PUBBLICAZIONE PERIODICA RISERVATA AGLI ASSOCIATI UPA FEBBRAIO 2011 NUMERO 28 THE AGE OF MEANINGFULBRANDS. Da Admap novembre 2010 consumatore e della comunicazione. L’80 % degli intervistati si aspetta che le aziende svolgano un ruolo attivo nel risolvere problematiche di carattere ambientale, sociale o etico ma sono poche le aziende che rispondono a Secondo il report di Havas Media queste aspettative. Solo il 29% degli “Brand Sustainable Futures” che intervistati pensa che le aziende siano analizza le percezioni di oltre 30.000 seriamente impegnate in questo consumatori circa la sostenibilità di percorso, mentre una crescente quota oltre 150 marchi appartenenti a 10 di “scettici” ritiene che le aziende settori in 9 mercati, risulta che alla agiscano con scrupolo solo per maggior parte degli intervistati non migliorare la propria immagine. Occorre interessa se 2/3 degli attuali marchi tradurre in azioni concrete l’impegno mondiali dovessero scomparire in un verso la sostenibilità per ricostruire la futuro non molto lontano. “brand equity” e ristabilire la fiducia. E’ un segnale importante: qualcosa Secondo l’Havas Media’s Brand nelle strategie di marketing sta Sustainable FuturesQuotient (BSFTM), andando storto e non è dovuto solo metrica che analizza il livello di salute alla crisi economica. E’ qualcosa di dei brand in chiave di sostenibilità , le molto più profondo e di lungo periodo. aziende che hanno ottenuto i risultati Il restante 1/3 dei brand appartengono migliori sono: Danone, Nestlé, Coca ad aziende che stanno ridefinendo le Cola, (nel settore alimentare), Unilever, loro relazioni con i consumatori e gli P&G, L’Oréal (nel settore beni di altri attori sociali partendo dal concetto consumo), Ikea e Walmart (nel settore di sostenibilità e di “capitale sociale”. retail), Google e Phillips (nel settore IT C’è una stretta relazione tra la ed elettronica). significatività di un brand e il profilo di La comunicazione gioca un ruolo sostenibilità percepito. Più il brand cruciale nel coinvolgere le persone e viene considerato sostenibile, più mobilitarle verso fini comuni. acquista significato per i consumatori. Questi, in sintesi, i fattori chiave: Stiamo vivendo un vero cambio di 1) Dalle idee agli ideali. I brand paradigma con nuovi valori dovranno far leva più su ideali che su (sostenibilità) in un nuovo contesto idee. Questi hanno infatti un impatto (interconnesso, trasparente, con più forte di qualsiasi argomentazione maggior potere da parte del razionale. consumatore) che richiede nuove forme 2) Dalla credibilità alla verità. Se da di relazioni (autentiche, impegnate, un lato vi è una crescente domanda da piene di significato, affidabili) per parte dei consumatori di trasparenza, creare valori reali e ristabilire la fiducia. integrità ed essenzialità, dall’altro c’è La sfida non sta, quindi nel costruire un crescente numero di soggetti nuovi brand ma nel cambiarne (istituzioni indipendenti, social media, /aumentarne il significato facendo ONG) che possono fornire ai diventare la “sostenibilità parte consumatori informazioni e valutazioni integrante degli obiettivi dell’azienda, circa le credenziali di sostenibilità delle dei marchi, dell’esperienza del aziende. Le aziende dovranno costruire La reputazione di una compagnia, in un’ottica di sostenibilità, come influisce sulla significatività percepita dal consumatore e quindi sul successo del brand? la loro credibilità basandosi non più solo su dati fattuali o su comunicazioni auto-referenziali, ma su comportamenti fattivi che testimonino un genuino impegno a favore dell’ambiente e della società. 3) Dai fatti relativi alle aziende al ruolo dei brands e al coinvolgimento emozionale. Se le aziende, attraverso le loro pratiche di responsabilità sociale aumentano il goodwill collettivo nei loro confronti, i brand dovrebbero andare oltre e coinvolgere il consumatore sotto il profilo emozionale spingendolo a partecipare ad iniziative di concreto impegno sociale e/o ambientale. E’ fondamentale garantire integrazione e coerenza tra pratiche di responsabilità sociale d’impresa, iniziative collegate ai brands/prodotti e comunicazione. 4) Dal segmento alla rete e alla comunità. La comunicazione dovrà essere sempre più integrata, dinamica e rivolta a un pubblico sempre più organizzato in forma di rete. Gli stessi brand dovranno ampliare il loro target, superando la segmentazione e coinvolgendo il maggior numero di soggetti attraverso molteplici punti di contatto. Sarà sempre più determinante saper cogliere il valore del network e identificare e attivare i più rilevanti, influenti e credibili canali di comunicazione. 5) Dalla CSR, alla trasparenza, al capitale sociale. Per ristabilire un clima di fiducia con i consumatori le aziende dovranno sempre più adottare l’approccio “Talk, Think, Trust”, un approccio nel quale la fiducia si costruisce attraverso il dialogo e la condivisione di ideali. L’articolo integrale di ADMAP può essere richiesto a: [email protected] PAGINA 1 PUBBLICAZIONE PERIODICA RISERVATA AGLI ASSOCIATI UPA FEBBRAIO 2011 NUMERO 28 TMOBILE MARKETING&SERVICE: Una app non fa primavera Il MIP School of Management del Politecnico di Milano il 27 gennaio 2011 ha presentato il Rapporto 2010 “Osservatorio Mobile Marketing&Service” in un convegno dal titolo “Mobile Marketing&Service: una App non fa primavera”. La ricerca, quarta edizione dell’Osservatorio, indaga la diffusione del Mobile Marketing, inteso come iniziative di marketing fruibili per mezzo del telefono cellulare, nel mercato italiano e le sue declinazioni, in particolare il Mobile Internet, un paradigma con alte previsioni di crescita: nel 2013, secondo vari analisti, il numero di utenti connessi a internet via mobile supererà infatti gli utenti di internet da Pc. Digital out of home e tablet, altre declinazioni del Mobile Marketing oltre al telefono cellulare, non sono invece oggetto di questa indagine. Fattore determinante dell’incremento delle connessioni Mobile è la penetrazione degli smartphone, che in Italia è pari al 35%, contro il 30% europeo e il 26% degli Stati Uniti, oltre alla diffusione delle tariffe flat, all’effetto moda della navigazione via cellulare e anche allo sviluppo di Applicazioni e di versioni Mobile dei siti aziendali. Nell’ambito della ricerca del MIP, l’Istituto Doxa ha realizzato un’indagine per definire il target dei “Mobile Surfer”, i navigatori da telefono cellulare: prevalentemente uomini (62%), residenti al sud o nelle isole, di età compresa tra 25-44 anni (68%). L’indagine evidenzia tre profili: “Adopter” (48%), open minded che utilizzano internet via cellulare in modo funzionale, “Passionate” (18%), opinion leader e early adopter e “Observer” (34%) con maggiori barriere alla navigazione via mobile. Il tempo medio di utilizzo di internet via cellulare è di 30 minuti al giorno, con tre sessioni di circa 9 minuti ciascuna. Se il Mobile Internet è la tendenza emergente e in crescita, la declinazione più diffusa del Mobile Marketing restano gli sms, strumento con un alto potenziale di sviluppo da parte delle aziende, per comunicazioni promozionali differenziate secondo l’area geografica, a costi contenuti. La presenza di GPS negli smartphone, ma anche la localizzazione del cellulare per mezzo delle celle della rete Gsm consentono lo sviluppo di servizi geolocalizzati, come l’invio di coupon digitali in prossimità del punto vendita, i servizi di geomapping per la ricerca dei negozi più vicini al consumatore e la segnalazione da parte dell’utente della propria collocazione geografica sui social network. Per quanto riguarda gli investimenti pubblicitari sul Mobile, nel 2010 si è registrata una crescita del 15% rispetto al 2009, per un valore di 35 milioni di euro, e una quota dello 0,5% sugli investimenti pubblicitari su tutti i mezzi. Nel 2010 gli investitori dei settori tradizionali (62%) superano per la prima volta quelli del comparto mobile content (38%) e si verifica una maggiore distribuzione delle quote tra i settori top spenders: mentre nel 2009 tre settori realizzavano il 70% dell’investimento sul canale mobile, nel 2010 i settori diventano sei. “Finanza e Assicurazioni” si conferma il settore top spender, con una riduzione della quota dal 45% del 2009 al 20% del 2010. In merito ai diversi formati pubblicitari utilizzati nelle attività di Mobile Marketing, la ricerca evidenzia la recente tendenza da parte delle aziende ad utilizzare canali propri, owned media, come ad esempio Mobile site (versione Mobile dei siti aziendali), banner che rimandano al sito dell’azienda, sms inviati da database aziendali, calling banner, che implicano un’interazione con il call center e applicazioni per smartphone. Questi canali affiancano i “tradizionali” formati di advertising di proprietà di terzi, paid media, tra i quali Mobile display advertising, Mobile key words advertising e database di altri soggetti per l’invio di sms e mms. Esistono poi gli spazi “conquistati” dall’azienda, earned media, come i geosocialnetwork (FourSquare, Facebook Places, Gowalla e Google Latitude), le valutazioni delle applicazioni da parte degli utenti sui vari store e le potenziali dinamiche virali di questi strumenti. Tra i formati pubblicitari legati al Mobile Marketing si segnala il QR Code, strumento di collegamento tra i media cartacei e i canali Mobile, sui quali il contenuto viene effettivamente fruito. Dalla survey condotta sui Responsabili Marketing emerge che le Applicazioni per smartphone sono considerate uno strumento chiave per le attività di marketing delle aziende dei prossimi anni. Per quanto riguarda l’attuale utilizzo delle “app”, l’analisi condotta sulle 100 aziende top spender in pubblicità e sui principali store di Applicazioni (App Store, App World, Android Market, OVI Store) evidenzia che 41 aziende hanno sviluppato almeno un’ “app” nell’ultimo anno. Realizzare Mobile Application non significa però effettuare Mobile Marketing: è infatti necessaria un’attività di promozione delle “app”, che ne stimoli l’adozione. Per maggiori approfondimenti: www.osservatori.net PAGINA 2