Marinando 2007
note sui 10 spettacoli finalisti del concorso “Il pescatore in teatro”
Le note che seguono sono state redatte da Claudio Facchinelli, saggista e giornalista che da tempo
cura la rubrica sul teatro della scuola del mensile Sipario e, da diversi anni, fa parte delle giurie che
assegnano annualmente la coppa e i vari riconoscimenti agli spettacoli rappresentati a Marinando.
L’estensore desidera chiarire che le valutazioni espresse sono opinabili (come, del resto, lo è qualsiasi
recensione teatrale) e non si propongono se non come una personale visione degli spettacoli
selezionati per Marinando lo scorso settembre, ancorché confortata da una lunga esperienza di
spettatore professionale, ma assolutamente soggettiva. In questi termini l’autore se ne assume, in
prima persona, ogni responsabilità.
Una barca da scoprire, Scuola Media Statale Piazza Filatteria, 84 – Roma
L’intenzione di fornire quadri di vita dei pescatori e delle loro donne, dei loro rituali, delle loro attività
(la raccolta del bisso, con una digressione sulla Chioma di Berenice), i pericoli delle tempeste, i rituali
apotropaici, fino ad un finale all’insegna della solidarietà interetnica, era lodevole, ma lo schema
narrativo e drammaturgico, scopertamente didascalico e connotato da un buonismo di maniera, è
alquanto ingenuo. Poco curata la proiezione delle diapositive, che avevano la funzione di sostegno alla
scenografia, e così le scelte musicali, convenzionali e chiassose. Anche i momenti corali (la preghiera
collettiva, con un contrappunto musicale arabo; la tempesta; la battaglia con i turchi; la danza
scaramantica delle donne), che potevano avere una loro suggestività, risultano poco convincenti, spesso
statici e, in alcuni casi, di stampo televisivo.
E non basta la bella citazione finale di Folco Quilici a dare corpo e spessore teatrale all’assunto etico e
civile sotteso all’operazione.
Il pescatore e la sirenetta, Istituto comprensivo Luigi Sturzo – Marsala (TP)
Anche se la storia (una rivisitazione del tema di un amore fra una creatura del mare ed un pescatore),
appare un po’ scontata (specie nel finale, che davvero desint in piscem), il lavoro si segnala per
l’originalità e la cura dell’invenzione drammaturgica, che costruisce un racconto a più voci, ove il coro
costituisce un contrappunto collettivo, mimico e sonoro (prodotto semplicemente percuotendo con le
mani le assi del palcoscenico) di buona efficacia espressiva, e ora ci restituisce il mare, ora la
minacciosa apparizione della Maga, ora semplicemente i mestieri quotidiani nella capanna (si
apprezzano anche alcuni riusciti momenti di fermo immagine).
La scenografia è pressoché inesistente, costruita con i corpi dei ragazzi, che si muovono sul palco, in
maglietta bianca e jeans, con l’ausilio di poche pezze di tulle. Ma tale semplicità figurativa esalta la
suggestione dei movimenti coreutici, sempre ben orchestrati e senza cedimenti agli stilemi televisivi.
Felice la scelta dei due protagonisti (sempre sostenuti dal movimento del coro), anch’essa dettata da
criteri estranei alla convenzionale logica spettacolare, ma ambedue efficacissimi: il pescatore nella sua
freschezza un po’ impacciata, la creatura del mare, nella sua esile ma intensa espressività corporea.
Gocce di speranza. Istituto comprensivo Francesco Melanzio – Montefalco (PG)
L’idea di mettere in scena un talk-show, popolato dalle figure che quotidianamente ci fornisce il
piccolo schermo, e il testo (plausibilmente messo insieme dai ragazzi) hanno una loro efficacia, e le
atmosfere evocate, ad un tempo iperrealistiche e surreali, fanno pensare a Pinter, se non a Ionesco,
specie nel finale aperto. L’ambientazione nello studio televisivo, con tanto di segretaria di edizione
imbranata e veline che cantano in play back, sembra anche troppo smaliziata, ma è realizzata con una
sufficiente dose di ironia che, se all’inizio appare un po’ di maniera, diventa, sul finale, satira feroce e
convinta, segno di un impegno civile sentito, ancorché velato di amarezza e pessimismo, nei giovani.
(E ciò fa riflettere sull’attrazione che, fin da quell’età, può avere oggi la cosiddetta antipolitica).
Non tutti gli snodi della vicenda sono sviluppati con la sufficiente chiarezza, ma diverse sono le idee
buone (come i siparietti fra un’andata in onda e l’altra, ove emerge la vacuità e la falsità della realtà
presentata dal piccolo schermo). La gestualità dei ragazzi, volutamente caricata, amplifica le battute.
Ben riuscite alcune caratterizzazioni. Spiritose, anche se non originalissime, le citazione musicali
(Bolle blu e Mare nero), cui i ragazzi partecipano aggiungendo la loro voce corale alla base registrata.
Da Micene a Stonehange, Scuola secondaria di 1° grado Gallo – Giovanni Pascoli – Noci (BA)
Salvo l’idea della vestizione in scena, il lavoro si dipana secondo le modalità del teatro amatoriale di
tradizione, che presupporrebbe però una tecnica attorale (che, peraltro, i giovani interpreti non
possiedono) estranea alla specificità del laboratorio teatrale della scuola.
Il testo alterna brani di evidente derivazione da enciclopedie storiche; improbabili battute da salotto
borghese, che cadono di bocca; flash back storici, introdotti da discutibili segnali drammaturgici;
mentre sullo sfondo un video carrella con continuità su rovine archeologiche, con musiche ingombranti
quanto incongrue. La recitazione ha scarsa plausibilità (salvo un qualche talento nella protagonista, la
signora Bon Ton); manca un’attenzione alla gestualità, e l’organizzazione dello spazio scenico è
inesistente. I ragazzini si muovono con evidente disagio nei costumi dall’aspetto posticcio, che non
evocano, ma scimmiottano l’età adulta; e verso il finale, per il balletto danzato sul motivo di una
filastrocca stile Zecchino d'oro, inneggiante alla pizza alla marinara, le più piccole si liberano,
giustamente, dalla tortura delle scarpe col tacco.
Un prato in fondo al mare, Istituto comprensivo statale, scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di
1° grado – Meduno (PN)
Introdotto dalle belle (ma abusate) note di Ludovico Einaudi, il lavoro rappresenta un tentativo
abbastanza riuscito di cimento con il genere del teatro su nero. La fabula, molto lineare, è solo il
pretesto per una serie di quadri animati di buona fattura, che rendono con efficacia, sia la superficie del
mare, con onde e gabbiani, e un pescatore sulla sua barca (felicemente sintetizzati da un remo e una
gassa), sia il più immaginifico mondo degli abissi, con pesci variopinti, coralli, madrepore, granchi e
meduse. Efficace anche il contrappunto sonoro del verso dei gabbiani. Una moltitudine di ragazzi si
spende con generosità, alternandosi nel doppio ruolo di animatori e voci recitanti fuori campo.
Talafin, Scuola secondaria di 1° grado D’Annunzio – Romani – Roseto degli Abruzzi (TE)
Il lavoro si apre con un quadro statico, costruito con accuratezza e rigore compositivo, che segnala
immediatamente la cifra stilistica della regia, caratterizzata da un’attenta distribuzione degli attori nello
spazio scenico e da una studiata lentezza di ritmo. Il genere è quello del teatro di narrazione,
corroborato da un contrappunto di azioni corali. Grazie a queste prende progressivamente forma la
figura e la storia, esemplare ma per nulla agiografica né retorica, di un uomo di mare, che tiene per
motto: “Il mare è uno solo”. La narrazione, portatrice di un messaggio sincero di rispetto per il mare e
per la vita, è affidata ad una pluralità di voci, diverse per efficacia attorale, ma alcune dotate di grande
intensità comunicativa, ove la parola è spesso sostenuta dalla presenza di oggetti scenici, a volte più
simbolici che realistici (le bacchette di incenso, le grandi margherite sfogliate). Ma la sua efficacia
spettacolare sta principalmente nello sfondo cangiante su cui si snoda la parola, ora gaio (il banchetto
con cui si salutano i partenti), ora mesto (la muta tristezza di chi resta) che si risolve anche in momenti
di danza popolare (senza cedimenti agli stilemi del balletto televisivo); nel gesto minimo, discreto,
nella valorizzazione spettacolare del silenzio e dell’immobilità.
Mare di sola andata, Scuola media statale Ugo Pellis – Fiumicello (UD)
Il tema dell’emigrazione è affrontato dai giovani attori con singolare maturità, senza retorica né
tentazioni demagogiche o populistiche, attraverso un bella orchestrazione d’insieme che amalgama le
voci (tutte plausibili, anche laddove si cimentano con una prosa ritmica a rime interne, e consapevoli
nell’intonazione) con i gesti e i movimenti corali, con i canti di tradizione popolare (Mamma mia
dammi cento lire), sia solisti, sia d’insieme, senza base musicale.
Si apprezza l’uso dei corpi e degli oggetti in funzione scenografica e drammaturgica: la violenza (tanto
più efficace perché silenziosa e quasi coreutica, nel suo alternare movimento ed immobilità) di una
rivolta; aste che, per il modo con cui son gestite, diventano ora randelli, ora fucili; tre assi e qualche
valigia che creano la tolda di un bastimento; un rotolare coordinato di corpi che restituiscono il
movimento delle onde del mare. I semplici costumi neri consentono, con pochi elementi aggiuntivi
(scialli colorati, mascherine bianche, calotte mediorientali), degli efficaci flash back, che creano un
cortocircuito fra passato e presente di forte pregnanza civile.
I pericoli del mare, Scuola secondaria di 1° grado Galileo Galilei; Istituto comprensivo Benedetto
Croce – Casalecchio di Reno (BO)
Cimentarsi con un testo classico, specie se non teatrale, ma di alto valore poetico (qui, le Metamorfosi
di Ovidio), è sempre una scommessa ardita, che però il gruppo sembra aver vinto. La cifra attorale
assunta dai protagonisti, roboante e stentorea, amplificata da gesti altrettanto enfatici, rappresenta una
scelta difficile, ma gestita con coraggiosa determinazione, coerente col poderoso accompagnamento
sonoro, che riecheggia i film peplum degli anni cinquanta.
A queste scelte stilistiche, efficaci ma consapevolmente datate, si contrappongono i modi corali,
figurativamente poveri, del linguaggio teatrale moderno, con l’utilizzo di oggetti di scena in funzione
suggestiva. Si appezza, in particolare, la minacciosa, barbarica scena iniziale della calata dei lupi e
della battuta di caccia; l’armamento e il varo della nave; la tempesta notturna e il naufragio, ove la
tragica violenza delle situazioni si congela in efficaci, silenziosi tableau vivant; fino alla bella scena
della trasformazione dei due infelici eroi in gabbiani, col semplice artificio di un lenzuolo bianco che li
sostiene nel volo, e il verso degli uccelli marini.
Sea Side Story, Istituto comprensivo Giuseppe Mazzini – Castelfidardo (AN)
Lo schema logico ed ideologico sotteso allo spettacolo (che parte dalle trasmigrazioni ittiche nei nostri
mari, indotte dal riscaldamento del pianeta, transita per il musical West Side Story, per ritornare al
mondo dei pesci, ed esprimere metaforicamente un messaggio sull’importanza della convivenza
interetnica) risulta alquanto lambiccato, ma è riscattato dalla evidente passione teatrale, ancorché un
po’ naïf, che anima i ragazzi, e dalla sincera istanza civile che emerge dal lavoro, indotta anche dalla
presenza di una significativa componente straniera nel gruppo. Alcune scelte musicali appaiono
scontate, ma rispecchiano peraltro i gusti degli adolescenti, che se ne appropriano in modo non
superficiale, interpretandone alcune dal vivo. La comunicazione verbale (a parte qualche isolato
talento) è più debole ed acerba rispetto a quella corporea e corale, che rivela un buon affiatamento nel
gruppo e compensa le ingenuità e le pecche di pulitezza esecutiva e drammaturgica.
Mare di carta, Istituto secondario di 1° grado Sandro Pertini – Savona
La cura e la raffinatezza formale e figurativa, la costruzione della scenografia, realizzata con materiali
poveri ma di forte suggestione spettacolare, la drammaturgia elaborata in situazione col contributo
attivo dei ragazzi, suggerita da brani di notevole spessore poetico e letterario (qui, fra gli altri,
frammenti tratti da Le Cosmicomiche di Calvino), costituiscono i moduli caratteristici e qualificanti
della metodologia e della poetica del gruppo, che li ripropone in un lavoro che ancora una volta
coniuga organicamente i diversi linguaggi possibili del teatro della scuola: la musica, la danza, il teatro
di figura, quello di narrazione. Oltre ad alcuni momenti di buona efficacia spettacolare (come
l’esplorazione del fondo del mare, o la raccolta del latte di luna), si apprezza l’idea, dichiarata dal titolo
e felicemente realizzata, di trattare il tema del mare superando la diffusa tentazione degli stereotipi di
maniera, o di improbabili tentativi di restituzione realistica, affrontando un percorso non facile, ma
sicuramente originale e di alto profilo culturale.