THOR Regia: Kenneth Branagh Interpreti: Chris Hemsworth, Natalie Portman, Tom Hiddleston, Stellan Skarsgård Produzione: USA/2011, 130’ Figlio primogenito del potente Odino, Thor è destinato a salire al trono di Asgard ma la sua foga e il desiderio di affermarsi in battaglia lo spingono ad un'azione avventata che rischia di mettere a repentaglio la pace e la sicurezza del suo regno. Affranto per la delusione procuratagli dall'inadeguatezza del figlio, Odino decide di scagliarlo sulla Terra, privato dei suoi poteri, fino a che non sarà in grado di usarli con giudizio. Nel nostro mondo il dio nordico si imbatte in un gruppo di ricercatori, tra cui una bella astrofisica, che indagano i curiosi eventi atmosferici che hanno luogo nel New Mexico. Intanto nel regno di Asgard il fratello Loki approfitta di un malessere del padre per salire al trono. Mai come in questo caso una recensione prevede di rivolgersi a interlocutori diversi. La trasposizione di un mitico fumetto fantasy della Marvel rappresenta, infatti, un evento per legioni di consumatori ed esperti mentre rischia di passare inosservata alla parte consistente di pubblico che non s’interesserebbe mai a un genere ritenuto basso e infantile. A favore di Thor, tratto dalle storie inventate nei primi anni Sessanta da Stan Lee, Larry Lieber e Jack Kirby, gioca peraltro la firma di Kenneth Branagh, autore/cultore shakespeariano per eccellenza: se per qualcuno il grande passo sarà stato indotto dal rendiconto economico, per altri si tratterà dell’ennesima dimostrazione che il linguaggio del cinema non riconosce barriere tra arte e industria. Thor è dunque un blockbuster ambizioso, straripante di effetti speciali, fragoroso quanto ci si aspetta, assemblato sugli stilemi della mitologia nordica e interpretato da attori di vaglia bendisposti a rispettare look e pigli da supereroi. Il problema centrale diventa, a questo punto, stabilire come Branagh abbia operato nell’affollato incrocio tra avventura, onirismo, azione pura ed echi di nobili culture che i comics, piaccia o non piaccia, garantivano e garantiscono. I pareri degli ultrà sono discordi, ma è opportuno notare come l’emozione pura, il coinvolgimento totale sembrano messi in disparte dalla necessità, appunto, di non travisare le variegate e storicamente evolute fonti. Succede così che le schermaglie caratteriali e, per così dire, familiari emergano più di quelle spirituali o simboliste. Non è urgente, in questo senso, dettagliare la trama che scandisce con volute barocche, epiche, metaforiche le vicissitudini dell’arrogante guerriero protagonista cacciato dal padre Odino dal cosmico regno di Asgard e punito con l’esilio in un’anonima cittadina americana odierna. Agli appassionati basta che Hemsworth sia gigantesco nel brandire il martello degli dei, che l’astrofisica Portman sappia amare, che Hiddleton s’identifichi nel ruolo di perfido fratellastro e che Sir Hopkins si presti (forse con un po’ di autoironia british) ai doveri del re degli dei come abitualmente si applica a quelli del re degli attori. […] Valerio Caprara, Il Mattino