Con i robot in sala operatoria è meglio. Ma allora

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LA STAMPA
MERCOLEDÌ 15 LUGLIO 2015
Bald’s
Leechbook
La pozione medievale con ingredienti da strega
ci regala un antibiotico contro lo strafilococco aureo
LUIGI GRASSIA
n Parlandone in generale, la medicina medie­
vale non si fa rimpiangere: era un misto di pozioni
orrende, ferri chirurgici arrugginiti e pratiche de­
leterie sopravvissute per secoli alla loro compro­
vata inutilità o dannosità. Basti pensare ai salassi
da omicidio e alle sanguisughe per uso terapeuti­
co. Ma non tutto era da buttare e nel volume di
antica medicina anglosassone «Bald’s Lee­
chbook» si possono trovare anche dei rimedi di
stupefacente efficacia.
l
P
È un trattato
di medicina
del X secolo
scritto in
Old English
e conservato
alla British
Library
Uno è stato identificato dall’università di Nottin­
gham, mettendo assieme le competenze degli
esperti di anglistica e quelle del dipartimento di
medicina. È risultato che una pomata che il Lee­
chbook consigliava per curare alcune infezioni agli
occhi funziona da antibiotico contro lo strafilococ­
co aureo. E questo è un microrganismo responsa­
bile di molte infezioni, dalla polmonite all’endocar­
dite e alla setticemia. Provata sui topi, la pozione
del Leechbook ha ucciso il 90% degli agenti pato­
geni. La notizia è particolarmente gradita, perché
lo strafilococco aureo è diventato, con il tempo,
.
TuttoScienze .29
molto resistente agli antibiotici oggi disponibili.
Un dubbio: il Bald’s Leechbook è a disposizione de­
gli studiosi nella British Library da generazioni. Ep­
pure l’efficacia di questa pomata è stata riscoperta
solo adesso. Come mai? La professoressa Christina
Lee, che a Nottingham studia il Medioevo, spiega
che per lavorare sulla ricetta (lunga e complicata)
ha dovuto fare non solo una traduzione ma anche
una difficile identificazione degli ingredienti, che
ricordano più gli intrugli delle streghe che le pre­
scrizioni dei farmacisti. Poi la microbiologa Freya
Harrison ha provato la miscela sullo strafilococco,
scoprendo che l’efficacia antibiotica non viene da
un singolo componente, ma da tutto l’insieme,
ben progettato. «E questo ­ commenta la Harrison ­
è ancora più sorprendente».
Meccanismo
EVOLUZIONISMO
La selezione
naturale
darwiniana
agisce su tutti
i livelli di
organizza­
zione della
vita biologica
e culturale:
sui geni
ma anche su
popolazioni
e specie
MAURILIO ORBECCHI
«G
li egoisti prevalgono all’interno di
gruppi isolati, ma i
gruppi che hanno altruisti al
loro interno hanno la meglio
su quelli nei quali prevalgono
gli egoisti. Per questo motivo
gli altruisti, in una specie sociale come la nostra, sono tenuti in grande considerazione.
Così gli altruisti, nel corso dell’evoluzione, hanno ottenuto
molti vantaggi, tra cui l’accesso alla riproduzione, diffondendo ulteriormente l’altruismo». Chi parla, dal suo studio
nella Binghamton University
dello Stato di New York, è David Sloan Wilson, uno dei più
importanti sostenitori della
selezione multilivello.
Negli ultimi 150 anni si è
molto discusso su quale fosse
l’«oggetto» colpito dalla selezione naturale: se il gene, come sostenevano William Hamilton, Richard Dawkins e altri teorici del «gene egoista»,
oppure gli organismi, i gruppi
o persino le specie intere. Ma
David Sloan Wilson, insieme
ora sembra superata la posizione estrema del gene (egoi- con molti altri evoluzionisti, tra
sta) come unica unità di sele- cui il famoso e omonimo entozione. In occasione del 30° an- mologo Edward O. Wilson, allargano anniversario delcora di più
la pubblicazioquesta visione de «Il gene
ne pluraliegoista» lo
sta, sostes t e s s o
nendo che la
Dawkins ha inselezione
fatti aggiustaRUOLO:
È
PROFESSORE
naturale
to il tiro, facenDI SCIENZE BIOLOGICHE
do una parzia- ALLA BINGHAMTON UNIVERSITY (USA) darwiniana
IL LIBRO: «L’ALTRUISMO»
agisce su
le autocritica e
BOLLATI BORINGHIERI
tutti i livelli
parlando di
di organiz«gene cooperativo», più che egoista, e di sele- zazione della vita biologica e
zione che, quindi, si svolge su culturale: sui geni e sugli organidue oggetti contemporanea- smi, ma anche su cellule, popomente: oltre che sul gene, an- lazioni e specie. In particolare è
che sull’organismo nel suo la competizione tra gruppi di individui che spiega l’altruismo,
complesso.
TONY KARUMBA/AFP/GETTY
Altruisti sì, senza esagerare
Il rischio è diventare talebani
Dai geni alle tribù: le ultime scoperte sulla selezione di gruppo
David Sloan
Wilson
Biologo
l
P
CHIRURGIA
FABIO DI TODARO
S
scrive Wilson nel suo «L’altruismo: la cultura, la genetica e il
benessere degli altri», appena
uscito per Bollati Boringhieri.
Wilson sa bene che in un animale complesso come l’Homo
sapiens possono essere presenti motivazioni differenti e che
ciò che appare altruistico a livello di azione può invece essere egoistico a livello di pensiero
(per esempio per ottenere la
salvezza dell’anima o per fissare il proprio ricordo nel mondo
terreno). Proprio per non incorrere in simili contestazioni,
sceglie quindi di limitare il suo
discorso all’altruismo come
azione, che è poi l’unica forma
di altruismo che davvero interessa agli altri. In questo senso
il massimo altruismo è quello
che limita la propria probabilità di sopravvivenza per favorire quella di altri. Tuttavia, senza arrivare a questo estremo,
«esiste comunque un altruismo
cooperativo piuttosto riconoscibile e condivisibile: io mi riferisco a questo - dice Wilson -.
Per una persona che ha bisogno
di soldi, l’importante è che questi arrivino. Non importa se sono donati per salvarsi l’anima,
per diventare famoso come benefattore o per un senso di dovere morale».
Naturalmente anche gli evoluzionisti che non ammettono
la selezione multilivello sono
consapevoli della presenza di
azioni altruistiche nella vita sociale. Esistono infatti altre due
teorie per spiegare il fenomeno
dell’altruismo in natura: la selezione parentale, ossia il riconoscimento inconsapevole della presenza dei propri geni nei
parenti stretti, che sarebbe alla base dell’accudimento della
prole (e della sua degenerazione nel nepotismo), e l’altruismo
reciproco, una teoria che interpreta le azioni altruistiche come un gioco di crediti che ci si
aspetta saranno ricambiati in
un secondo tempo.
Wilson ammette entrambe
le teorie, ma ritiene che, da sole, queste non siano sufficienti
a spiegare la diffusione di forme importanti di altruismo:
«Non penso che l’azione di una
persona che fa da scudo ad
amici o sconosciuti a prezzo
della propria vita possa essere
Con i robot in sala operatoria è meglio
Ma allora perché sono così pochi?
i avvantaggiano tutti: i
medici che intervengono con maggiore precisione e i pazienti che soffrono
meno e guariscono più velo- con la laparoscopia. Poi scoccemente. L’utilizzo del robot cò l’ora della toracoscopia, che
in medicina è realtà.
avrebbe aperto una nuova
Nel 2013 sono stati strada d’accesso ai polmoni.
450mila gli interventi effet- L’impiego del robot è l’ultima
tuati con il robot, nel mondo. tappa di un processo evolutivo
E in Italia, dalla fine degli che Gianluigi Melotti, presiAnni 90 a oggi, quasi 60 mila dente dell’Associazione chisono state le operazioni con- rurghi ospedalieri italiani, dedotte con il
finisce «irre«Da Vinci»:
versibile e non
di cui quasi
ancora com10 mila nepleto. Non so
gli ultimi 12
fino a che punmesi.
to si specializCome rizerà, ma queRUOLO: È PRESIDENTE
cordava già
DELL’ASSOCIAZIONE CHIRURGHI sto strumento
OSPEDALIERI ITALIANI è il presente e
nel 2012 il
«New Enil futuro della
gland Journal of Medicine», chirurgia». Il «Da Vinci» oggi i chirurghi hanno a di- chiamato così in omaggio a
sposizione nel loro arsenale Leonardo che progettò i primi
oltre 2500 procedure diffe- robot - è un’estensione dello
renti. La svolta è arrivata specialista. L’operatore osser-
La fantascienza è tra noi: in Lombardia sì, in Campania no
Gianluigi
Melotti
Chirurgo
«Da Vinci»: il robot che diventa un’estensione del chirurgo
va il punto di intervento attraverso un monitor che restituisce l’immagine 3D e opera con
i quattro bracci da una console. Alle estremità c’è tutto l’oc-
corrente: per incidere e suturare. Nel corpo del paziente
entrano attrezzi minuscoli,
senza bisturi.
Il robot non si stanca, au-
menta il raggio d’azione del
chirurgo - la mano robotica
ruota di 360° -, riduce il sanguinamento e i tempi di ospedalizzazione. A ciò si aggiunge anche la possibilità di elaborare una serie di indagini
sul paziente prima dell’intervento stesso. Seguendo l’evoluzione della laparoscopia,
che negli Anni 80 segnò una
rivoluzione, l’uso del robot ha
affinato sempre di più l’approccio chirurgico.
I benefici, però, non sono a
disposizione di tutti. L’Italia
conta 77 «Da Vinci», irregolarmente distribuiti, con Toscana e Lombardia che fungono da poli di attrazione. In Europa solo la Germania ne ha di
più. Nel mondo a precederci
sono Usa e Giappone.
Con il robot - ricorda Melot-
spiegata con l’altruismo reciproco e neppure con l’altruismo di parentela. È necessario
usare linguaggi diversi per cose diverse. Un unico linguaggio
non è sufficiente per descrivere la complessità del mondo».
La teoria della selezione di
gruppo, tuttavia, non spiega
solo la nascita dell’altruismo,
ma anche i conflitti sociali che
esistono nella specie umana
dall’inizio della storia. Nel corso dell’evoluzione si è passati
da una guerra endemica tra
tribù, formate da poche decine
di persone, a conflitti sociali di
ampia portata. Uno dei motivi
dell’allargamento dei conflitti
sta nel fatto che, nel tempo e
grazie ai mezzi di comunicazione, l’identità di gruppo si è
estesa a nazioni composte da
decine o centinaia di milioni di
persone. Se la teoria della selezione di gruppo è vera, non
possiamo che aspettarci altre
guerre, che tenderanno a
scomparire solo quando l’identità di gruppo sarà estesa a tutta l’umanità. Si tratta di un
processo in corso, la cui soluzione positiva non è scontata,
ma neppure impossibile.
ti - «si potrebbero effettuare
più del 70% degli interventi di
chirurgia generale». Alcuni dalla chirurgia addominale a
quella urologica, soprattutto a
carico di prostata e utero vengono oggi effettuati quasi
esclusivamente in questo modo. Ma la diffusione nella Penisola è a macchia di leopardo, se
in Campania ce n’è solo uno e
in Lombardia ci sono ospedali
che ne hanno anche due. E il
regime di monopolio in cui
opera l’azienda che produce il
«Da Vinci» - la Intuitive Surgical - non favorisce la diffusione. Il freno è quello dei costi, se
il solo acquisto oggi supera i
due milioni di euro e un intervento può valere una cifra doppia rispetto allo stesso effettuato in modo tradizionale.
Solo quando scadranno i
brevetti i prezzi caleranno.
«Allora i robot diventeranno
i chirurghi del futuro», chiosa Melotti. Il prossimo passo
- sostengono i «Davincisti» sarà la chirurgia «a sito unico»: permetterà di intervenire sugli organi dell’apparato
digerente da un solo punto
d’accesso.
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