Before The Flood, on line il
documentario ambientalista di
Di Caprio
Leonardo DiCaprio mette da parte i panni dell’attore di
successo e, con quelli di ambasciatore di pace per le Nazioni
Unite contro i cambiamenti climatici, cerca di dare nuovo
slancio all’ambientalismo che appare ormai appannato. Come
protagonista di un documentario intitolato Punto di non
ritorno – Before the Flood, frutto di 2 anni di lavoro. Girato
da Fisher Stevens, che ha già fruttato un Oscar del 2010 La
baia dove muoiono i delfini, prodotto tra gli altri da Martin
Scorsese e reso disponibile gratuitamente anche in italiano da
National Geographic.
Il filo conduttore è la suggestiva metafora del Trittico del
Giardino delle delizie di Hieronymus Bosch, la
rappresentazione di una Terra che declina dall’Eden di Adamo
ed Eva al lugubre inferno dei tormenti infernali. Partendo dai
propri ricordi d’infanzia, DiCaprio gira il mondo con
atteggiamento curioso e indagatore per osservare con i propri
occhi le situazioni critiche dove i cambiamenti climatici sono
evidenti e portano conseguenze devastanti, e per intervistare
scienziati, politici e attivisti che mettono in guardia sui
rischi ambientali. Idealmente prende il testimone di Al Gore,
l’ex vicepresidente Usa convinto ambientalista e autore di Una
scomoda verità, film che risale a 10 anni fa. L’impegno
ambientalista dell’attore parte dal 1998, folgorato proprio
dall’incontro con il politico statunitense. Non mancano
rimandi al film che ha fruttato all’attore l’agognato Oscar,
Revenant – Redivivo, con inserti dal backstage e commenti del
regista Alejandro González Iñárritu. Non a caso, dato che
l’opera è l’epopea di umani in lotta immersi nella natura
maestosa e selvaggia dei secoli passati. E non è un caso che
DiCaprio, nel suo discorso durante la premiazione a Los
Angeles, abbia lanciato un appello sul cambiamento climatico.
Il documentario ha un esplicito impianto liberal e antiestablishment. Vengono criticati repubblicani e media come Fox
News che negano l’impatto del cambiamento climatico causato
dall’uomo, ormai riconosciuto dalla comunità scientifica
mondiale. Bersaglio sono anche le potentissime lobby
industriali che foraggiano la propaganda “negazionista” e
diversi politici. Con sferzate autoflagellanti decisamente
moralistiche agli Stati Uniti e al way of life improntato su
consumi spropositati e irresponsabili.
DiCaprio, come un bambino colmo di stupore, viaggia on the
road tra animali in via di estinzione e habitat naturali a
rischio. Ma anche in zone devastate dall’industrializzazione
selvaggia (come Cina e India), per far spazio a immense
coltivazioni convenienti (come l’odiata palma da olio) e
allevamenti intensivi, o stravolte dallo scioglimento dei
ghiacci, inquinamento e altri disastri. Le immagini sono
indubbiamente molto suggestive, con una fotografia curatissima
e una colonna sonora firmata da nomi come Trent Reznor,
Atticus Ross, Mogwai e Gustavo Santaolalla.
L’appello ai grandi della Terra è di impegnarsi concretamente
a cambiare questa economia suicida basata sui combustibili
fossili quali carbone, petrolio, gas naturali e sul consumo
scriteriato di energia e risorse ambientali e agricole. Mentre
l’opinione pubblica può mobilitarsi per fare pressione sulla
politica, spingendola verso decisioni osteggiate dai grandi
potentati (ad esempio la carbon tax).
I fan italiani potranno bearsi nel sentire DiCaprio parlare il
nostro idioma mentre ossequioso viene ricevuto da papa
Francesco. Di Bergoglio viene lodata l’attività di
sensibilizzazione sul tema, anche con l’enciclica Laudato
si’. Le prese di posizione papali sono preziose per
responsabilizzare i devoti, ma nell’esaltare la recente
svolta ambientalista del Vaticano si rimuove il problema della
sovrappopolazione, della necessità di accompagnare i doverosi
cambiamenti economici, sociali e sui consumi e la protesta
verso i potentati economici con il contenimento della
pressione demografica, in particolare nelle aree più povere e
turbolente del pianeta. Tra i potenti della Terra,
l’ambasciatore Onu insignito dal segretario generale Ban KiMoon incontra anche il presidente degli Stati Uniti Barack
Obama, che considera l’accordo sul clima di Parigi teso a
contenere le emissioni e l’aumento delle temperature entro i 2
gradi un segnale incoraggiante, pur tra le difficoltà di
attuazione e le resistenze nazionali. Accordo che, nonostante
tutto, entra in vigore proprio il 4 novembre poiché ha
raggiunto il sudato minimo di ratifiche, alla vigilia
dell’imminente conferenza di Marrakech.
L’enfasi e la sentita preoccupazione per le sorti del mondo
accompagnano il documentario e sono ammirevoli, anche
se qualcuno potrà ritenerle affettate e stucchevoli. Sembrerà
strumentale la scelta di centrare l’opera sulla personalità
del vip, ma un testimonial di questo tipo è funzionale ad
attirare attenzione su una causa tremendamente urgente. Anche
DiCaprio lo comprende e non vuole rubare la scena, dando
grande spazio ai suoi interlocutori mentre snocciolano cifre,
dati, informazioni. Rispetto al film di Al Gore, questo appare
meno didascalico, meno posato, più coinvolgente e
movimentista, pur cercando di mantenere l’attenzione su dati
scientifici e senza arrivare ai livelli di ostentata
partigianeria di Michael Moore.
L’umanità “è alla vigilia del diluvio”: così DiCaprio sul
titolo del film riprendendo la definizione del pannello
mediano nel trittico di Bosch. Un’epoca di iperconsumismo,
dissolutezza e devastazione, che fa da preludio a uno scenario
disperato e oscuro. Leonardo DiCaprio, come ha fatto con
trasporto al Palazzo di Vetro dell’Onu, richiama i politici
alle loro responsabilità verso l’umanità e a un cambio di
rotta concreto. Ma ogni persona può inoltre fare la sua parte,
consumando responsabilmente e attivandosi per contribuire a
salvaguardare gli equilibri fragili di questo piccolo pianeta,
come ricorda anche il film e invita a fare il sito dedicato.
di Valentino Salvatore