uniforme
è assolutamente indispensabile effettuare trattamenti brachizzanti.
Scelta varietale e tipologia di prodotto
La molteplicità delle forme e dei tipi che negli ultimi anni sono giunti sul mercato ha causato una sorta di
"confusione linguistica" nel denominare e, quindi nell'individuare, singole forme particolari. Sembra
indispensabile pertanto definire un raggruppamento dei tipi più comuni e di maggior interesse.
- Mini multigermoglio: - allevata in vasi da 6, 7 e 8 cm di diametro
- Mini unigermoglio: allevata in vasi da 5,5 e 6 cm di diametro
- Midi (poinsettia da tavolo) - allevata in vasi da 9 e 10 cm di diametro
- Alberelli - piccoli : potati una sola volta, alti fino a cm 50
- Alberelli - medioalti: potati una sola volta, alti fino a cm 100-120
- Alberelli - alti: potati una sola volta, alti fino a cm 120-150
- Piramidi: piante piccole in vasi da 14 o 16 cm di diametro e piante grandi in contenitori
da l a 3 litri di volume.
- Pendenti :allevate solitamente in basket da 20/25 cm di diametro.
Per tutte le tipologie sopra indicate bisogna considerare che prima di procedere al diradamento delle piantine
si provvede alla cimatura delle stesse lasciando dalla 7 alle 10 foglie (a seconda del tipo di piante che si
vuole ottenere). Appena le piantine cominciano a sviluppare nuove foglie si procede al diradamento onde
evitare probblemi di "filatura”.
Si ritiene opportuno analizzare con attenzione i procedimenti colturali per la produzione delle "forme
particolari". È da tener presente che per tutte le colture da effettuarsi in vasi di diametro inferiore a 12 cm,
l'irrigazione deve necessariamente essere fatta per imbibizione del substrato, quindi con bancali a flusso e
riflusso.
Mini multigermoglio
Materiale di moltiplicazione
Si raccomanda l'uso di piante giovani, radicate direttamente in vasi finali, e ben provviste di radici. Si coltiva
usualmente tanto in vaso da 7 cm che in vaso da 8 cm, ma si preferisce, di solito, quello da 8 cm per motivi
di opportunità commerciale.
Impianto
Spazio occorrente
Per vasi da 7 cm di diametro da 35 a 42 piante/m2
Per vasi da 8 cm di diametro da 28 a 34 piante/m2
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Cure colturali
Inizio della coltivazione
Le “mini multigermoglio” vanno di regola consegnate e piantate dalla 32° alla 38° settimana. La durata della
coltivazione va normalmente da dieci a dodici settimane.
Le “mini multigermoglio” devono essere potate al più presto dopo essere state piantate. È sufficiente
prevedere un breve periodo di acclimatamento di l - 2 settimane prima della potatura. Si deve provvedere ad
una lieve spuntatura asportando da 1,2 a 1,6 cm dalla punta del germoglio.
Trattamenti brachizzanti
Per una coltivazione "normale" (che vada a conclusione nel petiodo natalizio) non devono essere effettuati
trattamenti con prodotti a base di clormequat dopo il l5 ottobre.
Giorno corto
Questa forma di coltivazione può essere effettuata anche per vendita in periodi diversi da quello natalizio
(sebbene tale mercato è, in Italia, praticamente inesistente). A tal fine si inizia l'oscuramento quando i
germogli laterali hanno raggiunto una lunghezza di circa 1,5 cm. Di regola questo accade tra la 3° e la 4°
settimana dopo la potatura. Quando l'obiettivo è di produrre una pianta molto piccola si potrà iniziare
l'oscuramento anche subito dopo la potatura.
Fertilizzazione
Il mantenimento con sostanze nutritive, uniforme e costante nel tempo, è particolarmente importante causa
la piccola quantità di substrato contenuta nei vasi. Si ricomincerà con la concimazione 2 - 3 giorni dopo aver
piantato. Si consiglia di concimare con sali minerali con rapporto 15:11:15 (N:P:K), integrati con chelati di
ferro e microelementi.
La concentrazione della soluzione di irrigazione non deve comunque superare i 1.800 mS ed il pH dovrà
essere corretto in un range da 5,5 a 6,5 (valore, quest'ultimo, da non superare assolutamente).
Metodi irrigui
Un innaffiamento equilibrato ed omogeneo nei vasi piccoli è estremamente difficile e richiede la massima
cura. Si consiglia pertanto la coltivazione su bancali a flusso e riflusso o al limite su tappetino assorbente,
sebbene le piante non debbano in alcun caso essere innaffiate esageratamente.
Volumi di adacquamento e turni
A secondo dell'anda- mento stagionale si procede al massimo a due cicli di irrigazione giornalieri.
Mini unigermoglio
Materiale di moltiplicazione
Si raccomanda l'uso di piante giovani radicate direttamente in vasi finali e ben provviste di radici. Si
sconsiglia l'uso di talee da radicare o con callo. Questi prodotti, infatti, comportano il trasferimento di un
rischio parziale dall'azienda di produzione di giovani piante a quella di produzione di piante finite.
Impianto
Si possono piantare da 50 a 70 piante/m2 (la densità dipende dalle varietà che si scelgono, dalla settimana di
consegna e dallo scopo di produzione).
Cure colturali
Le mini unigermoglio non devono essere potate. Sono consentiti trattamenti brachizzanti, eseguiti
contemporaneamente alla concimazione, con formulati a base di clormequat (2-3 interventi a distanza di
circa 14 giorni). Il trattamento va interrotto 3 - 4 settimane prima della vendita.
Giorno corto: Questa forma di coltivazione può essere effettuata anche per vendita in periodi diversi da
quello natalizio. (sebbene tale mercato è in Italia praticamente inesistente). Si potrà iniziare l'oscuramento
subito dopo l'im- pianto in serra delle piante radicate.
Fertilizzazione
Il mantenimento con sostanze nutritive, uniformi e costanti nel tempo, è particolarmente importante causa la
piccola quantità di substrato contenuta nei vasi. Si ricomincerà con la concimazione 2 - 3 giorni dopo aver
piantato. Si consiglia la concimazione con sali minerali con rapporto 15 : 11 : 15 (N : P : K) integrati con
chelati di ferro e microelementi. La concentrazione della soluzione di irrigazione non deve comunque
superare i 1.800 mS ed il pH dovrà essere corretto in un range da 5,5 a 6,5 (valore, quest'ultimo, da non
superare assolutamente).
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Metodi Irrigui
Un innaffiamento equilibrato ed omogeneo nei vasi piccoli è estrema- mente difficile e richiede la massima
cura.
Volumi di adacquamento e turni
Si consiglia pertanto la coltivazione su bancali a flusso e riflusso o al limite su tappetino assorbente, sebbene
le piante non debbano in alcun caso essere innaffiate esageratamente.
Midi - poinsettia da tavolo
Materiale di moltiplicazione
Talee ben radicate.
Impianto
Si piantano di regola dalle 24 alle 30 piante/m2. Si utilizza il vaso da 9 cm di diametro ma, anche quello da
10 cm è altrettanto adatto.
Cure colturali
All’inizio della coltivazione, le “midi” vanno di regola piantate dalla 32a alla 36a settimana. La durata della
coltivazione va normalmente da dodi- ci a quattordici settimane e si consiglia substrato speciale per
Poinsettie. Le “midi” devono essere potate dal 12° al 16° giorno dopo essere state piantate. È buona norma
non potare in modo lieve. Asportare almeno l ,5 - 2,0 cm dall'apice del germoglio.
Giorno corto. Questa forma di coltivazione può essere effettuata anche per vendita in periodi diversi da
quello natalizio. (sebbene tale mercato è in Italia praticamente inesistente). A tal fme si inizia l'oscuramento
quando i germogli laterali hanno raggiunto una lunghezza di circa 1,5 cm. Di regola questo accade tra la 3a e
la 4a settimana dopo la potatura. Quando l'obiettivo è di produrre una pianta molto piccola si potrà iniziare
l'oscuramento anche 5 o 10 giorni dopo la potatura.
Per la Fertilizzazione, Metodi Irrigui e i Volumi di adacquamento e turni, le tre procedure vengono effettuate
come per la coltivazione di Poinsettia Standard
Alberelli
Materiale di moltiplicazione
Talee ben radicate
Impianto
Grandezza dei vasi
Si piantano sempre in vasi da 10- 11 cm di diametro per poi trapiantarle. Si possono anche piantare
direttamente nei vasi definitivi ma bisogna prevedere un allungamento dei tempi di coltivazione di circa 2
settimane.
Di regola si utilizzano, per:
- Alberelli piccoli
vasi da 13 cm
- Alberelli medio/alti vasi da 3 litri
- Alberelli alti
vasi da 8 litri
Cure colturali
Sfrondatura
Nel caso degli alberelli, come evidente, le pratiche di potatura sono assolutamente diverse da quelle previste
per qualsiasi altra coltivazione. In realtà si procederà all'eliminazione di tutti i germogli laterali al di sotto
della corona, non facendo mai superare ad essi la lunghezza di cm 2. Si lasceranno, nella parte alta, solo 8 –
l0 germogli, necessari per la formazione della corona.
Le foglie del gambo dei germogli laterali vengono lasciate fino a circa 4 settimane dalla vendita. In quel
periodo saranno sfrondate con un coltello molto tagliente.
Potatura
L'epoca di potatura determina l'altezza del prodotto desiderato. Per i piccoli alberelli a gambo corto essa
avviene una sola volta tra la 6ae la 7a settimana di coltivazione. Per ottenere gambi medio/alti e alti si poterà
corrispondentemente più tardi per raggiungere l'altezza voluta.
Dopo la prima spuntatura sono consentiti trattamenti brachizzanti con formulati a base di clormequat (2-3
interventi a distanza di circa 14 giorni).
Fertilizzazione
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Si suggerisce di concimare due volte alla settimana con concime minerale in rapporto 15:11:15 (N: P:K),
completo di ferro e microelementi. La concimazione dovrà cominciare due settimane dopo l'invaso e dovrà
terminare quando metà delle brattee sono formate.
I gambi delle Poinsettie hanno bisogno di un grande apporto di sostanze nutritive.
I contenuti di sostanze nutritive dovranno essere:
inizio della coltivazione
fine della coltivazione
Salinità totale da 1500 a 2000
Salinità totale da 2500 a 3000
Azoto da 100 a 200
Azoto da 100 a 150
Fosforo da l00 a 200
Fosforo da 150 a 300
Potassio da l00 a 300
Potassio da 150 a 250
N.B. i contenuti sono espressi in mg/L
Piramidi
Materiale di moltiplicazione
Talee ben radicate.
Impianto
In funzione della grandezza desiderata della pianta, si puo mvasare dalla 24a alla 27a settimana. Piantando
alla 24a settimana si otterrà, se ben coltivata, una pianta di circa 75 cm di altezza.
Si consiglia l'invaso in vasi da 10 - 11 cm per far seguire il trapianto nel contenitore definitivo dopo 3 - 4
settimane. Per varietà a crescita vigo- rosa si utilizzeranno contenitori finali da litri 5 mentre, per varietà a
crescita medio/lenta, si preferiranno contenitori da litri 3. Per Piramidi di misura inferiore si potrà utilizzare
un vaso da cm 16 di diametro. Per la misura standard (h = 75 cm) si potranno coltivare da tre a cinque piante
a m2 netto di serra.
Cure colturali
Potatura e formazione
Il germoglio principale non viene potato. Staccando i singoli germogli e potando oculatamente la cima dei
germogli laterali si arriverà alla costituzione di una forma piramidale. In alcuni casi, e per alcune varietà, si
potranno potare anche i germogli singoli al fine di promuovere la fonna- zione di maggiore massa vegetante.
Fertilizzazione
Si suggerisce di concimare due volte alla settimana con concime minerale in rapporto 15:11:15 (N:P:K),
completo di ferro e microelementi.
La concimazione dovrà cominciare due settimane dopo l'invaso e dovrà terminare quando metà delle brattee
saranno formate.
I gambi delle Poinsettie hanno bisogno di un grande apporto di sostanze nutritive. È buona norma effettuare
con regolarità analisi di controllo del terreno.
Piante Pendenti
Materiale di moltiplicazione
Talee ben radicate.
Impianto
L'impianto va effettuato dalla 29a alla 33a settimana, in relazione al momento di fioritura e alla dimensione
desiderata del prodotto finale.
Per piantare viene adoperato un contenitore a cio- tola, provvisto di una serie di aperture sulla parte
inferiore. Il diametro del vaso sarà da 20 a 25 cm (in Italia non sono in produzione).
Cure colturali
Comunque, per la formazione delle piante, sono necessarie almeno 5 - 7 settimane prima dell'inizio del
giorno corto. In base al diametro del contenitore, si possono piantare dalle 5 alle 7 piantine. È essenziale che
le piante siano molto uniformi. I contenitori sono appesi, opportunamente liberi, fin da principio. Le Potatura
devono essere potate al più presto dopo essere state piantate. È sufficiente prevedere un breve periodo di
acclimata- mento di l - 2 settimane prima della potatura. Si deve provvedere ad una lieve spuntatura
asportando da l ,2 a l ,6 cm dalla punta del germoglio. Dopo la prima spuntatura sono consentiti trattamenti
brachizzanti con formulati a base di clormequat (2-3 interventi a distanza di circa 14 giorni).
Fertilizzazione
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Il mantenimento con sostanze nutritive, uniformi e costanti nel tempo, è particolarmente importante a causa
della piccola quantità di substrato contenuta nei vasi. Si ricomincerà a concimare 2 - 3 giorni dopo aver
piantato. Si consiglia la concimazione con sali minerali con rapporto 15:11:15 (N:P:K), integrati con chelati
di ferro e microelementi.
La concentrazione della soluzione di irrigazione non deve comunque superare mai i 1.800 mS ed il pH dovrà
essere corretto in un range da 5,5 a 6,5 (valore, quest'ultimo, da non superare assolutamente).
Metodi Irrigui
Trattandosi di contenitori appesi, risulta evidente la necessità di un impianto di irrigazione a goccia. Per una
maggiore omogeneità nell'irrigazione, si suggerisce, di prevedere due punti acqua per vaso.
La costanza nell'effettuare questi trattamenti porterà ad una maggiore uniformità delle piante.
Selezione e Confezionamento
Durante i vari stadi della filiera possono venirsi a creare dei cambiamenti microclimatici in grado di
modificare le potenzialità di durata delle piante. Al fine di garantire nel tempo le caratteristiche qualitative
del prodotto, che rappresentano un vantaggio competitivo che rafforza il mercato delle pian- te fiorite, la
pianta deve essere protetta da busta di polietilene a sezione trapezioidale di dimensioni variabili in relazione
al vaso e alla tipologia di pro- dotto e posta in scatola. Il confezionamento in scatole di cartone facili da
maneggiare rappresenta la soluzione ideale per ottimizzare il trasporto, in quanto evita il maltrattamento del
prodotto (ammaccature, rotture dei petali, ecc) e quindi garantisce la migliore qualità al consumatore.
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ARALIA (Fatsia japonica)
Esigenze pedologiche
PARAMETRI PEDOLOGICI
Profondità utile alle radici
Drenaggio
Tessitura
Calcare
pH
Conducibilità elettrica
Sostanza organica
VALORI CONSIGLIATI
Non inferiore ai 40-50 cm
Buono
Franco, terreno sciolto e permeabile
da assente a mediamente calcareo (<5% CaCO3 totale)
leggermente acido o intorno alla neutralità, pH ottimale 6,5-7,5
1,5-2,0 dS/m (estratto in pasta satura)
ricco di sostanza organica (>2-3%)
Esigenze climatiche
L’aralia viene coltivata in pien’aria sotto rete ombreggiante ed una pianta pluriennale (durata media in
coltivazione 4-5 anni) e pertanto, essendo una pianta rustica, non necessita di particolari cure colturali, si può
coltivare all’aperto, al riparo però dai raggi diretti del sole, nei luoghi che non siano sottoposti ad intense
gelate, anche se sopporta temperature di pochi gradi sotto lo zero se la vegetazione è ferma, in tali casi
evitare i ristagni di umidità pena la perdita dei germogli.
PARAMETRI CLIMATICI
VALORI CONSIGLIATI
La temperatura minima 5°C, al di sotto si arresta la vegetazione, anche se
Temperatura minima
sopporta temperature di pochi gradi sotto lo zero. La temperatura
ottimale è di circa 18 - 20° C di giorno e 14 - 16° C di notte.
Temperatura massima
Soffre oltre i 28 - 30°C;
Umidità
Tollera umidità relative del 70 - 75%.
Non gradisce la luce diretta del sole; l’intensità luminosa ottimale è di
Luminosità
8.000 - 11.000 lux, pertanto viene coltivata in pien’aria sotto rete
ombreggiante.
Scelta varietale
Oltre al tipo “classico” dalle foglie verde scuro, di gran lunga il più diffuso, se ne conoscono due varietà
originatesi per mutazione:
“Variegata aurea” : caratterizzata dalla foglia bordata di giallo, uso per fronda recisa;
“Moseri “: nana, utilizzata per la produzione di vasi come pianta ornamentale.
Impianto
II sesto di impianto più comune prevede una distanza tra le file delle piante singole di 100-120 cm, mentre
sulla fila tra i 70 ed 100 cm. La densità di impianto si aggira quindi intorno ad 1 pianta/m2.
L’impianto può essere realizzato in giugno-luglio utilizzando piantine provenienti da: seme, talea apicale e
polloni. Quando si utilizzano piantine da talea, la formazione delle foglie da taglio è più rapida, anche se di
durata economica della coltivazione è leggermente inferiore. Per le piante che si ottengono dal seme, questo
viene raccolto generalmente a settembre, si effettua la semina in vasetti di torba (4-5 semi per vaso) e dopo
circa un anno le piantine vengono trapiantate direttamente nel terreno in primavera. Il seme ha una
percentuale di germinazione del 60%. È importante disinfettare preventivamente il terreno ed effettuare
buche di 30 x 30 cm profonde 30 cm, riempite con torba e pomice in parti uguali per favorire un ambiente
subacido e un buon drenaggio. Le buche sono disposte su 2 file con un sesto d’impianto di 70 x 70 - 100 cm,
e un passaggio di 120 cm, pertanto nel caso il sesto di impianto sia il minimo (70 x 70 cm), la densità di
impianto arriva a circa 2 piante/ mq. La pianta entra in produzione dopo circa un anno. Per ottenere una
produzione fogliare di qualità superiore è necessario diminuire la densità di impianto.
Cure colturali
La durata economica della coltivazione in piena terra per foglia recisa è in media 4 anni, anche oltre nel caso
di habitat particolarmente favorevoli (permeabilità del suolo) e sesti di impianto non eccessivamente fitti. La
durata è leggermente inferiore per la varietà “variegata aurea”.
Si possono distinguere due diverse tipologie di coltivazione:
- coltura in piena terra per foglia recisa;
- coltura in vaso per pianta ornamentale;
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La preparazione del terreno potrà essere effettuata come riportato schematicamente di seguito:
- Asportazione residui della coltura precedente
- Lavorazione: non inferiore a 40-50 cm
- Disinfezione
- Distribuzione di correttivi ammendanti e fertilizzanti
- Indispensabile procedere all'analisi del terreno in pre-impianto. Se necessario correggere il pH.
- Somministrare sostanza organica e fertilizzanti minerali.
- Lavorazione: fresatura, con conseguente interro dei concimi a non meno di 20-25 cm.
- Preparazione delle porche: è consigliabile realizzare una baulatura sufficientemente alta, in quanto la specie
soffre il ristagno idrico.
E’ necessario dotare la coltivazione di:
- un impianto ombreggiante con rete al 70%, con struttura alta almeno 3 m, con reti nere che garantiscano un
valore di Lux non superiore a 9.000 – 10.000.
- un impianto d’irrigazione per aspersione per prevenire possibili fisiopatie e per abbassare la temperatura
ambientale della coltura nelle giornate più calde.
La potatura si effettua nel breve riposo vegetativo invernale, eseguendo una forma di capitozzatura a 80-100
cm di altezza, per mantenere la pianta bassa e favorire la produzione laterale delle foglie.
Un intervento di tecnica colturale dalla cui riuscita dipende la durata economica della coltivazione è
costituito dalla capitozzatura, che viene effettuata al secondo anno e permette di prolungare per altri due o
più anni la coltivazione senza che la pianta si allunghi eccessivamente (può raggiungere anche i 2,5 m di
altezza). Due sono gli accorgimenti da attuare: effettuare il taglio a ripresa vegetativa già iniziata, di solito
negli ambienti meridionali questo avviene nel mese di aprile; disinfettare la superficie di taglio (ad esempio
con una delle paste in commercio) per evitare la discesa del secco.
Fertilizzazione
Per il calcolo del quantitativo di elementi fertilizzanti da somministrare alla coltura è necessario fare
riferimento alle asportazioni, di cui si riportano di seguito i valori medi (kg ha-1 anno-1) per le foglie, relativi
ad una coltivazione quadriennale:
N
44,4
Asportazioni di elementi nutritivi in Aralia japonica
P
K
9,9
51,3
Ogni anno è consigliabile, prima della ripresa vegetativa, effettuare una concimazione organica (es.
cornunghia) miscelata con della torba per acidificare il terreno. Le maggiori carenze riscontrate nella coltura
dell’aralia sono determinate dalla mancanza dei seguenti elementi:
Ferro: entra nella costituzione di vari enzimi e regola numerosi processi bio-chimici tra i quali la sintesi della
clorofilla e la fotosintesi. La carenza di ferro è legata ad un eccesso di fosforo nel terreno, a ristagno idrico,
ed elevata presenza di microelementi antagonisti (Mn, Cu, Zn, Mo). Sintomo di questa carenza è la presenza
nelle foglie giovani di diffusi ingiallimenti internervali, le nervature inizialmente rimangono verdi ma in
seguito ingialliscono.
Magnesio: è il costituente centrale della molecola della clorofilla. L’assorbimento è ostacolato da grandi
quantità di potassio e calcio. In caso di carenza sulle foglie vecchie si manifestano ingiallimenti o clorosi
internervali che in alcuni casi necrotizzano.
Manganese: favorisce la sintesi della clorofilla e la fotosintesi clorofilliana. Gli eccessi di ferro ne
determinano una carenza e le calcitazioni del terreno ne riducono l’assorbimento. La carenza di manganese si
manifesta sulle foglie con clorosi internervali, le nervature rimangono verdi conferendo alla foglia un aspetto
intensamente reticolato. Nella coltivazione dell’aralia è di fondamentale importanza l’apporto di ferro
durante l’accrescimento, che si verifica in concomitanza con l’aumentare delle temperature, in quanto con il
caldo diminuisce la mobilità di questo elemento all’interno della pianta. È stato effettuato un monitoraggio
sulla situazione e sull’evoluzione della clorosi ferrica (classico sintomo della carenza di Ferro) su un
campione abbastanza ampio di aziende attraverso rilevazioni effettuate in due periodi diversi del ciclo di
sviluppo.
L’aralia è particolarmente sensibile alla salinità e alle variazioni di pH, pertanto si consiglia di utilizzare in
fertirrigazione un correttivo per modificare la salinità e dell’acido citrico per abbassare il pH.
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Metodi Irrigui
E’ consigliabile coltivare questa specie grazie all’utilizzo di forme di irrigazione localizzate ad alta
efficienza. Le irrigazioni devono essere regolari ed abbondanti nel periodo più caldo dell’anno, mantenendo
il terreno costantemente umido, ma evitando i ristagni d’acqua che potrebbero creare problemi all’apparato
radicale. In inverno invece sarà bene diradare le operazioni di irrigazione, provvedendo solo di tanto in tanto
e nebulizzando le foglie in caso di clima secco.
Impianto di irrigazione per aspersione sottochioma: razionale distribuzione dell’acqua e della soluzione
nutritiva (fertirrigazione), utile anche per contenere gli eccessi termici in estate (ma se l’acqua è calcarea può
sporcare le foglie).
Volumi di adacquamento e turni
Le irrigazioni si susseguono generalmente con turno bisettimanale in estate, diradandosi notevolmente in
inverno (visto che, essendo in piena aria, riceve l’apporto meteorico). Durante il periodo più caldo dell’anno
è consigliabile praticare, anche più volte al giorno, soprachioma, nebulizzazioni con la funzione principale di
ridurre la temperatura.
Raccolta
La produzione si aggira intorno alle 20-30 foglie/m2 all’anno, a partire dal 2° anno d’impianto, il primo giro
di raccolta si effettua a giugno-luglio e si continua fino all’estate successiva con un breve riposo invernale. Il
taglio va effettuato quando la foglia è completamente distesa, di colore verde scuro e di consistenza coriacea.
Selezione e Confezionamento
Le foglie idonee alla commercializzazione come reciso, devono avere lembi fogliari interi, lancinature
assenti, essere pulite senza macchie da eventuali residui (fitofarmaci, di sostanze disciolte nelle acque, ecc.),
colore verde scuro lucido, mature cioè non eccessivamente tenere, ben formate, nella fase di raccolta il taglio
alla base netto e senza la parte allargata del picciolo (più bianca). La grandezza delle foglie in una unità di
presentazione deve essere uniforme.
Per il confezionamento il criterio di scelta è il codice (minimo) di larghezza, rappresentato dalla misura del
diametro più esterno delle foglie e varia in una scala di 5cm, il minimo è 15 cm e almeno cinque punte dei
lembi fogliari, devono rientrare all’interno della circonferenza fatta dal diametro del codice di larghezza ed il
picciolo deve essere lungo almeno il 50% della misura del codice di larghezza indicato. Le foglie vengono
confezionate a decine legate con un piccolo elastico e possono essere assemblate in pacchi da 5 decine, tutte
nello stesso verso, pagina inferiore su pagina superiore
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ASPARAGUS
Le principali specie di asparago coltivato per le sue fronde sono: Asparagus plumosus, Asparagus sprengeri,
Asparagus meyeri.
Esigenze pedologiche
PARAMETRI PEDOLOGICI
Profondità utile alle radici
Specie
Asparagus plumosus
Asparagus sprengeri
Asparagus. meyeri
Asparagus plumosus
Drenaggio
Asparagus sprengeri
Asparagus. meyeri
Tessitura
Asparagus plumosus
Asparagus sprengeri
Asparagus. meyeri
Asparagus plumosus
Calcare
pH
Sostanza organica
Asparagus sprengeri
Asparagus. meyeri
Asparagus plumosus
Asparagus sprengeri
Asparagus. meyeri
Asparagus plumosus
Asparagus sprengeri
Asparagus. meyeri
VALORI CONSIGLIATI
> 40-50 cm
> 40-50 cm
> 40-50 cm
molto permeabili in quanto teme i ristagni di
umidità
A differenza dell’A. plumosus resiste meglio
al contenuto argilloso del terreno
Più resistente ai ristagni idrici rispetto a A.
plumosus
sciolti, profondi
sciolti, profondi
sciolti, profondi
da assente a mediamente calcareo (<5%
CaCO3 totale)
A differenza dell’ A. plumosus resiste meglio
al calcare del terreno
Come A. meyeri
acido con un pH ottimale di 5.5-6.5
pH ottimale va da 6 a 7
pH ottimale va da 6 a 7
ricco di sostanza organica (>2-3%)
ricco di sostanza organica (>2-3%)
ricco di sostanza organica (>2-3%)
Esigenze climatiche
Asparagus plumosus
È una pianta sciafila, pertanto necessita di ombreggio con reti al 60-75% per ottenere una luminosità
compresa tra gli 11.000 e i 33.000 lux. La temperatura ottimale è di 18-20° C e l’umidità relativa intorno al
75 %. Predilige terreni freschi, sciolti, poveri di calcare e ricchi di ferro, profondi e molto permeabili in
quanto teme i ristagni di umidità.
Asparagus sprengeri
E' più rustico in quanto ad esigenze di terreno ed è più resistente alle basse temperature rispetto all'Asparagus
plumosus. Trova impiego anche come pianta da vaso.
Asparagus. meyeri
In confronto con A. plumosus è meno esigente rispetto al tenore di sostanza organica del terreno. Il suo
rapporto nutrizionale può anche aumentare per contenuto in azotati.
Impianto
Asparagus plumosus - Nella maggior parte dei casi, la propagazione di A. plumosus avviene per seme. Altri
sistemi potenzialmente utilizzabili sono la divisione del cespo e il ricorso a talee; in quest’ultimo caso è
consigliabile ricorrere a porzioni erbacee di fusto, dotate almeno di 2 o 3 nodi, che vanno poste a radicare in
inverno in substrati leggeri ben drenati, a temperatura ambientale di 16-18°C. L’utilizzazione dei semi,
consente di ottenere piante più vigorose, qualitativamente più pregiate e anche più produttive. Inoltre, la
crescita delle piante nate da seme è più rapida e richiede un minor numero di interventi colturali. Le piante
nate da seme presentano però una elevata variabilità fenotipica; infatti, praticamente non esiste una
produzione specializzata di seme di A. plumosus, essendo di solito il prodotto secondario di colture da
fronda.
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Semina: la germinabilità dei semi di A. plumosus si mantiene, di norma, entro limiti piuttosto ridotti (5060%), mentre il processo avviene con molta lentezza (20-35 gg) ed è distribuito in un lasso di tempo molto
ampio (10-15 gg). I valori sono molto variabili a conferma dell’influenza che le tecniche produttive hanno
sulle caratteristiche dei semi. La semina si effettua in marzo-aprile, in cassette in cui si sia disposto un buon
terriccio sano e molto permeabile per uno strato di 20-25 cm. E’ di fondamentale importanza effettuare una
concia al seme. L’impianto si effettua da marzo a luglio, generalmente con piante derivanti da seme.
Asparagus sprengeri - Molto simile per esigenze e tecnica colturale all’ A. plumosus, dal quale differisce per
la presenza dei rami molto più lunghi, sarmentosi, che possono superare 1,50 m, con cladodi piatti ed
appuntiti, del tutto simili a foglie lanceolate molto strette. Le radici sono inserite su di un corto rizoma, sono
carnose con grossi tubercoli acquosi che servono come riserva.
Asparagus meyeri – La densità di impianto è generalmente minore di quella adottabile in A. plumosus.
Cure colturali
Prima dell’impianto è necessario effettuare una corretta preparazione del terreno, con una lavorazione
profonda a 70 cm, una disinfezione e una fresatura finale per interrare la concimazione di fondo. È
importante piantare le giovani piante superficialmente, evitare la disidratazione delle piantine e irrigare
subito dopo l’impianto evitando allo stesso tempo ristagni di umidità. È poi necessario completare
l’impianto con reti ombreggianti al 60-75% (a seconda dell’esposizione) e un impianto d’irrigazione per
aspersione.
L’impianto viene effettuato da marzo a luglio inoltrato. Subito dopo l’impianto occorre ombreggiare e
mantenere un buon livello di umidità nel terreno e nell’aria per favorire la ripresa vegetativa. Una tecnica
molto utilizzata è quella della pacciamatura che non solo consente un miglior bilancio idrico e termico del
terreno, ma rende superfluo il ricorso alle sarchiature meccaniche, cui la specie è particolarmente sensibile.
Prima del risveglio vegetativo si può praticare il diserbo chimico. Per il plumosus è poi necessario eseguire
la spuntatura dei rami, che se non cimati danno luogo alle corone. I rami spuntati non richiedono sostegno e
si sviluppano meglio dal punto di vista vegetativo.
Fertilizzazione
L’Asparagus risulta essere una coltura molto sensibile alla salinità: sia per la permanenza sullo stesso terreno
per parecchi anni, sia per la coltivazione in ambiente protetto e quindi difficilmente esposto all’azione
dilavante delle piogge. Inoltre, non potendo effettuare lavorazioni superficiali e sottoponendo la pianta a cicli
alterni di irrigazione ed asciutta in funzione del ciclo vegetativo annuale, notevoli sono i rischi legati
all’accumulo di elementi in superficie che poi vengono soltanto parzialmente disciolti dalle abbondanti
irrigazioni eseguite ad inizio ripresa vegetativa. Quindi risulta di fondamentale importanza razionalizzare le
concimazioni privilegiando l’apporto degli elementi in fertirrigazione, monitorare i contenuti di nutrienti nel
terreno attraverso periodiche analisi ed optare per prodotti che presentano il più basso indice di salinità.
Asportazioni di elementi nutritivi in asparago ornamentale
Per il calcolo dei quantitativi di elementi fertilizzanti da somministrare alla coltura, è necessario fare
riferimento alle asportazioni, di cui si riportano di seguito i valori medi per pianta:
Asportazioni (g/pianta/anno)
N
I anno
153.0
22.6
II anno
283.3
37.8
III anno
177.2
32.1
P2O5
K2O
87.6
167.5
139.5
Caratteristiche dell'acqua d'irrigazione
Elevate sono, invece, le esigenze idriche; l’irrigazione richiede estrema cura, poiché la specie non sopporta i
ristagni di umidità, anche per breve tempo.
Metodi irrigui, volumi di adacquamento e turni
L'irrigazione è localizzata; tenuto conto che l’apparato radicale è molto superficiale si consiglia di evitare
irrigazioni abbondanti che possono provocare dannosi ristagni di umidità, per cui in funzione del terreno
occorrono circa 15-20 l/m2 ogni 7-8 giorni.
Raccolta
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Di particolare importanza è la scelta del momento ottimale di raccolta delle fronde. La raccolta deve essere
effettuata man mano che le fronde raggiungono la maturità fisiologica, cioè quando la fronda si presenta
consistente e di colore verde scuro. Se, infatti, la raccolta è troppo ritardata, le fronde risultano ormai
ingiallite e il loro valore commerciale è fortemente ridimensionato, mentre anche la successiva ripresa
vegetativa della pianta può risultare ritardata. Al contrario, una raccolta troppo anticipata fornisce un
prodotto di minore durata e determina un ridotto accumulo di materiali di riserva a livello dei rizomi. La
tecnica ideale di raccolta è quella scalare, che però comporta costi di manodopera elevati. La quantità e la
qualità della produzione variano, inoltre con l’invecchiamento della pianta: generalmente nei primi tre anni
le produzioni sono quali-quantitativamente migliori, mentre negli anni successivi, oltre a diminuire la
quantità, si ottengono produzioni di minor pregio.
In particolare, nella coltivazione di A. plumosus è necessario eseguire la spuntatura dei rami, che se non
cimati danno luogo alle corone. I rami spuntati non richiedono sostegno e si sviluppano meglio dal punto di
vista vegetativo; mediamente si producono 250-300 fronde/mq all’anno.
Selezione e Confezionamento
Asparagus plumosus
Il fogliame di Asparagus plumosus può essere presentato sotto forma di
- palme (rami di forma regolare, paragonabile ad una foglia di palma),
- rami privi di apice (rami la cui estremità superiore è stata spuntata e che hanno l'aspetto di una ghirlanda di
fronde). Il fogliame deve essere ben sviluppato, con stelo ben guarnito di fronda ed essere provvisto di
cladodi solidamente attaccati.
Le palme non devono essere spuntate né presentare vegetazioni secondarie.
La raccolta si effettua quando gli steli hanno completato il loro sviluppo e hanno raggiunto il colore verde
scuro.
Le unità di confezionamento sono a decina e a 50 steli. L’assemblaggio avviene a 5 unità, senza nessun
involucro.
Asparagus meyeri
Si presenta con fusti filiformi, arcuati, ricadenti, con piccole spine uncinate, ricoperti di cladodi rigidi e
lineari con cladodi di colore verde tenue. La raccolta si effettua quando gli steli sono ben formati e le foglie
non troppo giovani (tenere), cioè steli rigidi, provvisti di apice, ben ricoperti dalle foglie di colore verde,
esenti da semi, puliti alla base per 10 cm. Il criterio di scelta è la lunghezza dello stelo, minimo 30 cm e varia
asecondo le classi di lunghezza Le unità di confezionamento sono a decina e l’assemblaggio sono a pacco da
5 unità. L’involucro, il sacchetto di plastica è facoltativo
Asparagus sprengeri
Il fogliame di Asparagus sprengeri deve avere le seguenti caratteristiche qualitative:
- ben sviluppato, non spuntato e senza vegetazioni secondarie,
- ben guarnito di cladodi solidamente attaccati,
- esente da ingiallimento,
- esente da semi.
I rami di Asparagus sprengeri presentati in mazzi devono avere lunghezze sensibilmente omogenee.
Il fogliame di Asparagus sprengeri deve essere presentato in mazzi di 100, 250 o un multiplo di 250g.
in mazzi di 100, 250 o un multiplo di 250g.
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TABACCO KENTUCKY
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifica per la produzione integrata di
tabacco Kentucky.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell’area di coltivazione è di fondamentale importanza in
riferimento alle esigenze della coltura.
La scelta sarà particolarmente accurata in caso di nuova introduzione della coltura e/o di nuovi gruppi
varietali nell’ambiente di coltivazione.
Suolo
Il tabacco Kentucky trova le migliori condizioni, oltre che nei terreni franchi, anche negli areali con terreni
tendenzialmente argillosi purché ben dotati di sostanza organica, ed è molto sensibile ai ristagni di umidità.
Anche per la coltivazione del tabacco Kentucky è da scartare qualsiasi terreno che contenga cloruri che ne
deprimono fortemente la combustibilità. Il tabacco Kentucky preferisce un pH di 6,0-6,5 ma tollera anche
condizioni di alcalinità.
Esigenze climatiche
Il tabacco, essendo una specie a ciclo primaverile-estivo, ha esigenze termiche abbastanza elevate. La
temperatura minima di germinazione è 13°C, mentre quella ottimale è 25-30°C e la massima 38°C. Per lo
sviluppo delle piantine post-trapianto sono necessarie temperature del terreno superiori a 12-14°C e medie
giornaliere atmosferiche sopra i 16°C. Temperature diurne di 25-30°C e notturne di 16-20°C sono ottimali
per l’accrescimento del tabacco Kentucky.
In pieno campo il tabacco è in grado di resistere anche a bruschi abbassamenti di temperatura ma ciò
comporta un ritardo dello sviluppo vegetativo, soprattutto se questi eventi sono prolungati. Le minime
notturne non dovrebbero scendere sotto i 13°C.
SCELTA VARIETALE
E DEL MATERIALE DI PROPAGAZIONE
La scelta varietale si esegue valutando le specifiche condizioni pedoclimatiche in cui si opera, individuando
quelle cultivar che si distinguono per caratteristiche superiori, intese come produttività, qualità e resistenza a
fitopatie, per poter in ogni caso essere pronti a rispondere alle mutevoli condizioni del mercato. Nelle aree
interne, caratterizzate da una stagione vegetativa breve, bisogna tenere soprattutto conto della precocità delle
cultivar.
Nell'areale campano, tipico per la coltivazione di questo tabacco, è molto diffuso l'ecotipo Riccio
beneventano. Tra i materiali disponibili, la cultivar SKL, che è stata valutata molto positivamente dall’ ex
Unità per le Colture alternative al tabacco (CRA CAT) per l’uso in areale beneventano.
Per gli ecotipi locali, non iscritti al registro nazionale o comunitario, l’uso delle sementi autoriprodotte in
azienda è consentito esclusivamente per il reimpiego aziendale.
L’agricoltore che intende utilizzare piantine proveniente da seme autoprodotto in azienda, può trasferirlo
“in conto lavorazione” presso un vivaio autorizzato.
Lo spostamento del materiale vegetale deve essere preventivamente notificato al Servizio
Fitosanitario competente per territorio (riferito sia alla sede legale dell’azienda agricola che a quella del
vivaista). Il materiale prodotto deve essere destinato esclusivamente al reimpiego aziendale, con
esclusione di ogni forma di cessione a terzi. Il vivaista è obbligato a tenere tale partita in conto
lavorazione separata dalle restanti produzioni vivaistiche.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO
Subito dopo la raccolta della coltura precedente, si deve eseguire l’aratura del terreno ad una profondità
variabile in funzione della sua tessitura tra 35 e 40 cm. Essendo importante anticipare l’epoca di trapianto,
con le lavorazioni si dovrà favorire, oltre al deflusso dell’acqua, un’anticipata preparazione del letto di
trapianto. Nei terreni di medio impasto, o tendenzialmente argillosi, è consigliabile eseguire una
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lavorazione a doppio strato (ripuntatura più aratura superficiale) o un’aratura tradizionale prima
dell’inverno, entrambe seguite da un’estirpatura e una o due erpicature con erpice rotante per un’ottimale
preparazione del letto di trapianto. Durante il ciclo colturale sono solitamente eseguiti dei lavori
consecutivi, ovvero una o più sarchiature che permettono sia il controllo delle erbe infestanti sia
l’interruzione delle perdite di acqua per risalita capillare. Se è adottato il sovescio, si consiglia di procedere
di norma ad una rippatura (al fine di rompere la suola di lavorazione dell’aratro e favorire così lo sgrondo
delle acque) e fresatura autunnale per la semina della specie da sovescio seguita dall'aratura primaverile per
l'interramento del sovescio, con successivo lavoro di affinamento per il trapianto del tabacco.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
L’avvicendamento colturale ha l’obiettivo di preservare la fertilità del suolo, limitare le problematiche legate
alla sua stanchezza ed alla specializzazione delle infestanti, malattie e fitofagi, migliorare la qualità delle
produzioni.
Per il tabacco in indirizzi specializzati, nel quinquennio è consentita una successione con un’altra coltura,
prevedendo al massimo un ristoppio per ciascuna di esse.
Sono ammessi due ristoppi del tabacco a condizione che la coltura inserita tra i due ristoppi non appartenga
alla famiglia delle solanacee.
SEMINA
Attualmente la pratica più diffusa di produzione delle piantine è il Float System che consiste nell’allevare
piantine in contenitori alveolati da 190-220 fori riempiti con un substrato costituito da una miscela di torba
scura e torba bionda. I contenitori sono fatti galleggiare su una soluzione acquosa di elementi fertilizzanti in
vasche che sostituiscono le tradizionali aiuole. L’investimento ideale è di 1000-1200 piante a metro
quadrato. Le soluzioni nutritive presentano specifiche caratteristiche di conducibilità elettrica e rapporto tra i
principali nutrienti (N:P:K). In particolare, la profondità dell’acqua nelle vasche è almeno inizialmente pari a
10-15 cm, con una conducibilità elettrica tra 0,40 e 1,00 dS cm-1, pH tra 5,5-6,5 e un rapporto tra gli elementi
nutritivi di 2:1:2 (N:P:K). Di solito tutti e tre gli elementi nutritivi sono distribuiti all’immissione dei vassoi
in acqua alle dosi di 120-150 g m-3 di azoto e di potassio e 50-75 g m-3 di fosforo. Allo stadio di crocetta si
aggiungerà azoto in quantità variabili tra 50 e 100 g m-3.
TRAPIANTO
L’epoca di trapianto è influenzata principalmente dalle condizioni pedoclimatiche; tuttavia c’è la tendenza ad
anticipare, per quanto possibile il trapianto, al fine di anticipare anche le fasi successive del ciclo. In
Campania, in virtù anche del clima tipicamente mediterraneo, in annate ordinarie le piantine sono trapiantate
entro la fine di aprile-inizi di maggio, per evitare o comunque limitare i periodi di carenza idrica.
La scelta dell’investimento ottimale è fondamentale perché da questo dipendono la quantità e qualità del
prodotto.
Densità di semina consigliate sono: da 0,9 – 1 m tra le file e 0,9-1,0 m sulla fila, per un investimento
variabile tra 10000-12000 piante ha-1.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura L’apporto di azoto, data la sua elevata mobilità nel suolo,
deve essere basato sulle reali esigenze della pianta stabilendo la più appropriata dose e momento di
intervento. Questo vuol dire che le applicazioni devono essere frazionate e si consiglia di intervenire in
almeno due fasi colturali: al trapianto ed all’inizio della fase di allungamento dello stelo (momenti di
massima richiesta dell’elemento da parte della coltura).
Gli eccessi di azoto sono da evitare sempre perché da un lato deprimono la qualità (riduzione di aroma,
gusto, combustibilità, potere di riempimento etc.), senza peraltro migliorare in alcun modo la risposta in
termini quantitativi, dall’altro incrementano inutilmente i costi colturali (acquisto di prodotti e loro
distribuzione) ed ambientali (inquinamento di acque e suoli).
Relativamente agli altri elementi, meritano speciale attenzione il potassio, che favorisce una migliore
combustibilità, ed il calcio che in giuste quantità migliora l’aroma ma, se in eccesso, deprime la
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combustibilità. In entrambi i casi, le giuste dosi vanno individuate dal rapporto dotazioni naturali/esigenze
della coltura (piani di concimazione).
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
secondo quanto stabilito dal vigente “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva
91/676/ CEE (Direttiva nitrati).
Fertilizzazione organica
Buona pratica da incentivare soprattutto per il Kentucky è il ritorno alla concimazione organica. La
concimazione organica si può eseguire mediante sovescio, letamazione e impiego di compost.
Nel sovescio, diffuso in zone ad agricoltura relativamente intensiva, l’utilizzo di leguminose, che rimane una
delle forme più economiche per migliorare il bilancio dell’azoto, è praticabile solo se non deve sostituire
colture da reddito. In pieno campo il periodo utile è settembre-aprile, quando è possibile coltivare
leguminose microterme, come favino, lupino e veccia. La pratica della letamazione è di grande beneficio per
il tabacco, ma si dovrà porre particolare attenzione alla scelta del letame da distribuire per quanto riguarda
origine e stato di maturazione. Bisogna evitare, per l’elevato contenuto di cloruri, l’utilizzazione di liquami e
pollina. La concimazione organica mediante l’impiego di compost maturo è una pratica di grande valore
ambientale, che apporta grandi quantità di sostanza organica al terreno. Gli apporti massimi annuali devono
variare in funzione della dotazione in sostanza organica, (bassa dotazione di sostanza organica: 13 t s.s. ha-1 normale dotazione di sostanza organica del terreno: 11 t s.s. ha-1 - elevata dotazione di sostanza organica: 9 t
s.s. ha-1), ma anche dell’N totale contenuto.
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, cioè moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Profondità radicale media e coefficienti colturali (kc) delle principali fasi fenologiche del tabacco.
Stadi fenologici
Profondità radicale
kc
(cm)
Post-trapianto
15
0,3-0,5
Da inizio levata al bottone fiorale
30
0,6-0,8
Fino al 50% di foglie raccolte
50
1,0-1,2
Oltre
50
0,6-0,8
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
Si riportano di seguito i volumi di adacquamento massimi per intervento (m3/ha):
Tipo di terreno
Post-trapianto
Argilloso
Franco
Sabbioso
100,0
90,0
75,0
Da inizio levata Fino al 50% di Oltre
al bottone fiorale foglie raccolte
200,0
350,0
350,0
185,0
300,0
300,0
150,0
250,0
250,0
I volumi irrigui massimi per intervento, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per aspersione e per le
manichette ad alta portata; viceversa non ci sono limitazioni per gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo,
ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è necessario effettuare il bilancio idrico.
L’utilizzo di volumi di adacquamento ridotti, determinando stress idrici controllati, potrebbero consentire la
produzione di tabacchi con maggiore contenuto di nicotina.
L’acqua utilizzata deve avere una conducibilità elettrica massima di 1.0 dS/m, tuttavia i decrementi di resa
sono abbastanza contenuti all’aumentare del livello di conducibilità.
DIFESA E DISERBO
Nel caso del Kentucky particolare attenzione va messa nel controllo della pulce (Epytrix hirtipennis) che è
influenzata dalla tempestività degli interventi, in relazione all’andamento delle popolazioni, e non dal
numero degli stessi. Negli areali con presenza dell’insetto porre maggiore attenzione alla manipolazione
delle foglie per evitare incrementi dei danni da rottura.
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” della
Regione Campania vigenti.
CIMATURA E CONTROLLO DEI GERMOGLI
Per una buona gestione di questa coltura, un’operazione fondamentale è la cimatura che dovrebbe avvenire
generalmente intorno alle 12-14 foglie. La cimatura precoce dà origine a un numero inferiore di foglie ed
un più alto contenuto di alcaloidi.
Dopo la cimatura, è necessario eseguire il controllo dei germogli che si originano dalle gemme situate
all'ascella delle foglie e si sviluppano in conseguenza della rimozione della dominanza apicale. La presenza
di germogli determina riduzioni delle rese e peggioramento qualitativo dovuto alla bassa presenza nelle
foglie di amido e di conseguenza di zuccheri riduttori. La tecnica per il controllo dei germogli si basa
sull'impiego di fitoregolatori in 1 o 2 passaggi. Tenere sempre presente all’atto dell’applicazione le norme
vigenti che regolano le deroghe per l’uso di questi presidi chimici.
RACCOLTA E CURA
Per avere una buona qualità è fondamentale raccogliere foglie al giusto grado di maturazione.
Non raccogliere alcuna foglia prima che sia trascorso l’intervallo di sicurezza (periodo di carenza) dei
diversi prodotti fitosanitari utilizzati per la difesa della coltura e per il controllo dei germogli.
Nel Kentucky la raccolta si esegue preferibilmente nel pomeriggio, iniziando dalle foglie apicali per
procedere poi verso il basso; è preferibile raccogliere il tabacco leggermente immaturo per avere un minor
contenuto in nicotina; va assolutamente evitata la raccolta di tabacco molto maturo.
Nel Kentucky la cura si esegue a fuoco diretto ("fire cured"); le essenze arboree consigliate sono quelle
“forti”, costituite da quercia, cerro, ecc. Sono da escludere legni resinosi che conferiscono aromi
indesiderati alle foglie.
Fondamentale per una buona cura è evitare la costipazione del tabacco che può causare ristagno di umidità,
innalzamento della temperatura e difficoltà di arieggiamento. Il tabacco deve essere predisposto nei locali di
cura in maniera uniforme. Il processo di cura si svolge in quattro fasi successive come di seguito riportate:
- ingiallimento della lamina: si dispongono le foglie nel locale che si tiene chiuso per 2-4 giorni a
temperatura ambiente con temperature ottimali intorno ai 35-36°C e umidità molto elevata (87-88 %);
- ammarronamento: dopo la fase di ingiallimento si accendono dei piccoli fuochi avendo cura che si
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produca soprattutto fumo. La temperatura intorno ai 30°C è mantenuta per circa 36 ore; successivamente è
portata gradualmente a 38-40 °C in modo da evitare la fuoriuscita di acqua dalle foglie. Questa fase dura 45 giorni con un’umidità elevata (circa 90%).
- essiccazione della lamina: quando l’ammarronamento è completato si alza progressivamente la
temperatura (incrementi ottimali sono 2 gradi ora) che non dovrebbe superare i 50°C, avendo cura di aprire
gradualmente le feritoie per favorire l’uscita dell’acqua; quando la lamina è completamente essiccata, i
fuochi si spengono e si chiudono le aperture; anche se la costola non è essiccata si può procedere alla
sfornatura.
- essiccazione della costola: l’essiccazione della costola, se la stagione non è umida, può avvenire in locali
coperti e ben arieggiati. In alcuni casi, si può procedere alla riaccensione del fuoco, si aprono le aperture e
così di seguito per 3-4 volte, fino a quando anche la costola non è completamente secca; la temperatura non
dovrebbe superare i 40-42°C; la durata di questa fase è di 5-6 giorni nelle condizioni più favorevoli.
- rinvincidimento: permette di ottenere di nuovo la consistenza pastosa della foglia facendogli riassorbire
dell’umidità.
Allestimento del prodotto
La sfilzatura del tabacco deve avvenire in ambiente con umidità relativa tale da favorire il recupero di
elasticità e il corretto grado di umidità affinché la manipolazione avvenga senza provocare rotture. Le foglie
devono essere separate per corona fogliare allo scopo di avere colli omogenei eliminando foglie di colore
verde-marcato, nere e sostanze estranee diffuse. Per l’ottenimento di un prodotto di alta qualità e integro è
indispensabile porre attenzione a eventuali sostanze estranee nel tabacco onde evitare assolutamente la
presenza di spaghi e legacci, erbe infestanti, terra e sassi, gomma, metallo, olio idraulico.
Bisogna evitare un’elevata densità del tabacco all’interno del collo per impedire un’eccessiva costipazione
che può determinare un deterioramento della qualità in funzione della temperatura e dell’umidità. Il numero
di foglie per mannocchi deve variare a seconda della classe merceologica, di appartenenza delle foglie.
Conservazione del tabacco curato
Per una buona conservazione del tabacco i locali devono essere asciutti, ben arieggiati e non contenere
sostanze che possono cedere odore al tabacco, come nafta, vernici, antiparassitari etc. Si deve garantire
l’igiene e l’assenza di qualsiasi potenziale fonte di contaminazione del tabacco sia di origine organica
(animale o vegetale) che inorganica. I colli devono essere sistemati su pedane ed essere facilmente
ispezionabili.
Il rispetto di tali disposizioni associato al controllo della temperatura e dell’umidità all’interno del locale
consente la corretta conservazione del tabacco curato.
Riduzione delle nitrosammine
La cura a fuoco diretto consente un accumulo potenziale più elevato di nitrosammine specifiche del tabacco
(TSNA) che la cura ad aria. Sono coinvolte temperature superiori, che aumentano la velocità delle reazioni
chimiche e biologiche, inoltre gas di ossido di azoto (NOx) prodotti dalla combustione del legno, fanno
aumentare la nitrosazione degli alcaloidi del tabacco.
Le seguenti pratiche contribuiscono ad abbassare le TSNAs:
• Non usare più azoto di quanto necessario;
• cimare correttamente;
• raccogliere a giusta maturazione indispensabile per il tabacco scuro fire-cured;
• sistemare nel locale il tabacco quanto prima dopo la raccolta;
• evitare un carico eccessivo nel locale e mantenere uniforme distanza tra le filze;
• curare a fuoco il tabacco scuro non più del necessario;
• cercare di iniziare la cura entro sette giorni dalla sistemazione nel locale;
• cercare di mantenere le temperature nel locale di cura a fuoco a temperature inferiori a 54°C;
• sfilzare, imballare e consegnare il tabacco nel più breve tempo possibile per evitare eventuali stazionamenti
nei locali di conservazione;
• mantenere bassa l'umidità del tabacco curato assicurandosi che sia al di sotto del livello previsto dal
contratto.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
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integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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TABACCO BURLEY
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifica per la produzione integrata del
tabacco Burley.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
Introduzione
Il tabacco Burley coltivato in regione Campania (provincia di Caserta e areali vocati nelle aree interne) è un
prodotto apprezzato dai manifatturieri di tutto il mondo per alcune caratteristiche merceologiche peculiari
quali: la gentilezza del tessuto, l'assenza di gomme, il gusto neutro, il basso tenore di alcaloidi, l'elevato
potere di riempimento e l'alta combustibilità. Tali qualità ne fanno un prodotto insostituibile come riempitivo
(“filler”) nelle sigarette american-blend, che costituiscono la massa della produzione corrente nei paesi
ricchi.
Per ottenere un tabacco Burley della qualità più richiesta occorrono particolari condizioni agro-ecologiche e
tecniche di produzione e cura adatte all’ambiente di produzione.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell’area di coltivazione è di fondamentale importanza in
riferimento alle esigenze della coltura.
La scelta sarà particolarmente accurata in caso di nuova introduzione della coltura e/o di nuovi gruppi
varietali nell’ambiente di coltivazione.
Suolo
Il tabacco Burley trova le migliori condizioni pedoclimatiche negli areali di pianura con terreni franchi e
fertili con reazione prossima alla neutralità (6.8-7.5). Buoni risultati produttivi possono essere ottenuti anche
su terreni tendenzialmente argillosi, purché privi di ristagni idrici. Sono da evitare in ogni caso terreni con
elevato contenuto di cloruri, che deprimono fortemente la combustibilità del tabacco curato.
Esigenze climatiche
Il tabacco, essendo una specie a ciclo primaverile-estivo, ha esigenze termiche abbastanza elevate. La
temperatura minima di germinazione è 13°C, quella ottimale 25-30°C. Per lo sviluppo delle piantine posttrapianto sono necessarie temperature del terreno superiori a 12-14°C. La crescita e lo sviluppo del tabacco
sono marcatamente influenzati dalle temperature notturne: basse temperature (<13°C), associate a condizioni
di elevata umidità del terreno, anticipano la fioritura e causano la diminuzione del numero di foglie per
pianta. La temperatura dell'aria ha ovviamente una forte influenza sull'accumulo di sostanza secca e
sull'espansione fogliare. Le temperature ottimali diurne per l'accrescimento del tabacco sono 25-30 °C e
quelle notturne 16-20°C.
SCELTA VARIETALE
E DEL MATERIALE DI PROPAGAZIONE
La scelta varietale si esegue valutando le specifiche condizioni pedoclimatiche in cui si opera, individuando
quelle cultivar che si distinguono per caratteristiche superiori, intese come produttività, qualità intrinseca
(azoto totale, alcaloidi totali, nitrati, combustibilità etc) e resistenza a fitopatie, per poter in ogni caso essere
pronti a rispondere alle mutevoli condizioni del mercato. Nelle aree interne, caratterizzate da una stagione
vegetativa più breve, bisogna tenere soprattutto conto della precocità delle cultivar.
Risultano iscritte al Registro varietale una decina di cultivar di cui due, la F3117 e F3119 a sviluppo
semideterminato ed adatte al futuro sviluppo della raccolta meccanizzata. Le altre linee sono del tipo a
sviluppo indeterminato e quindi caratterizzate da un numero elevato di foglie con portamento cilindrico o
tronco conico, adatte ad elevati investimenti. Per la loro scelta è opportuno fare riferimento a risultati
sperimentali condotti in Campania a cura dell’ ex Unità di ricerca per le colture alternative al tabacco (CRACAT). Nell'areale casertano sono presenti in coltivazione almeno 2 tipologie di tabacco Burley ascrivibili
all'ecotipo "casertano", caratterizzati da elevata vigoria, produttività e rusticità.
Per gli ecotipi locali, non iscritti al registro nazionale o comunitario, l’uso delle sementi autoriprodotte in
azienda è consentito esclusivamente per il reimpiego aziendale.
L’agricoltore che intende utilizzare piantine proveniente da seme autoprodotto in azienda, può trasferirlo
“in conto lavorazione” presso un vivaio autorizzato.
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Lo spostamento del materiale vegetale deve essere preventivamente notificato al Servizio
Fitosanitario competente per territorio (riferito sia alla sede legale dell’azienda agricola che a quella del
vivaista). Il materiale prodotto deve essere destinato esclusivamente al reimpiego aziendale, con
esclusione di ogni forma di cessione a terzi. Il vivaista è obbligato a tenere tale partita in conto
lavorazione separata dalle restanti produzioni vivaistiche.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO
Normalmente le lavorazioni principali consistono in un’aratura alla profondità di 30-40 cm per i terreni
tendenzialmente argillosi, anche leggermente inferiore per quelli franchi o sabbiosi. Vista la diffusione del
sovescio, sugli appezzamenti coltivati a tabacco si consiglia di procede di norma ad una rippatura (al fine di
rompere la suola di lavorazione dell’aratro e favorire così lo sgrondo delle acque) e fresatura autunnale per la
semina della specie da sovescio, seguita dall'aratura primaverile per l'interramento del sovescio, con
successivo lavoro di affinamento per il trapianto del tabacco.
Durante il ciclo colturale sono solitamente eseguiti dei lavori consecutivi, ovvero una o più sarchiature che
permettono sia il controllo delle erbe infestanti sia la riduzione delle perdite di acqua per risalita capillare.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
L’avvicendamento colturale ha l’obiettivo di preservare la fertilità del suolo, limitare le problematiche legate
alla sua stanchezza ed alla specializzazione delle infestanti, malattie e fitofagi, migliorare la qualità delle
produzioni.
Per il tabacco in indirizzi specializzati, nel quinquennio è consentita una successione con un’altra coltura,
prevedendo al massimo un ristoppio per ciascuna di esse.
Sono ammessi due ristoppi del tabacco a condizione che la coltura inserita tra i due ristoppi non appartenga
alla famiglia delle solanacee.
SEMINA
Attualmente la pratica più diffusa di produzione delle piantine è il Float System che consiste nell’allevare
piantine in contenitori alveolati da 190-220 fori riempiti con un substrato costituito da una miscela di torba
scura e torba bionda. I contenitori sono fatti galleggiare su una soluzione acquosa di elementi fertilizzanti in
vasche che sostituiscono le tradizionali aiuole. L’investimento ideale è di 1000-1200 piante a metro
quadrato,
Le soluzioni nutritive presentano specifiche caratteristiche di conducibilità elettrica e rapporto tra i principali
nutrienti (N:P:K). In particolare, la profondità dell’acqua nelle vasche è almeno inizialmente pari a 10-15
cm, con una conducibilità elettrica tra 0,40 e 1,00 dS cm-1, pH tra 5,5-6,5 e un rapporto tra gli elementi
nutritivi di 2:1:2 (N:P:K). Di solito tutti e tre gli elementi nutritivi sono distribuiti all’immissione dei vassoi
in acqua alle dosi di 120-150 g m-3 di azoto e di potassio e 50-75 g m-3 di fosforo. Allo stadio di crocetta si
aggiungerà azoto in quantità variabili tra 50 e 100 g m-3.
TRAPIANTO
L’epoca di trapianto è influenzata principalmente dalle condizioni pedoclimatiche; tuttavia c’è la tendenza al
trapianto precoce per anticipare anche le fasi successive del ciclo. In Campania, in virtù anche del clima
tipicamente mediterraneo, in annate ordinarie le piantine sono trapiantate entro la fine di aprile-inizi di
maggio, per evitare o comunque limitare i periodi di carenza idrica.
La scelta dell’investimento ottimale è fondamentale per la resa e la qualità del prodotto. Per il tabacco Burley
le distanze comunemente adottate tra le file variano tra i 0,75 e i 0,90 m nell'interfila per consentire l'impiego
dei mezzi meccanici. La distanza sulla fila sarà scelta in modo da ottenere un investimento di 36.000-40.000
piante per ettaro.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di: garantire produzioni di elevata qualità e quantità di
essere economicamente sostenibile, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento
della fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
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L’apporto di azoto, data la sua elevata mobilità nel suolo, deve essere basato sulle reali esigenze della pianta
stabilendo la più appropriata dose e momento di intervento. Questo vuol dire che le applicazioni devono
essere frazionate e si consiglia di intervenire in almeno due fasi colturali: al trapianto ed all’inizio della fase
di allungamento dello stelo (momenti di massima richiesta dell’elemento da parte della coltura).
Gli eccessi di N sono da evitare sempre perché da un lato deprimono la qualità (riduzione di aroma, gusto,
combustibilità, potere di riempimento etc.), senza peraltro migliorare in alcun modo la risposta in termini
quantitativi, dall’altro incrementano inutilmente i costi colturali (acquisto di prodotti e loro distribuzione) ed
ambientali (inquinamento di acque e suoli).
Relativamente agli altri elementi, meritano speciale attenzione il potassio che favorisce una migliore
combustibilità, ed il calcio che in giuste quantità migliora l’aroma ma, se in eccesso, deprime la
combustibilità. In entrambi i casi, le giuste dosi vanno individuate dal rapporto dotazioni naturali/esigenze
della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
secondo quanto stabilito dal vigente “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva
91/676/ CEE (Direttiva nitrati).
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Il tabacco Burley ha un ciclo primaverile-estivo e quindi, considerando la quantità annuale delle
precipitazioni negli areali di coltivazione della Campania e, soprattutto, la loro non uniforme distribuzione
stagionale (scarse o assenti precipitazioni in primavera ed estate) deve sempre essere irrigato per esprimere al
meglio le sue produttività e qualità potenziali. L’irrigazione è per questa coltura una necessità fondamentale
e gli interventi non devono mai essere decisi in modo empirico (lo spreco della risorsa idrica ha costi sociali
molto elevati), ma programmati secondo una appropriata programmazione irrigua.
Per effettuare un’efficiente programmazione irrigua, è necessario conoscere alcuni aspetti di questa coltura:
1) l’80% delle radici funzionanti delle piante è concentrato nello strato di suolo 0-0,50 m (ciò definisce il
massimo volume di suolo nel quale è consigliato reintegrare le riserve idriche consumate); 2) la pianta è in
grado di assorbire, da questo strato, senza sforzi, una quantità d’acqua pari al 40% di quella disponibile (se
non si vuole che la pianta vada mai in stress non bisogna oltrepassare questo limite); 3) il massimo delle
esigenze idriche sono raggiunte dopo circa 8 settimane dal trapianto (nella fase di fine allungamento dello
stelo-fioritura).
Va aggiunto poi che la pianta di tabacco è in grado di resistere a brevi periodi di stress idrico moderato, in
tutte le principali fasi di crescita (allungamento dello stelo, fioritura, maturazione delle foglie, formazione del
seme) mentre, se lo stress è prolungato, si producono inconvenienti quali: la fioritura anticipata, ridotta
espansione delle foglie, blocco della traslocazione delle sostanze dalle foglie alle altre parti della pianta,
inibizione della maturazione delle foglie (le foglie non virano al giallo) e alterazione del normale andamento
della fase riproduttiva (sviluppo di capsule e semi).
E’ preferibile distribuire l’acqua utilizzando turni e volumi variabili (quando sia disponibile acqua non
turnata) e con metodi di irrigazione a goccia che, a fronte di un maggior costo di impianto rispetto a metodi
gravitazionali come infiltrazione laterale da solchi e aspersione, permettono: 1) riduzione di ore lavoro e
costi relativi; 2) risparmio di combustibile; 3) risparmio di acqua (per riduzione del volume di suolo
bagnato).
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
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La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, cioè moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Profondità radicale media e coefficienti colturali (kc) delle principali fasi fenologiche del tabacco.
kc
Stadi fenologici
Profondità radicale
(cm)
Post-trapianto
15
0,3-0,5
Da inizio levata al bottone fiorale
30
0,6-0,8
Fino al 50% di foglie raccolte
50
1,0-1,2
Oltre
50
0,6-0,8
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Si riportano di seguito i volumi di adacquamento massimi per intervento (m3/ha):
Tipo di terreno
Argilloso
Franco
Sabbioso
Post-trapianto
100,0
90,0
75,0
Da inizio levata Fino al 50% di Oltre
al bottone fiorale foglie raccolte
200,0
350,0
350,0
185,0
300,0
300,0
150,0
250,0
250,0
I volumi irrigui massimi per intervento, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per aspersione e per le
manichette ad alta portata; viceversa non ci sono limitazioni per gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo,
ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è necessario effettuare il bilancio idrico.
L'irrigazione influenza notevolmente le caratteristiche quanti-qualitative delle foglie di tabacco Burley, in
particolare essa incrementa le rese, conferisce elasticità ai tessuti (migliore qualità) e modulando
l’assorbimento, l’assimilazione, la ripartizione e l’utilizzazione dell’azoto da parte della coltura, allunga le
fasi vegetative, riduce il contenuto di nicotina e generalmente migliora le caratteristiche qualitative
estrinseche dei prodotti curati (grana più aperta, tessuto più gentile).
Come già detto, le esigenze idriche sono crescenti nella fase di levata (formazione e sviluppo delle foglie)
ma dopo l’inizio delle raccolte, riducendosi la superficie traspirante per allontanamento di foglie ancora
parzialmente funzionanti, diminuisce l'evapotraspirazione e quindi i consumi idrici.
Indipendentemente dal bilancio idrico, qualora si ritenesse necessario, sono consentiti:
- 1-2 interventi irrigui post-trapianto per favorire l’attecchimento delle piantine;
- la sospensione dell’irrigazione sino all’inizio della levata (periodo variabile dai 10 ai 15 giorni) per
stimolare un buon sviluppo radicale.
Relativamente alla qualità dell’acqua, oltre al già citato problema di combustibilità dovuto all’accumulo di
cloro nelle foglie, quando allevato su terreni ricchi di cloruro di sodio, studi recenti condotti su tabacco
Burley campano, attestano che si tratta di una specie intermedia tra il moderatamente sensibile e tollerante
alla salinità e che incrementi di conducibilità del terreno sino a 2,8 dS m-1 determinano decrementi di resa
abbastanza contenuti (entro il 10% ).
Si consiglia, laddove possibile, di utilizzare per l’irrigazione acque di conducibilità elettrica massima di 1.0
dS m-1.
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DIFESA E DISERBO
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” della
Regione Campania vigenti.
RACCOLTA E CURA
Nel tabacco la maturazione delle foglie è scalare e procede dal basso verso l’alto, pertanto per ottenere la
migliore qualità, la raccolta deve essere effettuata in più passaggi (da 3 a 4), man mano che le foglie
maturano. Le foglie della pianta di tabacco manifestano con segni precisi quando hanno raggiunto la maturità
merceologica: tendono a ricadere verso il basso per l'aumento di sostanza secca; la nervatura centrale tende a
schiarirsi; assumono una colorazione verde tenue/giallastra. In genere si procede per "corone" o palchi
fogliari a partire da fine giugno con cadenza di 10-15 giorni. In tutti i casi non basta raccogliere le foglie al
loro giusto grado di maturazione, ma è necessario non danneggiarle nel delicato passaggio del post-raccolta
ricorrendo alla loro legatura in fasci leggeri, evitando sovraccarichi nei trasporti e giacenze al sole prima
dell'operazione di infilzatura. Le filze ottenute sono poste a "curare" sotto apprestamenti o serre coperti con
telo di polietilene che durante i mesi di luglio e agosto sono schermati con reti ombreggianti oppure con
prodotti specifici per l'ombreggiamento veicolati in soluzioni acquose. La cura consiste in una serie di
processi per i quali si passa dalla foglia verde a un prodotto avente tutte le caratteristiche merceologiche del
tabacco curato. Il fenomeno più appariscente è la progressiva riduzione di umidità, ma si verificano tutta una
serie di trasformazioni chimiche che portano alle caratteristiche definitive del prodotto: colore, odore,
combustibilità, ecc.
La cura del tabacco Burley passa per le seguenti fasi:
-Ingiallimento della lamina. Le foglie devono arrivare senza danni alle strutture di cura. Tutte le cause che
portano alla rapida morte dei tessuti (rotture in raccolta e affasciamento, colpi di sole, disidratazione rapida
sia per eccesso di temperatura che di ventilazione) impediscono le complesse trasformazioni biochimiche
proprie di questa fase. Umidità relativa del locale di cura alta (80-85%) e temperatura compresa tra 18 e 35°
centigradi rappresentano le condizioni migliori per questa fase della cura che dura dai 7 (foglie basali) ai 12
giorni (foglie apicali).
-Ammarronamento e prosciugamento della lamina. L'ingiallimento completo della lamina coincide con la
completa degradazione delle sostanze di riserva accumulate. Da questo momento nelle foglie avvengono solo
trasformazioni di natura chimica e fisica. In questa fase si fissa il colore che diviene tipico dei prodotti. In
questa fase l'umidità relativa se troppo scarsa porta a fissare il colore giallo mentre se troppo elevata
contribuisce a fissare un colore marrone troppo carico ed è causa di focolai di miceti agenti di muffe del
locale di cura. E' assolutamente da evitare la presenza nello stesso locale di cura di materiale disforme per
grado di maturità e fase di cura. Le condizioni ottimali in cui si realizzano i processi di questa fase sono
temperature dai 25 ai 35°C e umidità relativa dell'aria tra 65 e 75%.
-Essiccamento della costola: per la sua particolare costituzione (tessuti sostanziosi) perde acqua con
difficoltà soprattutto tramite il lembo fogliare con alternanze di prosciugamenti e rinvincidimenti. Alte
temperature prossime ai 40° centigradi e bassa umidità relativa (30-40%) sono le condizioni che favoriscono
l'essiccamento della costola. Queste condizioni ambientali sono facilmente ottenibili nei locali di cura
chiudendo i laterali e creando una corrente d'aria tra le due aperture frontali. Tutto il processo di cura dura
dai 25 (foglie basali) ai 45-50 giorni (foglie apicali).
Allestimento
La sfilzatura del tabacco deve avvenire in ambiente con umidità relativa tale da favorire il recupero di
elasticità e il corretto grado di umidità affinché la manipolazione avvenga senza provocare rotture. Le foglie
devono essere separate per corona fogliare allo scopo di avere colli omogenei eliminando foglie di colore
verde-marcato, nere e sostanze estranee diffuse. Per l’ottenimento di un prodotto di alta qualità e integro è
indispensabile porre attenzione ad eventuali sostanze estranee nel tabacco onde evitare assolutamente la
presenza di spaghi e legacci, erbe infestanti, terra e sassi, gomma, metallo, olio idraulico.
Bisogna evitare un’elevata densità del tabacco all’interno del collo per evitare un’eccessiva costipazione che
può determinare un deterioramento della qualità in funzione della temperatura e dell’umidità
Conservazione del tabacco curato
Per una buona conservazione del tabacco i locali devono essere asciutti, ben arieggiati e non contenere
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
sostanze che possono cedere odore al tabacco, come nafta, vernici, antiparassitari etc. Si deve garantire
l’igiene e l’assenza di qualsiasi potenziale fonte di contaminazione del tabacco sia di origine organica
(animale o vegetale) che inorganica. I colli devono essere sistemati su pedane, ed essere facilmente
ispezionabili.
Il rispetto di tali disposizioni associato al controllo della temperatura e dell’umidità all’interno del locale
consente la corretta conservazione del tabacco curato
Riduzione delle nitrosammine.
Ai fini della riduzione delle nitrosammine bisogna applicare le seguenti accorgimenti:
- gestire in maniera ottimale dosi e forma di azoto da apportare alla coltura, perché un’alta disponibilità di
azoto per la pianta, può contribuire ad elevare i contenuti di composti azotati nelle foglie e di conseguenza il
contenuto di nitrosammine;
- gestire in maniera razionale la cura poiché entrando in azione processi microbici, la durata della cura e le
condizioni ambientali, come temperatura e umidità relativa, hanno notevole influenza sull’incremento delle
nitrosammine. Si dovranno evitare fenomeni di concalda e favorire la circolazione dell’aria all’interno dei
locali di essiccazione;
- tenere sotto controllo sia prima che dopo l’imballaggio l’umidità e la temperatura delle masse di tabacco, in
quanto questi parametri influenzano l’attività microbica, portando ad un innalzamento del contenuto di
nitrosammine. Si dovrà evitare una densità eccessiva delle foglie all’interno dei colli.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
ANETO
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifiche per la produzione integrata
dell’aneto.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
L’aneto (Anethum graveolens L.) viene coltivato come aromatica per la porzione epigea fresca o essiccata
(foglie e porzioni erbacee) e per gli acheni, in pieno campo o in strutture protette.
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell'area di coltivazione è importante in relazione alle
esigenze della coltura e della qualità e quantità delle produzioni.
Suolo
L’aneto preferisce terreni profondi, di buona struttura, preferibilmente leggeri, di buona fertilità, bene esposti
al sole, con pH compreso tra 6,0 e 7,0.
Esigenze climatiche
L’aneto è una specie erbacea annuale della famiglia delle Apiaceae, tendenzialmente longidiurna, abbastanza
resistente alle basse temperature ma che può subire danni da gelate. Il ciclo colturale può essere primaverileestivo negli ambienti più freddi ed autunno-primaverile negli ambienti ad inverno mite o in strutture protette.
SCELTA VARIETALE E DEL MATERIALE DI RIPRODUZIONE
Scelta della varietà
La scelta della cultivar rappresenta un aspetto cruciale per la buona riuscita della coltura sia per la
rispondenza alle richieste del mercato sia per l'adattamento all'ambiente di coltivazione e la resistenza a
parassiti animali e vegetali.
Sul mercato sono presenti numerose varietà di aneto con caratteristiche differenti.
Non è consentita la coltivazione di varietà costituite o provenienti da Organismi Geneticamente Modificati
(OGM).
Scelta del materiale di riproduzione
L’aneto si moltiplica per seme.
Il seme deve essere acquisito da fornitori autorizzati dai Servizi fitosanitari regionali.
Per l’eventuale autoriproduzione di ecotipi locali si rimanda a quanto indicato nelle norme tecniche generali.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
L’aneto ha durata annuale. Il mantenimento della fertilità dei suoli attraverso tecniche di coltivazione
conservative, con particolare attenzione alla gestione della sostanza organica, rappresenta un obiettivo
fondamentale della produzione. In questa ottica vanno privilegiate le tecniche che permettono di raggiungere
ed ottimizzare questo obiettivo evitando il ristoppio e praticando il sovescio.
Per le aziende i cui terreni ricadono nelle zone montane e svantaggiate, così come classificate ai sensi della
direttiva 75/268/CEE, o che adottano indirizzi colturali specializzati, nel quinquennio è consentita una
successione che prevede almeno un’altra coltura, con al massimo un ristoppio per coltura. Sono ammessi due
ristoppi dell’aneto se la coltura inserita tra i due ristoppi appartiene ad una famiglia botanica diversa.
Negli altri casi si applica una successione quinquennale, con almeno tre colture e al massimo un ristoppio per
ognuna.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO ALLA SEMINA
Per la preparazione del suolo è opportuno adottare lavorazioni conservative che tengano conto dello sviluppo
dell'apparato radicale e del controllo delle infestanti. La preparazione del letto di semina, quindi, può essere
effettuata con una lavorazione non superiore a 20 cm seguita dalle opportune lavorazioni consecutive o
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
direttamente con lavorazioni che permettono il buon sminuzzamento del terreno, tenuto conto della
dimensione del seme.
SEMINA
L’aneto si impianta per semina diretta in autunno o primavera anticipata o per trapianto di piantine ottenute
da seme in primavera.
La densità di investimento dipende dalla destinazione del prodotto (foglie, intera pianta, acheni) ed è
compresa tra 350.000 e 800.000 piante/ha. La distanza tra le file è compresa tra 40-50 cm ma può essere
ridotta per le colture da foglia. Per favorire l’uniformità dell’impianto è utile l’irrigazione per garantire
l’emergenza o l’attecchimento delle piantine.
Negli appezzamenti con pendenza media superiore al 30% sono consentite esclusivamente la minima
lavorazione, la semina su sodo e la scarificatura.
Negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% e il 30%, oltre alle tecniche sopra descritte,
sono consentite lavorazioni ad una profondità massima di 30 cm, ad eccezione delle rippature per le quali
non si applica questa limitazione. Inoltre è obbligatoria la realizzazione di solchi acquai temporanei ad una
distanza massima di 60 metri o prevedere, in situazioni geopedologiche particolari e di frammentazione
fondiaria, idonei sistemi alternativi di protezione del suolo dall’erosione.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati) .
Modalità di distribuzione del fertilizzante
Il fosforo ed il potassio, se necessari, vanno somministrati in corrispondenza della preparazione del terreno,
in relazione alla profondità dell’apparato radicale, alla dotazione di elementi nutritivi presenti nel suolo.
La concimazione azotata va frazionata in modo da seguire i ritmi di assorbimento della coltura e ridurre i
rischi di lisciviazione. Si suggerisce di somministrare 1/3 del fabbisogno all’impianto e la restante quantità
frazionata durante l’accrescimento o dopo gli sfalci .
Quando possibile è utile adottare la fertirrigazione al fine di migliorare l'efficienza dei fertilizzanti e ridurre
la lisciviazione.
Nelle tabelle che seguono sono riportati i valori di riferimento delle rese e le asportazioni per la redazione del
piano di concimazione tenuto della profondità radicale pari mediamente a 20 cm.
Rese di riferimento per
sfalcio
(prodotto
fresco)
Foglie
Pianta
intera
(uso
erboristico/distillazione)
Frutti
t/ha
s.s. %
4-5
8-10
15
25
0,5-1
90
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Asportazioni medie (prodotto secco) N (kg/t) P2O5(kg/t) K2O (kg/t)
porzione epigea della pianta
25
23
23
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, ovvero moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Stadi fenologici
Kc
Profondità radicale prevalente
(cm)
Fasi iniziali di accrescimento
10
0.4
Accrescimento
0.6
20
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Volumi di adacquamento massimi (Vmax) in relazione al tipo di terreno:
Tipo di terreno
Terreno sabbioso
Terreno franco
Terreno argilloso
metri cubi ad ettaro
(m3/ha)
350
450
550
pari a
millimetri
35
45
55
I volumi irrigui massimi per intervento, sopra riportati, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per
aspersione e per le manichette ad alta portata e per le colture protette; viceversa non ci sono limitazioni per
gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è
necessario effettuare il bilancio idrico.
DIFESA E DISERBO
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” vigenti in
Regione Campania.
RACCOLTA
La raccolta avviene mediante il taglio periodico delle sommità prima della fioritura o della intera porzione
vegetativa ad altezza di pochi centimetri dal suolo.
Le corrette modalità di raccolta e di conferimento ai centri di stoccaggio e lavorazione garantiscono il
mantenimento delle migliori caratteristiche qualitative del prodotto.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
ORIGANO
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifiche per la produzione integrata
dell’origano.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
L’origano viene coltivato per la porzione epigea (infiorescenze, foglie, porzione erbacea dei fusti), in pieno
campo o in strutture protette.
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell'area di coltivazione è importante in relazione alle
esigenze della coltura e della qualità e quantità delle produzioni.
Suolo
Preferisce terreni franchi, ben strutturati, anche calcarei, esposti in pieno sole. È importante la permeabilità
dei suoli e la buona sistemazione in quanto soffre il ristagno idrico.
Esigenze climatiche
L’origano è un suffrutice della famiglia delle Lamiaceae, tipico dell’area mediterranea, molto diffuso allo
stato spontaneo in alta collina, anche nel territorio campano, fino a 1000 m s.l.m. L’ambiente di vegetazione
ideale è rappresentato da condizioni di clima caldo, poco piovoso. E’ una specie longidiurna.
SCELTA VARIETALE E DEL MATERIALE DI RIPRODUZIONE
Scelta della varietà
La scelta della cultivar rappresenta un aspetto cruciale per la buona riuscita della coltura sia per la
rispondenza alle richieste del mercato sia per l'adattamento all'ambiente di coltivazione e la resistenza a
parassiti animali e vegetali.
La tassonomia dell’origano è molto complessa; in Italia allo stato spontaneo si trova principalmente
l’Origanum vulgare con le sottospecie vulgare (a fiore prevalentemente rosa), hirtum, viride e virens (a fiore
bianco), poco omogenee e caratterizzate dalla presenza di chemotipi con composizione differente dell’olio
essenziale. In coltivazione viene utilizzato prevalentemente l’origano a fiore bianco, caratterizzato da un
contenuto in olio essenziale più elevato, per la preparazione del prodotto essiccato raccolto in fioritura. Per il
prodotto da foglia fresco possono venire utilizzati tipi appartenenti alle diverse sottospecie, a fiore bianco o
rosa.
Le sottospecie ed i differenti biotipi si differenziano per grandezza delle foglie, sviluppo della pianta,
composizione dell’olio essenziale che sono influenzati anche dall’ambiente di coltivazione.
L’ utilizzazione di cultivar locali, anche provenienti dalla riproduzione di materiale spontaneo, raccolto nel
rispetto delle normative regionali e nazionali, può contribuire alla conservazione della biodiversità, tenendo
conto delle esigenze del mercato per le tipologie di prodotto desiderate.
Non è consentita la coltivazione di varietà costituite o provenienti da Organismi Geneticamente Modificati
(OGM).
Scelta del materiale di riproduzione
L’origano può essere riprodotto per seme e più raramente per divisione di cespo.
Le piantine ed i materiali di moltiplicazione utilizzati devono essere acquisiti da fornitori autorizzati dai
Servizi fitosanitari regionali.
E' ammessa l'autoriproduzione per l’esclusivo reimpiego aziendale del materiale di moltiplicazione a partire
da piante madri scelte per caratteristiche di conformità varietale o al "tipo" ed esenti da parassiti e patogeni.
Il seme deve essere acquisito da fornitori autorizzati dai Servizi fitosanitari regionali.
Per l’eventuale autoriproduzione di ecotipi locali si rimanda a quanto indicato nelle norme tecniche generali.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
La durata della coltivazione si aggira in media intorno a 3-4 anni in dipendenza della tecnica colturale. La
coltura può avere una durata maggiore ma le rese diminuiscono.
Il mantenimento della fertilità dei suoli attraverso tecniche di coltivazione conservative, con particolare
attenzione alla gestione della sostanza organica, rappresenta un obiettivo fondamentale della produzione. In
questa ottica vanno privilegiate le tecniche che permettono di raggiungere ed ottimizzare questo obiettivo
evitando il ristoppio e praticando il sovescio.
Per le aziende i cui terreni ricadono nelle zone montane e svantaggiate, così come classificate ai sensi della
direttiva 75/268/CEE, o che adottano indirizzi colturali specializzati, nel quinquennio è consentita una
successione che prevede almeno un’altra coltura, con al massimo un ristoppio per coltura. Sono ammessi due
ristoppi dell’origano se la coltura inserita tra i due ristoppi appartiene ad una famiglia botanica diversa.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO ALLA SEMINA
E' importante procedere alla sistemazione del suolo in modo da evitare ristagni idrici ai quali la coltura è
sensibile. Per la preparazione del suolo è opportuno adottare lavorazioni conservative che tengano conto
dello sviluppo prevalente dell'apparato radicale e del controllo delle infestanti. La preparazione del letto di
semina, quindi, può essere effettuata con una lavorazione non superiore a 30 cm seguita dalle opportune
lavorazioni consecutive.
SEMINA
L'impianto dell’origano può essere fatto per semina diretta o per trapianto di piantine ottenute da seme. Il
trapianto garantisce maggiore uniformità di investimento. Il trapianto può essere effettuato in autunno o alla
fine dell'inverno su terreno preparato in modo da evitare i ristagni idrici. La densità di investimento è pari a
50.000-80.000 piante/ha in relazione alla destinazione del prodotto. La distanza tra le file può essere regolata
in modo da permettere il controllo meccanico delle piante infestanti .
Negli appezzamenti con pendenza media superiore al 30% sono consentite esclusivamente la minima
lavorazione, la semina su sodo e la scarificatura.
Negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% e il 30%, oltre alle tecniche sopra descritte,
sono consentite lavorazioni ad una profondità massima di 30 cm, ad eccezione delle rippature per le quali
non si applica questa limitazione. Inoltre è obbligatoria la realizzazione di solchi acquai temporanei ad una
distanza massima di 60 metri o prevedere, in situazioni geopedologiche particolari e di frammentazione
fondiaria, idonei sistemi alternativi di protezione del suolo dall’erosione.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati) .
Modalità di distribuzione del fertilizzante
Il fosforo ed il potassio, se necessari, vanno somministrati in corrispondenza della preparazione del terreno,
in relazione alla profondità dell’apparato radicale, della dotazione di elementi nutritivi presenti nel suolo,
tenendo conto della durata prevista della coltura.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
La concimazione azotata va frazionata in modo da seguire i ritmi di assorbimento della coltura e ridurre i
rischi di lisciviazione, con somministrazioni durante la fase di accrescimento. Nel primo anno si suggerisce
di somministrare 1/3 del fabbisogno all’impianto se effettuato a fine inverno e la restante quantità frazionata
durante l’accrescimento.
Quando possibile è utile adottare la fertirrigazione al fine di migliorare l'efficienza dei fertilizzanti e ridurre
la lisciviazione.
Nelle tabelle che seguono sono riportati i valori di riferimento delle rese e le asportazioni per la redazione del
piano di concimazione tenuto della profondità radicale pari mediamente a 20 cm.
Rese di riferimento per t/ha
sfalcio
(prodotto
fresco)
Biomassa epigea
5-6
s.s. %
30
Asportazioni medie (prodotto secco) N (kg/t) P2O5 (kg/t) K2O (kg/t)
porzione epigea della pianta
17
20
20
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, ovvero moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Stadi fenologici
Profondità radicale
Kc
prevalente (cm)
Fasi iniziali di accrescimento
15
0.4
Accrescimento (dal 2° anno)
20
0.6
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Volumi di adacquamento massimi (Vmax) in relazione al tipo di terreno:
Tipo di terreno
Terreno sabbioso
Terreno franco
Terreno argilloso
metri cubi ad ettaro
(m3/ha)
350
450
550
pari a
millimetri
35
45
55
56
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
I volumi irrigui massimi per intervento, sopra riportati, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per
aspersione e per le manichette ad alta portata e per le colture protette; viceversa non ci sono limitazioni per
gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è
necessario effettuare il bilancio idrico.
DIFESA E DISERBO
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” vigenti in
Regione Campania.
RACCOLTA
La raccolta avviene mediante il taglio periodico delle sommità prima della fioritura o della intera porzione
vegetativa; è opportuno non effettuare il taglio rasoterra per favorire la capacità di ricaccio della pianta.
Le corrette modalità di raccolta e di conferimento ai centri di stoccaggio e lavorazione garantiscono il
mantenimento delle migliori caratteristiche qualitative del prodotto.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
MENTA
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifiche per la produzione integrata
della menta.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
La menta viene coltivata per la porzione epigea (foglie e porzioni erbacee della pianta), fresca o essiccata, in
pieno campo o in strutture protette.
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell'area di coltivazione è importante in relazione alle
esigenze della coltura e della qualità e quantità delle produzioni.
Suolo
La menta preferisce terreni profondi, di buona struttura, preferibilmente leggeri. Tuttavia possono essere
utilizzate numerose specie appartenenti al genere Mentha che si adattano a tipi diversi di suolo e pH da sub
acido a sub alcalino. L'aroma è influenzato dalla specie, dalla cultivar e dalla natura del suolo. La menta è
mediamente resistente alla carenza idrica.
Esigenze climatiche
Al genere Mentha, famiglia Lamiaceae, appartengono molte specie, generalmente perenni, stolonifere.
Alcune specie sono molto presenti allo stato spontaneo nel bacino del Mediterraneo altre, come la Mentha
piperita, sono meno diffuse, spesso in forma inselvatichita. Pertanto si adatta ad ambienti diversi con
esclusione dei climi molto freddi.
SCELTA VARIETALE E DEL MATERIALE DI RIPRODUZIONE
Scelta della varietà
La scelta della cultivar rappresenta un aspetto cruciale per la buona riuscita della coltura sia per la
rispondenza alle richieste del mercato sia per l'adattamento all'ambiente di coltivazione e la resistenza a
parassiti animali e vegetali.
Al genere Mentha appartengono numerose specie, a volte ibridate, che possono essere utilizzate a fini
condimentari e che presentano caratteristiche organolettiche e aromatiche molto differenti. Nel settore
agroalimentare generalmente vengono preferite le diverse tipologie appartenenti alla M. spicata.
Possono essere utilizzate cultivar anche provenienti dalla riproduzione di materiale spontaneo, raccolto nel
rispetto delle normative regionali e nazionali. L’utilizzazione di cultivar locali può contribuire alla
conservazione della biodiversità, tenendo conto delle esigenze del mercato per le tipologie di prodotto
desiderate.
Non è consentita la coltivazione di varietà costituite o provenienti da Organismi Geneticamente Modificati
(OGM).
Scelta del materiale di riproduzione
La menta si propaga prevalentemente per via agamica per divisione del cespo e più spesso mediante stoloni
che vengono utilizzati direttamente o per la preparazione di piantine.
Le piantine ed i materiali di moltiplicazione utilizzati devono essere acquisiti da fornitori autorizzati dai
Servizi fitosanitari regionali.
E' ammessa l'autoriproduzione per l’esclusivo reimpiego aziendale del materiale di moltiplicazione a partire
da piante madri scelte per caratteristiche di conformità varietale o al "tipo" ed esenti da parassiti e patogeni.
Per l’eventuale autoriproduzione di ecotipi locali si rimanda a quanto indicato nelle norme tecniche generali.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
La menta ha durata poliennale ma è preferibile adottare un ciclo colturale di 1-2 anni in quanto dal secondo
anno, in genere, si registra una produzione eccessiva di stoloni, portamento prostrato, elevata presenza di
infestanti e attacchi fungini. Alla fine del primo anno, in autunno, può essere effettuata una lavorazione
superficiale in modo da ridurre la quantità di stoloni e prolungare la vita del menteto.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
Il mantenimento della fertilità dei suoli attraverso tecniche di coltivazione conservative, con particolare
attenzione alla gestione della sostanza organica, rappresenta un obiettivo fondamentale della produzione. In
questa ottica vanno privilegiate le tecniche che permettono di raggiungere ed ottimizzare questo obiettivo
evitando il ristoppio e praticando il sovescio.
Per le aziende i cui terreni ricadono nelle zone montane e svantaggiate, così come classificate ai sensi della
direttiva 75/268/CEE, o che adottano indirizzi colturali specializzati, nel quinquennio è consentita una
successione che prevede almeno un’altra coltura, con al massimo un ristoppio per coltura. Sono ammessi due
ristoppi della menta se la coltura inserita tra i due ristoppi appartiene ad una famiglia botanica diversa.
Negli altri casi si applica una successione quinquennale, con almeno tre colture e al massimo un ristoppio per
ognuna.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO ALLA SEMINA
E' importante procedere alla sistemazione del suolo in modo da evitare ristagni idrici ai quali la coltura è
sensibile. Per la preparazione del suolo è opportuno adottare lavorazioni conservative che tengano conto
dello sviluppo dell'apparato radicale e del controllo delle infestanti. La preparazione del letto di semina,
quindi, può essere effettuata con una lavorazione non superiore a 20 cm seguita dalle opportune lavorazioni
consecutive.
IMPIANTO
L'impianto della menta può essere fatto direttamente con gli stoloni in autunno o alla fine dell'inverno o per
trapianto di piantine in primavera, su terreno preparato in modo da evitare i ristagni idrici. La densità di
investimento è pari a 150.000-200.000 piante/ha. La distanza tra le file è di 40-50 cm. La distanza tra le file
può essere regolata in modo da permettere il controllo meccanico delle piante infestanti.
Negli appezzamenti con pendenza media superiore al 30% sono consentite esclusivamente la minima
lavorazione, la semina su sodo e la scarificatura.
Negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% e il 30%, oltre alle tecniche sopra descritte,
sono consentite lavorazioni ad una profondità massima di 30 cm, ad eccezione delle rippature per le quali
non si applica questa limitazione. Inoltre è obbligatoria la realizzazione di solchi acquai temporanei ad una
distanza massima di 60 metri o prevedere, in situazioni geopedologiche particolari e di frammentazione
fondiaria, idonei sistemi alternativi di protezione del suolo dall’erosione.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati) .
Modalità di distribuzione del fertilizzante
Il fosforo ed il potassio, se necessari, vanno somministrati in corrispondenza della preparazione del terreno,
in relazione alla profondità dell’apparato radicale, della dotazione di elementi nutritivi presenti nel suolo,
tenendo conto della durata prevista della coltura.
La concimazione azotata va frazionata in modo da seguire i ritmi di assorbimento della coltura e ridurre i
rischi di lisciviazione, con somministrazioni durante la fase di accrescimento. Nel primo anno si suggerisce
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di somministrare 1/3 del fabbisogno all’impianto, se effettuato a fine inverno, e la restante quantità frazionata
durante l’accrescimento.
Quando possibile è utile adottare la fertirrigazione al fine di migliorare l'efficienza dei fertilizzanti e ridurre
la lisciviazione.
Nelle tabelle che seguono sono riportati i valori di riferimento delle rese e le asportazioni per la redazione del
piano di concimazione tenuto della profondità radicale pari mediamente a 20 cm.
Rese di riferimento per t/ha
sfalcio
(prodotto
fresco)
Sommità prima della 7-10
fioritura
Biomassa
(uso 15-20
erboristico/distillazione)
s.s. %
15
25
Asportazioni medie (prodotto secco) N (kg/t) P2O5 (kg/t) K2O (kg/t)
porzione epigea della pianta
35
25
40
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, ovvero moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Stadi fenologici
Profondità radicale prevalente Kc
cm
Fasi iniziali di accrescimento
20
0.4
Accrescimento
20
0.8
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Volumi di adacquamento massimi (Vmax) in relazione al tipo di terreno:
Tipo di terreno
Terreno sabbioso
Terreno franco
Terreno argilloso
metri cubi ad ettaro
(m3/ha)
350
450
550
pari a
millimetri
35
45
55
60
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
I volumi irrigui massimi per intervento, sopra riportati, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per
aspersione e per le manichette ad alta portata e per le colture protette; viceversa non ci sono limitazioni per
gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è
necessario effettuare il bilancio idrico.
DIFESA E DISERBO
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” vigenti in
Regione Campania.
RACCOLTA
La raccolta avviene mediante il taglio periodico prima della fioritura delle sommità o della intera porzione
vegetativa ad altezza di pochi centimetri dal suolo. La menta può essere destinata al mercato sia del prodotto
fresco che essiccato. Per il prodotto destinato alla distillazione il taglio viene effettuato in fioritura.
Le corrette modalità di raccolta e di conferimento ai centri di stoccaggio e lavorazione garantiscono il
mantenimento delle migliori caratteristiche qualitative del prodotto.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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ROSMARINO
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifiche per la produzione integrata
del rosmarino.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
Il rosmarino (Rosmarinus officinalis L.) viene coltivato per la porzione epigea della pianta, fresca o
essiccata, generalmente in pieno campo ma anche in strutture protette. Possono essere utilizzati i rametti, le
cimette, le foglie o l’intera pianta in relazione alla destinazione d’uso tra cui prevalgono quella alimentare,
erboristica, estrattiva.
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell'area di coltivazione è importante in relazione alle
esigenze della coltura ed alla qualità e quantità delle produzioni.
Suolo
Si adatta a terreni con pH diverso, da subacidi a subalcalini (5.5-8.5), anche poco profondi, preferibilmente
sciolti o anche argillosi purché ben drenati. L'aroma è influenzato dalla natura del suolo oltre che dal
genotipo. Il rosmarino è abbastanza resistente alla carenza idrica e moderatamente tollerante alla salinità.
Esigenze climatiche
Il rosmarino è una specie arbustiva perenne della famiglia delle Lamiaceae, sempreverde, molto rustica,
xerofila, presente allo stato spontaneo nel bacino del Mediterraneo dal livello del mare fino a 1200 m s l.m.
Pertanto si adatta ad ambienti molto diversi con esclusione dei climi molto freddi ed umidi.
SCELTA VARIETALE E DEL MATERIALE DI RIPRODUZIONE
Scelta della varietà
La scelta della cultivar rappresenta un aspetto cruciale per la buona riuscita della coltura, sia per la
rispondenza alle richieste del mercato, sia per l'adattamento all'ambiente di coltivazione e la resistenza a
parassiti animali e vegetali.
Per la produzione destinata al mercato delle aromatiche fresche vengono preferite le cultivar appartenenti
alla tipologia eretta e foglie grandi, anche provenienti dalla riproduzione di materiale spontaneo, raccolto nel
rispetto delle normative regionali e nazionali. L’utilizzazione di cultivar locali può contribuire alla
conservazione della biodiversità, tenendo conto delle esigenze del mercato per le tipologie di prodotto
desiderate.
Non è consentita la coltivazione di varietà costituite o provenienti da Organismi Geneticamente Modificati
(OGM).
Scelta del materiale di riproduzione
Il rosmarino viene generalmente riprodotto per talea o per seme. Le talee, della lunghezza di circa 15 cm,
vengono poste a radicare in vivaio all’inizio della primavera o dell’autunno. La moltiplicazione per talea
garantisce piante identiche al genitore, omogenee e con apparato radicale più sviluppato rispetto alla
riproduzione per seme.
Le piantine ed i materiali di moltiplicazione utilizzati devono essere acquisiti da fornitori autorizzati dai
Servizi fitosanitari regionali.
E' ammessa l'autoriproduzione per l’esclusivo reimpiego aziendale del materiale di moltiplicazione a partire
da piante madri scelte per caratteristiche di conformità varietale o al "tipo" ed esenti da parassiti e patogeni.
Il seme deve essere acquisito da fornitori autorizzati dai Servizi fitosanitari regionali.
Per l’eventuale autoriproduzione di ecotipi locali si rimanda a quanto indicato nelle norme tecniche generali.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
La durata della coltivazione si aggira in media intorno a 5-6 anni ma può arrivare fino a 10 anni.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
Il mantenimento della fertilità dei suoli attraverso tecniche di coltivazione conservative, con particolare
attenzione alla gestione della sostanza organica, rappresenta un obiettivo fondamentale della produzione. In
questa ottica vanno privilegiate le tecniche che permettono di raggiungere ed ottimizzare questo obiettivo
evitando il ristoppio e praticando il sovescio.
Il ritorno del rosmarino sullo stesso appezzamento è consentito solo dopo una coltura appartenente ad una
famiglia botanica diversa.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO ALL’IMPIANTO
E' importante procedere alla sistemazione del suolo in modo da evitare ristagni idrici ai quali la coltura è
sensibile. Per la preparazione del suolo è opportuno adottare lavorazioni conservative che tengano conto
dello sviluppo dell'apparato radicale e del controllo delle infestanti. La preparazione del letto di semina,
quindi, può essere effettuata con una lavorazione non superiore a 30 cm seguita dalle opportune lavorazioni
consecutive.
IMPIANTO
L'impianto del rosmarino si ottiene preferibilmente per trapianto di piantine ottenute da talee radicate o da
seme. Il trapianto può essere effettuato in autunno o alla fine dell'inverno su terreno preparato in modo da
evitare i ristagni idrici. La densità di investimento è pari a 15.000-20.000 piante/ha. La distanza tra le file
può essere regolata in modo da permettere il controllo meccanico delle piante infestanti. Al momento del
trapianto può essere utile l’irrigazione per favorire l’attecchimento delle piantine.
Negli appezzamenti con pendenza media superiore al 30% sono consentite esclusivamente la minima
lavorazione, la semina su sodo e la scarificatura.
Negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% e il 30%, oltre alle tecniche sopra descritte,
sono consentite lavorazioni ad una profondità massima di 30 cm, ad eccezione delle rippature per le quali
non si applica questa limitazione. Inoltre è obbligatoria la realizzazione di solchi acquai temporanei ad una
distanza massima di 60 metri o prevedere, in situazioni geopedologiche particolari e di frammentazione
fondiaria, idonei sistemi alternativi di protezione del suolo dall’erosione.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati) .
Modalità di distribuzione del fertilizzante
Il fosforo ed il potassio, se necessari, vanno somministrati in corrispondenza della preparazione del terreno,
in relazione alla profondità dell’apparato radicale, della dotazione di elementi nutritivi presenti nel suolo e
del bilancio, tenendo conto della durata prevista della coltura.
La concimazione azotata va frazionata in modo da seguire i ritmi di assorbimento della coltura e ridurre i
rischi di lisciviazione, con somministrazioni durante la fase di accrescimento. Nel primo anno si suggerisce
di somministrare 1/3 del fabbisogno all’impianto se effettuato a fine inverno e la restante quantità frazionata
durante l’accrescimento.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
Quando possibile è utile adottare la fertirrigazione al fine di migliorare l'efficienza dei fertilizzanti e ridurre
la lisciviazione.
Nelle tabelle che seguono sono riportati i valori di riferimento delle rese e le asportazioni per la redazione del
piano di concimazione tenuto della profondità radicale pari mediamente a 30 cm.
Rese di riferimento per t/ha
sfalcio
(prodotto
fresco)
Rametti/cimette prima 8-10
della fioritura
Biomassa epigea (uso 10-15
erboristico/distillazione)
s.s. %
30
35
Asportazioni medie (prodotto secco) N (kg/t) P2O5 (kg/t) K2O (kg/t)
porzione epigea della pianta
23
18
22
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, ovvero moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Stadi fenologici
Profondità radicale prevalente
Kc
Fasi iniziali di accrescimento
15 cm
0.4
Accrescimento (dopo il 1o anno)
20 cm
0.6
Accrescimento (dopo il 3o anno)
30 cm
0.8
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Volumi di adacquamento massimi (Vmax) in relazione al tipo di terreno:
Tipo di terreno
Terreno sabbioso
Terreno franco
Terreno argilloso
metri cubi ad ettaro
(m3/ha)
350
450
550
pari a
millimetri
35
45
55
I volumi irrigui massimi per intervento, sopra riportati, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per
aspersione e per le manichette ad alta portata e per le colture protette; viceversa non ci sono limitazioni per
gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è
necessario effettuare il bilancio idrico.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
DIFESA E DISERBO
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” vigenti in
Regione Campania.
RACCOLTA
La raccolta va fatta in funzione della destinazione del prodotto. Il rosmarino può essere destinato al mercato
sia del prodotto fresco che di quello essiccato. Può essere raccolta periodicamente la porzione epigea della
pianta durante la fase vegetativa sotto forma di rametti e cimette o l’intera pianta in pre-fioritura o fioritura
per il prodotto erboristico e per la distillazione, rispettivamente.
Nel caso di raccolta dell’intera porzione epigea il taglio va effettuato a circa 25-30 cm dal suolo.
Le corrette modalità di raccolta e di conferimento ai centri di stoccaggio e lavorazione garantiscono il
mantenimento delle migliori caratteristiche qualitative del prodotto.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
CORIANDOLO
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifiche per la produzione integrata
del coriandolo.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
Il coriandolo (Coriandrum sativum L.) viene coltivato come aromatica per la porzione epigea fresca o
essiccata (foglie e porzioni erbacee) e per il frutto, in pieno campo o in strutture protette.
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell'area di coltivazione è importante in relazione alle
esigenze della coltura e della qualità e quantità delle produzioni.
Suolo
Il coriandolo preferisce terreni profondi, di buona struttura, franchi, di buona fertilità, bene esposti al sole,
con pH vicino alla neutralità.
Esigenze climatiche
Il coriandolo è una specie erbacea annuale o biennale della famiglia delle Apiaceae, adatta alle zone a clima
temperato in quanto poco resistente alle basse temperature, con temperatura minima di vegetazione pari a
5oC; il ciclo colturale, pertanto, è preferibilmente primaverile-estivo anche se la pianta non tollera gli stress
idrici. La somma termica dalla semina alla maturazione dei frutti è circa 1780 oC.
SCELTA VARIETALE E DEL MATERIALE DI RIPRODUZIONE
Scelta della varietà
La scelta della cultivar rappresenta un aspetto cruciale per la buona riuscita della coltura sia per la
rispondenza alle richieste del mercato sia per l'adattamento all'ambiente di coltivazione e la resistenza a
parassiti animali e vegetali.
Sul mercato sono presenti numerose varietà di coriandolo con caratteristiche differenti in relazione alla
resistenza al freddo, alla produzione di olio, alla grandezza del frutto.
Non è consentita la coltivazione di varietà costituite o provenienti da Organismi Geneticamente Modificati
(OGM).
Scelta del materiale di riproduzione
Il coriandolo si moltiplica per seme.
Il seme deve essere acquisito da fornitori autorizzati dai Servizi fitosanitari regionali.
Per l’eventuale autoriproduzione di ecotipi locali si rimanda a quanto indicato nelle norme tecniche generali.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
Il coriandolo ha durata annuale, il ciclo si compie in 110-140 giorni fino alla maturazione del frutto. Il
mantenimento della fertilità dei suoli attraverso tecniche di coltivazione conservative, con particolare
attenzione alla gestione della sostanza organica, rappresenta un obiettivo fondamentale della produzione. In
questa ottica vanno privilegiate le tecniche che permettono di raggiungere ed ottimizzare questo obiettivo
evitando il ristoppio e praticando il sovescio.
Per le aziende i cui terreni ricadono nelle zone montane e svantaggiate, così come classificate ai sensi della
direttiva 75/268/CEE, o che adottano indirizzi colturali specializzati, nel quinquennio è consentita una
successione che prevede almeno un’altra coltura, con al massimo un ristoppio per coltura. Sono ammessi due
ristoppi del coriandolo se la coltura inserita tra i due ristoppi appartiene ad una famiglia botanica diversa.
Negli altri casi si applica una successione quinquennale, con almeno tre colture e al massimo un ristoppio per
ognuna.
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SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO ALLA SEMINA
Per la preparazione del suolo è opportuno adottare lavorazioni conservative che tengano conto dello sviluppo
dell'apparato radicale e del controllo delle infestanti. La preparazione del letto di semina, quindi, può essere
effettuata con una lavorazione non superiore a 20 cm seguita dalle opportune lavorazioni consecutive o
direttamente con lavorazioni che permettono il buon sminuzzamento del terreno, tenuto conto della
dimensione del seme.
SEMINA
Il coriandolo si impianta preferibilmente per semina diretta all’inizio della primavera o per trapianto di
piantine ottenute da seme in primavera. Tuttavia può essere seminata in autunno dove non vi sono
temperature troppo basse durante il periodo invernale.
La densità di investimento dipende dalla destinazione del prodotto (foglie, intera pianta, frutto) ed è
compresa tra 250.000 e 700.000 piante/ha, con la densità maggiore per le coltivazioni da foglia. La distanza
tra le file è compresa tra 40-50 cm ma può essere ridotta per le colture da foglia. Per favorire l’uniformità
dell’impianto è utile l’irrigazione per garantire l’emergenza o l’attecchimento delle piantine .
Negli appezzamenti con pendenza media superiore al 30% sono consentite esclusivamente la minima
lavorazione, la semina su sodo e la scarificatura.
Negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% e il 30%, oltre alle tecniche sopra descritte,
sono consentite lavorazioni ad una profondità massima di 30 cm, ad eccezione delle rippature per le quali
non si applica questa limitazione. Inoltre è obbligatoria la realizzazione di solchi acquai temporanei ad una
distanza massima di 60 metri o prevedere, in situazioni geopedologiche particolari e di frammentazione
fondiaria, idonei sistemi alternativi di protezione del suolo dall’erosione.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati) .
Modalità di distribuzione del fertilizzante
Il fosforo ed il potassio, se necessari, vanno somministrati in corrispondenza della preparazione del terreno,
in relazione alla profondità dell’apparato radicale, della dotazione di elementi nutritivi presenti nel suolo e
del bilancio.
La concimazione azotata va frazionata in modo da seguire i ritmi di assorbimento della coltura e ridurre i
rischi di lisciviazione. Si suggerisce di somministrare 1/3 del fabbisogno all’impianto e la restante quantità
frazionata durante l’accrescimento, ad eccezione dei concimi a lenta cessione, o dopo gli sfalci.
Quando possibile è utile adottare la fertirrigazione al fine di migliorare l'efficienza dei fertilizzanti e ridurre
la lisciviazione.
Nelle tabelle che seguono sono riportati i valori di riferimento delle rese e le asportazioni per la redazione del
piano di concimazione tenuto della profondità radicale pari mediamente a 20 cm.
Rese di riferimento per t/ha
sfalcio
(prodotto
s.s. %
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
fresco)
Foglie
5-10
Pianta
intera
(uso 10-12
erboristico/distillazione)
Frutti
1-1,5
12
20
90
Asportazioni medie (prodotto secco) N (kg/t) P2O5 (kg/t) K2O (kg/t)
porzione epigea della pianta
45
16
40
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, ovvero moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Stadi fenologici
Profondità radicale prevalente Kc
cm
Fasi iniziali di accrescimento
10
0.4
Accrescimento
20
0.6
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Volumi di adacquamento massimi (Vmax) in relazione al tipo di terreno:
Tipo di terreno
Terreno sabbioso
Terreno franco
Terreno argilloso
metri cubi ad ettaro
(m3/ha)
350
450
550
pari a
millimetri
35
45
55
I volumi irrigui massimi per intervento, sopra riportati, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per
aspersione e per le manichette ad alta portata e per le colture protette; viceversa non ci sono limitazioni per
gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è
necessario effettuare il bilancio idrico.
DIFESA E DISERBO
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” vigenti in
Regione Campania.
68
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
RACCOLTA
La raccolta avviene in funzione della destinazione del prodotto mediante il taglio periodico delle sommità
prima della fioritura o della intera porzione vegetativa alla maturazione cerosa per il prodotto da destinare
alla distillazione, oppure alla maturazione dei frutti.
Le corrette modalità di raccolta e di conferimento ai centri di stoccaggio e lavorazione garantiscono il
mantenimento delle migliori caratteristiche qualitative del prodotto.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
69
REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
SALVIA
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifiche per la produzione integrata
della salvia.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
La salvia (Salvia officinalis L.) viene coltivata per la porzione epigea (foglie, cimette, pianta intera) fresca o
essiccata, generalmente in pieno campo ma anche in strutture protette. Possono essere utilizzati i rametti, le
cimette, le foglie o l’intera pianta in relazione alla destinazione d’uso tra cui prevalgono quella alimentare,
erboristica ed estrattiva. Dopo il primo anno e con una corretta gestione della coltivazione è possibile
effettuare due sfalci per anno.
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell'area di coltivazione è importante in relazione alle
esigenze della coltura e della qualità e quantità delle produzioni.
Suolo
Preferisce terreni sabbioso o franchi, anche calcarei, esposti in pieno sole. È importante la permeabilità dei
suoli e la buona sistemazione in quanto è molto sensibile al ristagno idrico.
Esigenze climatiche
La salvia è un suffrutice cespuglioso della famiglia delle Lamiaceae, molto diffusa nell’area mediterranea,
presente allo stato spontaneo in alta collina, anche nel territorio campano, fino a 1000 m s.l.m. L’ambiente
di vegetazione ideale è rappresentato da condizioni di clima caldo, poco piovoso. In funzione dell’andamento
climatico presenta stasi vegetativa autunno-vernina più o meno accentuata. La temperatura influenza la
qualità dell’olio; temperature maggiori determinano percentuale in olio essenziale e contenuto in canfora più
elevati.
SCELTA VARIETALE E DEL MATERIALE DI RIPRODUZIONE
Scelta della varietà
La scelta della cultivar rappresenta un aspetto cruciale per la buona riuscita della coltura sia per la
rispondenza alle richieste del mercato sia per l'adattamento all'ambiente di coltivazione e la resistenza a
parassiti animali e vegetali.
Per la produzione destinata al mercato delle aromatiche fresche vengono utilizzati prevalentemente tipi con
foglie lunghe, più o meno larghe, anche provenienti dalla riproduzione di materiale spontaneo, raccolto nel
rispetto delle normative regionali e nazionali. La utilizzazione di cultivar locali può contribuire alla
conservazione della biodiversità, tenendo conto delle esigenze del mercato per le tipologie di prodotto
desiderate.
Non è consentita la coltivazione di varietà costituite o provenienti da Organismi Geneticamente Modificati
(OGM).
Scelta del materiale di riproduzione
La salvia può essere riprodotta per seme e per talea. La riproduzione per talea garantisce una maggiore
uniformità dell’impianto.
Le piantine ed i materiali di moltiplicazione utilizzati devono essere acquisiti da fornitori autorizzati dai
Servizi fitosanitari regionali.
E' ammessa l'autoriproduzione per l’esclusivo reimpiego aziendale del materiale di moltiplicazione a partire
da piante madri scelte per caratteristiche di conformità varietale o al "tipo" ed esenti da parassiti e patogeni.
Il seme deve essere acquisito da fornitori autorizzati dai Servizi fitosanitari regionali.
Per l’eventuale autoriproduzione di ecotipi locali si rimanda a quanto indicato nelle norme tecniche generali.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
La durata della coltivazione si aggira in media intorno a 4 anni in dipendenza della tecnica colturale. La
coltura può avere una durata maggiore ma le rese diminuiscono.
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Il mantenimento della fertilità dei suoli attraverso tecniche di coltivazione conservative, con particolare
attenzione alla gestione della sostanza organica, rappresenta un obiettivo fondamentale della produzione. In
questa ottica vanno privilegiate le tecniche che permettono di raggiungere ed ottimizzare questo obiettivo
evitando il ristoppio e praticando il sovescio.
Il ritorno della salvia sullo stesso appezzamento è consentito solo dopo una coltura appartenente ad una
famiglia botanica diversa.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO ALL’IMPIANTO
E' importante procedere alla sistemazione del suolo in modo da evitare ristagni idrici ai quali la coltura è
molto sensibile. Per la preparazione del suolo è opportuno adottare lavorazioni conservative che tengano
conto dello sviluppo prevalente dell'apparato radicale e del controllo delle infestanti. La preparazione del
letto di semina, quindi, può essere effettuata con una lavorazione non superiore a 30 cm seguita dalle
opportune lavorazioni consecutive.
IMPIANTO
L'impianto della salvia va fatto preferibilmente per trapianto di piantine, ottenute da seme o da talee radicate.
E’ sconsigliabile la semina diretta. Il trapianto può essere effettuato in autunno o alla fine dell'inverno su
terreno preparato in modo da evitare i ristagni idrici. La densità di investimento è pari a 60.000-100.000
piante/ha. La distanza tra le file può essere regolata in modo da permettere il controllo meccanico delle
piante infestanti.
Negli appezzamenti con pendenza media superiore al 30% sono consentite esclusivamente la minima
lavorazione, la semina su sodo e la scarificatura.
Negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% e il 30%, oltre alle tecniche sopra descritte,
sono consentite lavorazioni ad una profondità massima di 30 cm, ad eccezione delle rippature per le quali
non si applica questa limitazione. Inoltre è obbligatoria la realizzazione di solchi acquai temporanei ad una
distanza massima di 60 metri o prevedere, in situazioni geopedologiche particolari e di frammentazione
fondiaria, idonei sistemi alternativi di protezione del suolo dall’erosione.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati) .
Modalità di distribuzione del fertilizzante
Il fosforo ed il potassio, se necessari, vanno somministrati in corrispondenza della preparazione del terreno,
in relazione alla profondità dell’apparato radicale, della dotazione di elementi nutritivi presenti nel suolo,
tenendo conto della durata prevista della coltura.
La concimazione azotata va frazionata in modo da seguire i ritmi di assorbimento della coltura e ridurre i
rischi di lisciviazione, con somministrazioni durante la fase di accrescimento. Nel primo anno si suggerisce
di somministrare 1/3 del fabbisogno all’impianto se effettuato a fine inverno e la restante quantità frazionata
durante l’accrescimento. Negli anni successivi gli interventi di concimazione azotata vanno effettuati alla
ripresa vegetativa primaverile e dopo il I sfalcio.
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Quando possibile è utile adottare la fertirrigazione al fine di migliorare l'efficienza dei fertilizzanti e ridurre
la lisciviazione.
Nelle tabelle che seguono sono riportati i valori medi di riferimento delle rese e le asportazioni per la redazione del
piano di concimazione annuale tenuto della profondità radicale pari mediamente a 30 cm.
Rese di riferimento per sfalcio t/ha
(prodotto fresco)
Biomassa epigea I sfalcio 10dell’anno
12
Biomassa epigea II sfalcio 8-9
dell’anno
s.s.
%
25
25
Asportazioni medie (prodotto secco) N (kg/t) P2O5 (kg/t) K2O (kg/t)
porzione epigea della pianta
23
18
24
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, ovvero moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Stadi fenologici
Profondità radicale
Kc
prevalente (cm)
Fasi iniziali di accrescimento
15
0.4
Accrescimento (dal 2° anno)
30
0.8
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Volumi di adacquamento massimi (Vmax) in relazione al tipo di terreno:
Tipo di terreno
Terreno sabbioso
Terreno franco
Terreno argilloso
metri cubi ad ettaro
(m3/ha)
350
450
550
pari a
millimetri
35
45
55
I volumi irrigui massimi per intervento, sopra riportati, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per
aspersione e per le manichette ad alta portata e per le colture protette; viceversa non ci sono limitazioni per
gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è
necessario effettuare il bilancio idrico.
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DIFESA E DISERBO
E’obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” vigenti in
Regione Campania.
RACCOLTA
La raccolta avviene mediante il taglio periodico delle sommità prima della fioritura o della intera porzione
vegetativa; il taglio alto favorisce la qualità della produzione e la capacità di ricaccio della pianta. Per questo
tipo di utilizzazione, dopo il primo anno, è possibile effettuare due sfalci per anno,
Le corrette modalità di raccolta e di conferimento ai centri di stoccaggio e lavorazione garantiscono il
mantenimento delle migliori caratteristiche qualitative del prodotto.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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TIMO
Nel presente disciplinare sono contenute le modalità di coltivazione specifiche per la produzione integrata di
tale specie.
Le altre norme e i vincoli comuni a tutte le colture sono riportate in maniera esaustiva nelle “norme tecniche
generali della produzione integrata”.
SCELTA DELL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE E VOCAZIONALITÀ
Il timo viene coltivato per la porzione epigea (foglie ed altre porzioni erbacee della pianta), in pieno campo o
in strutture protette.
La valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche dell'area di coltivazione è importante in relazione alle
esigenze della coltura e della qualità e quantità delle produzioni.
Suolo
Preferisce terreni sabbiosi o franchi, ben strutturati, anche calcarei, soleggiati È importante la permeabilità
dei suoli e la buona sistemazione in quanto soffre il ristagno idrico.
Esigenze climatiche
Il timo è un suffrutice con fusti ramificati della famiglia delle Lamiaceae, tipico dell’area mediterranea,
molto diffuso allo stato spontaneo, dal mare alla collina su terreni aridi e sassosi, anche nel territorio
campano. Il timo vegeta bene in ambienti con inverno mite, poco piovoso.
SCELTA VARIETALE E DEL MATERIALE DI RIPRODUZIONE
Scelta della varietà
La scelta della cultivar rappresenta un aspetto cruciale per la buona riuscita della coltura sia per la
rispondenza alle richieste del mercato sia per l'adattamento all'ambiente di coltivazione e la resistenza a
parassiti animali e vegetali.
In coltivazione si trova generalmente il timo volgare (Thymus vulgaris L.) caratterizzato da differenti
chemotipi con composizione diversa dell’olio essenziale, ma possono essere utilizzate anche altre specie
I differenti biotipi si differenziano per grandezza delle foglie, sviluppo della pianta, composizione dell’olio
essenziale che sono influenzati anche dall’ambiente e dalla tecnica di coltivazione.
Possono essere utilizzate cultivar provenienti dalla riproduzione di materiale spontaneo, raccolto nel rispetto
delle normative regionali e nazionali, tenendo conto delle esigenze del mercato per le tipologie di prodotto
desiderate. La utilizzazione di cultivar locali può contribuire alla conservazione della biodiversità.
Non è consentita la coltivazione di varietà costituite o provenienti da Organismi Geneticamente Modificati
(OGM).
Scelta del materiale di riproduzione
Il timo può essere riprodotto per seme, per talea e per divisione di cespo.
Le piantine ed i materiali di moltiplicazione utilizzati devono essere acquisiti da fornitori autorizzati dai
Servizi fitosanitari regionali.
E' ammessa l'autoriproduzione per l’esclusivo reimpiego aziendale del materiale di moltiplicazione a partire
da piante madri scelte per caratteristiche di conformità varietale o al "tipo" ed esenti da parassiti e patogeni.
Il seme deve essere acquisito da fornitori autorizzati dai Servizi fitosanitari regionali.
Per l’eventuale autoriproduzione di ecotipi locali si rimanda a quanto indicato nelle norme tecniche generali.
AVVICENDAMENTO COLTURALE
La durata della coltivazione si aggira in media intorno a 3- 4 anni in dipendenza della tecnica colturale. La
fase iniziale di crescita della coltura è molto lenta. La durata può essere maggiore ma la pianta tende a
lignificare eccessivamente.
Il mantenimento della fertilità dei suoli attraverso tecniche di coltivazione conservative con particolare
attenzione alla gestione della sostanza organica rappresenta un obiettivo fondamentale della produzione. In
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questa ottica vanno privilegiate le tecniche che permettono di raggiungere ed ottimizzare questo obiettivo
evitando il ristoppio e praticando il sovescio.
Il ritorno del timo sullo stesso appezzamento è consentito solo dopo una coltura appartenente ad una famiglia
botanica diversa.
SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL SUOLO ALLA SEMINA E ALL’IMPIANTO
E' importante procedere alla sistemazione del suolo in modo da evitare ristagni idrici ai quali la coltura è
sensibile. Per la preparazione del suolo è opportuno adottare lavorazioni conservative che tengano conto
dello sviluppo prevalente dell'apparato radicale e del controllo delle infestanti. La preparazione del letto di
semina, quindi, può essere effettuata con una lavorazione non superiore a 30 cm seguita dalle opportune
lavorazioni consecutive.
SEMINA/IMPIANTO
L'impianto del timo può essere fatto per semina diretta o per trapianto di piantine ottenute da seme, da talea o
da divisione di cespo. Il trapianto garantisce maggiore uniformità di investimento. Il trapianto può essere
effettuato in autunno o alla fine dell'inverno su terreno preparato in modo da evitare i ristagni idrici. La
densità di investimento è pari a circa 10.000 piante/ha. La distanza tra le file può essere regolata in modo da
permettere il controllo meccanico delle piante infestanti.
Negli appezzamenti con pendenza media superiore al 30% sono consentite esclusivamente la minima
lavorazione, la semina su sodo e la scarificatura.
Negli appezzamenti con pendenza media compresa tra il 10% e il 30%, oltre alle tecniche sopra descritte,
sono consentite lavorazioni ad una profondità massima di 30 cm, ad eccezione delle rippature per le quali
non si applica questa limitazione. Inoltre è obbligatoria la realizzazione di solchi acquai temporanei ad una
distanza massima di 60 metri o prevedere, in situazioni geopedologiche particolari e di frammentazione
fondiaria, idonei sistemi alternativi di protezione del suolo dall’erosione.
FERTILIZZAZIONE
La fertilizzazione deve essere condotta con l’obiettivo di garantire produzioni di elevata qualità e in quantità
economicamente sostenibili, nel rispetto delle esigenze di salvaguardia ambientale, del mantenimento della
fertilità e della prevenzione delle avversità. Essa, pertanto, deve tener conto delle caratteristiche e della
dotazione del terreno e delle esigenze della coltura.
L’azienda deve disporre di un piano di concimazione nel quale sono definiti i quantitativi massimi dei macro
elementi nutritivi distribuibili annualmente per la coltura.
I quantitativi di macroelementi da apportare devono essere calcolati adottando il metodo del bilancio, sulla
base delle analisi chimico fisiche del terreno, secondo quanto indicato nella ”Guida alla concimazione” della
Campania vigente.
Le dosi di azoto, quando superano i 100 kg/ha, devono essere frazionate ad eccezione dei concimi a lenta
cessione di azoto.
Nelle zone vulnerabili ai nitrati è obbligatorio il rispetto dei quantitativi massimi annui di azoto distribuibili
previsti dal “Programma d’azione della Campania” in applicazione della Direttiva 91/676/ CEE (Direttiva
nitrati) .
Modalità di distribuzione del fertilizzante
Il fosforo ed il potassio, se necessari, vanno somministrati in corrispondenza della preparazione del terreno,
in relazione alla profondità dell’apparato radicale, della dotazione di elementi nutritivi presenti nel suolo ,
tenendo conto della durata prevista della coltura.
La concimazione azotata va frazionata in modo da seguire i ritmi di assorbimento della coltura e ridurre i
rischi di lisciviazione, con somministrazioni durante la fase di accrescimento. Nel primo anno si suggerisce
di somministrare 1/3 del fabbisogno all’impianto se effettuato a fine inverno e la restante quantità frazionata
durante l’accrescimento.
Quando possibile è utile adottare la fertirrigazione al fine di migliorare l'efficienza dei fertilizzanti e ridurre
la lisciviazione.
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Nelle tabelle che seguono sono riportati i valori di riferimento delle rese e le asportazioni per la redazione del
piano di concimazione tenuto della profondità radicale pari mediamente a 20 cm.
Rese di riferimento per t/ha
sfalcio
(prodotto
fresco)
Biomassa epigea
5-7
Asportazioni medie (prodotto N (kg/t)
secco)
porzione epigea della pianta
22
s.s. %
35
P2O5 (kg/t) K2O (kg/t)
22
22
IRRIGAZIONE
L’irrigazione ha l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno idrico della coltura evitando di superare la capacità di
campo, allo scopo di contenere lo spreco di acqua, la lisciviazione dei nutrienti e lo sviluppo di avversità. Ciò
è possibile determinando i volumi di irrigazione sulla base di un bilancio idrico che tenga conto delle
differenti fasi fenologiche, delle tipologie di suolo e delle condizioni climatiche dell’ambiente di
coltivazione.
Metodologia per la valutazione dei fabbisogni irrigui
La metodologia per valutare i fabbisogni irrigui si basa sul calcolo del prodotto fra l’evapotraspirazione di
riferimento ETo, che dipende dalle condizioni climatiche, e dal coefficiente colturale kc (in tabella), che
rappresenta una misura dello sviluppo vegetativo della coltura nelle diverse fasi fenologiche, al netto degli
apporti di pioggia P (espressa in m3/ha, ovvero moltiplicando per 10 il dato di piovosità espresso in mm):
ETo * kc – P
Stadi fenologici
Profondità radicale
Kc
prevalente (cm)
Fasi iniziali di accrescimento
15
0.4
Accrescimento (dal 2° anno)
20
0.6
L’intervento irriguo va effettuato quando la somma dei dati giornalieri di (ETo * kc – P) raggiunge il Valore
massimo di adacquamento (Vmax) espresso in m3/ha:
Somma giornaliera (ETo * kc – P) = Vmax
Volumi di adacquamento massimi (Vmax) in relazione al tipo di terreno:
Tipo di terreno
Terreno sabbioso
Terreno franco
Terreno argilloso
metri cubi ad ettaro
(m3/ha)
350
450
550
pari a
millimetri
35
45
55
I volumi irrigui massimi per intervento, sopra riportati, sono vincolanti solo per gli impianti irrigui per
aspersione e per le manichette ad alta portata e per le colture protette; viceversa non ci sono limitazioni per
gli impianti microirrigui (goccia, spruzzo, ali gocciolanti e manichette di bassa portata) per i quali non è
necessario effettuare il bilancio idrico.
DIFESA E DISERBO
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REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura “Disciplinari di Produzione Integrata” Aggiornamento 2016
E’ obbligatorio il rispetto delle “Norme tecniche per la difesa ed il diserbo integrato delle colture” vigenti in
Regione Campania.
RACCOLTA
La raccolta va fatta in funzione della destinazione del prodotto. Il timo può essere destinato al mercato sia del
prodotto fresco che di quello essiccato. Può essere raccolta periodicamente la porzione epigea della pianta
durante la fase vegetativa sotto forma di rametti e cimette o l’intera pianta in pre-fioritura o fioritura per il
prodotto erboristico e per la distillazione, rispettivamente.
E’ opportuno effettuate il taglio all’altezza di 5-10 cm in modo da raccogliere anche le foglie basali ma
salvaguardare le porzioni legnose dalle quali avranno origine i ricacci.
Le corrette modalità di raccolta e di conferimento ai centri di stoccaggio e lavorazione garantiscono il
mantenimento delle migliori caratteristiche qualitative del prodotto.
Al fine di permetterne la rintracciabilità, è auspicabile che i prodotti ottenuti con i metodi di produzione
integrata siano identificati in modo tale da renderli distinguibili da altri prodotti ottenuti con modalità
produttive diverse.
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