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Editoriale
LE PAROLE IMPAZZITE
Udine
Matto, pazzo, psicolabile, squilibrato, folle, psichiatrico, malato mentale, malato psichiatrico, (ex)
detenuto psichiatrico, paziente (psichiatrico), serial killer, detenuto pericoloso socialmente, paziente
ex detenuto… Raptus, raptus omicida, follia omicida, insano gesto, gesto di follia, follia killer…
Pericolosità (sociale), sicurezza, allarme, attacco, sorveglianza, rischi, custodia. Sono solo alcune
delle parole, associate ad eventi riferiti a persone con sofferenza mentale, che leggiamo sovente su
quotidiani, magazine, media più in generale, cartacei e digitali, social media compresi, in particolare
Facebook.
Perché, tranne rare eccezioni, la maggioranza delle parole usate dai media quando si parla di salute
mentale hanno connotazione negativa? Perché riguardano eventi di per sé negativi, come un
omicidio, si dirà. Perché i media faticano a presentare casi positivi, di reinserimento nella società di
persone con sofferenza mentale? Perché trovano poco spazio i casi positivi, perché non si scrive che
di malattia mentale si può anche guarire?
La risposta che la cronaca nera fa vendere più giornali e ottenere più clic su Facebook rispetto alla
cronaca bianca è limitante di per sé. E chiamerebbe in “correità” i gruppi editoriali, più interessati
alle vendite che all’etica della professione. E’ davvero pensabile che per ottenere un clic in più si sia
disposti al rischio di alimentare lo stigma e il pregiudizio nei confronti delle persone con sofferenza
mentale? Possibile che non si possa concepire di costruire tutti insieme - giornalisti, psichiatri,
operatori e cooperatori, beneficiari dei servizi - una nuova etica dell’informazione rispetto i temi
della salute mentale, anche sui social media? Perché alimentare la paura del matto in quanto altro da
sé, del diverso, di chi non si conosce, e non praticare invece giornalismo responsabile?
Un’indicazione, da subito, la fornisce la lingua italiana. Per il Thesaurus di Word il primo antonimo
per il vocabolo “matto”, quello più diretto, è “normale”. E ci porta alla arcaica dicotomia
matto/normale, noi/loro, demolita grazie all’opera di Franco Basaglia e alla Legge 180 del 1978.
Sono trascorsi 37 anni e, come per la Legge Basaglia, anche il superamento di quella dicotomia
(come il superamento degli ex manicomi-lager-istituzioni totali) è avvenuto a macchia di leopardo. I
buchi neri ci sono, a volte sono molto profondi, altre sono dentro di noi, non solo dentro la
psichiatria.
Così, all’interno di un gruppo, la persona che deraglia dalla “normalità”, comunemente accettata e
definita dall’organizzazione sociale del momento (il cosiddetto deviante sociale), va prima di tutto
identificata, poi isolata, punita ed espulsa per preservare la salute e la salvezza degli altri
componenti. Esattamente come è avvenuto diverse centinaia di anni fa a migliaia di donne (ma
anche uomini) accusate del crimine di stregoneria. Perché se il matto si riconosce per tempo, si può
evitare; le caratteristiche lo identificano e ci possono allontanare da lui, ci possono salvare dal
pericolo, e per noi è più rassicurante Il meccanismo è lo stesso, applicato in seguito ad ebrei,
zingari, omosessuali, disabili e a tante altre “categorie” di persone. E continua ad accadere ancora
oggi, non solo con i matti, ma anche con, i rom, i migranti, i rifugiati.
Il matto è colpevole a priori, ed è colpevole per il solo fatto di essere matto, di esistere. E’ nato
colpevole. Come i benandanti friulani dovevano i loro poteri all’essere nati con la camicia o durante
solstizi ed equinozi, così il matto è tale perché lo ha scritto nel Dna, ha una colpa innata, per così
dire biologica. Primordiale e inappellabile.
Da qui, ma non solo da qui, è nata l’idea nella Cooperativa sociale Itaca di interrogarci sulle parole
della salute mentale in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale. “Il nostro obiettivo
– come spiega Nicola Bisan, formatore di Itaca - non è fornire delle risposte, ma farci delle
domande, riflettendo assieme a giornalisti, psichiatri e beneficiari dei servizi della salute mentale”.
Lo faremo il prossimo 9 ottobre dalle 9.30 alle 14.30 in Sala Ajace a Udine all’interno di un evento
organizzato da Itaca in collaborazione con il Dsm di Udine, il Comune di Udine e l’Ordine dei
giornalisti del Friuli Venezia Giulia, appuntamento che rientra all’interno dei corsi di formazione
obbligatoria rivolti ai giornalisti, approvati dall’Ordine nazionale. Con noi ci saranno i giornalisti
Gianpaolo Carbonetto e Raffaella Maria Cosentino, il direttore del Dsm udinese Mauro Asquini, la
psichiatra Maria Angela Bertoni e la Comunità Nove di Udine, moderatore della sessione mattutina
Fabio Della Pietra. Il presidente di Legacoopsociali Fvg, Gian Luigi Bettoli, modererà la tavola
rotonda del pomeriggio.
Fabio Della Pietra
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