TITOLO
Seven years on from the crisis: where
is the EU with financial regulatory
reform?
LUOGO E DATA
Boulevard du Roi Albert II, 5
Meeting room ETUI, 7th floor
Brussels, 1210
ORGANIZZATORE
ETUI
RELAZIONE
Mercoledì 13 maggio si è tenuto presso l’ETUI un incontro inerente a come i sistemi finanziario
e bancario si siano evoluti alla luce della disastrosa crisi finanziaria scoppiata a cavallo tra il
2007 e il 2008.
Philippe Pochet (ETUC General Director) e Veronica Nilsson (ETUC) hanno moderato
l’incontro, che ha visto come unica relatrice Aline Fares (Finance Watch).
Aline Fares ha subito preso la parola, dicendo che la crisi economico-finanziaria iniziata nel
2007 è stata in gran parte resa possibile dall’insufficiente regolamentazione dei mercati
finanziari e del sistema bancario.
Quello che principalmente ha preoccupato il legislatore europeo, nel post crisi, è stato di
ritornare al più presto ad una crescita sostenibile. Infatti, tutti i programmi di finanziamento
diretto hanno e stanno mettendo tutt’ora in chiaro quali siano i principali obiettivi dell’Europa.
Un altro importante pilastro al quale l’UE sta lavorando dal luglio 2013 è il TTIP, l’accordo
transatlantico di libero scambio con gli USA, che mira ad abbattere le barriere doganali per
favorire il commercio e gli investimenti; quindi da considerarsi come un ulteriore fattore a
riconferma dell’ostentata ricerca di un’uscita dalla stagnazione economica attuale.
Financial Watch è un organismo istituito nel 2010 da un gruppo di parlamentari europei. La
sua mission è quella di capire e successivamente incrementare la legislazione tecnica
riguardante i mercati finanziari in collaborazione con la Commissione Europea. Quello cui si
vuole arrivare è una situazione dove sia la finanza ad essere in favore al mercato reale e non
il contrario come accade oggi, dove gli investimenti molte volte nascono come veri e propri
mezzi di speculazione nel breve periodo. Il secondo obiettivo, non meno importante del primo,
che definisce la mission di Financial Watch, è di dare una dimensione concreta a quello che
sono le banche, mirando a dividere l’aspetto commerciale da quello d’investimento.
Partendo dal primo degli obiettivi prefissati, Aline Fares, ha esposto alcuni dati
macroeconomici. Il settore finanziario, in termini reali, vede coinvolti 46 mila miliardi di €, un
numero che rapportato al PIL europeo ammonta al 350% di questo. Il confronto non è molto
significativo, in quanto i due dati sono sicuramente poco correlabili, ma rimane comunque un
confronto impressionante, a detta della portavoce di Finance Watch.
All’interno dei mercati finanziari, gli oggetti più rischiosi e complessi sono rappresentati dal
derivati, strumenti che trovano la loro definizione secondo un’indicizzazione rispetto a prezzi
di altri assets, tassi d’interesse o benchmark vari. Molto spesso a questi strumenti si vede
associata una certa leva finanziaria, che ne va ad aumentare ulteriormente la volatilità. È
stato calcolato dagli studi effettuati da Finance Watch, che il 93% della negoziazione di questa
tipologia di strumenti vede coinvolte direttamente o indirettamente delle compagnie
finanziarie, che sicuramente non hanno come scopo primario il rappresentare l’economia reale
nel mercato, ma solamente intenti speculativi. A conferma che il mercato finanziario debba
ancora ricevere un’adeguata regolamentazione post crisi, il numero di transazioni sui derivati
OTC (quei derivati non scambiati in mercati regolamentati, ma negoziati in reti di istituzioni
finanziarie) sono in costante aumento dal 2007 in poi.
In termini concreti, Finance Watch vorrebbe istituire un Mercato Unico dei Capitali, che
permetta un sistema di finanziamento più trasparente per le PMI. Inoltre si vorrebbero
aumentare i fondi istituzionali riguardanti le pensioni e le assicurazioni, così da ritagliarsi un
ruolo oggi rappresentato in esclusiva, o quasi, dalle banche tradizionali. Queste, infatti, hanno
dimostrato che, nei periodi di tensione finanziaria, adottano un immediato ritiro della liquidità
e contrazione del credito.
L’accesso al mercato dei capitali per le aziende è molto gravoso e complesso al momento.
Sviluppare delle metodologie standardizzate per la valutazione del rischio di credito delle
aziende in cerca di denaro a prestito, aiuterebbe le stesse ad accedere ai canali di
finanziamenti.
La Commissione Europea, tramite gli studi di Finance Watch, mira a definire dei criteri sicuri
per la valutazione delle cdd. Cartolarizzazioni dei crediti, principali responsabili nello scoppio
della crisi finanziaria sette anni fa.
Viste le premesse, ci si è chiesti come mai l’Unione Europea non abbia ancora attuato queste
misure per ridurre la ciclicità negativa dettata dalla crisi finanziaria. Aline Fares ha risposto
che tutto inizia dagli istituti finanziari TBTF (too big to fail). Secondo i vari parametri, è
stimato che al mondo ci siano all’incirca quaranta istituti finanziari definibili come TBTF, di cui
la metà aventi sede in Europa. Con la rete di interconnessioni che ha ciascuna di queste
banche, il mercato è di fatto comandato e regolamentato dagli istituti finanziari, a detta di
Finance Watch. Il rischio che incorrerebbe l’intero sistema sarebbe troppo elevato, nel caso
una di queste macrobanche fallisse. Si è di fatto instaurato un circolo vizioso tra i rischi cui
sarebbero esposte le banche e gli Stati. Le prime, infatti, sono posseditrici di una troppo
ampia fetta del debito sovrano ed un loro fallimento, porterebbe al rimborso del debito
pubblico posseduto a copertura dei debiti contratti, con conseguenti difficoltà finanziarie per
gli Stati debitori. Di rimando, un fallimento di uno Stato avrebbe conseguenze catastrofiche
per il settore bancario, dato che per miliardi di € i crediti detenuti diverrebbero inesigibili o
comunque incagliati. Di conseguenza, il rischio al quale sono sottoposti i correntisti è troppo
alto, perché ormai il core business della banca si è spostato sul versante dell’investimento,
con l’acquisizione sempre più su ampia scala di assets ritenuti troppo volatili per far fronte a
potenziali crisi di liquidità.
Aline Fares ha illustrato che la BCE ha provato a prendere dei provvedimenti in merito ai
requisiti minimi di capitale richiesti alle banche. La normativa per la regolamentazione di
questi requisiti minimi sono stati recepiti dal Comitato di Basilea, tramite i documenti della
CRD IV (Capital Requirements Directive) e della CRR (Capital Requirements Regulation). La
ratio seguita nella stesura di questi due documenti è stata di dare dei livelli di qualità ai vari
assets componenti il portafoglio della banca. Assets che una volta ponderati secondo criteri di
rating e/o altri, andranno poi a definire le quote dei vari patrimoni d’istanza alla possibilità del
verificarsi di future crisi. Sono state introdotte, inoltre, delle normative inerenti al
contenimento della leva finanziaria e alla creazione di un capitale di primaria qualità
patrimoniale (TIER 1).
La critica mossa da Finance Watch è che all’interno della nuova normativa, definita come
Basilea III, vi sia troppo spazio alla discrezionalità data alle autorità nazionali. Nella fattispecie
in cui un ciclo economico avverso obblighi, la banca sarebbe obbligata a vendere parte dei
propri assets per evitare di arrivare al fallimento. Visto che i trattati di Basilea prevedono un
ordine specifico per il rimborso degli strumenti finanziari posseduti, con la discrezionalità
concessa si potrebbe arrivare alla situazione in cui le perdite vengano accollate agli
obbligazionisti piuttosto che a creditori titolari di strumenti derivati (da considerarsi di gran
lunga con qualità patrimoniale inferiore).
Portandosi verso la conclusione dell’intervento, la rappresentante di Finance Watch ha
illustrato quali sono in definitiva i punti da considerarsi chiave per il futuro:
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promuovere le partnerships tra settore pubblico e privato, dando più trasparenza ai
contratti e una loro periodica revisione;
rendere più robusto e resiliente il sistema finanziario e quello bancario, a riprova che in
un futuro non ci siano di nuovo situazioni analoghe a quella verificatasi nel 2007;
evitare in futuro di utilizzare un debito come garanzia per altri debiti, come nella
fattispecie delle cartolarizzazioni;
promuovere il settore commerciale della banca, andandolo a riequilibrare con quello che
è ora il settore d’investimento.
L’incontro si è concluso con una breve riflessione di Veronica Nillson, la quale ha ammesso
che ancora non è stato risolto molto in termini di regolamentazione dei mercati finanziari, e
che il primo obiettivo nella fattispecie sarà di andare a limitare in qualche modo il trading
speculativo. Per quanto concerne le banche, la loro divisione tra la sezione commerciale e
quella d’investimento sarà d’importanza primaria, in vista di un sistema finanziario più stabile
e tutelante i piccoli risparmiatori.
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Eseguito da:
Francesco Girotto
UNIONCAMERE DEL VENETO
Delegazione di Bruxelles
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