Facoltà di Filosofia Lettere Scienze Umanistiche e Studi Orientali Corso di Laurea Magistrale in Discipline Etnoantropologiche La Favela di Paraisópolis (SP). Dinamiche sociali di cambiamento urbano fra esclusione e identità Candidato Laura Mugnani n. matricola 1137797 Relatore Correlatore Prof. Alessandro Simonicca Prof. Alberto Sobrero Anno Accademico 2011/2012 Alle mie famiglie “..São as pessoas que fazem a cidade, os grupos sociais que fazem a cidade, e não a cidade que faz sociedade..” Michel Agier “Me tiraram do meu morro me tiraram do meu cômodo me tiraram do meu ar me botaram nesse quarto multiplicado por mil quartos de casas iguais. Me fizeram tudo isso para o meu bem. E meu bem ficou lá no chão queimado onde eu tinha o sentimento de viver como queria no lugar onde queria não onde querem que eu viva aporrinhado devendo prestação mais prestação da casa que não comprei mas compraram para mim. Me firmo, triste e chateado, Desfavelado.” Carlos Drummond de Andrade Ringraziamenti Vorrei fare prima di tutto un ringraziamento generale nei confronti delle persone che hanno appoggiato la mia ricerca, la mia decisione, sapendo che per alcune di loro non deve esser stato facile. Vorrei tanto ringraziare Mario, che ha sopportato e supportato ogni istante di questo percorso, da vicino, senza il cui appoggio, i consigli e la grande pazienza, non sarei arrivata fino a qui. Grazie. Vorrei ringraziare il mio relatore, il Professore Alessandro Simonicca, per avermi dato fiducia fin da quando gli ho presentato la mia idea, nonostante conoscesse molto bene le difficoltà che avrebbe comportato. Senza quella fiducia non avrei mai fatto questa stupenda esperienza sul campo. Vorrei ringraziare anche il mio correlatore, il Professor Alberto Sobrero, per la sua disponibilità e pazienza. Un ringraziamento speciale è per le mie grandi amiche e antropologhe, Lori e Fra, perché ci siete sempre, perché si conclude un percorso fatto insieme, senza il nostro confrontarci non sarei la persona che sono oggi. Annalisa, Angela e Fiorella, perché condividendo i dubbi, le ansie e le esperienze ci siamo avvicinate tanto. Ringrazio tutte gli amici, vicini e lontani, ma sempre di grande sostegno. Elisa per essere stata la mia ancora, la mia sveglia e la mia coscienza in questo periodo. Veronica perché grazie a lei non mi dimentico mai di sognare.. Grazie a tutti quanti. Voglio ringraziare poi con tutto il cuore le mie famiglie. Grazie a mia madre che mi appoggia sempre, incondizionatamente. A mia sorella, che mi dà sempre tanta forza. Senza di loro non avrei avuto fiducia in me stessa. Grazie agli zii sempre vicini e di grande sostegno. Alle nonne per il loro immenso affetto e ai cugini sia per la spensieratezza che per i discorsi filosofici. Un grazie immenso va alla mia famiglia brasiliana. A Chiara, senza di lei non ci sarebbe questo legame così speciale e a tutti i suoi meravigliosi figli e nipoti. A Tereza, Luis, Angelica e Silvia, per avermi accolto nelle loro case. A Biel, Octavio, João, Pedro , Aninha, e Pedro Paulo per essere stati i miei angeli custodi e guide durante i mesi che sono stata con voi. Di nuovo a Silvia per avermi fatto anche un po’ da mamma.. Un ringraziamento particolare va a tutti i miei informatori, per essersi aperti con me, e alla Casa da Amizade, coi i suoi coordinatori, volontari, insegnanti..dal cuore immenso e a tutti i meravigliosi bambini che la animano ogni giorno. Indice Introduzione ............................................................................................................... 1 Capitolo I Prospettive teoriche di antropologia urbana: per uno studio della città nella città ............................................................................................................ 5 1.1 Dove nasce l’Antropologia Urbana ............................................................... 7 1.2 Il Rhodes-Livingstone Institute e la Scuola di Manchester......................... 16 1.3 Prime considerazioni ................................................................................... 22 1.4 La Network Analysis e altri approcci metodologici.................................... 24 1.5 Lo studio della città nell’antropologia interpretativa .................................. 29 1.6 Nuove prospettive ....................................................................................... 33 1.7 L’antropologia urbana in Brasile................................................................. 45 1.8 Conclusioni Capitolo I ................................................................................ 54 Capitolo II Definire il campo: dalla città di São Paulo all’interno dell’Ame rica Latina, alla Comunità di Paraisópolis, al Grotão ................................................. 55 2.1 La città latinoamericana ................................................................................... 60 2.2 La città di São Paulo all’interno del contesto brasiliano .................................. 67 2.3 La definizione di “favela” nel corso degli anni. Diversi approcci teorici ........ 69 2.4 Paraisópolis e il Grotão .................................................................................... 74 2.5 Le politiche abitative e i progetti del Comune di São Paulo ............................ 78 2.6 Conclusioni Capitolo II .................................................................................... 86 Capitolo III Una favela in transizione: analisi delle dinamiche di cambiamento urbano e d’identità comunitaria attraverso la narrazione delle storie di vita ... 88 Conclusioni Capitolo III....................................................................................... 124 Conclusioni ............................................................................................................. 127 Allegati .................................................................................................................... 134 Trascrizione delle interviste ................................................................................. 134 Documenti ............................................................................................................ 245 Bibliografia ............................................................................................................. 251 Altre fonti................................................................................................................ 259 Introduzione Il lavoro che andiamo a presentare è il frutto della ricerca sul campo svolta nella città di São Paulo tra aprile e luglio 2012. L’area scelta, nello specifico, è quella della favela Paraisópolis, situata nella zona sud della città. Quest’ultima rappresenta la seconda favela più grande di São Paulo, comprendendo oltre al complesso Paraisópolis, anche quelli di Jardim Colombo e Porto Seguro, con una popolazione complessiva di sessanta mila abitanti. La ricerca ha avuto come obiettivo quello di andare ad analizzare le dinamiche di cambiamento urbano e identità sociale in atto in quella determinata fase storica. Andando a verificarne le conseguenze sullo svolgimento della vita quotidiana dei suoi abitanti. I cambiamenti che andremo ad analizzare, in modo specifico nel Grotão, quartiere di Paraisópolis, rientrano nel nuovo progetto di urbanizzazione della Secretaria Municipal de Habitação del Comune di São Paulo. Si tratta quindi di cambiamenti che provengono dall’esterno della favela, nonostante il coinvolgimento diretto della popolazione. La ricerca rientra nel complesso di studi di antropologia urbana, ma come viene sottolineato all’interno del primo capitolo, si tratta di un argomento che può essere analizzato sotto diversi punti di vista. Come ad esempio quello dell’antropologia economica, che concepisce la favela come un sistema di produzione e consumo, adattatosi all’ambiente per la sopravvivenza. Oppure quello dell’antropologia della violenza, che può esserci utile durante la decostruzione degli stereotipi che accompagnano queste realtà. Nel primo capitolo ci occupiamo di ripercorrere storicamente alcuni cambiamenti, ancora non completamente giunti a termine, che la disciplina sta attraversando negli ultimi anni. L’antropologia si è da sempre rivolta, per essere di un certo interesse, a campi di ricerca piuttosto ristretti. Questo perché la ricerca qualitativa non possiede metodi adatti per svolgere studi su grande scala. Inoltre l’oggetto di studio dell’antropologo era scontato che fosse ricercato in terre lontane e poco conosciute. Negli ultimi decenni però i cambiamenti in atto a livello mondiale, i processi di globalizzazione, i nuovi mezzi di comunicazione, hanno posto l’antropologia davanti ad un quesito importante. Le persone si spostano e comunicano rapidamente, non c’è nulla di sconosciuto da andare a scoprire. Questi cambiamenti avrebbero quindi portato alla fine della disciplina o c’era la possibilità di adattarla in qualche modo a 1 questi ultimi? Le correnti di pensiero erano due: chi pensava che l’antropologia appartenesse ormai al passato e invece chi la vedeva come un punto di vista importante per la comprensione di questi nuovi fenomeni mondiali. Quest’ultima idea comportava così un processo di adattamento della disciplina e la formulazione di nuove linee teoriche, si tratta sicuramente di un processo ancora in atto. Inoltre gli antropologi inizieranno a rivolgere il proprio sguardo anche all’interno del proprio paese di origine, andando a sfatare quel mito dell’antropologia fatta solo in spazi lontani dal proprio. Si tratta sicuramente di un tipo di ricerca che ha molti più ostacoli da superare, primo fra tutti se stesso e il proprio coinvolgimento sul territorio. Ormai sappiamo che ovunque faremo ricerca, porteremo con noi il nostro bagaglio culturale e che quest’ultimo influenzerà le nostre interpretazioni, allontanandoci in questo modo dall’osservazione partecipante formulata da Malinowski, che vedeva l’antropologo come osservatore esterno totalmente oggettivo. È vero che quella che daremo sarà l’interpretazione che più ci sembrerà oggettiva, ma saremo coscienti di essere sempre di fronte a delle test imonianze soggettive influenzate a loro volta dalla nostra presenza sul campo e dalla nostra soggettività. Sicuramente l’osservazione di un ambiente sconosciuto ha il vantaggio di non farci assumere delle posizioni ideologiche poco oggettive, anche se dopo diversi mesi sul campo ci ritroveremo in ogni caso coinvolti. Ma ha anche l’aspetto negativo di essere più difficoltoso, proprio perché non familiare. Ritengo fondamentale questo tipo di esperienza nella formazione di un antropologo. Ritengo sia utile per gli studi che successivamente potrà intraprendere anche all’interno del proprio ambiente di origine, tendenza che si sta sempre più diffondendo. Le difficoltà, in questo caso, si legano proprio all’estrema familiarità dell’ambiente di ricerca, che può attivare dei punti di vista soggettivi. Nel primo capitolo ci occupiamo anche di delineare il percorso storico dell’antropologia urbana e delle società complesse, iniziando da lla Scuola sociologica di Chicago, passando per le ricerche del Rhodes-Livingstone Institute in Africa, arrivando alle linee teoriche più attuali degli antropologi interpretativi e degli studi più frammentari a livello teorico, ma che si occupano di affrontare diversi argomenti che riguardano le città. Come ad esempio gli studi di quartiere, oppure ricerche che iniziano attorno ad un evento straordinario come le feste, per condurre 2 poi un’analisi dell’intero tessuto urbano, oppure quelli che si occupano delle cosiddette “città informali”. Il dibattito attuale si incentra sul dividere gli studi che si occupano della città da quelli che si svolgono nella città. All’interno di questa tesi non prendiamo una posizione netta per una o per l’altra posizione, perché riteniamo che siano tutti studi che hanno come oggetto l’ambiente urbano e che possono concorrere a fornirci un’idea d’insieme a riguardo. L’importante, a mio avviso, all’interno di studi che si occupano di aree ristrette nella città, è non dimenticarsi di aver ristretto il campo e ricollegarlo sempre alla sua dimensione macroscopica. Alla fine del primo capitolo ci occuperemo invece di analizzare alcuni degli stud i brasiliani più importanti che hanno avuto come oggetto l’ambiente urbano e in modo specifico le favelas. Sottolineando l’importanza di un approccio interessante che si sta diffondendo in questi anni, quello dell’analisi delle reti sociali all’interno delle favelas. Approccio che ci aiuta a riscostruire i rapporti sociali che i soggetti costruiscono, come all’interno di una rete, per garantirsi la sopravvivenza. Il secondo capitolo ci servirà invece da introduzione al campo di ricerca. Il filo conduttore sarà la favela, ma analizzata partendo da un contesto macroscopico, quale l’America Latina e l’analisi della teoria della marginalità Passando per lo Stato del Brasile e la città di São Paulo, per comprenderne l’origine, fino ad arrivare al contesto microscopico, del Grotão. Questo ci aiuterà a non considerare il nostro campo come isolato, ma ad inquadrarlo all’interno di dinamiche più ampie che hanno concorso alla sua formazione e ne hanno condizionano l’esistenza costantemente. Inoltre, una parte importante del capitolo sarà dedicata all’analisi dell’origine del termine “favela” e alla sua decostruzione, soprattutto degli stereotipi che lo accompagnano. La parte finale si occuperà invece di ripercorrere le politiche abitative attuate nello specifico dal Comune di São Paulo, all’interno dello Stato del Brasile, nei confronti dei cosiddetti “insediamenti informali”, quali favelas, cortiços e loteamentos irregulares. Ho usato il termine “favela”, nella maggior parte dei casi, senza fare riferimento ad un contesto specifico, o per rendere più immediata la comprensione del testo. Ma, come avrò modo di spiegare nel corso di questo elaborato, ho preferito usare il termine “Comunità” riferendomi a Paraisópolis, in quanto rappresenta la definizione emica che la popolazione ha assegnato a se stessa 3 negli ultimi anni. Ho preferito così utilizzare quest’ultima, in particolare nell’ultimo capitolo. Il terzo capitolo si occuperà infatti di analizzare nello specifico il contesto della nostra ricerca. L'obiettivo sarà quello di trasmettere il punto di vista locale, attraverso l’analisi delle interviste fatte ad alcuni dei suoi abitanti, rispetto ai cambiamenti in atto da alcuni anni all’interno della Comunità. I cambiamenti che andremo ad analizzare saranno quelli attuati dal Comune, cambiamenti che prove ngono in questo modo dall’esterno. Andremo ad analizzare quali reazioni stimoleranno all’interno dell’andamento della vita quotidiana e sociale dei suoi abitanti. In parallelo porteremo avanti l’analisi della relazione tra i rappresentanti del Comune e gli abitanti della Comunità, per comprendere come vengono interpretati i nuovi progetti e come viene coinvolta la popolazione. L’intero lavoro di tesi è coinvolto nel cercare di delineare un percorso per arrivare alla comprensione del motivo dell’esistenza di questi spazi all’interno dell’ambiente urbano e di come relazionarcisi. All’interno delle dinamiche di cambiamento, arrivare a comprenderne il punto di vista locale. Può sembrare che si parta da molto lontano, in realtà solo in questo modo possiamo comprendere il fenomeno nella sua interezza. Sicuramente si tratta di un lavoro iniziale, non completo, ma che pone le base per delle ricerche future più approfondite. Il Grotão è attraversato da cambiamenti fondamentali ormai da diversi anni, ma è in realtà solo all’inizio di questo processo, sarebbe interessante andare ad indagare in un prossimo futuro, come questi cambiamenti stanno procedendo e come verranno conclusi, andando a comprenderne le conseguenze e le reazioni locali alla fine di un processo. Anche se sappiamo bene che la favela racchiude in sé un carattere mutevole, come d’altronde la città stessa. 4 Capitolo I Prospettive teoriche di antropologia urbana: per uno studio della città nella città L’antropologia negli ultimi anni si è trovata di fronte ad un bivio. Nata come disciplina non solo dello studio dell’altro, ma di un “altro” lontano, “esotico”, sconosciuto, ha dovuto affrontare una delle più importanti trasformazioni sociali della nostra epoca, il progressivo inurbamento della maggior parte de lla popolazione mondiale con il conseguente aumento della complessità dell’organizzazione sociale. La domanda era: l’antropologia scomparirà insieme al suo oggetto di studio o varrà la pena tentare di adattare la disciplina ai nuovi avvenimenti? Sarà in grado di dare il proprio contributo? Le ricerche antropologiche per molto tempo avevano dato per scontato che il campo di ricerca “naturale” dell’antropologo dovesse essere situato in un universo lontano, possibilmente ridotto nelle dimensioni per comprenderne al meglio le dinamiche interne e totalmente sconosciuto. Questo permetteva di mantenere un ruolo esterno alla società osservata. Col tempo ci si rese conto però che il ricercatore, quando si trovava sul campo, non era un osservatore neutrale e super partes, ma al contrario portava con sé il proprio bagaglio culturale, il quale avrebbe condizionato il suo agire. Altro aspetto fondamentale, con la sua presenza rompeva in un certo senso l’equilibrio sociale creando degli stimoli e delle reazioni. Questa caratteristica si potrebbe definire, nello stesso tempo, come il pregio e come il difetto della ricerca etnografica. Da una parte rappresenta il limite che avremo sempre, dall’altro lato rendersi conto di essere presenza che stimola reazioni rappresenta ciò che ci aiuterà a portare alla luce delle dinamiche che altrimenti non coglieremmo, fermandoci piuttosto ad un’apparenza comprensibile ad uno sguardo superficiale. Con questa nuova consapevolezza gli antropologi iniziano a chiedersi se è davvero essenziale guardare sempre verso un “altro” così lontano, l’antropologia potrebbe anche rappresentare un’osservazione critica all’interno della propria dimensione culturale. Gli sforzi chiaramente sarebbero notevoli, è molto più difficile assumere uno sguardo critico quando si osserva una situazione ben conosciuta, incorporata ed agita. Inoltre le popolazioni fino ad allora studiate, stavano vivendo anch’esse una 5 profonda trasformazione interna e stavano cambiando forma. Il mondo si ritroverà presto coinvolto in una serie di dinamiche che verranno definite globali, dinamiche nelle quali ci troviamo attualmente e in un modo più o meno profondo, tutti ne saranno investiti. Gli studi che riguarderanno le società complesse, che verranno poi quasi identificati con l’antropologia urbana, seguiranno questa nuova scia, uno sguardo al “noi”. L’antropologia urbana trova il suo terreno più fertile negli Stani Uniti all’interno della Scuola sociologica di Chicago, in un’epoca in cui il paese stava vivendo una fase di grande effervescenza e di crescita, in tutti i sensi, dove il fare le cose in grande era visto di buon occhio, dove il riuscire a costruire il palazzo più alto, la città più estesa rappresentavano simboli di potenza e grandiosità. Dove la città non veniva disprezzata, ma anzi al contrario ricercata. Inizialmente i sociologi, più avanti anche gli antropologi, si accorgeranno dell’importanza del fenomeno, di ciò che li stava circondando, che forse valeva la pena analizzare. Quando gli antropologi iniziarono a ragionare sulla città, furono due aspetti fondamentali della tradizionale ricerca etnografica a mancare, una chiara definizione dell’oggetto di studio e del metodo di ricerca. Problemi che in realtà ad oggi non hanno ancora trovato una soluzione chiara, sempre che ce ne sia davvero un reale bisogno. L’antropologia si era da sempre occupata di analizzare delle realtà ristrette, non di semplice comprensione, ma meno stratificate. Le società cosiddette complesse invece, hanno un’ampia espansione sul territorio, senza l’esistenza di un parametro fisso, inoltre hanno un carattere molto dinamico e in grado di mutare in alcuni aspetti molto rapidamente. Si tratta di società con una grande stratificazione, nelle quali gli individui incrociano molte relazioni di diverso grado, in cui fanno parte di differenti gruppi e assumono sempre nuovi ruoli. Questo complica le cose. Inoltre le grandi dimensioni della città ne hanno fatto il terreno ideale per gli studi sociologici, in grado di fare delle analisi su più ampia scala. La “intrusione” dell’antropologia creerà anche delle problematiche nella definizione/separazione delle due discipline. Non per altro i primi studi nasceranno all’interno della Scuola sociologica di Chicago, dove gli studiosi faranno ricerche in ambito urbano utilizzando, in alcuni casi, un approccio antropologico. La problematica principale per gli antropologi fu q uindi definire il campo. Ci si chiedeva come delimitare l’oggetto di studio, come e quando si potesse definire una 6 città in quanto tale, dovevano essere fissati dei parametri? La città poteva rappresentare così un parametro di confronto? Di sicuro la prima reazione fu quella di identificare la città in opposizione al contesto rurale. Metro di confronto che è stato molto difficile eliminare, e che forse non è scomparso del tutto. In quel caso la realtà urbana si riconosceva solo in opposizione a quella rurale, in base a determinate caratteristiche. Ma la città era solo questo? Si tese inizialmente a considerarla come una totalità ben identificabile nei suoi confini. Una unità culturale compatta che non permetteva eterogeneità al suo interno, quasi come un grande coperchio amalgamante. Ma questo meccanismo porterà ad appianare la grande dinamicità della realtà urbana. La difficoltà reale per l’antropologo sarà poi, come accennavo prima, la mancanza di una metodologia adeguata per “semplificare” la città. Per i primi studi si applicheranno così i metodi utilizzati nelle società tradizionali, che presto si riveleranno inadeguati. Si passerà da una divisione in aree funzionali interne alla città, a degli studi più specifici che però non cogliera nno il legame con la dimensione macroscopica. Fino ad arrivare quasi all’estremo opposto, dove l’interpretazione della città viene sostituita dalla sua evocazione 1 , dove scompare la distanza tra la realtà e la sua interpretazione. Inoltre il quesito che ricorrerà negli anni sarà se si sta facendo un’antropologia della città o nella città, se si utilizza la città solo come dimensione spaziale, dove svolgere delle ricerche di caso o se si riescono a cogliere le dinamiche che concorrono a costituire la più generale dimensione urbana. Ma andiamo ad analizzare in modo più specifico le differenti fasi storiche sopra solamente accennate. 1.1 Dove nasce l’Antropologia Urbana Chicago tra il 1920 e il 1930 era diventata la seconda più grande città americana, andando a simboleggiare la crescita economica, la grandezza del Stati Uniti, quasi rappresentando un riscatto e un distacco morale dal vecchio continente. Una diversa concezione della città andrà infatti a separare le due realtà, anche nell’ambito degli studi in scienze sociali. La scuola sociologica nata a Chicago, si ritroverà così ad 11 A. M. Sobrero, Antropologia della città, Carocci, Urbino, 2009 (prima ed. 1992), p. 219. 7 affrontare una situazione del tutto nuova, la città era cresciuta ed ora stava iniziando a racchiudere in sé delle caratteristiche nuove. Rappresentava ora l’incontro interetnico, ma anche spazio per nuovi e sconosciuti problemi sociali, quali la criminalità, la segregazione, il vagabondaggio 2 . I sociologi non poterono far altro che rivolgere uno sguardo interessato a questi fenomeni. Si ritrovano infatti diversi lavori svolti in quel periodo, tutti accumunati da specifiche impostazioni di ricerca, anche se su varie argomentazioni. Mentre in Europa l’idea che si stava diffondendo era caratterizzata dalla netta opposizione tra Gemeinschaft (comunità) e Gesellschaft (società) 3 , dove quest’ultima rappresentava il luogo d’eccellenza per la città, luogo dove venivano distrutti i legami comunitari tradizionali. Negli Stati Uniti al contrario, la città prendeva sempre più spazio all’interno degli studi e non solo, accoglieva anche l’idea di innovazione e di crescita. Mentre in Europa si diffondeva sempre di più un sentimento di opposizione nei suoi confronti, che costituì il principale limite alla nascita di nuovi studi in ambito urbano. Principale esponente di una prima fase di studi urbani della scuola di Chicago sarà R. Park. Influenzato sicuramente da Ferdinand Tönnies e dalle teorie europee durante la sua permanenza nel vecchio continente, sarà però maggiormente coinvolto dalla Teoria Ecologica formulata dai sociologi di Chicago e in particolare da William Graham Sumner. La teoria ecologica aveva la pretesa di affrontare gli studi sulle popolazioni umane e in particolare urbanizzate, nello stesso modo in cui venivano studiati i comportamenti animali o vegetali. I comportamenti umani, la distribuzione nello spazio e l’organizzazione sociale venivano interpretati attraverso la teoria evoluzionistica della lotta per la sopravvivenza. Così, secondo questa teoria, esisterebbe un ordine di comportamento definito “naturale”, dettato da leggi morali, che gli individui seguono nel distribuirsi sul territorio e nel relazionarsi tra loro, dove si compete per la sopravvivenza. Per Park l’ecologia umana rappresenterà un metodo, un approccio teorico. Quello che farà sarà concepire la distribuzione umana 2 M. Agier, Antropologia da cidade. Lugares, situações, movimentos, Editora Terceiro No me, São Paulo, 2011. 3 Riferimento a F. Tönnies, Gemeinschaft und Gesellschaft, Reisland, Leipzig, 1887. In A. M. Sobrero, “Antropologia della città”, cit. p. 7. 8 come divisa in “regioni naturali”, caratterizzate da coesione e da simili interessi. Questa visione generale, questa convinzione di aver scoperto un metodo assoluto per leggere il comportamento umano, andava a confermare l’idea di Park, secondo la quale la manifestazione culturale umana seguiva sempre le stesse regole, che si trattasse di società più complesse o di società più semplici. Questo rappresentò il primo vero limite degli studi della scuola di Chicago in ambito urbano, pensare di poter applicare gli stessi metodi di ricerca utilizzati per le cosiddette società “primitive”, anche nello studio di società più complesse. Park non andrà ad approfondire molto questa teoria, saranno soprattutto i suoi allievi ad applicarla in seguito. Un altro aspetto che condizionerà molto le loro ricerche sarà l’idea che la teoria ecologica portava con sé, cioè di un forte individualismo, che diventerà caratteristica dell’ambiente urbano, dove l’individuo cerca di trovare la sua area naturale aggregandosi ai suoi “simili”, ma sempre con l’obiettivo individuale della propria sopravvivenza. Forse in questo caso non si allontana troppo dall’idea europea della Gesellschaft sopra indicata, che privava la città dei forti legami comunitari. Le scelte fatte dagli individui erano così dettate da una sorta di istinto naturale, per cui veniva sottratta alla città, secondo Ulf Hannerz4 , un’influenza attiva nel condizionare le scelte dell’individuo. Sotto questa opinione soggiace però una definizione di città compatta, come se la città fosse un’entità coesa in grado di spingere gli individui verso una determinata direzione, solo per il fatto di essere “città”. Anche questo sembra che vada a creare una definizione generica con un effetto amalgamante. Bisogna pensare però che l’analisi ecologica rappresentava l’approccio teorico che si poneva alla base delle ricerche, i sociologi erano interessati sì a definire quale fossero le aree naturali, ma si occupavano anche di studiarne il funzionamento interno, dall’organizzazione politica all’individuazione delle minoranze, alla ricerca delle Istituzioni, che per Park si dissolvevano all’interno dell’ambiente urbano. Questa incorporazione dell’individuo solitario, andava a sottolineare l’idea dell’assenza di legami comunitari nella città. Come afferma Michel Agier: “..nell’ipotesi individualista la figura del cittadino si costituisce ricorrendo a 4 U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, Il Mulino, Bologna, 1992, (p rima ed. 1980). 9 metonimie della città di tipo interstiziale..” 5 , come le strade o il traffico, o facendo riferimento a tipi sociali “intermedi” che erano facilmente identificabili, come lo straniero, che a quel punto diventava l’ideal-tipo dell’abitante della città. Park in realtà si rese conto dell’esistenza anche in ambito urbano di legami sociali, probabilmente erano solo difficili da rintracciare e definire. D’altra parte lo studio sulla città era una novità, i metodi e gli strumenti di ricerca non erano del tutto chiari e non aiutavano a semplificare, agli occhi dello studioso, una dimensione come la città che appariva molto complessa. Alcuni aspetti che si andavano a ricercare, avendo come riferimento le etnografie svolte all’interno delle società tradizionali, come le relazioni e la definizione dei ruoli, sembravano perdersi nella confusione della città. Prima di tutto gli studiosi di Chicago dovettero dare una definizione di ciò che poteva essere identificato come città, che non era semplicemente ciò che si opponeva all’ambiente rurale, bisognava avere dei parametri più precisi. Si poteva definire così un centro urbano per le dimensioni che assumeva ma non solo, fondamentale fu la densità, cioè la relazione tra la dimensione del territorio e il numero dei suoi abitanti. Il parametro minimo era un certo livello di eterogeneità e quello massimo, se superato, portava ad un livello troppo alto di confusione, indeterminatezza. Una volta stabilito che l’area che si stava studiando poteva essere considerata urbana, si passava alla definizione delle sue aree “naturali”, concentrandosi infine solamente su una, per studiarne gli equilibri interni, condizionati da fattori socio-economici e culturali. Un’eccezione può essere rappresentata dallo schema ideal-tipico creato da uno degli allievi di Robert Park, Ernest Burgess 6 , il quale divise la città di Chicago in base al valore delle attività umane, collegando le diverse aree naturali in una forma composta da cerchi concentrici. Si andava così dalla zona degli affari, alle zone residenziali periferiche, passando per diverse zone di transizione, dove si potevano trovare le abitazioni degli artisti, i bassifondi, le case in affitto, gli immigrati. Il passaggio da un’area all’altra avveniva solo nel caso in cui le condizioni economiche lo permettessero. Tutto era 5 M. Agier, Antropologia da cidade. Lugares, situações, movimentos, cit. p.8. 6 U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, cit. p.9. 10 mosso in questo modo solamente da ragioni economiche. Il concetto di “zona di transizione” però è molto importante perché mostrava l’esistenza di una connessione tra le diverse aree, aspetto che allora era poco analizzato. La principale critica che verrà fatta al modello, sarà che non era chiaro se fosse applicabile solo alla città di Chicago o se fosse stato concepito come un modello generico. Inoltre la ricerca era ridotta ad una mappatura della città in aree, senza alcun approfondimento di interesse antropologico. Le due discipline, antropologia e sociologia, troveranno in seguito direzioni diverse, costituendo due filoni di ricerca. È interessante in questa sede riportare gli esempi di alcune delle prime ricerche svolte dai sociologi di Chicago, analizzati da Ulf Hannerz nel suo libro “Esplorare la città. Antropologia della vita urbana”. La ricerca più diffusa sarà quella svolta all’interno di una sola area urbana di interesse. La prima è quella di Nels Anderson7 che si occupava di analizzare l’ideal-tipo del vagabondo, figura nata in seguito al calo della richiesta di lavoro mobile tra le diverse città americane, si stabilirà nelle zone di frontiera, vivendo in accampamenti abusivi. La frontiera rappresentava proprio un’area di transizione nel senso di Burgess, dove il vagabondo entrava in contatto con le altre aree e quindi con persone di un livello economico e sociale differente, potendosi spostare però con facilità e frequenza. Anderson andrà poi a creare cinque categorie dove rientreranno diversi “tipi” di persone senza fissa dimora, metodo classificatorio che gli era utile per “riordinare” un mondo che ai suoi occhi appariva complesso, andandone a ricercare le ragioni di appartenenza. Si andava a “riordinarli” partendo da alcune motivazioni di base, dalla perdita del lavoro o della famiglia, a problemi mentali o per semplice volontà di fare esperienze nuove. Purtroppo la relazione con le altre aree della città è poco evidenziata. La seconda ricerca è intitolata “The gang” di Frederic M. Thrasher 8 . Si tratta dell’analisi delle numerose bande giovanili che si stavano formando a quell’epoca a 7 N. Anderson, The Hobo, University of Chicago Press, Chicago, 1923 (ed. It. Il vagabondo, Donzelli, Ro ma, 1994), in U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana (p. 110), cit. p.9. 8 F. M. Th rasher, The Gang, University of Chicago Press, Ch icago, 1963 (prima ed. 1923), in U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana (p. 116), cit. p. 9. 11 Chicago. È interessante perché rappresenta uno dei primi studi sui fenomeni di delinquenza urbana. Thrasher evidenziava molto bene la natura mutevole della banda e ne analizzava le forme e le motivazioni. Anche in questo caso si trattò di ricercare il parallelo tra l’oggetto di studio e il territorio. Evidenziando in questo modo la corrispondenza della presenza di una banda in una determinata area, anch’essa definita attraverso la categoria “zona di transizione”, dato il carattere mutevole intrinseco alla banda. Anderson lo definirà “interstiziale”, che per lui sarà sinonimo di disorganizzato. Nella maggior parte dei casi ci sarà una corrispondenza tra area di transizione ed origine etnica. Un ulteriore aspetto inte ressante che risulterà dall’analisi sarà che, secondo Anderson, la banda nasceva come conseguenza ad una reazione di opposizione da parte dell’ambiente esterno, portando il gruppo ad essere distaccato dal resto della società, ad essere un gruppo conflittua le. Questa reazione di opposizione era per lui una risposta ad un vuoto sociale e una opposizione a situazioni di oppressione. La banda rappresentava così una forma di adattamento sociale. Il rischio corso da Anderson fu quello di voler analizzare quasi tutte le bande presenti allora sul territorio, compito decisamente eccessivo per un solo studioso. Anderson sarà però per certi aspetti pioniere di alcuni studi sulla criminalità che verranno in seguito, grazie alla sua grande attenzione agli aspetti micro sociologici dei piccoli gruppi. Il terzo studio è di Louis Wirth9 e si tratta di “The Ghetto” pubblicato nel 1928. Si tratta di un grande lavoro che ha visto come primo passo una ricerca approfondita sul ghetto europeo, dove i confini rappresentavano chiaramente una barriera etnica, anche se garantivano al loro interno una certa autonomia per i suoi abitanti. Per poi passare al territorio americano, dove inizialmente gli ebrei non abitavano dei ghetti, creati al contrario col tempo in seguito ad una spinta aggregativa necessaria per la sopravvivenza. Alla base della ricerca di Wirth c’era la volontà di comprendere le motivazioni che spingevano un ebreo ad abitare in un posto piuttosto che in un altro. Secondo Wirth questo aiutava a capire che “tipo” di ebreo egli fosse. In questa 9 L. Wirth, The Ghetto, University of Ch icago Press, Chicago, 1928 (ed. It. Il Ghetto, Ed izioni di Co munità, M ilano, 1963). In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana (p.122), cit. p. 9. 12 ricerca è evidente la presenza della teoria ecologica, in quanto ciò che smuove la curiosità dell’autore sono proprio i principi di competizione economica. Allora il ghetto poteva essere considerato un’area naturale a tutti gli effetti. Chi era già ben inserito non si spostava dai quartieri agiati, mentre gli immigrati che arrivavano dall’Europa erano di solito molto poveri e andavano ad inserirsi nel ghetto cercando aiuto tra i connazionali, che di solito diventavano anche i loro datori di lavoro. C’era un sentimento di generosità ed accoglienza, ma anche una certa gerarchia che poteva creare problemi. Sobrero critica positivamente questa prima ricerca di Wirth, definendola come ciò che si avvicina di più alla definizione di ambiente urbano per la teoria ecologia, per densità, numero ed eterogeneità della popolazione 10 . L’autore riesce a dare un’idea delle caratteristiche generali dell’area, eterogenee, ma riesce anche a trasmetterne l’uniformità, il sentimento identitario della popolazione grazie al quale può essere culturalmente isolata. Nel libro pubblicato successivamente però questo tipo di analisi più accurato scomparirà. In “Urbanism as a way of life” 11 Wirth, ha una concezione della città compatta che gli permette di fare un’analisi utilizzando le categorie usate per le società ad organizzazione più semplice. La sua concezione sarà allora quella di una società di massa che porta ad una cultura di massa. La quarta ricerca è quella di Harvey W. Zorbaugh12 , “The Gold Coast and the Slum” (1929). Questo studio, a differenza dei precedenti, lascia poco spazio al punto di vista locale, non si tratta di un lavoro dove si cerca di utilizzare il metodo qualitativo. Zorbaugh divide il Lower North Side in sei aree. Le cosiddette “aree naturali”: Costa Dorata, gli appartamenti in affitto, la Bohemia, una zona commerciale decaduta a area divertimenti, lo slum e Little Sicily. Questa frammentazione in aree non si distacca molto dal diagramma idel- tipico di Burgess. Infatti le linee di confine 10 11 A. M. Sobrero, Antropologia della città (p. 84), cit . p. 7. L. Wirth, Urbanism as a Way of Life , Un iversity of Chicago Press, Chicago, 1938. In A. M. Sobrero, Antropologia della città, cit. p.7. 12 H. W. Zorbaugh, The Gold Coast and the Slum, University Press of Chicago, Chicago, 1929. In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana (p. 128), cit. p. 9. 13 separano spazialmente diversi livelli socio-economici della popolazione. Si passa dalla zona più ricca della città a quella più povera, che può essere lo slum o le aree di aggregazione etnica, a volte coincidenti. È totalmente assente un’analisi delle relazioni che intercorrono tra le diverse aree, aspetto che impoverisce la ricerca. Il quinto e ultimo studio che Hannerz propone è quello di Paul G. Cressey13 , “The Taxi Dance-Hall”, pubblicato nel 1932. È quella che può essere definita come l’ultima ricerca d’impronta etnografica svolta dai sociologi della Scuola di Chicago, prima della separazione tra le due discipline. Si tratta di uno studio molto interessante ed approfondito su una tipologia di sala da ballo diffusa in quegli anni a Chicago, la Taxi Dance-Hall. Si trattava di sale da ballo, di solito situate in aree periferiche o non molto ricche della città che, non riscuotendo molto successo, venivano trasformate in locali dove donne a pagamento ballavano con i clienti. Erano locali con una brutta reputazione, soprattutto per il confine labile che c’era tra l’essere una ballerina o una prostituta. Inoltre il loro situarsi in zone riconosciute come povere o malfamate non aiutava. Cressey decise di guardare a questi locali come ad un mondo a parte, con un proprio funzionamento interno, un proprio linguaggio e modo di agire. Ci sono dei punti interessanti nella ricerca, come il fatto che la maggior parte dei clienti fosse asiatico, soprattutto filippino. Si trattava di un gruppo che subiva molte discriminazioni e non riusciva ad avere delle relazioni regolari con le donne, inoltre i locali erano situati soprattutto dove loro avevano attività commerciali o dove vivevano. Inoltre è interessante notare l’opinione di Cressey riguardo la possibilità che la città dava di restare nell’anonimato. Secondo lui questa era una caratterista peculiare dell’ambiente urbano, grazie alla quale le ragazze potevano fare differenti lavori, tra i quali le ballerine, senza essere scoperte. Meriti e criticità I sociologi della scuola di Chicago hanno sicuramente il merito di essersi resi conto dell’importanza che aveva la novità della dimensione urbana, e soprattutto di aver svolto delle ricerche in seno alla propria città, di aver rivolto uno sguardo critico 13 P. G. Cressey, The Taxi-Dance Hall, University of Chicago Press, Chicago, 1932 (1a Ed izione). In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana (p.136), cit. p. 9. 14 interno alla propria dimensione culturale. Le ricerche che ci hanno lasciato concorrono a darci un’immagine più o meno complessiva della città e questo ci aiuta a farci un’idea generale. Di sicuro questo rappresenta anche la principale critica nei confronti della scuola. Si tratta purtroppo di studi che solo uniti tra loro possono darci una visione d’insieme, ma purtroppo singolarmente non offrono un collegamento con il resto della città, al di fuori dell’area studiata. La divisione in aree naturali ha portato a concentrarsi solo su una d’esse, senza cercarne il collegamento con le altre, che chiaramente c’era. Inoltre l’ecologia umana rappresentava un progetto molto ambizioso 14 , ma destinato a fallire. L’idea di aver trovato le leggi naturali che muovessero l’agire umano in ambito urbano era troppo. Si può accettare l’idea di area naturale culturale per riuscire a fare una mappatura della città, per farsi un’idea generale per poi trovarne i vari collegamenti che la compongono. Interrogandosi soprattutto sulle ragioni di queste sovrapposizioni o contatti, non seguendole come leggi assolute dell’agire umano. Altrimenti sarebbe molto riduttivo, sappiamo bene che l’uomo agisce anche per motivi che vanno oltre l’istinto naturale. Come afferma Agier 15 , il concetto di “regione” è utile per definire delle identità, ma bisogna fare attenzione perché i confini di queste e delle città non sono meno labili né meno costruiti delle etnicità. Quando la ricerca si svolge sul campo si incrociano relazioni, si instaurano rapporti e allora la divisione in regioni diventa sempre meno concreta e netta. Inoltre la teoria dell’ecologia umana aveva un altro limite evidente, l’uomo al contrario delle piante, si muove e non sopravvive solo attraverso il sostentamento del terreno, ma attraverso le relazioni che instaura. Per cui è sì importante fare uno studio ben localizzato nello spazio, ma questo non deve creare delle barriere invisibili che ci proibiscono di andare oltre con lo sguardo, di creare collegamenti. Una data regione può essere delimitata è vero, ma non può esistere se non nel confronto con le altre. Ad oggi ci sono ancora dei punti deboli nello studio della città, gli antropologi non sono ancora del tutto concordi su alcuni aspetti. Alcune idee sono state trasmesse fin 14 A. M. Sobrero, Antropologia della città (p. 81), cit . p 7. 15 M. Agier, Antropologia da cidade. Lugares, situações, movimentos (p. 71), cit. p. 8. 15 dai primi studi e faticano ad essere superate. Come ad esempio il considerare la città come un tutt’uno compatto, una società di massa che diventa cultura di massa, eliminando le innumerevoli sfaccettature che rientrano in questa dimensione spaziale. Oppure il produrre al contrario solo studi di comunità, spezzettando la realtà urbana, togliendole una visione d’insieme. Io stessa nella mia ricerca sul campo ho avuto delle difficoltà a riguardo. Fare una ricerca su una zona all’interno di una favela può far correre il rischio di concentrarsi solo su di essa. In realtà andando a fondo, parlando con le persone, cercando di capire i loro movimenti e relazioni, viene restituita alla sua dimensione più “globale”, al quartiere vicino Morumbi, alla città di São Paolo, al Brasile. Infine vi è l’errore di concepire la città in opposizione alla realtà rurale. Agier si chiede se riusciremo a concepire un’antropologia fatta interamente a partire dalla città. Secondo lui solo a quel punto potremo vederla come il luogo della relazione e non dell’individuo. 1.2 Il Rhodes-Livingstone Institute e la Scuola di Manchester Il Rhodes-Livingstone Institute venne fondato nel 1937 presso la città di Lusaka, nell’attuale Zambia, allora Rodesia del nord. L’Istituto fu voluto dalle autorità coloniali inglesi per approfondire le loro conoscenze rispetto ai cambiamenti in atto all’interno del territorio coloniale. Legato all’Università di Manchester, si occupava di finanziare diverse ricerche antropologiche in territorio africano. Fin dal primo direttore, Godfrey Wilson, fu specificato il principale interesse al centro degli studi dell’Istituto, cioè la città e la relazione di quest’ultima con la dimensione rurale e non i classici studi della sola tradizione rurale. Si tratterà di un grande complesso di ricerche, forse il più importante apporto di studi urbani per l’antropologia inglese. L’approccio teorico adottato andava a distanziarsi, soprattutto negli studi tra gli anni cinquanta e sessanta, dal funzionalismo ancora molto forte in Inghilterra. Inoltre si trattava di un’importante contributo agli studi su quell’area dell’Africa. La linea teorica seguita da questi studiosi era sicuramente legata ai cambiamenti in atto in territorio africano a quell’epoca. Le città prendevano forma, sotto la spinta del sistema coloniale, in un modo molto violento. Le campagne vivevano uno spopolamento abbastanza marcato, ma la città si duplicava per l’elevatissimo tasso di crescita demografica. La campagna si indeboliva, ma la città non si rafforzava per la 16 mancanza di un equilibrato sistema produttivo che potesse dare spazio a tutti. Da questo si evince che l’inurbamento della popolazione africana fu differente da quello avvenuto nelle città europee, nonostante la volontà dei colonizzatori di installare un sistema simile. Le città europee avevano portato ad uno spopolamento estremo delle campagne, ma ad una crescita industriale molto forte e ad una crescita demografica limitata. Un iniziale sbaglio degli antropologi dell’Istituto fu quello di partire dal presupposto che i due processi di inurbamento fossero stati uguali, per analizzarne i cambiamenti, seguendo in un certo senso un modello evolutivo già stabilito. In realtà la ricerca sul campo evidenzierà il contrario. L’antropologia inizierà ad allontanarsi dalle teorie che concepivano la natura umana riducibile a schemi determinati. Iniziò anche ad allontanarsi da alcuni aspetti del funzionalismo e de llo strutturalfunzionalismo che assumevano un concetto di società chiusa, rigida. I grossi cambiamenti in atto in Africa non potevano che stimolare questa reazione tra gli studiosi che si trovavano sul posto. La concezione di una società rigida veniva dalla necessità dell’antropologia di selezionare un’area di studio più o meno determinata. Ma questo fece perdere di vista la realtà dinamica e del cambiamento sociale. Gli studiosi della scuola di Manchester si concentrarono così su questo aspetto, andando a considerare, non la staticità, ma i processi e la complessità delle società studiate, producendo lavori modesti senza formulare delle teorie generalizzanti. EvansPritchard sarà uno dei primi a farlo. L’obiettivo della Scuola di Manchester sarà quindi definire i limiti della semplificazione antropologica 16 . Ma iniziamo dai primi studiosi del Rhodes-Livingstone Institute, fornendo alcuni esempi tratti dal libro di Ulf Hannerz 17 . Uno degli studi più conosciuti e rilevanti è sicuramente la classificazione delle città africane di Aidan Southall 18 del 1961. L’idea di una classificazione ci fa subito pensare ad una generalizzazione, anche se questo rappresentò una grande spinta ai 16 A. M. Sobrero, Antropologia della città (p. 103), cit. p 7. 17 U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, cit. p. 9. 18 A. Southall, Introductory Summary, in Social Change in Modern Africa , Oxford University Press, London, 1961. In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, cit. p. 9. 17 primi studi di antropologia urbana e sarà un importante apporto agli studi sull’Africa. Le città africane venivano quindi raggruppate in due tipologie, A e B. Nel primo tipo rientravano le città di origine indigena e di più antica formazione. Quest’ultime avevano una crescita definita lenta ed erano caratteristiche dell’Africa occidentale e orientale, rappresentavano il centro dei sistemi locali. Nel tipo B rientravano invece le città dell’Africa centrale e meridionale, caratterizzate da una nuova e rapida espansione, erano legate al potere coloniale. In quest’ultime si notava una certa discontinuità con il mondo esterno e una maggiore presenza di poli industriali. Sicuramente si poteva tracciare questa distinzione e alcuni aspetti ne erano caratteristici, ma è certo anche che facendone una c lassificazione si creavano delle generalizzazioni troppo nette. Le città non erano rappresentabili in modo statico, cambiavano forme e funzioni che le facevano così uscire e rientrare dalle tipolo gie fissate da Southall. Alcune città perdevano la loro importanza, altre entravano per la prima volta nel gruppo B grazie alle proprie risorse, le “primary cities”, lasciando indietro quelle meno ricche. Nel 1974, Joan Vincent aggiungerà un tipo C per facilitare le cose. Lo studio di Southall rientra ancora nella visione funzionalista, soprattutto per quanto riguarda il metodo di classificazione e di rappresentazione utilizzato. Due aree minerarie in particolare saranno invece fonte di interesse per alcuni studiosi. Broken Hill e Luanshya, quest’ultima più recente e situata all’interno della Copperbelt, l’area inglese del rame. Uno degli studiosi interessati fu proprio Godfrey Wilson che scrisse “An Essay on the Economics of Detribalisation in Northern Rhodesia”. Dimostrava molto interesse nei confronti dei cambiamenti del sistema economico e verso i problemi che ne derivavano. Di impostazione funzionalista, andava a ricercare l’equilibrio dato dalla coerenza tra rapporti sociali, gruppi e Istituzioni, che per lui rappresentava lo stato naturale della società. In Africa non era ancora stato realizzato, ma secondo Wilson serviva solo del tempo. In studi successivi a questo, Wilson aggiungerà una categoria d’analisi, la “scala”, cioè le società venivano osservate secondo una scala crescente, da società più semplici a quelle più complesse. Seguendo in un certo senso un paradigma campagna/città. Nel libro citato precedentemente, il lavoro è diviso in due parti, la prima dedicata alla relazione città-campagna, l’altra alla città. Secondo Wilson il problema principale 18 che aveva causato la mancanza di equilibrio nella Copperbelt, era l’errore commesso dai colonizzatori inglesi nell’impiantare un sistema economico industriale di stampo urbano all’interno di una società rurale agricola. Si trattava di un sistema economico largamente controllato dagli europei che in questo modo avevano un ruolo di dominio sul territorio. La grande differenza tecnologica tra sistema industriale europeo e sistema agricolo africano era quello che aveva portato ad una situazione di totale disequilibrio e difficoltà di sostentamento. Essendo stato impiantato dall’esterno inoltre, quello che seguì non fu uno sviluppo equilibrato dell’industria, ma fu un processo molto confuso, tarato al massimo sul singolo individuo. La città era organizzata così per ricevere solo individui senza le proprie famiglie, residenti temporanei, in quanto un lavoro per tutti e un guadagno favorevole per un’intera famiglia non erano garantiti. Inoltre questo stato d’insicurezza, di precarietà, comportava una sensazione di instabilità nei suoi abitanti, con la conseguente difficoltà nel radicarsi nel nuovo ambiente urbano 19 . Osservando la città, Wilson si dedicherà alla distinzione tra due categorie di relazioni: quelle impersonali o d’affari, e quelle personalizzate. Sarà quindi attraverso queste due che andrà a rilevare alcuni comportamenti interni alla popolazione urbana. Un aspetto interessante che notò fu l’emulazione dell’europeo attraverso l’utilizzo e la ricerca degli stessi abiti e l’intenzione di farsi notare da questi ultimi, invitandoli per delle occasioni particolari, come serate di gala. Da un lato il simbolo della ricchezza da emulare, ricercare, dall’altro l’europeo che non mostra interesse nell’istaurare un rapporto che vada oltre la relazione impersonale con l’africano. Un altro aspetto che Hannerz riporta nel libro e che ho ritenuto importante sottolineare in questa sede, è quello che fa cenno invece alle relazioni personalizzate. Una di queste si basava su di un particolare accordo che le famiglie di amici o parenti stabilivano, mettendo ognuna da parte una somma di denaro, creavano un fondo comune al quale potevano attingere a turno in caso di necessità. L’ho trovato particolarmente interessante perché durante la mia ricerca svolta all’interno di una favela di São Paulo in Brasile mi è capitato più volte di sentir parlare del “mutirão”, che segue lo stesso sistema appena descritto. Le 19 A. M. Sobrero, Antropologia della città (p. 95), cit . p 7. 19 famiglie così hanno creato una modalità di autofinanziamento per avere un sostegno garantito in caso di bisogno, come per esempio costruire un piano in più della propria casa, comprare un pezzetto di terreno per i propri figli o fare delle riparazioni. Il successivo direttore dell’Istituto sarà il sudafricano Max Gluckman, strutturalfunzionalista, molto legato alla Scuola di Manchester. Co ncepirà una delle ricerche più impegnative per l’Istituto. Questo avrà come ipotetica durata quella di sette anni, come obiettivo quello di raccogliere la maggior quantità di materiale comparativo sulla società africana, includendo i problemi sociali più rilevanti e come nome “Closed Systems and Open Minds”. Anche Gluckman era interessato agli equilibri interni alla società, ma non solo, andava oltre includendo nelle sue analisi il conflitto che ritrovava all’interno della vita sociale. Concepiva la società africana come unico campo sociale dove venivano considerate tutte le sue parti, dalla vita rurale al dominio europeo, ma non come separate tra loro. La forza di questo progetto starà proprio nei cambiamenti che l’antropologia stava vivendo tra gli anni cinquanta e sessanta accennati all’inizio del paragrafo. Bisognava ribaltare la prospettiva d’analisi, non esistevano sistemi chiusi, società fisse senza storia. Bisognava analizzare nuovamente il metodo di selezione e di semplificazione attuato dall’antropologia. Allora non esistevano più società semplici e complesse da confrontare, ma società conosciute e società ancora da conoscere. Tutte le società secondo questa concezione, sono complesse ai nostri occhi fino a quando non ne analizzeremo i meccanismi per semplificarle. Per farlo l’antropologo deve attuare una selezione circoscrivendo il campo di ricerca. L’aspetto fondamentale era però, una volta selezionato il campo, non dimenticarsi di averlo fatto, cioè non considerare quel sistema come chiuso, ma anzi analizzarne le relazioni con ambienti esterni. Questo rappresenta un grosso passo verso lo studio delle società moderne, rappresenta una forma di legittimazione della ricerca a ntropologica in ambito moderno. In questo modo l’antropologia non appartiene più solo al passato, ma nemmeno solo al presente, rappresenta una prospettiva d’analisi valida in ogni contesto. Si tratta di un cambio di prospettiva nei confronti dell’oggetto di studio. Da questi nuovi sviluppi nascono gli “studi situazionali” che aiutano l’antropologo a semplificare, selezionando un evento specifico da analizzare e da utilizzare come 20 strumento dal quale partire per rendere trasparenti i diversi elementi di un sistema sociale complesso. Come scrive Sobrero: “..l’oggetto di ricerca dell’analisi situazionale non è, dunque, il sistema complessivo, quanto piuttosto questi insiemi relativamente autonomi che lo compongono.. Quel che interessa non è tanto l’equilibrio interno a questi sottoinsiemi, ma i punti di frizione, di scontro, di conflittualità che si creano all’interno di ogni sistema e ai confini fra l’uno e l’altro.”20 . C’erano due linee di pensiero all’interno degli studi di caso, una che vedeva appunto la selezione di un singolo evento, l’altra la selezione di più eventi e che aveva come obiettivo quello di dimostrare come le relazioni sociali venissero influenzate e modificate dalla manifestazione di questi eventi contemporanei. Tra gli esempi più importanti ci saranno “Analysis of a Social Situation in Modern Zululand” all’interno di “Bantu Studies”21 di M. Gluckman, e “The Kalela Dance”22 di J. C. Mitchell che partendo dall’analisi di una danza popolare, svolgeva una ricerca sulla struttura sociale urbana. Inoltre fu interessante anche la ricerca di Epstein del 1958 “Politics in a Urban African Community”23 , studio sulla città mineraria Luanshya, cittàfabbrica, in relazione con il centro urbano sviluppatosi vicino. Mostrò che partendo dall’analisi di un evento come lo sciopero dei minatori, gruppo che aveva un ruolo rilevante, si possono far emergere alcune dinamiche sociali e i cambiamenti che ne 20 A. M. Sobrero, Antropologia della città (p. 123), cit. p 7. 21 M. Gluckman, Analysis of a Social Situation in Modern Zululand , in Bantu Studies, marzo -giugno 1940, poi in “The Rhodes-Livingston Papers”, n.28, Manchester, 1958. In A. M . Sobrero, Antropologia della città (p. 100), cit. p. 7. 22 J. C. Mitchell, The Kalela Dance, Aspects of Social Relationships among Urban Africans In Northern Rhodesia, in “The Rhodes-Livingstone Papers”, n.27, 1956. In A. M. Sobrero, Antropologia della città (p. 126), cit. p. 7. 23 A. L. Epstein, Politics in an Urban African Community, Manchester University Press, Manchester, 1958. In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana (p. 99), cit. p. 9. 21 sono derivati. In questo caso Epstein si concentra sulla relazioni tra la nuova dimensione urbana e le tradizioni rurali e su come queste andavano a modificarsi in alcune situazioni, dove i ruoli che in ambito rurale avevano molto potere, non avevano invece più alcuna efficacia nella nuova relazione con i colonizzatori. In alcuni casi nascevano nuove figure politiche che si trovavano legate ad entrambe le dimensioni. Non solo Epstein, ma tutti gli studiosi del Rhodes-Livingstone Institute fin dal principio furono interessati a capire in che modo e per quali motivazioni persistesse il “tribalismo” all’interno della società urbana. La detribalizzazione secondo questi studiosi, era un processo lento che gli africani iniziavano quando assumevano un ruolo all’interno della città e instauravano delle relazioni sociali. A quel punto, a loro parere, se il soggetto portava con sé il proprio bagaglio tribale non influiva più di tanto, interveniva solo in determinate situazioni. La tribù a quel punto serviva solo per riconoscersi all’interno dell’ambito urbano. Mitchell, seguendo probabilmente la ricerca di Wilson, andrà ad differenziare all’interno dei suoi studi situazionali, le relazioni sociali, dividendole in: strutturali, personali e categoriali. Riconoscendo però la presenza di legami intimi anche in ambito urbano. Come afferma Agier: “L’approccio situazionale de-spazializza ancora di più la ricerca urbana.. perché non sono i limiti spaziali a definire la situazione, ma l’interazione.. Bisogna dare peso al contesto dell’interazione e non al background degli individui o alle culture nel nome delle quali interagiscono.. La prospettiva situazionale di Mitchell ha due nozioni chiave: la situazione nella sua coerenza interna, e il setting o quadro..”24 . 1.3 Prime considerazioni Gli aspetti innovativi che la Scuola di Manchester e gli studi dell’RhodesLivingstone Institute apportano all’antropologia, soprattutto durante l’ultimo periodo, possono essere riassunti in alcuni punti principali: 24 M. Agier, Antropologia da cidade. Lugares, situações, movimentos (p. 73-74), cit. p 8. 22 - Innanzitutto un distanziamento da alcuni aspetti del funzionalismo ancora molto forte in Inghilterra, tra i quali il considerare le società come sistemi chiusi, immutati e senza storia. - Il secondo aspetto importante è un ragionamento approfondito sui limiti di semplificazione dell’antropologia nella scelta del campo di ricerca, consapevoli di doverlo fare, arrivano a capire che la cosa importante è non dimenticarsi di aver chiuso il campo arbitrariamente, ricordandosi che non è una realtà che non subisce influenze esterne o cambiamenti interni. Si definisce “analisi situazionale”, l’antropologo dalla delimitazione di un’area, di un evento può arrivare a comprendere i meccanismi della società nella quale sono inseriti, partendo dalla comprensione dell’agire degli individui che la compongono. Perché sono gli individui a creare la situazione ed è fondamentale capire ciò che influenza il loro agire, forzato o meno dal proprio ambiente, mosso da quella che Mitchell definisce “coerenza”25 . Ogni luogo così può assumere i significati che gli vengono affidati. Inoltre non si andavano più a cercare solo gli equilibri, ma anche i conflitti sociali, che spesso servivano proprio a mantenere l’equilibrio sociale. La città, presentandosi come insieme di situazioni, relazioni e luoghi diversi, è conflittuale per sua natura e si presta a questo tipo di analisi, che riesce così a farne rivelare i campi sociali essenziali. Questo approccio porterà all’analisi per reti di cui parleremo nel prossimo paragrafo. - Un apporto fondamentale ci verrà dato da Max Gluckman, il quale affermerà che non esistono società semplici o complesse, ma solo società che non siamo ancora riusciti a semplificare ai nostri occhi. Questo rappresenterà la legittimazione dell’antropologia allo studio delle società moderne, slegherà la disciplina da una dimensione collocata nel passato. 25 J. C. M itchell, The Situational Perspective, in Cities, Society and Social Perception. A central African Perspective, Clarendon Press, Oxford, 1987, p 1-33. In M. Agier, Antropologia da cidade. Lugares, situações, movimentos (p. 74), cit. p 8. 23 - Gli antropologi dell’Istituto erano inclini a studiare i cambiamenti in atto, in particolare la relazione campagna-città, e la ricerca del perché il tribalismo persistesse in ambito urbano. Ma ciò che contribuì realmente agli studi sulla città, sarà il cambio di prospettiva di Mitchell, il quale non si riferirà con il termine “tribalismo urbano” a delle forme di sopravvivenze delle tradizioni rurali, ma alla ricerca all’interno della città di quel sistema che ordina, classifica, regola il comportamento dei suoi abitanti. Assumendo lo stesso ruolo che la tribù aveva in ambito rurale. Le critiche che investiranno l’Istituto saranno numerose, una delle principali sarà quella di essere definiti antropologi al servizio della Colonia e di conseguenza non analizzare in modo approfondito le conseguenze del Colonialismo. Non completamente vero perché non sempre saranno in linea con le idee coloniali. In ogni caso i conflitti in territorio africano che nascera nno in seguito ai movimenti di Indipendenza e dall’altro lato i conflitti interni all’ambito antropologico, determineranno la fine delle ricerche dell’Istituto. Il gruppo di studiosi era piccolo e il campo molto specifico, fattori che non gli permisero la trasformazione in indirizzo teorico, ma di sicuro apriranno la strada a un nuovo approccio di studio all’interno della città. Segmentato forse, ma efficace. 1.4 La Network Analysis e altri approcci metodologici Il periodo in cui viene sviluppato il metodo della “Network Analysis”, è caratterizzato dalla difficoltà da parte degli antropologi di trovare un approccio comune nei confronti degli studi sulla città. Il principale problema è sempre lo stesso, dare una definizione netta e chiara a ciò che è la città. Ci si domanda se sia possibile farlo, se dando una definizione generale di città non ci sia il rischio di definire anche una cultura della città. Oppure se si fanno studi troppo specifici, come ad esempio su un quartiere, un gruppo etnico, si rischia di perdere la dimensione globale dell’ambiente urbano. Gli antropologi si scontrano con i limiti della disciplina. Si diffondono varie idee, ma il pensiero comune è sempre quello di andare a contrastare l’approccio degli altri. In questa situazione piuttosto confusa, si possono delineare tre approcci metodologici che possono assumere una certa forma indipendente: si tratta 24 della già nominata Network Analysis, dell’Interactional approach e del Ghetto approach. Come accennato nel precedente paragrafo, l’analisi di rete nasce tra gli anni cinquanta e settanta, in seno alla scuola di Manchester, grazie all’interesse di questi studiosi nei confronti dell’analisi situazionale e della “teoria dei ruoli”. La Network Analysis nasce dal voler dare una risposta alla natura delle relazioni sociali, spiegare in quale modo siano connesse tra loro. Si è iniziato così a tracciare delle mappe, si sono visualizzate le relazioni come delle reti dove le persone sono rappresentate da punti e i fili sono le relazioni che intercorrono tra di loro. Questo tipo di analisi partiva sempre dalla stessa opposizione campagna-città e secondo i suoi autori poteva essere applicata a qualsiasi tipo di società perché tutte erano descrivibili attraverso i rapporti che definiscono le relazioni, i ruoli e le regole dei propri abitanti. Quello che cambiava da una società tradizionale ad una complessa, era il numero di ruoli che un singolo individuo poteva ricoprire e questo complicava l’analisi. Ci saranno diverse ricerche molto importanti, tra le prime quella di Elisabeth Bott “Family and social network”26 del 1957. In questo studio la Bott si occupò di una serie di famiglie e del loro grado di connettività con l’esterno. La sua ipotesi fu che il grado di segregazione della moglie e del marito variava in base al grado di connettività verso l’esterno dei due coniugi. Fu da stimolo per molte ricerche successive, ma una critica che le fu rivolta fu quella di considerare la coppia dei coniugi come una sola persona, senza esaminare le singole relazioni che i due avevano. È chiaro che è un metodo che può essere applicato a moltissime situazioni, non semplicemente ai membri di una famiglia o alle rela zioni di tutti giorni di un individuo. Ma gli studi più importanti, in realtà, escono da questo schema, come quello di Adrian Mayer 27 del 1966. Quest’ultimo svolgerà una ricerca su una campagna elettorale in un paese dell’India, mostrando come le catene relazionali 26 E. Bott, Family and Social Network , Tavistock, London, 1957. In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana (p. 300), cit. p. 9. 27 A. C. Mayer, The Signifance of Quasi-Groups in the Study of Complex Societies, in The Social Anthropology of Complex Societies, a cura di M. Banton, Tavistock, London, 1966. In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, cit. p.9. 25 possano essere pilotate e seguire un determinato obiettivo. Come affermava Mitchell, usiamo questo metodo di analisi quando vogliamo comprendere che uso fanno gli individui dei proprio ruoli, la creatività, le diverse combinazioni che possono risultarne, a maggior ragione in una società complessa dove l’individuo ha la possibilità di gestire più di un singolo ruolo e può creare le combinazioni che più preferisce o che più gli convengono. Secondo Mitchell ragionare per reti significa raggiungere un certo grado di astrazione. Nel suo lavoro “Social Networks”28 ci illustra diversi modi per farlo. Il primo metodo astrae partendo da un punto particolare della struttura delle relazioni sociali e viene definita “rete ego-centrata”; il secondo crea la rete in base al contenuto della relazione, “rete parziale”. Oppure si possono unire i due metodi di astrazione per creare una rete parziale partendo da un singolo soggetto. Determinata la forma e la composizione della rete si passa a descrivere la relazione tra il totale degli individui e quello delle relazioni che potrebbero avere, definita “densità”. A questo proposito è interessante fare un accenno alla ricerca di Southall “The density of Role-Relationships as a Universal Index of Urbanization”29 , anche lui si interessa di come l’uomo viene collocato nella società in base al ruolo che assume, distinguendo i ruoli sociali da quelli naturali (sesso, età, parentela, produzione). Tutti gli studiosi si trovavano piuttosto concordi a questo riguardo, perché erano fattori considerati come intrinseci alla natura umana, venendo poi legittimati dalla società che li avrebbe denaturalizzati attraverso il rito. Southall però aiuta a dare un definizione più chiara di “densità”. Ci sono per lui tre modi di intenderla: la densità demografica, la densità culturale e la densità sociale. Le società complesse si distinguono da quelle tradizionali non solo per la densità demografica, ma anche per l’alto numero di ruoli che l’individuo può assumere e la struttura meno rigida, o apparentemente meno rigida, dei ruoli. Le relazioni, ma soprattutto la loro definizione, è più difficile da ritrovare in ambito urbano, perché i 28 J. C. M itchell, Social Networks, in Annual Review of Anthropology, n.3, Annual Reviews, Palo Alto, Californ ia, 1974. In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, cit. p.9. 29 A. Southall, The Density of Role-Relationships as a Universal Index of Urbanization, in Urban Anthropology, 1973. In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, cit. p. 9. 26 ruoli sembrano disperdersi. Secondo Agier 30 , alla base delle reti c’è la cooperazione, esiste una base naturale della rete caratterizzata dall’età, dal sesso, dall’approvvigionamento, quello che bisogna fare è relazionarla con altri elementi della rete. Secondo lo studioso, ciò che fa comporre le reti sono un insieme di valori e regole condivise socialmente, che permettono il funzionamento della società. Un esempio pratico delle sue teorie è rappresentato in una delle sue ricerche svolte in Brasile 31 nella città di Salvador, nel quartiere Liberdade. Agier in questo caso scelse di seguire una rete femminile e una maschile per capire la gestione degli spazi, dei ruoli e delle regole da parte dei suoi abitanti, regolati in base al sesso, alla fascia d’età e alla fascia di reddito. La sua idea era ed è, che ci fosse un collegamento tra il tipo di legame sociale, la funzione e il contenuto morale delle reti. Una conclusione importante fu restituire la dimensione domestica alla ricerca antropologica della città. Perché le donne del quartiere avevano piena gestione degli spazi interni, era sotto il loro controllo la casa, ma l’esterno era spazio degli uomini. Anche Ulf Hannerz32 seguiva questa dicotomia, aveva stilato una classifica dei cinque ruoli assunti dai cittadini: casa e parentela, approvvigionamento, tempo libero, relazioni con il vicinato e traffico. Secondo Hannerz il secondo rappresentava ciò che la città era realmente. Avvicinandosi forse in qualche modo all’idea di Castells 33 della città come luogo del consumo per eccellenza. Un altro esempio, tra i primi a volersi distanziare dal paradigma città-campagna, sarà quello di John Gulick 34 , svolgendo uno studio molto interessante che si basava sulla percezione del vivere in ambiente urbano, da parte dei propri abitanti di alcuni centri 30 M. Agier, Antropologia da cidade. Lugares, situações, movimentos (p. 79), cit. p 8. 31 M. Agier, La sagesse de l’ethnologue, L’CEil neuf, Paris, 2004. 32 U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, cit. p.9. 33 M. Castells, La question urbaine, Maspero, Paris, 1972 (ed. it. La questione urbana, Marsilio, Padova, 1974). 34 J. Gulick, Urban Domains: Enviroment that Defy Close Definition , in I. Press, M. E., Smith, Urban Place and Process, Readings in the Anthropology of Cities, Macmillan Publishing, New York, 1980. In A. M. Sobrero, Antropologia della città, cit. p.7. 27 urbani di grandezze variabili. Questo per dimostrare che ci sono delle caratteristiche della città che vanno al di là della semplice opposizione con la campagna, che non seguono i parametri che pensiamo caratteristici della città, come la grandezza o il tasso demografico. Per i loro abitanti invece, ciò che caratterizzava la città era il ruolo di mediatrice che essa deteneva per le entità territoriali e istituzionali circostanti, e di conseguenza anche la costante presenza di persone nuove. Questo rappresenta un passo per una nuova interpretazione delle società complesse e urbane, senza più necessariamente opporle alla campagna e alla dimensione rurale. La Network Analysis rappresenta certamente uno dei metodi più concreti per iniziare uno studio sulla città, ma ne mostra anche i limiti. Applicato alle società complesse, se pretende di essere uno studio esauriente che copre vaste zone, se non l’intero ambito urbano, diventa troppo dispendioso, forse impossibile da realizzare. Inoltre deve ricorrere all’utilizzo di metodi appartenenti ad altre discipline, come la sociologia o la statistica per essere in grado di relazionarsi ad un territorio molto vasto e stratificato, ma questo rischia di impoverire la ricerca qualitativa. Hannerz defnirà la città come “la rete delle reti” per evidenziarne la stratificazione. Tra i primi a lamentare i problemi di questo approccio teorico vi sarà Anthony Leeds 35 , fautore invece di un altro metodo di ricerca, l’“Interactional Approach”, la sua critica consisterà nel sottolineare come la morfologia del metodo ha sovrastato il contenuto della ricerca, mettendolo in secondo p iano rispetto alla costruzione di schemi che riproducevano le reti sociali. Leeds propone invece di guardare alla città come ad una componente dell’intera società, componente socio-economica che ne garantisce l’organizzazione. In questo caso le linee che vengono rilevate non sono interne alla città, ma tra la città e il resto della società. L’obiettivo era liberarsi della nozione di comunità e allargare il campo di ricerca. L’interactional approach non faceva altro che studiare le modalità interattive attraverso le quali l’uomo riesce ad adattarsi al suo ambiente e la sua relazione con la società più in generale. Sobrero nel 35 A. Leeds, The Anthropology of cities: Some Methodological Issues, in Urban Anthropology, a cura di E. M. Eddy, Southern Anthropological Society Proceedings, n.2, Athens, University of Georgia Press, 1968. In U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, cit. p.9. 28 suo libro 36 , affianca questo tipo di approccio alla Scuola Ecologica di Chicago e agli studi sulle società complesse non prettamente urbane. La terza prospettiva che si delinea sarà quella del “Ghetto Approach”, cioè l’interesse mostrato da alcuni studiosi nei confronti delle minoranze e della povertà, di cui farà parte anche Ulf Hannerz. L’interesse, in questo caso, è rappresentato da alcuni gruppi sociali piuttosto che dalla città in se stessa. Per questo motivo nacquero diverse definizioni degli indirizzi di studio, esistevano antropologie delle città, delle società complesse o nelle città, come in quest’ultimo caso. La critica più importante a quest’ultimo tipo di approccio, sta nel pensare che nell’ambiente urbano si possano ritrovare delle aree definite come comunità e come approccio metodologico di studio usare quello utilizzato nelle società tradizionali. 1.5 Lo studio della città nell’antropologia interpretativa L’antropologia interpretativa nasce alla fine del 1960, in un’epoca che viene già definita post-moderna, epoca in cui le città hanno subito dei notevoli cambiamenti rispetto ai primi studi di sociologia e antropologia urbana. Quest’ultima è fautrice di un cambio di prospettive nella ricerca etnografica, le culture non si osservano passivamente, né se ne possono fare descrizioni neutre, si danno invece delle interpretazioni, derivate dal nostro stare sul campo che è contemporaneo allo stare sul campo dei nostri interlocutori. Partendo da questo presupposto il campo diventa il luogo di incontro tra gli aspetti soggettivi e oggettivi, tra l’interpretazione dell’antropologo e quella dei nativi. L’intento è quello di avere più punti di vista, non solo quello dell’etnografo. Si affievolisce forse in parte quella figura autoritaria dell’etnografo che è lì in quel momento, unico spettatore e partecipante di quella specifica esperienza. Clifford Geertz37 , che verrà identificato come il padre dell’antropologia interpretativa, mette in discussione questa “libertà” che l’etnografo si era preso, cercando di restituire la voce al nativo. Questa prospettiva avrà il merito di riportare l’etnografia alla dimensione del viaggio, dell’esperienza sul campo che 36 A. M. Sobrero, Antropologia della città (p. 123), cit. p 7. 37 C. Geertz, “Interpretazione di culture”, Il Mulino, Bologna, 1987 (p rima ed. 1973). 29 negli ultimi anni era stata considerata come un buon laboratorio, ma non come una esperienza fondamentale. Questa è una delle principali critiche che viene rivolta allo strutturalismo, il campo invece è fondamentale per costruire interpretazioni. Una seconda critica importante che gli antropologi interpretativi rivolgono agli antropologi strutturalisti, è di aver pensato che la struttura sociale precedesse la cultura e che potessero essere considerate separatamente l’una dall’altra. Mentre sono parte di uno stesso sistema, non possono essere disgiunte. Nell’approccio rivolto alla città, gli antropologi interpretativi, criticano l’utilizzo degli stessi metodi di ricerca sia in campagna che in città e della necessità di abbandonare la nozione di comunità come metro di paragone o di analisi in ambiente urbano. Questo per il fatto che si andava a concepire in questo modo la città come una cultura compatta, mentre in realtà sfuggiva a questa definizione. Il carattere di profonda eterogeneità dell’ambiente urbano, come già accennato in precedenza, porterà molti problemi alla ricerca etnografica, abituata a realtà più piccole. Ma il nuovo stimolo che l’antropologia urbana porterà con sé, rivolgendosi a un “noi” ancora poco esplorato, porterà a dei nuovi punti di vista. In alcuni casi le caratteristiche dell’ambiente urbano porteranno anche ad un “perdersi” della disciplina. Come nel caso degli “iperinterpretativisti” 38 , come vengono definiti da Geertz, per i quali la scrittura etnografica non è in grado di dare una testimonianza esaustiva dell’esperienza sul campo, viene così affidata totalmente all’interlocutore. Viene definita come una “antropologia ad immersione”, dove c’è totale immedesimazione tra interlocutore e antropologo, dove però viene messa in discussione l’antropologia come scienza e c’è il rischio di perdere il senso della propria ricerca, o di riportare solo la dimensione del singolo interlocutore. Una critica che fa Sobrero 39 a riguardo è che sia per lo strutturalismo che per gli antropologi iperinterpretativi vi è la riduzione dell’oggetto di ricerca al metodo. Geertz invece vede nella ricerca sul campo un continuo scambio tra interlocutore e 38 A questo proposito fare riferimento ai testi di: V. Crapanzano, K. Dwyer, P. Rabinow, J. Cliffo rd, G. Marcus. 39 A. M. Sobrero, Antropologia della città (p. 216), cit. p. 7. 30 ricercatore, soggettivo e oggettivo. La città però si presta molto bene all’iperinterpretazione, primo perché è un campo molto difficile da affrontare senza che ci siano dei metodi certi da seguire; secondo perché il suo essere eterogenea, stratifica, le sue innumerevoli storie, realtà, origini, portano la città ad essere facilmente evocata piuttosto che interpretata. Si passa in questo modo dal descrivere e interpretare la città, all’evocazione delle sue immagini. Una ricerca particolarmente interessante, svolta da Kevin Lynch nel 1960, “Image of the city”40 , si avvicina molto a questa capacità della città di essere evocata e inoltre fa riferimento a quella corrente di studi che percepisce la città come frammentata, divisa in aree, che sarà molto diffusa negli ultimi anni. In questa ricerca la città viene fatta raccontare dai suoi abitanti, attraverso le loro esperienze di vita, vengono ricostruite così una serie di città che differiscono dalla sua mappa ufficiale, ma che rispecchiano i percorsi, le relazioni, le percezioni soggettive della città, le cosiddette “mental maps”. L’importanza di questo studio, oltre che nel dare voce agli interlocutori, sta nel dare spazio a delle interpretazioni, vengono messe in evidenza delle regolarità nelle descrizioni dei soggetti che non si pensava di trovare in uno spazio così eterogeneo. Sarà infatti un metodo che ispirerà diversi studi. Questo ci fa capire che si possono trovare delle metodologie che riescono in un certo senso a catturare le caratteristiche intrinseche della città, cioè l’evanescenza, l’indefinito, la differenza, aspetto quest’ultimo più difficile da ritrovare in ambito urbano, in quanto spesso sembra apparirci come uno spazio uniforme. C’è la necessità di trovare dei metodi per semplificare, per andare oltre questa barriera e riportare ad un universo comprensibile le dinamiche interne alle città. Di sicuro non si possono dare definizioni universalistiche di città, né ormai si possono fissare dei confini certi all’ambiente urbano. Di sicuro però possiamo dare un taglio al tipo di approccio che avrà la nostra ricerca, diversi canali con cui leggere la città. C i saranno diversi esempi a riguardo, come gli studi sulle etnicità, sui sincretismi religiosi, sui nuovi mezzi di comunicazione, sulle nuove emigrazioni, sulle recenti forme di razzismo o sui confini porosi delle città e dei suoi abitanti. 40 K. Lynch, Image of the city, Mit Press, Cambridge, 1960 (trad. It. L’immagine della città, Marsilio, Padova, 1964). In A. M . Sobrero, Antropologia della città, cit. p. 7. 31 Una critica tutta brasiliana all’antropologia inte rpretativa In questa sede vorrei fare un piccolo accenno ad un articolo scritto dall’antropologo brasiliano Roberto Da Matta 41 . Si tratta di una critica nei confronti di alcuni aspetti della prospettiva interpretativa. Secondo Da Matta i problemi principali, come accennavamo anche prima, sono il rischio che corre l’antropologia interpretativa, di perdersi in argomenti astratti e di ridurre i problemi antropologici alla ricerca sul campo, senza fornirne un contesto storico e teorico. Da Matta è come se ci dicesse che l’antropologia degli ultimi decenni è andata da un estremo all’altro, dai funzionalisti che perdevano l’oggetto di ricerca nel metodo, trascurando la ricerca sul campo, all’antropologia interpretativa che rischia d i farci vedere solo quello, perdendo a volte la sua collocazione più concreta. È come se ci dicesse che bisogna trovare il giusto equilibrio. L’altro aspetto molto importante della critica di Da Matta è riconsegnare il contesto di origine alla teoria interpretativa. Seconda lui deve essere compresa leggendola all’interno del suo contesto, che è caratterizzato dal mondo accademico nordamericano che mostra determinate caratteristiche: ha molti compartimenti al suo interno, ha una grande sicurezza politica e istituzionale, e ha la convinzione che il mondo stia subendo un mutamento verso l’individualismo. Per Da Matta è lo stesso panorama accademico americano ad essere caratterizzato da questo individualismo egualitario e cosmopolita. Il problema è l’utilizzo di questa teoria al di fuori del suo contesto accademico, come in Brasile ad esempio, dove gli antropologi hanno bene o male lavorato quasi sempre in contesti politici autoritari e facendo nella maggior parte dei casi una antropologia interessata al proprio paese. Secondo Da Matta, servirebbe una critica dialogica tra gli studiosi della stessa disciplina, per non creare quello che lui definisce un “monologo autoritario”, una teoria universalistica ma, un “dialogo polisemico”. Lui evidenzia quello che definisce l’individualismo accademico degli studi americani anche nell’utilizzo della prima persona singolare nella stesura dei testi etnografici, mentre negli studi classici brasiliani veniva usato un “noi” che denotava, all’interno del contesto brasiliano, una 41 R. Da Matta, Alcune notazioni preconcette sull’antropologia interpretativa: un punto di vista dal Brasile, in L’antropologia culturale oggi, a cura di Robert Boro wsy, Meltemi Gli Argonauti, Ro ma, 2004 (p rima ed. 1994). 32 certa autorità ma anche umiltà. Lui volle rompere questo schema e provare ad utilizzare un “io” che rappresentava un ricercatore fragile, ma concreto, presente sul campo e nell’osservazione. Con questo Da Matta vuole farci capire che alcuni aspetti possono sembrare ortodossi agli americani, ma magari sembrare liberatori per i brasiliani o in antropologie meno individualiste. Per Da Matta sono proprio l’autorità e la fragilità a caratterizzare il discorso antropologico. Infatti un’altra critica che rivolge agli antropologi interpretativi è quella di non ragionare più sul ruolo dell’antropologo nella scrittura, dimenticando l’importanza di essere dei testimoni, adottando solo una forma di trascrizione dialogica. Fare ricerca nel proprio contesto sociale porta sicuramente a dei problemi, quelle che al di fuori del nostro paese sono interpretazioni, all’interno rischiano di diventare opinioni, e questo è sicuramente un punto debole dell’antropologia brasiliana, dove c’è molto sospetto nei confronti delle autorità e nell’applicazione della legge, si rischia così di produrre delle polemiche. Ma bisogna impegnarsi a fare uno sforzo oggettivo in più per poter fare una critica profonda del proprio ambiente, per denaturalizzarlo e ricostruirlo interpretandolo. Il punto importante che sottolinea DaMatta è che bisogna valutare l’antropologia considerando anche quest’ultima come legata al suo essere “carne ed ossa”, legata cioè ad un preciso contesto culturale, storico, nazionale. Potrebbe essere un buon punto di partenza per una antropologia del “noi”. 1.6 Nuove prospettive Ciò che caratterizza i più recenti approcci dell’antropologia urbana, è sicuramente una certa frammentazione, sia per le scelte delle argomentazioni da trattare che per la mancanza di una teoria di base comune a tutti gli studiosi. Con questo non si vuole affermare che non possa essere l’approccio giusto, forse si tratta, almeno per il momento, della giusta strada da intraprendere. Forse sarà ciò che porterà ad adottare un approccio interdisciplinare. La città si presenta ai nostri occhi come un campo immenso, molto stratificato, mutevole. La ricerca di una interdisciplinarietà o condurre dei lavori in equipe potrebbe essere una nuova strada in grado di mostrare i diversi punti di vista stimolati da un campo così grande. Una delle antropologhe che 33 porta avanti questa teoria è sicuramente Amalia Signorelli 42 . È interessante la definizione che dà dell’oggetto di studio dell’antropologia urbana contemporanea: “..fare antropologia urbana significa esplorare le relazioni con i luoghi, di soggetti sociali che sono spesso localizzati simultaneamente qui e altrove, presenti con il corpo e con l’immaginazione in più luoghi, abitanti di più territori al tempo stesso concreti e immaginari. Non credo si debba parlare di non-luoghi. Piuttosto sono luoghi la cui soggettivazione, la cui dimensione storica e identitaria vengono costruite oggi da soggetti individuali e collettivi in modi inediti e in gran parte, ritengo, ancora da capire. Forse oggetto dell’antropologia urbana sono oggi coloro, soggetti sociali individuali e collettivi, che nella globalizzazione riescono a ricollocarsi, a rifondare luoghi. Se del caso, anche luoghi virtuali. È da questi luoghi “post-globali” che l’analisi antropologica urbana può, in un certo senso, deve ripartire.”43 Amalia Signorelli e l’urbanista Costanza Caniglia Rispoli, credono che sia necessario l’incontro tra le due discipline, che spesso si ritrovano a condividere il campo nello stesso momento, per riuscire a condurre una ricerca interdisc iplinare. Questo permetterebbe di trovare un incontro e di analizzare gli ipotetici etnocentrismi di ogni disciplina per riuscire, superandoli, a creare un lavoro più completo. Questa, è una tendenza che si evince anche dal manuale pubblicato da Paolo Barberi44 , dove i ricercatori che partecipano alla stesura del testo hanno seguito differenti percorsi formativi. Forse manca un’impostazione teorica di base, una corrente di studi a cui affidarsi, ma c’è l’idea comune di guardare alla città come inserita nei processi di globalizzazione che attraversano, ormai da diversi anni, il 42 R. C. Caniglia, A. Signorelli, La ricerca interdisciplinare tra antropologia urbana e urbanistica. Seminario sperimentale di formazione, Edizioni Angelo Guerin i, M ilano, 2008. 43 44 Ivi, p. 29, 85. P. Barberi, È successo qualcosa alla città. Manuale di antropologia urbana , Donzelli Ed itore, Ro ma, 2010. 34 pianeta. L’idea è che la città sia attraversata da diversi gruppi sociali che si affrontano tra loro per definire i propri confini, una lotta che dovrebbe portare alla definizione di una propria identità 45 . Non si distanzia molto dalla visione della Signorelli. C’è quindi una forte mobilità, una diversa gestione degli spazi, spazi che non possono più essere letti come determinati da confini stabili, da popolazioni legate ad una determinata cultura, ma spazi mutevoli, spazi per cui si lotta, spazi nascosti e altri ben osservabili. Si vede una rinascita della lotta per la propria identità nazionale, soprattutto quando i confini del proprio Stato, più a livello culturale che territoriale, prendono una consistenza evanescente. Sembra che entri in gioco una certa tensione per il mantenimento della propria identità, ciò che ci fa essere diversi dagli altri. Per questo motivo non è del tutto vero che la globalizzazione sta livellando le culture su base unica, sta anche stimolando delle reazioni inverse che possono essere molto interessanti, ma spesso anche molto pericolose, come vedremo nelle prospettive che rientrano nell’antropologia della violenza. Come afferma Appadurai 46 , ciò che caratterizza le società contemporanee è la velocità, velocità con cui l’individuo e la società stessa possono cambiare i propri ruoli, attraverso la costruzione di variabili indipendenti ognuno può costruire il proprio mondo. Città fluide. Città definite post- metropoli. Il punto di partenza secondo Barberi è la ricerca dal basso, capire come la dimensione globale viene tradotta dai differenti gruppi attraverso le pratiche in ambito urbano. Si formano in questo modo diversi modelli per leggere la città. Barberi ne fornisce una schematizzazione. Si inizia negli anni ottanta con la “città mondo” formulata da John Friedman e Goez Wolff 47 , per i quali le città mondo sono manifestazioni del controllo esercitato dal capitale transnazionale che ha tracciato, con il suo muoversi nello spazio, una serie di mercati e unità di produzione connessi tra loro. Le città 45 Ivi, in Itroduzione, p. X. 46 A. Appadurai, Modernità in polvere, Meltemi, Ro ma, 2001. 47 J. Fried man, G. Wolff, World City Formations: An Agend for Research and Action”, in International Journal of Urban and Regional Research , n.6, 1982. In P. Barberi, È successo qualcosa alla città. Manuale di antropologia urbana (p. 20), cit. p. 34. 35 mondo vanno così a formare una gerarchia spaziale. Su questa scia, Saskia Sassen48 , conia la definizione di “città globali”, queste ultime sono il luogo strategico dei settori più importanti dell’economia mondiale, ma anche dei lavoratori svantaggiati. La globalizzazione e i processi produttivi di accumulazione del capitale che ne derivano, hanno come scenario degli spazi nazionali in frantumi 49 , portando in questo modo alla creazione di identità transnazionali migranti. Di sicuro le ide ntità locali non spariscono, ma si ”ri-territorializzano” con nuove dinamiche identitarie, un’identità e una cittadinanza migranti. Un altro aspetto che viene sottolineato da diversi autori, molto importante per affrontare gli scenari contemporanei, è che alcune città stanno superando i loro confini, inglobando le aree circostanti e andando a creare enormi centri urbani. Queste vengono definite come “megalopoli” o “cittàregione-globale”, secondo la definizione di Allen J. Scott 50 . L’obiettivo è spesso programmato, in modo tale da dar vita a delle coalizioni che risultino così più forti sul territorio. Già nominati in precedenza e di grande importanza sono invece gli studi di Manuel Castells 51 sulle nuove tecnologie diffuse negli ultimi anni e che secondo lui costituiscono il veicolo del capitalismo globale. Le nuove “megacittà” dei paesi in via di sviluppo rappresentano così, i nodi dell’economia globale. Ci troviamo in un sistema di città globali collegate l’una all’altra, gli spazi sono frammentati, come anche l’informazione. Dove i canali sono le reti, spazi fluidi dove si devono riorganizzare le pratiche sociali, senza più contare su di una concreta corrispondenza spaziale. Un ultimo indirizzo di studi dà invece un taglio diverso allo sguardo sulla città, osserva un fenomeno piuttosto recente che si sta verificando all’interno delle città 48 S. Sassen, Città globali: New York, Londra, Tokio, Utet, Torino, 1997. In P. Barberi, È successo qualcosa alla città. Manuale di antropologia urbana (p. 23),cit. p. 36. 49 50 S. Sassen, Le città nell’economia globale, il Mulino, Bologna, 1997. A. J. Scott, Globalization and the Rise of City-regions, in N. Brenner, R. Keil, The Reader, Routledge, London, 2006. In P. Barberi, È successo qualcosa alla città. Manuale di antropologia urbana (p.29), cit. p. 34. 51 M. Castells, La nascita della società in rete, Università Bocconi Ed itore, M ilano, 2002. 36 stesse, la nascita delle cosiddette “città informali”, definite tali perché considerate come città nelle città che sfuggono alle regole “formali” dello Stato in questione. Si tratta di tutte quelle forme di organizzazione, di adattamento da parte di quei gruppi sociali “emarginati” dal sistema economico-politico locale, che trovano metodi alternativi e creativi di sopravvivenza all’interno dello spazio urbano. Si occupano così le nicchie oscure, gli spazi vuoti dello Stato, dove il suo sguardo ancora non arriva, oppure è già arrivato chiudendo un occhio, luoghi per individui la cui esistenza non è riconosciuta, anzi è spinta ai margini della partecipazione sociale e politica. Realmente si può affermare ormai da tempo, sulla base di diversi studi, che vengono seguite delle regole e delle logiche proprie in questi processi, non sono quelle ufficiali e riconosciute dalla Stato, ma se si vive in uno slum, o riferendomi alla mia ricerca, in una favela, ci sono delle regole chiare da seguire, che ne favoriscono il mantenimento interno. Sappiamo bene che non possiamo più considerare questo tipo di insediamento urbano come una categoria omogenea, senza una dinamicità e eterogeneità interna, come sappiamo che parlare delle favelas brasiliane non è la stessa cosa di parlare degli slums di Nairobi o dell’India, o delle banlieues francesi. Come nel contesto latino americano no n è lo stesso parlare di favelas e di villasmiserias e di barriadas, anche se in questo caso possiamo trovare degli aspetti comuni. Non dobbiamo amalgamare queste realtà, non singolarmente pensandole come un’unica cultura della povertà né tra di loro pensandole come un fenomeno che si sviluppa in ogni luogo in modo identico. Alcuni aspetti possono essere condivisi, come ad esempio un certo livello di povertà che non permette alle persone che vi abitano di accedere ad altre aree del suolo urbano, un certo livello di stigmatizzazione che porta all’esclusione sociale e politica, ma come sono nate, cresciute, sviluppate bisogna analizzarlo singolarmente. In questa sede mi occuperò, nello specifico, delle favelas brasiliane, anch’esse molto diverse tra loro, e dalla situazione dell’America Latina in generale. A questo proposito è interessante analizzare alcuni approcci teorici nei confronti degli slums 52 sviluppati da studiosi di antropologia ambientale ed economica. Il primo ha sviluppato l’idea di applicare lo 52 Utilizzerò il termine “slu ms” quando farò riferimento a ricerche che non si sono rivolte nello specifico alle favelas. 37 stesso approccio scientifico usato negli studi dei sistemi ambientali e animali, anche alle popolazioni umane. Aggiungendo quindi qualcosa in più agli studi sulla socialità, relazionando la popolazione umana al contesto ambientale che le appartiene e alle risorse di cui può disporre, non studiando in questo modo solamente le relazioni sociali. Anche lo slum, secondo questa prospettiva, può essere descritto come un sistema socioambientale. Intendendo per sistema una “complessità organizzata”53 , dove gli elementi sono collegati tra loro in modo funzionale, non sommati, e capaci di autoregolarsi. Per cui, le variabili culturali, vengono analizzate considerando anche quelle ambientali e le loro interrelazioni. Si osserva, in questo modo, come una popolazione sfrutta l’ambiente per la propria sopravvivenza. Secondo la legge della conservazione dell’energia, per mantenere uno stato di equilibrio nel proprio ambiente, l’energia che viene utilizzata deve uguagliare l’energia che viene acquisita. Questo varrebbe quindi a nche per le popolazioni umane, con delle varianti. Infatti una popolazione umana, per sopravvivere, dovrà produrre la massima energia con il minimo costo, adattandosi così nel modo migliore all’ambiente in cui si trova, garantendosi la sopravvivenza. In realtà il singolo individuo dovrà produrre sempre una quantità maggiore di energia rispetto alla fatica che sopporterà, in modo da essere in grado di garantirsi la riproduzione, avendo abbastanza energia prodotta anche per il sostentamento della famiglia. Nel caso degli slums c’è sicuramente un adattamento creativo all’ambiente occupato, solitamente, escludendo le seconde e le terze generazioni, non si tratta di quello di origine, considerando che in buona parte sono persone che migrano. L’equilibrio che si viene a creare ha un carattere mutevole e a volte, probabilmente ai nostri occhi, instabile, anche se caratterizzato da regole interne che ne permettono la conservazione. Ma intrinsecamente ha una matrice mutevole. Le case vengono montate e smontate da una settimana all’altra dai propri abitanti, l’aspetto estetico non smette mai di cambiare, la casa non è mai finita davvero, il proprio spazio è gestibile come si preferisce. Instabile è molto spesso anche il lavoro. In questo caso l’energia che viene spesa non porta al massimo guadagno, spesso per raggiungere il posto di 53 M. Pavanello, Sistemi Umani, CISU, Ro ma, 1992. Riferimento al volu me d i L. von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi, Isedi, Milano, 1971. 38 lavoro ci vogliono ore e il salario non basta per mantenere l’intera famiglia. Inoltre, come vedremo nel corso dei prossimi capitoli per il caso di São Paulo, molto spesso saranno proprio i progetti delle diverse Amministrazioni comunali a portare diversi cambiamenti. Per cui potremmo parlare di un equilibrio mutevole. Osservando ad esempio popolazioni che vivono grazie ad una agricoltura di sussistenza, sappiamo che il loro sostentamento, nella maggior parte dei casi, proviene da una distanza piuttosto esigua. Studiando invece società complesse, sappiamo bene che c’è una grande distanza tra ciò che si mangia e il luogo in cui viene prodotto. Infatti in questo caso, come per lo slum, si andranno a vedere le strategie di sopravvivenza adottate attraverso l’approvvigionamento economico dalla sua popolazione. La favela è definita, oltre che un insediamento irregolare/informale 54 , anche facente parte di un’”economia informale”. Termine molto spesso ambiguo, nel quale si fanno rientrare tutte quelle attività che non sono regolamentate dalle leggi dello Stato. Uno Stato che probabilmente fatica ad essere presente sul suo intero territorio, creando dei vuoti istituzionali che permettono il crearsi di forme alternative di sussistenza. Andando però avanti nell’analisi delle teorie economiche, vedremo quanto le prospettive a riguardo possano cambiare. Si può dire che i fattori imputabili alla nascita delle favelas possono essere diversi, partendo dal sistema istituzionale poco adeguato, ad un processo di marginalizzazione attuato dallo stesso Stato, fino ad arrivare a concepire il sistema economico stesso come tarato alla creazione di questa parte di economia informale. Sicuramente la domanda fondamentale da porsi per avere delle risposte a riguardo, è perché e come nascono queste aree nel tessuto urbano. Ma procediamo per ordine. Le attività che vengono svolte dagli abitanti delle favelas, normalmente, vengono fatte rientrare nel settore secondario e terziario. Nella maggior parte si tratta di servizi domestici, edilizia, come anche la gestione di esercizi commerciali all’interno della stessa favela. Secondo K. Hart, che utilizza il termine “economia informale” per la prima volta nei suoi studi in Ghana, quest’ultima rappresenta una rivoluzione invisibile che si sta attuando nel terzo 54 Nel prossimo capitolo saranno ripercorse le tappe delle politiche abitative sostenute dai diversi Govern i dello Stato di São Paulo, in modo da delinearne una prospettiva storica utile per trarre delle conclusioni sull’orig ine della formazione delle favelas. 39 mondo. Distaccandoci dal suo lato forse un po’ troppo di carattere utopico, riconosciamo sicuramente che si tratta di forme creative, immaginative, di adattamento al proprio ambiente. Seguendo in questo caso la definizione che ne dà Appadurai 55 , dividendo cioè la fantasia, caratterizzata da un pensiero separato dai progetti e dalle azioni, dall’immaginazione che invece, soprattutto quando collettiva, è palestra e stimolo per l’azione. Intendendo per “azione” la traduzione di “agency”, cioè negando un ruolo passivo dell’individuo in balia delle società, ma riconsegnandogli la capacità di azione individuale. Non bisogna però allineare i due aspetti, cioè eguagliare la favela con il lavoro informale perché ci sono molte sfumature, ci possono essere molte persone che svolgono un lavoro “formale”, non abbastanza retribuito però per affrontare gli standard del mercato immobiliare, il quale effettua una delimitazione marcata attraverso la gestione dei prezzi e investendo nell’edilizia per le fasce di livello economico medio alte. Secondo la teoria neofunzionalista, le popolazioni adottano degli specifici processi di adattamento funzionale che gli permettono di sfruttare al meglio gli ambienti in cui vivono, senza distruggerne l’equilibrio ambientale. Su questo aspetto siamo pienamente d’accordo, soprattutto nel non considerare l’ambiente e la sua popolazione come due entità separate, ma funzionali l’una all’altra come all’interno di un unico sistema. Ma dall’altro lato sappiamo anche che non sempre si creano degli equilibri perfetti, non sempre l’ambiente che si abita è considerato come il proprio, né come il più adatto. Questo capita in alcuni casi nelle favelas, dove c’è sì un equilibrio interno, ma vengono creati anche dei disequilibri, che possono essere sia ambientali che sociali. Il problema di questa teoria è che non vengono considerati i conflitti e le relazioni sociali. Per quanto riguarda gli studi sugli slums, in qualsiasi tipo di analisi, non si può evitare di inserire una variabile che faccia riferimento alla marginalità sociale. Approfondiremo in seguito questo aspetto in relazione all’America Latina. L’antropologia economica marxista invece, parte dal presupposto che produzione e riproduzione della vita materiale determinano le condizioni del processo sociale, 55 A. Appadurai, Modernità in polvere (p. 22), cit. p. 35. 40 politico e spirituale 56 . Seguendo una prospettiva strutturalista, Lúcio Kowarick57 , afferma che svolgendo degli studi sulle favelas, non è possibile condurre un’analisi che non prenda in considerazione le relazioni di produzione, dalla quale è possibile formulare la teoria della marginalità. Lo studio deve partire dal sistema di accumulazione capitalista. I processi economici, in questo caso, vengono ritenuti come le cause essenziali del processo di marginalizzazione di una parte della popolazione. La marginalità, secondo questa teoria, viene considerata un modo per inserirsi nella struttura di produzione e deve essere analizzata sul piano delle relazioni sociali, considerandola facente parte del sistema sociale e non come unità di analisi separata. Il capitalismo classico, originò dei meccanismi che portarono ad una forma di marginalità, soprattutto nei casi di disoccupazione. In America Latina ha portato a delle conseguenze differenti. L’industrializzazione, avvenuta in particolar modo in alcuni centri urbani, non è andata di pari passo con la crescita demografica, non riuscendo a soddisfare così la richiesta di lavoro salariato (definito come settore “nuovo”) e producendo una parte di lavoratori che non riuscirono ad accedervi e che si inserirono nel settore terziario (alcune delle sue attività sono definite “arcaiche”). Significa che c’è la presenza di un mercato del lavoro restrittivo che genera poca offerta nel settore industriale e disorganizza le attività economiche preesistenti. La teoria portata avanti da Kowarick 58 , è che questo processo sia parte integrante del sistema di produzione dello stesso capitalismo. Non esisterebbero attività arcaiche e marginali o moderne/nuove, ma si tratterebbe di una unica logica strutturale capitalista, che allo stesso tempo genera e mantiene delle forme di divisione sociale del lavoro non tipicamente capitaliste, ma che in realtà sono sua parte integrante nel processo di accumulazione e delle quali si alimenta. Kowarick relaziona questa teoria al capitalismo dipendente dell’America Latina, che ha visto la sua nascita con il dominio europeo, ma per ora ci basti nominarlo, lo approfondiremo nel prossimo 56 M. Pavanello, Sistemi Umani, cit. p. 38. 57 L. Ko warick, Capitalismo e Marginalidade na América Latina, Editora Paz e Terra, Rio de Janeiro, 1975. 58 Vedi anche Castells. 41 capitolo. La teoria della marginalità ha l’aspetto positivo da un lato, di sfatare alcuni stereotipi sulle favelas, come l’idea che la colpa di un certo livello di povertà sia dei poveri stessi, o che il lavoro “informale” non sia in alcun modo legato a quello “formale”, ma dall’altro incorpora il rischio di portare ad altri stereotipi. Come il nascondere dietro una categoria (marginale) un insieme molto vasto di situazioni sociali, per cui seguendo questa teoria le favelas e i suoi abitanti non parteciperebbero alla vita sociale, quando invece attraverso un’analisi approfondita sappiamo che non è esattamente così. Ad ogni modo, grazie a questo punto di vista, possiamo definire la favela come una unità di produzione e di consumo, facente parte del sistema economico tipicamente capitalista 59 , funzionale al suo stesso sistema di accumulazione. Il ruolo dello Stato, per quanto riguarda in modo particolare il Brasile, è stato interpretato in diversi modi. Si è passati dal vederlo come causa della povertà urbana, dovuta al poco interesse nel formulare delle risoluzioni al problema, al considerarlo come indifferente alle questioni abitative. Fino a definire questa indifferenza come una mancanza di controllo sul proprio territorio. S i è poi pensato che lo Stato attuasse una sorta di silenzio/assenso, cioè che non intervenisse con delle soluzioni che risolvessero davvero il problema abitativo, perché sapeva che non sarebbe stato in grado di farlo. In ogni caso si andava ad acuire la visione di queste persone come marginali. Questi aspetti andremo ad analizzarli in modo più approfondito nel prossimo capitolo. Un’altra prospettiva, che può dare un punto di vista interessante per lo studio delle favelas, è sicuramente quella dell’antropologia della violenza. In questo contesto è interessante sottolineare l’approccio di Nancy Scheper-Hughes 60 la quale, all’interno degli studi che ha condotto sui genocidi, riconosce l’esistenza di “un continuum genocida”, fatto di un’infinità di piccole guerre e genocidi invisibili condotti negli spazi sociali normativi, intendendo con questa definizione le scuole pubbliche, gli 59 60 A riguardo vedere anche Portes, Trichero. N. Scheper-Hughes, Questioni di coscienza. Antropologia e genocidio, in F. Dei, Antropologia della violenza, Meltemi Editore, Ro ma, 2005. (Edizione non tradotta, N. Scheper-Hughes, Coming to our senses: anthropology and genocide, in A. L. Hilton, Annihilating difference. The anthropology of genocide, University of California Press, 2002). 42 ospedali, i tribunali, gli obitori, le prigioni ecc. Seguendo la teoria sulla violenza di Pierre Bourdieu, che affermava la presenza di forme di violenza quotidiana all’interno delle pratiche comuni, considerate “normali”, quali l’architettura delle case, le relazioni di genere, le attività delle comunità, ci si ritrova a dover rivalutare il concetto di violenza, restituendogli una dimensione microsociale. L’utilizzo del termine “genocidio” non implica sicuramente l’equiparazione con i genocidi storici, ma ci porta a considerare un lato nascosto della violenza. Quel lato composto dalla capacità umana di ridurre gli altri esseri umani allo status di non-persone, a degli oggetti, che col tempo crea dei comportamenti strutturati e giustificati nella violenza quotidiana, comportamenti come l’esclusione sociale, la disumanizzazione, la perdita di personalità, la pseudo-speciazione. Fattori che in altre situazioni rendono possibile la partecipazione ai genocidi, che normalizzano la violenza rendendola invisibile. Come scrive Fabio Dei: “..ciò che caratterizza queste e analoghe forme di violenza strutturale è da un lato il legame con le istituzioni e forme di potere volte a preservare privilegi, e dall’altro la tendenza a esercitarsi secondo le linee di una classificazione gerarchica di individui e gruppi, colpendo quelli che sono considerati in qualche modo come non pienamente umani..” 61 . Questo rappresenta sicuramente un processo che in Brasile e nei confronti degli abitanti delle favelas è avvenuto, concretizzandosi nella nascita di stereotipi che agiscono in modo invisibile nei dialoghi della vita quotidia na. Nel contesto specifico di São Paulo, sono stereotipi nati nella prima fase industriale della città, dove l’élite borghese arricchitasi con il caffè voleva mantenere degli spazi ben delimitati tra ricchi e poveri a livello urbano, dei quali facevano parte in quel periodo gli ex schiavi liberati in seguito all’abolizione della schiavitù e gli immigrati che erano, in quel periodo, soprattutto di origine europea. La marginalizzazione si muove su due assi, uno come citato sopra, formatosi con l’abolizione della schiavitù che liberalizzò il mercato del lavoro, l’altro con l’apertura alla privatizzazione della terra. In questo 61 F. Dei, Antropologia della violenza, Meltemi Ed itore, Ro ma, 2005 (p. 42), rif. a Tambiah, 1989, sul senso di pseudo-speciazione e conflitti et ici. Vedere anche Erik Erikson a riguardo. 43 modo il Brasile si apre al sistema capitalista, creando, non fin dal principio ma in seguito ad un boom demografico, una quantità di persone che non riusciva ad essere assorbita dal mercato del lavoro e dall’altro lato un mercato immobiliare e di proprietà della terra che escludeva a priori chi era al di sotto di una certa soglia di reddito. Attraverso, inizialmente, l’utilizzo del parametro medico- igienista utilizzato al quel tempo in Europa, si viene a creare il parallelo tra i poveri come portatori di malattie, di una vita insalubre, immorale e pericolosa, da spingere al di fuori delle parti centrali della città, dove il mito dell’origine nobile europea doveva essere mantenuto. Queste metafore portarono alla creazione di stereotipi indistruttibili che crearono un certo tipo di divisione spaziale e sociale precisa all’interno del contesto urbano. Se a quel tempo la discriminazione veniva fatta nei confronti di chi abitava nei “cortiços”, caseggiati di bassa qualità costruiti, anche in zone centrali della città inizialmente, per gli operai, successivamente si sposta nei confronti delle favelas e dei “favelados”. Come canta un gruppo rapper di São Paulo, i Racionais MC “o favelado pode sair da favela mas a favela não sai de dentro do favelado”62 . La sua immagine è costruita da tempo all’interno della città e questo lo porta ad essere emarginato, a non riuscire a trovare un lavoro perché discriminato, ad essere limitato negli spostamenti perché troppo lontano dal centro. Sicuramente ogni situazione deve essere poi analizzata singolarmente e collocato temporalmente, ma si tratta in ogni caso di atteggiamenti che possono far parte del concetto di Nancy Scheper-Hughes di continuum genocida. Durante i suoi studi svolti in una favela del Nord-est del Brasile, la Scheper-Hughes sottolinea inoltre l’importanza della negazione degli stessi atti di violenza, come stimolo e giustificazione della violenza stessa. La ricerca da lei svolta sull’indifferenza mostrata dalla popolazione locale nei confronti di un altissimo tasso di mortalità infantile, ha fatto emergere un sistema sociale condiviso dove la morte dei neonati era in un certo senso ricercata e giustificata con la collaborazione di Istituzioni, Chiesa, fabbricatori di bare e le stesse madri. I bambini malati, praticamente condannati, venivano descritti come non creature, ancora non formati del tutto, quasi come angeli a metà strada. La consapevolezza del non poter 62 J. Paulino, O pensamento sobre a favela em São Paulo: uma historia concisa das favelas paulistanas”, Tesi di laurea, S. Paulo, 2007. 44 nulla a causa della propria condizione di povertà ma del voler aiutare, portava a giustificare l’atto più difficile per una madre, il lasciar andare il proprio figlio senza accudirlo. Ma erano bambini-spiriti che era meglio tornassero da dove erano venuti, morti come Gesù, lo avevano fatto per lasciar vivere loro. Le responsabilità oggettive della morte di questi neonati veniva descritta come la volontà dei bambini di andarsene. Quasi come un sacrificio di fronte alle carenze e alla difficoltà di sopravvivenza esistenti. Viene camuffata in questo modo l’origine del problema, che risiede chiaramente nella marginalità sociale di una parte consistente della popolazione. Secondo la studiosa l’origine del genocidio fa parte di un continuum che spesso è conveniente a livello sociale, è a volte ricercato, percepito e giustificato. Usando le sue parole: “I primi segnali di pericolo, l’innesco o il continuum del genocidio fanno riferimento a un crescente consenso sociale nei confronti della svalutazione di alcune forme di vita umana e di stili di vita; al rifiuto di aiuti sociali e di attenzione umana per gruppi sociali vulnerabili e stigmatizzati, visti come parassiti sociali; alla militarizzazione del quotidiano; alla polarizzazione e al timore sociale (cioè la percezione del povero, dell’escluso, del declassato oppure di certi gruppi etnici o razziali come pericolosi nemici pubblici); a un senso invertito di vittimizzazione..”63 . 1.7 L’antropologia urbana in Brasile L’antropologia brasiliana ha rivestito fino ad anni più recenti, un ruolo piuttosto marginale nell’ambiente scientifico nazionale. Secondo Eunice Durham 64 , questo era 63 N. Scheper-Hughes, Questioni di coscienza. Antropologia e genocidio, in F. Dei, Antropologia della violenza, Meltemi Editore, Ro ma, 2005, cit. p. 42. 64 E. R. Durham, A pesquisa antropologica com populações urbanas: problemas e perpectivas, in A aventura antropologica. Teoria e Pesquisa, a cura di Ruth C. L.Cardoso, autori: E. R. Durham, E. Sader, M. C. Paoli, L. Fernando Dias Duarte, Ruth C. L. Cardoso, A. Zaluar, J. G. C. Magnani, G. G. Debert, Paz e Terra, S. Paulo, 2004. 45 dovuto al fatto che si era occupata fin dall’inizio di popolazioni che risiedevano ai “margini” della società, o perché rappresentavano un problema sociale irrisolto, o perché erano poco “interessanti”. Si trattava delle popolazioni indigene, della popolazione afro-brasiliana e della popolazione rurale. Gli studi fatti a riguardo rappresentano una ricchezza immensa per il Brasile, ma allora non erano considerati interessanti, perché erano soggetti che non rientravano nei grandi movimenti economici o politici che stavano movimentando la società di allora. Così, di conseguenza, anche l’antropologia. Sicuramente, continua la Durham, la situazione è potuta cambiare proprio in seguito alla trasformazione del ruolo che all’interno della società queste persone rivestivano. Grazie alla diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione e ai grandi movimenti mondiali per i diritti umani, questi gruppi di persone hanno assunto un significato politico molto forte ed hanno iniziato ad essere più visibili. Inoltre il Brasile stava vivendo una grossa migrazione dalla campagna alla città, stavano migrando così anche gli “oggetti” di ricerca degli antropologi. In ambito urbano, avvicinandosi al mondo politico, alle sedi del potere e con le nuove tecnologie, avranno più visibilità, e con loro anche la ricerca etnografica. In questa fase gli antropologi brasiliani inizieranno ad osservare anche la città. In Brasile, al contrario della situazione europea e nordamericana, gli antropologi erano fin dal principio impegnati in uno studio interno al proprio paese di origine. Forse il motivo può essere ritrovato nell’immensa eterogeneità del suo territorio e nella presenza di gruppi che rappresentavano l’incontro con “l’altro” senza doverlo andare a cercare dall’altra parte del mondo. Di sicuro l’interesse degli antropologi brasilia ni nei confronti dei gruppi di persone che vengono “emarginate” rappresenterà un grande pilastro delle ricerche etnografiche, anche in ambito urbano in tempi più recenti. L’antropologia urbana in Brasile segue più o meno la scia e i tempi nordamericani, a causa della stretta relazione e vicinanza dei due paesi. Questo chiaramente condizionerà la storia del pensiero degli studi. Non solo, anche gli studi europei accompagneranno da subito la formazione degli antropologi brasiliani. Vennero prodotti inizialmente molti lavori diversi tra loro, spinti dalla novità del campo e dai molti stimoli che derivavano da questo nuovo sguardo rivolto alla città. Tra i pionieri dell’antropologia urbana brasiliana si colloca Gilberto Velho, il quale, con il libro 46 “Utopia Urbana”65 pubblicato nel 1973, sceglie come campo un palazzo abitato dalla classe media, nel quartiere di Copacabana di Rio de Janeiro. Il lavoro che farà sarà mosso dalla volontà di carpire le motivazioni della scelta di quel quartiere come residenza. Sarà assolutamente una novità per il tempo e stimolerà diversi studi. Nello stesso anno, la stessa Eunice Durham, pubblicherà una ricerca dal titolo “A Caminho da Cidade: a Vida Rural e a Migração para S. Paulo”66 , dove si occuperà di studiare il comportamento migratorio di alcune famiglie provenienti dal contesto rurale. Questa ricerca sarà particolarmente importante, perché porterà l’antropologia urbana a una maggiore visibilità a livello accademico, grazie al suo interesse nei confronti di problemi, anche politici, più attuali. Ci fu così un cambio di prospettive, un cambio di orizzonti, anche se non totalizzante, perché molti antropologi continuarono a rivolgere il proprio sguardo verso i “margini”, ma in q uesto caso all’interno o appunto ai limiti del contesto urbano, domandandosi com’è la vita degli abitanti di quartiere. Ci saranno moltissimi studi sulle periferie, sui confini, sulle favelas, ma approfondiremo in seguito. Gli studi sulla città prenderanno così la forma molto spesso di studi di comunità. Certamente questo non significò interrompere le ricerche presso le popolazioni indigene, in particolar modo all’interno dell’Amazzonia, dove fino ad oggi sono molto frequenti. Un aspetto importante da sottolineare è relativo alla sociologia. Anche in Brasile quest’ultima, insieme alle scienze politiche, aveva la città come suo campo prediletto di ricerca. La produzione sociologica è enorme e ancora oggi, per quanto riguarda il caso specifico degli studi nelle favelas di São Paulo, si possono trovare innumerevoli ricerche, molte di più rispetto a quelle antropologiche. Proseguendo invece nell’analisi temporale delle prime ricerche antropologiche urbane più rilevanti, nel 1978 ne verranno pubblicate due molto importanti. Gli autori della prima ricerca, intitolata “A Sociologia do Brasil Urbano”67 , saranno Anthony Leeds e Elisabeth Leeds, i quali identificheranno alcuni 65 66 G. Velho, A utopia urbana, Zahar Editores, Rio de Janeiro, 1972. E. R. Durham, A Caminho da Cidade: a Vida Rural e a Migração para S. Paulo , Editora Perspectiva, S. Paulo, 1973. 67 A. Leeds, E. Leeds, A Sociologia do Brasil Urbano, Zahar Editora, Rio de Janeiro, 1978. 47 aspetti “rurali” all’interno della città che verranno, in una fase successiva, relazionati al potere locale di origine. Leeds dedicò i suoi interessi etnografici al Brasile e in particolare alle favelas di Rio de Janeiro, ma l’impostazione accademica era nordamericana, fattore che ha sicuramente dato l’impostazione alle sue ricerche, ma che ha anche influenzato le ricerche brasiliane. Lo studio pubblicato nello stesso anno, sarà quello del brasiliano Roberto Da Matta, del quale abbiamo parlato in precedenza. Il titolo della ricerca è “Carnavais, Malandros, Heróis: para uma Sociologia do Dilema Brasileiro”68 . Testo molto interessante, dove la società brasiliana viene interpretata attraverso alcune delle sue manifestazioni più ritualizzate, come ad esempio il carnevale. Un ultimo testo che viene fatto rientrare tra i pionieri, è quello di Josè G. Magnani, “Festa no pedaço: Cultura Popular e Lazer na Cidade”69 del 1984. Il campo di ricerca era situato in una periferia della città di São Paulo. Alla base della ricerca c’era la scelta di Magnani di analizzare l’importanza del tempo libero nel suo far emergere le dinamiche politiche. La novità stava nel prendere in analisi un aspetto che fino ad allora era stato considerato come superfluo, inconsistente. Nessuno aveva mai pensato, all’interno degli studi sociali, che il tempo libero potesse rivelare un significato politico celato, che fosse il mezzo della comunità di costruire un’identità propria, fatta di vincoli sociali e di socialità. Magnani nel suo caso scelse il Circo, rendendosi conto che era molto presente in periferia. Si tratta di un concetto quello di “periferia” che negli anni perderà la sua valenza. In passato c’era una certa continuità tra segregazione spaziale nelle periferie e segregazione dei diritti, la periferia assumeva così valenza classificatoria e discriminante. Oggi non è più così, anzi il termine, ci viene spiegato da Magnani70 , ha smesso di essere categoria antropologica ed è stata assunta ad uso comune dai protagonisti delle sue ricerche. Ad esempio nelle canzoni dei rappers, dove essere della periferia assume un orgoglio di 68 R. Da Matta, Carnavais, Malandros, Heróis: para uma Sociologia do Dilema Brasileiro, Zahar Ed itora, Rio de Janeiro, 1978. 69 J. G. C. Magnani, Festa no pedaço: Cultura Popular e Lazer na Cidade,Brasiliense, S. Paulo, 1984. 70 Intervista a J. G. C. Magnani riportata nell’art icolo della riv ista, Periferia, n.8, S. Paulo, p. 38. 48 appartenenza particolare. Ora non ha realmente una relazione spaziale il termine, nelle città i confini non sono più ben definibili, le aree più estreme si legano alle aree urbane adiacenti. Il caso di São Paulo ne è una dimostrazione concreta, quello che era il centro storico viene definito oggi “Crackolandia” a causa dell’occupazione degli spazi da parte di persone dipendenti dal crack, inoltre vi sono quelle che vengono anche chiamate “favelas verticali” o “Cortiços”71 , cioè palazzi vuoti lasciati a se stessi dal Comune, che vengono occupati. Mentre in quelle che erano le periferie troviamo i “condomini chiusi”, comprensori per famiglie ricche, chiusi all’interno di recinti protettivi video-sorvegliati, ma di questo parleremo in seguito. Una cosa molto importante che disse Magnani, fu che secondo lui è inutile andare a ricercare complicati modelli di ricerca per gli studi sulla o nella città, l’importante è mantenere il metodo etnografico, e attraverso quest’ultimo offrire dei punti di vista creativi e originali 72 . Gli aspetti fondamentali sono gli attori sociali e il paesaggio urbano con il quale interagiscono, il quale è frutto di queste stesse interazioni, non un semplice sfondo. Questo sarà l’approccio anche per molti degli studi seguenti. Si nota che le teorie che avevano avuto importanza in Europa e negli Stati Uniti avranno molta influenza anche in Brasile, si passerà da una dicotomia città-campagna, ad una periferia-centro, dall’uso degli stessi metodi di ricerca usati nelle popolazioni tradizionali ad uno studio delle comunità urbane. Ci si interrogherà sulla funzione dell’antropologia in ambito urbano e se si stava facendo antropologia della città o nella città, ancora un dibattito molto attuale. Alla base della maggior parte delle ricerche brasiliane in ambito urbano di sicuro c’era una forte sensibilità nei confronti delle “minoranze”, degli aspetti politici, dei diritti umani e dei problemi causati da diverse forme di violenza. Prima di andare ad analizzare alcuni esempi dell’etnografie più recenti, vorrei parlare di un altro studioso che diede un grande contributo agli studi urbani in Brasile. Si tratta di Michel Agier, il quale passò sette anni a Salvador, nello stato di Bahia, dove condusse una ricerca nel quartiere 71 Probabilmente il no me viene ripreso facendo riferimento ai cortiços di inizio XIX che ospitavano gli operai, la fascia più bassa allora a livello economico. 72 Ivi, p. 42. 49 Liberdade dove risiedeva, quartiere che viene de finito popolare, non emarginato. Agier decise in questa sede di fare ricerca con le famiglie. Secondo lo studioso, per capire antropologicamente la città, bisogna dimenticarsi della città. In questa frase risiede la sua nozione di “città bis”, cioè la città che l’antropologo produce, partendo dal punto di vista delle relazioni, pratiche e rappresentazioni dei cittadini, che lui osserva direttamente vivendo delle situazioni. Lui sottolineerà sempre l’importanza che hanno le relazioni, è attraverso quest’ultime che si crea il contesto sociale, passando per lo svolgersi delle situazioni. Per questo motivo l’antropologo dovrebbe scegliere delle situazioni particolari dalle quali far partire la propria analisi. Restringendo il campo alle ricerche etnografiche più recenti, svolte nella città di São Paulo, ci sono alcuni studiosi che hanno segnato la storia degli studi. Facendo una ricerca sulle favelas ho indirizzato, in modo particolare, la ricerca bibliografica verso questo ambito. Uno dei libri più importanti è sicuramente quello scritto da Teresa Pires do Rio Caldeira, “Cidade de muros. Crime, segregação e cidadania em São Paulo”, del 2000 73 . L’aspetto innovativo della ricerca è il non aver selezionato una porzione determinata della città, ma piuttosto l’aver assunto uno sguardo etnografico per comprendere le dinamiche di segregazione spaziale e inegua glianza all’interno dell’intero ambito urbano. La città viene analizzata attraverso le mura, le barriere e le protezioni che vengono costruite. Non solo mura ideali che dividono le favelas o altri ambienti dal resto della società, ma vere e proprie costruzioni ad hoc per difendersi dal crimine. Si creano in questo modo nuove distanze, separazioni, distinzioni che forniscono nuove categorie per definire l’altro da sé, si tratta, come scrive lei, di una “..riordinazione simbolica del mondo elaborando preconcetti e naturalizzando la percezione di alcuni gruppi come pericolosi.”74 . Quindi si analizzano le enclavi fortificate, sorta di condomini chiusi abitati dalle classi ricche, spazi quasi surreali dove chi ci vive può trovare tutto, e tutto è sorvegliato. Si tratta a questo punto, a mio avviso, di una doppia segregazione, una cercata e voluta, anche se “condizionata”, 73 T. Pires do Rio Caldeira, Cidade de muros. Crime, segregação e cidadania em São Paulo, Editora 34, S. Paulo, 2011 (prima edizione 2000). 74 T. Pires do Rio Caldeira, Cidade de muros. Cri me, segregação e cidadania em São Paulo (p.10). 50 l’altra forzata. La Caldeira analizza i discorsi quotidiani evidenziando come il binomio paura-violenza organizza le pratiche di tutti i giorni all’interno della città. Questo narrare di eventi violenti finisce per pervadere la vita dei suoi abitanti, creando una sorta di catena, di contagio. Questo contagio porta ad assumere di conseguenza dei nuovi atteggiamenti, un modo nuovo di vivere e di muoversi nella città, limitato, diffidente. Caldeira pone alla base di queste problematiche e della sua ricerca, due questioni che caratterizzarono il periodo successivo all’istallazione del regime democratico in Brasile, cioè l’opposizione nei confronti di chi difendeva i diritti umani e la proposta di inserire la pena di morte nella costituzione brasiliana. Lei relaziona alcuni fattori che possono aver portato alla situazione attuale in Brasile e che fanno parte di trasformazioni che possono accadere anche in altre città o Nazioni. Questi fattori sono la tolleranza verso l’intervento sul corpo dei criminali, legittimando in questo modo anche forme di violenza, la diffus ione della violenza e la delegittimazione della giustizia e dei diritti civili 75 . Un’altra ricerca molto importante è quella svolta da Lúcio Kowarick “Viver em risco. Sobre a vulnerabilidade socioeconomica e civil”76 . In questo lavoro si è occupato di ricostruire, attraverso le testimonianze degli abitanti di alcune favelas, dei cortiços e di alcuni paesi interni all’area metropolitana di São Paulo, il processo di decostruzione del mercato del lavoro, avvenuto in Brasile a partire dagli anni ottanta. Con la conseguente creazione di una condizione instabile, vulnerabile a livello sociale. Si trattò di vedere le conseguenze della bassa crescita economica e dell’assenza dello Stato sul territorio, che si manifestava nell’occupazione delle pieghe nascoste di quest’ultimo e con la diffusione di forme di violenza, soprattutto giovanili, che andarono a condizionare la vita quotidiana delle persone non coinvolte. Si nota in questa ricerca una netta influenza della Caldeira. 75 Ivi, p. 13. 76 L. Kowarick, Viver em risco. Sobre a vulnerabilidade socioeconomica e civil, Editora 34, S. Pau lo, 2009. 51 L’ultimo studio di cui vorrei parlare è “Fronteiras de Tensão. Política e violência nas periferias de São Paulo” di Gabriel de Santis Feltran77 . La posizione che Feltran assume all’inizio della sua ricerca è il punto focale. L’antropologo afferma di volersi allontanare da quell’idea stereotipata che considera le “periferie” come omogenee e soprattutto come estranee alle sfere sociali legittime, quali la famiglia, il lavoro, la religione, la morale e lo Stato 78 . Ma anzi vuole proporre un'altra prospettiva. Il campo sarà la periferia est della città di São Paulo e l’obiettivo trovare il significato politico delle trasformazioni che danno luogo ai conflitti sociali nelle periferie urbane. Si tratta di cambiamenti che hanno un loro ordine interno, non sono disorganizzati o senza regole come spesso si è detto. Vi si trovano dei giochi di forza molto strutturati, alla base la volontà del controllo o della partecipazione ad un mercato molto lucrativo, come quello del traffico di droga, il furto di macchine o gli assalti organizzati. Queste relazioni che si instaurano sono conflittuali, dove ci sono interessi comuni possono scoppiare forme di violenza. Secondo Feltran oggi non è possibile comprendere le frontiere 79 , per lo meno nella città di São Paulo, comprese tra le periferie e il resto della città, senza considerare la violenza. Un campo di studi che ha prodotto negli ultimi anni un grande numero di ricerche e di articoli scientifici, sia in ambito antropologico che sociologico, è quello dell’analisi delle reti sociali. Lo scopo di queste ricerche è quello di individuare, all’interno di alcuni contesti, in particolare le favelas, dove le forme relazionali creano dei circuiti attraverso i quali la popolazione agisce sul territorio e crea quei 77 G. De Santis Feltran, Fronteiras de Tensão. Política e violência nas periferias de São Paulo, Ed itora Unesp, S. Paulo, 2009. 78 Ivi, p. 11. 79 L’autore decide di utilizzare il termine “periferia” nonostante le sue implicazioni problematiche. La decisione deriva dal fatto che a suo avviso rappresenta il termine più adatto a identificare l’insieme di dinamica alle quale si riferisce. Quando parla della periferia di S. Pau lo, si tratta di un ambiente situato nel tempo e nello s pazio, dove le persone si relazionano tra loro e con il mondo sociale, in modo plurale e eterogeneo. Il termine aiuta a collocare queste persone sul territorio e aiuta a fare comparazioni analitiche. 52 meccanismi che ad esempio Ronaldo de Almeida e Tiaraju D'Andrea 80 chiamano di “inclusione sociale”. Queste reti sociali possono essere di tipo primario, cioè relazioni familiari, oppure di tipo associativo, quali ad esempio quelle religiose. Lo scopo della ricerca in questo caso è evidenziare la diversità interna a delle condizioni di povertà e le opportunità che queste reti creano in ogni contesto specifico. Si tratta di vincoli legati alla parentela, al vicinato, verso i propri conterranei e verso le istituzioni religiose. Questi vincoli portano alla creazione di reti sociali attraverso le quali circolano benefici materiali, affettivi, che aiutano nella integrazione socioeconomica dei membri del gruppo. Diverse ricerche sono state svolte dal sociologo E. Marques 81 in collaborazione con altri studiosi, tra le prime in questo ambito in Brasile. All’interno di questi lavori viene analizzata, in contesto di povertà, secondo la loro definizione, l’importanza delle reti sociali, cioè di quelle relazioni che intercorrono o che vengono stabilite tra determinati individui, che li aiutano ad avere accesso a diversi ambiti, materiali o immateriali. Sono quelle relazioni che possono ad esempio condurre a diverse opportunità di lavoro, oppure sono importanti per organizzare una comunità o per la sua religiosità e socialità. Secondo Marques, la loro conoscenza aiuta a capire le traiettorie quotidiane degli individui e le loro strategie di sopravvivenza. Come già accennato prima, i risultati mostrano una eterogeneità all’interno di queste dinamiche e in contesti di povertà, che vanno a sfatare lo stereotipo che considera la povertà come portatrice anche di una cultura della povertà. Quindi d’ora in poi si considererà la povertà come un fenomeno più complesso e anche dinamico, così anche le favelas, andando al di là delle statistiche che si basano solo su parametri economici. 80 R. de Almeida, T. D'Andrea, Pobreza e redes sociais emu ma favela paulistana, in Novos Estudos, Cebrap, São Paulo, 2004. 81 E. Marques, R. Bichir, T. Pavez, M. Zoppi, M. E. Moya, I. Pantoja, Redes pessoais e pobreza em São Paulo. In L. Dias, O uso das redes sociais nas Ciências Humanas, Ed. Insular UFSC, Florianópolis, 2011. Vedi anche Marques (2003; 2010). 53 1.8 Conclusioni Capitolo I Abbiamo ripercorso in questo primo capitolo quelle che sono state le fasi principali del consolidamento disciplinare dell’Antropologia Urbana nel corso degli ultimi anni. Abbiamo visto che ci sono state numerose nuove problematiche che l’antropologia, come disciplina scientifica, ha dovuto affrontare. Ci troviamo attualmente al punto in cui è stata legittimata allo studio delle società complesse e urbane. Alcune problematiche non hanno ancora trovato una soluzione definita e come ho accennato in precedenza forse non avranno il bisogno di trovarla. Come afferma Magnani, all’antropologia contemporanea basta tenersi stretto il proprio metodo di ricerca e provare a formulare dei punti di vista sulla città, creativi. Senza dover ricorrere alla creazione di correnti di pensiero generalizzanti. Sicuramente si assiste ad un tipo di approccio frammentato, ma a mio parere è frammentato solo ad una prima impressione, perché l’antropologo si ritrova a dover restringere il campo ad un’area limitata se vuole ottenere dei risultati interessanti. Ma questo non significa che non si riescano a creare dei collegamenti con il resto della realtà urbana e non solo, con il resto del contesto nazionale. Prendendo gli esempi brasiliani, la ricerca della Caldeira ha avuto la grandezza di non selezionare alcun campo se non la città stessa, osservata attraverso i comportamenti dettati dall’asse paura- violenza. Lo studio di Feltran no, seleziona un’area determinata, ma riesce, seguendo la rielaborazione delle categorie di “periferia” e “frontiera” a ricollegarsi al resto della società urbana. Negli ultimi anni come abbiamo visto, anche l’individuazione e l’analisi delle reti sociali è molto interessante. Queste ultime sembrano delle buone strade da seguire, a mio parere nessuna esclude l’altra, sono sempre studi che riguardano il contesto urbano, poi se si vuole darne una d efinizione si può scegliere tra antropologia della città o nella città, ma credo che non sia realmente necessaria una categorizzazione, si tratta in ogni caso di studi antropologici del contesto urbano. L’aspetto realmente importante è non dimenticarsi di aver selezionato un’area specifica, senza rischiare che quest’ultima risulti come una dimensione chiusa. Sicuramente non si è trattato di un’analisi esaustiva, ma non era nelle mie intenzioni in questo ambito, molti autori sono rimasti esclusi, altri rientreranno nei prossimi capitolo a supporto della mia esperienza di ricerca sul campo. 54 Capitolo II Definire il campo: dalla città di São Paulo all’interno dell’America Latina, alla Comunità di Paraisópolis, al Grotão Il seguente capitolo ha come scopo principale quello di introdurre l’ambito di ricerca. Il metodo antropologico ci porta a selezionare un campo piuttosto ristretto, certamente anche in relazione al tempo che abbiamo a disposizione. La mia ricerca sul campo si è svolta nell’arco di tre mesi, un tempo piuttosto breve che mi ha portato a concentrarmi su una piccola area. L’obiettivo della ricerca era comp rendere le dinamiche di cambiamento urbano all’interno di una zona di una favela di São Paulo in Brasile e come queste andavano a modificare la vita sociale all’interno della popolazione che vi abita. Per vita sociale ho voluto intendere sia le relazioni di parentela, d’amicizia, le relazioni di vicinato, che le relazioni più superficiali, che concorrevano a caratterizzare il comune svolgimento della vita dei suoi abitanti. Un altro aspetto che ha accompagnato la ricerca è stata l’analisi del rapporto tra gli abitanti e i rappresentanti del Comune impegnati nello svolgimento del programma di urbanizzazione. La favela in questione è Paraisópolis. Si tratta della seconda più grande di São Paulo e la zona specifica dove la ricerca è stata svolta è il Grotão, che all’epoca della ricerca e ancora oggi sta vivendo un processo di cambiamento a livello urbanistico molto radicale. Utilizzerò raramente il termine “favela”, soprattutto quando farò riferimento a Paraisópolis. Spiegherò in principio l’origine del termine e la sua diffusione, ma quando parlerò di Paraisópolis ho preferito utilizzare il termine “comunità” (comunidade). Questa scelta viene a seguito della comprensione che l’utilizzo del termine, almeno dove ho svolto la ricerca, non è ben accetto da una buona parte della sua popolazione. Il termine ha assunto, nella sua diffusione più ampia, un’accezione negativa, dispregiativa, che denota esclusione, che viene in questo caso rifiutata. In altri contesti, al contrario, il termine viene assorbito dai suoi abitanti, appositamente per distanziarsi dal resto della società, per manifestare un orgoglio di “favelados”. Nel caso della mia ricerca invece, gli abitanti di Paraisopólis si riconoscono come appartenenti ad una Comunità, termine emico che li aiuta a distanziarsi da quel mondo emarginato, discriminato descritto dal termine favelas, e che li situa invece in 55 una fase di transizione che li condurrà in un futuro ad essere a tutti gli effetti un “quartiere” di São Paulo. Si tratta di un territorio dove il Comune ha fatto diversi interventi negli ultimi anni, fornendo la maggior parte del suo territorio dei servizi di base, quali fognature, acqua, strade asfaltate, servizi sanitari e trasporto pubblico. L’intera Comunità è molto grande, la popolazione conta più di 60.000 persone (il dato indica la popolazione di Paraisópolis. Il Comune usa questa denominazione includendo all’insediamento di Paraisópolis anche i vicini Porto Seguro e Jardim Colombo) per cui è molto difficile affermare con certezza che ogni suo abitante abbia la stessa opinione, ma sicuramente si può considerare come un gruppo abbastanza compatto, al contrario di altre realtà. Il termine Comunità e la scelta concreta di utilizzarlo, connotano un sentimento identitario di un’appartenenza comune, di unione, di comuni interessi. L’utilizzo di questo termine mi riporta alla definizio ne che Simonicca dà riferendosi alla comunità sostenibile: “È un modello che addita al superamento, a livello di partecipazione e di decisione, delle forme di relazione fra gruppi dominanti e gruppi dominati, fra gruppi forti e gruppi deboli. È un modello che offre le procedure per evitare le disuguaglianze fra gruppi di interesse. È un modello per garantire ai gruppi un accesso riconosciuto alle risorse e al potere politico, al di là di tutte le opposizioni culturali e di tutti gli antagonismi sociali esistenti (sviluppo/sottosviluppo, urbano/rurale, indigeno/non indigeno, abbienti/non abbienti, Nord/Sud).”82 Ma mi conduce anche alla definizione che Fernanda Delvalhas Piccolo 83 formula in seguito alla sua ricerca sul campo in una favela di Rio de Janeiro : “..com o uso da palavra comunidade è inaugurado um processo de positivação desse espaço e de seus moradores, visto que foi a “favela” (e 82 A. Simonicca, Viaggi e comunità. Prospettive antropologiche, Meltemi, Ro ma, 2006 (p. 109-110). 83 F. Delvalhas Piccolo, A gramática nativa: reflexões sobre as categorias morro, rua, comunidade e favela, in H. Jr. Frúgoli, L. Teixeira de Andrade, F. Arêas Peixoto, As cidades e seus agentes: práticas e representações. Coleção Temas urbanos, Edusp, Belo Horizonte, 2006. 56 não a comunidade) que “proliferou” como chaga, trazendo “muitos problemas”, dentre eles a “ilegalidade”, já que a definição de favela, feita por órgãos do Estado, inclui um ato ilícito: a invasão de terras alheia.. A favela, pensada negativamente, è ressignificada como “comunidade”.. è reinventada para dar entrada aos “projetos sociais”.. esse substantivo passa a ser uma estratégia discorsiva na disputa por bens políticos, econômicos, sociais e por prestígio.”84 Tornando a Paraisópolis e all’uso del termine Comunità in questo contesto, penso che un fattore decisivo del suo utilizzo possa essere stato il fatto che non è una favela di recente formazione, infatti il primo insediamento è avvenuto intorno agli anni sessanta e la sua struttura è diventata molto estesa. Inoltre, si trova in una posizione che è piuttosto centrale sul territorio urbano e si trova nel mezzo di uno dei quartieri più ricchi della città, Morumbi. Questo fattore, se da un lato ha costituito un disagio, dall’altro ha anche rappresentato un vantaggio per i residenti della Comunità. Ma in seguito approfondiremo questi aspetti, che sono stati fondamentali nella ricostruzione delle dinamiche di inclusione ed esclusione sociale. Il fatto di non trovarsi molto lontano dal centro della città può aver aiutato ad alimentare una consapevole zza maggiore rispetto alla propria presenza sul territorio, può aver influito sulle dinamiche di costruzione identitaria di un gruppo coeso alla ricerca di uno spazio di comunicazione. Molte favelas si trovano lontano dal centro della città, lontano dagli uffici del Comune e da una relazione più “diretta” con alcune parti nodali del centro urbano, lontano significa anche più di tre ore al giorno di viaggio per raggiungere il posto di lavoro, significa spesso fare fatica nel farsi sentire. Essere “irregolari” porta ad essere guardati con sospetto, perché è questa un’accezione che il termine porta 84 Traduzione italiana “..con l’uso della parola comunità viene inaugurato un processo di “positivazione” dello spazio e dei suoi abitanti, considerando che fu la “favela” (e non la comunità) che si diffuse come una ferita, portando “molti problemi”, tra questi “l’illegalità”, visto che la definizione di favela, fatta dagli organi dello Stato, include un atto illecito: l’invasione di terre altrui.. La favela, pensata negativamente, è ri-significada come “comunità”.. è reinventata per favorire i progetti sociali.. questo sostantivo diventa una strategia discorsiva per la disputa di beni politic i, economici, sociali e per il prestigio..”. 57 ancora con sé, nei prossimi paragrafi analizzeremo gli stereotipi che sono legati a questa parola e come sono nati. Durante la mia esperienza di ricerca ho avuto la possibilità di andare a conoscere una favela che si tro va nell’area metropolitana di São Paulo, Santo André. Per raggiungerla abbiamo impiegato circa tre ore andata e ritorno. La sensazione è stata quella di fare un viaggio, di cambiare città, di non arrivare mai, percorrendola solo una volta nella vita. La percezione che ho avuto attraverso le parole delle mie informatrici, in particolare da quelle di Hedna, è che si trattava di una realtà più frammentaria, più divisa al suo interno. I problemi legati alla criminalità erano sempre parte dei discorsi delle persone, un sentimento d i timore da parte loro era una costante, aspetto che ho riscontrato meno a Paraisópolis. Probabilmente le dimensioni minori di Santo André hanno influito, ma a mio parere anche la distanza dal centro della città e l’assenza di Associazioni sul territorio, ad eccezione dell’Unione degli Abitanti, hanno creato una dispersione maggiore. Ci sono moltissimi fattori da considerare in questo tipo di analisi, come la generazione degli informatori, se sono migrati a São Paulo o se vi sono nati, che lavoro fanno, tanti sono gli aspetti che possono influire sulle percezioni del luogo dove si vive. Ad esempio Hedna è nata nel Nordest del Brasile ed è emigrata a São Paulo, dove viveva già la madre, per cercare un lavoro. Ha vissuto in principio nella favela dove viveva quest’ultima, una zona molto difficile, nella parte nord della città, dove ogni mattina quando usciva doveva stare attenta a non calpestare i cadaveri sul suo cammino, fino a quando non è riuscita a trovare un buon lavoro e ha deciso di cambiare casa, trasferendosi a Santo André. La sua prima esperienza ha condizionato il suo modo di agire anche in seguito, cercando di proteggere se stessa, ma prima di tutto i suoi figli, dal prendere strade sbagliate all’interno della favela. Creandosi delle barriere, delle protezioni che significò conoscere solo un paio di vicine, senza fidarsi di nessuno. Una delle figlie, con cui ho parlato, ha vissuto nel nord del Brasile in un’altra favela, che a suo dire era molto peggio di Santo André, per cui la vita lì non è male, anche se inizia a mostrare segni di diffidenza come la madre, nei confronti delle altre persone. Quello che però la preoccupa davvero è la distanza dal posto di lavoro che si trova in città. Questa differenza generazionale la riscontrerò anche a Paraisópolis. Per queste regioni ho deciso di farmi raccontare le esperienze di vita dei suoi abitanti, da dove venivano e per quale motivo, con chi erano arrivati, come hanno comprato il terreno 58 e che lavoro fanno, per arrivare in seguito a capire come stanno vivendo i cambiamenti urbani all’interno della Comunità. Le mie interviste saranno soprattutto storie di vita, un punto di vista di chi sta vivendo sul proprio corpo i cambiamenti in atto e come li sta vivendo. Questo tipo di ricerca e di campo ha purtroppo dei limiti che sono evidenti. Richiede una certa accortezza nel scegliere i propri contatti e nel sentirsi liberi di muoversi sul campo. Purtroppo non c’è mai del tutto una sensazione di libertà di movimento, soprattutto perché si è in possesso di tutto un immaginario stereotipato che riguarda le favelas, fatto di violenza, droga, squadroni della morte, film e documentari che a fatica ci abbandonano. Ma stare sul campo, conoscere i suoi abitanti, essere “legittimati” a stare lì, è la via migliore per liberarsene, per andare oltre ad una definizione che si è marmorizzata molti anni fa e non è più cambiata. Il mio contatto fondamentale è stato con la Ong “Casa da Amizade” e i suoi preziosissimi responsabili, i quali, in seguito ad alcuni riti di passaggio, mi hanno accolto nella loro comunità. Grazie a loro ho conosciuto la maggior parte dei miei informatori, avendo la strada già sgombera, facilitata, grazie alla loro presenza sul posto da più di quindici anni. Partivo, con qualche sguardo sospettoso, già per metà legittimata. Aspetto da non sottovalutare se si vuole svolgere una ricerca di questo tipo. L’Associazione degli Abitanti o altre Ong conosciute sul territorio ritengo siano dei buoni e sicuri punti di partenza. Inizialmente lavoravo insieme ai volontari, soprattutto aiutando con i bambini e dopo le prime volte ho iniziato a ritagliare dei momenti per le interviste, fatte in una piccola stanza della Ong, in modo piuttosto informale con un registratore e qualche appunto o semplicemente camminando per la comunità o parlando nei momenti di pausa con le persone che frequentavano l’associazione. Come affermato nel primo capitolo, l’antropologo spesso corre il rischio di dimenticarsi di aver chiuso il campo di studi, considerandola come una sua caratteristica di base, come una cultura chiusa, immobile. L’obiettivo che mi sono prefissata è di provare a superare questo limite e cercare di creare un collegamento costante con il resto della città e la società più in generale. La favela è da sempre stata descritta come un ambiente chiuso, a se stante, ha chiaramente delle caratteristiche che la differenziano da altri luoghi che compongono la città. La città 59 stessa porta ad una visione frammentata dei suoi spazi, è difficile per l’etnografia considerare tutti i suoi aspetti. Io tento di sfuggire a questo meccanismo, cercando di analizzare l’origine della favela attraverso la storia del Brasile, della città di São Paulo e a come è stato affrontato il tema dell’abitare negli ultimi anni. Vorrei in questo modo guardare a questi spazi della città attraverso le dinamiche che li hanno portati a nascere e le relazioni che intercorrono tra i suoi abitanti e gli abitanti delle altre zone, passando per le Istituzioni. L’intenzione è quindi partire da una dimensione macroscopica, quale la storia dell’urbanizzazione in America Latina e la storia della nascita delle prime città brasiliane, per collegarmi ad una microscopica che osserva Paraisópolis all’interno di São Paolo e la loro relazione. 2.1 La città latinoamericana Le prime città latinoamericane nacquero a seguito degli impulsi multiformi dati prima dal colonialismo e successivamente dall’imperialismo, in entrambi i casi, come afferma Castells 85 , caratterizzati da un forte carattere di dipendenza. Le città latinoamericane nascono mostrando al proprio interno la tensione esistente tra la ricerca dell’autonomia da parte dei conquistatori e il tentativo di mantenere il controllo delle corone spagnola e portoghese, attraverso i funzionari regi. Furono fin dall’inizio più liberi i conquistatori, soprattutto in territorio urbano, a causa delle difficoltà delle madrepatrie nel mantenervi una certa influenza, la realtà sudamericana creò così delle dinamiche particolari. L’obiettivo, comune a tutti, era quello di controllare e sfruttare la popolazione india, ma volendo fare della città il proprio centro di potere, un gruppo per rafforzare il potere regale, l’altro per i propri interessi economici. I conquistatori e chi aveva maggior prestigio, venne assorbito nel gruppo dei notabili, gli iberi, che non rivestivano ruoli importanti, vennero aggruppati insieme agli indios, ai quali venne concessa una certa libertà nel creare proprie Istituzioni, ma senza il loro controllo diretto. La città india venne sottomessa 85 M. Castells, L’urbanizzazione dipendente in America Latina, in M. Castells, E. Scovazzi, M. Santos, J. Weisslitz, A. Quijano, H. Muñoz Garcia, O. de Oliveira, C. Stern, G. Pu marino, A. de Villanova, J. P. Garnier, Imperialismo e Urbanizzazione in America Latina , Gabriele Mazzotta Ed itore, M ilano, 1972. 60 a quella europea. Attraverso l’utilizzo della “capitulación”, il principale investitore delle spedizioni avrebbe rappresentato l’autorità regia. Inoltre questa prevedeva di dare una ricompensa a chi aveva partecipato all’impresa tarata in base al loro contributo economico e militare. In questo modo si creò la differenza tra conquistatori ricchi e poveri e tra il capo dell’impresa e gli altri conquistatori, creando un gruppo egemonico che si opponeva così alla Corona. A questo punto l’interesse venne rivolto ai territori di campagna, dove si trovavano le risorse economiche, la città diventò così il simbolo dell’intero territorio e mostrò l’unico interesse dei suoi creatori, sfruttare le risorse delle terre più interne per far circolare le merci. In un paese come il Brasile, con un alto tasso di presenza di schiavi africani, il territorio interno doveva esser tenuto bene sotto controllo per bloccare ipotetiche o effettive rivolte. In altri paesi le popolazioni locali mantenevano un certo grado di indipendenza. Come spiega Carmagnani, in quel momento non c’era una “classe dominante urbana, ma una classe proprietaria rurale che risiede va in città, e che lo faceva perché le strutture urbane le permettevano di moltiplicare la propria presenza sul territorio”86 . Queste sono le caratteristiche della fase coloniale che vede la nascita delle prime città, la fase successiva, quella neocoloniale, vede l’ambiente urbano notevolmente cambiato. Il sistema mercantile ha attirato la presenza di nuove figure che si sono andate ad inserire nel tessuto urbano aumentandone il livello demografico, impegnate nelle attività di scambio di merci, come artigiani, commercianti e persone addette ai servizi. Per cui la città inizia a perdere quel ruolo di convergenza del potere e si apre a nuove figure, come un gruppo sociale legato al ceto dominante per motivi commerciali, che non riesce a trovare una propria indipendenza. Si registra inoltre la presenza di una classe nobiliare molto numerosa, creatasi attraverso l’acquisto di titoli nobiliari o militari. Necessità venuta in seguito all’impossibilità di acquisire potere attraverso il sistema precedente, cioè con le missioni di conquista. Inoltre la popolazione india o “non-bianca” diventa quasi un’ossessione per la classe dirigente, l’ipotesi di una loro rivolta o della possibilità che abbiano una qualche forma di potere la porta a ghettizzarla. Secondo Carmagnani 86 M. Carmagnani, La città latino-americana, in a cura di P. Rossi, Modelli di città. Strutture e funzioni politiche, Edizioni d i Co munità, Torino, 2001. 61 è in questa fase che nasce il “melting pot” attuale dell’America Latina 87 . Il 1700 è caratterizzato così dalla consolidazione di alcune città come nuclei commerciali, politico-amministrativi e dalla gerarchizzazione tra di loro in base ai ruoli svolti. Queste resteranno tra le città più importanti anche dopo l’indipendenza. Inoltre l’utilizzo di forme politiche non autorizzate dalla Corona e il ritorno a forme istituzionali esistite in precedenza, come le confraternite, dimostra un sempre maggiore distacco dalla madrepatria. Per questo motivo Carmagnani afferma che questo tipo di città può essere definita a pieno titolo americana 88 . Anche durante il secolo successivo l’esistenza della città dipenderà dalla presenza delle attività in ambito rurale. Dopo l’indipendenza questa situazione non cambierà molto, ma aumenterà la tensione tra città e Stato, cioè la gestione delle produzioni in campagna voleva essere, d’ora in avanti, una questione regionale. La città assumerà il ruolo di epicentro della politica durante le guerre d’indipendenza, ruolo che perderà subito, quando il vecchio ceto proprietario recupererà l’ordine precedente, con la campagna e le città regionali a capo del sistema economico. In questo modo viene stimolata la reazione della città capitale che cerca di riappropriarsi del proprio potere, riuscendoci effettivamente grazie alla presenza della classe politica, attraverso i commerci esteri e gli investimenti di capitale straniero, soprattutto europeo a partire dal 1860. A quel punto le città regionali si trovarono nella condizione di dover creare un rapporto di collaborazione con le città capitali che gestivano questi flussi commerciali importanti. Carmagnani sottolinea a questo punto la distinzione che si crea tra le città capitali, dove c’è stata una forte immigrazione europea ed anche una sua forte influenza, come nel caso di São Paulo, dove vengono decostruiti i sistemi clientelari, instaurata una politica di stampo europeo e la città pretende di avere maggior controllo sul resto del territorio. Mentre Città del Messico, caratterizzata invece da una migrazione interna, ci sarà una forte influenza della cultura rurale veicolata dai suoi abitanti. Questi sono i contesti che porteranno allo sviluppo della città moderna, la città capitale, il centro urbano più importante caratterizzato da un netto distacco 87 Ivi, p. 499. 88 Ivi, p. 500. 62 dalla realtà rurale. Viene meno la dipendenza dalla produzione agricola e dall’esportazione e si crea un ceto medio urbano. Si sviluppa l’industria leggera che in parte influenza la migrazione dalle campagne e si sviluppa il sistema dei servizi, secondo una rapida evoluzione durata una trentina d’anni. Questo cambiamento avviene soprattutto in quelle città che già in epoca neocoloniale avevano un ruolo importante. I fenomeni successivi al 1940 vedranno le città latinoamericane trasformarsi in regioni urbane, grandi conglomerati che espandendosi, a seguito di un alto tasso demografico e assunzione di nuove forme di produzione e consumo, assorbiranno anche le aree nelle loro vicinanze, portando gli studiosi a definirle “megalopoli”. Si tratta di un fenomeno rap idissimo che porterà con sé conseguenze anche molto negative. Il paragrafo precedente voleva essere un rapido resoconto della storia della città latino-americana fino ai giorni nostri. Per approfondire maggiormente mi interessa in questa sede ripercorrere lo studio svolto da Castells sui concetti di dipendenza e marginalità. Cosciente dei limiti che questa prospettiva nasconde, come spiegato nel capitolo precedente. Sappiamo però che quest’ultima ci aiuta ad approfondire degli aspetti importanti. Secondo Castells ci sono molte differenze tra i processi di urbanizzazione dei diversi paesi latinoamericani, ma una cosa li accomuna, la modalità di adattamento prima al colonialismo, poi all’imperialismo ed infine al dominio capitalista- imperialista, in questo caso soprattutto statunitense. Le città sono, secondo l’autore, lo spazio dove si sono articolati i diversi sistemi di dominazione. Ognuno di questi sistemi ha portato ad una forma di dipendenza, nel primo caso forzata dal dominio coloniale che aveva lo scopo di sfruttare le risorse de l territorio, nel secondo nei confronti dei acquirenti europei che richiedevano le merci per l’esportazione, nel terzo caso la dipendenza è nei confronti di investimenti esteri sul territorio nazionale nel settore industriale e terziario. Vorrei riportare la definizione che Castells dà del termine “dipendenza” in questo contesto di analisi: “..non si vuole intendere con il termine “dipendenza” una semplice situazione di sottomissione del più debole al più forte, ma una relazione strutturale definita prima di tutto dall’articolazione dei rapporti di classe in due società o in un complesso di società.. l’organizzazione dei 63 rapporti di classe nella società dipendente trova la sua logica al di fuori di se stessa ed esprime il modo della classe sociale al potere nella società dominante di realizzare la propria egemonia..”89 . L’ultima fase descritta sopra coincide con la diffusione in America Latina del sistema economico capitalista. È in questa fase che questi paesi vivranno quella che Castells chiama “l’urbanizzazione dipendente”, in modo molto accelerato e tuttora in atto, soprattutto all’interno di alcune città che vivevano lo sviluppo di un nuovo sistema industriale che attirava anche la popolazione rurale. Il problema fu che l’aumento demografico dovuto all’inurbamento sia di immigrati che di persone provenienti dalle campagne, non era determinato da una richiesta di forza lavoro, ma era causato dal fascino attraente della città e da una profonda crisi agraria. Così il sistema industriale non riuscì ad assorbire tutta la forza lavoro, la quale si riversò in particolare nel sistema terziario. Non si trattava in questo modo di un passaggio da un’economia agricola ad una industriale, senza una riforma agraria e con un forte svuotamento delle campagne, si assistette ad una mappatura particolare e preoccupante nei diversi Stati, con un’alta concentrazione di popolazione solo in alcuni centri urbani, quella che viene definita come “macrocefalia”. Inoltre ciò che caratterizzò questo fenomeno a livello urbanistico fu l’assenza di un progetto, la sua rapidità non diede il tempo per rendersi conto della portata dell’evento, portando come conseguenza l’incapacità della sua gestione a livello urbanistico. A livello sociale si creò invece una grande distanza con l’universo rurale e una forte stratificazione all’interno delle città, che viene descritta, come accennavamo nel primo capitolo, come “marginalità urbana”. La marginalità viene definita come principalmente ecologica in questo caso, nel senso che rende evidente la segregazione di alcuni spazi urbani. Secondo Paulino 90 questa teoria si è diffusa molto rapidamente tra i teorici, ma ha mantenuto un’accezione ancora troppo spaziale, ambientale e giuridica piuttosto che sociale. È chiaramente molto più facile 89 M. Castells, cit. p. 60 (p. 22). 90 J. Paulino, cit.p. 44. 64 parlare di marginalità che di povertà come entità sociale 91 . Secondo questo studioso si tratta di una definizione ideologica che nasconde gli aspetti che generano la povertà stessa, da sola quindi non aiuta a capire l’eterogeneità del fenomeno. Mi chiedo inoltre se questa teoria, oltre a contribuire alla formazione di definizioni troppo solidificate che finiscono per coprire delle problematiche sociali piuttosto che evidenziarle, non tolga anche quella parte di autonomia di scelta che gli Stati Latinoamericani hanno certamente mostrato. Probabilmente dobbiamo collocare nella sua epoca la ricerca di Castells. Mi sento di affermare che il Brasile degli ultimi anni qualche passo verso una gestione più autonoma lo ha fatto. Le problematiche da affrontare sono sempre molte, ma lo sguardo della gestione politico-economica si rivolge forse più verso l’interno. Nel senso di un maggior interesse nel trovare soluzioni per le diverse problematiche esistenti, piuttosto che cercarle nell’aiuto di altri paesi. Sicuramente è un processo lungo che comporta l’adozione di approcci diversi da quelli avuti fino ad ora. Inoltre il primo passo è riacquisire la fiducia della popolazione che è invece ancora molto diffidente nei confronti della classe dirigente e politica, fiducia persa a seguito di comportamenti che possono essere definiti oscuri che mostravano solo un interesse personale piuttosto che pubblico. Per quanto riguarda le favelas, il progetto di urbanizzazione del Comune di São Paulo ha vinto quest’anno il premio “Scroll of Honour”, organizzato dall’organo delle Nazioni Unite, UN-Habitat, per essere stato considerato come il migliore al mondo attualmente, ed effettivamente mostra delle differenze notevoli rispetto al passato, ma forse dovrebbe prevedere ancora maggiori programmi di intere sse sociale piuttosto che solo di riforma urbanistica. Con questo non voglio sminuirne il progetto perché è molto ambizioso, inoltre è stato vinto un secondo premio, il “Global Holcim Awards Silver 2012”92 , per il progetto “Escola de Música do Grotão” 93 . Si tratta di 91 R. G. Oliven, Urbanização e mudança Social no Brasil, Rj. Ed it. Vo zes, Petrópolis, 1985. In J. Paulino, cit. p. 44. 92 La Ho lcim Foundation è una impresa di forn itura mondiale d i cemento e aggregati, che ogni anno assegna questo premio ai progetti innovativi e sostenibili nell’amb ito tecnologico, ambientale, socio economico e culturale che provocano un impatto positivo sull’ambiente circostante. 93 Il progetto è stato affidato all’impresa di architettura multinazionale “Urban-ThinkTank” (U-TT). 65 un progetto per la favela di Paraisópolis e in modo specifico per la zona del Grotão, dove ho svolto la mia ricerca, che prevede la costruzione di una struttura che verrà adibita a centro culturale, dove si potranno studiare musica, danza, vedere spettacoli teatrali e assistere a concerti. Projeto “ Escola da Música do Grotão”a Paraisópolis, São Paul o Uno degli aspetti innovativi del progetto sarà quello di adibire una parte del terrazzo, aperto al pubblico, a spazio per la gestione di una forma di agricoltura urbana, un sistema di ventilazione e uno di generazione dell’acqua. Il fatto che la struttura sarà nelle vicinanze di una pendenza, permetterà l’istallazione di un sistema di recupero dell’acqua piovana che dovrebbe permettere l’assenza di erosione del suolo e slittamento dei versanti più ripidi. I centri culturali sono piuttosto presenti all’interno delle favelas, soprattutto in quelle più organizzate e rappresentano realmente un’opportunità per le fasce della popolazione più giovani. Significa avere delle attività da svolgere, da portare avanti, significa aprirsi a volte delle possibilità lavorative. Ci sono molti esempi, uno è sicuramente l’Istituto Baccarelli situato nella favela di Heliópolis, che si occupa da diversi anni di insegnare musica ai ragazzi della favela, sia come passatempo che come avviamento alla professione, con la possibilità di essere membro della Banda ufficiale dell’Istituto. In questo caso, come in tanti altri, si tratta però di iniziative avviate da privati e non di progetti comunali. Ma approfondiremo nei capitoli seguenti le politiche abitative attuate ne gli ultimi anni dal Comune di São Paulo e cercheremo di capire come vengono percepiti questi progetti dalla comunità locale. 66 2.2 La città di São Paulo all’interno del contesto brasiliano La città di São Paulo si inserisce nel contesto latinoamericano in un modo in parte diverso da quello descritto in precedenza. La città non nasce dalla spinta dei colonizzatori, ma da parte degli evangelizzatori. La prima casa che vi fu costruita fu quella dei Gesuiti nel 1554, i quali lasciarono le coste brasiliane per raggiungere le popolazioni indigene dei Tupi-Guaraní verso l’interno, con lo scopo di evangelizzarli. La zona coperta oggi da São Paulo, trovandosi a quasi ottocento metri dal mare, era un buon rifugio per scappare dagli attacchi indigeni. L’origine della terza area metropolitana più grande al mondo è quindi quella di un piccolo villaggio. Inizialmente l’interesse coloniale era concentrato nella parte nord-est del Brasile a causa delle piantagioni di canna da zucchero, questa zona divenne in questo modo quella più popolosa e dove c’era la più alta concentrazione di schiavitù africana e indigena, schiavizzata da parte dei “bandeirantes” gruppi di uomini con sede São Paulo, che aveva appunto lo scopo di “procurare” mano d’opera indigena locale per le piantagioni. I bandeirantes si inoltravano così nei territori meno raggiungibili dalla Corona, in questo modo oltre a fornire manodopera, aiuteranno il Portogallo anche ad espandere il suo potere sull’intero territorio e ad arricchirsi grazie alla scoperta di giacimenti minerari e d’oro. São Paulo, Rio de Janeiro e altre città più a sud, divennero in quella fase molto più importanti perché si trovavano in linea con i porti principali e le regioni interne dove si trovavano i giacimenti. Gli schiavi servivano anche a sud ora, arrivavano così le navi dall’Africa portando manodopera e ripartivano con le materie prime da distribuire in Europa. Questa scoperta avviò anche un flusso migratorio portoghese molto forte, perché le attività legate all’oro non erano affidate solo agli schiavi, ma anche a singoli cercatori e piccole aziende. Per cui l’oro era una buona prospettiva di ricchezza, molto più che la canna da zucchero. Quello che cambierà in questa epoca e che resterà un aspetto caratteristico fino ad oggi, sarà l’asse commerciale, spostandosi da nord-est a sud e spostando la capitale da Bahia a Rio de Janeiro, città dove alloggerà anche la corte portoghese e il potere al momento del passaggio dal colonialismo all’Impero coloniale. São Paulo restava un centro importante, ma senza grandi cambiamenti strutturali. Nel 1711 sarà nominata ufficialmente come città, ma la grande rivoluzione arriverà verso la fine del XIX secolo con la coltivazione del caffè. Quest’ultimo rappresenterà la principale 67 spinta verso la formazione della città attuale, la coltivazione e il commercio del caffè attirarono anche molti esperti europei e nel giro di pochissimo tempo il piccolo villaggio coloniale divenne un centro commerciale importante e molto frequentato. La città si espandeva di conseguenza, allargandosi sul territorio, creando nuovi quartieri che tracciavano la divisione in classi del primo capitalismo, dandole anche una forte impronta europea. Il boom del caffè non durò a lungo, ma abbastanza da modificare la fisionomia del territorio. Al crollo del valore e dell’esportazione del caffè, gli imprenditori presenti sul territorio iniziarono ad investire in altri settori industriali e dopo la Seconda Guerra Mondiale iniziarono anche ingenti investimenti esteri, soprattutto da parte degli Stati Uniti. L’effetto fu una nuova forma di dipendenza economica e un processo di urbanizzazione molto rapido e senza un piano regolatore specifico. In ogni caso la città, dall’epoca del caffè fino ad oggi, si colloca come il polo economico nazionale e latinoamericano, polo che da allora incorporerà una prima immigrazione straniera e in seguito anche quella nazionale che, come spiegavamo più sopra, finisce per non riuscire ad inserirsi totalmente nel mondo del lavoro salariato. Bisogna specificare che non fu soltanto il fascino della città industriale a creare questo flusso migratorio dalle campagne, ma fu causato anche dalla mancanza di una riforma agraria adeguata, l’eredità del passato coloniale vedeva la prevalenza di grandi proprietari terrieri che in prevalenza esportavano per il grande mercato, ma i singoli contadini rimasero senza terre e furono costretti a spostarsi. La questione è chiaramente molto più complessa, ma non abbiamo purtroppo la possibilità in questa sede di approfondirla 94 . Per quanto riguarda invece la distribuzione spaziale della popolazione sul territorio, come già accennato, a partire dalla fine del XIX secolo si assiste ad una divisione in base alla classe sociale di appartenenza, influenza portata molto probabilmente dall’istallazione di un sistema capitalista industriale. Molti studiosi affermano che il problema abitativo di São Paulo nasce proprio in questa fase storica. L’istallazione di un sistema 94 Per un maggiore approfondimento a riguardo consiglio di riferirsi a José Juliano de Carvalho Filho, maggiore esperto brasiliano in questo campo. Un piccolo esempio può essere trovato nel suo articolo “Polít ica agrária: passado e perspectivas”, contenuto nel libro annuale “Direitos Humanos no Brasil 2010. Relatório da Rede Social de Justiça e Direitos Humanos”. 68 industriale coincide anche con la “Lei de Terras” del 1850 che prevedeva l’abolizione della schiavitù nel 1888. Questo significò aprire il mercato della terra e quello del lavoro. Gli ex schiavi e gli immigrati si riversarono nelle città in cerca di un impiego. São Paulo tra il 1886 e il 1900 vide la sua popolazione moltiplicarsi per otto. I primi alloggi che occuparono furono quelli costruiti per gli operai, i “cortiços”, i quali si trovavano anche nel centro della città. Secondo Kowarick, questa forma abitativa corrisponde al periodo capitalista industriale, durante il quale la manodopera deve essere mantenuta a basso costo e il cortiços ne rappresentava la forma più conveniente perché costruito con materiale poco costoso, per il quale non veniva ricercata una buona qualità e si faceva pagare una affitto che poteva essere anche piuttosto alto. La borghesia cittadina legata al caffè iniziò a costruire quartieri residenziali per sé e a concepire il centro urbano come rappresentante della grandezza della città, per questo motivo doveva essere “ripulito”. In questa operazione rientrarono anche i cortiços che iniziarono ad essere considerati co me luoghi insalubri e immorali e trasferiti verso i confini della città. Secondo la Rolnik95 questa operazione, questa gestione dello spazio urbano, segnò la legislazione a riguardo fino ad oggi, gestita da una élite urbana con il potere di intervenire sul territorio e quello di spingere ai margini gruppi di popolazione che non erano “degni” di occupare il centro della città. Più specificatamente iniziò nel 1886 questo processo, con l’emanazione del “Código de Postura” che proibiva la costruzione di cortiços nel centro città. Si delineava così l’inizio di una gestione della segregazione urbana. La città di São Paulo è stata descritta per molto tempo e con orgoglio come una città senza favelas, ma direi che quello che abbiamo appena descritto può essere considerato come l’inizio della loro costruzione. 2.3 La definizione di “favela” nel corso degli anni. Diversi approcci teorici La parola “favela” nasce per definire un fiore di color bianco molto diffuso in una zona del nord-est del Brasile. Tra il 1896-7 un gruppo di contadini del Nordest, 95 R. Roln ik, A cidade e a lei. Legislação, política urbana e territórios n a cidade de São Paulo, Studio Nobel/FABESP, São Paulo, 1997. In J. Pau lino, cit. p. 44. 69 esausti di vivere in una condizione difficile a causa della siccità, decisero di fondare una piccola città col nome di Canudos, all’interno dello Stato di Bahia, vicino ad una collina che portava il nome di “Morro da favela”, perché ricoperto da questo tipo di pianta. Il Governo centrale, per paura che questa rivolta andasse a minare le basi della Repubblica appena fondata, mandò alcuni militari in missione. Purtroppo la disputa finì con una strage. I militari, di ritorno dalla guerra, si ritrovarono in attesa del pagamento del salario, chiesero così di sistemarsi in una zona collinare della città di Rio de Janeiro (O Morro da Providência), non fornito di infrastrutture, dove costruirono abitazioni provvisorie. Probabilmente perché ripensarono alla collina vicino a Canudos, o perché quel “morro” in qualche modo gliela ricordava, iniziarono a chiamare quel luogo non più “Morro da Providência” ma “Morro da favela”. Il termine iniziò in questo modo ad essere affiancato ad un tipo di costruzione che può essere, per ora, definita precaria. Rimarrà inizialmente un termine legato alla città di Rio de Janeiro, per poi diffondersi nel resto del Brasile andando a sostituire termini regionali, come “mocambos” a Recife, “malocas” a Porto Alegre, “invasões” o “alagados” a Salvador. Ma cosa definisce questo termine? A cosa fa riferimento? Cercando la definizione su diversi dizionari, sia brasiliani che italiani, si trovano queste voci: “Um conjunto de habitações populares que utilizam materiais improvisados em sua construção tosca, e onde residem pessoas de baixa renda”96 ; “Conjunto de habitações populares toscamente construídas (por via de regra em morros) e desprovidas de recursos igiênicos”97 ; “Conjunto de habitações toscas e miseráveis, geralmente em morros e onde habita gente pobre”; o “Lugar de má fama, sítio suspeito, frequentado por desordeiros”; o “Planta baianas”98 ; “Insediamento di baracche e povere casupole nelle periferie delle città brasiliane ” 96 “Insieme di abitazioni popolari che utilizzano materiali imp rovvisati e una costruzione grezza, e dove vivono persone con basso reddito”, rif. in J. Paulino, cit. p. 44. 97 “Insieme di abitazioni popolari costruite in modo grezzo e sprovviste di risorse igieniche”, rif. in J. Paulino. 98 “Insieme di abitazioni grezze, miserabili, generalmente sulle colline e dove vive gente povera”; o “Luogo di cattiva fama, luogo sospetto, frequentato da rivoltosi”; o “Pianta della regione di Bah ia”. 70 (Treccani). Si tratta di definizioni molto vaghe chiaramente, che hanno avuto però una diffusione molto forte nel linguaggio quotidiano, portando con sé, fino ad oggi, una serie di stereotipi. Le caratteristiche che ricorrono nel definire una favela sono: il materiale grezzo e di bassa qualità utilizzato, sono abitate normalmente da una popolazione a basso reddito, si tratta di un’occupazione illegale della terra dove non vengono pagate le tasse, non c’è igiene e c’è violenza, in alcuni casi è ancora legato al termine “morros”, colline, cioè alle favelas di Rio de Janeiro. Le scienze sociali si sono interessate all’argomento inizialmente proprio in questa città, dove sono nate le prime forme di favelas, in seguito anche nel resto del Brasile. A São Paulo ci sono molte ricerche, in particolare sociologiche, ma poche che si occupino di decostruire e analizzarne il termine. Il primo interessamento alle favelas può essere datato intorno al 1950, grazie ad una delle prime ricerche sul campo di questo tipo, svolta da Marta Godinho, un’assistente sociale che si occupò di farne una catalogazione territoriale. Da quel momento in avanti ce ne saranno molte, soprattutto dal 1980 in poi. Inoltre da questo momento anche urbanisti e ingegneri inizieranno ad interessarsene, ma l’obiettivo per ora era quello della rimozione. Delle politiche abitative assunte dal Comune parleremo in seguito. L’accezione di “favela” che veniva utilizzata dai primi studiosi che se ne occuparono, era però in linea con il pensiero comune, solo negli ultimi anni le scienze sociali si sono interrogate sul suo utilizzo e se riuscisse a rispecchiare davvero una realtà nella pratica molto variegata. Sappiamo benissimo che abbiamo la necessità di definire un fenomeno che stiamo osservando, di catalogarlo, non possiamo sfuggire a questo processo nominativo, perché ci aiuta a definire la pratiche quotidiane, ma dare un nome ad una situazione è sempre più riduttivo che spiegarla, spogliarne il nome dagli stereotipi che si è portato dietro per anni potrebbe però aiutare a cambiarne la percezione. Questo perché a volte le categorie si solidificano nel tempo e finiscono per non avere più alcuna correlazione con la realtà. Il termine “favela” ha da sempre rappresentato qualcosa di sporco, di pericoloso, perché chi ha iniziato a definire q uesti spazi aveva come scopo l’emarginazione di una parte delle società e ne aveva anche il potere. Cominciando dalla classe borghese dei primi del novecento che non voleva vedere forme di povertà nel centro della città che doveva invece essere “pulito”, per mostrare il lato bello della propria città. In questo modo nasce una prima negazione dell’inizio di un 71 problema sociale. La teoria igienista proveniente dall’Europa affianca in quegli anni la povertà alla malattia, al contagio, per cui chi era povero, o non ricco e viveva nei cortiços o nelle favelas era anche sporco, malato e contagioso, doveva essere allontanato. Processo che porta in seno prima l’idea dell’allontanamento, poi quella della rimozione forzata. Secondo Paulino non si tratta semplicemente di nominare ma di costruire un’immagine stigmatizzante di marginalità e criminalità, di un “apartheid simbolico”. Secondo Valladares e i Leeds, la favela ricordava l’ambiente rurale nordestino, qualcosa di lontano, escluso dalla città, portava in sé già uno stigma, quello di negare con la sua presenza la città stessa. Si trattava così di enclavi rurali all’interno della città, o come dicono i Leeds si trattava del “mito della ruralità urbana”. Dal momento in cui è stato aperto il mercato della terra, quest’ultima è diventata a tutti gli effetti un bene materiale scambiabile. Questo ha comportato che chi non aveva abbastanza soldi non poteva permettersi uno spazio all’interno della città, dove l’offerta era tarata soprattutto per una popolazione medio ricca. Ha comportato anche che l’occupazione della terra sarebbe stata illegale, un gesto impensabile. Le favelas vengono così identificate come territori invasi perché non di appartenenza delle persone che vi abitano. Da una parte può essere vero, per altri casi è stato dimostrato che furono date dallo stesso Comune delle concessioni per spostarsi da zone più centrali e occupare zone più periferiche in terreni di proprietà comunale, dove in seguito sono cresciuti grandi conglomerati. Oppure nei casi di terreni privati, alcuni dei legittimi proprietari sono giunti a degli accordi con chi si sarebbe stabilito sul terreno. Non è sempre stato così, né è sempre così, ma ci sono delle eccezioni che fanno di questa una definizione troppo vaga e amalgamante. Il problema principale portato dagli stereotipi è che si trasforma un problema che è di origine sociale, la mancanza di inclusione delle fasce con reddito più basso all’interno del mercato immobiliare o in politiche assistenziali pubbliche, in uno urbano. Quindi le favelas e altre forme di povertà vengono definite come un problema essenzialmente legato alle città. Quella che Castells definisce “ideologia urbana” che serve a coprire i problemi di origine sociale generati dalla divisione in classi intrinseca al sistema capitalista. A São Paulo, le prime favelas nascono intorno agli anni cinquanta, dove la definizione che gli viene data indica sempre quelle persone che occupano le periferie delle città, vivono in modo precario in tutti i sensi 72 e occupano i suoli illegalmente. Si tratta della stessa definizione generica di carattere ideologico che cerca di offuscare le ragioni che stanno alla base della situazione descritta. Ormai la definizione di favela incorporerà delle caratteristiche stereotipate che non la abbandoneranno fino ad oggi, è stata creata così una definizione di carattere omologante. Dagli anni settanta, tra gli studiosi di scienze sociali, come descritto in precedenza, si diffonde quella che viene definita la “teoria della marginalità”. Si tratta di uno dei primi tentativi di comprendere le ragioni del fenomeno. Quindi il sistema industriale diffusosi attraverso il sistema capitalista non era in grado di assorbire la quantità richiesta di lavoro salariato, creando così una nicchia marginalizzata, esclusa dal sistema economico. Come sappiamo anche quest’ultima teoria porterà alla creazione di stereotipi e aiuterà ad amalgamare un gruppo di persone che chiaramente è molto eterogeneo. Inoltre in questo modo la favela viene percepita come esterna al sistema capitalista, una sua conseguenza, ma non funzionale al suo mantenimento. Come è omogenea nel sistema economico, è omogenea anche culturalmente. Così a questo punto la favela descrive delle persone povere, che vivono ai margini del sistema economico e sociale, occupando terreni illegalmente e appartenente ad una cultura della povertà che si riproduce, diversa da quella dominante urbana. Ci furono molte critiche nei confronti di questa teoria, come scrivevamo più sopra, ha il pregio di aver evidenziato l’origine del problema, descrivendolo in effetti come socio-economico, ma va a ricreare altri stereotipi. Attraverso studi successivi sappiamo che chi vive nelle favelas non costituisce un gruppo omogeneo, né parassitario perché attraverso o lavori formali o informali è attivo economicamente. Quello che può essere vero è che ci sono state delle difficoltà per loro nel trovare un lavoro, ma questa è proprio la diretta conseguenza della diffusione delle caratteristiche a loro affidate, descritte in precedenza. La Valladeres afferma che ci sono principalmente tre dogmi che sono stati mantenuti nel tempo sulle favelas: la favela è un mondo a parte do ve si vive in un modo specifico, dove c’è illegalità e criminalità. La favela è il luogo dei poveri, così non si parla di povertà urbana, ma di favela. La favela e la città si oppongono l’un l’altra come categorie compatte, senza che si considerino le eterogeneità interne. Si può dire che fino ad oggi il termine favela porta con sé molti dei vecchi stereotipi, se dici di aver fatto ricerca in una favela la prima domanda che ti viene fatta è se non hai avuto 73 paura nel farlo. Questo perché è ancora forte l’equivalenza favela-criminalità, favelaviolenza. Con questo non nego la presenza di alcune forme di criminalità, anche organizzata. Ma sicuramente non appartengono alla maggior parte dei suoi abitanti. Inoltre non si tratta di persone ai margini, estranee alla società dominante, ma anzi ne incorporano le caratteristiche allo stesso modo e partecipano alla vita politica ed economica, forse con delle difficoltà in più, ma queste difficoltà sono le conseguenze di quella famosa ideologia prima descritta. Per questo motivo bisogna decostruire le categorie, farne un’analisi storica per ridargli una connotazione reale. Questi sono tutti i motivi che hanno spinto ad esempio la favela di Paraisópolis a autodefinirsi “Comunidade”, per slegarsi da quell’insieme discriminatorio che veniva portato con il termine favela. La mia opinione è che il termine favela potrebbe ancora essere usato, se solo riuscissimo a diffondere un’idea diversa di ciò che rappresenta, come ad esempio percepirle come delle zone che si sono costruite in forma indipendente, forme creative di adattamento ad ambiente che era inizialmente ostile. Senza opporle alla città, perché anche queste zone ne fanno parte, senza definirle in ristrette categorie quali “marginalità socio-economica” o “cultura della povertà”. 2.4 Paraisópolis e il Grotão Paraisópolis nasce in una parte della città di São Paulo che rientra nel distretto di Vila Andrade, nella zona sud. Quest’ultima confina con il distretto di Morumbi, dove fino ad una sessantina di anni fa c’erano solo campi coltivati e fazendas (fattorie). Anche sul terreno dove nasce Paraisópolis c’erano campi coltivati, come raccontano alcuni dei miei informatori che furono tra i primi ad arrivare. La zona faceva parte della Fazenda Morumbi, un grande terreno allora coltivato a tè e deriva dalla sua divisione in 2.200 lotti. Il territorio era allora destinato alla costruzione di palazzi per una fascia di popolazione con reddito alto, come stava succedendo nel vicino quartiere Morumbi. L’inizio dei lavori tardò però molto tempo e rimase inconcluso lasciando un terreno vuoto, questo perché molte delle persone che ne avevano assorbito i lotti non ne pagarono mai le tasse, senza diventarne davvero i possessori. Il 1950 coincise con il periodo in cui vennero occupati i primi lotti e costruite le prime case. Paraisópolis nascerà quindi nel mezzo di quello che sarà uno tra i quartieri più ricchi della città. L’inizio dell’insediamento fu fatto in quegli anni da 74 famiglie giapponesi che crearono delle aziende agricole, aziende che non erano regolamentari considerando che lo stesso insediamento non lo era stato. Negli anni sessanta si occupavano soprattutto dell’allevamento di bestiame e iniziava a vedersi qualche casa in più. A seguito però della costruzione del quartiere Morumbi e di diverse infrastrutture che lo collegavano meglio al resto della città, l’area venne valorizzata economicamente. Venne elaborato in quell’anno un programma per dichiararla di interesse pubblico e per urbanizzarla in una fase successiva. Ma rimase tutto sulla carta, mentre l’insediamento aumentava. Dal 1980 il processo risultò sempre più rapido, soprattutto in seguito all’aumento della richiesta di lavoro nelle costruzioni che vide un alto tasso migratorio dal Nordest del paese. Inoltre, a seguito di diverse rimozioni effettuate dal Comune di altre favelas, molti dei loro abitanti si sistemarono a Paraisópolis. Attualmente è considerata la seconda favela più grande di São Paulo, con una popolazione compresa tra gli 60.000 e 80.000 individui e una superficie coperta di circa 798.695 m ². Nella sua maggior parte è costituita da case in muratura, con i mattoni in vista e i tetti in lamiera. Ma l’architettura è molto eterogenea, ci sono diverse case, soprattutto nella parte più commerciale dove si trovano i negozi, che sono state pitturate all’esterno, o condomini di diversa architettura, finanziati negli ultimi anni dalle varie amministrazioni comunali. Negli ultimi anni il Comune è intervenuto molte volte nell’area, fornendo i servizi di base, come quello fognario, idrico, elettrico e la costruzione di un punto Ama (Atendimento Medico Ambulatorial) provvisto di un pronto soccorso e di una farmacia aperti tutto il giorno e gratuiti per i residenti e di un ospedale psichiatrico. Strutture molto richieste dalla popolazione locale, in quanto la Comunità è molto grande e estesa e servono più punti di assistenza alla salute. Inoltre è stato fornito il collegamento con diversi autobus, alcuni dei quali entrano nella Comunità, fino a 75 dove è possibile. Si sta progettando infatti l’allargamento di alcune strade per permetterne il passaggio. La struttura della Comunità è molto variegata, ci sono zone con strade asfaltate e larghe e altre dove il passaggio è permesso solo attraverso stradine tortuose di terra battuta. È infatti nelle infrastrutture, nei palazzi, che si vedono gli interventi del Comune. Purtroppo gli abitanti delle favelas sono stati e probabilmente sono ancora i destinatari principali delle campagne politiche elettorali. Mi è stato raccontato diverse volte che i politici appaiono solo durante questo periodo per fare propaganda, “comprarsi” i voti promettendo di risolvere tutti i problemi esistenti. Quello che ho potuto costatare, almeno fino a qualche anno fa, è che ciò che ne risultava poi erano singoli interventi, soprattutto di tipo urbanistico, costruendo qualche nuovo palazzo o qualche strada, ma senza affiancarlo ad un reale progetto di carattere sociale. Una delle mie intervistate un giorno mi ha detto che i politici compaiono durante le lezioni e poi non li vede più nessuno, che se sapesse leggere e scrivere come me, farebbe un video mostrando tutti i problemi che esistono nella Comunità e li porterebbe ai politici, così magari si renderebbero conto. Credo che però i politici conoscano bene quali possano essere i problemi, purtroppo non tutti hanno un interesse concreto nel volerli risolvere e allora le favelas restano solo dei possibili voti, che costituendo buona parte della popolazione votante, non possono essere persi. Dal 2009 è stato avviato dal comune di São Paulo un grande progetto per l’urbanizzazione delle favelas che dovrebbe differenziarsi da quelli passati. Soprattutto perché non del tutto soggetto ai cambi delle Amministrazioni politiche comunali, in quanto facente parte di un ufficio a se stante. Il termine “urbanizzazione” mi ha causato non pochi problemi, nel senso che si tratta di una definizione che ci porta a dividere ciò che è urbanizzato da ciò che non lo è. Fino a qui non ci sarebbero problemi seguendo la definizione tradizio nale, cioè si tratterebbe di zone sfornite dei servizi urbanistici di base, quali fognature, trasporti pubblici, elettricità, e il processo di urbanizzazione porterebbe alla loro fornitura. Inoltre questa definizione include nel risanamento della zona in q uestione anche il cambiamento di alcuni aspetti dei costumi e dei comportamenti di tale società. Il termine, considerando i due aspetti appena descritti, può però portare in sé un carattere discriminatorio, distinguendo appunto le zone urbanizzate da quelle non urbanizzate, portando così quest’ultime a rappresentare il lato negativo del suolo 76 urbano. Inoltre riferendosi alle favelas, realtà già discriminate o comunque già definite da un termine che porta alla memoria una serie di immagini, fatti e azioni discriminatorie, peggiora la situazione. Mi tornano alla mente categorie oppositive che hanno contributo negli ultimi decenni a costruire distinzioni positive da quelle negative, come primitivo/ moderno, civilizzato/ non civilizzato, o come anche rurale/ urbano. In questo caso avremo favela/ città. Categorie dove si evidenzia la mancanza di qualcosa nell’altro, effettuando un processo di comparazione sottrattiva. Chiaramente il termine in questa sede, come anche spero ormai nelle intenzioni del Comune di São Paulo, verrà utilizzato nella sua accezione classica, spogliato da qualsiasi riferimento discriminatorio o esclusivista. Dove per cambiamento nei costumi della vita sociale si intende una apertura maggiore alla partecipazione sociale dei suoi abitanti e alla fornitura di strutture che permettano di svolgere nuove attività didattiche e di svago. Ma parleremo soprattutto nel prossimo capitolo di questi aspetti e dei cambiamenti attualmente in atto, in maniera specifica nel Grotão. Il Grotão (grotta) è una parte di Paraisópolis definita in questo modo perché si trova ad un livello più basso rispetto al resto della Comunità, in una sorta di conca. È una parte dove fino ad oggi si sono registrati gli arrivi di nuove persone e si costruiscono nuove case. È un’area che in alcune parti mostra delle problematiche nel terreno, a causa soprattutto delle difficoltà nel drenaggio dell’acqua, in particolar modo durante le forti piogge si presenta il rischio che le case, sistemate in una determinata posizione, possano franare. Ultimamente il comune ha stabilito le aree che non devono più essere occupate, perché definite ad alto rischio, anche se il divieto non è sempre stato seguito, con la costruzione di nuove case in legno. Normalmente l’autocostruzione inizia proprio con l’acquisto di lastre di legno con le quali si costruisce il “barraco”, una sorta di baracca. Attualmente sono venuta a conoscenza della presenza di ditte specializzate che forniscono kit già pronti per costruire la prima casa in legno, che è chiaramente mo lto più economica, ma anche più pericolosa. Quando ci sono più soldi disponibili allora si paga qualcuno, se non lo si ha già in famiglia, per costruire una casa di mattoni, che è sicuramente più resistente. Andando avanti negli anni le case vengono modificate in base alle esigenze, vengono fatti magari più piani, o se c’è spazio ci si allarga da un lato, per dare spazio ai vari membri della famiglia. Nel Grotão si trova la Ong dove ho svolto la mia ricerca. 77 Davanti a lei si percepisce in pieno la linea distintiva tra Comunità e intervento del Comune. Questo perché davanti a lei non c’è più nulla, solo una spianata di terra, per ora, mentre prima erano tutte case, come nella figura riportata sotto. Infatti, il Grotão, si trova in una fase di transizione. Molte persone sono già state spostate nei nuovi palazzi costruiti dal Comune poco più sopra, o hanno venduto la propria casa, sempre al Comune, in cambio di cinquemila reais (1.950, 80 euro) e si sono spostate in un’altra zona della Comunità. Questo perché il Comune ha in mente un progetto per quest’area, che è quello che abbiamo spiegato in precedenza, la “Escola da Música do Grotão”, inoltre si voleva eliminare una parte considerata pericolosa per l’insediamento abitativo. Vista del Grotão. La freccia indica la Ong “ Casa da Amizade” Sarà l’ultimo capitolo però ad analizzare nello specifico questa fase transitoria. Ora che abbiamo definito il campo di analisi, andiamo ad indagare le politiche abitative assunte dal Comune di São Paulo durante gli ultimi sessant’anni, per comprendere come si è arrivati alla situazione attuale e conoscere meglio la legislazione a riguardo. 2.5 Le politiche abitative e i progetti del Comune di São Paulo Nella città di São Paulo il Comune inizia ad interessarsi e a formulare interventi per le favelas e nei confronti della popolazione a basso reddito intorno agli anni sessanta. Secondo Paulino, il risveglio di questo interesse fu mosso da due motivazioni: la nascita del MUD (Movimento Universitario de Desfavelamento), gruppo di studenti 78 che, probabilmente in linea con il dibattito internazionale sui diritti umani e sul diritto alla casa, chiedeva di spostare le persone che vivevano nelle favelas per garantirgli una casa degna. In secondo luogo la pubblicazione del libro di Carolina Maria de Jesus, “Quarto de despejos. Diário de uma favelada”99 , abitante di una favela di São Paulo, che raccontava per la prima volta come si svolgeva la vita al suo interno. Il libro fece molto scalpore perché si trattava del primo caso conosciuto a São Paulo, coinvolse in modo particolare la società civile. Anche perché in quel periodo le favelas sul territorio erano ancora poche. Tra gli anni che vanno dal 1964 al 1985, quando il Brasile sarà sotto il dominio di una dittatura militare, verrà creato il “Sistema financeiro da Habitação” appoggiato dal “Banco Nacional da Habitação”. L’obiettivo era anche quello di finanziare una costruzione estensiva di abitazioni popolari per le fasce a basso reddito. Dopo il regime l’Istituto scomparve con il risultato di aver finanziato 4,4 milioni 100 di abitazioni nuove, ma solo il 13% di queste, finanziate dall’ente pubblico Cohab (Companhia de Habitação), furono destinate alle persone con basso reddito. Si definivano famiglie tali quelle che percepivano meno di cinque salari minimi al mese. Questi vent’anni segnarono in realtà un periodo durante il quale favelas, cortiços e il “loteamento periferico”, cioè l’assegnazione illegale di lotti di terra nella periferia della città, crebbero molto. Secondo la Sachs, questo risultato mediocre fu la conseguenza della mancanza di dialogo tra le politiche abitative e un programma di sviluppo economico e sociale. La Cohab in realtà, privilegiò in quel momento le famiglie che avevano un reddito compreso tra i tre e i cinque salari minimi, per cui le persone con un salario inferiore furono escluse dalla possibilità di avere una casa nel mercato “legale”. Inoltre tra le famiglie considerate, solo una parte della domanda fu soddisfatta. Per molto tempo quindi venne dimostrata la priorità di investire nell’industria edile che si occupava delle abitazioni di lusso, piuttosto che in quella sociale. Molto probabilmente, come afferma la Sachs, l’intervento pubblico non era abbastanza forte da interferire con la 99 C. M. De Jesus, Quarto de despejo. Diário de uma favelada, Francisco Alves, São Paulo, 1960. 100 Dati racco lti in, C. Sachs, São Paulo. Políticas Públicas e habitação popular, Edusp, São Paulo, 1999. 79 speculazione immobiliare e favorire l’accesso a terreni liberi per l’edilizia sociale. Le politiche sociali si dimostrarono così più deboli del sistema di segregazione ed esclusione intrinseco al modello economico. Tra l’altro il sistema di finanziamenti della Cohab si basava su quello bancario, che entrò in crisi tra il 1981-83, portando alla chiusura temporanea della Banca che la finanziava. Solo nel 1973 venne fatto dal Comune il primo censimento delle favelas della città. Fino agli anni ottanta almeno, l’attitudine delle Istituzioni verso di loro sarà quella legata all’antica teoria igienista europea, cioè la favela è come se fosse una malattia che deve essere estirpata e i suoi abitanti trasferiti nelle periferie. Il pensiero era in linea con il resto del Brasile, Rio de Janeiro per molto tempo era conosciuta per le rimozioni forzate e la distruzione delle favelas. Dagli anni ottanta circa in poi saranno elaborati nuovi progetti di carattere riformista che appoggiavano forme di auto-costruzione finanziata o autofinanziata (mutirão), oppure l’urbanizzazione delle favelas. Questi tipi di soluzioni non dovevano, né devono attualmente, esentare lo Stato dalle sue responsabilità a riguardo, ma devono prevedere la sua concreta partecipazione ai progetti, fornendo i servizi di base e aiutando in alcuni investimenti. Allora erano ancora poco incisive come riforme, ma iniziava a delinearsi un lieve cambio di prospettiva che riguardava soprattutto la gestione del bilancio degli enti pubblici che si occupavano di problematiche abitative, cioè si passò dall’autofinanziamento, alle sovvenzioni. C’era bisogno di un cambio di prospettiva, perché il fenomeno era diverso ora, bisognava dare delle risposte ai movimenti di rivendicazione della casa che stavano diventando forti, ma non solo, ci volevano risposte per gli abitanti delle favelas che si erano riuniti nelle Associazioni degli abitanti per rivendicare i propri diritti e stavano assumendo una maggiore forza politica. I principali limiti erano legati alla stagnazione del sistema politico-economico. Il boom economico che aveva preceduto la crisi del 1981-83, era coinciso anche con l’idea del lusso, della possibilità di comprarsi una casa “chiavi in mano”, ma la crisi fece venire a galla le grandi differenze economiche che esistevano tra gli abitanti sul suolo urbano, fece venire a galla tutta quella parte della popolazione che una casa de l genere non se la poteva permettere e che nel frattempo aveva provveduto da sola negli spazi del mercato immobiliare “informale”. Inoltre la recessione economica aveva aumentato la disoccupazione e l’inflazione viveva degli alti bassi impressionanti, i soldi non 80 avevano più lo stesso valore da un giorno all’altro, di sicuro non si poteva fare alcun tipo di investimento 101 . Il rapporto di dipendenza economica del Comune dall’Istituto di credito per la gestione delle abitazioni, e la scarsità dei fondi, rappresentavano degli ostacoli decisamente troppo grandi per riuscire a garantire un miglioramento della qualità della vita. Si trattava di un sistema che avrebbe dovuto essere pubblico, ma che veniva “privatizzato” dal suo legame con il settore privato. La Sachs lo definisce come la privatizzazione della politica sociale. Inoltre, uno dei principali limiti, oltre il sistema politico-economico, era la rigidità del sistema fondiario e di quello giuridico. Il Comune, a causa delle vecchie leggi fondiarie non aveva la libertà di gestire i territori liberamente, e São Paulo, soprattutto nel passato, era piena di spazi “vuoti”, nel senso di non urbanizzati, che invece sarebbero potuti essere utilizzati per il problema abitativo urgente. Solo negli ultimi anni sono state modificate alcune leggi 102 . Si tratta di leggi che permettono anche la registrazione della casa in cui ci si trova nella favela e la possibilità di averne un giorno il pieno possesso legale. Si è delineata fino a questo punto una indifferenza iniziale del Comune nei confronti della crescita delle favelas e altre forme di abitazioni informali, sia perché si trattava probabilmente di un fenomeno embrionale, sia perché lasciare che il mercato immobiliare del lusso si occupasse del problema abitativo era più conveniente, soprattutto durante il boom economico, che intervenire ed investire in abitazioni sociali. Inoltre i modelli esistenti di intervento nei confronti di queste situazioni non apportavano nulla di nuovo, si trattava o di disinteresse o di rimozioni 101 Si stimò che c’erano tredici milioni di persone disoccupate. La disuguaglianza esistente tra i più ricchi e i più poveri era molto elevata. Nel 1980 l’1% dei più ricchi aveva un reddito pro capite di 135 volte superiore al 10% della popolazione più povera. I dirigenti avevano un salario che era fino a 186 volte superiore rispetto al salario minimo . Quasi la metà delle famiglie, fo rse oggi è leggermente meg lio, d isponeva di un reddito inferiore a due salari minimi, per questo la sistemazione nelle favelas o altre forme abitative informali era la soluzione defin itiva (20% della popolazione), non come si pensava in passato che rappresentasse solo un trampolino di lancio per adattarsi alla vita urbana. 102 Co me ad esempio la regolamentazione del Diritto alla Casa e del Diritto alla Città, stabiliti nell’A rticolo 6 della Costituzione e all’interno dello Statuto della Città nel 2001. 81 forzate. Questo modello condusse chiaramente alla chiusura del mercato immobiliare per una grandissima fascia della popolazione, portando alla segregazione “forzata” di quest’ultima. Affermare che questo avvenne nelle periferie sarebbe poco realistico, sia perché come sappiamo quelle che una volta venivano definite periferie si stanno diradando, amalgamandosi con altri centri urbani, sia perché alcune soluzioni, come gli attuali cortiços 103 , si trovano nel centro della città, oppure alcune favelas non sono così lontane dal centro. Mentre si assisteva alla verticalizzazione della città più lussuosa, si assisteva anche all’espansione orizzontale delle favelas. Inizialmente si pensava che la loro rimozione, che prevedeva lo spostamento delle persone in appartamenti o terreni forniti dal Comune più distanti dal centro, fosse la soluzione migliore al problema. Questo perché la favela era ancora portatrice di tutta una serie di problemi, come abbiamo già spiegato più sopra, che andavano dalla violenza e criminalità, alle malattie. Ma negli ultimi anni, per diverse ragioni, il Comune ha capito che questo approccio non era conveniente. Da una parte la popolazione di alcune delle favelas si era organizzata, aveva dei rappresentanti e cercava un suo spazio politico nella città. Inoltre anche al livello della società civile più in generale, la rimozione come soluzione non veniva più accettata. Quest’ultima rappresentava poi un grosso onere per il Comune, aspetto che invece vedeva la sua riduzione in altre soluzioni, quali il processo di urbanizzazione delle favelas esistenti e l’appoggio alle forme di auto-costruzione. In questo modo il Comune cambiò strada e formulò dei programmi che andavano in questa direzione. Quindi si pensò che sarebbe stato meglio lasciare le persone dove stavano vivendo, a meno che non si trovassero in situazione di rischio, e andare a fornire quelle aree dei servizi urbanistici mancanti. Le statistiche più attuali dicono che circa il 90% delle favelas ha ad oggi una copertura quasi totale del servizio fognario, dell’elettricità, dell’acqua, dei sistemi per 103 Ch iamati anche “favelas verticali”, si tratta dell’occupazione di una serie di palazzi lasciati vuoti, soprattutto nel centro della città, a seguito di problemi di insolvenza dei costruttori o di problemi giudiziari, per i quali i tempi di risoluzione sono molto lunghi per cui rimangono in uno stato costruttivo inconcluso. La città di S. Paulo ne riporta un numero elevatissimo, e le persone che li abitano li hanno preferiti rispetto ad altre sistemazioni informali, in quanto si trovano nel centro della città, così è più facile raggiungere il posto di lavoro e svolgere tutte le altre attività. 82 il suo drenaggio e dei trasporti pubblici. Inoltre, l’aspetto importante a mio parere, è stato modificare le leggi fondiarie e cercare un sistema per regolarizzare la proprietà della terra. In questo modo si legittima, dopo molti anni, la loro presenza sul territorio e si legalizza, dal punto di vista dello Stato, la proprietà della terra anche per loro. Soprattutto per lo Stato, perché gli abitanti nel momento in cui pagarono per quel pezzo di terra, si erano considerati come loro proprietari, soprattutto dopo averci vissuto una vita intera. Ma avere questo riconoscimento da parte dello Stato è come aver raggiunto uno status differente per quest’ultimo, lo status di persone con dei diritti. Questa mancanza faceva parte delle caratteristiche che muovevano la loro “esclusione” sociale. Per questo motivo il termine favela deve essere liberato da quella accezione di “illegalità”, occupazione “illecita” del territorio. I cambiamenti che sono stati fatti a livello legale non sono stati di semplice risoluzione né per lo Stato e la regione né per il Comune, l’obiettivo iniziale era ed è quello di assorbire i territori occupati dalle favelas e in un momento successivo donarli alle famiglie che ci stanno vivendo. I territori sono divisi in due gruppi, quelli di proprietà del Comune, che in quel caso devono essere trasformati da terreni ad uso pubblico a terreni a uso abitativo, e quelli privati, per i quali il procedimento è stato ancora più complicato perché non esistevano leggi a riguardo. Per quanto riguarda il caso di Paraisópolis il terreno era privato, per cui per riuscire a diventarne il p roprietario il Comune ha dovuto, a parte aspettare la formulazione di leggi apposite, anche stabilire una contropartita per gli antichi proprietari, come ad esempio la possibilità di avere un terreno equivalente in un’altra area della città. Le prime operazioni che vengono fatte nella fase successiva, sono quelle di urbanizzazione della zona in questione. Una volta che i servizi di base sono stati garantiti si procede alla demarcazione urbanistica, cioè alla demarcazione in lotti, divisi per famiglie, e solo successivamente si farà la “regularização”, cioè il procedimento attraverso il quale, dopo cinque anni dalla registrazione, gli abitanti potranno recarsi all’ufficio catastale con il proprio titolo e procedere alla “Legitimação de posse” (viene così regolarizzato il possedimento di quell’immobile). Prima che venisse utilizzata la demarcazione urbanistica insieme alla regolamentazione, si ricorreva all’usucapione. Ma questo sistema aveva tempi molto lunghi. Anche il procedimento attuale è un processo piuttosto lungo, in relazione chiaramente all’ampiezza e alla densità 83 dell’area, ma meno rispetto all’usucapione. Ci vuole parecchio tempo perché bisogna dividere la zona in aree e poi parlare con le singole famiglie e non sempre c’è una comunicazione facile e rapida. Spesso questo è dovuto alla paura degli abitanti di essere cacciati dalla casa, come è successo in passato, per cui a volte non si trovano in casa o non aprono. Ma questo procedimento è fatto esclusivamente per regolarizzare la loro presenza lì. Quando regolarizzano il possesso della casa, quest’ultima è a tutti gli effetti una loro proprietà che può essere venduta o lasciata in eredità. Diciamo che all’interno del gergo giuridico non è una proprietà nel senso stretto del termine, ma dà le stesse garanzie. Si è dovuti ricorrere a delle legislazioni nuove (leggi federali), per questo motivo durante le riunioni con gli abitanti si usa il termine “proprietà”, per essere compresi meglio, ma a livello legale risultano essere due cose separate, perché in questo caso si tratta di suolo p ubblico e il titolo non sarebbe quello di “proprietà” ma di “Concessão de uso especial para fim de moradia”, che sta a significare che il Comune, che è proprietario di quel terreno, lo concede in uso a fine abitativo, più volte è stato sottolineato che non è una concessione temporanea, ma definitiva. Il timore di alcune persone della favela, nasce anche dalla possibilità del Comune, essendo a quel punto il proprietario della terra, di assorbire delle zone per uso pubblico. In realtà è una cosa che può effettivamente fare, ma per le aree vuote, cioè non già abitate, o per quelle ad alto rischio abitativo, per cui è meglio organizzare lo spazio in modo differente. Ciò che è successo nel Grotão, come spiegavo sopra. In questo caso alle famiglie che abitavano nella zona e che si sarebbero dovute spostare, sono state offerte due opzioni, o spostarsi in uno dei nuovi appartamenti costruiti dal Comune, o accattare la somma di cinquemila reais per lasciare la casa. Questo procedimento non è stato semplice, ma ne verranno approfonditi i motivi nell’ultimo capitolo. Le persone che hanno scelto la prima opzione sono state spostate temporaneamente (fino ad un massimo di due anni) in alcuni appartamenti, normalmente in altre zone, per le quali il Comune paga un affitto (Aluguel social, si aggira tra gli ottanta e i cento reais circa, a parte restano le spese delle utenze). Una volta terminati i nuovi appartamenti nella Comunità, gli vengono assegnati. A questo punto le persone pagheranno un affitto minimo durante venti anni, solo allora ne saranno proprietari a tutti gli effetti. Alcune persone non accettano di trasferirsi in un appartamento, mentre chi accetta spesso lo 84 fa perché l’affitto della casa dove vive molto caro, può arrivare anche oltre ai quattrocento reais. Si trova una situazione di forte speculazione degli affitti interna alla Comunità, effettuata dai proprietari delle case. Questo perché in primo luogo non c’è alcun tipo di controllo, secondo perché la zona è stata molto rivalutata ultimamente, verrà costruita a pochi passi una fermata della metropolitana e questo rappresenta un incentivo per l’aumento spropositato degli affitti. Le iniziative che sono state attuate negli ultimi anni, sia a livello nazionale che regionale, sono molte e come abbiamo visto hanno un’attitudine diversa nei confronti delle persone alle quali si rivolgono, un aspetto nuovo e fondamentale è la ricerca del dialogo con loro, della volontà di conoscerle e di avere uno scambio di idee che porti a delle soluzioni. Questo aspetto viene sottolineato inoltre dall’esistenza del “Conselho Gestor”, il quale è composto da un certo numero di funzionari pubblici, 104 un avvocato, alcuni rappresentati della popolazione e alcuni rappresentanti delle Ong che operano sul territorio. Periodicamente vengono effettuate delle riunioni per discutere dei problemi esistenti, delle varie richieste, e dei dubbi. Una delle principali critiche, è che il gruppo che rappresenta il Comune si presenti già con delle decisioni prese, senza coinvolgere realmente la popolazione. Oppure che è molto difficile prendere parola e farsi ascoltare. Ho assistito ad una di queste riunioni a Paraisópolis, ho riscontrato una situazione piuttosto agitata, ma con molta volontà di partecipazione. Probabilmente è vero che molte delle proposte che provengono dal Comune sono presentate in modo arbitrario e con poco spazio per la libertà di scelta, ma l’esistenza del Conselho rappresenta una possibilità di espressione, sono passi avanti rispetto a una situazione precedente fatta di totale indifferenza da parte delle Istituzioni. Un altro dubbio che viene sollevato, e che probabilmente qualcosa di concreto ha, è l’aspetto politico che rappresenta il progetto di urbanizzazione di una favela come Paraisópolis, la seconda più grande della città, situa ta nel mezzo di uno dei quartieri più ricchi, il progetto ha trovato in questo modo molta diffusione. Ma come abbiamo spiegato sopra, teoricamente, non dovrebbe essere legato ad una particolare amministrazione, ma procedere al di là delle influenze politic he. Questo è quello che 104 Vedi la normativa riguardante il Conselho Gestor in allegato, all’interno dei documenti. 85 si spera, che non venga usato come propaganda per i diversi sindaci che si succederanno. Il progetto è in realtà molto vasto e non include solo i complessi più grandi come Heliópolis e Paraisópolis, ma anche realtà più piccole. 2.6 Conclusioni Capitolo II Questo secondo capitolo ci è servito per fare luce in modo più approfondito sul campo di studi. Abbiamo scelto di partire da una prospettiva macroscopica per comprendere alcuni fenomeni che hanno portato alla formazione delle princ ipali città in America Latina, analizzando criticamente le teorie della dipendenza e della marginalità. Siamo andati così a restringere ulteriormente il campo andando a cercare le ragioni storiche e sociali che hanno portato la città di São Paolo alla sua forma ed al suo ruolo attuali all’interno del Brasile. Si è evidenziato un suo cambiamento molto rapido, sia dal punto di vista economico che urbanistico, da piccolo paese di passaggio è diventato uno dei conglomerati urbani più grandi al mondo. L’istallazione di un sistema industriale, nato in seguito al boom del caffè, non è riuscito ad assorbire tutta la forza lavoro presente sul territorio, alimentando delle nicchie di produzione informali, che abbiamo però analizzato come parte integrante dello stesso sistema capitalista. Siamo quindi arrivati alla conclusione che non si tratta di zone parassitarie, ma al contrario zone che sono attive economicamente e che servono al sistema capitalista per alimentarsi. Questo ci ha portati a restringere ulteriormente il campo di studi, andando a toccare effettivamente il centro della ricerca, cioè le favelas. Si tratta di un paragrafo fondamentale perché si occupa di decostruire una serie di stereotipi che sono nati insieme al termine “favela” e che nella maggior parte dei casi non rappresentano più la realtà o creano delle barriere che giustificano attraverso una nomenclatura, una problema sociale. L’analisi della formazione storica della Comunità di Paraisópolis e del suo quartiere Grotão ci conducono al campo effettivo di ricerca. L’uso della parola Comunità si inserisce in una dinamica di cambiamento che la favela sta vivendo al suo interno e nei confronti dell’esterno, durante la quale si sente di allontanarsi dalle accezioni negative che il termine “favela” porta con sé, avvicinandosi a quella che appartiene invece la parola “quartiere”. Comunità inoltre denota un senso di unione e di obiettivi comuni, aspetti che in effetti il quartiere non porta immediatamente con sé. A questo proposito è 86 stato utile analizzare la relazione e l’attitudine che il Comune di São Paulo ha mostrato negli anni nelle sue politiche abitative e nei confronti delle favelas, aspetti che sono cambiati e che hanno portato alla formulazione di un ambizioso programma urbanistico. Questo ci porta, dopo avere un quadro più chiaro delle relazioni tra i diversi aspetti che hanno portato alla situazione attuale, al prossimo capitolo, dove, nello specifico, andremo ad analizzare le dinamiche di cambiamento in atto nel Grotão, attraverso le voci narranti dei suoi abitanti o ex abitanti, per capire come percepiscono le modifiche che sono state fatte e si stanno ancora facendo sul territorio. 87 Capitolo III Una favela in transizione: analisi delle dinamiche di cambiamento urbano e d’identità comunitaria attraverso la narrazione delle storie di vita La città è in continuo cambiamento, c’è sempre qualcosa di nuovo, di antico ma da rinnovare, o magari di appena costruito. Come gli oggetti, anche gli spazi e le persone cambiano, si muovono, si spostano e nei loro movimenti creano percorsi, tracciano linee di diverse città nella città. In alcune zone, come nelle favelas, alcune cose cambiano ancora più rapidamente, spesso per mano dei propri abitanti, spesso per spinte esterne. La casa è il proprio spazio, che viene gestito con grande libertà di azione. Quando è possibile si allarga, si compra la casa affianco, si pensa di “occupare” un nuovo terreno per i propri figli che si sposano. È un sistema che ha delle regole da seguire, si tratta di un mercato immobiliare regolato, ci sono proprietari venditori, acquirenti, si fanno dei contratti che potremmo definire come delle scritture private. A livello statale non hanno valore, ma internamente sì, chi compra un terreno o una casa paga con i propri soldi e acquista un be ne che ritiene proprio. Dal momento in cui interviene il Comune attraverso la “regularização” automaticamente si entra nel sistema legale statale, ogni bene è registrato a proprio nome, c’è meno libertà d’azione, a meno che non si decida di rientrare nel s istema precedente. Per questa motivazione, ma non solo, alcune persone cercano di sfuggire a questo procedimento per mantenere un certo grado in più di libertà. Si tratta di un discorso piuttosto complicato, racchiude in sé molteplici sfumature, non c’è un’opinione unica a riguardo, per questo motivo è meglio analizzarle attraverso le voci di alcuni dei suoi abitanti, insieme ad una voce esterna, ma molto coinvolta, quella di Maria Tereza Diniz dos Santos, coordinatrice del progettodi urbanizzazione di Paraisópolis, all’interno della Secretaria Municipal de Habitação (Sehab). L’intero progetto inizia ad essere concepito a partire dal 2005, quando l’attuale gruppo della Sehab, insieme ad altri organi comunali e con l’aiuto di alcuni tecnici, come ingegneri, architetti, urbanisti, economisti, subentra all’amministrazione precedente. 88 C’era allora un progetto di urbanizzazione delle favelas in atto, il quale prevedeva però un alto tasso di rimozioni delle famiglie dalle proprie case: “Quando a gente entrou no começo de 2005, existia um projeto que vinha sendo desenvolvido pela gestão anterior que a gente revisou porque ele tinha um percentual de remoção muito alto, ele removia 30% das famílias, então a gente revisou para minimizar as remoções, mantendo as famílias o mais possível nas suas casas ne, que è uma das diretrizes do programa de urbanização, conseguimos reducir essa taixa para 12% de remoções, remoções e reassentamento ne..” 105 . Qui Maria Tereza Diniz spiega come uno dei principali obiettivi della nuova amministrazione e del nuovo progetto che si stava costruendo fosse quello di limitare, dove possibile, la rimozione delle famiglie. Con il termine “rimozione” si intende quel processo che prevede lo spostamento delle persone dalle proprie case, per riallocarle nella maggior parte dei casi in appartamenti costruiti dal Comune. Dove possibile, perché si presentano alcuni casi in cui le abitazioni sono collocate in aree a rischio. Questo significa che occupano aree che possono compromettere la stabilità della casa o alterare le condizioni ambientali. La Sehab in questo caso ha assunto una posizione diversa rispetto al passato, riconoscendo l’importanza che la casa assume, superando quell’idea che comunemente si ha osservando dall’esterno, per cui vivere nelle favela significa vivere male, in condizioni molto disagiate, dove la casa rappresenta solo un tetto per coprirsi. Questo non significa che non ci siano spesso oggettivi problemi da risolvere, ma in molti casi riguardano l’esterno della casa, come le strade, le fognature o i servizi. Con questo non si vuo le nemmeno affermare che la proposta di vivere in un appartamento venga da tutti rifiutata. Ma è fondamentale superare l’idea che una casa nella favela non sia una casa come le altre, 105 Maria Tereza Diniz dos Santos: “Quando subentrammo all’inizio del 2005, esisteva un progetto che era stato sviluppato dalla precedente amministrazione che modificammo , perché aveva una percentuale di rimozioni molto alta, prevedeva la rimozione del 30% delle famiglie, così lo modificammo minimizzando le rimozioni, mantenendo le famiglie il più possibile nelle proprie case, che è una delle direttrici del programma di urbanizzazione, riuscimmo a ridurre questo indice al 12% delle rimozioni, ma rimozioni con re-insediamento eh..”. 89 che non abbia valore per chi la abita. A questo proposito è molto interessante la ricerca svolta dalla fotografa Renata Castelo Branco, effettuata nell’arco di due anni a Paraisópolis, nella zona del Grotinho, con la quale l’artista ha voluto mostrare la cura messa nei dettagli all’interno delle case da parte dei suoi abitanti. Alcuni esempi vengono mostrati sotto, naturalmente le modifiche interne dipendono molto anche dalle possibilità economiche di ognuno e la ricerca della Branco si concentra in particolare sulla popolazione proveniente dal Nord Est del Brasile. Ma questo influisce solamente sulla presenza di alcuni oggetti in comune, no n sull’importanza che riveste la casa. È comune pensare che se esternamente la casa non vie ne dipinta, non viene ultimata, all’interno avvenga la stessa cosa, ma non è così. Forse all’inizio, quando si arriva nella favela di solito si inizia a vivere in una baracca di legno, che probabilmente rimarrà spoglia per diverso tempo, ma se si vivrà lì per diversi anni in quella casa il suo interno assumerà una forma personale. È l’interno la parte dove si passa più tempo, dove si vive maggiormente la casa, che sia una capanna di legno o una casa in muratura. 90 Alcune foto di Renata Castelo Branco, scattate all’interno delle case del Groti nho, Par aisópolis. Tornando al discorso del nuovo progetto della Sehab e del comune di São Paulo, con uno sguardo più cinico si potrebbe anche pensare che si tratta piuttosto di un’azione mossa per convenienza, perché le rimozioni sono molto più onerose per il Comune rispetto alla fornitura dei servizi urbanistici di base. Sicuramente il Comune deve ragionare anche in questo senso, circa il 30% della popolazione urbana attualmente vive in quelli che vengono definiti “assentamentos precarios” (insediamenti precari), questi includono favelas, cortiços e loteamentos iregulares: “São 1060 favelas mais ou menos e 1006 loteamento irregulares, è o 30% da população da cidade. É muito.. mas tem graus diferentes ne de precariedade, não significa que todos estão em condições horríveis de infra-estrutura ou de risco, tem algumas que sò precisam de algumas coisinhas pequenas para se tornar regular..”. 106 Si tratta di una percentuale molto alta e il progetto si occupa di tutte queste aree, delle quali certamente ognuna presenta necessità di grado differente, ma in ogni caso i piani di investimento sono sicuramente onerosi e molto complicati. Le politiche di sgombero e rimozione degli abitanti di queste zone, si dimostrano a questo punto inutili. Andando però oltre a questa visione più materialista, questa équipe dimostra comunque una maggiore sensibilità ed interesse rispetto al passato, partendo dalla 106 Maria Tereza Diniz: “Sono 1060 le favelas più o meno e 1006 lotti irregolari , è il 30% della popolazione della città. È molto.. ma ci sono gradi differenti di precarie tà eh, non significa che tutti sono in condizioni orribili per le infrastrutture o in condizioni a rischio, ci sono alcune che hanno bisogno solo di piccole cose per diventare regolari..”. 91 volontà di conoscere le persone che abitano queste zone, creando un rapporto duraturo e cercando di capirne le esigenze e i desideri. Chiedendo il grado di coinvolgimento della popolazione nei progetti del Comune, Maria Tereza Diniz risponde in questo modo: “Ah è super envolvido.. No começo, os dois três primeiros anos a gente fazia muitas reuniões na Comunidade, conseguir a credibilidade foi difícil, porque eles vinham de varios governos que prometiam que iam fazer obras e nunca faziam de fato, então a gente chegou a fazer por ano mil reuniões, mais cinco mil atendimentos por ano.. atendimentos individuais de pessoas que vão lá para tirar duvidas com assistentes sociais. Agora realmente o foco na conversação è muito grande porque á precisavam porque eles não acreditavam que a gente ia fazer unidades lá mesmo, tinha aquele boato que iam a mover tudo mundo, então è cumplicado. Mas hoje em dia eles estão super envolvidos, tem um Conselho Gestor que tem reuniões.. A gente está sempre ajustando ne a demanda do que eles pedem, sendo possível logico as vezes não dá..”.107 Il “Conselho Gestor” è composto da un gruppo di persone che ha in generale come scopo quello di proteggere e mantenere un determinato ambiente. Possono essere presenti in diverse situazioni e le decisioni che vengono prese dai propri membri hanno valore politico. Nel caso che ci riguarda, il Conselho Gestor è costituito da alcuni membri che rappresentano i diversi settori comunali coinvolti, dalle Ong che operano in quel territorio, dagli avvocati, e da alcuni rappresentanti della Comunità in questione. La loro presenza nasce dall’esigenza di avere una maggiore 107 Maria Tereza Diniz: “Ah è molto coinvolto.. All’inizio, i primi due tre anni, facevamo molte riunioni, ottenere credibilità fu difficile, perché loro erano reduci di governi che promettevano che avrebbero fatto dei lavori, ma di fatto non li facevano mai, così arrivammo a fare mille riunioni all’anno, e più di cinquemila incontri all’anno, incontri individuali per le persone che vanno là per togliersi i dubbi con gli assistenti sociali. E’ davvero molto importante concentrarsi sulla conversazione, perché ne avevano bisogno, perché non credevano che avremmo fatto uni tà (abitative) proprio là, girava quella voce che diceva che avremmo spostato tutti, è complicato. Ma ad oggi sono molto coinvolti, hanno un Consiglio che fa riunioni.. cerchiamo sempre di regolarci in base alle loro richieste, quando è possibile logicamente, a volte non lo è..”. 92 comunicazione tra l’amministrazione comunale e gli abitanti della Comunità. Si tratta di un mezzo di comunicazione, ma anche di un organo politico con il quale gli abitanti possono esprimere la propria presenza, politica appunto, attraverso una via più equilibrata. Vengono fatte periodicamente delle riunioni nella Comunità, alle quali possono partecipare tutti gli abitanti, dove si discutono i temi di maggiore priorità. Maria Tereza Diniz sottolinea, nell’ultima parte dell’intervista riportata che, quando la Sehab iniziò a studiare un progetto per Paraisópolis tra il 2005 e 2006, non fu facile creare un rapporto di fiducia con la popolazione. Secondo lei le amministrazioni passate avevano creato negli anni molte aspettative mai concretizzatesi, diffondendo una certa disillusione nei confronti delle Istituzioni. Molto spesso ho sentito dire dagli abitanti della Comunità, in certi casi anche con un’amara ironia molto consapevole, come ad esempio da Maria da Glória durante la nostra passeggiata per la Comunità, che durante le elezioni comunali o regionali, le Comunità diventano uno degli spazi più frequentati dai politici che fanno promesse delle quali poi non si sente più parlare. Inoltre, da quello che ho potuto notare, la sfiducia proviene anche dalle politiche adottate fino agli anni novanta, le quali non prevedevano alcun tipo di coinvolgimento attivo della popolazione, né alcun piano sociale, ma solamente rimozioni o nessun tipo di relazione. “Eu acho, no começo acho que eles tinham muito medo dos projetos..Eles tinham medo dos projetos que tinham feitos como o Cingapura, que o trabalho público não fosse tão.. è um trabalho feito, construido todo com eles, então o arquiteto faz o projeto, leva na Comunidade, eles falam que eles gostaram, que eles não gostaram, a gente vai mudar, a gente ajuda, ajusta. Por exemplo a gente queria fazer o ginásio vertical lá para o esporte que a Comunidade pediu que mudasse..vai ser uma escola de música porque eles pediram para mudar porque tinha mais a ver com aquilo que queriam como perfíl da Comunidade.”108 108 Maria Tereza Din iz: “Io credo, all’inizio credo che loro avessero molta paura dei progetti.. Avevano paura dei progetti che erano stati fatti come il Cingapura, che il lavoro pubblico non fosse molto..è un lavoro fatto, costruito interamente con loro, così l’architetto fa il progetto, lo porta alla comunità, loro dicono se gli è piaciuto, se non gli è piaciuto, e noi lo cambiamo, lo regoliamo. Per esempio, noi volevamo fare la palestra verticale là (Grotão), per lo sport ma la Comunità chiese di 93 Secondo la Diniz, quindi all’inizio le persone avevano paura dei nuovi progetti del Comune. Fino a quel momento quello che era stato fatto faceva soprattutto parte di due programmi di urbanizzazione delle favelas del Comune, il programma Guarapiranga, che si occupava soprattutto delle aree a rischio socio-ambientale vicine alla diga Guarapiranga, che venne successivamente rinominato Programa Mananciais includendo anche la zona della diga Billings; e il programma Cingapura, che prevedeva la costruzione di blocchi di palazzi, tutti uguali in ogni Comunità che aveva bisogno di alloggi. Questi erano tra i primi grandi programmi di urbanizzazione della città di São Paulo, per le fasce a basso reddito. Ma erano senza un grande coinvolgimento della popolazione e senza un programma urbanistico adeguato. “..Esse tipo de programa começou quando existia na época dos noventa, noventa e quatro o programa Guarapiranga, você já ouvi falar? Foi o primeiro grande programa de urbanização de favelas da Prefeitura de São Paulo, na mesma época, foi um pouquinho antes, mas foi no mesmo período do Favela Bairro no Rio de Janeiro de grande escala ne, então o Guarapiranga urbanizou mais de cem favelas e tal. De aí ficou um pouco de lado na Prefeitura não era mais de grande prioridade para a gestão anterior e aí em 2005 foi retomado com grande força.. Faziam obras, mas era meio aleatório, aí não sei quem diz que a favela tal precisa urbanizar. (Pergunta: Isso porque não tinha um plano comum ne?) Isso aconteceu com a gente até o final da decada dos noventa da época do Maluf começou o Cingapura aqui em São Paulo e na cidade construiu vinte e dois mil apartamentos identicos que são os cingapures. O Cingapura tem as vantagem dele não acho que seja um projeto ruim como arquitetura, mas como urbanismo è horrível porque eles não têm nenhuma relação com a cidade com o chão, com as ruas sabe, ele posa no chão e a favela em volta, não tem um tratamento sabe do urbanismo, não tem nenhum olhar pro urbanismo, desenho urbano e aí quando começou em 2005 essa primeira gestão do Serra-Kassab, a diretriz da secretaria falou que não ia fazer mais Cingapura, nós cambiarlo.. sarà una scuola di musica perché loro hanno chiesto di cambiarla perché ha più a che vedere con quello che vorrebbero fosse il profilo della Comunità..”. 94 vamos contratar arquitetos que desenvolvam projetos especificos para cada Comunidade para cada terreno ne, que sejam adecuados para cada perfíl de cada lugar. E aí a gente sofreu muito no começo, porque a Prefeitura estava acostumada em fazer Cingapura então não tinha diretrizes de projeto, então o arquiteto começava projetar mas não sabia o que a Prefeitura como cliente queria que ele projetasse, então a gente criou um grupo de projetos em 2009 e escreveu as diretrizes do projeto para a edificação e agora estamos terminando a parte de urbanização de favelas a parte de infra-estruturas de urbanismo, tem um padrão são requerimentos mínimos de qualidade que a gente exije como Prefeitura, depois cada área tem suas caracteristicas.. Foi muito difícil esse trabalho, muito difícil, eu cordeno esse trabalho aqui na Sehab então foram varios workshops internos com os asistentes socias os engenheiros os arquitetos, todo mundo discutiu para construir pesquisas, a sistematização do que a gente vinha fazendo..então esta sendo um trabalho muito rico..”109 . 109 Maria Tereza Diniz: “..Questo tipo di programma iniziò quando esisteva all’epoca degli anni novanta, novantaquattro il programma Guarapiranga, ne hai già sentito parlare? Fu il primo grand e programma di urbanizzazione delle favelas del Comune di San Paolo, nella stessa epoca, fu un pochino prima, ma fu nello stesso periodo del Favela Barrio di Rio de Janeiro su grande scala eh, così il Guarapiranga urbanizzò più di cento favelas e così via. Da quel momento venne messo in un angolo dal Comune non era più di grande priorità per la gestione anteriore e così nel 2005 fu ripreso con grande forza.. Facevano costruzioni, ma era piuttosto aleatorio, non so chi ha detto che la tal favela ha bisogno di essere urbanizzata. (Domanda: questo perché non c’era un piano comune giusto?) Questo ci successe fino alla fine degli anni novanta, all’epo ca di Maluf iniziò il Cingapura qui a San Paolo e nella città si costruirono ventiduemila appartamenti identici che sono i cingapures. Il Cingapura ha i suoi vantaggi, non credo che sia un brutto progetto come architettura, ma come urbanismo è orribile perché non hanno nessuna relazione con la città il suolo, con le strade sai, lui si poggia sul suolo e la favela intorno, non si occupa di urbanismo sai, non c’è nessuno sguardo all’urbanismo, disegno urbano e così quando iniziò nel 2005 questa prima gestione Serra-Kassab, la linea direttrice della Segreteria diceva che non si sarebbero più fatti Cingapura, ma avremmo contrattato architetti che avrebbero sviluppato progetti specifici per ogni Comunità per ogni terreno eh, che fossero adeguati per il profilo di ogni luogo. E così soffrimmo molto all’inizio, perché il Comune era abituato a fare Cingapura quindi non aveva direttrici per il progetto, così l’architetto iniziava a progettare ma non sapeva quello che il Comune come cliente voleva che lui progettasse, così abbiamo creato un gruppo per i progetti nel 2009 e abbiamo scritto le direttrici di progetto per 95 Quindi i primi interventi di urbanizzazione nelle favelas si occupano soprattutto della costruzione di nuovi palazzi, come dice la Diniz, senza però un interesse negli aspetti urbanistici, senza ricercare un modo per inserirli in modo armonico all’interno delle Comunità. I primi interventi urbanistici a Paraisópolis sono stati fatti da quest’ultima amministrazione a partire dal 2005, con uno studio del territorio e dal 2006 concretamente con l’inizio dei primi lavori. Questi ultimi hanno riguardato il sistema fognario, elettrico e dell’acqua. Sono state evidenziate le zone a rischio, soprattutto legate a problemi di drenaggio dell’acqua, slittamento dei terreni, pe ricolose per chi ci abitava, per le quali si dovevano trovare soluzioni alternative. In seguito, sono state attuate altre riforme, quali ad esempio asfaltare le strade. Sono lavori che durano a lungo, ci sono diverse fasi che si devono seguire per riuscire a portarli a termine. “..Paraisópolis já está com seis anos de obras, ainda falta um ou dois anos para terminar então não è tão rapido assim mas está bem concentrado ne. (Pergunta: agora em Paraisopólis a que punto chegou a regularização?) Quando a gente entrou em 2006 na obra, a gente tinha 16% de esgoto e 52% de água, obras de infraestrutura ne de saneamento. Hoje a gente tem 75% de esgoto e 85% de água então já está quase no final, já melhorou bastante, a gente já entregou mais ou menos metade das unidades habitacionais e estamos construindo a outra metade..”110 la edificazione e adesso stiamo ultimando la parte di urbanizzazione delle favelas la parte delle infrastrutture di urbanismo, c’è un modello di requisiti minimi di qualità che noi esigiamo come Comune, dopo ogni area ha le sue caratteristiche.. Fu molto difficile questo lavoro, molto difficile, io coordino questo lavoro qui alla Sehab così facemmo diversi workshop interni con gli assistenti sociali gli ingegneri gli architetti, tutti discutendo per costruire delle ricerche, la sistematizzazione di ciò che avremmo fatto..quindi fu un lavoro molto ricco..”. 110 Maria Tereza Diniz: “..Paraisópolis ha già alle spalle sei anni di lavori, ne mancano ancora uno o due per finire quindi non è così rapido ma è molto concentrato eh. (Domanda: adesso a Paraisópolis a che punto è arrivata la regolarizzazione?) Quando abbiamo iniziato i lavori nel 2006, avevamo il 16% di fognature e il 52% di canalizzazione dell’acqua, lavori di infrastruttura eh di bonifica. Oggi abbiamo il 75% di fognature e l’85% di acqua quindi siamo già quasi alla fine, è già migliorato 96 Se all’inizio c’era molta diffidenza nei confronti del Comune, andando avanti si è creato invece un rapporto di comunicazione, magari non sempre facile, raggiunto dopo diversi incontri e dopo la presentazione di iniziative concrete. Maria Tereza Diniz racconta anche in che modo sono cambiati gli argomenti di conversazione durante questi anni alle riunioni del Conselho Gestor: “..è engraçado ver as mudanças assim das.. especialmentes as discussões, sabe das reuniões, quando a gente começou era habitação, habitação habitação habitação, juntinho a que não sabiam quem a gente fosse.. porque eles não estavam vendo ainda predios sair do chão, ainda estava com projetos, então não acreditavam, brigavam brigavam pela habitação, depois passou uma fase que eles queriam uma escola, Creche e tal, a briga era essa e saúde e aí a gente coseguiu construir..70% das vagas de escola que existem hoje em Paraisópolis foram feitas nessa gestão, a gente fez muitas escolas e ainda vai fazer mais.. Aí hoje em dia, já a discussão tem a fase do trânsito dos conjestiomentos internos de estacionamentos e tal que a gente conseguiu melhorar, ajustou parcialmente a circulação viaria, o mão contramão, não está perfeito ainda, mas já organizou bem.. E agora tem uma discussão muito legal que è uma discussão de calçadas, que acho muito legal, deles pedirem para organizar as calçadas, que antes a gente tentava organizar e eles não dechavam e agora eles já viram a importancia do pedestres, não necesariamente de ter calçadas, mas de fazer um desenho urbano que seja confortável e seguro prioritariamente pro pedestre e não pro carro, então è muito legal, você ve a evolução das prioridades.. Agora que já conseguiu habitação, escolas, saúde.. que mais que eles vão querendo. Vai ter o metrô que também foi uma luta da Comunidade, grande ne, que vai ter agora, monotrilho que vai passar pela avenida Perimetral vai ter duas estações em Paraisópolis, então são lutas sucessivas ne, mas è uma Comunidade que mudou muito num prazo de tempo muito curto em comparação com outras densidades..”111 . abbastanza, abbiamo consegnato più o meno la metà delle unità abitative e stiamo costruendo l’altra metà..”. 111 Maria Tereza Din iz:“..è interessante vedere i cambiamenti così delle.. specialmente delle discussioni, sai delle riunioni, quando iniziammo era abitazioni abitazioni abitazioni abitazioni, 97 Ci viene così descritto come è cambiata la relazione con i rappresentanti del Comune dall’inizio del progetto. Il rapporto di fiducia è stato creato dalla dimostrazione di serietà dell’impegno preso dal Comune, che viene percepito e considerato reale dalla popolazione nella costruzione di nuovi palazzi dove c’era la necessità e nella regolarizzazione delle proprietà dei terreni. Quindi la fiducia viene testata attraverso opere concrete che riguardano in primo luogo la casa per la popolazione. Rappresenta quindi chiaramente l’aspetto più importante e più urgente nella scala dei bisogni primari. Nel momento in cui il Comune inizia a pensare a delle riforme per la Comunità il bene principale per il quale si teme e per il quale si andranno a fare richieste è la propria abitazione. Non sapendo a cosa si può andare incontro, si teme la rimozione senza riallocazione o la mancanza effettiva di nuovi alloggi. Per questo la fiducia viene stabilita in base alla loro creazione e alla presenza di chiare regole per regolarizzare la proprietà della casa. Durante la riunione del Conselho Gestor ho notato che gli avvocati presenti spiegavano agli abitanti della Comunità, seguendo delle slide, le procedure di regolarizzazione, affermando di aver già ripetuto quelle insieme al fatto che non sapevano chi fossimo.. perché non stavano ancora vedendo iniziare i lavori per i palazzi, avevamo ancora solo i progetti, così non ci credevano, così discutevano per le abitazioni, dopo si passò per una fase durante la quale volevano una scuola, l’asilo nido e così via, la discussione era questa e la salute e poi noi riuscimmo a costruire.. il 70% dei posti nelle scuole che esistono oggi a Paraisópolis sono stati creati da questa gestione, abbiamo fatto molte scuole e ne faremo ancora di più. Oggi la discussione è nella fase del traffico e dei problemi di transito interno, dei parcheggi e così via, che riuscimmo a migliorare, abbiamo sistemato parzialmente la circolazione viaria, senso unico e doppi sensi, non è ancora perfetto ma ha già riorganizzato abbastanza. E adesso c’è una discussione molto interessante che è la discussione sui marciapiedi, trovo molto interessante che loro chiedano di organizzare i marciapiedi, prima noi provavamo ad organizzarli, ma loro non ci permettevano di farlo, adesso invece hanno visto l’importanza dei pedoni, non per forza di avere marciapiedi ma di fare un disegno urbano che sia confortevole e sicuro principalmente per i pedoni e non per le macchine, così è molto interessante, puoi vedere l’evoluzione delle priorità.. Adesso che sono riusciti ad avere le case, le scuole, la salute.. cos’altro potranno desiderare? Ci sarà la metropolitana, anch’essa fu una lotta della Comunità, grande eh, che verrà fatta in questo periodo, la monorotaia passerà per la strada Perimetral (che segue il confine della Comunità) che avrà due stazioni a Paraisópolis, così si tratta di lotte successive eh, è una Comunità che cambiò molto in uno spazio di tempo molto corto rispetto ad altre densità..”. 98 cose diverse volte negli ultimi mesi. Inoltre alla parola “concessão de uso” e non “propriedade” si scatenavano molti quesiti e un po’ di agitazione generale. Quindi alcune persone hanno ancora bisogno di spiegazioni, forse più per una rassicurazione che per conoscere il procedimento, fatto che si nota anche dalla paura e polemica che scatena il termine “concessão” che non fa pensare ad una proprietà ma ad un terreno che rimarrà del Comune, il quale ne concederà solamente il suo uso a chi vi abita. Come abbiamo visto nel precedente capitolo la “concessão de uso” è a tutti gli effetti una proprietà che può essere data in eredità e venduta liberamente, si tratta solo di una denominazione differente per problemi di definizioni a livello legale. In quanto viene riconosciuto, secondo una nuova legge, come proprietario il Comune e non un privato, il quale cederà in un momento successivo le terre agli abitanti attuali. In ogni caso si percepisce che la totale fiducia è molto difficile da ottenere, ma questo aspetto non è del tutto negativo, in quanto ha creato la consapevolezza nei propri diritti all’interno della popolazione della Comunità, che porta anche a lottare per questi ultimi. Nel momento in cui si è visto che il Comune sta costruendo i nuovi palazzi e che qualcuno ci sta già vivendo, si può passare a discutere di altre necessità, come le scuole, l’asilo nido, la salute. Allora la consapevolezza di poter discutere ed essere ascoltati porta a farlo come un gruppo. A Paraisópolis c’è molta volontà partecipativa da questo punto di vista, chiaramente non da parte di tutti o con le stesse idee, ma spesso sono state ottenute delle cose attraverso manifestazioni all’interno della Comunità, episodi che hanno potuto avere una grande visibilità grazie alla presenza di un giornale on- line e di una radio. Come ad esempio l’apertura degli ambulatori e la costruzione dell’ospedale, molto richiesta dalla popolazione, come mi raccontava Nelsa, un’abitante della Comunità, molto attiva politicamente: “..Tinha aqui o Ama, o Posto de saúde e o Caps, essas três entidades prontas já há um ano atrás com os funcionarios a tarde e não abria, fizemos uma passeata de panelatas, batendo panelas e chegamos lá e aí veio o jornalista tudo, nos fizemos na terça e outra na quinta, aí na quarta feira a tarde ligaram pro Juiz, não precisa fazer, nos já vamos abrir, ai abriu o ama e depois foi abrindo todo direitinho e aí falou se não ia fazer nada ali continuavam sem abrir nada. (Pergunta: também tem o hospital Einstein ne?) Eh, mas esse Einstein è só pras criançinhas e a gente quer um 99 hospital porque temos um mais perto mas ele è contramão pra a gente, a pirua de aqui não passa lá, tem que trocar de pirua e quando as pessoas não tem condições para ir fica difícil para eles e è contramão então a gente acha que não temos, tanto na época do Lula, tanto na época do Kassab, todos eles concordaram ne e assinou tudo ne, para que nós temos um hospital aqui, então já tem o local para fazer o hospital.. Vai ficar aqui, nesse lado, no lado do Ama e a gente está ajudando para isso, pegamos as assinaturas de novo para mandar, entre os moradores, porque tem seis mil pessoas que moram aqui, se não tiver mais ne..”112 . Nelsa racconta che durante un anno le strutture costruite per essere adibite ad ambulatori erano rimaste chiuse, così insieme agli abitanti, soprattutto delle zone limitrofe, si ribellarono mostrando il proprio disagio con una marcia di protesta nella Comunità. Attraverso questa manifestazione hanno ottenuto l’apertura effettiva delle strutture. Inoltre si sono impegnati nella raccolta firme per la costruzione di un ospedale perché quello più vicino è molto difficile da raggiungere, soprattutto nei casi di emergenza. Il gruppo, in quanto Comunità, si riunisce per risolvere problemi comuni, per gli stessi obiettivi, creando un gruppo che ha una certa influenza. Si è passati quindi da una relazione di diffidenza, al comprendere che si potevano ottenere effettivamente delle cose, sempre con un filo di sospetto. Come diceva la 112 Nelsa: “Qui c’era l’Ama, l’ambulatorio e il Caps, queste tre entità già pronte un anno fa con i funzionari nel pomeriggio e non apriva, abbiamo fatto così una marcia di protesta con le padelle, sbattendo le padelle e siamo arrivate là e là erano venuti i giornalisti, l’abbiamo fatta di martedì e un’altra di giovedì e poi mercoledì hanno chiamato il giudice che ha detto che non c’era bisogno di farlo che stavano per aprire, così l’Ama aprì e dopo aprì tutto correttamente e disse che se non avessimo fatto nulla là avrebbero continuato senza aprire nulla. (Domanda: C’è anche l’ospedale Einstein vero?) Eh, però quello è per bambini piccoli e noi vogliamo un ospedale perché ne abbiamo uno più vicino ma è contromano per noi, l’autobus di qui non passa là, bisogna cambiare autobus e quando le persone non sono in condizione di andarci è difficile per loro ed è contromano per questo noi pensiamo di non averlo, sia nell’epoca di Lula che di Kassab, tutti loro concordarono eh e firmarono tutto, per far sì che avessimo un ospedale qui, così abbiamo già un locale dove fare l’ospedale.. Sarà qui, in questo lato, nel lato dell’Ama e noi stiamo aiutando a questo scopo, abbiamo raccolto le firme di nuovo per mandarle, tra gli abitanti, perché ci sono seimila persone che abitano qui, se non di più..”. 100 Diniz, i discorsi durante le riunioni sono cambiati nel tempo, passando dalla casa, agli aspetti urbanistici, alla scuola e alla salute. Arrivando poi a quelli che sono aspetti secondari, come ad esempio la regolazione del traffico e la costruzione di un piano urbanistico che comprenda i marciapiedi, oppure la costruzione di una scuola di musica. Si tratta di una lunga fase di cambiamenti, modifiche strutturali della Comunità. Paraisópolis nasce negli anni sessanta e una prima relazione continuativa con il Comune verrà creata nel 2005. Si tratta di un lungo lasso di tempo, composto da tante immagini diffuse delle favelas, tanti stereotipi, scene di rimozioni scontri con la polizia viste alla televisione o vissute di persona. È anche tutto questo che deve essere ricostruito. Per quanto riguarda il Grotão, si tratta di una delle zone che sta attraversando i maggiori cambiamenti a livello urbanistico nell’ultimo periodo. Il Grotão si vede subito arrivando da una via che porta alla Comunità passando dal quartiere Morumbi, svoltando sulla destra si apre, ad un primo sguardo, come una piccola valle solo di terra rossa che discende la collina, a quel punto si avrà di fronte il Grotão, che la risale dal lato opposto. Non ti permette di vedere cosa c’è oltre, se gli dai le spalle vedi il parco di Morumbi e alcuni palazzi alti, una scuola sulla sinistra e lo sterrato davanti, gli operai al lavoro. Se lo guardi vedi la Comunità con le sue case di mattoni rossi e a destra i nuovi palazzi del Comune in costruzione. Nella pri ma foto: veduta del Gratão e dei nuovi pal azzi. Nella seconda: pros petti va dalla Casa da Amizade, dove ora c’è terra battuta, pri ma c’erano solo case. La linea di confine tra i lavori e le abitazioni è evidente, alcune case sono in piedi a malapena, molto rovinate, sono disabitate e sicuramente verranno abbattute. Tutti mi raccontano che prima non era così, prima era tutta Comunità, anche davanti alla Casa da Amizade, che è quasi al confine. Erano tutte casette fitte, era più difficile passare 101 con la macchina, si lasciava in un punto e si proseguiva a piedi per raggiungere l’associazione. Il Comune inizia i lavori lì circa quattro anni fa e toglie molte case, tra le quali quelle di Nelsa: “..Vim pra cá e comecei morando num lugar que se chama “Pozo fundo” antes, perto do Extra (supermercato di Morumbi) meu marido trabalhava na olaria. Fiquei morando ali até nascer duas filhas ne, quando nasceram as duas filhas a gente mudou por aqui onde agora tem essa escola.. e moramos ali quase seis anos e depois a Prefeitura veio diz que queria fazer um jardim, tirou a gente de ali e eu fui morar pra outro lado, fiquei lá uns tempo, agora nós estamos aqui já há quinze anos, morando aqui dentro. Sempre moramos bem perto.. Eles vieram (a Prefeitura) que eu tinha duas casas aqui na frente, onde morava minha filha Regina, na outra Angela e a outra era uma capela, Nossa Senhora das Graças, e aí eles tiraram porque era esse pedazo que vai ir, e aí eles me deram 5000 reais, as minhas filhas que vão pelo apartamento e eu montei outra lá..”113 Nelsa si è spostata quindi diverse volte durante gli ultimi anni. È arrivata nella Comunità che aveva ventidue anni ed ora ne ha sessantasette. Ha vissuto prima fuori dalla Comunità, poi con le due figlie e il marito sono venuti a Paraisópolis, abitando per sei anni in una prima zona che dovettero poi lasciare perché il Comune voleva fare un parco. Successivamente cambiarono un altro paio di volte, ma rimasero sempre nel Grotão e lei fino ad ora, cambiando per l’ultima volta casa e mandando le figlie nei nuovi appartamenti. Questo è successo quando il Comune ha iniziato i 113 Nelsa: “Sono venuta qui e iniziai a vivere in un posto che si chiama “Poço fundo” prima, vicino al Extra (supermercato di Morumbi) mio marito lavorava nella ceramica. Rimasi a vivere là fino a quando non sono nate due figlie eh, quando sono nate le due figlie abbiamo cambiato per venire qui dove adesso c’è questa scuola..e abbiamo vissuto lì quasi sei anni e dopo il Comune è venuto e ha detto che voleva fare un giardino, ci hanno tirato fuori e sono andata a vivere da un altro lato, rimasi là a vivere un po’ di tempo, adesso siamo qui da quindici anni, vivendo qui dentro. Abbiamo sempre vissuto molto vicino.. Sono venuti (il Comune) che io avevo due case qui di fronte, dove abitavano mia figlia Regina e nell’altra Angela e l’altra era una cappella, Nossa Senhora das Graç as, e così le abbatterono perché era questo pezzo che viene tolto, e così loro mi diedero 5000 reais, le mie figlie vanno negli appartamenti e io ne ho montata un’altra là..”. 102 lavori del nuovo progetto per il Grotão, che comprende la messa a norma del sistema fognario, la costruzione di una strada, un parco e la Scuola di musica. Gli spostamenti che Nelsa ha dovuto fare negli ultimi anni sono stati indotti dai lavori del Comune, ma la Comunità era già cambiata molto da q uando era arrivata. A metà degli anni cinquanta la maggior parte erano solo campi con qualche baracca, una ventina in tutto, nel giro di una cinquantina d’anni è diventata la seconda favela più grande di São Paulo. Inoltre il cambiamento non è solo fatto sulla casa, ma è facile cambiare posizione, trasferirsi, fermarsi poco tempo oppure lasciare la casa ai figli per trovarne un’altra. Si tratta di uno spazio che viene sfruttato sempre, rimodellato, ridisegnato. “(Pergunta: como era aqui quando você chegou?Era muito diferente?) Era muito diferente, quando eu vim pra cá acho que se tinha um vinte barracos era muito.. era o ano sessenta e cinco! Tinha poucos barracos, depois fizeram.. (Pergunta: e vocês compraram un barraco aqui o um terreno?) A gente comprou um terreno e meu marido fez um barraquinho.. (Pergunta: quem vendia o terreno?) Eu comprei de pessoas que moravam aqui e tinham um terreno.. È assim eles compraram o terreno.. então eu comprei um primeiro pedazo, depois comprei outro.. bem grandão. Acho que sou a única que tem um terreno bem enorme. Eu já pensei nas crianças pensei se as crianças fossem brincar, tudo.. (Pergunta: então mudou muito aqui? Mudou bastante. (Pergunta: então as primeiras casas eram de madeira?) Eram de madeira.. ele fez de madeira e agora mesmo eu que estou..que depois que ele ficou doente, quem manteve a casa, sou eu. Sou a pessoa responsável por tudo. Então a gente vai fazendo, è nosso filho que vai fazer um pouquinho ne.. (Pergunta: então as casas mudaram da madeira até ser todas de tijolos?) Eh agora estão fazendo todas de alvenaria.. (Pergunta: as pessoas fazem sozinha?) Eh tem uns que pagam pra fazer. Eh pagam alguém pra fazer..pedreros.. Eh são pessoas de aqui mesmo..”.114 114 Nelsa: “( Domanda: com’era qui quando sei arrivata?Era molto diverso?) Era molto diverso, quando sono venuta qui credo che se c’erano venti baracche era tanto.. era il 1965! C’erano poche baracche, dopo le costruirono.. (Domanda: e voi avete comprato una baracca o un terreno?) Noi 103 La Comunità è cambiata naturalmente negli ultimi anni in modo molto rapido. Come dicevamo prima, all’inizio c’erano solo alcune baracche di legno e i campi. Negli anni si è ingrandita molto, si tratta degli anni del boom migratorio verso la città di São Paulo, quando le favelas e le altre forme di insediamento irregolare si sono diffuse molto rapidamente a causa delle evidenti difficoltà e mancanze del sistema immobiliare e delle politiche comunali, nell’aprirsi a trovare soluzioni alternative per tutte le fasce di reddito. Anche Maria da Glória mi racconta del suo arrivo a Paraisópolis: “(Pergunta: como era quando você chegou aqui? Como era a Comunidade, era muito diferente?) É assim na época tinha pouca gente, nesta baixada aqui a gente contava casa por casa. Nós conhecíamos cada vizinho por nome de cada um e aí foi crescendo crescendo.. (Pergunta: essa parte è mais nova?) Eh por causa que estão contruindo construindo ne, vai ter muita gente nova, que vai vir de outros bairros e vem para acá. Mas vinte anos atrás, a gente conhecia quase todo mundo, sempre parava aqui, todos conhecidos. Agora muita gente diferente e os conhecidos da gente dos anos atrás, todo mundo se espaiou, estão morando notro lugar. (Pergunta: como eram as casas antes?) Ah barracos, tinha de madeira de tijolo.. (Pergunta: e mudaram no tempo?) Eh foram mudando mudando mudando.. (Pergunta: foram as pessoas mesmas que mudaram as casas?) Eh o morador que ia contruir.. (Pergunta: no começo quando você chegou aqui, você comprou um barraco ne?) Ah ah.. (Pergunta: quem vendia o barraco? Você conhecia essa pessoa que vendia?) Eh eram pessoas que moravam ne, que já morava e queria ir embora para Bahia, ele já comprammo un terreno e mio marito fece una piccola baracca.. (Domanda: chi vendeva il terreno?) L’ho comprato da persone che abitavano qui e avevano un terreno.. è così loro avevano comprato un terreno.. così ho comprato un primo pezzo, dopo ne ho comprato un altro.. abbastanza grande. Credo di essere la sola ad avere un terreno piuttosto enorme. Io avevo già pensato ai bambini, se giocavano, tutto.. (Domanda: quindi cambiò molto qui?) Cambiò abbastanza. (Domanda: quindi le prime case erano di legno?) Erano di legno.. lui (marito) la fece di legno e adesso che sto..dopo che lui si ammalò, chi ha mantenuto la casa, sono io. Sono la persona responsabile per tutto. Quindi stiamo modificando/facendo (continuando le modifiche alla casa), mio figlio farà un pochino.. (Domanda: le persone le fanno da soli?) Eh alcuni pagano per farla fare/costruire..muratori.. eh sono persone di qui..”. 104 tinha esse barraco que era pequenenin, então quando eu vim pra cá eu tinha uma terra pequeneninha, e aí eu ela e meu marido, nem cabia a gente numa casa tão estreita.. e aí todo cresceu e o barraco também ne e aí foi bem grandão.. (Pergunta: você acha que mudou muito a Comunidade de quando você chegou?) Ah mudou muito.. (Pergunta: o que mudou?) Mudou tudo ne, mudou.. cresceu de mais, muita gente, cresceu muita gente, tudo o que você quer comprar aqui em Paraisópolis tem, farmácia, correio, mercado, olha de tudo que você quiser aqui dentro tem..” 115 . La Comunità cambia rapidamente per mano dei suoi abitanti che costruiscono nuove case, contrattano muratori locali per farsi aiutare, ne aumentano le dimensioni o ne cambiano la forma, dalle lastre di legno si passa alle case in mattoni. Questa è la Comunità, una forma vivente, che muta internamente. Fino al 2005 quando questo processo interno viene in parte bloccato, o si tenta di bloccarlo e si iniziano invece i cambiamenti che provengono dall’esterno, dal Comune. Una parte del Grotão viene tolta definitivamente. Non vuol dire che questo tipo di riforme non fossero necessarie, perché il Grotão giace su un terreno molto drenato e con diverse 115 Maria da Glória: “( Domanda: com’era quando sei arrivata qui? Com’era la Comunità, era molto diversa?) È così allora c’era poca gente, in questa discesa qui contavamo casa per casa. Conoscevamo ogni vicino per nome e poi è cresciuta.. (Doma nda: questa parte è più nuova? Zona dove ci sono delle baracche di legno) Eh perché stanno costruendo, ci sarann o molte persone nuove, che vengono da altri quartieri e vengono qui. Ma venti anni fa, conoscevamo quasi tutti, ci fermavamo sempre, tutti conoscenti. Adesso molte persone differenti e i nostri conoscenti degli anni passati, ci siamo separati tutti, stanno vivendo da un’altra parte. (Domanda: com’erano le case prima?) Ah baracche, c’erano di legno di mattoni.. (Domanda: e cambiarono col tempo?) Sì cambiarono cambiarono cambiarono.. (Domanda: e furono le persone stesse a cambiare le case?) Sì l’abitante che costruiva.. (Domanda: all’inizio quando sei arrivata hai comprato una baracco giusto?) Sì.. (Domanda: chi lo vendeva? Conoscevi questa persona che vendeva?) Eh erano persone che ci vivevano, che già viveva qui e voleva andarsene a Bahia, lui aveva già questa baracca che era piccolina, così quando sono arrivata qui avevo una terra piccolina, io lei (Luana che lavora alla Casa da Amizade) e mio marito, nemmeno ci stavamo per quanto era stretta.. e poi tutto è cresciuto e la baracca anche eh e divenne bello grande.. (Domanda: tu pensi che cambiò molto la Comunità da quando sei arrivata?Cosa è cambiato?) Ah è cambiata molto.. Cambiò tutto eh, è cambiata.. è cresciuta troppo, molta gente, è cresciuta molta gente, tutto quello che vuoi comprare qui a Paraisópolis c’è, farmacia, posta, mercato, guarda tutto quello che vuoi qui c’è..”. 105 pendenze, che rende la situazione precaria per certi aspetti. Ma quello che si vuol far notare è che cambia l’origine del cambiamento e la sua forma. Ora è un cambiamento regolato da una spinta esterna che gli abitanti non possono completamente controllare, a volte per nulla. Al lato del Grotão i nuovi palazzi sono in costruzione. Si tratta dei palazzi che contengono gli appartamenti per quella parte di popolazione che viene, o che è già stata spostata dalle proprie case. Ma non è sempre così, almeno così mi dicono: “Eh.. mas tem também muita gente que a Cdhu manda pra cá, não è só de aqui mas tem também muita gente de fora. (Pergunta: estavam falando que tem muitas pessoas que estão chamando parentes para vir aqui do norte..) Eh porque aqui è assim tem jeito de fazer barraco onde já saiu, tem lugar que já tem feito quatro cinco barracos já. Então lá a Prefeitura, cada vez que faz a Prefeitura, para funcionar todos sabem disso ne, aí vem aí paga, ou conseguem um apartamento. Aí já veio outro e faz naquele mesmo lugar, è assim essa Prefeitura daqui..” 116 . In questo dialogo Maria da Glória ci spiega due cose differenti, per rispondere a chi vengono assegnati i nuovi appartamenti costruiti dal Comune. In primo luogo ci dice che non sono tutti per la popolazione locale, ma che vengono assegnati anche a chi viene da fuori. “Fuori” significa da altri quartieri della città, da altre Comunità. La Cdhu è la “Companhia de Desenvolvimento Habitacional e Urbano do Estado de São Paulo”, fa parte della Secretaria de Habitaçao e si occupa di organizzare piani abitativi per la popolazione a basso reddito (compreso tra uno e dieci salari minimi). A Paraisópolis ha sovvenzionato la costruzione dei nuovi edifici, quindi può darsi che alcuni vengano assegnati a famiglie di altri quartieri, se non servono all’interno della Comunità, perché come accennato in precedenza, il programma di 116 Maria da Gló ria: “Sì.. ma ci sono anche molte persone di fuori che il Cdhu manda qui, non sono solo di qui ci sono anche molte persone di fuori. (Domanda: Stavano dicendo che ci sono molte persone che stanno chiamando i parenti per venire qui dal Nord.) Sì perché qui è così c’è l’abitudine di costruire case dove già c’erano, c’è un posto dove hanno già fatto quattro o cinque case. Così il Comune, ogni volta che il Comune viene, per funzionare tutti lo sanno eh, o chi ha costruito viene pagato o ottiene un appartamento. Nello stesso tempo ne sarà arrivato un altro che costruirà nello stesso posto, è così questo Comune di qui..”. 106 urbanizzazione prevede una bassa percentuale di rimozioni, per cui la maggior parte delle persone rimarrà o è rimasta nelle proprie case. Inoltre c i sono delle famiglie che hanno deciso di spostarsi da Paraisópolis a Campo Limpo, non molto lontano da lì, liberando probabilmente dei posti. Il secondo aspetto di cui ci parla Maria da Glória, è una “strategia” attuata da alcuni abitanti. C’è una partico lare zona, probabilmente confinante con i nuovi lavori, dove si è creato un circolo vizioso, il Comune to glie le case perché è una zona a rischio e per la quale esistono altri progetti, così registra le famiglie e gli offre o una quota per assorbire la casa o gli assegna un appartamento. Così vengono tolte le case, ma prima che si possa costruire, il terreno viene utilizzato per costruire nuove case di legno. A quanto dice Maria da Glória, dopo un certo periodo di tempo il Comune passa di nuovo a fare la registrazione degli abitanti per procedere con l’assorbimento dell’area. Le nuove case vengono costruite da persone che non sono mai state registrate, probabilmente da parenti o amici di chi è già registrato o persone che vogliono andare negli appartamenti. Non è solo lei a sostenerlo, ma diverse persone del Grotão con cui ho parlato, Luana mi ha proprio detto di star pensando con altre persone di costruire un “barraco” 117 lì nel Grotão, nella vecchia zona dove viveva. Il motivo nel suo caso è legato alla nosta lgia di vivere lì, dato che ora abita in un appartamento, ma a questo aspetto arriveremo più avanti. Inoltre, anche Nelsa nell’intervista riporta una testimonianza simile a quella di Maria da Glória: “Ali onde estava a minha casa invadiram e tiraram de novo, eles vão invadir de novo, assim que eles estão fazendo, aí eles cadastram as pessoas, elas falaram que não mas se fala que sim. (Pergunta: a Prefeitura ne?) Sim.. (Pergunta: e se cadastram o que acontece?) O cadastro sirve para ganhar um apartamento ou dão um dinheiro pra ir embora. Eles cadastram as pessoas, por isso que estão invadindo tudo de novo. (Pergunta: quem está invadindo?) Vem povo de fora, chegam muitos e continuam fazendo barracos. (Pergunta: então eles invadem antes que a Prefeitura 117 Letteralmente “baracca”, si tratta delle case che vengono costruite inizialmente, solamente con assi di legno, che sono la prima opzione più economica. 107 cadastre.. porque depois não podem invadir mais?) Mas depois ela cadastra de novo..”118 . Quindi l’idea di Nelsa è in parte discordante con quella di Maria da Glória e Luana e in parte anche con quella di Maria Tereza Diniz, come vedremo tra poco. Il fattore comune è che esistono ancora delle occupazioni del terreno non controllate dal Comune, il quale deve intervenire in un momento successivo per registrare le persone. Nelsa pensa che in ogni caso il Comune registri le persone e gli dia delle alternative, mentre la Diniz afferma che non è possibile essere registrati due volte e aver assegnati più appartamenti o avere altri soldi: “Não isso não pode porque a gente tem todo o banco de dados, inclusive com composição familiares. Pode ser que alguém ocupe querendo isso (apartamentos) mas não consegue. (Pergunta: Mas acontece que alguém ocupe novos terrenos?) Acontece, as vezes a gente tirou as famílias, está pagando aluguel em vez de pagar ela constrõe outro barraco e aí a gente descobre, vai lá conversa fala que não pode, que tem que usar o dinheiro do aluguel para alugar uma casa não para invadir outra área ne, as vezes acontece, mas não è muito comum, mas as vezes acontece. Mas duplo atendimento isso não existe, inclusive a gente checa não só o banco de dados da Prefeitura mas também da Cdhu do Governo do Estado e da Caixa, então não existe a possibilidade de ser atentido duas vezes, nem no programa do Governo..”119 . 118 Nelsa: “Lì dove c’era la mia casa hanno invaso e le hanno tolte di nuovo, loro invaderanno di nuovo, è così che stanno facendo, così poi loro registrano le persone, loro dicono di no ma si dice di sì. (Domanda: il Comune vero?) Sì.. (Domanda: e se registrano cosa succede?) Il registro serve per avere un appartamento o danno dei soldi per andare via. Loro registrano le persone, per questo che stanno invadendo di nuovo. (Domanda: chi sta invadendo?) Vengono persone da fuori, ne arrivano molte e continuano a fare baracche. (Domanda: così loro invadono prima che il Comune passi a registrare? Perchè dopo non possono più invadere?) Ma dopo lui registra di nuovo..”. 119 Maria Tereza Diniz: “No questo non può essere perché noi abbiamo una banca dati, persino con la composizione familiare. Può essere che qualcuno occupi volendolo (un appartamento) ma non ci riesce. (Domanda: Ma succede che qualcuno occupi nuovi terreni?) Succede, a volte abbiamo spostato le famiglie, stai pagando un affitto invece di pagare costruisci un’altra casa e poi noi lo 108 Quando il Comune passa a registrare i membri delle famiglie ed offre un appartamento, nei casi in cui queste abbiano rifiutato la somma di denaro, c’è un procedimento da seguire. Cambiano molte cose nella vita di un abitante della Comunità, questo perché ci sono dei tempi da rispettare e delle tasse da pagare, come l’affitto e le bollette. Sono tutte spese che prima non esistevano, sono basse, ma è un cambiamento importante. Ad esempio Maria da Glória si è spostata da poco dal Grotão ad uno dei nuovi appartamenti, nel condominio B, ci spiega in una parte dell’intervista, quali sono le nuove spese che devono affrontare: “Cem mêses para a gente pagar a primeira parcela ne, mas è vinte e cinco anos a gente pagando, noventa e dois reais, eu não sei se com o tempo v ai aumentar a mensalidade ou se vai ser só aquilo só. (Pergunta: Depois dos vinte e cinco anos a casa è vossa?) È.. è noventa e dois de prestação eh, o noventa e dois e ai vem cinquenta e cinco, cinquenta e dois de gás por mês, aí vem a água, não tenho o preço certo da água, minha água já veio de vinte e cinco, cinquenta e cinco, sessenta e sete, o sessenta e sete eu não vou pagar porque eu não tenho a lavanderia lavo a roupa duas vezes por semana porque eu não sou de estragar, mas eu não vou pagar não, não paguei. A luz está ainda descontrolada, porque faz pouco que a gente chegou lá, não fez a conta da luz por mim ainda, estou pensando na hora que vai chegar essa conta.. eh tem água luz gás.. condomínio que paga quarenta que eu acho que è dinheiro perdido condomínio sabe..”120 . scopriamo, andiamo là conversiamo gli diciamo che non può, che bisogna usare i soldi dell’affitto per affittare una casa non per invadere un’altra zona eh, a volte succede, ma non è molto comune, ma a volte succede. Ma doppio assegnazione questo non esiste, inoltre noi contro lliamo non solo la banca dati del Comune ma anche del Cdhu del Governo di Stato e della Cassa, quindi non esiste la possibilità di essere assistito due volte, nemmeno nel programma del Governo..”. 120 Maria da Glória: “Abbiamo cento mesi per pagare la prima parcella eh, ma paghiamo per venticinque anni, novantadue reais, io non so se con il tempo aumenterà la mensilità o se sarà solamente quello, (Domanda: dopo i venticinque anni la casa è vostra?) È.. novantadue di rata eh, novantadue e poi i cinquantacinque o cinquantadue del gas al mese, poi c’è l’acqua, non ho il prezzo preciso dell’acqua, la mia acqua è già arrivata di venticinque, cinquantacinque, sessantasette, i sessantasette non li pago perché non ho la lavanderia lavo i vestiti due volte alla settimana perché 109 Nelsa invece non vive ancora nei nuovi appartamenti, ma ha avuto delle informazioni dalle sue amiche e dalle figlie: “..a Prefeitura antes deles ir pros apartamentos, paga o aluguel social, ela paga o aluguel social para eles. (Pergunta: e eles moram notro lugar ou..?) Notro lugar, aluga casa notro lugar.. (Pergunta: não em Paraisópolis?) Pode ser em Paraisópolis, mas está difícil, tem gente que teve que ir morar fora. (Pergunta: e quanto tempo eles tem que esperar?) Dois, três anos.. (Pergunta: e a Prefeitura paga o aluguel?) Paga o aluguel, de seis em seis meses renova o aluguel. (Pergunta: e depois quando os apartamentos estão prontos?) Eles podem entrar.. (Pergunta: e eles tem que pagar algo, um aluguel também?) No apartamento paga, me parece que è oitenta e sete e mais tem a água a luz e o gás ne? E o condomínio. As minhas amigas que estão lá, dizem que não chega até trezentos reais não, o mais que elas gastam è trezentos reais. Tem gente que fala que chega sobre seiscentos ne mas eles exageram também, que elas falaram que não chega as trezentos reais que elas pagaram. (Pergunta: as pessoas têm que pagar quando chegam?) Ficam seis meses sem pagar, depois começa pagar. (Pergunta: e depois o apartamento è deles?) Eh, vinte e dois anos tem que pagar..”121 . non sono una che spreca, ma non pagherò di certo, non ho pagato. La luce non è ancora controllata, perché è da poco che siamo arrivati là, non ha ancora fatto il conto della luce per me, sto pensando al momento in cui arriverà questa luce. Eh ci sono acqua luce gas.. condominio che si paga quaranta che io trovo che siano soldi buttati il condominio sai..”. 121 Nelsa: “..il Comune prima che loro vadano negli appartamenti, paga l’affitto sociale, lui paga l’affitto sociale per loro. (Domanda: e loro abitano da un’altra parte o..?) Da un’altra parte, affitta le case da un’altra parte. (Domanda: non a Paraisópolis?) Può essere Paraisópolis, ma è difficile, ci sono persone che sono dovute andare fuori. (Domanda: e quanto tempo devono aspettare?) Due, tre anni.. (Domanda: e il Comune paga un affitto?) Paga l’affitto, di sei in sei mesi rinnova l’affitto. (Domanda: e dopo quando gli appartamenti sono pronti?) Loro possono entrare.. (Domanda: e loro devono pagare qualcosa, sempre un affitto?) Nell’appartamen to paghi, mi pare che siano ottantasette e in più ci sono l’acqua la luce e il gas eh..e il condominio. Le mie amiche che sono là, dicono di non arrivare ai trecento reais, al massimo è trecento reais. Ci sono persone che dicono che si arriva sopra i seicento eh ma loro esagerano, le mie amiche hanno detto che non arriva a trecento quello che pagano. (Domanda: le persone devono pagare quando arrivano?) Sì, devi pagare per venti anni..”. 110 L’insieme dei cambiamenti portati da questo tipo di trasferimento non è però solo di natura economica. La vita cambia in molti dei suoi aspetti. La vita in un appartamento è molto differente da quella in una casa indipendente. Indipendente, ma vicina agli altri, alle famiglie che condividono i tuoi spazi esterni da anni, e che magari condividono con te anche quelli interni alla casa. Molte delle persone con cui ho parlato che hanno ceduto la casa per l’appartamento mi hanno detto che sono cambiate alcune cose. Alla maggior parte piace viverci, anche se preferirebbe avere la possibilità di avere una casa come prima. Ma sembra molto difficile che questo accada, il progetto del Comune è verticalizzare perché non ci sono terreni a sufficienza per ricostruire delle case indipendenti. La vita nella Comunità è una vita di vicinanza, nel senso che le case sono molto vicine l’una all’altra, tutti i vicini si conoscono o sono rimasti accanto ai parenti. Se esci di casa puoi trovare tutto quello che ti serve lì vicino, ci sono persone che hanno la propria casa vicino all’attività commerciale che gestiscono, come un supermercato, una piccola bottega, un negozio di abbigliamento. Come anche la Chiesa e il gruppo di amiche che lo frequenta, o la scuola gestita localmente, o ancora le associazioni di volontari. È l’insieme delle relazioni che si creano in questo specifico ambiente, che si sono create magari nel corso di quarant’anni, che vengono a mancare nel momento in cui si cambia, non solo tipo di casa, ma anche zona. Ci si ritrova un po’ lontani dagli amici, non molto, ma quello che basta a non vedersi più così spesso, a non frequentare più il gruppo della Chiesa o delle donne della Comunità, perché il Grotão si trova più in basso rispetto alle altre zone e le strade sono difficili da percorrere, soprattutto se piove. Da un punto di vista esterno si può pensare che la vita in un appartamento sia migliore, ma sarebbe il nostro punto di vista. Gli appartamenti non vengono rifiutati da tutti, ma da alcuni sì, e spiegarne il motivo non è sempre facile, ho tentato di parlarne con una signora che sapevo non voler spostarsi dalla sua casa, ma all’ultimo ho percepito che preferiva non parlarne. La stessa Nelsa quando aveva avuto l’occasione ha rifiutato. Lei ha la sua casa e sotto la chiesa di Nossa Senhora das Graças, gestita da lei, vive con il marito invalido, il figlio con problemi alcolici e il nipote. Inoltre si occupa di diverse attività, come aiutare alla Casa da Amizade, aver formato diversi gruppi di sostegno, uno con le donne con problemi di violenza domestica, uno 111 sempre insieme alle donne in cui si svolgevano attività di artigianato, oppure i gruppi di sostegno scolastico con i bambini: “(Pergunta: você gosta de morar aqui?) Estou com quinze anos, não gosto muito daquelas subidas ne, que aqui só tem subidas ne, muitas subidas, mas eu gosto, tem muitos amigos aqui ne.. Ajudo aqui de manhã, sempre toda semana a gente ajuda aqui na Casa da Amizade, sou leader da Comunidade, sou..eh como se fala..cordenadora da igreja Nossa Senhora das Graças. (Pergunta: está aqui em Paraisópolis mesma?) Eh, na minha casa mesma, tem uma igrejinha ali e a gente trabalha ali. Sou directora da união, vice-presidente da Associação das mulheres de Paraisópolis.. (Pergunta: você não gostaria de ir num apartamento assim?) Eu gostaria, mas estou esperando pra ver, que se for pela Tereza já estaria num apartamento desde muito tempo, ela fala que lá è melhor pro Sergio, ele è doente.. (Pergunta: você não pode pedir pra Prefeitura?) Se eu chegar nela pedir, ela arruma, só que dai ela vai desmanchar minha casa e na minha casa tem meu filho, meu neto que mora também ne.. Tem o acomodo dele e tem a capela e a capela está cadastrada então tenho que esperar. Se eu quiser eu estava ou no laranja ou no vermelho, quando a menina falou comigo, vai dona vai que lá è bom para seu Sergio, muda a qualidade de vida ne e aí eu falei com ele e ele falou que não e depois pasaram três quantro meses e falou, vamos pro apartamento e falei agora não vou não, falei agora não vou não, tem que esperar, vamos esperar agora já está chegando aqui ne, e aí eu fiquei falando com nossa vizinha na sala, será que nós vamos pro apartamento ou pra casinha, vai ter umas casinhas também. (Pergunta: sempre aqui?) Dizem que vai ser tudo por aqui ne..dizem que aqui vai sair tudo. (Pergunta: você gostaria mais das casinhas ou dos apartamentos?) Acho que os dois è bom, a gente está acostumada ir a rezar nos apartamentos então os apartamentos são muito legaisinhos..” 122 . 122 Nelsa: “(Domanda: ti piace vivere qui?) Vivo qui da quindici anni, no n mi piacciono molto quelle salitine eh, che qui ci sono solo salite eh, molte salite, ma mi piace, ho molti amici qui eh.. Aiuto qui di mattina, sempre tutte le settimane aiutiamo qui alla Casa da Amizade, sono leader della Comunità, sono..come si dice.. coordinatrice della chiesa Nossa Senhora das Graças. (Domanda: è qui proprio a Paraisópolis?) Sì, proprio nella mia casa, c’è una chiesetta lì e noi ci lavoriamo. Sono direttrice 112 Nelsa è aperta in fondo a varie possibilità, non rifiuta a priori l’appartamento, anche se sembra stia prendendo tempo. Ha avuto una prima occasione per spostarsi e in quel momento stava accettando. I piani bassi dei nuovi palazzi sono per le famiglie con anziani e malati, quindi avendo il marito disabile avrebbero avuto un posto assicurato. In quel momento il marito ha rifiutato, ma dopo poco ha cambiato idea, ed ora è lei che ha molti dubbi, in primo luogo il figlio e il nipote che vivono con lei, forse ha paura che non avranno abbastanza spazio negli appartamenti. Per ora si tratta di appartamenti standard di cinquanta metri quadri, purtroppo non si basano sulla dimensione della famiglia 123 , solo i più nuovi ma non a Paraisópolis, quindi per famiglie più numerose può essere difficile, considerando che probabilmente la casa dove vivono è molto più grande. Inoltre c’è la q uestione dell’affetto per la propria casa, infatti lei dice che potrebbe anche chiedere al Comune di spostarsi, ma poi abbatterebbero la sua casa. Inoltre è una casa che include anche una cappella, dove ci si ritrova spesso con il resto del vicinato. La cappella è stata registrata dal Comune, quindi probabilmente le verrà trovata una nuova sede, ma si tratta di un distacco molto difficile. Bisogna pensare, come descrivevamo prima, che le case sono state dell’Unione (degli abitanti), vice-presidente dell’Associazione delle donne di Paraisópolis.. (Domanda: a te non piacerebbe andare a vivere in un appartamento?) Mi piacerebbe, ma sto aspettando per vedere, se fosse per Tereza sarei già in un appartamento da molto tempo, lei dice che là è meglio per Sergio, lui è malato.. (Domanda: non puoi andare a chiedere al Comune?) Se io andassi a chiederglielo, sistemerebbe le cose, solo che demolirebbero la mia casa e nella mia casa ci sono mio figlio, mio nipote che anche abitano lì eh.. C’è il loro alloggio e c’è la cappella e la cappella è registrata così devo aspettare. Se io avessi voluto sarei o in quello arancione o in quello rosso (edifici), quando la ragazza parlò con me, lui disse di no e passati tre quattro mesi mi disse, andiamo in un appartamento e io gli dissi di no adesso non ci vado, adesso non ci vado, bisogna aspettare, aspettiamo che stanno per arrivare qui eh, e così stavo parlando con la nostra vicina nella sala, dici che andremo in un appartamento o in una casetta, ci saranno delle casette anche. . (Domanda: sempre qui?) Dicono che sarà tutto qui.. che qui toglieranno tutto. (Domanda: a te piacerebbero di più le casette o gli appartamenti?) Credo che vadano bene entrambi, noi siamo abituati ad andare a pregare negli appartamenti e sono molto carini..”. 123 I nuovi appartamenti progettati per altre Comunità adesso tengono conto anche del numero di abitanti di ogni nucleo famigliare, ma per Paraisópolis questo non è ancora stato fatto. Così se una famig lia è mo lto numerosa si trovano altre soluzioni, co me assegnare due appartamen ti adiacenti. 113 costruite negli anni, le si è viste crescere, ci si è messo un impegno costante e questo impegno ha avuto un prezzo. Bisogna anche valutare cosa conviene fare quando il Comune ti fa delle proposte. Inoltre c’è questa voce che gira sulla costruzione di alcune casette lì nel Grotão, quindi magari aspettando si riesce a vivere in un ambiente simile, anche se in realtà intorno la Comunità sta cambiando moltissimo. Purtroppo la costruzione di case nuove è molto ridotta, pochissime persone potranno usufruirne, come mi dice Maria Tereza Diniz: “(Pergunta: tem um projeto de construir casas também?) Casas muito pouco, porque a gente não tem terreno suficiente para fazer baixa densidade, precisa adensar os terrenos..”. 124 Come ci conferma anche Maria da Glória la quale, quando si è dovuta spostare ha chiesto se avrebbero costruito anche delle case indipendenti: “..agora eu estou nos predinhos, já mudei pra lá, antes era aqui em baixo, mas eu moro lá em cima agora. (Pergunta: está gostando de morar lá?) Ah eu gosto.. (Pergunta: você acha uma boa coisa isso?Acha melhor morar ali?) Eh não eu gostaria de morar numa casa, mas o arquiteto que foi tirar dai falou que não dava casa não dava casa não dava casa ne, então eles dava oito mil reais ou cinco mil, com cinco mil você não compra nem uma caixa de fossa desenhada.. aí tinha o apartamento e pegamos o apartamento porque não dava pra comprar casa que casa está muito cara, está muito caro mesmo porque alugar dois com quatrozentos e cinquenta reais, então fiquei lá.. eh, porque aqui vai chegar um tempo em que não vai ter mais casa só apartamentos.. Tinha um grupo que era de fazer artesanato, aí não fui mais, não me meixei mais eh..è que aqui (Grotão) eu tinha minhas amigas e estava tudo mundo juntinho ne, mas lá (predios) fiquei preguiçosa, mas eu fazia era na quarta e na sexta, fazia atividades coisinhas ne, è artenasato com a Nelsa, falou com você ne? Ai nós faziamos de todas cores ne, ai tapete..muitas coisas.. e a noite 124 Maria Tereza Din iz: “(Do manda: c’è anche un progetto per costruire delle case?) Case molto poche, perché non abbiamo terreno a sufficienza per fare bassa densità, dobbiamo addensare i terreni..”. 114 tínhamos grupo de oração, no mês de maio todas as noites, a segunda feira ajudava o grupo do Coração de Jesus, tinha muitas pessoas mas como todo grupo separou essas coisas vão se afastando ne, porque ficando lá em cima tenho preguiça de descer para cá ne, eu tenho preguiça de descer e até subir. Mas è bom è divertido, e aqui tenho uma boa amizade ne, todas as amizades que eu encontrei aqui vinte anos atrás continuam com a mesma amizade, todo mundo, e agora todo mundo se afastou porque cada um foi morar mais longe do outro, no mesmo bairro mas todo mundo mais longe do outro mas se se encontram uma alegria..” e dice anche “..ai começou a tirar pessoas e a gente foi pro esses predinhos mas lá também não è, não è essa coisa sabe, è muito puxado o negócio..não è assim os predios também dão muitos problemas de entupimento, mas tirando isso se está tranquilo, sossegado. 125 125 . Maria da Glória: “..adesso sono negli appartamentini, mi sono già spostata là, prima ero qui in basso (Grotão), ma adesso abito là in cima. (Domanda: ti sta piacendo vivere là?) Ah mi piace.. (Domanda: credi che sia una buona cosa? Pensi che sia meglio vivere lì?) Eh no a me piacerebbe vivere in una casa, ma l’architetto che è venuto per farci uscire dalla casa disse che non dava case non dava case non dava case eh, così davano ottomila reais o cinquemila, con cinquemila reais tu non compri nemmeno un pozzo disegnato.. così c’era l’appartamento e abbiamo preso l’appartamento perché non era possibile comprare una casa perché le case sono molto care, è proprio caro perché affittarne due per quattrocentocinquanta reais.. così rimasi là.. ehh perché qui arriverà un tempo in cui non ci saranno più case ma solo appartamenti.. Avevo un gruppo che faceva artigianato, poi non ci sono più andata, non ho più partecipato.. è che qui (Grotão) avevo le mie amiche ed eravamo tutti insieme eh, ma là (palazzi) sono diventata pigra, ma lo facevo, era di mercoledì e di venerdì, facevo delle attività cosine eh, artigianato con Nelsa, ha parlato con te vero?Così noi facevamo cose di tutti i colori, poi tappeti..molte cose.. e la sera avevamo il gruppo di preghiera, nel mese di maggio tutte le sere, il lunedì aiutavo il gruppo Coração de Jesus, c’erano molte persone, ma siccome il gruppo si separò queste cose si allontanano eh, perché stando là sopra,mi impigrisco a scendere qui eh, mi impigrisco a scendere figurati a salire. Ma va bene è divertente, e qui ho una buona amicizia eh, tutte le amicizie che feci qui vent’anni fa continuano nello stesso modo, tutti, e adesso ci siamo tutti allontanati perché ognuno è andato a vivere più lontano dall’altro, nello stesso quartiere ma tutti più lontani dagli altri, ma se ci incontriamo è un’allegria..” dice anche “..poi iniziarono a far spostare le persone e noi siamo andati in questi palazzi ma anche là non è, non è tutta questa cosa sai, è molto stretto l’ambiente.. è così anche i palazzi danno molti problemi di ostruzione, ma eccetto questo si sta tranquilli.” 115 Maria da Glória ha accettato di vivere in un appartamento perché costretta dalla situazione. Avrebbe preferito una casa, come quella dove abitava, ma non è stato possibile, perché non si sa nemmeno con certezza se verranno mai costruite. Inoltre l’offerta dei soldi al posto dell’appartamento è troppo bassa, non permette di comprarsi un’altra casa nella Comunità né di andare in affitto perché sono molto cari. Purtroppo si è creata una grossa speculazione interna, soprattutto da quando stanno rivalutando la Comunità e stanno costruendo diversi mezzi di trasporto nuovi, come la metropolitana e una monorotaia. Per cui gli affitti possono arrivare fino a seicento reais per case piccolissime. Allora l’offerta migliore era l’appartamento, anche se i problemi non mancano. Maria da Glória mi ha portato a vedere la sua casa e il problema più grosso era di tipo fognario. Il suo appartamento si tro va più in basso rispetto ad una piccola discesa, quando piove molto il livello della fognatura, che si trova proprio fuori dalla sua finestra, si alza e straripa. Attualmente è aperta perché devono fare i lavori e l’odore è poco sopportabile. Nelle case in Brasile si da inoltre una particolare importanza allo spazio per la lavanderia, c’è quasi sempre, anche se sono piccole le case gli viene dato comunque uno spazio. Il fatto di non averla nel nuovo appartamento rappresenta un problema per lei, che ha solo un piccolo angolo per la lavatrice e poi deve stendere nel resto della casa. Un altro problema di cui mi parla è l’intonaco del soffitto, dice che gli appartamenti te li danno grezzi e tu devi pensare alla verniciatura, ma attualmente non hanno soldi per la vernice. Dice che le piace, ma in realtà mi ha mostrato molte cose che per lei rappresentano un problema, inoltre credo che la casa precedente fosse più grande, sono in sei più un nipotino appena nato. Credo ci sia realmente bisogno di tarare gli appartamenti in base alle esigenze familiari per facilitarne lo spostamento e riadattamento delle persone. Un fenomeno che si sta manifestando sempre più concretamente è la vendita dei nuovi appartamenti, prima del tempo dovuto. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra ciò che viene detto dagli abitanti, i quali affermano essere un fenomeno molto diffuso, e l’opinione del Comune che dice di non aver riscontrato ancora molti casi del genere. In ogni caso, quando una famiglia ha assegnato un appartamento nuovo inizia a pagare un affitto, che dovrà pagare per una ventina d’anni circa, alla scadenza di questo periodo ne diventerà proprietaria. Succede che qualcuno vende l’appartamento prima di quella scadenza a membri della Comunità o a persone 116 esterne. Rientrando in questo modo in un sistema “illegale”, perché fino alla scadenza il proprietario è il Comune per cui quel bene non potrebbe essere venduto. Dico “potrebbe” perché in realtà viene fatto. Ma rientra in un sistema di compravendita che è stato incorporato fin dai primi giorni della nascita della Comunità. Io vivo in una casa, di questa casa posso usufruirne come preferisco. Non è per tutti così, chi me lo ha raccontato ha assorbito le nuove regole, anche se comprende molto bene come funziona quel sistema. Maria da Glória me lo motiva relazionandolo alle alte e nuove spese che si devono affrontare negli appartamenti, spese che prima no n esistevano. “..muita gente que já está vendendo apartamentos que não aguenta.. (Pergunta: está vendendo aqui na Comunidade?) Gente de fora também, se conhecem gente de fora ou mora notro lugar vai lá e vendem. (Pergunta: eles não poderiam vender ne?) A Prefeitura fala que não podem, mas podem sim, todo mundo vende. (Pergunta: eles fazem um contrato entre eles?) Entre eles eu não sei não.. então vendem para voltar nos barracos porque não aguentam..”126 . Nelsa ci dà una spiegazione più dettagliata: “..Agora tem muitas pessoas pegando e vendendo os apartamentos. (Pergunta: antes de acabar os vinte e dois anos?) Eh eles pegam os apartamentos e vendem. (Pergunta: e as pessoas que compram vão morar nos apartamentos pagando algo?) Eh aí ficam pagando pra eles ne. Eles fazem um contrato, tudo direitinho, para não ter problemas depois. (Domanda: a Prefeitura sabe disso?) Sabe ,sabe.. as pessoas falam que vai dar em cima mas até agora não deu em cima nada.. sabe porque a gente já falou pra eles, e eles falaram assim, queriam que a gente contasse quem comprou sabe, quem vendeu quem comprou.. São pessoas que trabalham lá, eles 126 Maria da Glória: “..ci sono molte persone che stanno vendendo gli appartamenti che non ce la fanno.. (Domanda: stanno vendendo qui nella Comunità?) Anche a persone di fuori, se conoscono persone di fuori o che vivono in un altro posto vanno là e vendono. (Domanda: non potrebbero vendere vero?) Il Comune dice di no, ma sì che possono, tutti vendono. (Domanda: fanno un contratto tra di loro?) Tra di loro non lo so.. così vendono per tornare nelle baracche perché non ce la fanno..”. 117 vendem apartamentos dos outros, eles vão lá vêem quem quer vender, saem pra ver quem quer comprar..como corretor..e ganham dinheiro pra eles, dois três mil por aí eles ganham, eles vendem por trinta quarenta cinquenta e eles ganham dois mil três mil cada apartamento que eles vendem. As pessoa s que entram ficam pagando pra Prefeitura com o nome do outro ne. Está no nome de quem comprou, só no final quando terminar, podem passar pelo nome dele. Então o que eles estão fazendo, aqueles que são mais inteligentes, faz um contrato e deixa aí tudo certinho, registra todo diretinho, porque se caso o cara tiver algum problema, tem aquele contrato com ele. (Pergunta: o contrato è regular ou.. quem faz o contrato?) È irregular ne porque è feito entre quem compra e quem vende os apartamentos, è um contrato entre eles ne. A Prefeitura falou que não pode vender, só depois que você terminar de pagar..”127 . Nelsa ci spiega quindi che ci sono in realtà degli intermediari che si occupano di scoprire chi vuole vendere gli appartamenti e chi li vuole comprare. Si apre uno scenario più complesso di quanto descriva il Comune: 127 Nelsa: “..ora ci sono molte persone che prendono e vendono gli appartamenti. (Domanda: prima di finire i ventidue anni?) Sì, prendono gli appartamenti e li vendono.. (Domanda: e le persone che comprano vanno a vivere negli appartamenti pagando q ualcosa?) Sì lì pagano al posto loro eh. Loro fanno un contratto, tutto per bene, per non avere problemi dopo. (Domanda: il Comune lo sa?) Lo sa, lo sa.. le persone dicono che li bloccheranno ma fino ad ora non hanno bloccato nulla.. sai perché noi gli abbiamo già parlato e loro dicono che vogliono che gli diciamo chi ha comprato sai, chi ha venduto chi ha comprato.. Sono persone che lavorano là, loro vendono gli appartamenti degli altri, vanno là vedono chi vuole vendere, escono per vedere chi vuole compra re..come agenti immobiliari..e guadagnano i soldi per loro, due tre mila circa guadagnano, loro vendono per trenta quaranta cinquanta e guadagnano duemila tremila per ogni appartamento che vendono. Le persone che entrano pagano al Comune a nome dell’altro eh. È a nome di chi ha comprato, solo alla fine quando avranno finito, possono cambiare con il loro nome. Quindi quello che stanno facendo, quelli che sono più intelligenti, fanno un contratto e lasciano tutto per ben e, registrano tutto bene, perché se per caso il tizio avesse qualche problema, c’è quel contratto con lui. (Domanda: il contratto è regolare o..chi fa il contratto?) È irregolare eh perché è fatto tra chi compra e chi vende gli appartamenti, è un contratto tra di loro eh. Il Comune ha detto che non si può vendere, solo dopo aver finito di pagare..”. 118 “(Ouvi falar que tem pessoas que pegam o apartamento depois não aguentam em ficar lá e vendem o apartamento, antes dos 20 anos..) Isso já aconteceu, em Paraisópolis eu ainda não tenho nenhum caso desses relatado, com esses apartamentos novos que têm qualidade, com esse isso acontence bem menos, antes com o Cingapura acontecia mais, vender o apartamento antes de ter terminado de pagar que è proibido, não pode, tanto que a Prefeitura tem que ir para fazer a devolução da obra para dar ás famílias de baixa renda que estão na fila. Eles vendem por valores altos as vezes ne e a família fica morando irregularmente, è cumplicado esse assunto, mas isso não tem.. outro dia fizeram um escândalo no primeiro condomínio que a gente fez em Paraisópolis, ah que todo mundo vendeu, è um predio da Cdhu, a Cdhu foi lá fez uma pesquisa e tinha 1% de venda sabe, se todo mundo vendeu as vezes è todo fofoca por falas assim sem dados científicos, isso não è muito alto, no passado já foi, hoje não e o valor è baixo eles pagam setenta e seis reais eu acho lá por mês, è altamente subsidiado ne, você tem que trabalhar um dia por mês e o paga ne. 128 Nelsa riferisce che queste persone agiscono come agenti immobiliari e chi vuole essere più accorto stipula dei contratti fatti tra le parti, ma si tratta a suo dire di un sistema organizzato bene. Può darsi che la situazione venga ingigantita, ma può anche darsi che il Comune non voglia ammettere che ci sono degli aspetti che ancora, nonostante il nuovo programma, sfuggano al suo controllo. Giustamente è fonte di 128 Maria Tereza Diniz: “(Ho sentito dire che ci sono persone che prendono l’appartamento e dopo non ce la fanno a restarci e lo vendono, prima dei vent’anni..) Questo è già successo, a Paraisópolis io non ancora alcun caso riferito di questo tipo, con questi appartamenti nuovi di qualità, con questi succede molto meno, prima con il Cingapura succedeva di più, vendere l’appartamento prima di aver terminato di pagare è proibito, non si può, tanto che il Comune deve andare per fare la devoluzione dell’immobile per le famiglie a basso reddito che sono in fila. Loro vendono a prezzi a volte elevati eh e la famiglia finisce a vivere irregolarmente, è complicata questa cosa, ma non c’è.. l’altro giorno hanno fatto uno scandalo nel primo condominio che abbiamo fatto a Paraisópolis, ah tutti hanno venduto, è un palazzo della Cdhu, la Cdhu è andata là a fare una ricerca e c’era l’1% di vendita sai, se tutti hanno venduto spesso è tutto un pettegolezzo per sentito dire senza dati scientifici, non è molto alto, nel passato lo è stato, oggi no e il valore è basso loro pagano settantasei reais credo al mese, è molto sovvenzionato eh, devi lavorare un giorno al mese e lo paghi eh.”. 119 preoccupazione perché l’assegnazione degli appartamenti si basa su parametri di reddito, sono state fatte delle liste di attesa in base a questo principio, per cui se si vende a una persona qualsiasi è come sottrarre un appartamento ad una famiglia che ne ha bisogno. È interessante notare come Nelsa sottolinei che non si può vendere perché il Comune ha detto che non si può. Oppure Maria da Glória che dice che il Comune sostiene che non si può, ma in realtà si può perché tutti lo fanno. Quindi si evidenzia la difficoltà nel definire cosa è legale e cosa no, oppure a giustificare l’illegalità per il semplice fatto che lo dice il Comune, si vede la linea di confine tra i due sistemi e si notano i dubbi che ancora persistono nell’autorità rappresentata dal Comune, anche se si tratta di persone che rispettano la legge statale attualmente. Ma questo non significa che non si comprenda l’altro sistema. Le motivazioni però per non voler lasciare la propria casa o voler vendere l’appartamento non sono solamente di tipo economico. Secondo Maria da Glória chi lascia gli appartamenti è perché non ce la fa con le spese o semplicemente non le vuole pagare. Un altro motivo potrebbe essere un guadagno alto e abbastanza facile con la loro vendita, per poi tornare a vivere nelle case indipendenti nella Comunità. Ma quello che spinge a non volersi spostare negli appartamenti coinvolge anche tutta un’altra serie di aspetti. Come accennato in precedenza questi aspetti vanno dal valore affettivo che si ha nei confronti della propria casa, costruita negli anni, spesso con notevoli sforzi, al cambio della vita sociale che questo spostamento comporta. Maria da Glória, ma anche Luana, André, mi raccontavano come preferivano, per alcuni aspetti, la vita precedente, prima dell’appartamento. Questo perché si trattava di una vita sociale differente, come dicevamo di vicinanza, di legami stretti, di scambi più rapidi e confidenziali, perché magari i vicini erano tali da diversi anni e allora si instauravano rapporti più confidenziali. Le case si affacciano alle altre, in vie strette, sono aperte, aperte anche di più alla strada. Il contatto con la strada, con le persone che passano era differente. Gli stessi negozi che si trovavano a due passi, gestiti dagli amici ora vengono a mancare. Si tratta in questo modo non solo di un cambio a livello di riconoscimento legale e economico, ma di un cambio nello scorrere della vita quotidiana. Chiaramente ci si abitua ad ogni cambiamento, le persone che abitano nella Comunità sono abituate, ma è un aspetto che il Comune deve considerare nelle sue riforme, perché si tratta di un cambiamento che proviene da lui e non dalla 120 Comunità, non per sua scelta, per cui è importante capire cosa si va a modificare. Non serve pensare a livello urbanistico o attraverso parametri che valutano il rischio, cioè leggere il cambiamento che si attua come palesemente scontato perché si tratta di un’area con zone rischiose, dove non si poteva edificare. Questo è utile spiegarlo alla popolazione, ma bisogna capire che non sono aspetti condivisi a priori, ma ci sono altre scale di valori che vengono considerate, dal vedere la propria casa che viene abbattuta, all’allontanarsi da amici o parenti e dalla vita che si conduceva, all’aspetto economico. Il Comune ha sicuramente fatto dei passi avanti per quanto riguarda gli esercizi commerciali. Quello che mi hanno spesso detto è che negli appartamenti si sta tutti chiusi nelle proprie case e non si conoscono i vicini nella maggior parte dei casi. Maria Tereza Diniz mi ha riferito il suo punto di vista rispetto a questi aspetti e mi ha spiegato come il Comune si sta muovendo per rendere la vita nei palazzi più simile a quella di prima, garantendo a chi era commerciante e ha perso la propria attività, di riaverla, adibendo uno spazio al pian terreno in alcuni dei condomini. È un progetto interessante, magari ancora in una fase iniziale, ma sono dei passi avanti per rendere meno alienanti i nuovi palazzi. “(Pergunta: na Comunidade tem pessoas que não querem reformas?) Ah sempre tem ne, tem.. eu acho que contra a urbanização como melhoria das infra-estruturas ninguém è contra, mas tem gente que tem..porque è uma relação afetiva muito forte com a casa, eh o cara gastou vinte trinta anos com muitas dificuldades muitos esforços construindo a casa então as vezes quando você tem que remover aquela casa não è.. entrar morar em cinquenta metros quadros è cumplicado, porque as vezes a casa que eles têm è maior ne. Quem está em situações muito precarias dentro do córrego em área de risco, esses normalmente não oferecem resistência em ir para apartamentos e tal por causa do que os apartamentos são muito bons.. (Eu: ..achei que as vezes eles estão sufrindo a mudança do ambiente da Comunidade, tudo ficava perto, tinha lojas, as casinhas. Alguém me falou que nos predios ficam todos separados, fechados em casa..) È um outro estilo de vida ne pros que vão pros predios ne, mas è a menoria, a maioria, 90% vai ficar na propia casa ne, então è inevitável também não remover ninguém não dá porque tem sistema de córrego, área de risco, então eles precisam realmente ir por outro lugar e outro lugar lá dentro mesmo na Comunidade. A gente tentou em Paraisópolis criar uso misto, 121 então foi o primeiro projeto aqui da Sehab que a gente incluiu comerços nos predios.. a gente está discutindo com a equipe social os tipos de comerços que são adecuados para não dar conflitos.. Eles vão começar abrir comerços.. não sei se você viu que tem un espaço em baixo nos predios laranjas que são isolados, lá vai ter comerços no térreo, tem quarenta lojas já construidas, que são para as pessoas que tinham comerços e foram removidas e aí o cadastro amarrado para elas ter apartamentos e continuando tendo comerços que era fonte de subsistência.. cada predio tem um programa de equipamento público diferente então com acceso independente. Então tem o condomínio A ele tem a sala de música, de dança o condomínio B vai ter um tele centro que já foi construido, vai agora organizar o acceso. O condomínio C vai ter uma biblioteca e o condomínio G vai ter um Cras ou o Ue que è um ponto de referência para assistência social. Então a gente procurou mesclar outros usos para não ficar naquela coisa monofuncional, monotematica, só habitação, mesmo estando do lado da Comunidade que tem todos os serviços que eles precisa ne, mas a gente quis também nessa parte do tecido urbano que a gente tivesse uso misto, antes era proibido, a Caixa não aceitava e a gente brigou e quis fazer. Eu acho que foi um ganho muito bom. Vendo a necesidades..” 129 . 129 Maria Tereza Din iz: (Do manda: nella Comunità ci sono persone che non vogliono riforme?) Ah ci sono sempre eh, ci sono.. io credo che contro l’urbanizzazione come miglioramento delle infrastrutture nessuno è contro, ma ci sono persone che hanno..perché è una relazione affettiva molto forte con la casa, la persona ha speso venti trenta anni con molte difficoltà molti sforzi costruendo la casa quindi a volte quando devi rimuovere quella casa non è.. entrare a vivere in cinquanta metri quadri è complicato, perché a volte la loro casa è più grande eh. Chi è in una situazione molto precaria dentro i ruscelli in aree a rischio, loro normalmente non oppongono resistenza ad anda re negli appartamenti perché gli appartamenti sono molto buoni.. (Io: ..ho pensato che in alcuni casi stiano soffrendo il cambio dell’ambiente della Comunità, tutto era vicino, c’erano negozi, le casette.. Alcuni mi hanno detto che nei palazzi sono tutti separati, chiusi in casa..) È un altro stile di vita eh per chi va nei palazzi, ma è la minoranza, la maggioranza, il 90% resterà nella propria casa, è inevitabile anche non rimuovere nessuno non è possibile perché c’è un sistema di ruscelli, aree a rischio, per questo hanno realmente bisogno di andare da un’altra parte e un’altra parte nella Comunità stessa. Noi tentammo a Paraisópolis di creare un uso misto, infatti fu il primo progetto qui della Sehab con il quale abbiamo incluso esercizi commerciali ai palazzi.. stiamo discutendo con una équipe sociale i tipi di esercizi commerciali che sono adeguati per non creare conflitti.. Loro 122 La Sehab ha cercato un modo per inserire meglio i nuovi edifici ne lla Comunità, che rappresenta anche una soluzione per i commercianti che hanno perso il lavoro, di riavere i proprio negozi e per le persone che si sono spostate negli appartamenti di avere i servizi vicini. È stato adibito così uno spazio al pian terreno dei condomini arancioni e a breve dovrebbero aprire. È un discorso che ho sentito a nche in un’altra Comunità di São Paulo, Heliópolis, la prima per grandezza della città, dove i commercianti avevano le stesse perplessità. Si tratta quindi di un tema diffuso, in particolar modo nelle Comunità più grandi organizzate e con molti esercizi commerciali. Nuovo è anche il metodo del Comune di affrontarlo, Paraisópolis sarà tra le prime a sperimentarlo. Nella pri ma i mmagine si vedono i condomini aranci oni dove verranno aperti gli esercizi commerciali. Nella foto sulla destra, il pri mo palazzo verde salendo, è dove vi ve Maria da Gl ória. inizieranno ad aprire i negozi.. non so se hai visto che c’è uno spazio al piano terra dei palazzi arancioni che sono isolati, là ci saranno i negozi al piano terra, ci sono quaranta negozi già costruiti, che sono per le persone che avevano i negozi e sono stati rimossi e così è stato sistemato il catasto in modo che abbiano un appartamento e continuino ad avere i negozi che erano la fonte di sussistenza.. ogni palazzo ha un programma di attività pubbliche differenti con un accesso indipendente. Così il condominio A ha la sala di musica e danza, il condominio B avrà un internet point che è già stato costruito, adesso si organizzerà l’accesso. Il condominio C avrà la biblioteca e il condominio G avrà il Cras o il Ue che sono punti di riferimento per l’assistenza sociale. Così abbiamo cercato di mescolare altre attività per non restare in quella cosa monofunzionale, monotematica,solo abitazioni, restando dal lato della Comunità che ha tutti i servizi di cui ha bisogno eh, abbiamo voluto che questa parte di tessuto urbano avesse uso misto, prima era proibito, la Cassa non lo accettava così abbiamo lottato e voluto farlo. Credo che sia stato un buon guadagno. Vedendo le necessità..”. 123 Spostandoci dai nuovi palazzi e tornando al Grotão, abbiamo visto come questa zona della Comunità si sta trasformando molto rapidamente, almeno sulla carta i progetti prevedono molti cambiamenti per un futuro immediato. Per adesso si vede una terra sterrata rossa, dove prima c’erano solo case, dove presto verrà costruita una strada, dove nel giro di poche settimana è stata montata la sede provvisoria della Casa da Amizade, in attesa della costruzione dei nuovi spazi per le Ong, perché un’altra grande parte della Comunità verrà tolta per fare la scuola di musica e il parco. Se il progetto verrà portato a termine vedrà di sicuro molta partecipazione da parte della popolazione. Conclusioni Capitolo III In questo capitolo finale ci siamo occupati di analizzare i processi di cambiamento in atto all’interno della Comunità di Paraisópolis e nello specifico nella zona del Grotão. I cambiamenti ai quali ho assistito fanno tutti parte del nuovo progetto che il Comune ha creato in modo specifico per questa Comunità. Il Grotão, al momento della mia ricerca, era già stato dimezzato nella sua estensione. Metà delle case erano già state tolte al mio arrivo, lasciando una grande parte vuota, dove si stanno facendo dei lavori. Le riforme che il Comune ha in serbo per quest’area riguardano principalmente la messa in sicurezza di alcune situazioni a rischio, a causa del terreno particolarmente drenato e dall’inclinazione della zona e risanamento del sistema fognario che non è in grado attualmente di affrontare grandi piogge senza creare dei danni, che possono arrivare anche a far scivolare alcune abitazioni. Quindi il Comune ha deciso di sgomberare l’area e trovare una soluzione di utilizzo alternativa. Verranno così costruiti un parco e una scuola di musica, che affideranno all’area una funzione di svago. Inoltre verrà costruita una nuova strada per facilitare la viabilità, considerando che al Grotão si arriva facilmente da una via del quartiere Morumbi, ma dopo è di difficile accesso. Inoltre servirà anche a collegarsi meglio ai nuovi palazzi in costruzione. Palazzi che ospiteranno gli abitanti delle case che sono state rimosse. In questa sede non ci troviamo chiaramente a dare un giudizio a queste riforme, ma ci siamo chiesti in quale modo quest’ultime andassero a modificare il territorio e come venissero interpretate dalla popolazione locale che si trova a viverle. Si tratta sicuramente di un compito arduo, che vede solo un piccolo inizio in 124 questa sede. Dalla ricerca effettuata sul campo abbiamo potuto costatare che la Comunità ha una sua mutevolezza intrinseca, la quale si manifesta in particolar modo nella relazione con la casa. Quando si arriva, se non si ha già qualche amico o parente, di solito si costruisce una baracca di legno che è la forma più economica di abitazione. Negli anni, se si può, si inizia a modificarla, trasformandola in una casa in mattoni, più resistente. Di solito resta tale nelle caratteristiche materiali, ma cambia forma. La famiglia aumenta, allora si costruisce un altro piano o si compra un terreno al lato e si allargano gli spazi. Nel frattempo queste diverse fasi si trovano su linee temporali differenti all’interno della Comunità, per cui si possono trovare tutte le forme contemporaneamente. Inoltre non è detto che ci si fermi per sempre nella Comunità, magari si cambia, si torna al proprio paese o semplicemente si cambia quartiere. Per cui c’è sempre movimento, ma come accennavamo in precedenza, si tratta di cambiamenti interni. La casa, il terreno sono propri e si gestiscono con molta libertà. I cambiamenti che si appresta a fare il Comune rappresentano invece spinte esterne. Con questo non si sta affermando che non possano essere apprezzati dalla popolazione, ma che comportano non solo un cambiamento estetico, ma un cambiamento della vita sociale delle persone e un cambiamento di quel movimento di cui parlavamo poco fa. Nel momento in cui mi viene offerto un appartamento per lasciare la casa, non potrò più fare tutte quelle modifiche che facevo prima. Inoltre, aspetto che abbiamo sottolineato più volte e più importante, cambia la mia vita sociale. La vita nella Comunità era fatta di vicinanza, di apertura verso la strada e verso le altre case e i vicini. La vita negli appartamenti è più chiusa, sembra riservata. Si tratta di aspetti che persone abituate al cambiamento possono superare, ma se riuscissimo a comprendere il loro punto di vista si potrebbero apportare delle modifiche per rendere la vita più simile a quella di prima. Come ad esempio il discorso che abbiamo affrontato sulla possibilità di riavere la propria attività commerciale perduta, istallata al pian terreno dei nuovi palazzi. Il Grotão si trova attualmente in una fase di transizione, transizione che è vissuta sulla pelle dei suoi abitanti o ex abitanti. È importante, come nota finale, comprendere che le modifiche che vengono fatte, anche se pensate per il bene della Comunità, non sempre e non su tutti hanno quell’effetto. La casa ha un valore che non cambia, fuori o dentro una favela, è un valore affettivo rappresentativo, toccarla scatena delle reazioni di 125 cambiamento che non riguardano soltanto l’aspetto estetico, ma che vanno a stimolare altre scale di valori, che possono anche andare oltre l’idea di tutelare la propria sicurezza. 126 Conclusioni L’obiettivo di questa ricerca era quello di andare ad analizzare le dinamiche di cambiamento urbano all’interno di una favela della città di São Paulo, come quest’ultime andassero a coivolgere i suoi abitanti e quali fossero le conseguenze sullo svolgimento della vita sociale, attraverso la narrazione delle storie di vita di alcuni dei suoi abitanti. Il secondo obiettivo prefissatoci era quello di rendere visibile e facilmente collegabile il contesto microsociale di ricerca, il Grotão e Paraisópolis, ai contesti invece macrosociali, quali la regione di São Paulo, il Brasile e l’America Latina. Il punto da cui siamo partiti e che costituisce la base della nostra analisi, è il termine “Comunità” e il suo utilizzo all’interno di Paraisópolis, il contesto della nostra ricerca. Come abbiamo spiegato durante questo elaborato, si è deciso di non utilizzare il termine “favela” riferendosi a Paraisópolis, in quanto si tratta di una definizione che in quel specifico contesto viene rifiutata. Termine che viene invece sostituito da una definizione che possiamo tranquillamente chiamare “emica”, quella, per l’appunto, di “Comunità”. Scegliendo un nome con il quale autodefinirsi si evidenziano alcuni aspetti fondamentali di diversa natura. Da un lato, dimostra una volontà di coesione, un sentimento di appartenenza a quello spazio specifico, a quel gruppo di persone. Dall’altro, fa emergere anche gli aspetti politici che il termine nasconde. “Comunità” innanzitutto porta a distanziarsi da ciò che rappresenta la “favela”, assumendo in questo modo una forma diversa agli occhi degli altri, allontanandosi dalle caratteristiche intrinseche che quel termine porta con sé. Caratteristiche negative, dispreggiative. Favela è da sempre uguale a povertà, sporcizia, malattia, caos, illegalità, violenza, per citarne solo alcuni. Comunità invece ricorda qualcosa di pulito, di amichevole, di organizzato. In questo modo gli abitanti della favela possono collocarsi in modo differente, iniziando col darsi un altro nome. L’aspetto politico del termine risiede proprio nella possibilità, a questo punto, di rappresentare un gruppo coeso, che si palesa alle Istituzioni come veicolo delle idee e dei progetti comuni. Gli aspetti negativi appartengono al passato, alla favela. La Comunità è accompagnata da dignità e consapevolezza più forti. Come abbiamo analizzato nel corso del secondo capitolo, le favelas, insieme alle altre forme di insediamento “informale” nella città di São Paulo, hanno una storia piuttosto 127 complicata. Alla base della discriminazione nei loro confronti, vi è l’associazione con un’occupazione illegale del territorio. Questo conduce, in una prima fase, all’equivalenza tra illegale e inesistente. Se non hai uno tuo spazio “legale” sul territorio è uguale ad essere invisibile, non avere cioè per le Istituzioni uguali diritti a chi invece ne è in possesso. Questo aspetto è molto importante perché per diversi anni gli abitanti delle favelas si trovarono in difficoltà nell’inserirsi, in particolare, nel mercato del lavoro “formale”, in quanto era richiesto l’indirizzo di residenza, nessuno assumeva sapendo che la provenienza era una favela. Chiaramente i problemi di inserimento sociale non riguardarono solamente l’aspetto lavorativo, portando la favela a chiudersi sempre più in se stessa, cercando di creare al suo interno tutti i servizi necessari. Guardandola da un altro punto di vista, ha portato alla chiusura della città in se stessa nei confronti di queste persone. Come accennato più volte lungo questo elaborato, non abbiamo intenzione di affermare che le favelas non riscontrano alcun tipo di problema sociale o urbano, altrimenti andremmo a creare una nuova costruzione artificiale, abbiamo invece quella di liberarle da tutta una serie di stereotipi che accompagnano il termine da anni e che ormai hanno pochi riscontri nella realtà. Come abbiamo visto, a São Paulo le favelas si formeranno in una fase successiva a quella di Rio de Janeiro. Le prime vengono collocate alla fine del XIX secolo, ma si trattava solo di piccoli insediamenti. Il grande boom si avrà invece a partire dal 1960-70, quando la città stava vivendo una forte e rapida crescita e in concomitanza le campagne vivevano una grande crisi causata dalla mancanza di terre per i piccoli agricoltori e di una riforma agraria. Il sistema capitalistico si inseriva in America Latina in modo differente rispetto all’Europa, la dipendenza nei confronti dei capitali esteri non permise la formazione di un apparato industriale che fosse in grado di assorbire l’intera domanda lavorativa. Per questo motivo si andò a creare un canale privilegiato per alimentare il sistema del lavoro “informale”. Con questo termine intendo quel settore non controllato dalle Istituzioni statali. Molti studiosi ritengono che è lo stesso sistema capitalistico ad includere nella sua natura una componente di marginalità. Cioè a seguito della sua applicazione si avranno sempre dei gruppi che usciranno dal sistema economico “formale” e che andranno ad occupare degli spazi del mercato informale, che molti autori definiranno come “marginali”. Questa maginalità rappresenta così una parte integrante del sistema 128 capitalista, parte che concorre in modo attivo alla sua riproduzione. Si tratta quindi di un sistema che intrinsecamente racchiude un certo grado di marginalità. Inizialmente il Comune di São Paulo attuò una politica d’indifferenza nei confronti delle favelas e dei suoi abitanti. Durante i primi decenni si alternano l’indifferenza e le politiche di rimozione, che seguivano quell’idea di spostare ai margini, in luoghi poco visibili e lontani dai centri, questa parte di popolazione. Inoltre fin dal periodo del boom economico del caffè, diffondendosi inizialmente tra le élite che volevano emulare l’origine nobile europea, si diffonde, insieme agli insediamenti precari, anche la loro identificazione con luoghi insalubri, dove la povertà portava malattia e criminalità. Aspetti che continueranno a descrivere anche le favelas attuali. Per questo motivo la scelta di autodefinirsi in un modo differente, rappresenta un aspetto di fondamentale importanza, in quanto denota una consapevolezza molto profonda di ciò che comporta l’uso del termine “favela”. Sostituendolo si vuole ottenere dagli altri qualcosa di diverso. Si vuole essere presenza concreta sul territorio. Tanto che tra le prime operazioni che vengono attuate durante il processo di urbanizzazione, c’è quello di “regolarizzare” la poprietà delle case e del terreno, in modo tale da registrare la presenza delle persone e renderla legale, liberandosi del primo stereotipo, quello dell’occupazione illegale della terra. Diversi studiosi che hanno condotto ricerche in America Latina, hanno mosso diverse critiche alla teoria della marginalità. La principale è quella di andare a costruire un nuovo stereotipo cercando di sfatare quelli precedenti. In quanto va ad amalgamare delle differenze all’interno di una nuova categoria. Inoltre il termine “marginale” viene utilizzato principalmente con un’accezione economica, in quanto sono gruppi che non riescono a partecipare alla vita lavorativa. Sappiamo bene ormai, grazie a ricerche più recenti, che usare il termine “marginale” è azzardato. Questo perché, facendo riferimento al nostro campo di studi, esistono delle situazioni molto eterogenee. Se per marginale si vuole intendere esterno al sistema economico formale, allora in diversi casi può essere vero, nel senso che molte persone svolgono delle professioni non riconosciute dalla legge statale o hanno attività non regolate secondo lo Stato. Ma se per marginale intendiamo esterne al sistema sociale ed economico in generale, affermiamo il falso, in quanto si tratta di persone che nella maggior parte dei casi ha un’attività lavorativa. Inoltre non è così scontato che si tratti di attività appartenenti al mercato 129 informale. La marginalità, intendendola come difficoltà nell’accesso al lavoro o alla vita sociale cittadina, è stata spesso causata proprio dall’esistenza di stereotipi a riguardo preesistenti e persistenti. Abbiamo visto che la ricerca dello studioso brasiliano Josè Paulino è, a questo proposito, molto interessante. Si occupa infatti di analizzare, temporalmente, gli stereotipi che sono stati costruiti riferendosi agli abitanti delle favelas, fornendoci un punto di vista differente. Paulino definisce l’uso del termine come un “apartheid simbolico”. Sappiamo che abbiamo la necessità di definire, di nominare in qualche modo la realtà che ci circonda, ma spesso le definizioni che ne diamo si cristallizzano negli anni e vanno a dare una visione distorta della realtà. Gli stessi antropologi brasiliani per anni sono stati in linea con il pensiero comune, nell’utilizzo di questo termine. Solo in anni più recenti ci si è interrogati sulla sua efficacia e veridicità. Studi recenti brasiliani di grande interesse, e che a mio avviso potrebbero essere da spunto a livello internazionale, sono quelli sulle “reti sociali”. Sia di stampo antropologico che sociologico, si occupano di analizzare, anche all’interno delle favelas, la formazione di relazioni e di vincoli tra gli individui che, secondo la definizione di Ronaldo de Almeida e Tiaraju D’Andrea, favoriscono l’inclusione sociale. Sicuramente sono quei legami che favoriscono lo scambio di oggetti, ma anche di opportunità, che siano la vorativo o di altro genere. Rappresentano azioni creative. Marques ne sottolinea l’importanza, in quanto ci aiutano a capire i percorsi che le persone fanno, elaborando strategie di sopravvivenza. Inoltre, aiutano ad evidenziare quella eterogeneità accennata sopra, cioè aiutano a non amalgamare parte delle popolazione sotto una definizione standard. Ricollegandoci alla nostra Comunità Paraisópolis, siamo di fronte a una realtà molto eterogenea al suo interno, sia da un punto di vista urbanistico che sociale. Come abbiamo visto, sta attraversando una fase di cambiamenti profondi, da diversi punti di vista. Come sottolineavamo in precedenza, la favela ha di per sé un carattere mutevole, la relazione con la propria casa è caratterizzata da un’ampia libertà, per questo motivo la fisionomia della favela stessa muta in continuazione. Come spiegavamo, nel momento in cui si inizia un rapporto con il Comune, questa libertà cambia forma e viene limitata. Questo perché per la prima volta la casa viene registrata a proprio nome a livello “ufficiale”, con l’opportunità di diventarne i proprietari. Proprietari dal punto di vista dello Stato, perché i suoi abitanti si sentono 130 già tali, in quanto hanno acquistato a suo tempo quella casa investendo dei soldi e di norma vivendoci per molti anni. Infatti, una relazione costante con la Comunità di Paraisópolis, il comune di São Paulo la inizia solo nel 2005. Prima erano stati fatti solo degli interventi urbanistici a singhiozzo. Ma la Comunità nasce intorno agli anni sessanta, per cui la maggior parte dei suoi abitanti si trova sul posto da diversi anni e ha instaurato con il territorio e con la propria casa, un rapporto molto forte. Per questo motivo spesso è difficile staccarsene. È importante cambiare l’idea, che può essere comune tra chi vive al di fuori della favela, che vivere in uno dei nuovi appartamenti che il Comune propone sia la soluzione migliore per la popolazione. Abbiamo dimostrato durante questa ricerca che non è in tutti i casi così. Molto spesso non si può rifiutare la proposta che il Comune fa, ma si pensa che si preferirebbe restare nella propria casa. Nella mia ricerca ho fatto riferimento in modo specifico ad una parte di Paraisópolis, il Grotão. Zona particolare, perché situata ad un livello più basso rispetto al resto del territorio e in parte arrampicata sulla collina. Si tratta, come abbiamo visto, di un’area che presenza dei rischi per la popolazione, in quanto situata su di un terreno spiovente che non permette il giusto drenaggio dell’acqua, causando il rischio di frane. Per questo motivo è rientrata nel progetto di urbanizzazione del Comune come “zona a rischio”, prevedendo in questo modo diverse rimozioni. La percentuale di rimozioni di questo nuovo progetto è, a dire dei responsabili del Comune, molto bassa. Sicuramente il Grotão è stato molto coinvolto in questo processo. Una parte consistente di questa zona è già stata rimossa. Infatti durante la ricerca sul campo presso la Ong Casa da Amizade, molti mi hanno raccontato di come fosse tutto diverso, di fronte alla Ong c’erano solo case, mentre per ora solo terra battuta. Il processo di rimozione e i progetti che vanno a modificare in modo definitivo la fisionomia della Comunità, vanno soprattutto a toccare la vita sociale dei suoi abitanti. Come ho spiegato in precedenza, con questo termine ho voluto includere tutti gli aspetti della vita quotidiana dei suoi abitanti, volendo includere anche le relazioni più superficiali, ma che concorrevano a definire quel specifico ambiente. Abbiamo detto che la favela ha di per sé un carattere molto mutevole, le persono sono già abituate all’idea di spostarsi, di modificare, ma si tratta di un’agire interno alla Comunità, mentre i progetti del Comune sono agiti dall’esterno. Il coinvolgimento della popolazione in questi processi pare essere 131 attualmente molto attivo, ma sicuramente si è instaurato anche quel rapporto formale e in parte gerarchico tra cittadini e Istituzioni. Per questo motivo i cambiamenti possono causare molti dubbi, molte insicurezze, perché non si ha p iù il controllo totale del proprio spazio. Questo non siginifica che alcuni dei cambiamenti apportati dal Comune non vengano apprezzati. I problemi più grossi si riscontrano nella relazione con la casa, perché le modifiche a livello urbanistico o di messa in sicurezza di alcune aree non vengono rifiutate, ma l’idea di lasciare la propria casa sì. Spesso se non è rifiutata, è solo sofferta. Come Maria da Glória diceva di trovarsi bene nel nuovo appartamento, ma avrebbe preferito una casa indipendente come quella che aveva prima. Il sentimento di disagio non viene solamente dal cambio di residenza, ma dal cambio dello svolgimento della vita quotidiana alla quale si era abituati. Questo non significa che non si possa cambiare e che cambiare non porti a qualcosa di altrettanto positivo. Ma la vita nella Comunità prima era diversa. La propria casa si modificava a piacimento e durante gli anni era stata allargata per fare spazio ai figli, ai nipoti, ad una lavanderia spaziosa e magari ad una Cappella. Inoltre i vicini era davvero vicini fisicamente, ci si aiutava perché ci si conosceva e incontrava sempre, perché le case erano aperte le une sulle altre. Le strade strette, i negozi e gli amici vicini con cui scambiarsi favori e aiutarsi. Quello che mi viene riferito spesso è proprio questo, la vita in appartamento, al di là dello spazio magari più ridotto rispetto alla casa precedente, è diversa, sembra che tutti si chiudano dietro quelle porte il mondo esterno. Lo spazio non permette di socializzare, inoltre non si è più vicini ai vecchi conoscenti. Questo ci fa capire che in un’operazione del genere non si può dare nulla per scontato. Da un punto di vista esterno è facile pensare che spostarsi da una zona di rischio ad un nuovo appartamento sia la soluzione perfetta, ma abbiamo visto che non è così. Il Comune ha dimostrato una certa sensibilità nel progettare un’area destinata all’allestimento degli esercizi commerciali che c’erano nelle zone di rimozione e che sono andati persi. Risulta essere fino ad ora uno dei pochi progetti ad includerlo. Inoltre ogni palazzo ha al piano terra un’area adibita per attività sociali e ricreative, in modo da ricostruire, anche se in forma differente, la vita sociale precedente o per lo meno creare un punto di incontro nei nuovi edifici per evitare che restino isolati. 132 La ricerca che abbiamo presentato si inserisce nel dibattito internazionale degli studi di antropologia urbana. Sicuramente di tratta di uno studio di antropologia nella città, ma come si accennava alla fine del primo capitolo, forse non abbiamo bisogno di darle una collocazione netta. Prima di tutto perché si tratta di uno studio che non si scollega mai dalle dinamiche urbana del resto della città, inoltre è uno studio che può spaziare nei diversi ambiti dell’antropologia, in base al taglio che le si vuole dare. Si tratta sicuramente di una ricerca che pone le basi per un lavoro più approfondito, che può essere ampliato e arricchito. Inoltre riteniamo possa essere un punto di partenza anche per lo studio di fenomeni simili in contesti esterni al Brasile. 133 Allegati Trascrizione delle interviste a) Intervista con He dna (04/04/12) Contesto dell’intervista: contesto informale nella cucina di Ana, dove Hedna lavora, durante la sua pausa pranzo. L’intervista è stata fatta con anche la presenza di Ana per evitare un possibile disagio dell’intervistata. Alcuni nomi sono stati omessi per sua volontà. Durata dell’intervista: 01:01:27. H: Então quando foi morar nesta favela, quero dizer, eu morava numa casa né que eu pagava aluguel, aí todo mundo falando né vai Hedna vai, lá estão invadindo, pessoas dando, estão vendendo barracos. Lá ao começo fiquei com medo, mas depois todo mundo ia conseguir, fazendo barracos que moravam. A: Mas como è que faz para..como è que faz a invadir os barracos? H: Primeiro eles invadem os terrenos, os bandidos vai invadem, fazem o barracos dele lá, eles invadem e fazem o barraquinho dele e ai sempre tem alguém que fala né, ai estão invadindo um barraco ali, ai a gente vai també m, só que não pode chegar a entrar, a gente tem que procurar o que è o chefão, para poder ele dar a autorização para a gente. L: E você paga? H: Eles mesmos não cobram, eles falam senhora tem um fulano ali que tem tantos tantos falar com eles. Aí a gente saía procurando quem tem porque as vezes vai estar, o terreno vai estar já todo medido, já tem dono. Aí a gente vai falar com aquele que pagam muitos e aquele vende pela gente, eu comprei um de trezentos reais, o terreno puro completo trezentos reais, aí a gente procura alguma pessoa para fazer o barraco e ele tem que comprar madeira, que è madeira mesma, aquela madera de..de feria que os cachorros, que vem com tomate, aquela madeira e aí a gente compra e paga alguém para fazer. Primeiro ele fez um barraco pra mim, como que fez o primeiro que na primeira chuva que deu quase a gente morri, porque o vento levou por lado e por outro e a gente teve que sair correndo de dentro. O barraco caiu primeiro, caiu e acabou com todo que eu tinha. 134 L: De noite? H: De noite, sai correndo para dormir na casa da minha filha. Depois a gente voltou de novo pra fazer isso, mas perdi o dinheiro que eu tinha, porque eu já tinha pago, e a proposta era que a prefeitura ia a cadastrar, que a gente tinha casa de verdade. Mas eu voltei, outro dia voltei comprar tudo de novo, aí procurei outra pessoa, paguei de novo que nesse caso era a mãe dela (da Ana) que me ajudava nesse programa de vida meu. Tudo que eu falava aí me ajudava. Aí fiz outro barraco, esse foi mais bonitinho, tinha piso, piso è de cemento grosso.. Comprei o diretinho e a gente foi morar nesse barraco. A gente morou ali seis meses nesse barraco. O primeiro era chão de terra, mas o segundo era só cemento. Quando já a gente estava perto de sair do barraco, teve uma invasão lá de polícia, que eu estava aqui e vi passando na televisão, eu trabalhando, a minha filha pequena lá dentro, e a pessoa passando lá, e a polícia tirando bandidos e o que robava carros e levava lá, e minha filha me ligando, chorando lá no barraco, eu desesperada, sem saber que fazer, não podia pedir ajuda, de aqui pra lá são três horas, não podia sair de aqui correndo e ela lá falando, mãe a televisão está aqui a polícia está aqui, o que è que eu faço? Eu falei se esco nde a baixo do beliche e a polícia.. havia polícia tirando, bandidos correndo, a pessoas correndo, correndo no barraco. E eu todas vezes que acontece alguma coisa e como meu outro filho chegasse da escola e tivesse no medio daquele tirote io e fosse baleado também. Me despererei nesse dia. Aí quando foi de tarde liguei com a vizinha minha, não já sim acabou, vou lá a buscar a Juliana que era la menor. Aí quando eu cheguei um monte de barracos estavam derrubados, que a polícia derrubou tudo. Vão pegar os bandidos, não que eles queriam tomar o terreno, mas pegar os bandidos, que tinham robado os carros. Aí eu falei que a gente tem que sair daqui porque como eu vou trabalhar e deixar eles em casa sozinhos. Quando chevaga de noite eu chegava ali com coração de morte, aí que tinha acontecido qualquer coisa. Aí depois acabou e depois de sei mêses passaram cadastrando e aí a gente saindo de lá e foi morar de aluguel, mas foi de aluguel que a Prefeitura já pagava pra gente para depois dar casa. Aí agora eu moro numa casa. Mas agora eu quero invadir outro terreno, estão invadindo lá de novo, eu quero invadir pra outra filha sabe? Eu já consegui um barraco pra.. já consegui um apartamento pra minha filha que eu invadiu outro lugar. 135 L: Sempre na mesma favela? H: Não na mesma exatamente, porque esse, a Prefeitura quando tira a gente, a gente não pode invadir de novo porque a polícia pode te matar se a gente vai no mesmo lugar. Aí sempre tem outra invasão, como agora mesmo. Tem outra invasão, teve uma que eu fui, mas embora não tive porque minha filha já morava em outro apartamento. Ela tem dois crianças. Eu invadi e como eu não tenho.. eu sou mais coragiosa eu não tenho medo de me enfrentar lá.. Eu nunca tenho medo de me enfrentar. Aí agora tem outra invasão lá que eu não fui, eu fui lá já duas vezes, mas eu não conheço o chefão lá de dentro, só que ese não vende, a gente tem que ele dar, mas ali a favela já está cheia de barracos, e aí fui já três vezes lá, mas eu não encontrei ele, porque ele è ladrão de boca, ele não fica lá sempre ( boca è de droga) e aí a gente tem que esperar o dia que ele está naquele lugar pra a gente achar, as meninas que falam que aquele tem vazio ali ainda, mas você tem que falar com.. eu não sei o nome dele, tem que falar com ele e ele fala senhora pode entrar naquele, mas a gente tem que entrar já fazendo, para aí passar pra dentro, que a Prefeitura também está cadastrando, mas eu não posso entrar sem falar com ele. Aí tem primeiro que falar com ele, ele derroba o barraco e manda matar. Então a gente tem, todo mundo tem, há um monte de gente que fez já barracos e que já está cadastrado porque a Prefeitura quer tirar..quer tirar favelas. A Prefeitura está querendo tirar as favelas. Lá no lugar que estou moram já..ehm..è um punhado de favelas, as casinhas assim, duas uma em cima da outra. Parecem casa de pombo, voce sabe que è pombo? Não..dos pasarinhos, que ficam na rua brancos..a gente mora numa casa assim. Ela è uma casa, em cima há o telhado, você sabe aquele rosa, voce já viu casa de fazenda? L: Sim.. H: Então a gente mora em casas que parecem casa de fazenda, ela è coberta de telhas assim, meia caida. Se você quiser eu levo você a onde eu moro, pra você ver como è uma favela, que ainda tem, onde eu moro è casinha, mas tem outro lado que è só favela, barraco, lugar que eles robam carros e levam lá pra dentro, e a gente pode ir pra ver por lá. E..onde ainda minha mãe mora vai ter medo de entrar. Eu não tenho medo porque eu não vou a meixar com a gente, assim se você vai entrar com a gente que conhece, ele não meixam. Que è assim, o bandido fica sim onde eu moro, a polícia è vendida, a polícia è.. ali dentro mas aquela a polícia de fora ela não vai 136 entrar. Um dia estava tendo uma invasão de bandidos, muitos bandidos, então instalaram a polícia, mas fora de lá, ficaram num lugar assim, eles não podiam ficar lá dentro, mas os policiais que estão lá, eles estão autorizados. L: Eles já conhecem os bandidos? H: Isso eles já conhecem. Eles pagam uma taxa pra eles deixar eles. Uma vez foi lá uma mulher pra fazer um reportagem, uma pessoa também que vem de fora, não era de lá, não era de aqui de São Paulo. L: Mas era brasileira? H: Era, mas não de aqui de São Paulo. Vem fazer entrevistas. Como você fala quem faz..como você..uma jornalista? Isso, e ela foi no carro da polícia, mas eles não deixaram entrar, porque não foi a polícia de lá. Aí ela deixou o carro do policial e ela entrou sozinha mas ela não conseguiu entrar e eles queriam ela matar, porque ela queria entrar sozinha e ela estava muito arrumada. Eles acharam que queria filmar eles, aí ela não entrou. L: È muito perigoso ne? H: Eh sim.. só que lá onde moro agora o chefão foi preso, um foi preso e o outro está fugido. Então está sem comando. O grupo não è tão unido. Eles trabalham com droga, com robo de carro. Aí então o chefão está preso e o outro está fugido. Mas lá, lá onde eu moro as pessoa entram, mas não as polícias de fora. Se você vai acompanhado com alguém você entra normal. Mas essa moça que foi, ela, já ela foi lá com esses carros grandes da polícia..e ela não conseguiu entrar. Ela probou acho três vezes mas ela não conseguiu entrar, mas agora pode entrar, porque eles não tem autoridade para nada. Aí eles vendem droga no medio da rua, a gente está acostumada, na esquina vendendo, mas a gente não se meixa não. Mas quem chega de carro, chega e deixa e vai na casa de alguém, quando voce volta só tem a carcassa do carro, porque eles se tiram todo. O namorado da minha filha um dia deste chegou lá, ele trabalha na impresa, ali foi questão de segundos, foi lá pra levar um dinhero, foi lá pra levar as compras dela, quando ele virou não tinha mais rádio, não sabe em quantos minutos, está..e era carro de impresa. Então não è um robo de lá, mas se entra de fora não sai nada, não sai inteiro não. L: Mas eles vão vender partes dos carros? 137 H: Eles vendem, tem um lugar que fazem desmancha. E aí eles robam, desmancham, quando não dá tempo eles tocam fogos, tem outro lugar lá de queimar também, que eles queimam. A: Desmancha quando despega um carro e tira tudo. Porque se está utilizando o carro a polícia pega, se desmancha não, eles vendem todas as peças. Aí esses lugar são desmanches. L: Sua mãe ainda mora no norte de São Paulo? H: Sim.. L: Ainda è muito perigoso lá? H: Onde minha mãe mora ainda è muito perigoso. A: Mas se eu, se ela vai com você não tem perigo? H: Não, porque eu vou lá pra visitar a minha mãe, meus filhos vão que eles não conhecem. Se entra lá e as vezes eu vou de noite e minha mãe vem e me espera acá em baixo e..e agora como eu já sei o caminho..o que è..è tipo um labirinto, eh a onde minha mãe mora. Então, eu entro por um lugar, mas na hora que eu saio eu nunca consigo sair pelo mesmo lugar, porque eu vou mas quando sai cae outro beco, então se você não vai souber.. A sorte è que há muitas saidas, pá dizer..pá onde você vai sair há uma avenida, então por isso que eu não me perdo, mas se você quizer ir um dia..nos dias da semana não posso, porque estou trabalhando, mas assim em fim de semana o dia de sabado eu levo..não dá tempo no dois lugar, porque tanto da aqui pá onde eu moro è três horas e meio, casi quatro horas, pá onde minha mãe mora também, è mais perto, mas são três horas, indo de metrô è mais rapido, porque onde minha mãe mora há pá ir de metrô. Aí se você quizer eu levo.. L: As outras pessoas que moram na sua favela, são também do Nordeste do Brasil ou não? H: Onde eu moro só tem gente do interior, que vieram aqui pra São Paulo. A: Interior de São Paulo mesmo? H: Não.. eh que eu não tenho muitas amizades, mas as pessoas que eu conheço, tem gente que mora no interior de Bahia, outros que moram no C hiquichiqui (Bahia), outros moram em Recé, que è a terra do fejião, mas todos lá da Bahia, não que eu conheca, eu conhecia aqui em São Paulo eu sei que não são paulistas as pessoas. A: Mas tem paulistas que moram lá também? 138 H: Eu não sei..nunca conheço.. L: Você acha que as coisas mudaram de quando você chegou? H: Mudaram muito..muito..lá onde eu moro mudou muito, pá melhor eh.. L: Porque a Prefeitura fez algo? H: A Prefeitura melhorou muito o lugar onde eu moro. Antes, não tem.. não è um muito tempo um ano, eu quando saía de aqui se estava chovendo ou eu voltava pá atrás ou durmia dentro do ônibus porque a gente não conseguia atravessar para ir pra casa. Porque enchia tudo, a gente não conseguia de atravessar ou então quem tinha coragem atravessava.. tem uma vez que perdi o celular, fiquei atolada por o ônibus não atravessava, os esgoto estava abertos e enchia, o lixo vinha todo tapava todo, os ônibus não pasavam. Ou voltava pra dormir aqui ou durmia na casa de alguém ou atravessava na lama. Um dia eu tive que atravessar eu e tudo mundo que morava lá, e aí perdi o celular perdi a bolsa perdi um monte de coisas que a água levou e não consegui pegar, mas agora se você for, você vai ver como está tudo lindo, montaram farol, agora tem farol que não tinha farol, não tinha faixa de pedestres, não tinha nada, não tinha ponto de ônibus, eles paravam onde queriam, os carros não tinham mão pra ir ou pra voltar, não foi a Prefeitura que fez não, foi uma impresa nova que entrou, que se chama Odessa, uma impresa que está fazendo.. L: privada? H: Eh.. ela está comendo São paulo inteira, ela tira favelas e está fazendo avenidas, está fazendo praças, parques, eles dão casas.. L: Você tem que comprar deles? H: Não, essa impresa, eles dão apartamentos aquitados, por exemplo a minha filha ela já está morando de aluguel há três anos, porque eles estão procurando terrenos pra construir predios, e eles de todo três três meses estão dando alugel, um mês de aluguel são trezentos reais e eles dão três meses já. Tem três anos que minha filha mora lá eles nunca deixaram de pagar. Eles estão construindo casas em outro lugar pra as pessoas que saem dessa favela. A avenida que ele já fez tem sentido de ir daqui pra Brasilia. Lá onde eu moro já ele fez, vai pro Rio, vai pra Brasilia, vai pra um monte de lugais aquela avenida porque agora os caminhões.. você sabe disso? Que aqui em São Paulo os caminhões têm horário pra andar, mas aquela avenida dá acesso aos ônibus aos caminhões de andar e aí então mudou muito. Parou de ter 139 atropelamentos, que lá todo dia havia atropelamentos, que não tinha farol, não reispetavam as pessoas que atravessavam na rua, morreu muita gente assim, mas agora lá.. lá as pessoas compravam casa de três mil, agora ninguém vende por menos de quarenta/cinquenta mil, porque o lugar ficou valorizado. O lado que eu moro, porque o outro lado.. L: estão començando a volorizar? H: Não sei se ele vai tirar, porque teve gente que não aceitou a proposta. Porque è assim a gente tem que aceitar, quem tem casa, porque tanta gente que não mora em barracos, tem gente que têm casa e teve gente que não aceitou a proposta deles de tirar a casa daquele lugar pra ganhar em outro lugar pra eles proveitar daquele terreno pra fazer a avenida, teve gente que não aceitou, então continua morando naquele lugar tão horrível, que entra água, invade, acontece tudo isso, ainda tem no outro lado que eu moro, ainda tem pessoa assim. Mas onde eu moro tem o morro do sabão, um lugar que tem lá que..eu moro no jardim de Santo André que è divisa com Mauá, Mauá è uma cidade que não è São Paulo, mas onde eu moro è divisa. Ali há um lugar que se chama morro de sabão, eu nunca fui porque toda as vezes que eu vou està chovendo, intento subir pra ir pra Mauá, eu nunca consigo porque se tem que subir assim grudado nas paredes das casas, perece que está subindo mas está rodando pá atrás, aí chamo o morro do sabão porque quando chove fica escorregadio e parece sapão. Mas tem muita gente morando pra lá ainda, e ele não tirou porque o povo não aceitou a proposta. Eles estão, eles pagam, quem pega eles dá o valor da casa.. L: Para você porque eles não aceitaram a proposta? H: Porque eles acham que gastam muito mais naquela casa do que eles querem pagar. Tinha outras pessoas que acham que não vai sair daqui porque viveu a vida toda ali, não querem abandonar..e a gente que mora em casa pequenas, como eu mesma, se eles chegassem ali agora, querendo me dar pra vivir em outro lugar, eu iria, deixo lá a casa, è uma casa, não è aquela caaasa mas pelo menos eu não corro riscos.. A: Você disse que se enviadiam, vai pegar uma casa pela Raffa? A Raffa è a filha mais nova dela. 140 H: Eu queria, eu só não fui ainda, porque todas vezes que eu vou, a gente desce, ali a invasão è assim.. todas vezes que eu vou está chovendo, sempre no fin de semana está chovendo, aí eu vou procurando ele e ele nunca está por lá, aí me estou já disanimando. As meninas estão falando, lá estão invadindo porque não vai pra lá, mas não conheço ninguém, porque este è um bairro mais bem distante, eu sei que tem ônibus que vai pra lá, mas lá como eu vou chegar sei lá não conheço os bandidos de lá. Porque a gente tem que conheçer por lo menos um, como eu conheço um, que eu já conhecia no ano primeiro que invadiram. A: E como è que você o conheceu? H: O Sharada? O Sharada è o melhor amigo que eu tenho, ele è fugitivo, mas foi o melhor amigo que eu tive, quando entrei naquela favela lá, eu voltei o nome da favela “Portalinha” todo mundo chamava a portalinha, porque teve novela que tinha, que você não asistiu mas tinha na favela nessa novela que o nome era Portalinha e nessa favela só tinha barracos era parecida aquela onde eu morava, aí voltamos em Protalinha e todo mundo começou a chamar. E quando eu conheci ao Sharada foi ele que tinha dono, ele que era o dono do pedaço. E ele era dono do garpão que fazia desmanches, ele não era bandido de droga, ele era bandido de carro. Ele já tinha sido preso.. A: E como conheceu ao Sharada? H: Conheci lá dentro, porque quando eu fui pra pocurar o terreno a loira que me falou que já tinha terreno lá dentro, ele me falou que você tem que falar com Sharada, eu falei como è que eu faço pra falar com ele? E ela disse você chega lá dentro e pergunta na padaria que tem lá quem è o Sharada que pessoas falam, aí eu cheguei na padaria e o rapaz que estava lá, eu falei desejo falar com o Sharada, o qual seria o assunto? Você è ele? Ele não, mas eu tenho que saber qual è o assunto, aí eu falei que eu queria ver que tem que fazer pra conseguir um barraco aqui, aí ele falou, sou eu. L: De onde è ele?Do Nordeste ou..? H: Eu não sei de onde ele è porque a gente não sabe o nome dele, ele não tem nome, todo mundo conhece ele com varios nomes, eu conheço como Sharada, porque a pessoa que me apresentou me apresentou ele como Saharada, mas eu já cheguei em outro lugar procurando ele mas ninguém savia e ele estava lá. Eu cheguei na primeira 141 casa de tijolo eu já fui lá pra procurar ele, eu vendo ele, eu falando com as pessoa que queria falar com Sharada, mas ele falou que lá não estava ninguém que tinha esse nome. Aí quando ele me viu foi ele que veio. Aí a gente não sabe o nome dele. Eu pedi a ele de não deixar que meu filho se meixar com droga, que meu filho era adolescente ainda, então eu pedi a ele, porque ele tinha.. ele iniciava pra fazer aquelas coisas dele ne, eu pedi a ele que eu só tinha aquele filho e que ele, por amor de deus, nao fizesse aquele com meu filho, não ensinasse a meu filho robar, desmontar carros, que eu queria que ele olhasse que se ele fizesse algumas coisas erradas que ele falasse pra mim. Eu presentei meus filhos, ninguém deles se meixou com ele, a Raffa ele se apaixonou da Raffa, todo tempo que eu morava lá quando a Raffa chegava da faculdade, que minha filha chegava da faculdade a uma hora da manhã, ele ia no ponto pra buscarla, porque estava tendo um ataque na rua e ele ia buscá- la. Aí ele ia buscar minha filha no ponto, a Juliana estudava saía de manhã cedo e ele ia a levar na escola, ele a levava de pé a escola, então eu confio nele e até hoje ele não vai pasar na casa todo dia, mas ele vai todo ano, todo Natal ele vai lá, e ele vai lá sem fazer muita festa, ele vai lá pra mim comprimentar e vai embora, então è uma pessoa que è, è um bandido que um tem que confiar ma is que na polícia, porque eu não confio na polícia lá, eu prefiro, se tiver alguma coisa acontecendo comigo eu prefiro procurar um deles pra mim ajudar, que a polícia, a polícia nunca quer saber o que você fez, não eles chegam batendo e matando.. então.. um dia meu filho estava no mercado, robaram num mercadilho ne, e lá tem preconceitos com pretos, aí quando a gente estava na janela, a vizinha chegou e Hedna a polícia está ali batendo Gabriel na parede, eu começei a tremer, ele è bem pretinho, ele è grandão, preto, aí eu não conseguia nem falar e aí minha filha desceu, foi lá falou, o que e que está acontecendo? E eles lá já mandando meu filho e tinha outros pretinho todo lá, aí a Raffa o que è que está acontecendo? O que è que ele fez? O mercado foi assaltado e aquele do mercado me deram a descrição dele, e porque acha que da descrição foi ele, foi porque ele è preto? Então vamos lá em cima ao mercado agora, o mercado cae perto de casa, vamos pra ver se essa descrição foi a dele. E aí a minha filha pegou porque eu não conseguia mais nada, eu comecei a tremer, comecei a chorar, aí foi lá, aí aquela do mercado disse que não foi não, esse menino, porque eu faço compra nesse mercado e deixo lá pra ele buscar, então a pessoa do mercado já 142 conhece ele, aí a senhora falou não, não foi esse não, pode so ltar não foi esse não, e minha filha falou a gente poderia agora denunciar a vocês porque vocês tê m preconceitos com pretos. O problema de vocês è que ele è preto. L: Tem muitos problemas? H: Muitos problemas, porque lá se for uma negrinha correndo eles pegam, mas se fora branca ele não pegam não. A: Mas isso não è só na favela não, no Brasil tem preconceitos mas não è declarado, nem se fala que tem preconceitos, mas tem muitos. Se há uma pessoa branca e uma pessoa preta pra um trabalho generalmente pegam a branca. H: Porque lá tem um.. eu conheço a família, conheço a mãe, o pai está no hospital, porque ele não ajudou pra ver o que ele fez com o filho dele. Ele todo dia chegava com carros e deixava na vaga dele, na garagem, nesse dia ele tirou o carro dele e alguém robou o carro e botou lá na garagem e o dele estava do lado fora, só que quando ele chegou na vaga dele estava um carro lá, pra não procurar confusão ele deixou o carro lá, o carro era robado, quando a polícia chegou, já chegou atirando procurando o ladrão, o rapaz está preso até hoje, ele trabalhava no shopping numa loja, ele prendeu o rapaz e bateu bateu, que ele está preso e está doente lá dentro e não foi ele, todo mundo sabe quem foi que robou o carro, mas ninguém pode falar. A: Se fala morre.. eh.. H: Até o rapaz que foi preso sabe quem robou o carro, se ele falara ele morre, e até já dois anos que está preso.. L: Os bandidos normalmente quem são? H: O que esse que eu conheço o Sharada ele è um negão mas.. porque o Sharada ele è um bandido de carros, mas os outros bandidos, onde eu moro, os bandidos são de tráfego, aí o que eu conheço e está fugido já, e esse que está fugido è porque há um policial que quer matar a ele, porque ele mato u um policial amigo do outro, aí esse policial entrou lá que queria matar a ele, ele está fugido, até a casa ele vendeu lá. Ele não mora mais lá, mas ele è branco, o nome dele è Jidas, e esse outro que está preso, ele è branco também, ele tem vinte e cinco anos, mas já matou a muita gente. A: Mas o Sharada è velho ou è? H: O Sharada.. a gente não sabe quantos anos tem ele, mas acho que mais de trinta. A: Já è um bandido mais velho. 143 H: Eh.. ele è alto, bonito, com cabelos cortados.. ele è lindo, è um negão lindo, mas ele tem mais de trinta. L a A: O que você falava sobre os bandidos das favelas do Rio? A: Eh geralmente os bandidos que agora comandam nas favelas são bandidos moçinhos ne? H: São os novos, porque os mais velhos já moreram. A: È que eu contei pra ela que antigamente, pelo menos no Rio, os bandidos mais velhos se preocupavam mais pra as pessoas, então cuidavam da popolação da favela, e esse jovem não fazem tanto isso. H: Não fazem, agora mesmo lá onde eu moro, quando estavam os bandidos mais velhos, eles não entravam nas casas da favela pra robar, e agora eles já fazem isso. Porque os mais velhos um moreu, outro está preso, e aí eles estão ali tomando a conta da boca e eles só querem saber de ganhar o dinheiro. Um que foi preso lá.. não foi de tráfego, foi por causa de.. que lá na favela tem de tudo, lá onde eu moro tem de tudo que você não pode imaginar. Eles pegavam a gente e eles faziam copia de cartão, eles fazem um monte de cartão de crédito. Só que a primeira compra eles faziam pra a gente, eh sim, eles davam cartão de crédito, pra gente não porque eu não, eu nuca fiz, eu nunca emprestei meu nome pra isso, mas todo mundo vai preso, o nome do cara è Bola, ele foi preso fazendo isso, passou um ano preso e soltou e divagou, quando ele soltou foi fazer a mesma coisa e aí foi preso ele e a sua casa cheia de coisas, de computador, a polícia levou todo. Quando ele fugiu estava com carro novo.. o carro dele estava no meio da rua parado, não sabiam se leva- lo ou não. Estava todo amasado lá, a polícia perseguindo ele.. A polícia levou ele e a mulher. Mas è assim, no dia que foram entregados os computadores dele, os muleques lá foi robar, sem saber que eram dele ne, quando entregaram todos os computadores, os muleques soltaram e robaram. E aí um desse chefe dele lá fez ele devolver.. A quem não tem, casa de pobres, ele não robam, mas se souver as casas que tem tudo, eles entram e robam coisas de vender, celular, eles robam tudo. Mas quando eu fui morar lá eles não robavam não. A: E o Sharada ainda mora lá? H: Não, Sharada nunca morou lá, ele não tem moradia, ele nunca tem endereço não, ele dá um telefone pra gente, quando a gente liga não está mais aquele telefone, ele 144 vai dando numeros pra gente, mas a gente não consegue falar pra ele porque sempre cambia de chipe. A Juliana falaou que abriram uma casa do show lá em cima, no dia que eu fui ele estava lá, a casa do show è dele, mas ele não fica mais lá, porque acho que è assim, quando a polícia descobre que ele está lá, ele vai pronto no outro lugar, mas sempre fica alguém no ponto pra as coisas dele. Mas ele não è perigoso assim de matar sabe, ele è perigoso assim de robar carros, o carro passou e ele vai com a banda dele, ele vai com tudo, ele è o chefe de comandar ali, a única coisa que acontecou foi que foi preso, e ficou esperando até quando ele falou que era inocente e aí nunca soltavam e ele pegou e fugiu, e ago ra ele usa os documentos do irmão, assim quando ele tem que chegar a outro lugar tem que viajar usa os documentos do irmão. Ele sempre está com a moto, carros novos, mas nunca sabe o nome dele. Ele tem uma mulher dois filhos.. L: Há pessoas que trabalham na favela, tem lojas..? H: Tem tudo, tem supermarcado, tem bares, sorveterias, tem tudo.. lá onde eu moro não tem polícia, o bairro que eu moro è grandão, tem ponto de saúde, tem muitos supermercados sabe? Onde eu moro tem três supermarcados grandes, farmácia, perfumaria, tem tudo, mas polícia mesmo não tem, quem tem o comércio lá tem que pagar pros bandidos, quem não paga pra eles paga pra polícia, a polícia fica ali, fazem a ronda, dão aquela voltinha de mentira sabe? Que quando tem um assalto são eles mesmo que mandam assaltar e todo mundo sabe, mas tem um segurança e os bandidos também deixam e ganham dinheiro de fora não assaltam, e quando tem assaltantes de fora, por exemplo, tem outro bairro que tem lá, tem Promorar e aí uma vez que os bandidos de Promorar entram lá pra robar, mataram os três, os bandidos de onde eu moro mataram os três de Promorar, então os bandidos de Promorar não podem robar em Santo André, nem a gente de Santo André pode robar em Promorar. Entendeu? Caminhões que entram lá, não entram lá sem ter a escolta. Escolta de polícia mas polícia da empresa, de longe. Vem com caminhões grandão, quatro cada carro. Mas agora não entram mais ne, correios não entram mais lá, porque cada vez que eles entravam pra lá robavam cartão de crédito das pessoas. O correio não vai lá mais. L: Tem escolas? 145 H: Tem escolas, a escola lá è uma bagunça, só aprende quem è interesado a aprender, porque os meninos entram na escola encontram noias, è dificil sair de lá sem alguém sabe? È dificil. A minha filha acabou os estudos lá, que as vezes ela saia de dentro a sala tonta de tanta droga que eles usavam lá dentro e os professores não podem falar nada ne? Porque se falaram eles matam.. que há agora uma moda de espantar os professores ne, lá onde eu moro mesmo, tem uma escola lá perto onde não tem respeito prós professores e como que è que vão dar aulas? O ponto de saúde não tem médico.. L: Os professores são da favela ou de fora? H: De fora, a gente lá não vai, não querem, aí vêm os professores de fora, não moram ali. No ponto de saúde também não tem médico, porque também tem gente que vão batendo médicos, que è assim è um ponto grande com poucos médicos e a população è grande e aí a gente vai fica o dia todo esperando, mas quando chegam seis horas o médico vai falar que não vai mais atender porque já acabou o horário dele, não quer nem saber.. L: Você sabe mais ou menos quantas pessoas moram na sua favela? H: Mm.. muitas pessoas, eu acho que tem um duas mil se não tiver mais, porque è um bairro muito grande. Os ônibus de manhã, dois horários, de quatro horas da manhã até dez, você fica pindurado na porta, muitos ônibus também, tem ônibus que saem, tem ônibus pra o metrô Tatuapé, tem pirua, tem tudo lotado. L: Há muita gente que trabalha na cidade? H: Todo mundo trabalha na cidade, estuda fora, de noite pra c hegar a casa.. eu saio de aqui às cinco hora da tarde e chego a casa que quasi è onze. Porque os ônibus vem cheios e a gente tem que esperar pra pegar um vazio, mas está sempre tudo muito cheio. L: È difícil chegar na sua casa? H: Por exemplo, pra mim chegar aqui no centro, se saio de lá às seis chego aqui as dez horas, se eu saio as sete chego às onze, se o trá fego tiver livre, sem engarrafamentos, assim eu chego nove e meia/dez horas, mas se tiver engarrafamentos.. por exemplo ontem mesmo quando saí de aqui era seis horas, fiquei duas horas de aqui pra chegar no metrô Diadema, duas horas de trânsito pra lá, cheguei em casa que era onze horas. Quando vi o ônibus passar estava lotado que o 146 motorista nem parou e todo ali no ponto esperando. Não chegou vazio não. Fiquei duas horas em pé. Aí não sei se for porque saí mais tarde ou porque o trânsito estava melhor. Os sábados não tem muito trânsito, mas durante a semana.. por isso se você for lá, tanto lá da minha mãe quanto onde eu moro, è melhor ir de sábado. È mais livre o trânsito. È aí quando passa uma pessoa jovem assim, quando passa na rua onde há butecas, buteca è bar, aí sae todo mundo pra olhar, drogados ecc, todo mundo pode olhar pra ver quem è, a hora que você chega e a hora que você sai. Aqueles mesmo que vêem você chegar vêem você sair. Se eles não ficaram deixam alguém pra olhar sabe? Pra ver o que vai fazer lá dentro, se você vai procurar casa pra alugar, pá comprar, que vai fazer? Sempre tem que descubrir. Como vocês são de fora eu marco pra vocês em Diadema até Santo André, eu marco pra vocês no terminal, então pega um ônibus daqui e que vai direito pra Diadema e aí se pega no terminal Santo André pra chegar a São Mateus e eu espero lá e aí de lá tem que pegar mais dois.. L: Você chegou aqui em 2001? H: Sim em 2001. Comecei trabalhar aqui, cheguei aqui em 2001 o dia vinte e cinco ou dia vinte e três de julho e comecei trabalhar nessa casa o dia seis de agosto e eu trabalhei até hoje na mesma casa, a Ana fica querendo que eu me vou embora.. ela falava você è minha mãe, abandono minha mãe, eu não tinha coragem não. Aí quer saber ainda alguma coisa? Eu já fui no Rio, na favela do Rio. Ehh ali há favela pra.. A: Qual è a diferença entre as favelas do Rio e de acá? H: No Rio è muito perigoso.. nesse dia que ele foi, foi num hotel na frente da praia e a favela nu outro lado. Não sei se você já viu aqueles morros grandes.. L: Viu sim.. H: A gente ficou ali. Aí o homem que trabalhava no hotel, ficou dentro do hotel e ele não dava a gente pra comer, a gente perguntou pra um lugar onde comer e ele falou aqui na frente você sai e já tem.. E aí a gente foi, no primeiro bar que a gente entrou aqui na esquina, a gente entrou e todo mundo ficou olhando ne, eu estou acostumada mesma em ir em favelas aí a gente saiu pra ver um ponto na frente aí desceu um mototaxi, duas moças estavam no mototaxi, e aí perguntou a gente por onde que a gente ia a gente veio almoçar, mas a gente onde quer ir? E eu porque vocês querem saber? E ela è melhor se responder e ele falou que estava trabalhando com um 147 caminhão aqui no hotel e a gente vê o que almoçar e ela indicou pra onde a gente almoçar e ela deu um papelzinho um cartonzinho pra a gente ir a esse bar, aí a gente ia todos dias ne, três dias e aí quando foi o último dia tinha uma senhora ali vendendo bijuterias eu parei para olhar e ela falou você è muito corajiosa, e eu falei porque e ela porque pra vocês ficar aqui todas horas, isso não acontece sempre não. Mas a gente já tirou autorização que a gente só ficou porque as duas moças falou pra gente de ficar ali, elas avisaram que era a gente. A: E lá não dá pra entrar então? H: Não sei, a gente sempre vai onde conhece alguém. A moça sobre a moto falou, vão dar uma volta pra Rozinha, e eu perguntei porque e ela porque há muitos vestidos, mas a gente não foi não.. è pior que morar aqui em São Paulo e tem gente que quer morar no Rio. A única coisa boa que tem o Rio è a praia, só, porque você vê na televisão só vê acontecer as disgracias lá, pior de aqui em São Paulo. Rio è muito pior... sua mãe pensa que onde eu moro è um lugar onde entra e não sai, mas agora não è mais assim não. Tem que ter cuidado, mas não è assim tão perigoso, eu mesma estou acostumada, quando eu tinha medo da minhas filhas quando saíam de noite, eu não dormia não, a Juliana também antes de ficar maior.. quando a Juliana era menor ela saía e eu não dormia, mas aí esse amigo meu ele falava.. ela queria ir ao ponto de samba que estava na outra favela, onde estavam meio brigando, aí eu falei com a Juliana e ela ligou pra ele e ele veio me pedir, e eu falei não Sharada você não vai ficar lá, eu não vou deixar correr o risco da minha filha não voltar, e ele falou, não pode deixar que eu leve e traga, eu deixei, quando foi três horas da manhã eu estava ligando pra ele e ele falando eu não posso sair daqui agora, mas ela está aqui perto tudo em ordem com ela, quando ele trouxe às quatro horas, ele levou e trouxe, mas lá não tenho medo, meu filho sai, mas sei que está aqui perto, se não sempre há algué m olhando. Aí eu não fico mais preocupada, dormir não durmo até que ele não chega.. A: Mas seu filho è um caso raro.. H: Todo mundo fala, todo mundo fala, as mães mesma, tem muitas mães lá que diz que tem inveja de mim, que os filhos se drogam, robam, tem muitas que já se acostumaram de ver os filhos presos, e o meu trabalha estuda de noite, recebe dinheiro me dá dinheiro pra me ajudar nas compras, as mães lá todas tem inveja de mim. Eu todo dia falo com ele, tem dezenove anos já, mas não perdo o oportunidade 148 de estar falando.. por amor de deus filho, nunca aceite nada que te oferencem na rua, nem bebiba, porque eles põem droga na bebiba e as pessoas bebem e entram na droga. Eu todo dia falo e ele fala mãe para que não sei mais criança, mas a gente tem que falar, quem mora no lugar que eu moro, eu tenho que falar, pra menina não falo porque ela è mais esperta, eu já falei muito mas ela è mais esperta. Ele è meio desacreditado, acha que nada vai acontecer, mãe ninguém vai fazer isso comigo, ele confia em todo mundo, mas aí eu estou todo dia falando, todos os santos dias eu falo, pra não esquecer, eu tenho seis filhos, eu falei não quero que ninguém chegue pra mim pra me dizer que o meu filho roba ou usa droga. E ele vai pra escola.. cheguei tarde ontem ne, quando cheguei ele já estava durmindo e ele mãe a que hora você chegou que eu não vi, você não dormiu em casa não? Dormi.. mas eu cheguei da escola e você não estava em casa, eu falei que cheguei tarde e ele porque não me chamou? Porque eu quero que ele faça isso. Quando ele chega tarde eu quero que ele me chame, vou cheirar a boca dele, oh meu deus a gente fala que sou maluca, mas eu fico cheirando a boca dele, cheirando nariz pra ver se aconteceu alguma coisa ele, para com isso, mas ele me acorda quando ele chega, ele mãe eu cheguei e aí que corre pra cama e eu vou correndo atrás, vai abrir a boca Gabriel, ele não beve não, mas a vezes ele bebe e ele fala então não posso beber mais não, eu não quero dizer que você não pode beber, mãe bebi só um pouquinho. Ele acha que eu não confio, mas veja as mães que confiaram o que aconteceu, que hoje eles estão lá na boca vendendo e usando, então eu prefiro estar sempre desconfiada, meixo na mochila, eu meixo em tudo, quando vejo eles escondendo alguma coisa ele correndo com alguma coisa na sala e aí ele chega correndo pra esconder as coisas e eu vou atrás. A gente vê na televisão, vê passando novelas, tem uma novela que estão passando agora e eles pra que tenho que ver isso? Pra você ver como è que o crack deixa as pessoas, mas mãe eu vejo todo isso na escola todo falam na escola, e ele fico u lá sentado eu quero que ele veja pra não fazer, pra não esperimentar. Vejo já os sofrimentos das mães lá, a polícia vem, pega eles lá nas frentes das mães, bate, as mães chorando, eu não quero ver meu filho assim. A: Mas eles levam quem usa droga ou..? H: Ele leva porque è assim, tem robo, aí a pessoa dá descrição, na hora dá descrição eles vêm na rodinha que eles estão usando, então pra eles quem foi não è quem está 149 aí robando, robou pra comprar droga, ele leva, a mãe pega, ele jura por tudo. .mas ele não deixa e não sai de lá, não sai. Tem lá um, ele foi preso que tinha dezessete anos até quando ele foi dezoito ele saiu, mas levaram de novo, lá dentro eles viram e quando saiu já aprendeu, que è mãe que sofre com isso. Porque quem tem um filho sozinha sem marido.. A: Se a gente for lá acha que a gente pode conversar com a Silvia.. H: Olha eu não sei se ela, não creio que ela queira falar sobre isso não. A: Mas tem outra pessoas com que você acha poderiamos conversar? H: Eu não tenho muitos amigos, eu conheço a Juliana que mora perto de mim, eu não confio em nada. Tem a minha vizinha lá, o marido dela è um drogado de primeira, tem dois filhos pequenos, mas è assim, a gente já sabia até muito tempo que ele usava droga, mas só agora que ela conversa assim apertamente, que ele está usando droga, que está indo pra igreja pra orar, mas è assim se for pra conversar com alguém ela nunca quer falar, a gente tem vergonha. Tenho uma amiga minha, ela tem um filho que roba, tanto na rua como as coisas dela por causa da droga, que ele è deficiente de um braço, ele só tem um braço, mas todo mundo sabe, os bandidos já foram pra matar ele lá porque ele tinha divida com ele e tinha que vender droga pra pagar a divida dele. Mas ela fala que ele não usa droga não, então são pessoas que, eu falo pra eles mesmos, se meu filho se eu descobri que ele robou eu entraria com a polícia e vou falar pra todo mundo, ele deve ter vergonha pra isso mais fazer, agora fica escondendo.. mas vou perguntar pra a Juliana se tem alguns que.. que a Juliana tem muitos amigos, se algumas delas tiver ..se for assim tem a mãe da mulher que namorou com Gabriel, o filho dela foi preso também, mas foi assim foi injustamente, sequestraram uma mulher e na hora do sequestro ele estava pas sando e aí pegaram ele e ele ficou preso e agora está respondendo processos, mas todo mundo também sabe quem foi, mas ele ficou um ano e meio preso.. o sequestro disse que è um dos piores crimes ne, ela vai te contar essa história, cada vez que ela conta essa história ela chora, eu mesma ajudei, dando dinheiro pra comprar as coisas pra ele porque ele passava fome também, a gente comprava coisas e levava pra ele e ele vendia essas pra os caras deixar sobreviver ali dentro. Entendeu? L: Sim.. 150 H: Porque tinha muitos que moreram lá dentro, aí ele com todas essas coisas que ele tinha, ele dava pra pagar a sobrevivencia dele lá dentro. Aí então se você for pra lá eu vou chamar a Maria pra conversar com você, porque esse foi uma história que ela viveu e gente também viveu com ela porque eu conhecia o rapaz e até hoje ele responde processos, mas ele passou anos respondendo processos pra uma coisa que ele não fez, a gente sabe que ele não fez porque a gente conhece, eu conheço ele de pequeno, todo mundo sabe quem foi que fez o sequestro, mas tem uma pessoa que toda vez que tem audiência sempre fala que foi ele, quero dizer que essa pessoa está sendo paga pra isso, lá dentro eles sabem, mas ninguém também pode falar, robaram também muitas coisas da mulher, relojos.. e ele è quem está pagando até hoje. Então se eu chamara sei que ela vem conversar com você, porque essa história foi uma história que ela viveu, tem uma vizinhas dela também que estão vivendo uma história parecida, que na casa da vizinha dela, o filho estava fazendo um assalto, passou o carro em cima da mulher, a mulher está viva mas está na cadeira de rodas, ele tem dezenove anos e está preso. A Maria.. ninguém ajudou, só foi a gente dentro que ajudou ela nesse periodo difícil que ela estava vivendo. Então se você quiser.. vai ver a favela onde eu moro. Traduzione italiana: H: Allora quando sono venuta a vivere in questa favela, voglio dire, io abitavo in una casa dove pagavo l’affitto, allora tutti mi iniziarono a dire vai Hedna, vai là che stanno invadendo/occupando, le persone danno i terreni, stanno vendendo delle baracche. Là all’inizio ebbi un po’ di paura, ma vidi che tutti ce la facevano, facendo le baracche dove abitavano. A: Ma come fanno per.. come fanno ad invadere le baracche? H: Prima invadono il terreno, i banditi invadono, fanno le loro baracche lì, invadono e fanno la loro baracca lì e poi c’è sempre qualcuno che dice dove stanno invadendo, così anche noi ci andiamo, solo che non si riesce ad entrare, dobbiamo contattare il capo, perché lui possa darci l’autorizzazione. L: E paghi? H: Loro non prendono i soldi, loro dicono signora là c’è un tizio con cui devi parlare. Allora noi andiamo a cercarlo, perché ci sono volte che il terreno è già tutto diviso e 151 ha già un proprietario. Allora parliamo con quello che se ne occupa e lui ce lo vende, io ne ho comprato uno per trecento reais, il terreno puro completo trecento reais. Poi ci procuriamo qualcuno per fare la baracca e lui deve comprare la legna, che è proprio legno, quel legno di.. del mercato dei cuccioli, dove mettono i pomodori, quel legno, e poi paghiamo qualcuno per farlo. Prima di tutto lui fa la baracca per me, come quella volta che alla prima pioggia che ha fatto siamo quasi morti, perchè il vento l’ha portata di qui e di là e noi siamo dovuti uscire correndo. La baracca cadde subito e io persi tutto quello che avevo. L: È successo di notte? H: Di notte, sono uscita correndo per dormire nella casa di mia figlia. Dopo siamo tornati per farla di nuovo, ma avevo perso i soldi che avevo, perché avevo già pagato, e la proposta fu che il Comune avrebbe registrato e avremmo avuto una vera casa. Ma decisi di tornare e comprare tutto di nuovo, allora ho cercato un’altra persona, ho pagato di nuovo, che in quel caso è stata sua mamma (di Ana) che mi aiutava in questo programma di vita. Per tutto quello di cui parlavo lei mi aiutava. Allora feci un’altra baracca, questo era più carino, aveva il pavimento, di cemento spesso.. Ho comprato tutto e andammo a vivere in questa baracca. Abitammo lì per sei mesi in quella baracca. Il prima aveva il pavimento di terra, ma il secondo era solo cemento. Quando stavamo per andar via da quella casa, ci fu una invasione là della polizia, io ero qui e ho l’ho visto alla televisione, io lavorando, mia figlia piccola là, e la polizia prendendo i banditi e chi rubava macchine e le portava là, e mia figlia che mi chiamava, piangendo là nella baracca, io disperata, senza sapere cosa fare, non potevo chiedere aiuto, da qui a là sono più di tre ore, non potevo uscire da qui correndo e lei là dicendo, mamma la televisione è qui la polizia è qui, che cosa faccio? Io le dissi di nascondersi sotto il letto a castello e la polizia.. c’era la polizia prendendo i banditi, correndo, le persone correndo, correndo nelle baracche. E io tutte le volte che succede qualcosa penso a se mio figlio dovesso tornare da scuola in quel momento e si trovasse nel mezzo di quella sparatoria e gli sparassero. Mi disperai quel giorno. La sera chiamai la mia vicina, no è già finita, vado a cercare Juliana, che era la più piccola. Quando sono tornata c’erano un sacco di baracche abbattute, la polizia aveva abbattuto tutto. Vanno per prendere i banditi, non quelli che volevano prendere il terreno, ma quelli che avevano rubato delle macchine. 152 Allora dissi che dovevamo uscire da lì, perché come potevo andare a lavorare lasciando loro da soli a casa. Quando arrivava la notte io arrivavo là con l’ansia che fosse successo qualcosa. Dopo si tranquillizzò la situazione e dopo sei mesi passarono a registrare, siamo allora usciti da lì e siamo andati a vivere in affitto, ma era un affitto che il Comune pagava per noi per ottenere poi una casa. Così ora vivo in una casa. Però ora vorrei invadere un altro terreno, stanno invadendo di nuovo là, io voglio farlo per l’altra mia figlia sai? Io ho già ottenuto una baracca.. ho già ottenuto un appartamento per mia figlia perchè ho invaso un altro posto. L: Sempre nella stessa favela? H: Non esattamente nella stessa, perchè quella, il Comune quando toglie le persone dalle case, non si può più invadere perché la polizia ti può uccidere se lo facciamo nello stesso posto. Ma c’è sempre un’invasione, come adesso. C’è un’altra invasione, ce ne fu un’altra alla quale andai, ma alla fine non ho concluso nulla perchè mia figlia aveva già un appartamento. Lei ha due figli. Io ho invaso e siccome io non ho.. io sono più coraggiosa non ho paura di affrontare le cose.. Non ho mai paura di affrontarle. Così poi sono rimasta in un posto che fu registrato. Adesso c’è però un’altra invasione là dove non sono andata, sono già andata due volte, ma non conosco il capo di là, so che lui non vende, dobbiamo costringerlo, la favela è già piena di baracche, così sono già andata tre volte, ma non l’ho incontrato, perché lui è uno spacciatore, lui non rimane sempre là così dobbiamo aspettare il giorno in cui lui starà là per riuscire a trovarlo, le ragazze dicono che ha ancora degli spazi vuoti, ma bisogna parlare con.. non so il suo nome, bisogna parlare con lui e lui dice signora può prendere quello, ma dobbiamo entrarci già costruendo, per poi entrarci perchè il Comune sta facendo le registrazioni, ma io non posso entrarci senza parlare con lui. Così bisogna parlare prima conlui se no distrugge la baracca e ti fa ammazzare. Così noi ce lo abbiamo, tutti ce l’hanno, ci sono un sacco di persone che hanno già fatto una baracca e che sta già registrando perché il Comune vuole togliere.. vuole eliminare le favelas. Il Comune vuole togliere le favelas. Là dove vivo ci sono una manciata di favelas, le casette così, due una sopra l’altra. Sembrava le gabbie per piccioni, sai cos’è un piccione? No.. sono uccelli che stanno per strada bianchi.. noi viviamo in una casa così. È una casa questa, in cima c’è il tetto, sai quello rosa, hai già visto una fazenda? Allora noi viviamo in una casa che sembra una fazenda, è 153 coperta di tegole così, mezzo spioventi. Se vuoi ti porto dove vivo, perché tu veda com’è una favela, che ci sono ancora, dove vivo sono casette, ma c’è un altro lato che è solo favela, baracche, posti dove portano le auto rubate, possiamo andare a vedere là. E.. dove vive mia madre avrai paura di entrare. Io non ho pa ura perchè non mi interesso delle persone, così se tu entri con noi che conosciamo, loro non se ne interessano. Perché è così, i banditi ci sono dove abito, ma la polizia è venduta, quella dentro, ma quella di fuori non entra. Un giorno c’era una invasione di banditi, molti banditi, allora misero la polizia, ma fuori da lì, restarono in un posto così (chiuso), non potevano restare dentro, ma i poliziotti che stanno dentro, loro sono autorizzati. L: Loro conosco già i banditi? H: Esatto loro li conoscono già. Loro pagano una somma per lasciarli liberi. Una volta è venuta una donna per fare un reportage, veniva anche lei da fuori, non era di là, non era di qui di São Paulo. L: Ma era brasiliana? H: Sì, ma non di qui di São Paulo. È venuta per fare delle interviste. Come chiamate chi fa.. come te.. una giornalista? Ecco, e lei è venuta nella macchina della polizia, ma non li lasciarono entrare, perchè non era la polizia di là. Allora lei lasciò la macchina e entrò da sola, ma non ci riuscì e loro la volevano ammazzare, perché voleva entrare da sola e lei era molto ordinata, elegante. Credettero che li volesse filmare, così non entrò. L: È molto pericoloso vero? H: Sì lo è.. solo che adesso dove vivo il capo è stato preso, uno è stato preso e l’altro è scappato. Così è senza comando. Il gruppo non è tanto unito. Loro lavorano con la droga, con il furto di macchine. Così uno è stato preso l’altro è fuggito. Ma là, la dove vivo le persone entrano, ma non la polizia di fuori. Se vai accompagnato da qualcuno tu entri normalmente. Ma questa ragazza, lei già è arrivata con quelle macchine grosse.. così non riuscì ad entrare. Lei provò credo tre volte e non riuscì ad entrare, ma adesso si può entrare, perché loro non hanno per niente autorità. Così vendono droga per strada, noi siamo abituati, agli angoli vendendo, ma noi non ci invischiamo. Ma chi arriva con la macchina, arriva e la lascia per andare a casa di qualcuno, quando torna c’è solo la carcassa della macchina, perché loro si rubano 154 tutto. Il fidanzato di mia figlia pochi giorni fa è arrivato là, lui lavora in una impresa, fu questione di secondi, andò là per lasciare dei soldi, per portare le compere di lei, quando tornò non c’era più la radio, non so in quanti minuti, e era la macchina dell’azienda. Così non è un furto a qualcuno di là, ma se entri da fuori non esce nulla, non esce di sicuro intero. L: Ma loro poi vendono le parti delle macchine? H: Sì le vendono, c’è un posto dove le disfano. Loro rubano, le disfano, quando non c’è tempo gli danno fuoco, c’è anche un altro posto là dove le bruciano. A: Disfi quando smonti una macchina e togli tutto. Perché se utilizzi quella macchina la polizia ti prende, se la disfi no, loro vendono tutti i pezzi. Perc questo questi posti sono degli sfasciacarrozze. L: Tua mamma vive ancora nella parte nord di São Paulo? H: Sì.. L: È ancora molto pericoloso là? H: Dove vive mia mamma è ancora molto pericoloso. A: Ma se io, se lei va con te non c’è pericolo? H: No, perchè io vado per trovare mia mamma, i miei figli vanno anche se non conoscono bene il posto. Se vai là e io a volte vado di notte, mia mamma viene e mi aspetta qui in basso e.. e adesso siccome conosco già la strada.. è che è tipo un labirinto eh dove vive mia mamma. Così io entro da un punto, ma quando esco non riesco mai ad uscire dallo stesso punto, perché prendo sempre qualche altro vicolo, così se non la conosci.. La fortuna è che ci sono molte uscite, per dire.. da qualunque punto tu esca trovi una strada principale, è per questo che non mi perdo, ma se vuoi andare un giorno.. durante la settimana non posso, perché lavoro, ma nel fine settimana il sabato ti porto.. non si riesce a fare entrambe le cose, perché da qui a dove abito sono tre ore e mezza, quasi quattro, e per dove vive mia mamma anche, è più vicino, ma sono tre ore, andando con la metro è più rapido, perchè dove vive mia mamma si può andare con la metro. Così se vuoi ti porto. L: Le altre persone che vivono nella tua favela sono come te del Nordest del Brasile o no? H: Dove vivo ci sono solo persone dell’interno, che sono venute qui a São Paulo. A: Interno di São Paulo? 155 H: No.. eh io non ho molte amicizie, ma le persone che conosco, ci sono persone che abitano nell’interno di Bahia, altri che abitano a Chiquichiqui (Bahia), altri che abitano a Recé, che è la terra dei fagioli, ma tutti di là di Bahia, non che io conosca.. io gli ho conosciuti qui a São Paulo e so che non sono di qui le persone. A: Ma ci sono anche persone di São Paulo che abitano là? H: Non lo so.. non conosco mai.. L: Tu pensi che le cose sono cambiate da quando sei arrivata? H: Sono cambiate molto.. molto.. là dove vivo è cambiato molto, in meglio eh.. L: Perchè il Comune ha fatto qualcosa? H: Il Comune ha migliorato molto il posto dove vivo. Prima, non c’è.. non è da molto tempo un anno, quando uscivo da qui se stava piovendo o tornavo indietro o dormivo in autobus perché non riuscivamo ad attraversare per andare a casa. Perché si allagava tutto, non riuscivamo ad attraversare o chi aveva coraggio ci provava.. c’è stata una volta ho perso il cellulare, sono rimasta impantanata perchè l’autobus non attraversava, le fogne erano aperte, la spazzatura trasportato che tappava tutto, gli autobus non passavano. O tornavo a dormire qui o dormivo nella casa o dormivo nella casa di qualcuno o attraversavo nel fango. Un giorno dovevo attraversare, io e tutti quelli che abitavano lì, persi il cellulare la borsa ho perso un sacco di cose che l’acqua portò via e non sono riuscita a prendere, ma adesso se ci dovessi andare, vedrai come è tutto bello, hanno messo i semafori, adesso c’è il semaforo che non c’era, non c’erano le strisce pedonali, non c’era niente, non c’erano le fermate per l’autobus, loro fermavano dove volevano, le macchine non avevano i sensi di marcia per andare o tornare, non è stato il Comune che lo ha fatto, è stata un’impresa nuova, si chiama Odessa, è un’impresa che lo sta facendo.. L: Privata? H: Sì.. si sta mangiando tutta São paulo, lei toglie le favelas e sta facendo le strade, sta facendo piazze, parchi, stanno dando case.. L: Tu le devi comprare da loro? H: No, questa impresa, loro danno appartamenti già arredati, per esempio mia figlia lei sta già vivendo in affitto da tre anni, perchè stanno cercando terreni per costruire dei palazzi, e loro ogni tre mesi pagano l’affitto, un mese di affitto sono trecento reais e loro lo danno già con tre mesi pagati. Mia figlia vive là da tre anni e non 156 hanno mai smesso di pagare. Stanno costruendo case in altri posti per persone che escono dalla favela. La via che hanno già fatto va da qui a Brasilia. Là dove abito l’hanno già fatta, va a Rio, va a Brasilia, raggiunge molti posti quella strada perché adesso i camion.. sai di questa cosa? Che qui a São Paulo i camion hanno un orario per spostarsi, ma quella strada dà l’accesso agli autobus e ai camion, così cambiò molto. Le persone non vengono più investite, che prima succedeva tutti i giorni, perchè non c’erano i semafori, non rispettavano le persone che attraversavano la strada, sono morte molte persone in questo modo, ma adesso là.. là le persone compravano le case per tremila, adesso nessuno vende a meno di quaranta/cinquantamila, perché la zona è stata valorizzata. Il lato dove vivo, perché l’altro lato.. L: Stanno iniziando a valorizzarlo? H: Non so se toglieranno quella parte, perchè ci sono state persone che non accettarono la proposta, chi ha la casa, perché ci sono molte persone che non vivono nelle baracche, ci sono persone che hanno la casa e non accettarono la proprosta di togliere la loro casa da lì per averla in un altro posto in modo che potessero avere quel terreno per fare la strada, ci furono persone che non accettarono, così continuano a vivere in quel posto orribile, dove entra l’acqua, invadono, succedono tutte queste cose, ancora ci sono dove vivo dall’altro lato, ancora ci sono persone così. Ma dove vivo io la “collina di sapone”, un posto là.. io vivo a Jardim de Santo André che è diviso da Mauá, Mauá è una città che non è São Paulo, ma è divisa da dove abito io. C’è un posto che si chiama “collina di sapone”, non ci sono mai andata perchè ogni volta piove, cerco di salire per andare a Mauá, non ci riesco mai perchè se devi salire attaccandoti alle case, sembra che stai salendo e invece stai scivolando indietro, per questo la chiamo collina di sapone, perché q uando piove è scivoloso e sembra sapone. Ma ci sono ancora molte persone che vivono là, e l’impresa non li ha spostati perchè non hanno accettato la proposta. Loro pagano chi viene spostato, gli danno il valore della casa.. L: Secondo te perchè non hanno accettato la proposta? H: Perchè pensano di spendere molti più soldi nella nuova casa rispetto a quanto vogliono spendere. Ci sono altre persone che pensano che non se ne andranno da qui perché hanno vissuto lì tutta la vita, non vogliono abbandonarla.. e le persone che 157 vivono in case piccole, come me, se loro venissero adesso e mi chiedessero di vivere da un’altra parte, io direi che andrei, lascio la casa, è una casa, non è chissà che ma almeno non corro rischi.. A: Hai detto che hanno invaso, vai a prendere una casa per Raffa? Raffa è la figlia più piccola. H: Io volevo, solo che non ci sono ancora andata, perchè tutte le volte che ci vado, scendiamo, lì l’occupazione è così.. tutte le volte che vado sta piovendo, piove sempre nel fine settimana, allora vado a cercarlo e lui non c’è mai, così mi sto già scoraggiando. Le ragazze ne stanno parlando, là stanno invadendo perché non ci vai, ma non conosco nessuno, perché quello è quartiere lontano, so che c’è l’autobus che ci va, ma come ci arrivo poi se non conosco i banditi di là. Perché bisogna conoscerne almeno uno, come io ne conosco uno, che ho conosciuto il primo anno che hanno occupato. A: E como lo hai conosciuto? H: Sharada? Sharada è il mio migliore amico, è un fuggitivo, ma è stato il migliore amico che io abbia mai avuto, quando sono entrata in quella favela, io chiamai quella favela “Portalinha” tutti la chiamavano così, perchè c’era una telenovela, tu non l’avrai mai vista comunque c’era una favela in questa telenovela e il nome era Protalinha in questa favela c’erano solo baracche era simile a quella dove vivevo, così tutti iniziarono a chiamarla così. Quando ho conosciuto Sharada era lui il proprietario della terra. Era il proprietario del posto dove demolivano le macchine, non spacciava droga, lui rubava macchine. Lui era stato arrestato.. A: E come lo hai conosciuto? H: Lo conosciuto là dentro, perchè quando sono andata a cercare un terreno, una bionda che me lo disse che già aveva un terreno là dentro, mi disse che dovevo parlare con Sharada, gli chiesi come potevo fare, lei disse arrivi là dentro e chiedi nella panetteria , così sono arrivata e dissi al ragazzo che era là che volevo parlare con Sharada, lui mi chiese riguardo cosa, gli chiesi se era lui, e lui mi disse di no ma doveva sapere il motivo, allora gli dissi che volevo capire come comprare un terreno lì, allora mi disse sono io. L: Di dov’è? Del Nordest o..? 158 H: Non lo so di dov’è perchè non sappiamo il suo nome, non ha nome, tutti lo conoscono con nomi diversi, io lo conosco come Sharada, perchè la persona che me lo presentò lo fece con il nome Sharada, ma mi è già capitato di cercarlo in altri posti ma nessuno sapeva chi fosse e lui era là. Io arrivai nella prima casa di mattoni, l’avevo già cercato là, io lo vedevo, dicevo alla persona all’ingresso che volevo parlare con Sharada, ma lui diceva che là non c’era nessuno con quel nome. Così quando lui mi vide fu lui a venire. Così non sappiamo il suo nome. Io gli chiesi di non lasciare che mio figlio si invischiasse con la droga, mio figlio era ancora adolescente, così lo chiesi a lui, perché lui aveva.. lui iniziava i giovani per fare le sue cose, io gli dissi che avevo solo quel figlio e che lui per amor del cielo non lo facesse con mio figlio, che non gli insegnasse a rubare, a smontare le macchine, che io volevo che lo controllasse e che se avesse fatto qualcosa di male che me lo dicesse. Gli ho presentato i miei figli e nessuno si è invischiato nelle sue cose, lui si innamorò della Raffa, per tutto il tempo che ho vissuto là quando Raffa arrivava dalla Facoltà, che mia figlia arrivava all’una di notte dalla Facoltà, lui andava alla fermata a prenderla, perchè c’erano degli scontri per strada così andava a prenderla. Così lui andava a prenderla alla fermata, Juliana studiava e usciva di mattina presto e lui la accompagnava a scuola, la portava a piedi, così io mi fido di lui e fino ad oggi non passa da casa tutti i giorni, ma lui viene tutti gli anni, tutti i Natali viene là, viene senza fermarsi molto, viene per farmi gli auguri e va via, così è una persona che è, lui è bandito del quale fidarsi più della polizia, perché io non mi fido della polizia là, io preferisco, se mi dovesse succedere qualcosa preferisco cercare uno di loro per farmi aiutare, che la polizia, la polizia non vuole mai sapere cosa hai fatto, no loro arrivano picchiando e ammazzando.. allora.. un giorno mio figlio era al mercato, rubarono ad una bancarella eh, e là ci sono preconcetti verso i neri, così quando eravamo alla finestra è arrivata la vicina dicendo Hed na la polizia sta picchiando Gabriel, io ho iniziato a tremare, lui è bello scuro, è grande e nero, non riuscivo nemmno a parlare allora mia figlia è scesa, è andata là e chiese cosa stava succedendo e loro già là perquisendo mio figlio e c’erano altri neri tutti là, e così Raffa chiese costa sta succedendo? Che cosa ha fatto? Il mercato è stato assaltato e quelli del mercato han dato la sua descrizione, e perchè pensa che è la sua descrizione? Perché è nero? Allora andiamo là al mercato adesso, il mercato è vicino casa, andiamo a vedere se 159 questa descrizione era la sua. Così mia figlia è andata perché io non riuscivo a fare nulla, iniziai a tremare, a piangere, così è andata là, quella del mercato disse che non era stato lui, questo ragazzo, perché io faccio sempre compere in quel mercato e lascio le cose là perché lui le ritiri, così la persona del marcato lo conosce, e la signora disse che non era stato lui, e mia figlia disse alla polizia, adesso ci piacerebbe molto denunciarvi perché voi avete preconcetti verso i neri. Il vostro problema è che lui è nero. L: Ci sono molti problemi a riguardo? H: Ci sono molti problemi, perchè là se fosse una negretta a correre la prenderebbero, ma se fosse bianca loro non la prendono. A: Ma questo non succede solo nella favela, in Brasile ci sono preconcetti non dichiarati, nemmeno si parla di preconcetti, ma ce ne sono molti. Se ci sono una persona bianca e una nera per un lavoro generalmente prendono la bianca. H: Perchè là c’è un.. conosco la famiglia, conosco la mamma, il papà è in ospedale, perchè lui non aiutò a vedere cosa era successo al figlio. Lui arrivava tutti i giorni con la macchina e la lasciava al suo posto, nel garage, quel giorno aveva tirato fuori la sua macchina e qualcuno ne rubò una e la mise nel suo garage, quando arrivò il suo posto era occupato e per non creare problemi lasciò la macchina fuori, la macchina era rubata, quando arrivò la polizia stava già cercando il ladro, così il ragazzo ancora oggi è in carcere, lavorava in un centro commerciale in un negozio, lo presero e lo picchiarono, tanto che è in arresto e malato là dentro e non è stato lui, tutti sanno chi è stato a rubare la macchina, ma nessuno può parlare. A: Se parli muori..eh... H: Persino il ragazzo arrestato sa chi ha rubato la macchina, ma se dovesse parlare morirebbe, e sono già due anni che è dentro.. L: I banditi chi sono normalmente? H: Quello che conosco, Sharada lui è nero ma.. perché Sharada è un bandito di macchine, ma gli altri banditi, dove vivo, i banditi spacciano, quello che conosco è già scappato, quello che è fuggito è perché c’è un poliziotto che lo vuole uccidere, perché lui ha ucciso un suo collega e amico, così questo poliziotto entrò che voleva ucciderlo, ed è scappato, ha addirittura venduto la casa là. Non abita più là, però lui è 160 bianco, il suo nome è Jidas, l’altro che è in carcere, è anche bianco, lui ha venticinque anni, ma ha già ucciso molte persone. A: Ma Sharada è vecchio o..? H: Sharada.. non sappiamo quanti anni ha, ma penso più di trenta. A: È già un bandito più vecchio. H: Eh.. lui è alto, carino, con i capelli corti.. è bello, è un bel nero, ma ha più di trent’anni. L a A: Cosa dicevi sui banditi delle favelas di Rio? A: Eh che generalmente i banditi che adesso comandano nelle favelas sono bandit i più giovani vero? H: Sono i nuovi, perchè i più vecchi sono già morti. A: Le ho raccontato che in passato, almeno a Rio, i banditi più vecchi si preoccupavno di più per le persone, proteggevano la popolazione della favela, e questi giovani non lo fanno. H: Non lo fanno, in questo momento dove vivo, quando c’erano i banditi più vecchi, loro non entravano nelle case della favela per rubare, e adesso invece lo fanno. Perché i più vecchi uno è morto, l’altro è in arresto, e loro stanno lì occupandosi della droga e vogliono solo guadagnare i soldi. Uno che venne arrestato là.. non fu per spaccio, fu a causa di.. perchè la nella favela c’è di tutto nemmeno te lo puoi immaginare. Loro ci prendevano e facevano le copie delle carte di credito, facevano un sacco di carte di credito. Solo che il primo acquisto lo facevano per noi, eh si, loro davano carte di credito, per noi no perché io non, io non l’ho mai fatto, io non ho mai prestato il mio nome per questo, ma tutti vengono presi, il suo nome è Bola, è stato preso per questo, ci passò un anno, poi è stato liberato poi ripreso, quando fu liberato cominciò a fare la stessa cosa e fu preso di nuovo, la sua casa era piena di cose, computer, la polizia portò via tutto. Quando è scappato aveva una macchina nuova.. la sua macchina era nel mezzo della strada, non sapevano se portarla via o no. Era tutto ammassato là, la polizia lo stava inseguendo. La polizia portò via lui e sua moglie.. Ma è così, il giorno che furono consegnati i suoi computer, i ragazzini sono andati a rubare là, senza sapere che erano suoi, quando hanno consegnato tutti i computer i ragazzini li rubarono. E così uno dei capi di là glieli riconsegnò.. A chi 161 non ha nulla, case di poveri, loro non rubano, loro entrano e rubano cose da vendere, cellulari, rubano tutto. Ma quando io sono andata a vivere là non rubavano. A: E Sharada vive ancora là? H: No, Sharada non ha mai vissuto là, lui non ha residenza, non ha mai un indirizzo, lui ci dà un numero di telefono, ma se quando chiamiamo non funziona mai, lui ci dà dei numeri ma non riusciamo mai a parlare con lui perché cambia di continuo scheda. Juliana ha detto che hanno aperto un locale là sopra, quando sono andata lui era là, il posto è suo, ma lui non resta mai là, perchè penso che sia così, quando la polizia scopre che lui è lì, se ne va subito da un’altra parte, ma rimane sempre qualcuno che si occupa delle sue cose. Ma lui non è pericoloso non uccide le persone, lui è pericoloso solo perché ruba le macchine, la macchina passa e lui va con la sua banda, lui è il capo, l’unica cosa che è successa è che è stato arrestato, rimase fino a quando disse di essere innocente, non lo lasciavano mai andare e così scappò, e adesso usa i documenti del fratello, così quando deve viaggiare usa i documenti del fratello. È sempre con la moto, macchine nuove, ma non sai mai il suo nome. Lui ha una moglie, due figli.. L: Ci sono persone che lavorano nella favela, ci sono negozi? H: C’è tutto, c’è il supermercato, bar, gelaterie, c’è tutto.. là dove vivo non c’è la polizia, il quartiere dove abito è bello grande, c’è un ambulatorio medico, molti supermercati sai? Dove vivo ci sono tre supermercati grandi, farmacia, profumeria, tutto, ma non c’è la polizia, chi ha un negozio là deve pagare i banditi, chi non paga loro paga la polizia, la polizia resta lì, fanno le ronde, quelle finte sai? Che quando c’è un assalto sono loro stessi i mandanti e tutti lo sanno, ma c’è una sicurezza in questo, lasciano anche i banditi che guadagnano i soldi fuori e non fanno assalti, e quando ci sono persone di fuori che assaltano, per esempio, c’è un quartiere là. Promorar, quando i banditi di Promorar entrano là per rubare, ne uccissero tre, i banditi di dove abito uccisero i tre di Promorar, così i banditi di Promorar non possono rubare a Santo André, nemmeno il contrario. Capisci? I camion che entrano, non ci entrano senza la scorta. Scorta di polizia, ma polizia privata, vengono da lontano. Vengono con dei camion grandi, quattro ogni macchima. Ma adesso non entrano più, quelli delle poste non ci entrano più, perchè ogni volta che entravano rubavano le carte di credito delle persone. Inão entram mais ne, correios não entram 162 mais lá, porque cada vez que eles entravam pra lá robavam cartão de crédito das pessoas. Quelli delle poste non entrano più. L: Ci sono scuole? H: Ci sono scuole, la scuola là è il caos, solo impara chi è interessato, perchè i ragazzi quando entrano nella scuola incontrano i drogati, è difficile uscire di là senza che sia successo qualcosa. Mia figlia finì gli studi là, a volte usciva dall’aula tonta per la tanta droga che usano là dentro e i professori non possono dire nulla sai? Perché se parlano li ammazzano.. che c’è una moda adesso di spaventare i professori, c’è una scuola là vicino dove non c’è rispetto per i professori e come fanno a fare lezione? L’ambulatorio non ha medici.. L: I professori sono della favela o di fuori? H: Di fuori, noi non ci andiamo, non vogliono, allora viene gente di fuori, non vivono lì. Anche all’ambulatorio non ci sono medici, perchè anche là ci sono persone che picchiano i medici, è così è un posto grande con pochi medici e la popolazione è grande e così noi andiamo restiamo tutto il giorno ad aspettare e poi quando arrivano le sei il medico ci dice che non ci può più ricevere perché è già finito il suo orario, non ne vogliono proprio sapere.. L: Sai più o meno quante persone vivono nella tua favela? H: Mm.. molte persone, credo che ce ne siano duemila se non di più, perchè è un quartiere molto grande. Gli autobus di mattina, due orari, dalle quattro alle dieci, rimani appeso alla porta, ci sono molti autobus, ci sono autobus che escono, per la metro Tatuapé, c’è la navetta, è tutto affollato. L: Ci sono molte persone che lavorano in città? H: Tutti lavorano in città, studiano fuori, la sera per arrivare a casa.. io esco da qui alle cinque e arrivo quasi alle undici. Perché gli autobus arrivano pieni e si deve aspettare per prenderne uno vuoto, ma è sempre tutto pieno. L: È difficile arrivare a casa tua? H: Per esempio, per me arrivare qui in centro, se esco di là alle sei arrivo qui alle dieci, se esco alle sette arrivo alle undici, se il traffico è buono, senza ingorghi.. per esempio proprio ieri quando sono uscita erano le sei, sono rimasta due ore alla metro Diadema, due ore di traffico per arrivare là, sono arrivata a casa che erano le undici. Quando ho visto passare l’autobus era pieno tanto che l’autista nemmeno si è fermato 163 e tutti lì alla fermata aspettando. Non è proprio arrivato vuoto. Sono rimasta in piedi due ore. Non so se è stato perchè sono uscita più tardi o perchè il traffico era migliorato. Il sabato non c’è molto traffico, ma durante la settimana.. per questo se dovessi andare da mia mamma o da me, sarebbe meglio il sabato. È più libera la strada. Quando passa una persona giovane, quando passa per strada dove ci sono dei bar, escono tutti per vedere, drogati ecc.. tutti vogliono guardare per vedere chi è, a che ora è arrivato e quando se ne va. Chi ti vede entrare ti vede anche uscire. Se loro non dovessero esserci lasciano qualcuno a guardare sai? Per vedere che fai là dentro, se stai cercando casa in affitto, da comprare, che cosa fai? Bisogna sempre scoprirlo. Siccome voi siete di fuori facciamo insieme da Diadema a Santo André, ci troviamo alla fermata, se prendi un autobus da qui ti porta direttamente a Diadema e poi si prende al capolinea di Santo André per arrivare a São Mateus e io vi aspetto là, poi da là bisogna prenderne altri due.. L: Tu sei arrivata qui nel 2001? H: Sì nel 2001. Iniziai a lavorare qui, arrivai nel 2001 il 25 o 23 di luglio e iniziai a lavorare qui in questa casa il sei agosto e ho lavorato nella stessa casa fino ad oggi, Ana continua a volere che me ne vada via.. lei diceva che ero la sua mamma, abbandono mia mamma, io non avevo coraggio. Allora vorresti sapere qualcos’altro? Io sono già andata a Rio, in una favela. Ehh là ci sono molte favelas.. A: Qual è la differenza tra le favelas di Rio e di qua? H: A Rio è molto pericoloso.. durante quei giorni che sono andata, sono andata in un hotel di fronte alla spiaggia e la favela dall’altro lato. Non so se hai già visto quelle grandi colline.. L: Le ho viste sì.. H: Restammo là. Poi l’uomo che lavorava all’hotel rimase là e non dava da mangiare, così chiedemmo dove potevamo andare, lui disse qui di fronte uscite e già lo vedete. Così andammo nel primo bar che trovammo all’angolo, dentro tutti ci guardavano, e sono abituata ad andare nelle favels, allora siamo usciti per vedere un posto di fronte e arrivò un mototaxi, e ci chiesero dove stavamo andando, rispondemmo che eravamo venuti a mangiare, e chiesero però dove volevamo andare, e io perché lo volete sapere? E lei, meglio rispondere e lui disse che stava lavorando con un camion qui all’albergo e stavamo cercando dove mangiare e così ci 164 indicarono dove potevamo andare e ci diedero un volantino per andare a quel bar, poi ci andammo tutti i giorni, tre giorni e così quando fu l’ultimo c’era una signora vendendo bigiotteria io mi fermai per guardare e lei mi disse che ero molto coraggiosa, chiesi perchè e lei disse per restare lì dentro a tutte le ore, non succede sempre. Ma noi eravamo stati autorizzati perchèle due ragazze ci dissero di restare, avvisarono che eravamo noi. A: Quindi là non è possibile entrare? H: Non so, noi andiamo sempre dove conosciamo qualcuno. La ragazza sulla moto disse di fare un giro a Rozinha, chiesi perché, lei disse che c’erano molti vestiti, ma non siamo andati.. è peggio che vivere qui a São Paulo e ci sono persone che vogliono vivere a Rio. L’unica cosa buona che ha Rio è la spiaggia, solamente, perché se guardi la televisione vedi solo succedere disgrazie là, è peggio che qui a Paulo. Rio è molto peggio.. sua mamma pensa che dove vivo è un posto dove entri e non esci, ma adesso non è più così. Bisogna stare attenti, ma non è così pericoloso, io sono abituata, quando avevo paura che le mie figlie uscissero di notte, non dormivo, Juliana anche prima di essere maggiorenne.. quando era più piccola lei usciva e io non dormivo, ma questo mio amico lui diceva.. lei voleva andare in un bar di samba in un’altra favela, dove stavamo mezzo litigando, io parlai con lei e lei lo chiamò e lui venne a chiedermi di farla uscire, no Sharada non ci andrete e non correrò il rischio che mia figlia non torni, e lui mi disse che potevo lasciarla che la prendo e la riporto, la lasciai, quando furono le tre però lo chiamai, e lui mi disse che ancora non poteva uscire, ma che lei stava lì vicino tutto a posto, la riportò alle quattro, ma adesso là non ho paura, mio figlio esce, ma so che è vicino, c’è sempre qualcuno che lo controlla. Non mi preoccupo, dormire non dormo fino a quando non arriva.. A: Ma suo figlio è un caso raro.. H: Tutti lo dicono, le stesse mamme, ci sono molte mamme là che mi invidiano, che i figli si drogano, rubano, ci sono molte che si sono già abituate ad avere i figli in carcere, e il mio lavora studia di notte, prende dei soldi me li dà per la spesa, le mamme mi invidiano. Io tutti i giorni gli parlo, ha già diciannove anni, ma non perdo l’opportunità di parlargli.. per amor del cielo figlio, non accettare mai nulla di quello che ti offrono per strada, nemmeno da bere, perché loro la droga nelle cose da bere e le persone beveno e diventano dipendenti. Io tutti i giorni glielo dico e lui mi 165 risponde che non è più un bambino, ma noi dobbiamo parlare, chi vive in un posto come il mio, io devo parlare, alle ragazze non lo dico perchè sono più furbe, io ho già detto molto ma loro sono più furbe. Lui è un po’ ingenuo, pensa che non possa succedere nulla, mamma nessuno lo farà con me, lui si fida di tutti, ma io gli parlo tutti i santi giorni, per non dimenticarsi, io ho sei figli, io ho detto non voglio che nessuno arrivi a dirmi che uno dei miei figli ruba o usa droga.. E lui va a scuola.. ieri sono arrivata tardi, quando sono arrivata lui dormiva già e lui mamma a che ora sei tornata che non ti ho vista, hai dormito fuori? No ho dormito qui.. Ma sono tornato da scuola e tu non eri in casa, io ho detto che ero arrivata tardi e lui e perchè non mi hai chiamato? E ele vai pra escola.. cheguei tarde ontem ne, quando cheguei ele já estava durmindo e ele mãe a que hora você chegou q ue eu não vi, você não dormiu em casa não? Perchè io voglio che lui lo faccia. Quando lui torna tardi voglio che lui mi chiami, e annuso la sua bocca, o mio Dio dicono che sono matta, io annuso la sua bocca per vedere se è successo qualcosa, mi dice di smetterla, ma lui mi sveglia quando torna, mamma sono arrivato e allora corre in camera e io gli corro dietro, apri la bocca Gabriel, lui non beve, ma a volte lo fa e lui mi dice quindi non posso mai bere, e io no non voglio dire che non puoi bere, mamma ho bevuto solo un pochino. Lui pensa che non mi fidi di lui, ma guarda le mamma che hanno avuto fiducia cosa le è successo, che adesso loro spacciano, allora preferisco essere diffidente, guardo nello zaino, guardo ovunque, quando vedo che nasconde qualcosa correndo con qualcosa in sala arriva correndo per nascondere qualcosa allora gli vado dietro. Noi vediamo alla televisione, vediamo le telenovelas, c’è una telenovela che stanno trasmettendo adesso e loro mi chiedono perché la devono vedere, perché possiate vedere come il crack lascia le persone, ma mamma lo vedo tutti i giorni a scuola tutti ne parlano a scuola, ma lui rimase là seduto, io voglo che vedano per non farlo, per non sperimentare. Già vedo le sofferenze là delle mamme, la polizia viene, li prende là davanti a loro, li picchia, le mamme piangendo, io non voglio vedere mio figlio così. A: Ma loro portano via chi usa droga? H: Loro li portano via perchè è così, ci sono dei furti, così le persone fanno una descrizione, sul momento vedono chi sta usando droga sul posto, per loro chi ha rubato è chi lo ha fatto per comprare la droga, li portano via, la mamma cerca di 166 evitarlo.. ma loro non li lasciano e non escono più di là. Ce n’è uno che è stato preso che aveva diciassette anni uscì quando ne aveva diciotto ma poi fu arrestato di nuovo, là dentro loro cambiano sono le mamme che soffrono. Perché chi ha un figlio da sola senza marito.. A: Se venissimo là pensi che potremmo parlare con Silvia? H: Guarda non so se lei, non credo che ne voglia parlare. A: Ci sono altre persone che pensi vogliano parlare? H: Io non ho molti amici, conosco Juliana che vive vicino a me, eu non mi fido di niente. C’è la mia vicina, suo marito è drogato, ha i figli piccoli, ma è così, noi sapevamo già da tanto che usava droghe, ma solo ora lei ne parla apertamente, che lui sta usando droghe, che sta andando in chiesa per pregare, ma è così se fosse per conversare con qualcuno lei non vuole parlare mai, le persone hanno vergogna. C’è una mia amica, lei ha il figlio che ruba, a causa della droga, lui è invalido di un braccio, lui ha solo un braccio, ma tutti lo sanno, i banditi hanno già tentato di ucciderlo perchè aveva dei debiti con loro, ha dovuto vendere la droga per cancellare il debito. Ma lei dice che lui non si droga, perciò sono persone che, se mio figlio se io scoprissi che lui ha rubato sarei io a chiamare la polizia lo direi a tutti, lui si deve vergognare per non farlo mai più, lo nascondono.. ma chiederò a Juliana se c’è qualcuno.. lei ha molti amici, se alcuna di loro avesse.. per questo c’è la mamma della ragazza che si fidanzò con Gabriel, anche suo figlio è stato arrestato, ma fu ingiustamente, hanno sequestrato una donna e al momento del sequestro lui era lì e venne arrestato, stava passando e venne preso e adesso sta rispondendo ai processi, ma tutti sanno chi è stato, ma lui è restato dentro un anno e mezzo.. il sequestro hanno detto che è uno dei crimini peggiori, lei ti racconterà la storia, ogni volta che la racconta piange, io stessa l’ho aiutata, dando dei soldi comprando delle cose per lui perché lui stava passando la fame, compravamo delle cose da dargli e lui le vendeva per sopravvivere là dentro. Capisci? L: Sì.. H: Perchè ne sono morti tanti là dentro, così lui con queste cose che aveva, lui le dava per pagarsi la sopravvivenza là dentro. Allora se vieni là chiamo Maria per parlare un po’ con te, perchè questa è una storia che lei ha vissuto e noi anche con lei perchè conoscevo il ragazzo e fino ad ora ha dovuto rispondere ai processi, ma lui ha 167 passato anni rispondendo a processi per una cosa che lui non ha fatto, noi lo sappiamo che non è stato lui perchè lo conosciamo, da quando era piccolo, tutti sanno chi è stato, ma ma c’è una persona che ad ogni udienza testimonia che è stato lui, voglio dire che lo stanno pagando per dirlo, là dentro loro lo sanno, ma nessuno può parlare, le rubarono anche molte cose, orologi.. e lui è quello che sta pagando fino ad oggi. Quindi so che se la dovessi chiamare lei converserebbe con te, perché è una storia che ha vissuto, c’è anche una sua vicina che sta vivendo una storia simile, il figlio stava facendo un assalto nella casa della vicina e passò sopra alla donna con la macchina, lei è viva ma sta sulla sedia a rotelle, lui ha diciannove anni ed è in carcere. Maria nessuno l’ha aiutata, solo io e le persone della favela la aiutarono in questo momento difficile che stava vivendo. Quindi se vuoi.. vedrai la favela dove vivo. b) Intervista con Nelsa de Lima (12/05/2012) Contesto dell’intervista: Sede della ONG “Casa da Amizade”, saletta/studio, ambiente informale. Durata dell’intervista: 00:54:30. L: Como você se chama? N: Nelsa de Lima. L: Você è de São Paulo? N: Não, sou do Paraná. Naci no Paraná e vim pra cá com vinte e dois anos.. L.: ah com vinte e dois anos.. N: ..e agora estou com sessenta e sete anos. L: Então è quase de São Paulo ne? N: Eh quase de São Paulo. Vim pra cá e comecei morando num lugar que se chama “Pozo fundo” antes, perto do Extra, meu marido trabalhava na olaria. Fiquei morando ali até nascer duas filhas ne, quando nasceram as duas filhas a gente mudou por aqui onde agora tem essa escola. L: Entendi, antes não estava, não tinha? N: Não.. e moramos ali quase seis anos e depois a P refeitura veio diz que queria fazer um jardim, tirou a gente de ali e eu fui morar pra outro lado, fique i lá uns tempo, agora nós estamos aqui já à quinze anos, morando aqui dentro. Sempre 168 moramos bem perto. Tenho seis filhos, dois homens e quatro mulheres, dois netos e oito bisnetos. Faço parte da Comunidade, ajudo aqui de manhã, sempre toda semana a gente ajuda aqui na Casa da Amizade, sou leader da Comunidade, sou..eh como se fala..cordenadora da igreja Nossa Senhora das Graças. L: Está aqui em Paraisopális mesma? N: Eh, na minha casa mesma, tem uma igrejinha ali e a gente trabalha ali. Sou directora da união, vice-presidente da Associação das Mulheres de Paraisópolis.. L: Ah eu vi pela internet que sábado tinha uma caminhata das mulheres aqui em Paraisópolis, você estava lá também? N: Eh que nós fizemos, eh nós fizemos uma caminhada. L: Achei interesante. N: ..Estava trabalhando com grupos de senhoras ne, de cinquenta anos por ai, mas no fim acabaram não vindo, uma tinha problema outra também, acabei disistindo do grupo, mas o posto de saúde está querendo montar um grupo quer que eu cordene, eu gosto de fazer artesanato ne, trabalho muito com artesanato. L: O que que você faz? N: Olha, fuxico, estou fazendo descanso pra panela, faço bonecas de fuxico, árvores de Natal, trabalho também com croche e agora estou aprendendo pintura, traino curso de pintura, comecei pintando pratos depois pasei pras bolsas, montei duas e a professora.. as bolsas estão pintadas. L: Você porque foi pra São Paulo com seus pais o sozinha? N: Não eu vim sozinha. Meu primeiro casamento meu esposo aprontou lá no Paraná e veio embora pra cá então eu vim atrás dele pra criar os dois meninos que eram dele, e aí ele disse que não que eu me virasse e eu acabei ficando na casa da minha irmã, arrumei um emprego, aí eu comecei trabalhar aqui, depois eu conheci o meu atual esposo ne, a gente foi morar junto e eu comecei trabalhar no colégio. Eu trabalhei quarenta e dois anos no colégio, eu era cozinheira, e também cuidava das crianças e quando o asistente social saía de ferias eu fazia o trabalho dela também. L: Aqui dentro? N: Sim, aqui. Aí tive as quatros meninas que agora são todas casadas, só tenho o mais velho que è solteiro. L: E eles moram aqui mesmo? 169 N: Moram, tem um que mora aqui pertinho, outro que mora aqui atrás. A que mora mais longe è a Silvia e a Angela que mora no centro. L: Como era aqui quando você chegou?Era muito diferente? N: Era muito diferente, quando eu vim pra cá acho que se tinha um vinte barracos era muito. L: Que ano era?Se lembra? N: Mm sessenta e um, sessenta e dois, sessenta e três, sessenta e quatro.. sessenta e cinco! Tinha poucos barracos, depois fizeram.. L: E vocês compraram un barraco aqui o um terreno? N: A gente comprou um terreno e meu marido fez um barraquinho que agora estou fazendo de tijolos que até agora pouco tempo ainda era de madeira. Mas deu muita trabalho e falei não vamos mudar isso ai. L: E quem vendia o terreno? N: Eu comprei de pessoas que moravam aqui e tinham um terreno, diz ela que o terreno era deles. È assim eles compraram o terreno, mas não pagaram o IPTU quando eles vieram, quando veio o IPTU não pagaram então este terreno era da Prefeitura ne. Então eu comprei um primeiro pedazo, depois comprei outro.. bem grandão. Acho que sou a única que tem um terreno bem enorme. Eu já pensei nas crianças pensei no verão de roupa, que eles não pensam em isso, se as crianças fossem brincar, tudo.. L: Então mudou muito aqui? N: Mudou bastante. L: A Prefeitura passou muitas vezes o não? N: Eles vieram que eu tinha duas casas aqui na frente, onde morava minha filha Regina na outra Angela e a outra era capela, Nossa Senhora das Graças, e aí eles tiraram porque era esse pedazo que vai ir, e a í eles me dieram cinco mil reais, as minhas filhas que vão pelo apartamento e eu montei outra lá, que tinha um salão, montei uma escolinha, trabalhei na igreja anglicana depois de lá eu sai e montei uma escolinha dois anos, depois quando saiu a escola aqui as crianças foram pra lá, então a gente ficou sem crianças e eu resolvi fechar, só tinha três ne e eu resolvi fechar e quinze dias depois começou aparecer criança e eu falei eu não vou abrir mais, porque 170 meu marido nessa época ficou doente, agora ele não anda mais ne, eu falei não eu não posso tenho que quidar dele ne. A minha intenção è voltar trabalhar com criança. L: Eh você gosta de trabalhar com criança.. N: Eu gosto.. na minha casa tem a Angela que trabalha na escola, a Simone trabalha na Creche e a Silvia trabalha em escola e a Regina è professora mas fez essa profissão pra muito tempo e agora não quer mais. L: E elas estudaram aqui e depois fizeram a universidade o não? N: A Silvia e a Regina fizeram. Já outra não quis, a Simone não quis.. elas só fizeram o colegial completo. E os meninos que também não quiseram estudar não. Foram até a sétima e oitava e pararam. Eles queriam trabalhar e estudar e meu marido falou não vai dar certo e ele mas eu quero e aí não deu eh. L: Você mora aqui perto ne? N: Moro aqui no lado. L: E a Prefeitura falou que quer tirar toda essa parte? N: Eh essa aqui vai sair tudo sabe? Vai sair tudo.. L: Para construir predios ou..? N: Predios acho que vão ser de aqui pra lá.. e agora onde eu moro aqui eles vão fazer tipo um parque. Dizem que è pra a criança brincar, subidas e descidas, com jardins, pra as crianças brincarem, um parque. L: E essa parte não, não vai mudar? N: Não acho que estão fazendo predios aqui até em baixo, depois eu ouvi dizer que vão fazer umas casinhas, vamos ver. L: E ainda não falaram com você sobre isso? N: Terça feira agora dia quinze vamos ver. L: Eu acho que vou estar também.. então as primeiras casas eram de madeira? N: Eram de madeira. L: Foi seu marido que construiu? N: Ele fez de madeira e agora mesmo eu que estou.. que depois que ele ficou doente, quem manteve a casa, sou eu. Sou a pessoa responsável por tudo. Então a gente vai fazendo, è nosso filho que vai fazer um pouquinho ne.. L: Tem tudo, tem água tem luz tem esgoto..? N: Tem tudo, o esgoto è como è. 171 L: Como era antes, mas a Prefeitura não passou? N: Ainda não canalizou. L: Falam que vão fazer ou não? N: Eh eles vão canalizar tudo. Vão canalizar aqui.. eles vão.. diz que vão canalizar o esgoto mesmo. L: Tem problema com o esgoto? N: Quando chove tem, porque tem unas casas bem em cima e aí quando a água vem do tope, a água que passa por em baixo e aí a água passa por em cima ela pula meu muro..difícil. L: Então as casas mudaram de madeira até ser todas como essas? N: Eh agora estão fazendo todas de troco, alvenaria ne. L: As pessoas fazem sozinha? N: Eh tem uns que pagam pra fazer. Eh pagam alguém pra fazer..pedreros.. L: Mas que são daqui? Da Comunidade mesma? N: Eh são pessoas daqui mesmo. L: Tem muitos que são pedreros? N: Eh muitos são pedreros, outros são pintores.. meu filho faz artesanato também. L: E ele vende as coisas que ele faz? N: Vende. L: Aqui mesmo? N: Eh aqui mesmo mas tem o problema que ele bebe, cada dinheiro que ele pega bebe. Eu falei pra ele que ele è alcoólatra. Mas ele falou que não. Claro que è.. Não pode pegar um dinheiro que já vai beber. Ele faz coisas bonitas, ele faz pinturas, faz quadros. L: E aprendeu sozinho? N: Sozinho.. L: Suas filhas tem filhos também ne? N: Tem, a Silvia tem três, Simone tem dois, Regina tem um e a Angela tem três e meu filho tem seis. Já são pais todos meus filhos. O mais pequeneninho, da Regina, que está com um ano e três meses, depois tem uma com vinte uma com dez e uma com um. L: Elas trabalham aqui em Paraisópolis? 172 N: Trabalham, a única que trabalha fora è a Regina, que ela è segretaria do marido ne, e ele faz pozo pra os predios, aí ela sempre acompanha ele, praticamente trabalha mais fora do que dentro. L: Você acha que a maioria das pessoas de Paraisópolis trabalham aqui o fora? N: Tem muitas que trabalham fora. L: Que tipo de trabalho fazem, você sabe mais o menos? N: Tem tantas domesticas.. L: E trabalham aqui em Morumbi? N: Trabalham em Morumbi, mas tenho uma amiga que trabalha na cidade mesmo, algumas trabalham na cidade, outras trabalham aqui mesmo, os homens também tem alguns que trabalham aqui outro na cidade.. L: Como pedreros e também outras coisas? N: Eh, eh.. L: Aqui na Comunidade tem muitas lojas, tem algumas? N: Tem bastante, as meninas estão falando que Paraisópolis está virando a Vinte e cinco de março que não tem espaço pra pasar por tantas lojas.. L: Essa parte aqui è muito diferente da outro, do centro? N: O Gratão a gente fala que è praticamente esquecido sabe? Porque raramente vi o presidente da Comunidade aqui, pra ver como está, se tem alguma coisa, ele dificilmente comunica, só se eu vou lá em cima e falo com ele e ele manda o comunicado pro embaixo se não.. L: Porque acha que acontece isso? N: Essa semana nós temos a votação do Conselho Gestor no CEU, eu fiquei sabendo porque elas me ligaram e pediu pra mim de falar com as pessoas, eu falei, falar a gente fala mas.. eu falei pra muita gente, mas se ele desse o aviso pra colocar.. L: Porque eles não fazem isso? N: Só avisam no centro, ou passa lá na União ou.. L: Paraisópolis tem cinco bairros? N: Eh Grotinho, Grotão, Centro, Brejo..tem mais um..o outro não lembro..è grande. Ah Antonico. L: Você acha que aqui a maioria das pessoas são do Norte ou? N: A maioria são do norte, baianos, piaurensis, pernambucanos. 173 L: Você conhece muita pessoas? N: Conheço bastante. L: Tem pessoas que estão chegando agora ou que faz pouco tempo que chegaram? N: Como estão fazendo estos predinhos, tem gente que está trazendo parentes do norte, pra poder ganhar um apartamento aqui. L: Você acha que vai ter espaço para todo mundo ou..? N: Olha pode ser que sim, pode ser que não, porque ali onde estava minha casa invadiram e tiraram de novo, ele vão invadir de novo, assim que eles estão fazendo, aí eles cadastram as pessoas, elas falaram que não mas se fala que sim. L: A Prefeitura ne? N: Sim.. L: E se cadastram o que acontece? N: O cadastro sirve para ganhar um apartamento ou dão um dinheiro pra ir embora. Eles cadastram as pessoas, por isso que estão invadindo tudo de novo. L: Quem está invadindo? N: Vem povo de fora, chegam muitos e continuam fazendo barracos. L: Então eles invadem antes que a Prefeitura cadastre.. porque depois não podem invadir mais? N: Mas depois ela cadastra de novo. Diz ele que vão tirar esse povo que invadiu, mas estou duvidando. L: Aqui onde tem essas casinhas de madeira? N: Eh quase invadiram as quadras.. L: È verdade.. você conheceu essas pessoas, encontrou elas ou não? N: Não, são pessoas de fora, são todas pessoas de fora aqui. Nossos vizinhos saíram de aqui que estava todo cheio de barracos e já estão todos nos apartamentos. L: Aqui mesmo? N: Eh, nos predios aqui.. L: Você não gostaria de ir num apartamento assim? N: Eu gostaria, mas estou esperando pra ver, que se for pela Tereza já estaria num apartamento desde muito tempo, ela fala que lá è melhor pro Sergio, ele è doente.. L: Mas você não pode pedir pra Prefeitura? 174 N: Se eu chegar nela pedir, ela arruma, só que dai ela vai desmanchar minha casa e na minha casa tem meu filho, meu neto que mora também ne? Tem o acomodo dele e tem a capela.. e a capela está cadastrada então tenho que esperar. L: Como è que funciona quando as pessoas vão no apartamento? N: Eles.. a Prefeitura antes deles ir pros apartamentos, paga o aluguel social, ela paga o aluguel social para eles. L: E eles moram notro lugar ou..? N: Notro lugar, aluga casa notro lugar.. L: Não em Paraisópolis? N: Pode ser em Paraisópolis, mas está difícil, tem gente que teve que ir morar fora. L: E quanto tempo eles tem que esperar? N: Dois, três anos.. L: Ah muito.. e a Prefeitura paga o aluguel? N: Paga o aluguel, de seis em seis mêses renova o aluguel. L: E depois quando os apartamentos estão prontos? N: Eles podem entrar.. L: E eles tem que pagar algo, um aluguel também? N: No apartamento paga, me parece que è oitenta e sete e mais tem a água a luz e o gás ne? E o condomínio. As minhas amigas que estão lá, dizem que não chega até trezentos reais não, o mais que elas gastam è trezentos reais. Tem gente que fala que chega sobre seiscentos ne mas eles esageram também, que elas falaram que não chega as trezentos reais que elas pagaram. L: As pessoas tem que pagar quando chegam? N: Ficam seis mêses sem pagar, depois começa pagar. L: E depois o apartamento è deles? N: Eh, vinte e dois anos tem que pagar. Agora tem muitas pessoas pegando e vendendo os apartamentos. L: Antes de acabar os vinte e dois anos? N: Eh eles pegam os apartamentos e vendem. L: E as pessoas que compram vão morar nos apartamentos, pagando algo? N: Eh aí ficam pagando pra eles ne. Eles fazem um contrato, tudo direitinho, para não ter problemas depois. 175 L: A Prefeitura sabe disso? N: Sabe.. sabe, as pessoas falam que vai dar em cima mas até agora não deu em cima nada.. sabe porque a gente já falou pra eles, e eles falaram assim, queriam que a gente contasse quem comprou sabe, quem vendeu quem comprou, eu falei nossa, tinha gente que trabalhava com eles lá dentro, que estava fazendo esse negócio, como..como que fala..essas pessoas que vendem terrenos essas coisas, então estão fazendo a mesma coisa. Eles vão lá com a papelada autorizada e vendem por vinte mil por aí.. N: Eles são pessoas da Prefeitura? L: Não, são pessoas que trabalham lá, eles vendem apartamentos dos outros, eles vão lá vêem quem quer vender, saem pra ver quem quer comprar..como corretor..e ganham dinheiro pra eles, dois três mil por aí eles ganham, eles vendem por trinta quarenta cinquenta e eles ganham dois mil três mil cada apartamento que eles vendem. As pessoas que entram ficam pagando pra Prefeitura com o nome do outro ne. Está no nome de quem comprou, só no final quando terminar, podem passar pelo nome dele. Então o que que eles estão fazendo, aqueles que são mais inteligentes, faz um contrato e deixa aí tudo certinho, registra todo diretinho, porque se caso o cara tiver algum problema, tem aquele contrato com ele. L: O contrato è regular ou.. quem faz o contrato? N: È irregular ne porque è feito entre quem compra e quem vende os apartamentos, è um contrato entre eles ne. A Prefeitura falou que não pode vender, só depois que você terminar de pagar..e ainda mais agora que vai passar o metrô, sabe ne? L: Eh è verdade, onde vai passar, aqui perto? N: Eh aqui. L: E quando vão fazer isso? N: A estrada já a começaram, o metrô dizem que já vem vir de lá para cá. Isso valoriza, tanto que a moça fala que no Grotão vão valorizar e ela fala que não faz não, mas fazem sim. L: Você gosta de morar aqui? N: Estou com quinze anos, não gosto muito daquelas subidas ne, que aqui só tem subidas ne, muitas subidas, mas eu gosto, tem muitos amigos aqui ne. L: Pra sair daqui tem que pegar um ônibus, o ônibus que passa lá? 176 N: Eh, passa a pirua ne, tem a pirua que vai pro Campo Belo, pra Santo Amaro, tem uma que vai por aqui uma que vai para lá. N: Quanto tempo demora em chegar no centro da Comunidade? N: Uns quinze minutos, depende da forma em que você anda, porque na subida a gente vai parando ne. L: Aqui perto tem supermercados? N: Tem, nós temos aqui um mercadinho, aí temos outro, mas se você quiser comprar mais barato tem que sair. L: Aqui tem pessoas da sua cidade? Conhece? N: Não, eu conheço mais os baianos, pernambucanos, eu dificilmente oivo falar sou do Paraná. L: Você não está com saudade do Paraná, voltou alguma vez? N: Voltei, eu tenho uma irmã que mora lá e meu irmão também que ele faleceu ne, e agora tenho uma irmã que mora lá, mais velha que mora lá. Tal vez quando a gente viaja, eu já estou com dois anos que eu não vou lá pra vê-la, que não posso sair por causa do marido ne. Ela liga, a gente conversa, ela fala quando você vem? Tem que esperar.. L: E ela não vem aqui? N: Ela também não viaja, è difícl, quem viaja são os filhos ne, ela è difícil, ela tem nove filhos. Tem outra que mora em Campinas, com essa a gente se vê bastante, só que agora são dois anos que ela não vem na minha casa. L: Em Campinas ela onde mora? N: Ela mora na vila. A gente sempre se co munica por telefone, quando está com saudade ela liga eu ligo e a gente conversa. L: Você como começou a trabalhar aqui na Casa da Amizade? N: Assim que a Dona Monica abriu, a gente começou vir ajudar ne, aí eu vinha sempre de manhã e continuei, aí todo sabado è sagrado eu levanto e já venho por cá, aí ajudo, termino pego minhas coisas e vou embora, que tem gente q ue ajuda e depois pega ficha de novo, eu não pego a ficha de novo e o que eu levo divido para cinco pessoas, faço a sacolinha das filhas e das duas vizinhas. L: E gosta de trabalhar aqui ne? 177 N: Eu gosto, eu sou a bolera da Monica, cada vez que vem a festa dela, sou eu que faço o bolo dela e aí ela liga, você vai fazer o bolo pra mim? Olha eu faço.. L: Como você è uma boa cozinheira. L: E seus filhos, suas filhas não vêm por aqui? N: Não, elas conhecem mas não vêm, elas gostam, tem filhos ne..as únicas que tem filhos maior, são a Silvia e a Simone, uma está com onze anos e a menor da Silvia tem quinze, tem um de vinte tem um de dezoito e a menina com quinze. L: E todos os meninos vão nas escolas aqui perto? N: Eh todos estudam aqui ne. L: Tem só essa daqui o tem outras? N: Não tem muitas. L: Todo mundo vai pra escola, todos os meninos vão pra escola? N: Eh tem quem estuda aqui e tem muitos que estão fora. L: Fora da Comunidade? N: Fora da Comunidade. A escola onde miha filha trabalha mesmo fica lá, no Travasso, tem muitos de aqui que estudam no Travasso, ou que estudam no Mario de Andrade, que è fora de aqui. Os pais acham que nas escolas aqui tem muitas brigas, eu sempre falo pra ele, olha quem faz a escola são as crianças não a escola mesma, e eles que tem que fazer a escola. E aí tem a Etelvina que dizem que è a pior que tem, tem briga todo dia. L: Porque tem brigas? N: Eh não tem controle, acho que eles estão até, acho que estão sem monitor e sairão todos ne, minha filha era monitora lá, agora está no Travasso, são cinco anos que está no Travasso. L: Ela falava que era difícil? N: Era difícil. Elas estudaram lá e quando elas estavam na quinta série eu tinha que assistir aula com elas, porque no Conselho de pais eles pediram ne que cada dois três pais viessem aqui a assistir aulas todos os dias. L: Porque era perigoso ficar sozinhas? N: Por causa que as crianças não mereciam. Para ver se eles respeitavam um pouquinho mais os professores ne, e aí a gente ia, cada semana ia, três pais. Agora não sei como è que está, mas dizem que está.. minha neta estuda lá, um menino bateu 178 a neta, e minha filha falou pra ela quando è assim você fala que a gente vai lá ne, a gente estava pensando se tirar ela de lá ne. L: Você acha que tem muitos problemas dentro das famílias? N: Tem bastante.. L: Com os maridos ou..? N: Com os maridos, eles bebem, outros usam drogas, tem bastante. L: Também batem as mulheres? N: Também batem as mulheres, nós tivemos pouco tempo atrás uma assasinata aqui dentro ne, ela era dona de uma loja, o marido dela era o dono do ponto das piruas de Campo Belo, ele vendeu tudo e derrotou a mulher, deu cinco tiros nela, a outra fo i esfaqueada aqui em baixo também, mas ela sobreviveu, mas ela não. A passeata que nós fizemos, fizemos sobre isso, contra a violência nas mulheres.. L: As mulheres falam disso ou è difícil pra elas falar que os maridos batem? N: Tem muitas que falam, outras que não, guarda pra sim. Essa semana a gente ficou sabendo da minha vizinha, não foi ela que falou foi outra que contou, ela não falou nada. L: Como você faz para resolver esse problema? Vocês conversam com as mulheres? N: Eh a gente conversa com elas, mas è difícil, muito difícil, a gente fala pra elas vierem pra uma psicologa para conversar ne. Nesse grupo de pintura que eu faço lá no Eistein, muitas tem problemas ne e elas vão lá pra se distrair ne, ficam conversando e se distraem conversam com a gente, a gente aconselha, eu sempre indico a doutora ali que è psicologa, vai lá que ela atende de graça a gente. L: Aqui dentro? N: Aqui dentro, ela fica na Escola do povo, todas quartas e sextas, eu falo vai lá fala com ela se você fala que eu racomandei ela te atende rapidinho. L: Porque os maridos bebem tanto? N: Náo sei, tem alguns que além de bebidas eles usam drogas, è um vício.. L: Eles trabalham normalmente? N: Trabalham, tem alguns que são trabalhadores, trabalham mas o dinheiro que recebem todo vai, essa mulher dessa semana, ela è trabalhadora, ela trabalha tem dois filhos, trabalha fora, e ele trabalha também, assim que eu cheguei no sábado que nós fomos pra praia e ele estava caido nessa escada lí, descalço, e uma mulher falou não 179 sei mas a me me parece que è o homem daquela casa lí, daí eu fui olhar e era ele mesmo. Eu não sabia o que tinha acontecido com ele, porque ele tinha brigado com a mulher tinha batido nela ne, aí ela falou pra mim, não ela pegou o menino em casa.. acabava de se rolar na toalha estava tomando banho e ele chegou aí de um jeito..tirou ela daí.. L: È difícil.. eu acho interessante o jeito de se encontrar com as mulheres, falar com elas..è uma ajuda.. N: O grupo que a gente tinha aqui, eu fazia parte do grupo do Carvalho, então ele montou o grupo aqui na minha casa para não ficar muito difícil para elas subirem, vocês ficam aqui e a gente vem, sábado a tarde eles vinham, depois eles pararam de vir e a gente continuou e quando a gente começou eu falei para elas, se vocês não querem vir no sábado, vamos fazer no meio da semana, vamos fazer então na terça feira e aí começou muito bem, duas vezes foram legais, depois começaram a faltar, faltava uma faltava outra, tinha dia que vinha só uma..e eu fui pensando com essa e falei querem saber uma coisa se vocês quiserem vir bem mas se não precisam.. porque se elas vêm aqui eu preparo o lanche, arrumo tudo ne, esperando vocês e vocês não vêm, estou perdendo meu tempo, se vocês não vem eu estou fazendo qualquer coisa, mas se vocês vêm espero vocês fazendo as coisas e vocês não vêm, se vocês querem ficar cuidando de netos, tem muitas que só cuidam de netos ne, e gente faz para tirar um pouco de casa delas, da routina ne da casa. L: Tal vez os maridos não querem.. N: Não, elas saem, vêm, tem vezes que, quando eu fui no posto para pegar remedio, quando eu voltei peguei a pirua para chegar mais rapido, a pirua passa lá na porta, uma menina pegou a pirua lá e não me viu, desceu lá para a casa dela eu desci mais em baixo e falei olha, ela não vai no curso e ela não veio e aí eu falei não è melhor então calar. Dona Maria quetadinha, divagarinho.. falei tinha a dona Beniz dona Maria, Maria de Lude, a Delma começou ir depois parou, que ajuda aqui ne, a Glória, Glória quando mudou pro predinho parece que ficou rica.. dizem as meninas que ela ficou orgulhosa quando vai para lá.. tinha a dona Deva, então tinha um grupinho até bom ne, mas começou uma a faltar outra a faltar, começaram faltar todas num dia só, eu falei não dá para continuar ne. O frei Jorge falou para mim vem para acá, eu falei eu quero ir para lá, mas não dá, você olha terça feira eu vou pro 180 curso oito horas saio as onze, tenho que estar em casa para fazer o almoço arrumar as coisas, depois voltar, eu não posso deixar eles toda dia sozinhos, uma hora duas horas bem mas para ficar eles sozinhos não dá não, deixar todo dia eles sozinhos não dá. A pesar que eu tenha minha neta que mora comigo de dez anos e tenho meu filho, mas eu não posso confiar, terça feira mesmo ele estava aí, ele falou mãe eu vou terminar a cozinha do Rodrigo, tá bom, eu vou pro curso e eu depois ia pro banco depois do curso, de repente eu falei não acho que vou para casa e eu vim para casa e cheguei e minha neta estava segurando a porta para ele não entrar, porque quando ele bebe ele vai abusar ele vai xingar, quer que eu levante para brigar com ele, então ele estava lá acercando ele, eu falei ainda bem que eu vim embora ne, e começou na sexta e parou na quinta feira, não parou de beber, sábado eu fui para praia mas foi assim eu combinei com meu neto você e sua mulher dão comida para eles ne eu vou colocar uma fralda nele que dá para ficar todo dia sem se meixer e se cuida dele e aí minha filha falou mãe eu veio aqui de vez em quando, pode ir para praia, então tá bom e aí eu fui. L: E gostou? N: Gostei.. L: A praia onde? N: Nós fomos lá em Santos mesmo que nós fomos ver o aquário ne, tudo bom. L: Para o dia das mães ne? N: Eh è a terceira vez que a dona Monica vai lá, eu fui a primeira e a terçera porque a segunda não deu para ir. L: Que bom um dia diferente ne.. N: Eh um dia diferente. E aí eles falam não vai sim que tá bem.. L: Esse grupo com quem você fez a caminhada sábado, vi que quer també m um hospital.. N: Tinha aqui o Ama, o Posto de saúde e o Caps, essas três entidades prontas já há um ano atrás com os funcionarios a tarde e não abria, fizemos uma passeata de panelatas, batendo panelas e chegamos lá e aí veio o jornalista tudo, nos fizemos na terça e outra na quinta, aí na quarta feira a tarde ligaram pro Juiz, não precisa fazer, nos já vamos abrir, ai abriu o ama e depois foi abrindo todo direitinho e aí falou se não ia fazer nada ali continuavam sem abrir nada. 181 L: Também tem o hospital Einstein ne? N: Eh, mas esse Einstein è só pras criançinhas e a gente quer um hospital porque temos um mais perto mas ele è contramão pra a gente, a pirua de aqui não passa lá, tem que trocar de pirua e quando as pessoas não tem condições para ir fica difícil para eles e è contramão então a gente acha que não temos, tanto na época do Lula, tanto na época do Kassab, todos eles concordaram ne e assinou tudo ne, para que nós temos um hospital aqui, então já tem o local para fazer o hospital.. L: E onde vai ficar? N: Vai ficar aqui, nesse lado, no lado do Ama e a gente está ajudando para isso, pegamos as assinaturas de novo para mandar, entre os moradores, porque tem seis mil pessoas que moram aqui, se não tiver mais ne. Temos alguns que estão indo morar no Campo Limpo que lá também tem apartamentos. L: O Campo Limpo onde fica? Aqui perto? N: Aqui desse lado.. então tem gente que está indo a morar para lá. L: São sempre apartamentos da Prefeitura? N: Sempre apartamentos da Prefeitura, a mesma coisa, lá tem alguns que tem até o elevador. L: Porque aqui não tem elevador? N: Aqui não tem. L: E quantos andares são? Nove? N: Acho que sete, sete andares parece, os baixos eles deixam para quem tem crianças e para idosos, então para idosos todo está adaptado. Se eu quiser eu estava ou no laranja ou no vermelho, quando a menina falou comigo, vai dona vai que lá è bom para seu Sergio, muda a qualidade de vida ne e aí eu falei com ele e ele falou que não e depois passaram três quantro meses e falou, vamos pra apartamento e falei agora não vou não, falei agora não vou não, tem que esperar, vamos esperar agora já está chegando aqui ne, e aí eu fiquei falando com nossa vizinha na sala, será que nós vamos pro apartamento ou pra casinha, vai ter umas casinhas também. L: Sempre aqui? N: Dizem que vai ser tudo por aqui ne.. dizem que aqui vai sair tudo. L: Você gostaria mais das casinhas ou dos apartamentos? 182 N: Acho que os dois è bom, a gente está acostumada ir a rezar nos apartamentos então os apartamentos são muito legaisinhos sabe? L: Tem criminalidade, tem violência aqui dentro da Comunidade? N: Tem.. tem bastante eh dentro da Comunidade. Seis dias atras ali mataram dois meninos, no salão e outro lá em baixo perto duma padaria. L: Durante o dia ou de noite? N: De noite.. L: Você acha que foram matados porque são parte de bandas, eram bandidos ou não? N: Eh dizem que um foi matado porque dizem que gosta de se me ixer com mulheres, tinha meixido com mulher de algum que não gostou ne e o outro dizem que mataram um rapaz mas não sei porque. L: Tem grupos que vendem drogas? N: Tem.. L: Dentro da Comunidade mesma ou fora? N: Dentro da Comunidade. L: No passado era assim ou mudou? N: Olha nós temos aqui dois bancos, nós temos o Banco Bradesco e o Banco do Brasil, o Banco do Brasil foi assaltado três vezes, tanto que fechou a parte onde a gente ia a pegar dinheiro, só funciona lá para fazer pagamentos e se você quer abrir conta, só isso. L: O Bradesco fica aberto ainda? N: O Bradesco está aberto, mas falaram que já foi assaltado. Agora vamos ter o Santander. Antigamente já tinha, mas aqui dentro era difícil roubar. L: Porque eu falei com outras pessoas de outra Comunidade e falam que antes essas pessoas quase cuidavam da Comunidade e iam roubar fora. N: È isso roubavam fora. Se alguém fazia algo dentro eles matavam, quem entrava, agora eles batem. Mas agora a droga está liberada ne, onde você passa aqui você sente um cheiro da maconha. L: È mais perigoso de noite? N: Eh de noite è perigoso.. mas essa semana a escola da minha filha fechou mais cedo, ela ligou e falou mãe, era umas oito horas, falou que não era nem as deiz que a 183 Prefeitura mandou todo mundo para casa porque o chefão foi e tirou tudo aí eles tiveram que vir para casa.. L: As pessoas saem de noite? N: Saem mas tem muitos bar de funky por aí ne... Traduzione italiana: L: Come ti chiami? N: Nelsa de Lima. L: Sei di São Paulo? N: No, sono del Paraná. Sono nata nel Paraná e sono venuta qui a ventidue anni.. L.: ah a ventidue anni.. N: ..e adesso ne ho sessantasette. L: Allora è quasi di São Paulo eh? N: Eh quasi di São Paulo. Sono venuta qui e ho iniziato a vivere prima in un posto che si chiama “Pozo fundo”, vicino all’Extra, mio marito lavorava nella ceramica. Sono rimasta ad abitare lì fino a quando sono nate due figlie, quando sono nate ci siamo spostati dove adesso c’è quella scuola. L: Ho capito, prima non c’era? N: No.. e abbiamo abitato lì quasi sei anni dopo il Comune è venuto e ha detto che voleva fare un giardino, ci ha spostati da lì e sono andata a vivere da un’altra parte, restai a vivere là un po’ di tempo, adesso siamo qui già da quindici anni, vivendo qui dentro. Abbiamo sepre abitato qui vicino. Ho sei figli, due uomini e quattro donne, due nipoti e otto pronipoti. Faccio parte della Comunità, aiuto qui di mattina, sempre tutte le settimane aiutiamo qui alla Casa da Amizade, sono leader della Comunità, sono.. eh come si dice.. coordinatrice della Chiesa Nossa Senhora das Graças. L: Si trova sempre qui a Paraisopális? N: Sì, proprio nella mia casa, c’è una chiesetta lì e ci lavoriamo. Sono direttrice della União, vice-presidente dell’Associazione delle Donne di Paraisópolis.. L: Ah ho visto in internet che sabato c’era una manifestazione delle donne qui a Paraisópolis, anche tu c’eri? N: Eh l’abbiamo fatta noi, eh abbiamo fatto una manifestazione. L: L’ho trovato interessante. 184 N: Stavo lavorando con dei gruppi di donne, di cinquant’anni, ma alla fine iniziarono a non venire, una aveva un problema l’altra un altro, ho finito per desistere, ma l’ambulatorio vuole organizzare un gruppo coordinato da me, mi piace fare artigianato eh, lavoro molto con l’artigianato. L: Che cosa fai? N: Guarda, fuxico (un tipo di patchwork), sto facendo dei sottopentole, faccio bambole di fuxico, alberi di Natale, lavoro anche all’uncinetto e adesso sto imparando pittura, sto facendo un corso, ho iniziato dipingendo i piatti poi sono passata alle borse. L: Perchè sei venuta a São Paulo, con i tuoi genitori o da sola? N: No sono venuta da sola. Il mio primo matrimonio, mio marito sistemò le cose nel Paraná ed è venuto qui così sono venuta con lui per crescere i suoi due figli, lui mi disse che dovevo andarmene e così finì per restare nella casa di mia sorella, ho cercato un lavoro, e così ho iniziato a lavorare qui, dopo ho conosciuto il mio attuale marito eh, e siamo andati a vivere insieme e poi iniziai a lavorare nella scuola. Ho lavorato quarantadue anni nella scuola, ero la cuoca, e mi pre ndevo anche cura dei bambini quando l’assistente sociale era in ferie io facevo anche il suo lavoro. L: Qui dentro? N: Sì, qui. Poi ho avuto quattro figlie che adesso sono tutte sposate, solo il più grande è da solo. L: E loro vivono qui? N: Sì, ce n’è uno che vive qui vicino, un altro che vive qui dietro. Quelle che vivono più lontano sono Silvia e Angela che vivono al centro. L: Com’era qui quando sei arrivata?Era molto differente? N: Sì era molto diverso, quando sono venuta qui, credo che se c’erano venti baracche era tanto. L: Che anno era? Ti ricordi? N: Mm 1975. C’erano poche baracche, dopo le hanno fatte.. L: Tu hai comprato una baracca o un terreno qui? N: Abbiamo comprato un terreno e mio marito ha fatto una baracca che adesso sto facendo di mattoni che fino a poco tempo fa era di legno. Ma c’è voluto tanto lavoro e io ho detto che non lo avremmo cambiato. 185 L: Chi vendeva il terreno? N: Io l’ho comprato da persone che vivevano qui e avevano un terreno, lei disse che era loro il terreno. È così, loro comprarono il terreno, ma non pagarono l’Iptu quando sono venuti, quando è arrivato l’Iptu non pagarono, così questo terreno era del Comune. Allora ho comprato il primo pezzo, dopo ne ho coprato un altro..bello grande. Penso di essere l’unica ad avere un terreno così grande. Io avevo già pensato ai bambini all’estate, ai vestiti, perché loro non ci pensano, se i bambini volevano giocare, tutto.. L: Così è cambiato molto qui? N: È cambiato abbastanza. L: Il Comune è venuto molte volte o no? N: Sono venuti che avevo due case qui di fronte, dove vivevano Regina e nell’altra Angela e poi c’era la chiesetta, così loro tolsero quella parte e mi diedero cinquemila reais, le mie figlie sono andate negli appartamenti e io ne ho costruita un’altra là, che aveva un salone, l’ho adibito per una piccola scuola, ho lavorato nella chiesa anglicana e dopo ho messo su una piccola scuola per due anni, dopo quando hanno messo questa scuola qui i bambini andavano là e io decisi di chiudere, dopo due settimane iniziarono ad arrivare bambini ma gli dissi che non avrei più aperto, perché mio marito in quella epoca si ammalò, adesso non può più camminare, allora io dissi che ora dovevo occuparmi di lui. La mia intenzione è quella di ricominciare a lavorare con i bambini. L: Eh ti piace lavorare con i bambini.. N: Sì mi piace, in casa mia c’è Angela che lavora a scuola, Simone che lavora all’asilo nido e Silvia che è professoressa ma ha fatto questa professione per molto tempo adesso non vuole più. L: E loro hanno studiato qui e dopo hanno fatto l’università? N: Silvia e Regina l’hanno fatta. Già un’altra non ha voluto, e Simone non ha voluto.. Loro hanno fatto le superiori complete. E i ragazzi anche non hanno voluto studiare, Loro volevano lavorare e studiare e mio marito disse che non ci sarebbero riusciti e infatti fu così. L: Tu abiti qui vicino vero? N: Abito qui dietro. 186 L: Il Comune ha detto che toglierà tutta questa parte? N: Sì questa parte non ci sarà più sai? Toglieranno tutto.. L: Per costruire palazzi o..? N: Palazzi credo che saranno da qui a là.. e adesso dove vivo faranno tipo un parco. Dicono che sarà per far giocare i bambini, un parco. L: E questa parte no? Non cambierà? N: No credo che stiano facendo i palazzi da qui fino in basso, poi ho sentito che faranno delle casette, vediamo. L: E con te non ne hanno ancora parlato? N: Martedì adesso giorno quindici vediamo. L: Penso che ci sarò anch’io.. quindi le prime case erano di legno? N: Sì erano di legno. L: È stato tuo marito a costuire? N: Lui lo ha fatto di legno e adesso io sto.. che dopo che lui si ammalò, chi mantiene la casa, sono io. Sono la persona responsabile di tutto. Così ci stiamo lavorando, sarà nostro figlio che se occuperà un po’.. L: C’è tutto, acqua luce fognature..? N: C’è tutto, la fogna è quello che è. L: Com’era prima, ma il Comune non è passato? N: Non ha ancora canalizzato. L: Dicono che lo faranno o no? N: Eh loro canalizzeranno tutto. Canalizzeranno qui.. canalizzano proprio la fognatura. L: Ci sono dei problemi con la fognatura? N: Quando piove ci sono, perchè ci sono delle case in cima e così quando l’acqua arriva da sopra, l’acqua che scende passa sopra e spinge il mio muro..difficile. L: Così le case sono cambiate dal legno fino ad essere come queste? N: Eh adesso le stanno facendo tutte di mattoni, di muratura. L: Le persone le fanno da sole? N: Eh ci sono alcune persone che paghi per farlo. Paghi qualcuno per farlo.. muratori.. L: Ma che sono di qui? Della stessa Comunità? 187 N: Sì, sono persone di qui. L: Ci sono molti muratori? N: Sì, molti sono muratori, altri pittori.. mio figlio anche fa artigianato. L: E lui vende le sue cose? N: Sì le vende. L: Qui dentro? N: Si qui, ma c’è il problema che beve, ogni soldo che prende se lo beve. Io gli ho detto che è alcolizzato. Ma lui dice di no. È chiaro che lo è.. Non può prendere dei soldi che già va a bere. Lui fa delle belle cose, fa dei quadri. L: Ha imparato da solo? N: Sì da solo.. L: Le sue figlie hanno figli? N: Sì li hanno, Silvia ne ha tre, Simone due, Regina una e Angela ne ha tre e mio figlio sei. Sono già tutti genitori i miei figli. Il più piccolo, quello di Regina, ha un anno e tre mesi, dopo ce n’è una con dieci anni e una con un anno. L: Loro lavorano qui a Paraisópolis? N: Sì, l’unica che lavora fuori è Regina, che fa la segretaria a suo marito e lui fa i pozzi per i palazzi, allora lei lo accompagna sempre, praticamente lavora più fuori che dentro. L: Pensi che la maggior parte delle persone di Paraisópolis lavorino qui o fuori? N: Ce ne sono tanti che lavorano fuori. L: Che tipo di lavoro fanno, lo sai più o meno? N: Ci sono tante domestiche.. L: E lavorano a Morumbi? N: Sì lavorano a Morumbi, ma ho un’amica che lavora in città, alcune lavorano in città, altre qui, gli uomini anche alcuni qui altri in città. L: Come muratori o altro? N: Sì,sìeh.. L: Qui ci sono molti negozi? N: Ce ne sono abbastanza, le ragazze stanno dicendo che Paraisópolis sta diventando come la Vinte e cinco de Março che non c’è spazio per passare dai tanti negozi c he ci sono.. 188 L: Questa parte è diversa dalle altre, dal centro? N: Il Gratão noi diciamo che è praticamente dimenticato sai? Perché raramente ho visto il presidente della Comunità qui, per vedere come sta, se c’è bisogno di qualcosa, lui difficilmente comunica, solo se io vado là in cima e parlo con lui e lui mi dà i comunicati se no.. L: Perchè pensi che questo succeda? N: Questa settimana abbiamo le votazioni del Conselho Gestor al CEU, io l’ho saputo perchè mi hanno chiamato chiedendomi di dirlo alle persone, io l’ho detto, dirlo lo dico però.. l’ho detto a molte persone, ma se lui mi desse un avviso da mettere.. L: Perchè non lo fanno? N: Avvisano solo al centro, o passi la alla União o.. L: Paraisópolis ha cinque quartieri? N: Sim, Grotinho, Grotão, Centro, Brejo..ce n’è un altro..l’altro non me lo ricordo..è grande. Ah Antonico. L: Tu pensi che qui la maggior parte delle persone sia del Nord? N: La maggior parte sono del nord, baianos, piaurensis, pernambucanos. L: Conosci molte persone? N: Ne conosco abbastanza. L: Ci sono persone che stanno arrivando ora o sono arrivate da poco? N: Siccome stanno facendo questi palazzi, ci sono persone che stanno portando i parenti dal nord, per poter avere un appartamento qui. L: Pensi che ci sarà spazio per tutti? N: Guarda può essere di sì, o può essere di no, perchè lì dove c’era la mia casa hanno invaso e tolto tutto di nuovo, loro invaderanno di nuovo, è così che stanno facendo, così loro registrano le persone, loro hanno detto di no ma si dice di sì.. L: Il Comune giusto? N: Sì.. L: E se registrano cosa succede? N: Il registro serve per guadagnare un appartamento o danno dei soldi per andare via. Loro registrano le persone, per questo che stanno invadendo di nuovo. L: Chi sta invadendo? 189 N: Sono persone di fuori, arrivano in molti e continuano a fare baracche. L: Così loro invadono prima che il Comune registri.. perchè se no dopo non possono più? N: Ma dopo registrano comunque. Dicono che sposteranno queste persone che sono arrivate, ma sto dubitando. L: Qui dove ci sono queste casette in legno? N: Sì, quasi hanno invaso i campetti. L: È vero.. tu hai conosciuto queste persone, ne hai incontrata qualcuna o no? N: No, sono persone di fuori, sono tutte persone de fuori qui. I nostri vicini se ne sono andati che qui era pieno di baracche e sono già tutti negli appartamenti. L: Qui? N: Sì, nei palazzi qui.. L: A te non piacerebbe andare in un appartamento così? N: Mi piacerebbe, ma sto aspettando per vedere, che se fosse per Tereza sarei già in un appartamento da molto tempo, lei dice che là è meglio per Sergio che è malato.. L: Ma tu non puoi chiedere al Comune? N: Se io andassi a chiedere, loro sistemano le cose, solo che allora smonterebbero la mia casa e nella mia casa c’è mio figlio, mio nipote. E c’è la Cappella.. e la cappella è registrata quindi devo aspettare. L: Come funziona quando le persone vanno negli appartamenti? N: Loro.. il Comune prima che loro vadano negli appartamenti, paga l’affitto sociale, lui paga per loro. L: E loro abitano da un’altra parte? N: Sì da un’altra parte, gli affitta casa da un’altra parte.. L: Non a Paraisópolis? N: Può essere a Paraisópolis, ma è difficile, ci sono persone che sono andate fuori ad abitare. L: E quanto tempo devono aspettare? N: Due, tre anni.. L: Ah molto.. e il Comune paga l’affitto? N: Sì paga l’affitto, ogni sei mesi rinnova l’affitto. L: E dopo quando gli appartamenti sono pronti? 190 N: Loro ci possono entrare.. L: E loro devono pagare qualcosa, un affitto? N: Negli appartamenti pagano, mi sembra che sia ottantasette e in più c’è l’acqua la luce il gas e il condominio. Le mie amiche che stanno là dicono che non arrivano ai trecento reais, il massimo che spendono è trecento reais. Ci sono persone che dicono di arrivare ai seicento, ma esagerano, loro dicono che non sono arrivate a pagare più di trecento reais. L: Le persone devono pagare quando ci entrano? N: Restano sei mesi senza pagare, dopo iniziano. L: E dopo l’appartamento è loro? N: Sì, devono pagare per ventidue anni. Adesso ci sono molte persone che stanno vendendo gli appartamenti. L: Prima che finiscano i ventidue anni? N: Sì loro prendono e vendono. L: E le persone che comprano vanno a vivere negli appartamenti pagando qualcosa? N: Sì loro restano pagando per loro. Loro fanno un contratto, tutto per bene, per non aver problemi dopo. L: Il Comune lo sa? N: Lo sa..lo sa, dicono che li bloccheranno ma fino ad ora non è successo nulla.. sai perché ci abbiamo già parlato, ma loro volevano sapere chi comprava chi vendeva, io ho pensato cavolo erano persone che lavoravano là dentro, che stavano facendo le trattative, come..come si dice..queste persone che vendono terreni queste cose, beh stanno facendo la stessa cosa. Loro vanno là con i fogli autorizzati e vendono per ventimila più o meno.. N: Sono persone del Comune? L: No, sono persone che lavorano là, loro vendono gli appartamenti agli altri, vanno vedono chi vuole vendere, escono vedono chi vuole comprare.. come un agente immobiliare.. e guadagnano dei soldi per loro, due tremila più o meno, loro vendono per trenta quaranta cinquantamila e loro guadagnano due tre mila per ogni appartamento che vendono. Le persone entrano e pagano il Comune a nome dell’altro. È a nome dell’altro eh. È a nome di chi ha comprato, solo alla fine quando finiranno di pagare, potranno cambiare il nome. È questo quello che stanno facendo, 191 quelli che sono più intelligenti, fanno un contratto e lasciano lì tutto sistemato, registrano tutto per bene, perchè se per caso il tizio dovesse avere qualche problema, c’è il contratto. L: Il contratto è regolare o..chi fa il contratto? N: È irregolare, perchè è fatto tra chi compra e chi vende gli appartamenti, è un contratto tra di loro. Il Comune ha detto che non si può vendere, solo dopo aver finito di pagare.. e ancora di più ora che passerà la metro, lo sai? L: È vero, dove passerà, qui vicino? N: Sì, qui vicino. L: Quando inizieranno? N: La strada l’hanno già iniziata, la metro dicono che verrà da là a qua. Questo valorizza, tanto che una ragazza ha detto che il Grotão sarà valorizzato e alla fine non la faranno, ma sì che la faranno. L: Ti piace vivere qui? N: Sono quindici anni, non mi piacciono molto quelle salitine, che qui ci sono solo salitine eh, molte salite, ma mi piace, ho molti amici qui. L: Per uscire da qui si deve prendere un autobus? N: Sì passa la navetta, c’è la navetta che va a Campo Belo, a Santo Amaro, una che va di qui, un’altra che va di là. N: Quanto tempo ci vuole per arrivare al centro della Comunità? N: Circa un quarto d’ora, dipende da come cammini, perchè sulle salite ci fermiamo. L: C’è un supermercato qui vicino? N: C’è, qui abbiamo un mercato, lì ce n’è un altro, ma se vuoi comprare cose più economiche devi uscire. L: Ci sono persone della tua città qui? Le conosci? N: No, io conosco di più baianos, pernambucanos, difficilmente ho sentito parlare del Paraná. L: Non hai nostalgia del Paraná, sei tornata qualche volta? N: Sì sono tornata, ho una sorella che abita là e mio fratello anche che però ora è morto, e così ho una sorella che vive là, più grande di me. Ogni tanto viaggiamo, io sono due anni che non vado là a trovarla, che non posso a causa di mio marito eh. Lei chiama, parliamo, lei mi chiede quando vado..bisogna aspettare.. 192 L: E lei non viene qui? N: Nemmeno lei viaggia, è difficile, chi viaggia sono i figli eh, lei è difficile, lei ha nove figli. Ne ho un’altra che vive a Campinas, con lei già ci vediamo di più, solo che adesso sono due anni che non viene a casa mia. L: A Campinas dove vive? N: Lei vive in città. Noi parliamo sempre per telefono, quando gli manco chiama e parliamo. L: Come hai iniziato a lavorare qui alla Casa da Amizade? N: Quando la signora Monica ha aperto, abbiamo iniziato a venire per aiutare, poi io veniva la mattina e ho continuato, così tutti i sabati sono sacri, mi alzo e vengo qui, aiuto, finisco prendo le mie cose e vado via, che c’è chi aiuta e dopo prende il gettone di nuovo, io no prendo il gettone e quello che mi porto via lo divido per cinque, faccio un sacchetto per le figlie e le vicine. L: Ti piace molto lavorare qui vero? N: Sì mi piace, sono la pasticcera di Monica, ogni volta che arriva la sua festa, sono io che faccio la torta per lei, così chiama, fai tu la torta per me? Sì la faccio io.. L: Visto che sei una buona cuoca.. E i suoi figli non vengono qui? N: No, loro conoscono ma non vengono, a loro piace, ma hanno i figli.. le uniche che hanno i figli grandi sono Silvia e Simone, una ha undici anni e la maggiore di Silvia ne ha quindici, ce n’è una di venti, uno di diciotto e la ragazza che ne ha quindici. L: Tutti i bambini vanno a scuola qui vicino? N: Sì tutti studiano qui. L: C’è solo questa o ce ne sono altre? N: No ce ne sono molte. L: Tutti vanno a scuola, tutti i bambini? N: Sì c’è chi studia qui e ce ne sono molti che studiano fuori. L: Fuori dalla Comunità? N: Sì. La scuola dove lavora mia figlia è là il Travasso, molti studiano là, altri che vanno alla Mario de Andrade, che è fuori. I genitori pensano che nelle scuole qui ci siano molti litigi, io gli dico sempre che la scuola la fanno i bambini non la scuola stessa, sono loro che devono fare la scuola. C’è poi la Etelvina che dicono essere la peggiore che c’è, ci sono litigi tutti i giorni. 193 L: Perchè? N: Eh non c’è controllo, penso che non abbiamo qualcuno che lo controlli se ne vanno tutti, mia figlia lavorava là, adesso è al Travasso, da cinque anni. L: Lei diceva che era difficile? N: Sì. Loro hanno studiato là e quando erano in quinta dovevo andare alle lezioni con loro, perchè al consiglio i genitori chiesero che tre quattro genitori venissero qui ad assistere alle lezioni ogni giorno. L: Perchè era pericoloso restare da sole? N: Perchè i bambini non lo meritavano. Per vedere se loro rispettavano un pochino di più i professori, e così andavamo, ogni settimana, tre genitori. E adesso non so com’è la situazione, ma dicono che è.. mia nipote ci va e un bambino l’ha picchiata, e mia figlia disse di avvisarci se succedeva di nuovo e saremmo andate a parlare là, stavamo pensando se spostarla da là. L: Pensa che ci siano molti problemi all’interno dell famiglie? N: Ce ne sono abbastanza.. L: Con i mariti o..? N: Con i mariti, loro bevono, altri si drogano, ce ne sono abbastanza. L: Picchiano anche le donne? N: Sì, abbiamo avuto poco tempo fa un’assassinataqui dentro, lei era la proprietaria di un negozio, il marito era il proprietario delle navette di Campo Belo, lui ha venduto tutto e ha ammazzato la moglie, gli sparò cinque colpi, un’altra fu accoltellato qui in basso sempre, ma è sopravvissuta, ma l’altra no. La manifestazione che abbiamo fatto era per quest, contro la violenza sulle donne.. L: Le donne ne parlano o è difficile per loro dire che i mariti le picchiano? N: Alcune parlano, altre no, lo tengono per sè. Questa settimana abbiamo saputo della mia vicina, non è stata lei a parlare ma un’altra, lei non ha detto nulla. L: Come fate per risolvere il problema? Voi parlate con queste donne? N: Sì noi ci parlaimo, ma è difficile, molto difficile, noi gli diciamo di venire a parlare con una psicologa. In questo gruppo di pittura che faccio là all’Eistein, molte hanno problemi e vanno là per distrarsi, parliamo se distraggono, io gli dico sempre della psicologa, vai là che per noi è gratis. L: Qui dentro? 194 N: Sì qui dentro, è nella Escola do Povo, tutti i mercoledì e venerdì, io gli dico di andarci che se gli dicono che le mando io le riceve velocemente. L: Perchè i mariti bevono tanto? N: Non lo so, ci sono alcuni che oltre al bere usano anche droghe, è un vizio.. L: Loro lavorano normalmente? N: Sì, ci sono alcuni che sono lavoratori, lavorano ma i soldi vanno via tutti, la donna di questa settimana, lei lavora, lavora ha due figli, lavora fuori e lui anche lavora, io sono arrivata sabato che siamo andate alla spiaggia e lui stava lì caduto sulla scala, senza scarpe, e una donna disse che era sembrava l’uomo di quella casa lì, così sono andata a vedere ed era proprio lui. Non sapevo cosa fosse gli successo, perché lui aveva litigato con la moglie l’aveva picchiata, poi lei me ne ha parlato, lei aveva preso il bambino in casa, si era appena messa l’asciugamano dopo il bagno e lui è arrivato di colpo..l’ha tirata fuori.. L: È difficile.. io trovo interessante il fatto di trovarsi con le donne, parlare con loro, è un aiuto.. N: Il gruppo che avevamo qui, facevo parte del gruppo di Carvalho, lui creò un gruppo qui nella mia casa in modo tale che non fosse difficile per loro salire, voi rimanete qui e noi veniamo, il sabato pomeriggio venivano, dopo hanno smesso di venire e noi donne continuammo, quando iniziammo gli ho detto, se non volete venire il sabato, facciamo nel mezzo della settimana, facciamo allora il martedì e così iniziò molto bene, due volte furono belle, dopo iniziarono a mancare, mancava una mancava l’altra, c’erano giorni che ne veniva solo una.. e allora ci ho pensato e gli ho detto che se volevano venire bene ma se non ne avevano bisogno.. perché se loro vengono io preparo uno spuntino, sistemo tutto, aspettandovi e voi non venite, sto perdendo il mio tempo, se non venite faccio altro, ma se venite vi aspetto preparando e voi non venite, se volete restare a curare i nipoti, ce ne sono molte che solo curano i nipoti, noi lo facciamo per tirarle un po’ fuori di casa, dalla routine di casa. L: Forse sono i mariti che non vogliono.. N: No, loro escono, vengono, ci sono volte che, quando sono andata all’ambulatorio per prendere i medicinali, quando stavo tornando ho preso la navetta per arrivare più in fretta, la navetta passa là all’ingresso e una ragazza ha preso anche lei la navetta là e non mi ha vista, è scesa là alla fermata di casa sua, io sono scesa più in basso, e mi 195 sono detta guarda, lei non verrà al corso e lei non è venuta e così gli ho detto che era meglio smettere. C’erano la Dona Beniz, a dona Maria, Maria de Lude, a Delma che ha iniziato a venire più tardi ma poi ha smesso, che aiuta qui, Glória, che da quando si è spostata nei palazzi sembra che è diventata ricca.. le ragazze dicono che lei è orgogliosa quando vai là.. la Dona Deva, così era un bel gruppo, ma hanno iniziato a mancare tutte in un giorno e ho detto che non si poteva continuare. Il frate Jorge mi disse di farlo là, gli ho detto che avrei voluto, ma non ce la facevo, martedì vado al corso alle otto, esco alle undici, dovrei essere in casa a preparare il pranzo sistemare un po’ di cose, dopo dovrei tornare, non li posso lasciare soli tutto il giorno, un’ora due ore va bene ma lasciarli da soli non è possibile. In più ho mia nipote di dieci anni che vive con me e mio figlio, ma non posso fidarmi di lui, proprio martedì era lì e mi ha detto vado a finire la cucina di Rodrigo, va bene, io vado al corso e dopo passo in banca, all’improvviso mi sono detta credo sia meglio tornare a casa, sono venuta a casa e quando sono arrivata mia nipote stava tenendo la porta per non farlo entrare, perchè quando beve lui ne abusa, vuole litigare, vuole che mi arrabbi per litigare, meno male che sono tornata subito, ha iniziato il venerdì e ha smesso il giovedì, non ha smesso di bere, sabato sono andata alla spiaggia ma è stato così, mi ero messa d’accordo con mio nipote e sua moglie per portargli da mangiare e io avrei messo un pannolino a lui che sarebbe durato tutto il giorno senza doverlo cambiare e poi mia figlia mi ha detto che sarebbe passata ogni tanto, puoi andare alla spiaggia, allora va bene e sono andata. L: Ti è piaciuto? N: Sì, mi è piaciuto.. L: La spiaggia dove? N: Siamo andate là a Santos, siamo anche andate a vedere l’Acquario, tutto bello. L: Per il giorno delle mamme vero? N: Sì, è la terza volta che Monica ci va, io sono andata la prima e la terza, la seconda non ho potuto. L: Che bello, un giorno diverso.. N: Sì, un giorno diverso. Così loro hanno detto, no vai che è tutto a posto.. L: Questo gruppo con il quale hai fatto la manifestazione sabato, ho visto che vorrebbe un ospedale.. 196 N: Qui c’era l’Ama, l’ambulatorio e il Caps, queste tre entità già pronte un anno fa con i funzionari nel pomeriggio e non apriva, abbiamo fatto così una marcia di protesta con le padelle, sbattendo le padelle e siamo arrivate là e là e rano venuti i giornalisti, l’abbiamo fatta di martedì e un’altra di giovedì e poi mercoledì hanno chiamato il giudice che ha detto che non c’era bisogno di farlo che stavano per aprire, così l’Ama aprì e dopo aprì tutto correttamente e disse che se non avessimo fatto nulla là avrebbero continuato senza aprire nulla. L: C’è anche l’ospedale Einstein vero? N: Sì, però quello è per bambini piccoli e noi vogliamo un ospedale, perché ne abbiamo uno più vicino ma è contromano per noi, l’autobus di qui non passa là, bisogna cambiare autobus e quando le persone non sono in condizione di andarci è difficile per loro ed è contromano per questo noi pensiamo di non averlo, sia nell’epoca di Lula che di Kassab, tutti loro concordarono eh e firmarono tutto, per far sì che avessimo un ospedale qui, così abbiamo già un locale dove fare l’ospedale.. L: E dove sarà? N: Sarà qui, da questo lato, nel lato dell’Ama e noi stiamo aiutando a questo scopo, abbiamo raccolto le firme di nuovo per mandarle, tra gli abitanti, perché ci sono seimila persone che abitano qui, se non di più. Ci sono alcuni che stanno andando a vivere a Campo Limpo che anche là ci sono degli appartamenti. L: Campo Limpo dove si trova? È qui vicino? N: Qui da questo lato.. così ci sono persone che stanno andando a vivere là. L: Sono sempre appartamenti del Comune? N: Sì, la stessa cosa, là alcuni hanno persino l’ascensore. L: Perchè qui non ce l’hanno? N: Qui non c’è. L: E quanti piani sono? Nove? N: Credo sette, sette piani mi pare, i più bassi sono per chi ha bambini e anziani, quindi sono stati adattati per gli anziani. Se io avessi voluto, sarei o in quello arancione o in quello rosso, quando la ragazza parlò con me, vai signora che che là va bene per il suo Sergio, cambia la qualità della vita e allora chiesi a lui e lui disse di no, e dopo tre mesi mi disse, andiamo in un appartamento e io gli dissi adesso non ci vado, bisogna aspettare, adesso aspettiamo che ormai stanno arrivando qui, e così 197 stavo parlando con la vicina, chissà se andiamo in un appartamento o in una casetta, ci saranno anche delle casette. L: Sempre qui? N: Dicono che sarà tutto qui.. dicono che toglieranno tutto qui. L: Ti piacerebbe di più una casetta o un appartamento? N: Credo che vadano bene entrambi, noi siamo abituati ad andare a pregare negli appartamenti e sono molto carini sai? L: C’è molta criminalità, violenza qui dentro la Comunità? N: C’è.. ce n’è abbastanza dentro la Comunità. Sei giorni fa li dietro hanno ammazzato due ragazzi, nella sala e un altro là in basso vicino alla panetteria. L: Durante il giorno o ie notte? N: Di notte.. L: Pensi che sono stati uccisi perchè facevano parte di una banda, erano banditi o no? N: Eh dicono che uno è stato ucciso perchè gli piace provarci con le donne, ci aveva provato un la donna di qualcuno a cui non è piaciuto e l’altro dicono che hanno ucciso un ragazzo ma non so perchè. L: Ci sono gruppi che vendono droga? N: Sì ci sono.. L: Proprio dentro la Comunità o fuori? N: Dentro la Comunità. L: In passato era così o è cambiato? N: Guarda qui abbiamo due banche, abbiamo la Bradesco e il Banco do Brasil, il Banco do Brasil è stato assaltato tre volte, tanto che lo hanno chiuso la parte dove prendevamo i soldi, funziona solo per fare pagamenti o se vuoi aprire il conto, solo questo.Olha nós temos aqui dois bancos, nos temos o Banco Bradesco e o Banco do Brasil, o Banco do Brasil foi assaltado três vezes, tanto que fechou a parte onde a gente ia a pegar dinheiro, só funciona lá para fazer pagamentos e se você quer abrir conta, só isso. L: La Bradesco è ancora aperta? N: La Bradesco è aperta, ma hanno detto che è stata già assaltata. Adesso apriranno la Santander. In passato esistevano queste cose, ma qui dentro era difficile rubare. 198 L: Perchè ho parlato con delle persone di un’altra Comunità e dicono che prima le persone quasi si prendevano cura della Comunità e rubavano fuori. N: Esatto rubavano fuori. Se qualcuno faceva qualcosa dentro li ammazzavano, chi entrava, adesso loro li picchiano. Ma adesso l’uso di droga è libero, ovunque tu passi senti l’odore di marijuana. L: È più pericoloso di notte? N: Sì, di notte è pericoloso.. questa settimana la scuola di mia figlia ha chiuso prima, lei ha chiamato e mi ha detto mamma, erano le otto circa, disse che non erano nemmeno le dieci che il Comune mandò tutti a casa perché il capo era andato e aveva scatenato il panico e dovettero tornare a casa.. L: Le persone escono di notte? N: Sì, escono ci sono molti bar di funky là.. c) Intervista con Maria da Glória (12-05-12) Sede della ONG “Casa da Amizade”, saletta/studio, ambiente informale. Durata dell’intervista: 00:34:44. M: Eu vim morar aqui em 1991, então já faz bastante tempo ne, aí fiquei morando, ficou ficou ficou.. L: Você chegou aqui em Paraisópolis ou em outro lugar da cidade? M: Não em 1991 cheguei aqui em Paraisópolis. Aqui já morava um ano antes. Aí a gente veio aqui, meu marido conheceu um rapaz que trabalhava aqui com meu cunhado e que estava vendendo um barraco e aí a gente comprou para sair do aluguel e aí a gente ficou e faz tempo começou fazendo obra aí ne, aí começou a tirar pessoas e a gente foi pro esses predinhos mas lá também não è, não è essa coisa sabe, è muito puxado o negócio, as contas a gente aqui sabe não gasta, mas vêm cobrando ne, o bujão de gás lá o.. aqui eu passava um mês com um bujão de gás, eu não uso todo dia, e lá gasta vinte e cinco reais só pro fogão. Não è assim os predios também dão muitos problemas de entupimento, mas tirando isso se está tranquilo, sossegado. L: De onde você è? M: Eu so da Paraíba. L: Você chegou sozinha ou com seu marido? 199 M: Não eu vim que meu parentes já estavam aqui meus irmãos meu cunhado e aí eu casei lá, meu pai estava doente lá e aí meu marido vim na frente eu fiquei lá para cuidar dele e aí depois dele estar aqui mandou me buscar e aí eu vim. Aí vim sozinha tinha todos irmãos aqui, tive quanto filhos todo aqui. L: Você mora aqui perto? M: Eu moro lá na rua Dependentes, lá perto do Ama. L: Como era quando você chegou aqui? Como era a Comunidade, era muito diferente? M: É assim na época tinha pouca gente, nesta baixada aqui a gente contava casa por casa. Nós conhecíamos cada vezinho por nome de cada um e aí foi crescendo crescendo. L: eEsa parte è mais nova? M: Eh por causa que estão contruindo construindo ne, vai ter muita gente nova, que vêm de outros bairros e vêm para cá. Mas vinte anos atrás, a gente conhecia quase todo mundo, sempre parava aqui, todos conhecidos. Agora muita gente diferente e os conhecidos da gente dos anos atrás todo mundo se espaiou, estão morando notro lugar. L: E onde moram? M: Não è assim aqui dentro mesmo ne, mas só mais longenho um pouquinho ne um do outro. L: Como eram as casas antes? M:Ah barracos, tinha de madeira de tijolo.. L: E mudaram no tempo? M: Eh foram mudando mudando mudando.. L: Foram as pessoas mesmas que mudaram as casas? M: Eh o morador que ia construir.. L: A Prefeitura fez alguma coisa aqui ou não fez nada? M: A Prefeitura está fazendo agora isso dai agora. L: Só agora? M: Só agora sim. Começou há quatro anos para cá. L: E o que está fazendo agora? Está construindo predios para o povo da Comunidade? 200 M: Eh.. mas tem também muita gente que a Cdhu manda pra cá, não è só daqui mas tem também muita gente de fora. L: Estavam falando que tem muitas pessoas que estão chamando parentes para vir aqui do norte. M: Eh porque aqui è assim tem o jeito de fazer barraco onde já saiu, tem lugar que já tem feito quatro cinco barracos já. Então lá a Prefeitura, cada vez que faz a Prefeitura, para funcionar todos sabem disso ne, aí vem aí paga, ou conseguem um apartamento. Aí já veio outro e faz naquele mesmo lugar, è assim essa Prefeitura daqui. È a Cdhu que vende esses apartamentos daqui. L: Você mora numa casa assim? M: Não agora eu estou nos predinhos, já mudei pra lá, antes era aqui em baixo, mas eu moro lá em cima agora. L: Está gostando de morar lá? M: Ah eu gosto. L: Sua filha mora com você? M: Mora. L: Tem outros filhos? M: Tenho ela e mais três. L: Ela está estudando ne? M: Está acabando a universidade. Está acabando graças a Deus, com o maior esforço o maior trabalho mas está conseguindo. L: Ela è a única que estudou na universidade ou os outros também? M: Não só tem ela até agora. L: Está fazendo um bom trabalho ne, aqui também.. M: Mm mm sim. L: Você trabalha? M: Não agora não estou trabalhando não, como ando com problemas de saúde ne, eu trabalhava de diarista, assim por dia. È assim eu trabalho para você dois dias ou mais por semana.. L: Para faxina? M: Eh para faxina.. Estou com muita dor nas pernas meus joelhos estão muito inchados, assim a faxina não. 201 L: Eh tem que trabalhar muito na faxina.. M: Eh já trabalhei muito, trabalhei muito. L: Você trabalhava aqui perto? M: Aqui dentro mesmo, eu trabalhei tambám lá na cidade.. també m trabalhando em casa, aqui è tudo doente ne. L: Aqui não tem um hospital? M: Não.. a gente foi, eu faço uma ginástica.. eh que eles querem operar mas eu não quero operar não. L: No começo quando você chegou aqui, você comprou um barraco ne? M: Ah ah.. L: Quem vendia o barraco? Você conhecia essa pessoa que vendia? M: Eh eram pessoas que moravam ne, que já morava e queria ir embora para Bahia, ele já tinha esse barraco que era pequenenin, então quando eu vim pra cá eu tinha uma terra pequeneninha, e aí eu ela e meu marido, nem cabia a gente numa casa tão estreita. L: Era pequena eh? M: Era, e aí todo cresceu e o barraco também ne e aí foi bem grandão. L: Vocês tiveram que buscar alguém para construir? M: Não porque antigamente o povo que chegava, ainda hoje quem chega, se acha dono ne, e aí o povo ia lá media aquele pedaço e faziam. Aí a gente fez um bem grandão e a família foi crescendo foi crescendo.. L: Você quanto pagou pro terreno? M: Oi filha eu nem me lembro mais eu sei que não foi muito baratinho não por causa o.. a gente tinha o salario do meu marido, tinha o me u salario que eu trabalha por mês nesse tempo e o meu patrão fez um empréstimo, nem me lembro mais de quanto foi ne, para mim pagar para ela uns pouco. Eu acho que vinte anos atrás foi quatro mil. L: E não era muito barato ne? M: Eh naquele tempo era muito caro era muito dinheiro ne. Eu trabalhei basta nte tempo para pagar o meu patrão aquele que prestou dinheiro. L: Você falou que trabalhou também fora na cidade ne? 202 M: Eh eu trabalhei em casa de famílias ne, eh trabalhei muito em casa de famílias, ali era por mês, era todo dia tó dia.. aí tinha uma patroa muito boa muito boa mesmo ne, e aí ela precisava de uma pessoa para dormir, eu não podia dormir, o meu marido ficava sozinho aqui e aí eu fiquei trabalhando assim de diarista e aí eu trabalhava dois três quatros dias a semana. L: E era bastante? O pago? M: Era cinquenta, sessenta.. L: Por semana? M: Eh, setenta.. a última patroa que ela era muito boa, ela pagava cinquenta reais eh, era pouco mas ela era tão boa que eu não.. e ela foi embora, o marido dela era engenheiro e trabalhava longe e aí fiquei trabalhando só dois dias, e agora fiquei sem nenhum , estou com muita vontade de trabalhar ne mas para mim não dá conta o trabalho. L: O seu marido trabalha? M: Trabalha.. L: O que ele faz? M: Ele è guarda de obras, lá em Pinheiro. L: E ele trabalha durante o dia? M: A noite, de sete a sete. L: Faz muito tempo que ele trabalha como guarda? M: Não, ele já trabalhou de segurança mas saiu, e aí arranjou outro.. L: Está gostando desse trabalho? M: Ah tem que gostar filha porque o trabalho tem que gostar, não pode ficar parado. L: Tem muitas pessoas que trabalham fora da Comunidade? M: Tem muita, a maioria. L: Quem trabalha aqui dentro o que eles fazem? Não sei que tipo de trabalho fazem, por esemplo tem lojas? M: Sim, tem tudo aqui ne mas não está registrado, alguns è mas outro não. L: Então a maioria trabalha fora, você sabe que tipo de trabalho eles fazem mais o menos? M: A maoria das mulheres è toda empregada domestica eh, aqui em Morumbi, na cidade, a maoria delas. 203 L: O pago delas è bom, você sabe? M: Eh tem algumas patroas que reconhecem o trabalho das empregadas mas tem muitas que não, tem patrões que pagam seiscentos e tem patrões que pagam novecentos, mil, mil e duzentos ne. L: Seiscentos è pouco? M: Eh seiscentos è pouco filha, tem muitas patroas boas mas tem muitas que.. tem patroa que até tem que levar marmita, sabe o que è marmita? Que você leva a sua comida já pronta de casa, eh tem patroas que è assim. L: E quantas horas elas trabalham? M: Pelo menos sete oito horas.. L: Você acha que mudou muito a Comunidade de quando você chegou? M: Ah mudou muito.. L: Em que mudou? O que mudou? M: Mudou tudo ne, mudou.. cresceu de mais, muita gente, cresceu muita gente, tudo o que você quer comprar aqui em Paraisópolis tem, farmácia, posta, mercado, olha de tudo que você quiser aqui dentro tem.. eu notei também muitas coisas que não deviam acontecer ne mas tem.. L: Como quais? M: Como droga.. muitas crianças envolvidas.. L: Tem grupos organizados que vendem droga? M: Tem... L: E que envolvem as crianças também? M: Sim.. È difícil è.. L: Então isso não acontecia antes? M: Não, não acontecia por causa que antes eles não fumavam assim no meio da rua, agora não, eles fumam na sua porta na sua frente.. L: Você acha que è perigoso morar aqui? M: Não eu acho que não, eu tenho quanto vinte anos que moro aqui, vão fazer vinte e um que moro aqui e graças a Deus nunca aconteceu nada com minha família nem comigo, eles saem duas horas da manhã e graças a Deus è tranquilo. L: Você tem carro? M: Ah não aqui o carro são as pernas. 204 L: È difícil sair com ônibus? M: Eh aqui de manhã se você vai pegar o ônibus a pirua vai ser pe ndurada, espremida, se a gente vai no hospital e vai pegar o ônibus no meio do caminho, passam três quatros e você não consegue pegar porque è muito cheio, se você vai voltar de tarde è mais sofrimento pegar uma pirua depois das três horas, estão todos voltando do trabalho e aí as piruas estão todas cheias. L: Os serviços como esgoto, água, eletricidade mudaram de quando você chegou? M: Já tinham.. L: Não tem problema de esgoto? M: Ah o esgoto filha è só aberto, è só aberto.. agora que estão arrumando isso aí, você viu essa obra que estão fazendo ali ne? Eh aí estão fazendo o esgoto, são quatro anos que estão meixendo disso ali, quantro anos.. è muito tempo ne.. L: Mas já teve pessoas que mudaram de casa? M: Ah já mudou a maioria, já mudou tudo já. L: Aqui vai mudar ainda mais? M: Eh aqui vão arrumar também.. L: Você vem aqui cada sábado? M: Ah eu venho è tão bom. Eh para pegar frutas verduras è muito bacana. L: E faz muito tempo que você vem pra cá? M: Acho que são dezesseis anos assim. L: Sim, a Monica começou dezessete anos atrás aqui.. M: Eh eu estava grávida dela e foi quando vinha cá mesmo, porque eles dão enxoval para as mães que estão grávidas ne, e foi naquela época para minha filha que agora fez dezessete anos e aí peguei para todos ne de lá para cá o e aí todas as semanas.. L: Tem outras Ongs como essa na Comunidade? M: Aqui tem muitas Ongs ne, mas onde ajudam mesmo onde eu me sirvo è essa mesma, è essa. Tem outra lá que è de escolinha ne, para reforço, mas os fins de semana, aqui não, tem a semana todinha, tem reforço na semana ne e sempre tem passeios para crianças e para mães também. Ela já levou a gente para a casa dela para jantar almoçar e os outros nunca fazem isso ne. Sabe ela levou a gente pra praia, nossa muito bom. Ela aluga um ônibus, sem pagar, tem lanche para comer no ônibus, 205 leva para comer lá e se for aniversário ela leva o bolo para cantar parabéns, eu falei que chique, maravilha ver o mar.. L: Então você está morando num apartamento agora e não vai trocar, está pagando um aluguel? M: È cêm mêses para a gente pagar a primeira parcela ne, mas è vinte e cinco anos a gente pagando, noventa e dois reais, eu não sei se com o tempo vai aumentar a mensalidade ou se vai ser só aquilo só. L: Depois dos vinte e cinco anos a casa è vossa? M: È.. L: Você acha uma boa coisa isso?Acha melhor morar ali? M: Eh não, eu gostaria de morar numa casa, mas o arquiteto que foi tirar daí falou que não dava casa não dava casa não dava casa ne, então eles dava oito mil reais ou cinco mil, com cinco mil você não compra nem uma caixa de fosso desenhada, você não compra mais ne, aí tinha o apartamento e pegamos o apartamento porque não dava pra comprar casa que casa está muito cara, está muito caro mesmo porque alugar dois com quatrocentos e cinquenta reais, então fiquei lá.. L: Estão falando que agora vão construir a linha do metrô e acho que os preços das casas vão subir ainda mais que agora.. M: Ehh, porque aqui vai chegar um tempo em que não vai ter mais casa só apartamentos. L: Você conhece algumas pessoas que não querem deixar a casa pro apartamento? M: Tem muitas.. L: Porque acha que não querem? M: Porque a maioria não tem assim como pagar ne, porque è muita coisa para pagar ne, è noventa e dois de prestação ne, o noventa e dois aí vem cinquenta e cinco, cinquenta e dois de gás por mês, aí vem a água, não tenho o preço certo da água, minha água já veio de vinte e cinco, cinquenta e cinco, sessenta e sete, o sessenta e sete eu não vou pagar porque eu não tenho a lavanderia lavo a roupa duas vezes por semana porque eu não sou de estragar, mas eu não vou pagar não, não paguei. A luz está ainda descontrolada, porque faz pouco que a gente chegou lá não fez a conta da luz por mim ainda, estou pensando na hora que vai chegar essa conta.. eh tem água 206 luz gás.. condomínio que paga quarenta que eu acho que è dinheiro perdido condomínio sabe.. L: Tem um guarda? M: È lá na portaria para abrir a porta. A maioria que è acostumada em morar aqui nunca pagou nada, e aí vai para um lugar onde tem que pagar muitas coisas filha, não querem deixar as casas por causa disso. Tem muita gente que já está vendendo apartamentos que não aguenta.. L: Está vendendo aqui na Comunidade? M: Gente de fora também, se conhecem gente de fora ou mora notro lugar vai lá e vendem. L: Eles não poderiam vender ne? M: A Prefeitura fala que não podem, mas podem sim, todo mundo vende. L: Eles fazem um contrato entre eles? M: Entre eles eu não sei não.. Então vendem para voltar nos barracos porque não aguentam. L: Você tem outro três filhos você falou? M: Tenho.. L: O que eles fazem? M: Tenho uma que foi namorar, mas namorado escondido, que eu falei com meu marido não ela tem que deixar porque hoje em dia começa namorar logo engravida, muitas engravidam que nem sabem quem è o pai, quem è o pai não sei.. então engravidou então tem uma menina, o pai ela sabe quem è mas ele sumiu por causa que ela está estudando, não vai sair de casa por causa que è muito nova, a gente não aprovontou que a gente vai abandonar porque è pior, eu falei você vai ficar até terminar de estudar, porque todas que saem de casa no começo todas que param de estudar, não falei vai esperar até terminar os estudos.. aí tem essa, a menina que o próximo ano acaba o estudo que dá muita ajuda na facultade, tem o menino que estuda e tem a menina que estuda. L: Aqui em Paraisópolis? M: Eh tudo em Paraisópolis. L: Quantos anos eles têm? M: A que tem a menenina tem dezessete, o André tem quinze, a Laura tem onze. 207 L: Como você passa seus dias, tem um grupo de mulheres de amigas? M: Eh tinha um grupo que era de fazer coisas.. aí não fui mais, não me meixi mais eh..è que aqui eu tinha minhas amigas e estava tudo mundo juntinho ne, mas lá fiquei preguiçosa, mas eu fazia era na quarta e na sexta, fazia atividade coisinhas ne, artenasato com a Nelsa, falou com você ne? L: Sim.. vocês vendiam depois as coisa? M: Eh se faziamos festinhas sim vendíamos. L: O que você fazia de artesanato? M: Ah nós fazíamos flores.. L: Como aquela que está ali? A Nelsa me mostrou, eu falei que também a minha mãe faz.. M: Ah ela faz? Aí nos fazíamos de todas cores ne, aí tapete.. muitas coisas.. e a noite tinham grupo de oração, no mês de maio todas as noites, a segunda feira ajudava o grupo do Coração de Jesus, tinha muitas pessoas mas como todo grupo separou essas coisas vão se afastando ne, porque ficando lá en cima tenho preguiça de descer para cá ne, eu tenho preguiça de descer e até subir. Mas è bom è divertido, e aqui tenho uma boa amizade ne, todas as amizades que eu encontrei aqui vinte anos atrás continuam com a mesma amizade, todo mundo, eh agora todo mundo se afastou porque cada um foi morar mais longe do outro, no mesmo bairro mas todo mundo mais longe do outro mas se se encontram uma alegria. L: Você nunca vai pelo centro da cidade? M: Não, eu foi no centro da cidade faz tanto tempo mas agora se eu for lá eu me perdo, não eu só vou se tenho alguma coisa para fazer ne, aí eu vou em tal lugar mas só.. se vou comprar uma coisa vou pro Santo Amaro porque tudo aqui è mais caro que em Santo Amaro então a gente procura lá que è mais barato.. L: Muito obrigada pelo tempo, foi muito interessante te conhecer.. M: Não sei se interessou alguma coisa que eu falei ne.. L: Claro tudo.. Eu vou estar aqui outras vezes, outros sábados se você quiser a gente pode falar outra vez. 208 Traduzione italiana: M: Sono venuta a vivere qui nel 1991, così è già da parecchio tempo eh, poi sono rimasta qui a vivere. L: Sei arrivata qui a Paraisópolis o da un’altra parte della città? M: No nel 1991 sono arrivata a Paraisópolis. Qui ci abitavo già da circa un anno. Così siamo venuti qui, mio marito conosceva un ragazzo che lavorava qui con mio cognato e stava vendendo una baracca, e così la comprammo per smettere di pagare l’affitto e così siamo rimasti e abbiamo iniziato a modificarla, poi iniziarono a spostare le persone e andammo in questi palazzi ma anche là non è che sia chissà cosa sai, è molto stretto, qui le bollette non le paghi, mentre là sì, la bombola del gas là.. qui io ci passavo un mese con la bombola, io non sono una che spreca, non lo uso tutti i giorni, e là spendevo venticinque reais solo per i fornelli. Non sono così i palazzi, hanno anche loro molti problemi di ingorghi, ma eccetto questo si sta tranquilli. L: Di dove sei? M: Sono di Paraíba. L: Sei arrivata da sola o con tuo marito? M: No sono venuta con i miei parenti erano già qui i miei fratelli mio cognato e così mi sono sposata là, mio padre era malato là e così miomarito è venuto per primo io rimasi là per curare mio padre e dopo mio marito mi mandò a chiama re e e così sono venuta qui. Sono venuta da sola ma avevo due fratelli qui, e ho avuto in tutto quattro figli tutto qui. L: Abiti qui vicino? M: Abito là nella via Dependentes, vicino all’Ama. L: Com’era qui quando sei arrivata, era molto diverso? M: Sì, a quell’epoca c’erano poche persone, in questa pianura qui contavamo casa per casa. Conoscevamo ogni vicino per nome e poi è cresciuta, cresciuta. L: Questa parte è più nuova? M: Sì, perchè stanno costruendo costruendo, ci saranno molte persone nuove, che vengono da altri quartieri e vengono qui. Ma vent’anni fa noi conoscevamo tutti, mi fermavo sempre, tutti conosciuti. Adesso ci sono molte persone diverse e gli amici degli anni passati si è allontanata, stanno vivendo da un’altra parte. 209 L: E dove vivono? M: No è sempre qui dentro, ma un po’ più lontano l’uno dall’altro. L: Com’erano le case prima? M: Ah baracche, c’erano di legno, di mattoni.. L: E sono cambiate nel tempo? M: Eh sì sono cambiate cambiate cambiate.. L: Sono state le persone a cambiarle? M: Sì, gli abitanti che costruivano.. L: Il Comune ha fatto qualcosa qui o niente? M: Il Comune sta facendo qualcosa adesso. L: Solo ora? M: Sì solo adesso. Hanno iniziato quattro anni fa qui. L: Che cosa stanno facendo? Stanno costruendo palazzi per le persone della Comunità? M: Sì.. ma ci sono anche molte persone di fuori che il Cdhu manda qui, non sono solo di qui ci sono anche molte persone di fuori. L: Stavano dicendo che ci sono molte persone che stanno chiamando i p arenti per venire qui dal Nord. M: Sì perché qui è così c’è l’abitudine di costruire case dove già c’erano, c’è un posto dove hanno già fatto quattro o cinque case. Così il Comune, ogni volta che il Comune viene, per funzionare tutti lo sanno eh, o chi ha costruito viene pagato o ottiene un appartamento. Nello stesso tempo ne sarà arrivato un altro che costruirà nello stesso posto, è così questo Comune di qui. È la Cdhu che vende gli appartamenti di qui. L: Tu vivi in una casa così? M: No adesso sono nei palazzi, ho già cambiato per andare là, prima vivevo qui in basso, ma ora vivo la in cima. L: Ti sta piacendo vivere là? M: Ah sì mi piace. L: Tua figlia vive con te? M: Sì. L: Hai altri figli? 210 M: Ho lei e altri tre. L: lei sta studiando vero? M: Sta finendo l’università. Grazie al cielo sta finendo, con tanti sforzi, tanto lavoro ma ce la sta facendo. L: Lei è l’unica che studia all’università o anche gli altri? M: No fino ad ora solo lei. L: Sta facendo un buon lavoro, anche qui.. M: Mm mm sì. L: Tu lavori? M: No adesso non sto lavorando, ho dei problemi di salute, io lavoravo giornalmente, per giorno. È così io lavoro per te due o più giorni alla settimana.. L: Pulizie? M: Eh sì pulizie.. Ho molto dolore alle ginocchia sono tutte gonfie e così le pulizie no. L: Eh si lavora tanto facendo le pulizie.. M: Eh io ho già lavorato tanto, ho lavorato tanto. L: Lavoravi qui vicino? M: Proprio qui dentro, ho lavorato anche nella città.. lavorando in casa, qui mi fa tutto male. L: Qui non c’è un ospedale? M: No.. siamo andati, faccio della ginnastica, ma mi volevano operare e io non voglio operarmi. L: All’inizio, quando sei arrivata qui, hai comprato una baracca? M: Ah ah.. L: Chi vendeva la baracca? Conoscevi quella persona? M: Eh erano tutte persone che vivevano qui, che già ci abitava e voleva andare a Bahia, lui aveva già la baracca che era piccolina, così quando sono arrivata qui avevo una terra piccolina, io mio marito e lei nemmeno ci stavamo in una casa così stretta. L: Era piccola eh? M: Sì, e poi è cresciuta, la baracca anche e così fu bello grande. L: Avete dovuto cercare qualcuno per farvela fare? 211 M: No perchè anticamente era così la gente arrivava, ancora oggi arriva, si sente il proprietario e così misuravano il pezzo e facevano. Ne abbiamo fatto uno bello grande e la famiglia cresceva cresceva.. L: Quanto hai pagato il terreno? M: Oh figlia nemmeno me lo ricordo più ma so che non era stato molto economico non a causa.. avevamo il salario di mio marito, c’era il mio che lavoravo per mese allora e il mio capo mi pece un prestito, nemmeno mi ricordo di quanto è stato. Io credo che venti anni fa fossero quattromila. L: E non era economico vero? M: Eh a quell’epoca era molto caro erano molti soldi. Io ho lavorato abbastanza per pagare il mio capo che mi prestò i soldi. L: Hai detto che hai lavorato anche fuori nella città vero? M: Sì, ho lavorato in una casa di famiglia, ho lavorato molto in case di famiglie, lì era per mese, tutto il giorno, avevo una padrona molto buona, ma poi aveva bisogno di una persona che dormisse là, io non potevo, mio marito restava da solo qui e io continuai a lavorare per giorno tre quattro volte alla settimana. L: La paga era abbastanza? M: Era cinquanta, sessanta... L: Alla settimana? M: Sì, settanta..l’ultima padrona, che era buonissima, lei pagava cinquanta reasi, che è poco ma lei era così buona che non..lei poi se n’è andata, il marito era ingegnere e lavorava lontano, così lavoravo solo due giorni, e adesso nessuno, ho molta voglia di lavorare ma non è possibile. L: Tuo marito lavora? M: Sì, lavora. L: Che cosa fa? M: Lui fa il guardiano di grandi cantieri, là a Pinheiro. L: Lavora di giorno? M: La notte, dalle sette alle sette. L: È da molto che lavora come guardiano? M: No, no lui aveva già lavorato nella sicurezza ma aveva smesso, e così ha trovato un’altra cosa. 212 L: E gli sta piacendo? M: Ah ti deve piacere figlia perchè il lavoro deve piacere, non puoi restare fermo. L: Ci sono molte persone che lavorano fuori dalla Comunità? M: Sì, la maggior parte. L: Chi lavora qui dentro che cosa fa? Non so che tipo di lavoro fanno, ad esempio ci sono negozi? M: Sì, ci sono ma non sono registrati, alcuni sì altri no. L: Così la maggior parte lavora fuori, tu sai che tipo di lavoro fanno? M: La maggior parte delle donne è domestica, qui a Morumbi, nella città, la maggior parte di loro. L: Lo stipendo è buono? M: Eh ci sono alcune padrone che ricnoscono il lavoro delle domestiche ma ce ne sono altre che non lo fanno, ci sono padrone che pagano seicento e altre no vecento, mille, mille e duecento. L: Seicento è poco? M: Eh seicento è poco figlia, ci sono molte padrone buone.. ci sono altre che addirittura ti devi portare da mangiare, ci sono padrone così. L: E quante ore lavorano? M: Almeno sette otto ore.. L: Pensi che è cambiata molto la Comunità da quando sei arrivata? M: Ah è cambiata tanto.. L: In cosa è cambiata? M: È cambiato tutto, è cresciuta troppo, molte persone, tutto quello che vuoi comprare c’è, farmacia, posta, mercato, guarda tutto quello che vuoi qui dentro lo trovi. Io ho notato anche delle cose che non dovevano succedere.. L: Come quali? M: Come la droga..molti bambini coinvolti.. L: Ci sono gruppi organizzati che vendono droga? M: Ci sono... L: Che coinvolgono anche i bambini? M: Sì.. È difficile.. L: Perciò questo non succedeva prima? 213 M: No, non succedeva col fatto che loro non fumavano così nel mezzo della strada, adesso no, loro fumano sulla tua porta davanti a te.. L: Pensa che è pericoloso vivere qui? M: No, io non credo, io sono qui da venti anni, farò ventuno, e grazie a Dio non mi è mai successo nulla alla mia famiglia nè a me, loro escono alle due di notte e grazie a Dio è tranquillo. L: Hai la macchina? M: Ah no qui la macchina sono le gambe. L: È difficile prendere l’autobus? M: Eh qui di mattina se vai a prendere l’autobus la navetta è pienissima, ti schiacciano, se dobbiamo andare all’ospedale e prendiamo l’autobus a metà strada, ne passano tre quattro e non si riesce a prenderla perchè è troppo piena, se torni di sere è ancora peggio, prendere l’autobus dopo le tre, stanno tutti tornando dal lavoro e le navette sono tutte piene. L: I servizi come le fognature, l’acqua, elettricità sono cambiati da quando sei arrivata? M: C’erano già.. L: Non ci sono problemi con la fogna? M: Ah la fogna figlia è solo aperta, è solo aperta.. adesso la stanno sistemando lì, tu hai visto i lavori che stanno facendo? Eh lì stanno facendo la fognatura, sono quattro anni che lavorano su quello, è molto tempo.. L: Ci sono state persone che hanno già dovuto cambiare casa? M: Ah sì, ha già cambiato la maggior parte, è già cambiato tutto. L: Qui cambierà ancora di più? M: Sì anche qui sistemeranno. L: Tu vieni qui ogni sabato? M: Ah sì vengo, è così bello. Per prendere la frutta le verdure,è bello. L: È da molto tempo che vieni qui? M: Credo che siano diciassette anni più o meno.. L: Sì, Monica ha iniziato diciassette anni fa qui. M: Eh io ero incinta di lei e fu quando venivo qui, perchè loro danno delle attrezzature per le donne incinte. 214 L: Ci sono altre Ong nella Comunità? M: Qui ce ne sono molte di Ongs, ma dove aiutano davvero dove vengo è proprio questa, è questa. Ce n’è un’altra là che è per le ripetizioni, ma è solo durante il fine settimana, invece qui è tutti i giorni, ci sono le ripetizioni per i bambini durante la settimana e si fanno sempre delle passeggiate, per i bambini e anche per le mamme. Lei ci ha già portato a casa sua, per pranzare là, cenare gli altri non lo fanno mai. Sai ci ha portate alla spiaggia, cavolo è stato molto bello. Lei affitta un autobus, c’è uno spuntino da mangiare in autobus, porta da mangiare se è il suo compleanno porta una torta per fare gli auguri, io ho detto che chic, che meraviglia vedere il mare. L: Così stai vivendo in un appartamento ora e non cambierai, stai pagando un affitto? M: Abbiamo cento mesi per pagare la prima parcella eh, ma paghiamo per venticinque anni, novantadue reais, io non so se con il tempo aumenterà la mensilità o se sarà solamente quello. L: Dopo i venticinque anni la casa è vostra? M: Sì.. L: Tu credi che sia una cosa buona? Preferisci abitare lì? M: Eh no a me piacerebbe vivere in una casa, ma l’architetto che è venuto per farci uscire dalla casa disse che non dava case non dava case non dava case eh, così davano ottomila reais o cinquemila, con cinquemila reais tu non compri nemmeno un pozzo disegnato.. così c’era l’appartamento e abbiamo preso l’appartamento perché non era possibile comprare una casa perché le case sono molto care, è proprio caro perché affittarne due per quattrocentocinquanta reais.. così rimasi là.. L: Stanno dicendo che costruiranno la linea della metro e credo che i prezzi delle case saliranno ancora di più. M: Ehh perché qui arriverà un tempo in cui non ci saranno più case ma solo appartamenti.. L: Conosci delle persone che non vogliono lasciare le case per l’appartamento? M: Ce ne sono molte.. L: Perchè credi che non vogliono? M: Perchè la maggior parte non sa come pagare, perchè ci sono molte cose da pagare novantadue di rata eh, novantadue e poi i cinquantacinque o cinquantadue del gas al mese, poi c’è l’acqua, non ho il prezzo preciso dell’acqua, la mia acqua è già arrivata 215 di venticinque, cinquantacinque, sessantasette, i sessantasette non li pago perché non ho la lavanderia lavo i vestiti due volte alla settimana perché non sono una che spreca, ma non pagherò di certo, non ho pagato. La luce non è ancora controllata, perché è da poco che siamo arrivati là, non ha ancora fatto il conto della luce per me, sto pensando al momento in cui arriverà questa luce. Eh ci sono acqua luce gas.. condominio che si paga quaranta che io trovo che siano soldi buttati il condominio sai.. L: C’è un guardiano? M: È lá alla portineria per aprire la porta. La maggior parte che è abituata a vivere qui non ha mai pagato nulla, e così vai in un posto dove devi pagare molte cose figlia, non vogliono lasciare le case per questo. Ci sono molti che stanno già vendendo gli appartamenti perché non ce la fanno. L: Stanno vendendo qui nella Comunità? M: Anche a persone di fuori, se conoscono persone di fuori o che vivono in un altro posto vanno là e vendono. L: Non potrebbero vendere vero? M: Il Comune dice di no, ma sì che possono, tutti vendono. L: Fanno un contratto tra di loro? M: Tra di loro non lo so.. così vendono per tornare nelle baracche perché non ce la fanno. L: Mi hai detto che hai altri figli vero? M: Sì. L: Che cosa fanno? M: Ne ho una che si è fidanzata, ma un fidanzato segreto, che io dissi a mio marito no lei lo deve lasciare perchè oggi como oggi si inna morano e rimangono incinta, molte rimangono incinte che nemmeno sanno chi è il padre, chi è il padre non lo so.. così lei rimase incinta allora abbiamo una bambina, il papà sa chi è ma è sparito perché lei sta studiando, non uscirai di casa perché sei molto giovane, non abbiamo approvato perché abbandonare sarebbe peggio, ho detto tu resti e finisci gli studi, perché tutte quelle che escono di casa smettono tutte di studiare, no aspetti fino a quando non avrai finito.. così c’è lei, la ragazza che il prossimo anno si laurea che aiuta molto in facoltà, poi c’è il ragazzo che studia e un’altra ragazzina che studia. 216 L: Qui a Paraisópolis? M: Sì tutto qui a Paraisópolis. L: Quanti anni anno? M: Quella che ha la bambina ne ha diciassette, André quindici e Laura undici. L: Come passi i tuoi giorni, hai un gruppo con le donne con le amiche? M: Avevo un gruppo che faceva artigianato, poi non ci sono più andata, non ho più partecipato.. è che qui (Grotão) avevo le mie amiche ed eravamo tutti insieme eh, ma là sono diventata pigra, ma lo facevo, era di mercoledì e di venerdì, facevo delle attività cosine eh, artigianato con Nelsa, ha parlato con te vero? L: Sì.. voi vendevate le cose? M: Eh se facevamo delle feste vendevamo. L: Che cosa facevi di artigianale? M: Ah facevamo dei fiori.. L: Como quelli là? Me li ha mostrati Nelsa, gli ho detto che anche mia mamma li fa.. M: Ah lei li fa? Così noi facevamo cose di tutti i colori, poi tappeti..molte cose.. e la sera avevamo il gruppo di preghiera, nel mese di maggio tutte le sere, il lunedì aiutavo il gruppo Coração de Jesus, c’erano molte persone, ma siccome il gruppo si separò queste cose si allontanano eh, perché stando là sopra,mi impigrisco a scendere qui eh, mi impigrisco a scendere figurati a salire. Ma va bene è divertente, e qui ho una buona amicizia eh, tutte le amicizie che feci qui vent’anni fa continuano nello stesso modo, tutti, e adesso ci siamo tutti allontanati perché ognuno è andato a vivere più lontano dall’altro, nello stesso quartiere ma tutti più lontani dagli altri, ma se ci incontriamo è un’allegria. L: Tu vai mai al centro della città? M: No, ci sono andata tanto tempo fa se ci dovessi andare ora mi perderei, no solo se ho qualcosa da fare, allora vado in un posto specifico, ma se devo comprare qualcosa vado a Santo Amaro perchè è tutto più caro qui rispetto a Santo Amato, là è più economico. L: Ti ringrazio molto per il tuo tempo, è stato molto bello conoscerti. M: Non so se ti ha interessato qualcosa che ho detto.. L: Certo che sì, tutto.. Sarò qui altre volte, altri sabati e se vuoi possiamo parlare un’altra volta. 217 d) Intervista con Luana (16/06/12) Contesto dell’intervista: cortile esterno alla Ong, conversazione informale mentre aspettavamo di iniziare le attività con i bambini. Durata dell’intervista: 00:10:05. L: Você nasceu aqui em Paraisópolis? LU: Sim nasci aqui. L: Você gosta de morar aqui? LU: Eu gosto sim, antes a gente morava aqui em baixo, perto da Ong, agora estamos nos predios. L: Está gostando de morar lá ou preferia morar aqui? LU: Estou gostando mas gostava mais aqui, estou com saudade da minha casa, era maior e eu cresci ali. Era diferente. Estamos pensando com amigos de invadir de novo aqui nessa parte.. L: Você quer ficar aqui em Paraisópolis? Não quer buscar em outro lugar? LU: Sim sim, não quero sair não eu gosto de morar aqui e quero morar perto da minha mãe, não quero me afastar. L: Entendi. Você está estudando pedagogia na Universidade ne? E quase está acabando? LU: Sim, falta pouco. L: E depois? Quer trabalhar onde? LU: Aqui mesmo, na Ong, na Comunidade. Traduzione italiana: L: Sei nata qui a Paraisópolis? LU: Sì, sono nata qui. L: Ti piace vivere qui? LU: Sì, mi piace, prima abitavamo qui sotto, vicino alla Ong, adesso siamo dei palazzi. L: Ti sta piacendo vivere là o preferivi qui? 218 LU: Mi piace, ma mi piaceva di più qui, mi manca la mia casa, era più grande e ci sono cresciuta. Era diverso. Sto pensando con degli amici di invadere di nuovo questa parte.. L: Tu vuoi restare qui a Paraisópolis? Non vuoi cercare da un’altra parte? LU: Sì,sì, non voglio andare via di qui mi piace vivere qui e voglio vivere vicino a mia madre, non mi voglio allontanare. L: Ho capito. Tu stai studiando pedagogia all’università vero? E stai quasi finendo? LU: Sì, manca poco. L: E dopo? Dove vuoi lavorare? LU: Proprio qui, alla Ong, nella Comunità. e) Intervista con Maria Te resa Diniz (19/06/12) Contesto dell’intervista: Uffici della Secretaria da Habitação del Comune di São Paulo, sezione Heliópolis e Paraisópolis. Durata dell’intervista: 00:47:55. L: Quanto tempo faz que você trabalha com os projetos de Paraisópolis? M: Desde 2005, quando começou a gente estava terminando uma primera etapa de projetos e preparava a primera solicitação de obras e foi publicado em julio de 2005, então desde do começo de 2005 que eu trabalho com Paraisópolis. L: Antes você trabalhava aqui mesmo? M: Não, eu não estava na Prefeitura, estava morando fora que eu fiz o meu mestrado fora, então tinha chegado em Brasil e vim trabalhar aqui. L: Você è arquiteta? M: Sou, sou arquiteta urbanista e fiz o mestrado em geografia. L: Você escolheu Paraisópolis? M: Não fui eu que escolhi, foi a propria sovrintendente que precisava de alguém que quidasse de Paraisópolis, pediu que eu cuidasse de Paraisópolis desde o começo. L: Quando a Prefeitura começou os projetos de urbanização e regularização de Paraisópolis? M: O primeiro contrato de obras que existiu para Paraisópolis que tinha habitação e.. tinha pouca habitação era mais urbanização que a gente não tinha terreno ainda suficiente foi em 2005, antes disso nunca tinha tido obras da Prefeitura em 219 Paraisópolis e aí as obras começaram mesmo depois do periodo de licitação começaram em julio de 2006. L: Que projetos eram, construir predios? M: Não, quando a gente entrou no começo de 2005, existia um projeto que vinha sendo desenvolvido pela gestão anterior que a gente revisou porque ele tinha um percentual de remoção muito alto, ele removia 30% das famílias, então a gente revisou para minimizar as remoções, mantendo as famílias o mais possível nas suas casas ne que è uma das diretrizes do programa de urbanização, conseguimos reducir essa taixa para 12% de remoções, remoções e reassentamento ne. Então a gente prevê que até o final do programa a gente vai ter três mil e quatrocentos famílias que vão ser reassentadas que não vão continuar, e o restante vai continuar nas suas casas. L: E as pessoas que não ficam nas casas delas? M: Elas vão para os predios que foram construido por nós. L: E tem um projeto de construir casas também? M: Casas muito pouco, porque a gente não tem terreno suficiente para fazer baixa densidade, precisa adensar os terrenos. L: Então a linha da Prefeitura agora è de manter um pouco a favela como è, de não tirar as famílias? M: Sim, esse tipo de programa começou quando existia na época dos noventa, noventa e quatro, o programa Guarapiranga, você já ouvi falar? Foi o primeiro grande programa de urbanização de favelas da Prefeitura de São Paulo, na mesma época, foi um pouquinho antes, mas foi no mesmo periodo do Favela Bairro no Rio de Janeiro de grande escala ne, então o Guarapiranga urbanizou mais de cem favelas e tal. Daí ficou um pouco de lado na Prefeitura não era mais de grande prioridade para a gestão anterior e aí em 2005 foi retomado com grande força. De 2005 para cá a gente tem um setenta e cinco favelas que estão sendo urbanizadas na cidade, são 82.000 familias no programa de favelas e 75.000 familias no programa mananciais que è o Guarapiranga Billings, que è um pouquinho diferente, as diretrizes dos programa são parecidas mas tem um enfoque ambiental mais pesado ne, então Paraisópolis è uma dessas setenta e cinco areas. L: Quantas favelas tem em São Paulo? 220 M: São 1060 favelas mais ou menos e 1006 loteamento irregulares, è o 30% da população da cidade. É muito.. mas tem graus diferentes ne de precariedade, não significa que todos estão em condições horríveis de infra-estrutura ou de risco, tem algumas que só precisam de algumas coisinhas pequenas para se tornar regular. L: Precisam também de regularizar as casas o no? M: Quando a Prefeitura vai entrar nas obras a gente cadastra famílias, faz a obra de urbanização depois ela vai para o programa de regularização fundiaria para dar o título de posse, a propriedade para as famílias e isso faz parte do programa. L: Tem muitos terrenos? M: Tem, tem muitos, a maioria è pequena, tanto è que são 800.000 domicilios em assentamentos precarios em São Paulo. A gente está trabalhando com 150/160.000 famílias, dos 800.000 a gente està trabalhando com 160 mil, então a gente pegou as maiores com prioridade. L: Os projetos de urbanização e regularização demoram muito em acabar? M: São obras lentas, dependendo do tamanho da comunidade tipo Paraisópolis ne, envolve remoções de famílias, famílias tem que achar um aluguel, elas ficam numa casa em aluguel em quanto você constrõe as unidades, então são obras que não são muito ageis, porque envolve remoções de famílias. Mas depende da área, tem á reas que as obras duram um dois anos, áreas menores, Paraisópolis já está com seis anos de obra, ainda falta um ou dois anos para terminar então, não è tão rapido assim mas está bem concentrado ne. L: Agora em Paraisópolis a que punto chegou a regularização? M: Quando a gente entrou em 2006 na obra, a gente tinha 16% de esgoto e 52% de água, obras de infra-estrutura ne de saneamento. Hoje a gente tem 75% de esgoto e 85% de água então já está quase no final, já melhorou bastante, a gente já entregou mais ou menos metade das unidades habitacionais e estamos construindo a outra metade. L: Onde você construiram? M: A gente tem uma parte que è dentro da Comunidade, nos arredores ne, dentro da Comunidade nos lotes bases que a gente tinha que recebeu em doação os desapropiou, e tem também conjuntos que ficam próximos de Paraisópolis mas ficam fora, o Cdhu o Governo do Estado que está fazendo. Ficam a três cinco km de 221 Paraisópolis então não è muito longe mas não è dentro, não tem terreno suficiente para fazer tudo lá mesmo. L: Como o povo da favela está envolvido nos projetos? M: Ah è super envolvido. A gente tem.. no começo, os dois três primeiros anos a gente fazia muitas reuniões na Comunidade, conseguir a credibilidade foi difícil, porque eles vinham de varios governos que prometiam que iam fazer obras e nunca faziam de fato, então a gente chegou a fazer por ano mil reuniões por ano, mais cinco mil atendimentos por ano para o plantal social, para atendimento individuais de pessoas que vão lá para tirar duvidas com assistentes sociais. Agora realmente o foco na conversação è muito grande porque à precisavam porque eles não acreditavam que a gente ia fazer unidades lá mesmo, tinha aquele boato que iam a mover todo mundo, então è cumplicado. Mas hoje em dia eles estão super envolvidos, tem um Conselho Gestor que tem reuniões, ontem a noite teve o Conselho Gestor do Jardim Colombo.. Eles são super participativos, è bem legal. Aí tem o Forum Multientidades que todos mêses também tem reuniões com as O ngs e com os outros parceiros que trabalham lá na Comunidade então.. tem facebook o dia inteiro, trocando mensajens, eles mandam muitas coisas e o site Paraisópolis.org que è também muito ativo. L: O que você acha do que eles acham dos projetos? M: Eles?.. eu acho, no começo acho que eles tinham muito medo dos projetos e hoje eles conseguem em chegar aqui, eles tinham medo dos projetos que tinham feitos como Cingapura, que o trabalho público não fosse tão.. è um trabalho feito construido todo com eles então o arquiteto faz o projeto, leva na Comunidade, eles falam que eles gostaram, que eles não gostaram, a gente vai mudar, a gente ajuda, ajusta, por esemplo a gente queria fazer o ginásio vertical lá pelo esporte que a Comunidade pediu que mudasse.. L: Aquilo no Grotão? M: Isso.. vai ser uma Escola de Música porque eles pediram para mudar porque tinha mas a ver com aquilo que eles queriam como o perfíl da Comunidade. A gente está sempre ajustando ne a demanda do que eles pedem sendo possível logico as vezes nao dá. 222 L: Não sei o que achei è que as vezes eles estão sufrindo a mudança do ambiente da Comunidade, tudo ficava perto, tinha lojas as casinhas.. Alguns me falou que nos predios ficam todos separados, fechados em casa. M: È um outro estilo de vida ne pros que vão pros predios ne, mas è a menoria, a maioria, 90% vai ficar na propia casa ne, então è inevitável também não remover ninguém não dá porque tem área de risco, então eles precisam realmente ir por outro lugar e outro lugar lá dentro mesmo na Comunidade. A gente tentou em Paraisópolis criar uso misto, então foi o primeiro projeto aqui da Sehab que a gente incluiu comerços. Que eles agora vão começar mudajens, a gente está discutindo com a equipe social os tipos de comerços que sao adecuados para não dar conflitos ne com predios. Eles vão começar abrir comerços, não sei se você viu que tem un espaço em baixo nos predios laranjas que são isolados, lá vai ter comerço no térreo, tem quarenta lojas já construidas, que são para as pessoas que tinham comerços e foram removidas e aí o cadastro amarrado para elas ter apartamentos e continuando tendo comerços que era fonte de subsistência e aí a gente fez a Creche que também não è normal a Sehab fazer, a gente fez a Ama o UBS e Caps que são postos de saúde e cada predio tem um programa de equipamento público diferente então com acceso independente. Então tem o condomínio A ele tem a sala de música e de dança o condomínio B vai ter um Telecentro que já foi construido, vai agora organizar o acceso. O condomínio C vai ter uma biblioteca e o condomínio G vai ter um Cras ou o Ue que è um ponto de referência para assistência social. Então a gente procurou mesclar outros usos para não ficar naquela coisa monofuncional, monotematica, só habitação, mesmo estando do lado da Comunidade que tem todos os serviços que eles precisa ne, mas a gente quis também nessa parte do tecido urbano que a gente tivesse uso misto, antes era proibido, a caixa não aceitava e a gente peitou e brigou e quis fazer. Eu acho que foi um ganho muito bom. Vendo a necesidades.. L: O terreno de Paraisópolis è particular? M: É, è um loteamento da década de vinte que foi invadido a partir dos anos sessenta, foi ocupado pouco a pouco nos anos setenta e oitenta, quando teve o boom mesmo da ocupação e a gente quando entrou para começar o processo de obras junto com o processo de regularização fundiaria a gente não tinha terrenos públicos dentro de Paraisópolis, a gente não podia fazer reassentamentos construir apartamentos 223 novos para nossas remoções então a gente seguiu dois caminhos, um foi o da desapropriação, comprar terrenos quando tinha áreas grandes vazias que è onde estão os predios hoje que a gente comprou, a Prefeitura com o valor do mercado comprou e tal. L: Dos donos? M: Eram donos diferentes, originais eh. Na verdade não eram esses os donos originais eram áreas grandes que eram meio fazendinhas que as pessoas não tinham comprado, eles ganharam por uso capião, eles são latifundios. A gente entrou também com o processo de decreto de doação dos terrenos, então os proprietarios antigos não tinham mais interesse em continuar com seus terrenos ou que tinham dívidas altas porque pararam de pagar o Iptu e tal e todos os impostos, ou que não pararam de pagar mas não tinham mais interesse em ficar com os terrenos eles poderiam doar a área pela Prefeitura em troca de perdão da dívida ou de uma transferência do potencial construtivo, então um potencial que eles podem fazer naquela área podia se transferir para outras áreas da cidade, fazer andares mais em áreas valorizadas da cidade. Então a gente recebeu diversos terrenos em doação os que eram terrenos vazios, eles viraram terrenos para habitação, novos, e os terrenos ocupados vieram para a gente fazer regularização fundiaria e entregar títulos para as famílias. Isso è um decreto que só existe para Paraisópolis è especifico. Porque a maioria è particular, super complexa exigiu instrumentos juridicos especificos, antes não tinha como regularizar. L: Agora eles vão ter o posse da terra? M: Sim, já começou o processo de regularização, existem varios instrumentos, não tem uma solução única para Paraisópolis, è muito complicado, então a gente vai ter concessão de uso especial, a gente vai ter demarcação urbanistica, a gente tem o uso capião, tem varias, vai ser quadra a quadra. L: Porque isso? M: Porque as origens da área são lotes diferentes, então na mesma quadra você tem lotes que são públicos, lotes que são privados, lotes que as pessoas já entraram por uso capião, então você tem que ver qual que è o instrumento melhor para qual pedazo, è complexo. L: Quantas pessoas moram em Paraisópolis? 224 M: Hoje sessenta mil, em três Comunidades, a gente trabalha com Paraisópolis, Jardim Colombo e Porto Seguro, porque as vezes fazem parte do mesmo loteamento que se chamava “loteamento Paraisópolis”, então nessas três somadas a gente tem sessenta mil pessoas, Paraisópolis è a maior. L: Já mudou muito a Comunidade do começo? M: Já, já e è engraçado ver as mudanças assima das.. especialmentes as discussões sabe das reuniões, quando a gente começou era habitação, habitação habitação habitação, juntinho a que não sabiam quem a gente fosse, que a gente não conhece por causa de habitação, porque eles não estavam vendo ainda predios sair do chão, ainda estava com projetos, então não acreditavam, brigavam brigavam pela habitação, depois passou uma fase que eles queriam uma escola, Creche e tal, a briga era essa e saúde e aí a gente coseguiu construir, 70% das vagas de escola que existem hoje em Paraisópolis foram feitas nessa gestão, a gente fez muitas escolas e ainda vai fazer mais. Tem o Ceu o, tem um monte de escolas. Aí hoje em dia já a discussão tem a fase de trânsito dos congestiomentos internos de estacionamentos e tal que a gente conseguiu melhorar, ajustou parcialmente a circulação viaria, o mão contramão, não estã perfeito ainda, mas já organizou bem e aí quando a obra tiver terminado a gente vai permitir entrar com a fase final da circulação. E agora tem uma discussão muito legal que è uma discussão de calçadas, que acho muito legal, deles pedirem para organizar as calçadas, que antes a gente tentava organizar e eles não deixavam e agora eles já viram a importância do pedestres, não necesariamente de ter calçadas, mas de fazer um desenho urbano que seja confortável e seguro prioritariamente pro pedestre e não pro carro, então è muito legal, você vê a evolução das prioridades exatamente. Agora que já conseguiu habitação, escolas, saúde aí que mais que eles vão querendo. Vai ter o metrô que também foi uma luta da Comunidade, grande ne, que vai ter agora, monotrilho que vai passar pela avenida Perimetral, vai ter duas estações em Paraisópolis, então são lutas sucessivas ne, mas è uma Comunidade que mudou muito num prazo de tempo muito curto em comparação com outras densidades. L: Você acha que eles são unidos como Comunidade? M: Mm mais ou menos, è uma Comunidade muito grande ne, então è difícil você analizar que são representatividades, e quem que enxerga, os Presidente dos 225 moradores por esemplo que è um leader que eles confiam que representa o que eles moradores querem de verdade isso è um pouco difícil avaliar, mas claro que a união dos moradores como instituição como orgão lá dentro è a mais considerada pela população, com certeza, cada um tem uma,o Colombo tem.. e agora vai ter o processo eleitoral, tal vez seja interessante para você acompanhar deve ser engraçado. Eles já começaram fazer, tem tudo lá como uma eleição normal, muito engraçado. L: Tem muitas O ngs em Paraisópolis? M: Tem.. L: Eu ia ajudar na Casa da Amizade no Grotão, não sei se tem outras. M: Muitas, um monte, tem muitas. No site Paraisópolis.org tem uma tabela das Ongs, depois dá uma olhada foi a gente que fez, a Sehab que fez a tabela, a gente está até atualizando-a agora porque a gente começou um projeto lá dentro menor do programa de urbanização que è o caminho escolar, então a gente está estudando trajetos das crianças, quais são os trajetos mais, com mais fluxo de crianças para ir para escola e estamos melhorando esses caminhos para deixar os caminhos mais seguros do ponto de vista do trânsito, também de segurança pública que alguém vigie se a criaça passou voltou sumiu sabe então è um projeto legal. Você conhece o nosso Plano Municipal da Habitação? Seria legal você dar uma lida no site, você conhece o site da Sabisp? Deja ver se eu tenho a publicação aqui. No Habisp tem uma sessão que se chama documentos, nessa sessão você tem planos, textos dos planos que seria bom você dar uma lida, então nosso plano ele vai de 2009 a 2024, a gente levantou todas as Comunidades, qual perímetro, qual população, percentual de infra-estrutura, água, esgoto, drenajem, áreas de risco geotécnico, vulnerabilidade social e indices de saúde de todas as Comunidades de São Paulo, das 1060 favelas ecc, desenhou isso num sistema, então hoje já tem um sistema de informações geograficas que è o Habisp. E aí em cima dessas informações de cada assentamentos a gente montou um sistema de priorização, então a gente sabe quais são as áreas que precisam de obras primeiro e quais são que podem esperar mais que não estão en situações tão grave e a gente agrupou por basis hidrográficas, então a gente sabe quais são por causa do saneamento e drenajem as obras, que seja de um jeito integrado, então a gente sabe 226 quais são as prioridades de obras na cidade e se for dividido no tempo até 2024, a gente tem tudo planejado a ordem a sequência de obras e tal.. L: Esses projetos são do País enteiro ou dependem do Estado? M: A gente tem o Plano Municipal que fala como que a cidade planejou que está alinhado com o plano estadual e com o plano nacional. O nosso plano foi pronto primeiro mas a gente estava participando com todas as discussões com o Estado e com o Nacional para fazer se casar. E o Plano Municipal de Habitação está todo integrado com o Plano Municipal de Saneamento também por causa do que as obras estão todas relacionadas. Mas cada instância tem seus programas diferentes, por esemplo a gente sempre sabe o que tem que fazer porque è a gente que domina o nosso territorio o municipio então vai urbanizar por esemplo Paraisópolis aí a gente vai atrás de recursos que a Prefeitura tudo sozinha não dá conta de pagar, vai atrás de recursos do Pac, do Cdhu, busca convenhos para repasse, ou busca que a Cdhu faça unidades e a gente tinha demandas de remoções nossa.. porque no Brasil pela construição, habitação è uma competência dos três nível de governo não è só do município. L: Você acha que as políticas habitacionais dependem um pouco da política mesma? M: Não deveria, não deveria, tanto è que a gente montou um plano eleitor um plano super técnico, se você entra lá são todas pesquisas que você sentir ne teve agência pública, miliares, mais de cinquenta agências públicas sobre o plano em todas as unidades da cidade. Foi a gente que montou um projeto de lei e enviou para a câmera, porque a gente quer que o plano, que ele seja mantido, ele vai ter que ter revisões sempre de atualização, mas a gente acha que isso não deveria mudar com o próximo governo, deve ser implementado não ficando mudando o plano toda hora. L: Isso aconteceu no passado? M: Não tinha ne antes, è a gente que fez, o primeiro plano que a cidade teve è atendimento a toda a cidade, todas as favelas da cidade, lá tem qual programa por quanto tempo, se è uma remoção total porque è uma área contaminada ou se è uma área que dá para urbanizar então os riscos são prioridades, tudo isso já está descrito no plano com detalhes, tem uma tabela super detalhada de quanto custa cada obra estimativa, já está tudo planejado. L: Isso antes não tinha? 227 M: Não, não tinha. L: E a Prefeitura fazia coisas para as favelas? M: Faziam obras, mas era meio aleatorio, aí não sei quem diz que a favela tal precisa urbanizar. L: Isso porque não tinha um plano comum ne? M: Isso aconteceu com a gente, a gente até o final da década dos noventa da época do Maluf começou o Cingapura aqui em São Paulo e na cidade construiu 22.000 apartamentos identicos que são os cingapures. O Cingapura tem as vantagem dele não acho que seja um projeto ruim como arquitetura, mas como urbanismo è horrível porque eles não tem nenhuma relação com a cidade com o chão, com as ruas sabe, ele posa no chão e a favela em volta, não tem um tratamento sabe do urbanismo, não tem nenhum olhar pro urbanismo, desenho urbano e aí quando começou em 2005 essa primeira gestão do Serra Kassab, a diretriz da secretaria falou que não ia fazer mais Cingapura, nós vamos contratar arquitetos que desenvolvam projetos especificos para cada Comunidade para cada terreno ne, que sejam adecuados para cada perfíl de cada lugar. E aí a gente sofreu muito no começo, porque a Prefeitura estava acostumada em fazer Cingapura então não tinha diretrizes de projeto, então o arquiteto começava projetar mas não sabia o que a P refeitura como cliente queria que ele projetasse, então a gente criou um grupo de projetos em 2009 e escreveu as diretrizes do projeto para a edificação e agora estamos terminando a parte de urbanização de favelas a parte de infra-estruturas de urbanismo, tem um padrão são requerimentos mínimos de qualidade que a gente exige como Prefeitura, depois cada área tem suas características. L: Foi um trabalho difícil? M: Muito difícil esse trabalho, muito difícil, eu cordeno esse trabalho aqui na Sehab então foram varios workshops internos com os asistentes socias os engenheiros os arquitetos, todo mundo discutiu para construir pesquisas, a sistematização do que a gente vinha fazendo, o que a gente ia fazendo não estava tendo documentada porque a gente não tinha tempo, aquela coisa de fazer a obra mais importante então está sendo um trabalho muito rico, difícil, importante também. L: A maioria das pessoas de Paraisópolis vem do Nordeste? 228 M: Não è verdade, existe este mantra assim ne, a gente quando fez a pesquisa em 2005 tinha muitas pessoas de Minas Gerais, muitas do Paraná, tem também do Nordeste, mas não è a maioria assim, tem bastante mas se você for olhar cada Estado isoladamente não è tão diferente assim não. L: Você acha que eles vêm para buscar trabalho? M: Vieram ne, hoje em dia já está estabilizada, não tem mais migração, parou, isto nos anos setenta, oitenta, hoje em dia a taixa migratoria no País è muito baixa, o que tem de gentes mudando para cidades, eles estão indo mais pra cidades da região metropolitana de São Paulo não para a capital porque não tem mais terreno disponível ne em São Paulo então. Tem um livro muito interessante não sei se você conhece da Marta Dora Gronstein, vae a pena você dar uma olhada esse livro è muito bom se chama São Paulo metrópole, a capa vermelha da prensa oficial, ela è arquiteta urbanista, fala dos fenómenos das macrometrópolis, entre metrópoles não entre cidades mais, um fenómeno meio louco. L: Na Comunidade tem pessoas que não querem reformas? M: Ah sempre tem ne, tem.. eu acho que contra a urbanização como melhoria dos passos infra-estruturas ninguém è contra, mas tem gente que tem.. porque è uma relação afetiva muito forte com a casa, e o cara gastou vinte trinta anos com muitas dificuldades muitos esforços construindo a casa então as vezes quando você tem que remover aquela casa não è.. entrar morar em cinquenta metros quadros è cumplicado, porque as vezes a casa que eles tem è maior ne. Quem está em situações muito precarias dentro do corrego em área de risco, esses normalmente não oferecem resistência em ir para apartamentos e tal por causa do que os apartamentos são muito bons, já visitou? È legal dentro.. L: Visitei sim, cada um è de cinquenta metros? São todos iguais ou depende do número das pessoas? M: Eh cinquenta metros, a maioria.. não, hoje em dia nos projetos mais novos a gente tem adecuado, a gente está fazendo apartamentos de um dois três dormitorios, que são adecuados ao perfíl do tamanho da família, foi uma evolução já dos programas nossos, mas lá em Paraisópolis não, no caso de famílias muito grandes aí o assistente social faz um estudo de caso para ver se è possível de desdobrar famílias em dois apartamentos, dar outra solução para outro lugar, aí è conversar caso a caso. 229 Mas as famílias lá em Paraisópolis è de três, quatro pessoas por domicílios não è muito grande. L: Ouvi falar que tem pessoas que pegam o apartamento depois não aguentam ficar lá e vendem o apartamento, antes dos vinte anos. M: Isso já aconteceu, em Paraisópolis eu ainda não tenho nenhum caso desses relatado, com esses apartamentos novos que tem qualidade, com esses isso acontence bem menos, antes com o Cingapura acontecia mais, vender o apartamento antes de ter terminado de pagar è proibido, não pode, tanto que a Prefeitura tem que ir para fazer a devolução da obra para dar a famílias de baixa renda que estão na fila. Eles vendem por valores altos as vezes ne e a família fica morando irregularmente, è cumplicado esse assunto, mas isso não tem.. outro dia fizeram um escandalo no primeiro condomínio que a gente fez em Paraisápolis, ah que todo mundo vendeu, è um predio da Cdhu, a Cdhu foi lá fez uma pesquisa e tinha 1% de venda sabe, se todo mundo vendeu as vezes è todo fofoca por falas assim sem dados científicos, isso não è muito alto, no passado já foi, hoje não è o valor è baixo eles pagam setenta e seis reais eu acho lá por mês, è altamente subsidiado ne, você tem que trabalhar um dia por mês e o paga ne. L: Também ouvi falar de pessoas que ocupam de novo parte da Comunidade para ter um apartamento. M: Não isso não pode porque a gente tem todo o banco de dados, inclusive com composição familiares. Pode ser que alguém ocupe querendo isso mas não consegue. L: Mas acontece que alguém ocupe novos terrenos? M: Acontece, as vezes a gente tirou as famílias, está pagando aluguel em vez de pagar ela constrõe outro barraco e aí a gente descobre, vai lá conversa fala que não pode, que tem que usar o dinheiro do aluguel para alugar uma casa não para invadir outra área ne, as vezes acontece, mas não è muito comum, mas as vezes acontece. Mas duplo atendimento isso não existe, inclusive a gente checa não só o Banco de dados da Prefeitura mas também da Cdhu do Governo do Estado e da Caixa, então não existe a possibilidade de ser atentido duas vezes, nem no programa do Governo. L: Você sabe onde fica a Casa da Amizade, será ali que vão construir a Escola da Música? 230 M: Eh não, não è ali è mais para frente, lá naquela ruizinha que a gente abriu, è lá no fundo, ali aquela área de risco vai ser removida ne, aquele setor ali atrás, fica bem ruim lá eh, ali vai ter um parque, um projeto de um parque com umas rampas em zig zag, e vai ter um Pavilhão Social, não sei se você viu o projeto. que está projetado para abrigar algumas O ngs que a gente removeu ou alguns outros tipos de trabalhos sociais, tem uma Ong por esemplo que faz cursinho para vestibular, então tem alguns programas sociais assim que a gente está criando lá. L: Sua opinião sobre a Comunidade de Paraisópolis? M: O que eu acho mais legal de Paraisópolis è essa coisa do empreendedorismo assim nas ruas, da vida urbana muito ativa, dos serviços, de tudo o que você pode encontrar lá dentro mesmo sem precisar de sair de Paraisópolis para sentir que você está numa cidade, sabe as pessoas acham que morar em Paraisópolis, sabe pessoas digo assim de classe media que não conhece, que è uma vida triste deprimida, mas não tem nada disso ne, eles adoram morar lá e não querem sair de lá porque a vida lá è o contrário de uma vida na cidade formal, você anda na rua e a rua è o lugar mais animado de Paraisópolis, você anda na rua no Jardins de noite não tem ninguém na rua, dá uma sensação de perigo ne, então lá è muito gostoso isso, porque você pode ver que as relações sociais são muito intensas ne na rua, acho que è bom nesse sentido. L: Você acha que tem violência? M: Eu não tenho os dados estatísticos, tal vez no site da Secretaria da Segurança Pública você pode conseguir alguma coisa, mas olha há quase oito anos que eu estou lá todas semanas, as vezes diariamente, nunca vi nenhuma situação de risco lá dentro. Claro teve momento aquele episódio de dois três anos atrás que teve uma revolta e tal, aquele dia eu não estava lá, aquele dia foi muito triste, mas não è uma coisa que marca a vida em Paraisópolis em minha opinião, tem outras favelas que são bem mais perigosas em São Paulo. Não sei te citar nomes agora, mas tem algumas onde a gente sabe que tem situações piores do que Paraisópolis, eu acho que a violência não è uma característica forte de Paraisópolis, eu não sinto isso. L: As pessoas trabalham ali em Morumbi? M: A maioria, existe uma pesquisa da Secretaria do Transporte, eu não tenho ela se não eu te dava mas já vi que mostrava isso que a grande maioria das pessoas de 231 Paraisópolis ou vai a pé pro trabalho ou pega um ônibus só para a região do Morumbi, que eles nem trocam de ônibus, eles trabalham perto, então a maioria das pessoas nem vem no centro, muita gente de Paraisópolis nem nunca veio no centro na vida ne, não precisam vir no centro, a maioria mora e trabalha ali, desse ponto è mais sunstentável do que outras.. eles trabalham como porteiros, jardineiros, motoristas ou nas lojas, serviços ali, tem muitos salão de beleza. Tem um jornalista, acaba de se formar a semana passada, não sei se você viu, um morador de Paraisópolis que se formou no jornalismo na facultade do Mackenzie, foi legal, foi ver a defesa da tese e eles fizeram histórias de personagens de Paraisópolis, mostrando como que è, super legal ele, dá uma olhada no blog, se chama Blogmural da Folha de São Paulo que contam um monte de história da Comunidade. Traduzione italiana: L: Da quanto tempo lavori ai progetti per Paraisópolis? M: Dal 2005, quando iniziò stavamo terminando una prima gruppo di progetti e stavamo preparando la prima richiesta di interventi e il tutto fu pubblicato nel luglio del 2005, quindi dall’inizio del 2005 che lavoro con Paraisópolis. L: Prima lavoravi sempre qui? M: No, non ero al Comune, stavo abitando fuori ho fatto un master fuori, così ero appena tornata in Brasile e sono venuta a lavorare qui. L: Sei architetto? M: Sì, sono architetto urbanista e ho fatto un master in geografia. L: Hai scelto tu Paraisópolis? M: Non sono stata io a scegliere, è stata la sovrintendente che aveva bisogno di qualcuno che si occupasse di Paraisópolis, mi ha chiesto che io me ne occupassi fin dall’inizio. L: Il Comune quando ha iniziato i progetti di urbanizzazione e regolarizzazione di Paraisópolis? M: Il primo contratto per i lavori che è esistito per Paraisópolis che prevedeva le abitazioni.. aveva poche abitazioni era più urbanizzazione perché non avevamo ancora abbastanza terreno e fu nel 2005, prima non c’erano mai state opere del 232 Comune a Paraisópolis e così iniziarono i lavori e dopo il periodo di gestione dell’offerta iniziarono nel giugno 2006. L: Che progetti erano, costruire palazzi? M: Quando subentrammo all’inizio del 2005, esisteva un progetto che era stato sviluppato dalla precedente amministrazione che modificammo, perché aveva una percentuale di rimozioni molto alta, prevedeva la rimozione del 30% delle famiglie, così lo modificammo minimizzando le rimozioni, mantenendo le famiglie il più possibile nelle proprie case, che è una delle direttrici del programma di urbanizzazione, riuscimmo a ridurre questo indice al 12% delle rimozioni, ma rimozioni con re- insediamento eh. Così prevediamo che alla fine del programma avremo tremilaquattrocento famiglie che sarranno riassegnate e non continueranno e il resto continuerà a vivere nelle proprie case. L: E le persone che non restano nelle proprie case? M: Loro vanno nei palazzi che abbiamo costruito. L: E c’è anche il progetto di costruire anche delle case? M: Case molto poche, perchè non abbiamo abbastanza terreno per fare bassa densità, dobbiamo addensare i terreni. L: Quindi la linea del Comune è di mantenere la favela com’è, di non spostare le famiglie? M: Sì, questo tipo di programma iniziò quando esisteva all’epoca degli anni novanta, novantaquattro il programma Guarapiranga, ne hai già sentito parlare? Fu il primo grande programma di urbanizzazione delle favelas del Comune di São Paulo, nella stessa epoca, fu un pochino prima, ma fu nello stesso periodo del Favela Barrio di Rio de Janeiro su grande scala eh, così il Guarapiranga urbanizzò più di cento favelas e così via. Da quel momento venne messo in un angolo dal Comune non era più di grande priorità per la gestione anteriore e così nel 2005 fu ripreso con grande forza. Dal 2005 fino ad oggi abbiamo un 75% delle favelas in processo di urbanizzazione all’interno della città, sono 82.000 famiglie nel programma delle favelas e 75.000 famiglie nel programma mananciais (sorgenti) che è il Guarapiranga Billings, che è un pochino differente, le direttrici del programma sono le stesse ma quest’ultimo si concentra di più sull’ambiente, così Paraisópolis è una di queste settantacinque aree. L: Quante favelas ha São Paulo? 233 M: Sono 1060 favelas più o meno e 1006 lotti irregolari, è il 30% della popolazione della città. É molto.. ma ci sono diversi gradi di precarietà, non significa che tutti sono in condizioni orribili di infrastruttura o di rischio, ce ne sono alcune che hanno solo bisogno di alcune piccole cose per essere regolari. L: C’è bisogno anche di regolarizzare le case o no? M: Quando il Comune inizia i lavori, noi registriamo le famiglie, fa i lavori di urbanizzazione dopo lui inizia il programma di regolarizzazione fondiaria per dare il titolo di possesso, la proprietà alle famiglie e questo fa parte del programma. L: Ci sono molti terreni? M: Sì, ce ne sono molti, la maggior parte sono piccoli, tanto che ci sono 800.000 domicili precari a São Paulo. Noi stiamo lavorando con 150/160.000 famiglie, dei 800.000 stiamo lavorando con centosessanta mila, infatti abbiamo preso la maggior parte con priorità. L: I progetti di urbanizzazione e regolarizzazione ci mettono molto a terminare? M: Sono opere lente, dipende dalla grandezza della Comunità, tipo Paraisópolis, coinvolge la rimozione di famiglie, le famiglie devono trovare qualcosa in affitto, loro restano in una casa in affitto fino a quando non costruisce le unità, per cui non sono opere molto agili, perchè coinvolgono la rimozione delle famiglie. Ma dipende dall’area, ci sono zone dove le opere durano due anni, aree più piccole, Paraisópolis ha già alle spalle sei anni di lavori, ne mancano ancora uno o due per finire quindi non è così rapido ma è molto concentrato. L: Adesso a Paraisópolis a che punto è arrivata la regolarizzazione? M: Quando abbiamo iniziato i lavori nel 2006, avevamo il 16% di fognature e il 52% di canalizzazione dell’acqua, lavori di infrastruttura eh di bonifica. Oggi abbiamo il 75% di fognature e l’85% di acqua quindi siamo già quasi alla fine, è già migliorato abbastanza, abbiamo consegnato più o meno la metà delle unità abitative e stiamo costruendo l’altra metà. L: Dove avete costruito? M: Abbiamo una parte che è dentro la Comunità, nei dintorni, dentro la Comunità abbiamo i lotti base che abbiamo ricevuto in donazione e abbiamo espropriato, e abbiamo anche un insieme di terreni che sono vicini a Paraisópolis ma sono fuori, sono il Cdhu e il Governo di Stato che stanno costruendo. Saranno a tre o cinque km 234 da Paraisópolis, quindi non è molto lontano non è dentro, non abbiamo terreno sufficiente per fare tutto là. L: Come e quanto viene coinvolta la popolazione nei progetti? M: Ah è molto coinvolto.. All’inizio, i primi due tre anni, facevamo molte riunioni, ottenere credibilità fu difficile, perché loro erano reduci di governi che promettevano che avrebbero fatto dei lavori, ma di fatto non li facevano mai, così arrivammo a fare mille riunioni all’anno, e più di cinquemila incontri all’anno, incontri individuali per le persone che vanno là per togliersi i dubbi con gli assistenti sociali. E’ davvero molto importante concentrarsi sulla conversazione, perché ne avevano bisogno, perché non credevano che avremmo fatto unità (abitative) proprio là, girava quella voce che diceva che avremmo spostato tutti, è complicato. Ma ad oggi sono molto coinvolti, hanno un Consiglio che fa riunioni, ieri ce n’era una il Conselho Gestor di Jardim Colombo.. Loro partecipano molto, è molto bello. Poi c’è il Forum Multientidades che tutti i mesi anche fa delle riunioni con le Ongs e con altri partner che lavorano là nella Comunità così.. c’è face book tutto il giorno, scambiandosi messaggi, loro mandano molte cose e il sito Paraisópolis.org che è anche molto attivo. L: Tu cosa credi che pensino dei progetti? M: Loro?.. Io credo, all’inizio credo che loro avessero molta paura dei progetti.. Avevano paura dei progetti che erano stati fatti come il Cingapura, che il lavoro pubblico non fosse molto..è un lavoro fatto, costruito interamente con loro, così l’architetto fa il progetto, lo porta alla Comunità, loro dicono se gli è piaciuto, se non gli è piaciuto, e noi lo cambiamo, lo regoliamo. Per esempio, noi volevamo fare la palestra verticale là (Grotão), per lo sport ma la Comunità chiese di cambiarlo.. L: Quello nel Grotão? M: Esatto.. sarà una Scuola di Musica perché loro hanno chiesto di cambiarla perché ha più a che vedere con quello che vorrebbero fosse il profilo della Comunità. Stiamo sempre aggiustando le cose in base alle loro richieste, essendo possibile logico, a volte non lo è. L: Non so.. ho pensato che in alcuni casi stiano soffrendo il cambio dell’ambiente della Comunità, tutto era vicino, c’erano negozi, le casette.. Alcuni mi hanno detto che nei palazzi sono tutti separati, chiusi in casa.. 235 M: È un altro stile di vita eh per chi va nei palazzi, ma è la minoranza, la maggioranza, il 90% resterà nella propria casa, è inevitabile anche non rimuovere nessuno non è possibile perché c’è un sistema di ruscelli, aree a rischio, per questo hanno realmente bisogno di andare da un’altra parte e un’altra parte nella Comunità stessa. Noi tentammo a Paraisópolis di creare un uso misto, infatti fu il primo progetto qui della Sehab con il quale abbiamo incluso esercizi commerciali ai palazzi.. stiamo discutendo con una équipe sociale i tipi di esercizi commerciali che sono adeguati per non creare conflitti.. Loro inizieranno ad aprire i negozi.. non so se hai visto che c’è uno spazio al piano terra dei palazzi arancioni che sono isolati, là ci saranno i negozi al piano terra, ci sono quaranta negozi già costruiti, che sono per le persone che avevano i negozi e sono stati rimossi e così è stato sistemato il catasto in modo che abbiano un appartamento e continuino ad avere i negozi che erano la fonte di sussistenza.. ogni palazzo ha un programma di attività pubbliche differenti con un accesso indipendente. Così il condominio A ha la sala di musica e danza, il condominio B avrà un internet point che è già stato costruito, adesso si organizzerà l’accesso. Il condominio C avrà la biblioteca e il condominio G avrà il Cras o il Ue che sono punti di riferimento per l’assistenza sociale. Così abbiamo cercato di mescolare altre attività per non restare in quella cosa monofunzionale, monotematica,solo abitazioni, restando dal lato della Comunità che ha tutti i servizi di cui ha bisogno eh, abbiamo voluto che questa parte di tessuto urbano avesse uso misto, prima era proibito, la Cassa non lo accettava così abbiamo lottato e voluto farlo. Credo che sia stato un buon guadagno. Vedendo le necessità.. L: Il terreno di Paraisópolis è privato? M: Sì, è un lotto degli anni venti che è stato invaso a partire dagli anni sessanta, è stato occupato poco a poco negli anni sessanta settanta e ottanta, quando c’è stato proprio il boom dell’occupazione e quando siamo arrivati per iniziare i lavori insieme al processo di regolarizzazione, non avevamo terreni pubblici a Paraisópolis, non potevamo fare le rassegnazioni costruire appartamenti per le nostre rimozioni così abbiamo seguito due cammini, quello della dell’espropriazione, e comprare i terreni dove c’erano grandi aree vuote che è dove oggi ci sono i palazzi che comprammo, il Comune comprò per il valore di mercato e così via. L: Dai proprietari? 236 M: Erano diversi proprietari,originali. In verità non erano quelli originali, erano grandi aree che erano mezze fazendas che le persone non avevano comprato, loro le guadagnarono per uso capione, sono latifondi. Iniziammo anche un processo di decreto di donazione dei terreni, perciò gli antichi proprietari che non avevano più interesse nel continuare ad avere quei terreni o che avevano debiti alti perchè non avevano pagato l’Iptu e le altre imposte, o che non avevano smesso di pagare ma non avevano più interesse ad avere i terreni e potevano do narli al Comune in cambio della cancellazione del debito o di un trasferimento del potenziale costruttivo, quindi un potenziale che loro potevano avere in quell’area potevano trasferirlo in altre aree della città, fare dei piani in più in zone valorizzate della città. Così abbiamo ricevuto molti terreni in donazione quelli che erano terreni vuoti, loro sono diventati terreni per le abitazioni, nuove, nei terreni occupati dovevamo fare invece la regolarizzazione fondiaria e consegnare i titoli alle famiglie. Questo è un decreto che esiste solo per Paraisópolis, è specifico. Perché la maggior parte è privato, è molto complesso c’è stato bisogno di specifici strumenti giuridici, prima non si poteva regolarizzare. L: Adesso avranno il possesso della terra? M: Sì, è già iniziato il processo di regolarizzazione, esistono vari strumenti, non c’è una sola soluzione per Paraisópolis, è molto complicato, così noi avremo la concessione d’uso speciale, demarcazione urbanistica, uso capione, ce ne sono molte, sarà blocco per blocco. L: Perchè? M: Perchè le origini dell’area sono lotti differenti, così nello stesso blocco avrai lotti pubblici, lotti privati, lotti che le persone già ottennero per uso capione, perciò bisogno capire qual è lo strumento migliore per ogni pezzo, è complicato. L: Quante persone vivono a Paraisópolis? M: Oggi sessantamila, in tre Comunità, noi lavoriamo con Paraisópolis, Jardim Colombo e Porto Seguro, perchè a volte fanno parte dello stesso lotto che si chiamava “loteamento Paraisópolis”,così in queste tre sommate ci sono sessantamila persone. Paraisópolis è la più grande. L: È già cambiata molto la Comunità dall’inizio? 237 M: Sì, è interessante vedere i cambiamenti così delle.. specialmente delle discussioni, sai delle riunioni, quando iniziammo era abitazioni abitazioni abitazioni abitazioni, insieme al fatto che non sapevano chi fossimo.. perché non stavano ancora vedendo iniziare i lavori per i palazzi, avevamo ancora solo i progetti, così non ci credevano, così discutevano per le abitazioni, dopo si passò per una fase durante la quale volevano una scuola, l’asilo nido e così via, la discussione era questa e la salute e poi noi riuscimmo a costruire.. il 70% dei posti nelle scuole che esistono oggi a Paraisópolis sono stati creati da questa gestione, abbiamo fatto molte scuole e ne faremo ancora di più. Oggi la discussione è nella fase del traffico e dei problemi di transito interno, dei parcheggi e così via, che riuscimmo a migliorare, abbiamo sistemato parzialmente la circolazione viaria, senso unico e doppi sensi, non è ancora perfetto ma ha già riorganizzato abbastanza. E adesso c’è una discussione molto interessante che è la discussione sui marciapiedi, trovo molto interessante che loro chiedano di organizzare i marciapiedi, prima noi provavamo ad organizzarli, ma loro non ci permettevano di farlo, adesso invece hanno visto l’importanza dei pedoni, non per forza di avere marciapiedi ma di fare un disegno urbano che sia confortevole e sicuro principalmente per i pedoni e non per le macchine, così è molto interessante, puoi vedere l’evoluzione delle priorità.. Adesso che sono riusciti ad avere le case, le scuole, la salute.. cos’altro potranno desiderare? Ci sarà la metropolitana, anch’essa fu una lotta della Comunità, grande eh, che verrà fatta in questo periodo, la monorotaia passerà per la strada Perimetral (che segue il confine della Comunità) che avrà due stazioni a Paraisópolis, così si tratta di lotte successive eh, è una Comunità che cambiò molto in uno spazio di tempo molto corto rispetto ad altre densità. L: Tu pensi che sono uniti come Comunità? M: Mm più o meno, è una Comunità molto grande, perciò è difficile analizzare le rappresentatività, e chi le incorpora, il Presidente degli abitanti ad esempio che è un leader in cui hanno fiducia che rappresenta quello che loro abitanti vogliono davvero, questo è un po’ difficile da valutare, ma è chiaro che l’Unione degli abitanti come Istituzione come organo là dentro è quella più considerata dalla popolazione, certamente, ognuna ne ha una, Colombo ce l’ha.. adesso ci sarà il processo elettorale, forse potrebbe essere interessante per te seguirlo. Loro hanno già iniziato, c’è tutto là come una elezione normale, è molto interessante. 238 L: Ci sono molte Ongs a Paraisópolis? M: Sì.. L: Io andavo ad aiutare alla Casa da Amizade no Grotão, non so se ce ne sono altre. M: Molte, un sacco, ce ne sono molte. Nel sito Paraisópolis.org c’è una tabella delle Ongs, dopo dai un’occhiata l’abbiamo fatta noi, la Sehab l’ha fatta, la stiamo perfino attualizzando ora perchè abbiamo iniziato un progetto là pià piccolo del programma di urbanizzazione che è il cammino scolastico, perciò stiamo studiando i percorsi dei bambini per andare a scuola quali hanno il flusso maggiore e li stiamo migliorando per far si che sia più sicuri dal punto di vista del traffico, anche della sicurezza pubblica che qualcuno vigili se i bambini sono passati tornati scomparsi sai, è un bel progetto. Tu conosci il nostro Piano Municipale delle Abitazioni? Sarebbe bello che tu lo leggessi sul sito, conosci il sito dell’Habisp? Fammi vedere se ho la pubblicazione qui. Nell’Habisp c’è una sessione che si chiama documenti, in quella sessione ci sono i piani, testi dei piani che sarebbe una buona cosa se tu li leggessi, perciò il nostro piano va dal 2009 al 2024, abbiamo coinvolto tutte le Comunità, i perimetri, la popolazione, percentuale di infrastrutture, acqua, fognatura, drenaggio, aree a rischio geotecnico, vulnerabilità sociale e indice di salute, di tutte le Comunità di de São Paulo, delle 1060 favelas ecc, lo abbiamo disegnato in un sistema, così oggi abbiamo già tutte le informazioni geografiche, che è l’Habisp. Così in cima a queste informazioni abbiamo creato un sistema di priorità, così sappiamo quali sono le aree che hanno bisogno per prime di lavori e quali sono quelle che posso aspettare di più che non sono in situazioni tanto gravi e le abbiamo aggruppate su base idrografica, così sappiamo quali sono le cause se per igiene o drenaggio, che sia un sistema integrato, così sappiamo quali sono le priorità nella città e se fosse diviso nel corso del tempo fino al 2024 abbiamo già tutto pianificato, la sequenza dei lavori..ecc. L: Questi progetti sono dello Stato intero o dipendono dalla regione? M: Abbiamo il Piano Municipale che dice come è pianificata la città che è in linea con il Piano Statale e con quello Nazionale. Il nostro piano era pronto per primo ma stavamo partecipando alle discussioni con lo Stato e con il Nazionale per farli coincidere. Il Piano Municipale delle Abitazioni è integrato aò Piano Municipale di Igiene anche perché le opere sono tutte relazionate. Ma ogni istanza ha i suoi 239 programmi differenti, per esempio noi sappiamo sempre cosa fare perché siamo noi a dominare il nostro territorio municipale così se vai a urbanizzare per esempio Paraisópolis allora andiamo dietro ai mezzi che il Comune da solo non riesce a pagare, va dietro al Pac, alla Cdhu, cerca dei convegni, o cerca di far costruire dei palazzi alla Cdhu perché c’è bisogno di fare delle rimozioni.. perché in Brasile per le costruzioni, l’abitazione è una competenza di tre livelli di Governo non è solo del Municipio. L: Pensi che le politiche abitative dipendano anche un po’ dalla politica in sè? M: Non dovrebbe, non dovrebbe, tanto che noi abbiamo montato un piano elettore molto tecnico, se entri là ci sono solo ricerche, ci sono state agenzie pubbliche più di cinquanta sul piano in tutte le unità della città. Siamo stati noi a montare un progetto di legge e inviarlo alla Camera, perchè vogliamo che il piano, che lui sia mantenuto, sempre attualizzato con revisioni, ma pensiamo che non dovrebbe cambiare con il prossimo governo, deve essere implementato ma non deve cambiare ogni ora. L: È successo in passato? M: Non c’era prima, siamo noi ad averlo fatto, il primo piano che ha avuto la città, di assistenza a tutta la città, tutte le favelas della città, là c’è scritto quale programma c’è e per quanto tempo, se è una rimozione totale perchè è un’area contaminata o se è un’area da urbanizzare, così i rischi le priorità, tutto è già scritto nel piano con dettagli, c’è una tabella molto dettagliata delle stime dei costi di ogni opera, è già pianificato. L: E questo non c’era? M: No, non c’era. L: E il Comune faceva delle cose per le favelas? M: Facevano delle costruzioni, ma era piuttosto aleatorio, non so chi ha detto che la tal favela ha bisogno di essere urbanizzata. L: Questo perché non c’era un piano comune giusto? M: Questo ci successe fino alla fine degli anni novanta, all’epoca di Maluf iniziò il Cingapura qui a São Paulo e nella città si costruirono ventiduemila appartamenti identici che sono i cingapures. Il Cingapura ha i suoi vantaggi, non credo che sia un brutto progetto come architettura, ma come urbanismo è orribile perché non hanno nessuna relazione con la città il suolo, con le strade sai, lui si poggia sul suolo e la 240 favela intorno, non si occupa di urbanismo sai, non c’è nessuno sguardo all’urbanismo, disegno urbano e così quando iniziò nel 2005 questa prima gestione Serra-Kassab, la linea direttrice della Segreteria diceva che non si sarebbero più fatti Cingapura, ma avremmo contrattato architetti che avrebbero sviluppato progetti specifici per ogni Comunità per ogni terreno eh, che fossero adeguati per il profilo di ogni luogo. E così soffrimmo molto all’inizio, perché il Comune era abituato a fare Cingapura quindi non aveva direttrici per il progetto, così l’architetto iniziava a progettare ma non sapeva quello che il Comune come cliente voleva che lui progettasse, così abbiamo creato un gruppo per i progetti nel 2009 e abbiamo scritto le direttrici di progetto per la edificazione e adesso stiamo ultimando la parte di urbanizzazione delle favelas la parte delle infrastrutture di urbanismo, c’è un modello di requisiti minimi di qualità che noi esigiamo come Comune, dopo ogni area ha le sue caratteristiche. L: È stato un lavoro difficile? M: Fu molto difficile questo lavoro, molto difficile, io coordino questo lavoro qui alla Sehab così facemmo diversi workshop interni con gli assistenti sociali gli ingegneri gli architetti, tutti discutendo per costruire delle ricerche, la sistematizzazione di ciò che avremmo fatto, quindi fu un lavoro molto ricco. L: La maggior parte delle persone di Paraisópolis vengono dal Nordest? M: Non è vero, esiste questo mantra così, quando abbiamo fatto la ricerca nel 2005 c’erano molte persone di Minas Gerais, molte del Paraná, ci sono anche del Nordest, ma non sono la maggior parte, ce ne sono abbastanza ma se guardi ogni Stato singolarmente non è tanto differente. L: Pensi che vengano per cercare lavoro? M: Venivano eh, oggi giorno già si è stabilizzata, non c’è più migrazione, si è fermata, c’era negli anni settanta, ottanta, ma oggi il tasso migratorio nel paese è molto basso, quello che c’è sono persone che cambiano vanno da São Paulo alla regione metropolitana che ha, non nella capitale perché non ci sono più terreni disponibili. L: Nella Comunità ci sono persone che non vogliono riforme? M: Ah ci sono sempre eh, ci sono.. io credo che contro l’urbanizzazione come miglioramento delle infrastrutture nessuno è contro, ma ci sono persone che 241 hanno..perché è una relazione affettiva molto forte con la casa, la persona ha speso venti trenta anni con molte difficoltà molti sforzi costruendo la casa quindi a volte quando devi rimuovere quella casa non è.. entrare a vivere in cinquanta metri quadri è complicato, perché a volte la loro casa è più grande eh. Chi è in una situazione molto precaria dentro i ruscelli in aree a rischio, loro normalmente non oppongono resistenza ad andare negli appartamenti perché gli appartamenti sono molto buoni, li hai già visitati? L: Sì li ho visitati. M: Eh sono cinquanta metri quadrati, la maggior parte.. no, attualmente nei progetti più nuovi li abbiamo adeguati, stiamo facendo apparta menti de uno due tre stanze, che sono adeguati ai profili delle famiglie, è stata una evoluzione dei nostri programmi, ma per Paraisópolis no, in caso di famiglie molto grandi l’assistente sociale fa uno studio di caso e vede se è possibile dividere le famiglie in due appartamenti, bisogna vedere caso per caso. Ma le famiglie a Paraisópolis sono di tre, quattro persone per casa non sono molto grandi. L: Ho sentito dire che ci sono persone che prendono l’appartamento e dopo non ce la fanno a restarci e lo vendono, prima dei vent’anni.. M: Questo è già successo, a Paraisópolis io non ancora alcun caso riferito di questo tipo, con questi appartamenti nuovi di qualità, con questi succede molto meno, prima con il Cingapura succedeva di più, vendere l’appartamento prima di aver terminato di pagare è proibito, non si può, tanto che il Comune deve andare per fare la devoluzione dell’immobile per le famiglie a basso reddito che sono in fila. Loro vendono a prezzi a volte elevati eh e la famiglia finisce a vivere irre golarmente, è complicata questa cosa, ma non c’è.. l’altro giorno hanno fatto uno scandalo nel primo condominio che abbiamo fatto a Paraisópolis, ah tutti hanno venduto, è un palazzo della Cdhu, la Cdhu è andata là a fare una ricerca e c’era l’1% di vendita sai, se tutti hanno venduto spesso è tutto un pettegolezzo per sentito dire senza dati scientifici, non è molto alto, nel passato lo è stato, oggi no e il valore è basso loro pagano settantasei reais credo al mese, è molto sovvenzionato eh, devi lavorare un giorno al mese e lo paghi eh. L: Ho anche sentito dire che ci sono persone che occupano di nuovo parte della Comunità per ottenere un appartamento. 242 M: No questo non può essere perché noi abbiamo una banca dati, persino con la composizione familiare. Può essere che qualcuno occupi volendolo (un appartamento) ma non ci riesce. L: Ma succede che qualcuno occupi nuovi terreni? M: Succede, a volte abbiamo spostato le famiglie, stai pagando un affitto invece di pagare costruisci un’altra casa e poi noi lo scopriamo, andiamo là conversiamo gli diciamo che non può, che bisogna usare i soldi dell’affitto per affittare una casa non per invadere un’altra zona eh, a volte succede, ma non è molto comune, ma a volte succede. Ma doppio assegnazione questo non esiste, inoltre noi controlliamo non solo la banca dati del Comune ma anche del Cdhu del Governo di Stato e della Cassa, quindi non esiste la possibilità di essere assistito due volte, nemme no nel programma del Governo. L: Tu sai dov’è la Casa da Amizade, sarà là che costruiranno la Escola da Música? M: Eh no, non è lì ma di fronte, là dove c’è quella stradina che abbiamo aperto, là in fondo, quella area a rischio sarà rimossa tutta, qualla parte lì dietro è molto brutta, lì ci sarà un parco, un progetto di un parco con delle rampe a zig zag e ci sarà il Padiglione Sociale, non so se hai visto il progetto, è per ospitare alcune Ongs che verranno rimosse o altri tipi di lavori sociali, c’è una Ong ad esempio che fa i corsi per i test di ingresso, così ci sono dei progetti sociali che stiamo creando là. L: La tua opinione sulla Comunità di Paraisópolis? M: Quello che trovo bello a Paraisópolis è questa cosa dell’imprenditorialità così per strada, la vita urbana molto attiva, i servizi, di tutto quello che puoi trova re là dentro senza aver bisogno di uscire da Paraisópolis per sentirti in una città, sai le persone pensano che vivere a Paraisópolis, sai dico le persone di classe media che non conoscono, che la vita è deprimente triste, ma non è per niente così, loro adorano vivere là e non vogliono andarsene perchè la vita là è il contrario della vita in una città formale, tu vai per strada ed è il luogo più animato di Paraisópolis, se cammini nei Jardisn di notte non incontri nessuno per strada e ti dà quella sensazione di pericolo, per questo mi piace molto questo aspetto là, perchè puoi vedere che le relazioni sociali sono molto più intense per strada, che è una cosa positiva. L: Pensi che ci sia violenza? 243 M: Non ho i dati statistici, forse nel sito della Secretaria da Segurança Pública puoi trovare qualcosa, ma guarda sono quasi otto anni che io vado là ogni settimana, a volte tutti i giorni, non ho mai visto una situazione rischiosa là dentro. Certo ci sono stati dei momenti, quell’episodio di due tre anni fa quando ci fu una rivolta, quel giorno non c’ero, quello è stato un giorno molto triste, ma non è una cosa che marca la vita a Paraisópolis secondo me, ci sono altre favelas che sono molto più pericoloso a São Paulo. Non ti so dire i nomi ora, ma ce ne sono alcune dove sappiamo che ci sono situazioni peggiori che a Paraisópolis, penso che la violenza non sia una caratteristica forte di Paraisópolis, non sento questo. L: Le persone lavorano a Morumbi? M: La maggior parte, c’è una ricerca della Secretaria do Transporte, non ce l’ho se no te la davo ma ho visto che mostrava questo che la maggior parte delle persone di Paraisópolis va al lavoro a piedi o prende un autobus solo per Morumbi, nemmeno cambiano autobus, lavorano vicino, così la maggior parte delle persone non viene in centro, non ne hanno bisogno, alcune persone di Paraisópolis nemmeno lo hanno mai visto, da questo punto di vista è più sostenibile che altre.. loro lavorano come portieri, giardinieri, autisti, o nei negozi o servizi là, c’è anche un salone di bellezza. C’è un giornalista, si è appena laureato la settimana scorsa, non so se lo conosci, è un abitante di Paraisópolis che si è laureato alla Mackenzie, è stato interessante, sono andata a vedere loro hanno fatto una storia con i personaggi di Paraisópolis, mostrando com’è, dai un’occhiata nel blog, si chiama Blogmural nella Folha de São Paulo raccontano un sacco di storie della Comunità. 244 Documenti REGIMENTO INTERNO DO CONSELHO GESTOR DAS ZEIS 1 - W050-CL E ZEIS 3W001-CL (Comunidade Paraisópolis) Capítulo I - Da Natureza e Finalidade Artigo 1º - O Conselho Gestor, constituído em atendimento ao disposto nos Artigos 175 e 178 do Plano Diretor Estratégico do Município de São Paulo (Lei n.º 13.430/02) e no Decreto n.º 42.871/03, tem por finalidade a subscrição do Plano de Urbanização referente às Zeis 1 W050-CL e Zeis 3 – W001-CL. Artigo 2º - O Conselho Gestor tem como objetivo acompanhar a elaboração e implementação do Plano de Urbanização, de acordo com as normas estabelecidas nos artigos 175 e 176 do Plano Diretor Estratégico do Município de São Paulo (Lei n.º 13.420/02) e na Seção VI do Decreto n.º 44.667/04, e para tanto, tem vigência garantida até a conclusão das obras de urbanização e outras ações definidas pelo Plano. Artigo 3º - O Conselho Gestor é de natureza consultiva e deliberativa, conforme o Artigo 19 da Seção VI do Decreto n.º 44.667/04. Capítulo II – Da Composição Artigo 4º - O Conselho Gestor é composto de forma paritária por representante do Poder Público e da sociedade civil, representada pela população moradora, proprietários de imóveis localizados na ZEIS e na sua vizinhança e por organizações atuantes na comunidade, conforme 245 o estabelecido no Artigo 178 do Plano Diretor estratégico do Município de São Paulo (Lei n.º 13.430/02) e no Artigo 22 do Decreto n.º 44.667/04. Artigo 5º - O Conselho Gestor de Paraisópolis é integrado por um total de 36 (trinta e seis) membros titulares, sendo 18 (dezoito) representantes do poder público e de concessionárias de serviços públicos e 18 (dezoito) da sociedade civil, na seguinte composição: A) do Poder Público e das concessionárias de serviços públicos: I. Um membro da Subprefeitura do Campo Limpo; II. Tres membros da Secretaria da Habitação e Desenvolvimento Urbano, sendo um da Comissão de Avaliação de Empreendimentos de Habitacionais de Interesse Social – CAEHIS e um da Superintendência de Habitação Popular – HABI, e um de Resolo; III. Um membro da Companhia Metropolitana de Habitação de São Paulo – COHAB/SP; IV. Um membro da Secretaria Municipal de Planejamento Urbano – SEMPLA; V. Um membro da Secretaria Municipal de Infra-Estrutura Urbana e Obras – SIURB; VI. Um membro da Secretaria Municipal de Negócios Jurídicos – SNJ; VII. Um membro da Secretaria Municipal de Educação – SME; VIII. Um membro da Secretaria Municipal de Saúde – SMS; IX. Um membro da Secretaria Municipal de Assistência e Desenvolvimento Social – SMADS; X. Um membro da Secretaria Municipal do Verde e Meio Ambiente - SVMA; XI. Um membro da Secretaria Municipal de Esportes, Lazer e Recreação – SEME; XII. Um membro da Secretaria Municipal de Transportes – SMT; XIII. Um membro da Companhia de Saneamento Básico do Estado de São Paulo Sabesp; XIV. Um membro do Departamento de Limpeza Urbana - Limpurb; XV. Um membro da Eletropaulo; XVI. Um membro da Companhia de Desenvolvimento Habitacional e Urbano CDHU 246 B) da sociedade civil: XVII. Três membros de organizações atuantes na ZEIS; XVIII. Onze membros da população moradora nas ZEIS; XIX. Dois representantes de proprietários de imóveis na ZEIS; XX. Dois membros de entidades representativas da vizinhança das ZEIS. 247 Mappa n.1. Fonte: Atlas Ambiental do Municí pio de São Paul o / IB GE; Sempla -Dei nfo 248 Mappa n. 2. Fonte: Atlas Ambiental do Municí pio de São Paulo / IB GE; Sempl a-Deinfo 249 Mappa n. 3. 250 Bibliografia ABRAMO, P., A cidade da informalidade. O desafio das cidades latino-americanas, Faperj, Rio de Janeiro, 2003. AGIER, M., Antropologia da cidade. Lugares, situações, movimentos, Editora Terceiro Nome, São Paulo, 2011. AGIER, M., La sagesse de l’ethnologue, L’CEil neuf, Paris, 2004. ALMEIDA, R., D'ANDREA, T., Pobreza e redes sociais emu ma favela paulistana, in Novos Estudos, Cebrap, São Paulo, 2004. AMARAL, M. R. S., PEREIRA, P. C. X., Habitação em São Paulo, Estudos Avançados, vol. 17 n. 48, São Paulo, May/Aug. 2003. ANDERSON, N., The Hobo, University of Chicago Press, Chicago, 1923 (ed. It. Il vagabondo, Donzelli, Roma, 1994). APPADURAI, A., Modernità in polvere, Meltemi, Roma, 2001. BARBERI, P., È successo qualcosa alla città. Manuale di antropologia urbana, Donzelli Editore, Roma, 2010. BOTT, E., Family and Social Network, Tavistock, London, 1957. 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