Anno II – Numero 215 AVVISO 1. visita alla Farmacia degli incurabili: lunedi’ 15 luglio, ore 20.45 Lunedì 08 Luglio 2013, S. Adriano, Priscilla, Elisabetta CROSTACEI E ALGHE SALVANO LA TIROIDE Frutti di mare e pesci devono diventare parte integrante della Notizie in Rilievo dieta Prevenzione e Salute 2. Che succede se si rompe il tendine d'Achille? Scienza e Salute 3. Il bacio ha potere terapeutico ma deve essere frequente e 'intenso' 4. Allattamento, i «trucchi della nonna» servono? 5. Dopo esercizio fisico intenso si mangia meno 6. Freddo no, caldo sì: ecco cosa tiene lontano l'infarto. Alimentazione e Salute 7. Crostacei e alghe salvano la tiroide 8. Birra e amidi peggiorano la psoriasi 9. Gravidanze troppo pesanti. Una dieta prelibata a base di pesci, molluschi e crostacei. Ma anche con le più esotiche alghe e con frutta e verdura coltivate vicino al mare potrebbe essere l'antidoto ai problemi legati alla tiroide. Lo iodio contenuto in questi alimenti protegge, infatti, la ghiandola dalle malattie. Non è un caso che nelle popolazioni che vivono sul mare e si nutrono del pescato si registri la più bassa incidenza di patologie della tiroide, quali gozzi, noduli e neoplasie. Un aiuto anche da broccoli e spinaci - "E' l'alimentazione, la fonte principale di questo elemento. "Respirare l'aria di mare" è una leggenda metropolitana: le quantità di iodio che possono essere inalate sono meno che omeopatiche. Il cibo, dal pesce fresco ai prodotti locali coltivati su terreni costieri ricchi di iodio, invece ne sono ricchi". Lo iodio sulla tavola, lo portano anche i broccoli, gli spinaci, le rape e la salsa di soia. (Salute, Tgcom24) BIRRA E AMIDI PEGGIORANO LA PSORIASI E' stata trovata anche una relazione con la celiachia. Modificare la dieta può aiutare L'alimentazione influenza la comparsa e il peggioramento della psoriasi, in particolare gli alimenti contenenti glutine e la birra, oltre ad un eccessivo introito calorico. C'è un'associazione tra celiachia e psoriasi - Lo specialista L. Naldi ha citato uno studio svedese condotto su oltre 28mila individui con intolleranza al glutine. La ricerca ha confermato che le patologie sono associate e la celiachia è presente in circa il 10% dei pazienti affetti da psoriasi. Cambiare dieta può aiutare - "Una dieta priva di glutine potrebbe associarsi a un miglioramento della patologia, nei soggetti intolleranti. La birra, inoltre, è una delle poche bevande alcoliche originate dalla fermentazione dell'amido ed è stato dimostrato che un eccessivo consumo di birra possa aumentare il rischio di psoriasi. E' inoltre ormai accertato che l'introito calorico complessivo influenza la patologia". (Salute, Tgcom24) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: [email protected]; [email protected] SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 215 SCIENZA E SALUTE IL BACIO HA POTERE TERAPEUTICO MA DEVE ESSERE FREQUENTE E 'INTENSO' Produzione di endorfine e ossitocina anti-cortisolo, antistress e anti-emicrania: sono solo alcuni benefici di questo atto che mette in azione 29 muscoli facciali. E qualcosa si aggiunge se a monte c'è un sentimento ricambiato. Allevia l'emicrania, tiene a bada il colesterolo e rende la pelle più bella. Non si tratta di un nuovo farmaco, ma degli strepitosi effetti che può avere il bacio. Al più romantico dei gesti d'amore, celebrato in ogni tempo e da tutte le arti, è dedicata una Giornata mondiale che si è celebrata il 6 luglio e nel cui ambito si possono ricordare anche le sue capacità 'curative'. Emicrania e depressione - Con il bacio si rilasciano dopamina ed endorfine che abbassano la sensibilità al dolore. Ecco perché anche il mal di testa diventa più sopportabile. "L'effetto analgesico e antidepressivo del bacio è dovuto fondamentalmente al fatto che rappresenta la realizzazione pratica e immediata di uno degli obiettivi principali del sistema psico-biologico, o potremmo dire MenteCorpo, dal quale siamo costituiti, che è l'attaccamento", spiega G. Genovesi, Endocrinologo presso l'Univ. La Sapienza di Roma. In pratica, ci congiungiamo fisicamente, diventiamo "uno" con l'altro. "Per questo motivo il cervello produce specifici neurotrasmettitori con particolare riferimento agli oppioidi, ai cannabinoidi, alla serotonina e, in parte, anche alla dopamina". Anti-stress - Poiché riduce i livelli di cortisolo, il bacio è anche un potente anti-stress. Il meccanismo è rafforzato dal fatto che il contatto delle labbra stimola l'ossitocina, un ormone che riduce lo stress. Lo ha dimostrato uno studio che ha misurato il livello di ossicitina e quello di cortisolo in alcune coppie di studenti che si baciavano. Sia negli uomini che nelle donne si è registrata una diminuzione di cortisolo, un chiaro segnale di rilassamento, che è stato maggiore di quanto rilevato quando, anziché baciarsi, le coppie si tenevano semplicemente le mani. "La riduzione di cortisolo che agisce da anti-stress si verifica solo in chi si bacia spesso". "Un bacio unico, magari mozzafiato, produce, invece, un aumento del cortisolo che esprime l'effetto stressante positivo tipico delle emozioni intense". Anti-cancro e anti-aging - Il bacio può agire persino come anticancro e anti degenerativo riducendo l'entropia del sistema del partner. Ma per questo effetto la presenza di un forte sentimento reciproco è una condizione irrinunciabile. "Baciare una persona che ci ama e che amiamo è differente dal baciare occasionalmente soprattutto dal punto di vista degli effetti che può realmente avere sulla salute". Difese immunitarie - Con il bacio ci si scambiano gli anticorpi e ciò rafforza il profilo immunitario. "In effetti, la produzione di alcuni neurotrasmettitori specifici stimola il sistema immunitario, in particolare nella sua componente CD4 cioè linfociti T helper". Colesterolo - Il bacio può persino aiutare a tenere sotto controllo il colesterolo. "Il baciarsi frequentemente ha un effetto metabolico vero e proprio che induce una riduzione del colesterolo" dice l'esperto, il colesterolo è il mattone con cui l'organismo produce il cortisolo: "Quindi meno stress significa meno bisogno di cortisolo e meno necessità di produrre colesterolo da parte del fegato". Denti, calorie e pelle - Il meno romantico dei benefici del bacio è indicato dall'Academy of general dentistry, secondo la quale l'aumento di produzione di saliva, che il bacio comporta, favorisce la rimozione dei residui di cibi e dei batteri responsabili della carie. Ma baciare appassionatamente può contribuire anche al dispendio energetico visto che, secondo alcune stime, ogni bacio farebbe bruciare almeno 12 calorie. D'Altra parte, a beneficiarne è anche la bellezza del viso. Ogni bacio muove 29 muscoli facciali rendendo la pelle più tonica e luminosa, mentre la tempesta ormonale che esso può scatenare rilassa il viso. (Salute, Repubblica) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 215 PREVENZIONE E SALUTE CHE SUCCEDE SE SI ROMPE IL TENDINE D'ACHILLE? I sintomi: forte dolore e il piede non si piega verso il basso Il tendine d'Achille è una «fascia elastica», molto resistente, ma non indistruttibile. Questo tessuto, che collega i muscoli del polpaccio al calcagno, si può infiammare e logorare, complici gli sforzi ripetitivi e troppo intensi che spesso fanno gli sportivi, professionisti o improvvisati. «I danni al tendine d'Achille possono essere di entità diversa, ma tutti provocano un dolore, più o meno intenso, tra tallone e polpaccio - spiega A. Chessa, resp. chirurgia del piede dell'Ospedale San Paolo di Milano. Spesso, in caso di tendinite, all’inizio l’infiammazione non riguarda il tendine, ma la guaina che lo ricopre e le cose possono essere complicate dalla presenza di una borsite, cioè l'infiammazione delle borse sierose piccole sacche che contengono il liquido sinoviale il cui compito è proteggere le parti a cui sono legate, attutendo gli urti e distribuendo il carico. Il tendine d'Achille può però andare incontro anche a un lento processo degenerativo, definito tendinosi, in genere legato a microtraumi ripetuti. Questo processo, in cui le fibre tendinee si sovvertono e logorano lentamente può favorire la rottura del tendine d’Achille. Questo tendine si può però rompere anche all'improvviso in seguito a un trauma». Quali sono i sintomi della tendinite «d’Achille»? «Il sintomo più tipico è il dolore, che di solito insorge gradualmente e peggiora con il tempo. Il dolore aumenta quando si fanno le scale o esercizi fisici più intensi rispetto a quelli cui si è abituati. Quando il tendine è infiammato è spesso possibile intravedere un lieve gonfiore tra calcagno e polpaccio. Talvolta dolore o rigidità del tendine si avvertono al risveglio. Quando il tendine si rompe all'improvviso in genere c'è uno schiocco e poi un forte dolore trafittivo. Non solo, la persona non riesce a piegare il piede verso il basso e a camminare in modo normale». Quali accertamenti vanno eseguiti? «Per impostare una terapia mirata è fondamentale una corretta diagnosi, fatta possibilmente in tempi brevi perché prima di interviene, maggiori sono le possibilità di guarigione. Alla visita ortopedica si possono affiancare ecografia e risonanza magnetica. La radiografia è utile se si sospetta un'anomalia ossea, per es. il cosiddetto morbo di Haglund, condizione abbastanza diffusa in cui è ingrandito l'osso nella parte posteriore del calcagno». Quali sono i trattamenti? «La prima cosa da fare se si avverte dolore è sospendere gli allenamenti e mettere del ghiaccio. Per controllare il dolore si possono usare i classici antinfiammatori. In caso di tendinite il primo approccio è sempre conservativo: con specifici plantari che alzano il calcagno, stretching ed esercizi di fisioterapia si cerca di ridurre la tensione sul tendine e migliorare la biomeccanica. Se non basta si può tentare con le onde d'urto, mentre se c'è una patologia degenerativa si può prendere in considerazione un intervento chirurgico di scarificazione del tendine. Infine se si è verificata una rottura totale, i due lembi del tendine vanno ricuciti. In caso di fratture inveterate, ovvero di vecchia data e non riconosciute, si interviene sempre chirurgicamente con un'operazione di ricostruzione più complessa». (Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 215 SCIENZA E SALUTE ALLATTAMENTO, I «TRUCCHI DELLA NONNA» SERVONO? Anche le ostetriche o i medici spesso ne parlano alle donne, ma non esistono prove scientifiche che ne attestino l'efficacia. Foglie di cavolo per diminuire il dolore al seno, bustine di tè sui capezzoli per ridurre i fastidi, farina d'avena o finocchi a volontà per aumentare il latte. Sono solo alcuni dei trucchi per il periodo dell'allattamento che le donne si tramandano di generazione in generazione: di dicerie ce ne sono per tutti i gusti, ma viene da chiedersi se siano stratagemmi utili per davvero o espedienti un po' bislacchi, privi di qualsiasi fondamento di verità. Uno studio pubb. su Breastfeeding Medicine ha cercato di fare chiarezza. STUDIO - sottoposto a oltre 120 specialisti un questionario online in cui si chiedeva loro se e come parlassero di rimedi popolari durante l'allattamento. È emerso che il 69% ne ha sentito parlare e soprattutto che il 65% ne discute con le neomamme, raccomandando almeno uno dei diversi "trucchi" tramandati dalla saggezza popolare. EVIDENZE - La maggioranza discute stratagemmi folcloristici con le donne, però a un'attenta analisi della letteratura scientifica sull'argomento «per la maggior parte dei rimedi nominati ci sono evidenze praticamente inesistenti». Perciò meglio non credere alla diceria secondo cui la birra può aumentare il latte: negli Stati Uniti se ne è parlato parecchio quando la cantante Mariah Carey ne faceva largo uso per allattare i suoi due gemelli, ma oltre a non esistere prove di efficacia pro-latte è invece certo che l'alcol faccia male al bambino e si sa anche che può ridurre la quantità di latte prodotto, il contrario di quanto si vorrebbe insomma. «Non ci sono studi che abbiano indagato gli effetti positivi della farina d'avena sulla produzione del latte, né conferme sugli effetti antidolorifici delle foglie di cavolo; quanto al dolore dei capezzoli, uno studio ha evidenziato che usare le bustine di tè o compresse imbevute d'acqua ha lo stesso (scarsissimo) effetto». Insomma, per il momento le evidenze scientifiche sui metodi della nonna latitano; è certo però che qualche attenzione in più all'alimentazione è opportuno averla, perché quanto si introduce con la dieta va a finire anche al bambino. Così, oltre a confermare il no all'alcol, è bene cercare di evitare cibi potenzialmente allergizzanti o che liberano istamina (arachidi, crostacei, molluschi, frutta secca, cioccolata, fragole, selvaggina, alimenti conservati, formaggi fermentati) e alimenti piccanti o di sapore sgradevole (peperoncino, pepe, aglio, cipolle, asparagi, carciofi), perché il gusto "passa" nel latte e il bimbo potrebbe non amarlo. DOPO ESERCIZIO FISICO INTENSO SI MANGIA MENO Dopo un esercizio fisico intenso si mangia di meno, fino a 200 calorie. Lo ha scoperto uno studio pubblicato dall'International Journal of Obesity, che conferma come l'attivita' cambi gli ormoni legati all'appetito. I ricercatori hanno studiato 17 volontari, tutti affetti da grave obesità, a cui e' stato chiesto di partecipare a 4 sedute di esercizi da 30 min., di cui una consisteva soltanto in riposo e le altre in esercizi alla cyclette leggeri, medi e intensi. Subito dopo la seduta i soggetti hanno consumato liquidi per 267 calorie, mentre dopo un'ora e' stata offerta loro la possibilità di mangiare quello che volevano. "In media - i soggetti mangiavano 764 calorie dopo il riposo, 710 dopo l'esercizio leggero, 621 dopo quello medio e 594 dopo quello intenso". (AGI) PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 215 FREDDO NO, CALDO SÌ: ECCO COSA TIENE LONTANO L'INFARTO A basse temperature più danni alle vene Non è sempre un problema di vene che si restringono o allargano al mutare della temperatura. La medicina ci ha sempre insegnato che in alta montagna e di inverno la vasocostrizione innescata dal freddo è tra le concause di infarto (200 infarti al giorno in più per ogni grado in meno). Adesso uno studio del Karolinska Institutet, in Svezia, introduce un altro fattore di rischio: il freddo, in realtà, avrebbe un effetto diretto sulle scorie formate dal colesterolo, favorendo da un parte l'occlusione delle vene, dall'altra un loro indurimento. Un mix pericoloso. Secondo lo studio pubblicato su Cell Metabolism, condotto su topi con una predisposizione genetica all'aterosclerosi, le basse temperature hanno una capacità maggiore di attivazione del grasso “bruno” e di conseguenza sulla formazione delle placche aterosclerotiche, principali indiziate per il rischio di infarto. “Pensavamo che esporre i topi alle basse temperature avrebbe dato animali più magri e in salute – spiega uno degli autori. Invece è accaduto il contrario, con un’accelerazione del meccanismo che porta all'accumulo di grassi nel sangue e la formazione di nuove placche aterosclerotiche”. ALIMENTAZIONE E SALUTE GRAVIDANZE TROPPO PESANTI Il sovrappeso e l’obesità in gravidanza aumentano il rischio di esiti materni e neonatali avversi in maniera proporzionale al BMI. Una popolazione di riferimento dell’Irlanda del nord, per un totale di 30.298 donne in gravidanza (singola), sono state osservate per un periodo di 8 anni, 2004-2011. Le donne sono state suddivise secondo la classificazione dell'OMS in: sottopeso (BMI <18,50 kg / m 2 ); peso normale (BMI 18,50-24,99 kg / m 2; gruppo di riferimento), sovrappeso (BMI 25-29,99 kg / m2 ); obese di classe I (BMI 30-34,99 kg / m 2 ); obese di classe II (BMI 35-39,99 kg / m 2 ) classe III (BMI ≥ 40 kg / m 2 ). Lo scopo primario era verificare gli esiti materni e neonatali. Dopo un’analisi dei dati ottenuti, si è evidenziato che rispetto alle donne di peso normale, le donne in sovrappeso o obese mostravano un significativo aumento del rischio di disturbi ipertensivi della gravidanza; diabete mellito gestazionale; induzione del parto, emorragia post-partum e macrosomia del neonato, con rischi crescenti per le obese di classe II e III. E le donne obese di classe III mostravano anche un aumento del rischio di parto pretermine, di neonati morti e un soggiorno in ospedale > 5 giorni, dato che i figli richiedevano l'ammissione a una unità di cure intensive. (Nutrizione, Salute)