1. TIPOLOGIE EDILIZIE IN MURATURA DEL COMUNE DI CATANIA D. Liberatore1, L. Gambarotta2, G.C. Beolchini3, L. Binda4, G. Magenes5, S. Cocina6, E. Lo Giudice7, S. Scuderi8 1.1 Materiali 1.1.1 Inerti Nella realizzazione delle murature di Catania, grande uso è stato fatto del pietrame estratto dalle colate laviche etnee sia storiche che recenti, con datazione incerta. In particolare, per il centro storico di Catania, il pietrame lavico proveniva essenzialmente dalle seguenti cave (procedendo dalla costa verso ovest): Ognina (lave del 425-26 a.C.); Rotolo (lave dell’eruzione avvenuta nel 1381 a nord-est di Mascalucia); sempre sulla costa più a sud, Larmisi (lave del 252-53); a ovest del centro storico, Cibali (lave dei “Fratelli Pii” del 693 a.C.); infine le cave Daniele nella via omonima e in via Petrera (lave dell’eruzione avvenuta nel 1669 a nordovest di Nicolosi). In questo secolo sono state utilizzate anche altre cave più a ovest sulle lave del 1669. Le lave etnee sono degli alcali basalti che si presentano in diverse varietà: da una compatta (2600÷2800 kg/m3) a una vacuolare (2200÷2500 kg/m3). Dal punto di vista petrografico e del degrado, presentano una struttura che va dalla afirica microcristallina senza feno-cristalli a una a grana media con feno-cristalli di varia dimensione (2÷12 mm): tra i più frequenti i feno-cristalli di augite (inosilicato di alluminio, calcio, magnesio e ferro) talvolta accompagnati da noduli di olivina (nesosilicato di ferro e magnesio); nel tipo “cicirara” sono numerosi invece i grossi feno-cristalli di plagioclasio (miscela di allumo-silicati di sodio e calcio). Il tipo afirico microcristallino, più difficile da lavorare con metodi manuali, è molto compatto e offre superfici omogenee, prive di porosità, ben lucidabili e quindi più resistenti al degrado. I feno-cristalli di olivina, concentrati in noduli, sono più facilmente ossidabili di quelli di augite per la presenza di ferro ferroso; questi ultimi sono comunque più numerosi e presenti anche nella fase microcristallina. I plagioclasi, sia in feno-cristalli, e ancor più in microcristalli, si alterano sotto gli agenti atmosferici producendo una non insignificante quantità di sali di calcio e di sodio ben osservabili nei processi di desquamazione. 1 DiSGG, Università della Basilicata Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica, Università di Genova 3 DISAT, Università dell’Aquila 4 Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Politecnico di Milano 5 Dipartimento di Meccanica Strutturale, Università di Pavia 6 Genio Civile di Catania 7 CNR - Istituto Internazionale di Vulcanologia, Catania 8 Comune di Catania 2 3 A prescindere da quanto sopra esposto, le caratteristiche fisico-meccaniche del materiale lavico dipendono anche e principalmente dalla posizione che esso occupa all’interno della colata. In superficie il corpo lavico presenta uno strato di scorie prevalentemente vetrose (“sciara”) generatesi per il rapido raffreddamento e la rapida perdita dei gas magmatici durante l’avanzamento della colata. Questo strato scoriaceo, frantumato, viene utilizzato come aggregato (“azolo”) nella confezione di malte. Il corpo centrale massivo della colata, che nella sua parte più alta presenta ancora una sempre più lieve porosità per perdita di gas, è caratterizzato da due tipi di fratturazioni che vanno necessariamente seguite e utilizzate nell’attività di estrazione in cava: una fratturazione orizzontale generata dalle superfici di scorrimento laminare della massa lavica in movimento, e una fratturazione verticale generata dalla contrazione termica durante il raffreddamento. Prima dell’utilizzo dei martelli pneumatici, infatti, i blocchi litoidi venivano estratti tramite martellamento di cunei (“cugni”) posti lungo le linee di fratturazione. Lungo queste fratture, soprattutto quelle orizzontali, si generano piccole o medie cavità causate da bolle di gas trattenuti per più tempo. La roccia compatta, estratta all’interno di questo sistema di fratture, presenta un’elevata durezza (6°-7° grado della scala Mohs) e una buona lavorabilità, grazie anche al carattere isotropico della sua tessitura. Nella parte inferiore della colata sono presenti le scorie di base, dette dai cavatori “rifusa” in quanto, provenendo dalla parte superiore tramite l’avanzamento per frana del fronte lavico, vengono rifuse dal calore della massa lavica sovrastante. Il pietrame lavico di Carlentini, originato dal vulcanismo pre-etneo, è di tipo basaltico e consistenza cellulare (2100÷2700 kg/m3). Scorie vulcaniche e pietra pomice (1000 kg/m3), utilizzate nella costruzione di volte, provengono dalle cave di Viagrande-Zafferana e Nicolosi. Il pietrame lavico è stato impiegato in diverse forme e pezzature: – pietrame non sbozzato di varie forme e dimensioni (“testotti”, impugnabili con una mano); – pietrame grossolanamente sbozzato su una faccia; – pietrame squadrato (“intostoni” di larghezza 1 palmo, ossia 26 cm, altezza 15÷18 cm, lunghezza 2÷3 palmi, “cannarozzoni”, con stesse larghezza e altezza ma più lunghi, “balatoni”, con un volume di due palmi cubi, etc.); – scaglie (“scarde”, ossia residui di lavorazione, di forma appiattita). Nella Tabella 1.1 si riportano le principali caratteristiche fisiche e meccaniche della pietra lavica ricavata dalla colata del 1669 in contrada Scialà, presso Belpasso. Su questo materiale è stata svolta un’indagine sperimentale (Cuomo & Badalà 1998). I provini utilizzati hanno dimensioni 50×50×100 mm3. Nelle Figure 1.1 e 1.2 si riportano, a titolo di esempio, i diagrammi tensionedeformazione e modulo elastico tangente-tensione ricavati da una prova di compressione monoassiale. Si osserva il carattere improvviso della rottura della pietra lavica. Nella sperimentazione citata è stata anche indagata la resistenza a trazione. Dalle prove di trazione indiretta (“brasiliana”) è risultata una resistenza media di 6.28 MPa con una deviazione standard di 0.32 MPa. Dalle prove di resistenza a flessione 4 si è ricavata una resistenza media di 9.95 MPa con una deviazione standard 0.54 MPa. Le pietre calcaree e calcarenitiche tenere, impiegate in decorazioni esterne, provengono dalle cave del Siracusano (1800 kg/m3). La pietra calcarea bituminosa, proveniente dalla cave di Ragusa, è stata impiegata per la pavimentazione di terrazze di copertura, per la realizzazione di scale e per decorazioni esterne. Pietre provenienti da Malta sono state impiegate per pavimentazioni interne. Tab. 1.1: Proprietà fisiche e meccaniche della pietra lavica (Cuomo & Badalà 1998). Fig. 1.1 - Diagramma tensione-deformazione Fig. 1.2 - Diagramma modulo elastico tangente– della pietra lavica in compressione monoassiale tensione della pietra lavica in compressione (Cuomo & Badalà 1998). monoassiale (Cuomo & Badalà 1998). 5 Tra le pietre dure, la pietra “Giurgiulena” è stata impiegata nella realizzazione di scale e pavimentazioni di pregio. Si tratta di una pietra organogena (1900÷2200 kg/m3) proveniente dalle cave di Primosole nelle sue varietà compatta imperiale, granulare conchigliare, e dalla cava di Siracusa nella varietà cellulare spugnosa. Nella realizzazione di murature di mattoni, dette “intoste”, venivano impiegati nell’ottocento mattoni di dimensioni tipiche: – zoccoli (22×14×3.5 cm3); – tabonelli (25×17×3.5 cm3); – buffi (25×17×5 cm3); – spezzabraccia (30×18×5 cm3); – italiani (24×12×6 cm3). 1.1.2 Aggregato Anche per l’aggregato si nota, nell’edilizia in muratura di Catania, una netta prevalenza dei materiali di origine vulcanica. E’ stato già citato l’azolo, ricavato per frantumazione del materiale vetroso che si trova sulla superficie della colata. Si tratta di un materiale poroso (1900 kg/m3) che, frantumato, dà origine a una sabbia grigionera, con varianti di colore rossastro, aspra e a spigoli vivi. Originariamente l’azolo era estratto da cave dove si presentava in forma sciolta e incoerente, con pezzatura compresa tra 0.2 e 2 mm. Dal punto di vista chimico-fisico, l’azolo è un composto molto stabile, difficilmente attaccabile dagli acidi forti e dalle basi; è chimicamente inerte nei confronti del grassello di calce. La sua funzione principale è quella di contrastare il ritiro della calce durante la maturazione. Altro tipo di aggregato è la “ghiara” rossa. Si tratta del paleosuolo con substrato pedogenetico a vari gradi di maturità al di sotto della colata che, a causa dell’elevata temperatura (800÷900 °C), subisce un processo di metamorfismo. Le cave di ghiara rossa, ormai in disuso, erano gallerie lunghe anche diversi chilometri, scavate al di sotto delle colate laviche, nel sottosuolo dell’attuale centro urbano. La granulometria è sabbio-limosa, con l’inclusione di lapilli e tufi con pezzatura compresa tra 1 e 4 mm. A differenza dell’azolo, la ghiara rossa è chimicamente attiva in quanto, essendo un prodotto di cottura, contiene silicati e alluminati. Nel processo di carbonatazione, la silice reagisce, in presenza d’acqua, con l’idrossido di calcio (calce idrata), formando silicati idrati resistenti. La ghiara rossa ha dunque carattere pozzolanico e, mista a calce, dà origine a malte idrauliche di elevate caratteristiche meccaniche. Il passante ricavato da un prima vagliatura, effettuata con il crivello d’orzo (2 mm circa), veniva utilizzato per malte da intonaco o finitura. Una seconda vagliatura (da 2 a 4 mm circa) forniva l’aggregato per malte da muratura. Le malte di ghiara rossa caratterizzano gran parte del centro storico di Catania. Anche la sabbia fluviale o marina è stata usata come aggregato. La sabbia fluviale è migliore in quanto povera di sali. Essa presenta una granulometria più uniforme e spigoli arrotondati. La sabbia marina proviene dalla Plaia. 6 Di uso comune era anche la polvere ricavata dai detriti di lavorazione delle pietre nelle cave (“agliara d’intagliatura”). Questa presentava granulometria fine frammista a scaglie di dimensioni maggiori. 1.1.3 Legante I principali tipi di legante sono la calce e il gesso. La calce proviene dal pietrame calcareo del Siracusano estratto dalle cave di Lentini e di Augusta (Brucoli e Granatello). La calce viva era ottenuta per cottura delle rocce calcaree nei forni di campagna. L’estinzione della calce avveniva per immersione in acqua entro appositi bacini impermeabili detti fosse da calce. Durante l’idratazione si sviluppava una grande quantità di calore. Il grassello si depositava sul fondo. Il gesso veniva preparato a partire dal materiale estratto dalle cave dell’interno (Raddusa, Paternò-Centuripe, Muglia). Il gesso, insieme alla pietra pomice o ai mattoni, veniva impiegato nella realizzazione delle volte “reali”. 1.1.4 Malta Nell’edilizia in muratura di Catania si riscontrano diversi tipi di malta, dipendentemente dall’uso e dal periodo di costruzione. La malta di calce e azolo è un impasto composto da grassello, acqua e azolo, con pezzatura compresa tra 2 e 4 mm. Il rapporto volumetrico tra calce e azolo varia tra 1/3 a 1/2. La quantità d’acqua era quella strettamente necessaria per la lavorabilità dell’impasto. La malta di calce e ghiara rossa è un impasto formato da calce e ghiara nel rapporto da 1/4 a 1/3. Si tratta di una malta idraulica con proprietà pozzolaniche e di elevate caratteristiche meccaniche. Il peso specifico è compreso tra 1500 e 1700 kg/m3. La malta di calce e ghiara rossa, introdotta verso il 1860, ha rapidamente sostituito la malta di calce e azolo, grazie alla minore richiesta di calce, che all’epoca era il materiale più costoso. Nel secondo dopoguerra, a causa della difficoltà e del costo di estrazione della ghiara rossa, questo tipo di malta è stato via via sostituito con malte cementizie. La malta di gesso veniva confezionata mescolando acqua e gesso, in proporzione 1/1. Il peso specifico è 1400 kg/m3. La malta di calce e terreno vegetale è il tipo più scadente, utilizzato nelle fondazioni interrate. In alcuni edifici è anche utilizzata nelle murature in elevazione e si presenta ormai fortemente degradata e priva di coesione. In (Cuomo & Badalà 1998) sono state indagate le proprietà meccaniche di quattro tipi di malta: 1) malta idrata di grassello e sabbia bianca calcarea, in proporzione 1/3 (M4ic); 2) malta idrata di grassello e azolo, in proporzione 1/3 (M4il); 7 3) malta bastarda con rapporto in volume 1, 2, 9 di cemento, grassello e sabbia bianca calcarea (M4bc); 4) malta bastarda con rapporto in volume 1, 2, 9 di cemento, grassello e azolo (M4bl). Le curve granulometriche per i due tipi di aggregato sono riportate in Figura 1.3 (“historical calcareous/lavic sand”). Nella stessa figura, la granulometria è confrontata con una “tipica” granulometria attuale (“common calcareous/lavic sand”), mostrandone la notevole difformità. Sono state effettuate prove di flessione su provini 40×40×160 mm3, prove di compressione cubica e di compressione cilindrica. In Figura 1.4 è riportata, in funzione della stagionatura, la resistenza a compressione cubica delle quattro malte descritte. La granulometria grossa è quella descritta dalle curve granulometriche in Figura 1.3, quella fine è stata ottenuta eliminando la frazione passante al setaccio maggiore. I risultati mostrano che maggiori resistenze si ottengono, a parità di altre condizioni, con aggregati a granulometria grossa, e con l’impiego di cemento. Si osserva anche che le malte con aggregato lavico (azolo), a spigoli vivi, presentano generalmente resistenze maggiori rispetto a quelle con aggregato calcareo, a spigoli arrotondati. Il modulo elastico iniziale è riportato in Figura 1.5 per le sole malte a granulometria grossa. Il modulo elastico per le malte a granulometria fine, relativo a 120 giorni di stagionatura, è riportato nella Tabella 1.2. Un’altra sperimentazione ha investigato la risposta a compressione monoassiale di cubetti 10×10×10 cm3 di malta di calce e azolo e malta di calce e ghiara rossa (Battiato 1988). Due tipici diagrammi tensione-deformazione sono riportati nelle Figure 1.6 (calce e azolo) e 1.7 (calce e ghiara). Si osserva che la malta di calce e ghiara presenta una resistenza superiore del 30÷50% rispetto a quella di calce e azolo. Fig. 1.3 - Curve granulometriche dell’aggregato (Cuomo & Badalà 1998). 8 Fig. 1.4 - Resistenza a compressione cubica (Cuomo & Badalà 1998). Fig. 1.5 - Modulo elastico iniziale (Cuomo & Badalà 1998). Tab. 1.2: Modulo elastico a 120 giorni per malte a granulometria fine (Cuomo & Badalà 1998). 9 Fig. 1.6 - Diagramma tensione-deformazione di un provino di malta di calce e azolo (Battiato 1988). Fig. 1.7 - Diagramma tensione-deformazione di un provino di malta di calce e ghiara rossa (Battiato 1988). La malta di azolo ha tempi di presa più che doppi rispetto alla malta di ghiara rossa, e inoltre una minore coesione, come si è riscontrato qualitativamente da rotture occorse durante la sformatura dei provini. Le malte indagate hanno un forte grado di igroscopicità, come dimostrato attraverso prove di imbibizione. La curva di risalita capillare su un cubo 10×10×10 cm3 di malta di ghiara rossa (con rapporto volumetrico grassello/ghiara 1/3), riportata in Figura 1.8, mostra una notevole rapidità di adescamento. Fig. 1.8 - Risalita capillare per adescamento su un cubo 10×10×10 cm3 di malta di ghiara rossa (Battiato 1988). 10 Un altro risultato interessante riguarda il rapporto calce/aggregato. Sebbene sia possibile, in principio, confezionare una malta di calce e azolo in rapporto volumetrico 1/2, si è osservato che ciò comporterebbe un eccessivo ritiro e una maturazione eccessivamente lenta della parte interna, a causa della “barriera” all’anidride carbonica formata dagli strati più esterni che maturano più rapidamente. Si ha dunque che malte più grasse possono essere utilizzate solo per piccoli spessori, come quelli tipici degli intonaci, mentre per la muratura portante si devono usare malte più magre, e dunque più porose, come confermato dalla letteratura storica (Sciuto Patti 1986). 1.2 Elementi costruttivi 1.2.1 Fondazioni I terreni di fondazione nel centro storico sono prevalentemente lavici. Particolarmente frequenti nel sottosuolo del centro storico sono le cavità. Le cavità verticali si sviluppano nel corpo della colata lavica lungo le fratture per contrazione da raffreddamento. Le cavità orizzontali si sviluppano sulle superfici di laminazione del flusso, sia a causa della liberazione di gas magmatici, sia a causa del più rapido raffreddamento della crosta superiore mentre la corrente lavica sottostante fluisce lasciando un vuoto anche ampio sotto la crosta. Le cavità artificiali sono state originate dalle attività di estrazione della pietra lavica e della ghiara rossa. Altre cavità sono quelle percorse da corsi d’acqua sotterranei che, deviati e ricoperti dalle colate laviche, scorrono attraverso cavità naturali o artificiali preesistenti oppure creano il loro alveo asportando materiale incoerente come detriti o macerie. Le fondazioni sulla coltre lavica venivano realizzate rimuovendo le scaglie dello strato superiore, detto “cappellaccio”. Nel caso, assai frequente, di terreno in pendenza le fondazioni venivano realizzate a gradonata. Le fondazioni sono generalmente costituite da muri interrati con spessore leggermente superiore a quello dei muri sovrastanti (5÷10 cm per lato). La muratura delle fondazioni era realizzata con lastroni lavici e/o pietrame lavico di grosse dimensioni. Meno accurata era la pratica di riempimento dello scavo “a sacco”, con getto dall’alto di pietrame e malta. La malta era costituita da calce e terreno vegetale oppure da calce e azolo. A partire approssimativamente dal 1850 fu iniziato il livellamento della rete viaria, con lo scopo di rendere le vie carreggiabili, e anche, in seguito all’epidemia di colera del 1887, di migliorare la situazione igienico-sanitaria favorendo lo smaltimento delle acque meteoriche. In molti casi, il livellamento della rete viaria comportò la messa a nudo dei muri di fondazione, alcuni dei quali si trovano tuttora a una quota di 4÷5 m sopra il livello stradale, con dirette conseguenze sulla sicurezza degli edifici interessati. 11 1.2.2 Muratura I diversi tipi di muratura si differenziano per il materiale, la forma, le dimensioni e la disposizione dell’inerte, e per il tipo di malta (Randazzo 1988). Relativamente al comportamento strutturale, la muratura può essere classificata nei seguenti tipi. SV1) Muratura a tessitura irregolare. E’ costituita da pietrame lavico informe di pezzatura prevalentemente mediopiccola, senza corsi regolari, presentando invece nei casi migliori una disposizione a strati, detti “bancate”, di altezza 60÷90 cm circa. Può essere realizzata a “secco” (senza malta) o a “cotto” con malta, oppure con malta solo sulla faccia esterna (Figura 1.9). Gli interstizi sono saturati con minutame e malta. Il peso varia tra 1600 e 2100 kg/m3, a seconda del grado di riempimento dei vuoti. Questo tipo di muratura presenta cattive caratteristiche meccaniche ed è poco legata, anche se, grazie alla forte scabrosità del pietrame lavico, si realizza un buon ingranamento tra le varie pietre, e quindi un discreto comportamento d’insieme della sezione muraria. L’ammorsamento tra muri ortogonali è di scarsa efficacia. Questa muratura è stata utilizzata nella ricostruzione immediatamente successiva al sisma del 1693, nell’edilizia avente scarso impegno statico, fino a uno-due piani fuori terra, e in generale nell’edilizia terrana povera. Fig. 1.9 - Muratura a tessitura irregolare (Randazzo 1988). SV2) Muratura a tessitura regolare. E’ il tipo più frequente ed è costituito da pietrame sbozzato di media pezzatura, con corsi orizzontali più o meno regolari (Figura 1.10). Gli interstizi sono saturati con minutame e malta. I paramenti sono variamente legati da conci parallelepipedi con dimensione maggiore pari allo spessore del muro, detti 12 “cannarozzoni”. La malta è di calce ordinaria o lievemente idraulica. Il peso è compreso tra 1800 e 2200 kg/m3. La muratura veniva in genere realizzata a strati di altezza 60÷90 cm effettuando in sommità una rasatura con malta sovrabbondante, in modo che parte di questa venisse espulsa per il peso dei corsi successivi, saturando i possibili vuoti e uniformando la distribuzione dei carichi. Una variante è rappresentata dalla muratura listata. Il blocco di basalto lavico impiegato in questa muratura era detto “cannarozzone da intosta”. L’interasse delle listature varia tra i 25 cm e più di 1 m. La listatura può anche essere a doppio strato. L’ammorsamento tra i muri ortogonali è efficace grazie a blocchi opportunamente dimensionati. Si possono ancora oggi osservare dei cantonali in cui, prevedendo il collegamento con strutture murarie adiacenti, sono disposti blocchi aggettanti (Figura 1.11). Fig. 1.10 - Muratura a tessitura regolare (Randazzo 1988). SV3) Muratura squadrata e ben legata. E’ costituita da pietrame a blocchi ben sbozzati o squadrati, con ricorsi orizzontali regolari. I paramenti sono efficacemente legati da cannarozzoni. La malta è di calce e sabbia fine o polvere di pietra calcarea. Il peso varia tra 2000 e 2500 kg/m3. La diffusione di questo tipo è limitata a edifici monumentali e a elementi strutturali impegnativi, come i pilastri. All’interno di questa categoria può farsi rientrare la muratura di “intostoni” lavici e listature di mattoni, tipica dell’edilizia del tardo ottocento nella realizzazione di divisori interni. Lo spessore è di 26 cm. Le listature di mattoni a due teste si alternano a ogni ricorso di intostoni lavici, con interasse di circa 25 cm (Figura 1.12). 13 SV4) Muratura in blocchetti pieni. Tipica dell’edilizia abusiva dei quartieri periferici. E’ costituita da blocchi di calcarenite squadrati, oppure da blocchi in calcestruzzo vibrocompresso, con cordolature parziali o complete. Tra i tipi meno frequenti, occorre ricordare la muratura di mattoni con malta di calce e ghiara. Essa è stata utilizzata per realizzare divisori interni di spessore 14÷30 cm per i quali la spinta di coppie di volte adiacenti è bilanciata, o anche, con spessori maggiori, per muri soggetti a spinte. E’ stata anche utilizzata per la riparazione di muri danneggiati. In (Cuomo 1998) è presentata un’indagine sperimentale su un campione di muratura in pietrame informe con scaglie di laterizio e malta di calce e azolo. Il campione è stato prelevato dal Palazzo del Principe di Giovanni a Trecastagni, nell’area etnea, e ha sezione orizzontale variabile con l’altezza; le sue dimensioni massime sono tali da essere contenute in un parallelepipedo di base 60×65 cm2 e altezza 55 cm. Il peso specifico è 1876 kg/m3. L’indagine è consistita in una prova di modulo elastico a compressione semplice e in una prova a rottura di tagliocompressione. La prova di modulo elastico, consistente in 5 passi di carico fino alla tensione normale media di 3.53 kg/cm2, ha fornito il valor medio del modulo elastico, pari a 13275 kg/cm2, e il coefficiente di Poisson, crescente con il valore di tensione, e che assume il valore massimo 0.127 in corrispondenza della tensione massima. Fig. 1.11 - Muratura a tessitura regolare listata con blocchi aggettanti per l’ammorsamento delle facciate (Randazzo 1988). 14 Fig. 1.12 - Muratura di intostoni (Randazzo 1988). Fig. 1.13 - Tipica situazione di degrado della muratura (Battiato 1988). 15 La prova di taglio-compressione è stata eseguita collocando il campione tra una piastra inferiore in calcestruzzo vincolata alla base di un telaio fisso in acciaio, e una piastra superiore, anch’essa in calcestruzzo, libera di traslare e ruotare. Il carico verticale è stato applicato in corrispondenza della mezzeria della faccia superiore ed è pari a 12300 kg. Durante la prova è stata mantenuta costante sia l’intensità del carico che il punto di applicazione. Il carico orizzontale è stato incrementato fino al valore massimo, corrispondente alla rottura, pari a 7675 kg. La rottura è avvenuta nella zona inferiore secondo una superficie di area 3480 cm2. In corrispondenza del carico massimo, lo spostamento medio della faccia superiore è pari a 18.5 mm. Le murature realizzate con malte di calce sono soggette all’aggressione dell’acido carbonico, naturalmente presente nell’atmosfera e prodotto dalla combustione degli idrocarburi. La reazione di ossido-riduzione tipica del degrado dei carbonati viene innescata in presenza di acqua. E’ già stata segnalata in proposito l’elevata igroscopicità della malta di calce e ghiara rossa. Nelle murature in situ sono state osservate risalite capillari fino a qualche metro sopra lo spiccato delle fondazioni. Il degrado dei carbonati, ulteriormente accelerato dai depositi salini, può facilmente portare e disgregamento le malte. In particolare, si è osservata la disgregazione polverulenta della malta con scrostature iniziali e quindi diminuzione della sezione resistente del muro (Figura 1.13), accompagnata da un generale decadimento delle proprietà meccaniche della malta che interessa tutto il muro. 1.2.3 Orizzontamenti Gli orizzontamenti possono classificarsi nei tipi seguenti. SO1) Solai a travi in legno. I solai in legno sono stati utilizzati fino alla prima metà dell’ottocento. L’impalcato era costituito da travi in castagno e tavolato in abete. Il tavolato era inchiodato alle travi. Raramente, le testate delle travi erano ancorate alla muratura tramite staffe e perni in ferro. SO2) Volte. E’ il tipo più frequente nel centro storico. La volte possono essere a crociera e “a cielo di carrozza” al piano terra e in genere “dammusi” ai piani superiori. Per “dammuso” si intende una volte a botte, con o senza lunette, o a padiglione. Le volte sono quasi sempre a sesto ribassato. Le luci variano tra 4 e 6 m. Riguardo ai materiali si possono avere volte in mattoni, volte in blocchi lavici sgrossati, volte in pomice e gesso, volte con costolature. Tutte queste volte erano dette “reali” per distinguerle dalle volte in canne e gesso, dette “finte”, in quanto prive di qualsiasi funzione portante. Le volte in mattoni hanno spessore tra 5 e 20 cm, dipendentemente dalle dimensioni dei mattoni utilizzati. La malta è in genere di gesso, più raramente in ghiara. La carpenteria era realizzata con centina e tavolato in legno. Le volte in blocchi lavici sgrossati sono costituite da balatoni e cannarozzoni, e malta di calce e ghiara. Lo spessore varia tra 40 e 50 cm. Queste volte sono presenti nell’edilizia di pregio. 16 Le volte in gesso e pietra pomice costituiscono il tipo più frequente nel centro storico. Esse erano realizzate da maestranze specializzate. La carpenteria era costituita da centine e tavolato. Sul tavolato si stendeva uno strato di circa 2 cm di gesso. La zona di imposta (Figura 1.14) era suddivisa in tre parti, ognuna di lunghezza pari a circa 20 cm. La parte inferiore era realizzata con rasaglia (frantumi lavici di dimensione 1 cm), la zona mediana da frantumi di pomice vulcanica, la parte superiore da pomice vulcanica di pezzatura superiore. In genere, non c’era compenetrazione tra volta e muro, essendo sufficienti l’attrito, la coesione e l’ingranamento a sostenere la volta. Verso il centro, lo spessore si assottigliava a 8÷12 cm. Nella parte inferiore si disponevano gli elementi di pomice che venivano ricoperti da malta di gesso. Su questo primo strato si disponevano altri elementi di pietra pomice ma di pezzatura inferiore che a loro volta venivano ricoperti da malta di gesso. Questo tipo di volta, introdotto nella seconda metà dell’ottocento, ha poi lungamente resistito alla concorrenza dei solai in putrelle grazie alla rapidità di esecuzione, all’economicità e all’esigua quantità di materiale posto in opera. Le costolature erano frequentemente utilizzate nelle volte a padiglione di luce media o grande per ovviare alla scarsa resistenza per forma. Il rinfianco delle volte era costituito da pietra pomice a secco, crani e ossa di animali, gusci di noci e mandorle. A volte, al posto del rinfianco, è presente una controvolta in pomice vulcanica e malta di gesso (Figura 1.15). SO3) Volte e catene. Si tratta delle volte del tipo SO2, con catene in ferro piatto, quadro o tondo. Gran parte degli interventi di incatenamento è stata realizzata a seguito dei terremoti del 1818, 1848 e 1908. SO4) Solai in putrelle e voltine. I solai a putrelle a I laminate in ferro per solai hanno cominciato a diffondersi a partire da metà ottocento e sono prevalenti nel primo novecento. L’interasse tra le putrelle varia tra 50 e 80 cm. Le voltine sono in pomice e malta di gesso e hanno estradosso piano (Figura 1.16) o, più raramente, in mattoni a foglio. Le putrelle sono soggette all’azione corrosiva del gesso. In alcuni casi si è giunti alla corrosione totale dell’anima delle putrelle. In molti casi, questo tipo di orizzontamento presenta una notevole deformabilità perché realizzato con putrelle di sezione non idonea, o divenuta tale per azione della corrosione. SO5) Solai in latero-cemento. I primi esempi risalgono agli anni ’30-’40 e sono realizzati con tondini di acciaio dolce e pignatte componibili. Meno frequenti sono le solette piene in c.a., specie se di calpestio di terrazze. 17 Fig. 1.14 - Volta in pomice e gesso (Randazzo 1988). Fig. 1.15 - Controvolta in pomice e gesso (Randazzo 1988). 18 Fig. 1.16 - Solai in putrelle e voltine in pomice e malta di gesso (Randazzo 1988). 1.2.4 Coperture Le coperture possono essere di due tipi: a tetto o piane. Le coperture a tetto sono a una o più falde e sono realizzate con legname di castagno. L’orditura lignea è costituita da una trave di colmo e da travetti (purrieddi) disposti secondo la massima pendenza tra la trave di colmo e il dormiente di gronda, con appoggi intermedi su travi rompitratta. Queste ultime poggiano su muretti a sezione rettangolare o a croce. In corrispondenza di locali di rappresentanza, le travi rompitratta poggiano su puntoni inclinati (coscialetti), indipendenti dalla volta (Figura 1.17). Il tetto è completato dai listelli orizzontali (custere) tessuti sui travetti e dal manto di coppi e canali. Al di sotto del tetto sono presenti volte “finte” in canne e gesso che non hanno alcuna funzione portante. Esse sono costituite da uno scheletro in legno al quale sono inchiodate canne rifinite all’intradosso con malta di gesso (Figura 1.18). Sono anche presenti coperture a capriata. Fig. 1.17 - Sezione tipica di un tetto ligneo a falde (Randazzo 1988). 19 Le coperture piane sono in legno o in putrelle metalliche. I solai di copertura in legno sono stati utilizzati fino alla prima metà dell’ottocento. Essi sono realizzati con travi di castagno e tavolato in abete. I solai lignei possono avere le travi a vista, inchiodando il tavolato al di sopra dei travetti, oppure senza orditura a vista, inchiodandolo al di sotto dei travetti. Le coperture in putrelle metalliche sono presenti dalla seconda metà dell’ottocento e sono in tutto simili ai solai in putrelle e voltine in pomice e gesso. Fig. 1.18 - Estradosso di una volta “finta” (Randazzo 1988). 1.2.5 Scale Negli edifici di una certa importanza del centro storico, le scale sono a rampe su strutture a volta. Nelle case a schiera è presenta una rampa o al massimo due. Possono essere anche presenti scale alla romana. 1.3 Organismo strutturale Una classificazione dei tipi strutturali ricorrenti dell’edilizia di Catania può essere basata sull’incrocio tra il tipo di struttura verticale e il tipo di struttura orizzontale (Tabella 1.3). 20 Tabella 1.3: Tipi strutturali ricorrenti in muratura. STRUTTURE ORIZZONTALI STRUTTURE VERTICALI SV1 Tessitura irregolare SO1 Solai a travi in legno SO2 Volte T11 T12 SO3 Volte e catene SO4 Putrelle e voltine SO5 Solaio in laterocemento T25 SV2 Tessitura regolare T22 T23 T24 SV3 Squadrata ben legata T32 T33 T34 SV4 In blocchetti T44 T45 T11) Muratura a tessitura irregolare, tetto in legno con volta “finta”. In questo tipo ricadono le “case terrane” povere, costruite tra il settecento e il novecento. T12) Muratura a tessitura irregolare, orizzontamenti a volta. T12.a) case terrane in attesa di sopraelevazione; T12.b) case a 2÷3 piani, del tipo a schiera o in linea. T22) Muratura a tessitura regolare in pietrame sbozzato di media pezzatura, orizzontamenti a volta in gesso e pomice. T22.a) case terrane predisposte per 3÷4 piani, in attesa di sopraelevazione; T22.b) case a schiera a 2 piani realizzate nel sette-ottocento; T22.c) case in linea a 3÷4 piani realizzate nel sette-ottocento; T22.d) palazzetti a 2÷4 piani realizzati nel sette-ottocento; T22.e) case a corte a 2÷3 piani. T23) Muratura a tessitura regolare, orizzontamenti a volta con catene. Come sopra. T24) Muratura a tessitura regolare, solai in putrelle e voltine. Palazzetti di epoca ottocentesca e umbertina. T25) Muratura a tessitura regolare, solai in latero-cemento. T25.a) case in linea degli anni ’40; presentano cordoli parziali su alcuni lati; T25.b) case in linea degli anni ’40-’60 con cordoli completi. T32) Muratura a blocchi regolari, orizzontamenti a volta. T32.a) edilizia di pregio, palazzi nobiliari, conventi, chiese fino a metà settecento; T32.b) case dell’ottocento con prevalenza di murature di “intostoni” listate. T33) Muratura a tessitura regolare, orizzontamenti a volta con catene. Come sopra. 21 T34) Muratura a blocchi regolari, solai in putrelle e voltine. Case dell’ottocento con prevalenza di murature di “intostoni” listate. T44) Muratura in blocchetti, solai in putrelle. Case degli anni ’40-’60; sopraelevazioni dello stesso periodo. T45) Muratura in blocchetti, solai in latero-cemento. Case degli anni ’60-’90 nei quartieri della periferia sud e sud-ovest. BIBLIOGRAFIA Battiato, G. (1988): Le malte del centro storico di Catania. Documento 16 dell’Istituto Dipartimentale di Architettura e Urbanistica dell’Università di Catania, 85-107. Cuomo, M. (1998): Indagini sperimentali su un campione di muratura. Comunicazione privata. Cuomo, M., Badalà, A. (1998): Problematiche metodologiche relative alla determinazione sperimentale delle proprietà meccaniche dei materiali murari e dei loro componenti. Comunicazione privata. Lo Giudice, E., Novelli, F. (1997): Osservazioni sull’evoluzione e sulle caratteristiche del centro storico di Catania in funzione della risposta al sisma. Atti dell’8° Convegno Nazionale “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Taormina, 1357-1369. Randazzo, G. (1988): Le strutture murarie negli edifici del centro storico di Catania. Documento 16 dell’Istituto Dipartimentale di Architettura e Urbanistica dell’Università di Catania, 109-143. Sciuto Patti, C. (1896): Sui materiali da costruzioni più usati in Catania. Tipografia Editrice dell’Etna. 22 3. INDAGINI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI L. Binda1, D. Penazzi1, G. Mirabella Roberti1, G. Baronio1, C. Tedeschi1, C. Tiraboschi1 3.1 Introduzione La conoscenza della morfologia della sezione muraria è un dato essenziale sia per lo studio della risposta della muratura alle forze verticali ed orizzontali sia per la scelta di specifiche tecniche di consolidamento. Infatti è necessario sapere innanzitutto se la muratura è in pietra, mattoni o mista e se è costituita da uno o più paramenti; in questo ultimo caso è importante conoscere il loro spessore e le loro connessioni, la forma e dimensione di pietre e mattoni, lo spessore dei giunti di malta. Infatti tutti questi parametri influiscono sul comportamento locale e/o globale della muratura. Inoltre ai fini di un eventuale intervento di consolidamento mediante iniezioni è anche opportuno conoscere la percentuale di vuoti nella sezione, la loro dimensione e distribuzione. Questi dati possono essere forniti da un'indagine per campioni sulle murature degli edifici da riparare mediante un rilievo della sezione muraria, ottenuta ad esempio da una foto tramite raddrizzamento fotografico. Allo scopo di scegliere materiali da impiegare per il consolidamento occorre conoscere prima le caratteristiche dei componenti la muratura originaria, cioè la composizione delle malte e le caratteristiche fisiche e meccaniche di pietre e mattoni. Tuttavia le caratteristiche meccaniche dei singoli componenti non sono facilmente correlabili con quelle della muratura, data la grande disomogeneità e la grande varietà di tecniche costruttive. Pertanto è opportuno caratterizzare direttamente la muratura nel suo insieme dal punto di vista meccanico in situ, ad esempio mediante la prova di rottura a compressione (prova con martinetto piatto doppio o altri tipi di prove). Da tali prove si dovrebbero individuare la resistenza e le caratteristiche di deformabilità. Su due edifici scelti con l’aiuto dell’Ing. Scuderi del Comune di Catania e grazie alla collaborazione dell’Ing. Cocina del Genio Civile di Catania, studiati anche dagli altri membri del gruppo GNDT- Murature è stato possibile eseguire prove con semplice e con doppio martinetto piatto e prove chimiche e mineralogicopetrografiche sulle malte (Binda 1999a). Il rilievo di sezioni murarie è stato invece possibile solo su edifici in demolizione o nei quali erano aperti cantieri di consolidamento. L’indagine ed i suoi risultati sono descritti di seguito. 1 Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Politecnico di Milano 33 Fig. 3.2.1 - Esempi di sezioni murarie rilevate in diverse regioni d’Italia 3.2 Criteri utilizzati per la schedatura degli elementi murari e dei materiali L’Unità di Ricerca di Milano ha messo a punto una metodologia di schedatura delle informazioni raccolte sui singoli edifici (Abbaneo et al. 1993; Colombo, Molteni 1996; Abbaneo et al. 1996; Binda et al. 1997). Tale scheda contiene, oltre ad una breve informazione sull'edificio e sulla sua collocazione nel centro urbano, la descrizione dei paramenti murari e della o delle sezioni murarie. Paramenti murari e sezioni vengono rilevati a campione mediante fotografia, di parti già in vista o di scassi creati ad uopo, integrata dalla descrizione dei singoli paramenti, del loro spessore, delle connessioni, della quantità di pietra o mattoni, della malta e dei vuoti presenti. In un Data-Base predisposto da L. Binda sono archiviate circa 250 sezioni murarie rilevate in varie regioni d'Italia (Fig. 3.2.1). All’interno di questo Data-Base la scheda relativa al rilievo in cantiere viene integrata da altre inerenti alle prove di laboratorio e/o in situ i cui risultati vengono riportati in modo chiaro in apposite tabelle e grafici (ad es. analisi chimiche, ecc.) (Valenti, Lenaz, 1997, Palma, Penazzi 1997). La struttura della scheda permette ulteriori integrazioni con altri campi descrittivi nel caso, ad esempio, in cui siano stati realizzati sull’edificio interventi di riparazione (Binda 1998). È noto che la possibilità di predire in modo attendibile danni dovuti al sisma è maggiore se i meccanismi capaci di causare danneggiamenti progressivi o improvvisi fenomeni di collasso vengono riconosciuti e studiati. Nell'ambito di una indagine svolta in Umbria dopo il terremoto del 1997 le schede proposte sono state completate con schede relative ai meccanismi osservati sia su edifici non riparati o adeguati, sia su edifici riparati dopo il terremoto del 1979 (Binda, et al. 1999b). 34 3.3 Indagine su alcune tessiture e sezioni murarie di Catania Gli edifici coinvolti nella campagna di rilievo sono stati otto, due dei quali scelti all’interno del Progetto Catania 1998 in collaborazione tra il Gruppo Murature del GNDT e gli Enti locali. Poiché sui due edifici esaminati in maggiore dettaglio dal Gruppo non è stato possibile eseguire scassi sulle murature e nemmeno asportare parte dell’intonaco, le tessiture e le sezioni murarie esaminate altri sei edifici campione, nei quali esisteva un cantiere accessibile. 3.3.1 Tessitura dei paramenti murari L’analisi de confronto delle tessiture murarie analizzate su sei edifici, per complessivi sedici paramenti studiati, (Tab. 3.3.1.1) evidenzia una particolare attenzione nella posa in opera dei corsi e la prevalenza di materiale lapideo con un discreto grado di lavorazione. Le lavorazioni più ricorrenti sono: la sbozzatura seguita da un’alta percentuale di conci ben squadrati, si rileva inoltre un diffuso utilizzo dei laterizi non solo nelle murature dette ad “intosto”, ma anche sotto forma di zeppe ricavate dalla rottura dei coppi. Le murature realizzate ad “intosto”, tipica dell’edilizia del tardo ‘800 per la realizzazione di divisori interni, sono costituite da blocchi di basalto lavico definiti in gergo “cannarozzone da intosta” che si presentano come dei conci perfettamente squadrati messi in opera a corsi regolari: ad un corso di si alterna una listatura di mattoni detta “intosta”. I corsi si presentano prevalentemente ad andamento suborizzontale. Le Fig. 3.3.1.1a,b,c,d mostra alcuni esempi di tessiture murarie rilevate. Nell’edificio Ca3 sono state rilevate delle murature costituite da un telaio ligneo tamponato con elementi lapidei e malta che ricorda il sistema “baraccato” (Fig. 3.3.1.1c). Tab. 3.3.1.1 - Paramenti murari analizzati. Sigla Ca3 Ca4 Ca5 Ca6 Ubicazione Ed. Via Vittorio Emanuele Ed. Via Consolazione Ed. Via Consolazione Edificio religioso Ca7 Palazzo della Provincia Ca8 Ed. Via Dusmat Paramenti studiati Ca3p1, Ca3p2, Ca3p3 Ca4p1, Ca4p2 Ca5p1, Ca5p2 Ca6p1 Ca7p1, Ca7p2, Ca7p3, Ca7p4, Ca7p5, Ca7p6 Ca8p1, Ca8p2 35 a) b) c) d) 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 a) f (%) f (%) Figure 3.3.1.1 - Alcuni esempi di tessiture murarie rilevate. corsi irreg. corsi sub. 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 b) blocchi bozze conci mattoni zeppe Fig. 3.3.1.2 - Frequenza delle disposizioni dei giunti e percentuali di presenza dei materiali rispetto a quindici sezioni esaminate. La Fig. 3.3.1.2 a) mostra la distribuzione in percentuale delle metodologie di posa in opera di corsi e delle tipologie di lavorazione; b) mostra la forma delle pietre, nonché la presenza di mattoni e di zeppe rispetto alla sedici murature esaminate. 3.3.2 Sezioni murarie Su alcuni edifici in fase di demolizione o di riparazione è stato possibile eseguire il rilievo delle sezioni murarie. Durante la compagna di rilievo sono state raccolte informazioni relative a quindici sezioni appartenenti a otto edifici differenti. La sedicesima è stata eliminata dalle elaborazioni perché presentava uno spessore molto particolare (130 cm) (Fig. 3.3.2.1). La tipologia di sezione muraria prevalente risulta essere quella a due paramenti in parte sufficientemente ammorsati con dimensioni medie della sezione variabili intorno ai 65 cm. I casi di questo tipo sono stati 6 su 15. 36 Si segnalano 5 casi di muratura definita ad intosto con spessore medio cm 35; questa tipologia costruttiva è la tecnica tradizionale per la realizzazione di tramezzature e pareti interne. È caratterizzata dall’alternarsi di corsi regolari di mattoni e di pietra ben squadrata in conci, di altezza 25÷30 cm. Tre murature risultano essere realizzate a 3 paramenti ma in due casi il terzo è una “fodera” aggiunta successiva in mattoni, e lo spessore medio della sezione è di cm 63. I dati relativi alle quindici sezioni rilevate sono riportati in Fig. 3.3.2.2a,b. Ca3s1 Ca3s2 Ca3s3 Ca4s1 Ca4s2 Ca4s2a Ca5s1 Ca5s2 Ca7s1 Ca7s3 Ca7s4 Ca7s5 Ca7s6 Ca8s1 Ca8s2 Fig. 3.3.2.1 - Sezioni murarie rilevate. 37 a) 7 6 5 4 3 2 1 0 1 paramento 2 paramenti ammorsati 3 paramenti 100% b) 90% 39,82 80% 70% 62,7 64,04 65,52 41,46 54,9 58,66 60,22 58,66 67,53 67,58 69,77 74,81 60% 61,24 %pietre %malta %vuoti 50% 40% 58,19 30% 29,44 35,58 33,19 39,23 39,23 31,49 10% 7,86 37,91 Ca5s2 Ca5s1 Ca4s2 CA3s3 Ca8s1 Ca7s6 Ca7s5 Ca7s3 Ca7s1 Ca4s1 Ca7s4 Ca3s2 5,92 0,98 2,24 1,14 2,11 0,19 2,48 0,85 0,38 1,29 2,11 1,99 1,76 Ca3s1 0% 32,23 27,75 24,05 Ca8s2 20% 56,3 43,34 33,86 Fig. 3.3.2.2a,b - Caratteristiche geometriche delle sezioni rilevate. 50 f% 40 30 20 10 0 -30 0-40 0-50 0-60 0-70 0-80 0-90 6 8 5 7 3 20 4 dimensioni cm Fig. 3.3.2.3 - Alcuni esempi di sezioni rilevate. 38 Si può notare dalla Fig. 3.3.2.1. che la maggior parte delle murature è a due paramenti ammorsati. La percentuale di vuoti è generalmente molto bassa (<3%). In Fig. 3.3.2.3 sono state riportate le frequenze relative allo spessore delle murature rilevate. Ovviamente i valori minimi si riferiscono a murature ad un solo paramento. In Fig. 3.3.2.4a,b,c sono riportati tre esempi delle sezioni murarie più ricorrenti. La Fig. 3.3.2.4a mostra una sezione a due paramenti ammorsati, nella Fig. 3.3.2.4b è riportata una muratura realizzata secondo le regole dell’intosto. In Fig. 3.3.2.4c è riportata la sezione a 3 paramenti chiaramente contenente un paramento accostato successivamente ai due originari. Fig. 3.3.2.4 - Alcuni esempi di sezioni rilevate: a) sezione a 2 paramenti parzialmente ammorsati; b) intosto; c) sezione a tre paramenti. Fig. 3.3.3.1 - Una fase del prelievo del materiale lapideo. 39 3.3.3 Analisi e prove di laboratorio sui materiali È stato possibile prelevare alcune pietre (Fig. 3.3.3.1) e/o campioni di malta dagli edifici denominati Ca3 e Ca4. Su tali campioni sono state eseguite prove di laboratorio. 3.3.3.1 Analisi delle malte Dall’edificio Ca3 sono state prelevate due malte identificate dalle sigle Ca3p3.2m e Ca3p5.3m. Le analisi chimiche evidenziano la natura calcarea del legante (Tab. 3.3.3.1.1). Il grado di carbonatazione è per tutte e due le malte elevato. La sabbia utilizzata risulta essere di origine vulcanica di natura prevalentemente silicea con rari frammenti di rocce carbonatiche. All’analisi petrografica in sezione sottile non sono state notate tra legante ed aggregato reazioni di tipo pozzolanico come ci si potrebbe aspettare nel caso di aggregato di tipo vulcanico. Tab. 3.3.3.1.1: Analisi delle malte. CAMPIONI CATANIA Determinazioni Silice totale (SiO2) Allumina Ossido ferrico (Fe2O3) Ossido di calcio Ossido di magnesio Ossido di sodio Ossido di potassio Anidride solforica (SO3) Perdita al fuoco Anidride carbonica (CO2) Cloruri Residuo insolubile Silice solubile Massa volumica apparente 40 Ca 3 p3 2m % 41,83 15,40 8,33 15,68 2,58 2,18 1,82 0,09 11,43 10,51 0,48 66,24 0,64 1561Kg/m3 Ca 3 p5 3m % 38,83 14,02 9,04 16,03 2,58 2,50 1,69 0,33 14,05 10,02 0,78 61,46 0,40 1623Kg/m3 Fig. 3.3.3.1.1 - Scheda della malta CA p1m. La fig. 3.3.3.1.1 mostra la scheda riportante i risultati delle analisi di un campione di malta così come viene fornita dal laboratorio. 3.3.3.2 Prove fisiche e meccaniche sulle pietre Dai ruderi dell’edificio denominato Ca4 sito in via Consolazione sono stati prelevati due conci di pietra lavica ed un mattone per effettuare prove fisiche e meccaniche in laboratorio. Dalla sezione Ca4s1 dello spessore di 68 cm e costituita da due paramenti ammorsati è stato prelevato un concio di pietra dalla forma irregolare identificato con la sigla Ca4.2. Dalla sezione Ca4s2 dello spessore di 20 cm e ad un solo paramento, è stato prelevato un concio di pietra lavica contrassegnato come Ca4.3 e un mattone denominato Ca4.1. Le analisi mineralogiche petrografiche hanno evidenziato le seguenti caratteristiche: • Ca4.2: pietra lavica fortemente bollosa con rari piccoli cristalli prevalentemente plagioclasici. L’elevata bollosità indica l’appartenenza ad una colata superficiale. • Ca4.3: roccia lavica a carattere basaltico con struttura porfirica, pasta di fondo vetrosa con microliti plagioclasici e fenocristalli prevalentemente plagioclasici, geminti e subordinatamente, pirossenici ed olivinici. 41 assorbimento (g/cmq) Dalle pietre prelevate sono stati carotati otto cilindri di diametro ∅=5cm e di altezza h=10cm (5 da Ca4.2 e 3 da C4a.3) che sono stati sottoposti prima a prove fisiche e successivamente a prove di compressione; 2 cilindri sono stati sottoposti a prova Brasiliana. Dal mattone sono stati ricavati dei cubetti di lato 3,5 cm per prove di trazione indiretta e compressione e 2 prismi costituiti da tre cubetti sovrapposti per la determinazione delle caratteristiche di deformabilità. I diagrammi mostrano i risultati delle prove di risalita capillare (Fig. 3.3.3.2.1) e delle prove di compressione (Fig. 3.3.3.2.2). 0.25 CA 4.3 0.20 0.15 CA 4.2 0.10 0.05 0.00 0 100 200 300 400 500 600 700 800 t0.5(sec.0.5) Fig. 3.3.3.2.1 - Grafico della risalita capillare nei campioni CA4.2 e CA4.3. 150 CA 4.3 Sforzo MPa 5 Sforzo [Mpa] 125 100 a P M o zr o fS 75 50 b) 6 a) CA 4.1.8 4 3 CA 4 1.9 2 CA 4.2 25 1 0 0 -5.0 -2.5 0.0 2.5 Deformazione 5.0 7.5 10.0 m/mm -10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 Deformazione m/mm Deformazione [µm/mm] 8 10 Fig. 3.3.3.2.2 - Prove di compressione su cilindri di pietra (a) e prismi di mattoni (b). Dalle prove fisiche e meccaniche si evince quanto segue: • Ca4.1 (mattone). Presenta una resistenza cubica a compressione (media di 3 prove) pari a 4,96 N/mm2 e su prismi costituiti da 3 cubi sovrapposti pari a 3,74 N/mm2, il modulo elastico secante è pari a 820 N/mm2. La resistenza a trazione indiretta è risultata pari a 0,814 N/mm2. Il coefficiente di risalita capillare è risultato essere 1,7881 g/cm2s0.5 relativo alle prime otto ore di prova. 42 • Ca4.2 (lava “bollosa”). Presenta una resistenza meccanica a compressione pari a 34,9 N/mm2, il modulo elastico è di 7765 N/mm2 ed il coefficiente di risalita capillare è pari a 0,09256 g/cm2s0.5 (relativo alle prime otto ore di prova) maggiore rispetto alla pietra più compatta; questi valori sono da considerarsi la media dei tre cilindri ricavati dal concio pietra Ca4.2. La resistenza a trazione indiretta è pari a 3,885 N/mm2 (media di due campioni). • Ca4.3 (lava compatta). Presenta una resistenza meccanica a compressione pari a 119,7 N/mm2, il modulo elastico è pari a 13797 N/mm2, il coefficiente di risalita capillare è minore di Ca4.2 ed è pari a 0,0352 g/cm2s0.5; questi valori sono da considerarsi la media dei tre cilindri ricavati dal concio pietra. E’ quindi possibile commentare che le pietre di origine vulcanica possono avere caratteristiche molto diverse. 3.4 Indagine sugli edifici studiati dal gruppo GNDT-murature Per ciascuno dei due edifici studiati dal Gruppo Murature si è provveduto alla compilazione di una scheda ed all’esecuzione di prove in situ con i martinetti piatti allo scopo di caratterizzare la muratura. L’edificio identificato con la sigla Ca1 è situato in via Verdi angolo via Capuana. Costituisce la testa di un isolato ed ha un impianto planimetrico a C (Fig. 3.4.1a). In altezza è articolato su tre livelli più ammezzati e presenta una partitura degli ambienti interni regolare. Il piano terra è adibito ad uso commerciale con la presenza di alcuni piccoli negozi e dei loro magazzini. Il primo ed il secondo piano sono invece adibiti ad uso residenziale e sono inoltre stati soggetti ad interventi di ristrutturazione che hanno comportato la creazione di soppalchi in un’ala dell’edificio. L’edificazione è avvenuta in epoche differenti. La costruzione più antica è da ritenersi anteriore al 1840 mentre i successivi interventi sono da considerarsi comunque anteriori al 1900. La muratura si presenta costituita prevalentemente da pietre di origine vulcanica. Nella tessitura del paramento murario sono leggibili ricorsi e zeppe costituite da frammenti di tegole. Le murature interne sono realizzate con conci di pietra lavica. Gli orizzontamenti sono costituiti da volte in pietra. La copertura è lignea ed il manto è realizzato con coppi siciliani. Dopo il terremoto del 1990 la fabbrica presenta delle lesioni soprattutto nella parte prospiciente via Oberdan. Tali lesioni interessano soprattutto gli ambienti voltati del secondo piano. L’edificio situato in via Martoglio, identificato con la sigla Ca2, è stato costruito negli anni ’50 ed è rappresentativo dell’edilizia in muratura realizzata nel dopoguerra. Si sviluppa su cinque piani comprensivi del piano terreno (Fig. 3.4.1b). Le pareti perimetrali sono realizzate con conci di pietra lavica e alcune pareti interne in mattoni. I solai sono in latero-cemento. 43 CTJ3D CTJ2D CTJ3D Fig. 3.4.1a - Edificio CA1 - Pianta del piano terreno. Fig. 3.4.1b - Edificio CA2 - Pianta del piano terreno. Su questi due edifici è stato possibile condurre prove in situ mediante martinetto piatto doppio per ricavare le caratteristiche meccaniche delle murature. Non è stato possibile, invece, rilevare la sezione delle murature in quanto non è stato concesso il permesso di eseguire scassi o carotaggi. Dall’edificio Ca1 è stato invece possibile prelevare un campione di malta per le analisi di laboratorio. 3.4.1 Edificio Ca1: analisi della malta Un campione di malta è stato prelevato dall’edificio di via Verdi e sottoposto ad analisi chimiche e petrografiche. La malta analizzata presentava un buon grado di compattezza e presenta una colorazione rossastra. All’analisi visiva sono individuabili granuli di colore rosso e frammenti di rocce basaltiche. Sono presenti Fig. 3.4.1.1 - Campione di malta proveniente dall’edificio CA1. 44 anche dei calcinelli (Fig. 3.4.1.1). La malta classificata come Ca1 p2m proviene dalla muratura sottoposta alla prova con i martinetti piatti. All’analisi visiva presenta una colorazione rossastra e mostra un buon grado di compattezza. L’analisi chimica evidenzia la natura calcarea del legante ed un grado di carbonatazione elevato, la natura silicea dell’aggregato viene posta in evidenza dall’elevato valore di residuo insolubile. Il contenuto in silice solubile è superiore a quello riscontrabile in una malta confezionata con legante aereo (Tab. 3.4.1.1). La presenza della silice solubile potrebbe essere riconducibile alla reazione intercorsa fra il legante e la sabbia vulcanica soprattutto in quella di natura bollosa, reazione messa in evidenza dalle analisi mineralogico-petrografiche e visibile nella (Fig. 3.4.1.2). Tab. 3.4.1.1 - Analisi chimiche del campione di malta Ca1 p2m. CAMPIONI CATANIA Determinazioni Silice totale (SiO2) Allumina Ossido ferrico (Fe2O3) Ossido di calcio Ossido di magnesio Ossido di sodio Ossido di potassio Anidride solforica (SO3) Perdita al fuoco Anidride carbonica (CO2) Cloruri Residuo insolubile Silice solubile Massa volumica apparente Ca 1 p2 m % 46,59 18,62 6,48 13,38 2,74 2,12 1,94 0,36 7,61 7,30 0,034 71,38 1,04 1510Kg/m3 Fig. 3.4.1.2 - Visione in sezione sottile del campione di malta Ca1 p2m. 3.4.2 Prove con i martinetti piatti Negli edifici Ca1 e Ca2 sono state eseguite complessivamente tre prove con i martinetti piatti identificabili con le sigle CTJ1D e CTJ2D per il primo e CTJ3D per il secondo (Figg. 3.4.2.1a,b,c) (Binda, Tiraboschi 1999). Le prove con doppio martinetto hanno fornito i seguenti risultati: valore massimo di sforzo a compressione, calcolato prima della rottura a circa il 70%d del valore di picco, per CTJ1D pari a 2,3 MPa, per CTJ2D pari a 2,2 MPa, per CTJ3D pari a 2,6 MPa. Tali valori sono, per esperienza, indicativi di una buona muratura (Tab. 3.4.2.1). 45 3.0 3.0 a) 1.5 1.0 0.5 0.0 2.0 1.5 1.0 0.0 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 εv εl -4.0 -3.0 Deformazioni [µm/mm] 2.0 1.5 1.0 0.5 0.5 εv εl c) 2.5 Sforzi [N/mm 2] 2.0 3.0 b) 2.5 Sforzi [N/mm 2] Sforzi [N/mm 2] 2.5 -2.0 -1.0 0.0 1.0 2.0 3.0 4.0 εv εl 0.0 -1.0 Deformazioni [µm/mm] -0.5 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 Deformazioni [µm/mm] Fig. 3.4.2.1a,b,c - Prove con martinetto doppio CTJ1D, CTJ2D e CTJ3D. La muratura più debole sembra essere quella relativa al secondo paramento analizzato in Ca1 sicuramente eseguita in epoca successiva alla costruzione di edificio con tessitura diversa. Tab. 3.4.2.1: Risultati dei martinetti. Nome Prova CTJ1D via Verdi CTJ2D via Verdi CTJ3D via Martoglio σ max applicata E [N/mm2] ∆εl/∆εv [N/mm2] Intervallo di carico Intervallo di carico [N/mm2] [N/mm2] 0,4÷1 1,2÷1,8 0,4÷1 1,2÷1,8 2,27 5200 2300 0,15 0,13 2,24 1400 550 (1,01) (0,81) 2,59 4700 2400 0,38 0,43 Le figure 3.4.2.2, 3.4.2.3, 3.4.2.4 mostrano come può essere eseguita una scheda tipo relativa all’indagine su un edificio. 46 SCHEDA PER IL RILIEVO TIPOLOGICO E DEI DANNI SISMICI AGLI EDIFICI SCHEDA n° 1 Data: 28.07.1998 Rilevatore: Penazzi - Parisi Comune: Catania Località: Catania Indirizzo: via Verdi, via Capuana Denominazione manufatto: Ca 1 Proprietà: privata Riferimento per il sopralluogo: Ing. Paola Arezzo Telefono: Progettista del manufatto e/o del consolidamento: Ing. Paola Arezzo, Arch. Olivia Parisi Sezione n° 1 – DESCRIZIONE DEL MANUFATTO Posizione nel contesto: connessi con altri edifici su lati 2 Tipologia edilizia: edificio urbano Destinazione d’uso: abitazione Epoca di costruzione: XIX sec Rifacimenti e modifiche: presenti Stato di conservazione: buono Caratteristiche del sito: piano Pianta: articolata- forma una C Numero piani: fuori terra: 4 Superficie media di piano (mq): 572 c.a. Dimensioni in m : pianta: 25.9x22.03 Scale: interne Materiale: Copertura: capriate lignee Consolidamenti: Strutture verticali: murature in pietre Consolidamenti: Strutture orizz. volte: volte ribassate Consolidamenti: Strutt. orizz. solai: lignei Consolidamenti: Fig. 3.4.2.2 - Scheda per rilievo tipologico e dei danni sismici dell’edificio Ca1. 47 Sezione n° 2 – RILIEVO DELLA TIPOLOGIA MURARIA 2a - TESSITURA DEI PARAMENTI PROSPETTO: Ca1 p1 non rilevabile Ruolo strutturale: muratura d’ambito Tipologia: muratura in pietra Apparecchiatura: corsi sub - orizzontali Zeppe: in pietra e laterizio Orizzontamenti: assenti Ricorsi: assenti Distanza fra i ricorsi: CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI ELEMENTI LAPIDEI Tipo elemento lapideo: pietra lavica Provenienza: cava Lavorazione: appena accennata Forma: blocchi, bozze Dimensioni: medio-grandi Stato di conservazione: mediocre MALTA CA M1 Funzione: allettamento Consistenza: compatta Colore della malta: rosa Colore dell’aggregato: rosso, grigio Aggregato: sabbia, ghiaietto Forma: arrotondato, spigoloso PROVA CON I MARTINETTI PIATTI: CTJ1D Fig. 3.4.2.3 - Rilievo del prospetto e risultati della prova con i martinetti piatti. 48 PIETRA EDIFICIO: Ca 4 PROVENIENZA PRELIEVI: Ca 4 s1 SIGLA CAMPIONI Ca 4.2.4 – Ca 4.2.8 – Ca 4.2.11 CARATTERISTICHE MACROSCOPICHE: Il campione è costituito da una roccia lavica fortemente bollosa. La forma e disposizione delle cavità e dei cristalli vetrosi in essa contenuti caratterizzano le pietre laviche provenienti dalle colate e che hanno quindi subito un fenomeno di raffreddamento rapido. ANALISI MINERALOGICO-PETROGRAFICHE LITOTIPO Pietra Lavica Pietra lavica fortemente bollosa con rari cristalli prevalentemente plagioclasici. ANALISI FISICHE Sigla provino Dimensioni del provino cilindrico (cm) Massa Volumica apparente (Kg/m3) Coefficiente di Assorbimento per Immersione % Ca 4.2.4 5d x 10h 2365 2,72 Ca 4.2.8 5d x 10h 2386 2,86 Ca 4.2.11 5d x 10h 2208 3,09 Media 5d x 10h 2319 2,89 GRAFICO DELLA RISALITA CAPILLARE RISALITA CAPILLARE CA4.2 0 100 200 300 400 500 0.25 assorbimento (g/cmq) 0.20 0.15 0.10 CA4.2.4 CA4.2.8 CA4.2.11 0.05 0.00 0 50 100 150 200 250 300 t0.5(sec.0.5) 350 400 450 500 PROVE MECCANICHE PROVA DI COMPRESSIONE - PIETRA LAVICA Modulo elastico secante (30-45%) fc N/mm2 Sigla provino Ca 4 2.4 Ca 4 2.8 Ca 4 2.11 Media Elvdt N/mm2 Edd1 N/mm2 34 37 33,6 34,9 Poisson (30-60%) ∆ε o ∆ε v dd1 ∆ε o ∆ε v lvdt 7750 8045 7500 7765 DIAGRAMMA SFORZI-DEFORMAZIONI COMPRESSIONI CA4.2 40 35 Sforzo MPa 30 25 dd1 CA4.2.4 20 lvdt CA4.2.4 15 dd1 CA4.2.8 clip gauge CA4.2.4 lvdt CA4.2.8 clip gauge CA4.2.8 10 dd1 CA4.2.11 lvdt CA4.2.11 5 clip gauge CA4.3.11 0 -10 -8 -6 -4 -2 0 Deformazione 2 4 m/mm 6 8 10 PROVA DI TRAZIONE INDIRETTA (Brasiliana) Sigla Ca 4 2.5 Ca 4 2.6 Media fti (N/mm2) 3,770 4,000 3,885 Fig. 3.4.2.4 - Prove fisiche e meccaniche su un campione di pietra. 49 3.5 Conclusioni La schedatura di alcune tipologie di sezione muraria evidenzia che le murature “dopo terremoto” (del 1693), sono state eseguite con una certa accuratezza e con lo scopo di ottenere murature ben connesse con materiali resistenti e durevoli. In particolare si presenta molto interessante il tipo di malta utilizzato a base di calce e di aggregati di origine vulcanica e pozzolanici, nella quale si sono notate reazioni di tipo pozzolanico che hanno reso il materiale più compatto e resistente. La ricerca della quale si presentano i risultati ha permesso di classificare le murature costruite dopo il terremoto del 1693 come murature ben costruite e di conoscere alcune malte particolari a base di calce e di “ghiara”, un materiale proveniente dai depositi di lava, talvolta con buone caratteristiche di pozzolanicità. Tuttavia non in tutte le murature il materiale vulcanico usato è risultato essere di natura pozzolanica. Pertanto una ricerca più approfondita sull’argomento potrebbe fornire indicazioni molto utili anche per la scelta di malte da utilizzarsi negli interventi di riparazione. BIBLIOGRAFIA Abbaneo, S., Anzani, A., Binda, L. 1996. Il rilievo delle sezioni ed il comportamento meccanico delle murature, Storia delle Tecniche Murarie e Tutela del Patrimonio, Esperienze e Questioni di Metodo, 25-36. Abbaneo, S., Baronio, G., Binda, L., Tiraboschi, C. 1993. Murature in pietra: classificazione ed indagini preliminari per la scelta e la progettazione delle miscele di iniezione, Convegno “Murature, Sicurezza, recupero”, Trento, 185-222. Baronio, G., Binda, L. 1994. Study of the pozzolanicity of stone bricks and clays, 10th Int. Brick/Block Masonry Conf., Calgary, 3, 1189-1197. Publ. in Construction and Building Materials, (134), 1-6, 1997. Binda, L. 1998. Sperimentazione di tecniche di intervento strutturale su edifici in muratura nei centri storici: caratterizzazione meccanica delle murature in pietra della Lunigiana e verifica sperimentale dell’efficienza delle tecniche di intervento per la riparazione e il consolidamento degli edifici in muratura, Relazione Conclusiva della Convenzione di studio tra la Regione Toscana e il Dip. Ing. Strutt. del Politecnico di Milano. Binda, L., Modena, C., Baronio, G., Abbaneo, S. 1997. Repair and investigation thecniques for stone masonry walls, Construction and Building Materials, 11, (3), 133-142. Binda, L.1999a. Caratterizzazione delle murature in pietra e mattoni ai fini dell’individuazione di opportune tecniche di riparazione, Unità di Ricerca di Milano, Relazione Finale, Contratto CNR/GNDT. Binda, L., Palma, M., Penazzi, D. 1999b. Investigation before and after the intervention for a cautious repair of stone-masonry structures in seismic areas Int. Tagung Conv. on Arbeitshette des SFB 315, October, Karlsruhe, 99-108, 16/1999. Binda, L., Tiraboschi, C., 1999. Flat-jack Test as a Slightly Destructive Technique for the Diagnosis of Brick and Stone Masonry Structures, 8th Int. Conf. and Exhibition, Structural Faults + Repair, CD-ROM. 50 Colombo, L., Molteni, L. 1995/96. Analisi tipologico-strutturale dell’architettura rurale in Vallagarina: proposte di un metodo di schedatura, Tesi di laurea, Fac. Architettura, Politecnico Milano, relatore Prof. L. Binda. Palma, M., Penazzi, D. 1996/97. Studio e qualificazione di murature in pietra della Lunigiana per la scelta di adeguate tecniche di miglioramento strutturale in zona sismica, Tesi di laurea, Fac. Architettura, Politecnico Milano, relatore Prof. L. Binda. Valenti, A., Lenaz, L. 1996/97. Murature in pietra della Lunigiana e Garfagnana: procedure di indagine per la caratterizzazione dei materiali e delle strutture, Tesi di laurea, Fac. Architettura, Politecnico di Milano, relatore Prof. L. Binda. 51