<CHE COSA FA DI TE, TE?> IL ME DI ME STESSO … 1° INCONTRO VENERDÌ 7 OTTOBRE 2016 “SE L’UNITÀ DI MISURA FOSSE L’UNICITÀ, TUTTI AVREMMO LE STESSE POSSIBILITÀ” Siamo Tanti, 6/7 miliardi, ma tutti estremamente diversi da qualunque altro. Come le sfumature cangianti di un arcobaleno che si riflette su una goccia di rugiada. Questa è la PREmessa di questi nostri Incontri sulla domanda-risposta <Che Cosa Fa di Te, Te?> - “Il Me di Me Stesso”. Punto l’obiettivo della mia macchina fotografica sulla parola UNICITA’. Non come L’essere L’unico al mondo, ma come Essere Unico nel mio modo di pensare, sentire, agire. Se punto l’obiettivo della mia macchina fotografica sull’UNICITA’ ognuno di noi è qualcosa di nuovo è l’inizio di qualcosa di nuovo mai esistito prima è un sistema di riferimento particolare è attore, protagonista, interprete della propria vita è portatore di opportunità Se tengo l’obiettivo della mia macchina fotografica sull’UNICITA’ tutto ciò che è diagnosi, patologia, difficoltà, disturbo, disabilità, non distoglie l’attenzione dal Centro che è la Persona. <Io non sono la mia disabilità, la mia diagnosi, la mia patologia, la mia difficoltà, il mio disagio, ecc.. Tutto ciò che è mio diviene caratteristica, specificità, modo di essere, non necessariamente discriminanti, etichettanti, errori, sbagli. Due esempi opposti per capirci. <Ah! Se fossi meno chiacchierona… proprio non riesco a tenere a freno la lingua>. <Oh! Se fossi meno timido! Avrei più coraggio nel prendere l’iniziativa e farmi valere>. E se quella espansività la vedessi non come ostacolo? Cosa accadrebbe? E se quella timidezza la vedessi non come ostacolo? Cosa accadrebbe? Quella timidezza può consentire di ricevere confidenze anche da una persona poco conosciuta, oppure assicurare maggiore profondità e serietà nei rapporti. Quella espansività può divenire capacità di coinvolgere, rallegrare e ricordare la gioia di vivere anche a chi vede le sue giornate nel grigio più assoluto. Non si tratta di non vedere, di non tenere in considerazione, di far finta che non esista la disabilità, la patologia, la diagnosi, la difficoltà, ecc., si tratta di cambiare sguardo. Partendo dall’UNICITA’ tutto ciò che è ostacolo può divenire RISORSA, OPPORTUNITA’, NOVITA’, INIZIO. La nostra cultura ci porta a rilevare, considerare, a prendere in considerazione l’UNICITA’ solo quando c’è “quel qualcosa in più che ci distoglie dal normale, dalla massa, dal tutti…”. Così facendo diamo un “connotato” di difetto, etichetta, problema, caso, difficoltà all’unicità. UNICI diventa non più l’essenza bella e originale di ogni essere umano, ma un ‘difetto di produzione’, una ‘difficoltà da gestire’, un ‘problema dal quale difendersi o trovare una soluzione’. L’UNICITA’ che porta alla DIVERSITA’ non è più cosa buona e bella. UNICI sono o diventano solo le persone con una sindrome, una patologia, una difficoltà. UNICI diviene una categoria alla quale sei ‘relegato’. CAMBIARE ROTTA in concreto E’ INIZIARE A PENSARCI COME UNICI e A PENSARE L’ALTRO COME UNICO. <Azzerare ogni preconcetto accingendosi ogni volta a incontrare una persona piena di sorprese, impossibile da catalogare>. (D. Barrilà in “Quello che non vedo di mio figlio”) Esercizio: proviamo su di noi a sentire la nostra unicità. - prendi un’immagine qualsiasi e chiediti e chiedi cosa vedi tu? - prendi un oggetto qualsiasi e chiediti e chiedi cosa è e cosa può diventare? - cammina fermandoti in punti diversi nel luogo in cui ti trovi, osserva, ascolta, osservati, ascoltati. Dopo un po’ siediti al centro del luogo in cui ti trovi dicendo: sono qui!!! Che cosa senti? A costo di ripetermi e ripeterci, mi e ci soffermiamo ancora su questa UNICITA’. Senza di essa non possiamo entrare in modo giusto e corretto dentro le cose, tanto meno quando queste ‘cose’ rischiano di diventare etichette che precludono la crescita, lo sviluppo della Persona. Ognuno di noi ha la propria storia - scrivi la tua Ognuno di noi ha il proprio carattere - descrivi il tuo Ognuno di noi ha i propri sogni - scrivili Ognuno di noi ha la propria interiorità - ascoltala Siamo tanti, ma tutti estremamente diversi da qualunque altro. Come le sfumature cangianti di un arcobaleno che si riflette su una goccia di rugiada. Accanto alla parola UNICITA’ allora metto la parola ACCOGLIENZA come capacità, capienza. La capacità di contenere qualcosa. Questo mi apre uno sguardo nuovo e di nuovo su quelle parole per le quali comunque cerchiamo una collocazione, una risposta, una curiosità. Viste da qui UNICITA’ e ACCOGLIENZA, patologia, diagnosi, disabilità, disturbo, difficoltà non sono sfighe ma sfide non sono colpe ma opportunità da ACcogliere non sono limiti e fragilità inconcludenti e paralizzanti ma limiti e fragilità propulsivi e generativi. VERO!!! È difficile. VERO!!! Porta sofferenze, incomprensioni, solitudini. VERO!!! Portano domande profonde e interminabile ricerca sulle risposte. Tutto questo diviene PRO-vocazione come CHIAMATA PRIMA. Siamo chiamati a essere Innovativi sulle parole e sull’utilizzo di essere. Siamo chiamati a mettere delle priorità, a mettere degli articoli chiari e precisi davanti alle situazioni. L’UNICITA’ è un valore che apre e mi apre al mio stesso infinito, perché mi porta a conoscermi, ad essere consapevole di me, a imparare ad imparare. L’UNICITA’ non toglie difficoltà, disabilità o altro, insegna a renderle possibilità nuove, punti di partenza, inizi. L’UNICITA’ non è pensiero “bello”, filosofico, astratto, è pensiero concreto, anzi è un “fatto”. Una sola avvertenza: NON CONFONDERE L’UNICITA’ con L’essere L’unico… qui entreremmo nella sfera dell’ego che non fa testo per l’UNICITA’!!!