A002965, 1 A002965 Da GUIDA AL DIRITTO del 12/4/2014 <<LO

A002965, 1
A002965
FONDAZIONE INSIEME onlus.
Da GUIDA AL DIRITTO del 12/4/2014 &lt;&lt;LO STATUS CONIUGALE NON
CONSENTE ELUSIONI DELLE REGOLE ATTRIBUTIVE DELLA GIURISDIZIONE&gt;&gt;
di Marcella Fiorini, giurista.
Per la lettura completa del pezzo si rinvia al periodico citato.
L’introduzione in Italia dello scioglimento a domanda
congiunta, operata con la riforma della legge 74/1987, non ha
certo cancellato la connotazione pubblicistica della materia
familiare.
Lo status coniugale e quello genitoriale/filiazione non
consente elusioni, ancorch&eacute; consensuali, delle regole attributive
della giurisdizione.
Questo e in sintesi il principio affermato nella sentenza
5710/2014 con la quale la Corte di cassazione esclude radicalmente
la possibilit&agrave; di attribuire efficacia in Italia alle pronunce di
divorzio emesse da un giudice straniero, su domanda congiunta dei
coniugi, allorch&eacute; il matrimonio sia stato celebrato in Italia, i
coniugi siano entrambi italiani e per di pi&ugrave; siano tutti e due
residenti, in patria.
IL FATTO.
Due cittadini italiani, unitisi in matrimonio civile, in
patria, chiedono all'ufficiale di stato civile di trascrivere la
sentenza del tribunale di Santo Domingo, che aveva dichiarato su
domanda congiunta il loro divorzio.
Ci&ograve; in forza dell'articolo 64 della legge 31 maggio 1995 n.
218 che ha introdotto in Italia il riconoscimento automatico delle
sentenze straniere senza previo procedimento di delibazione,
purch&eacute; assunte nel rispetto dei requisiti ivi previsti.
Avendo ottenuto il rifiuto dell'ufficiale di stato civile, i
coniugi instaurano lo speciale procedimento di cui all'articolo 67
della legge citata, volto all'accertamento dei requisiti per il
riconoscimento, ma la Corte d'appello competente rigetta la
domanda sostenendo l'indisponibilit&agrave; dei diritti di status, sui
quali nel caso di specie poteva pronunciarsi solo il giudice
italiano, stante la comune nazionalit&agrave; e residenza italiana dei
coniugi nonch&eacute; l'avvenuta celebrazione del matrimonio in Italia.
I due coniugi ricorrono quindi in Cassazione assumendo che a
seguito dell'introduzione in Italia del divorzio a domanda
congiunta (articolo 4, comma 16, della legge n. 898 del 1970 come
modificato dalla legge 74/1987) la materia doveva considerarsi non
pi&ugrave; indisponibile e pertanto, a fronte della deroga consensuale
della giurisdizione -ammessa per le cause vertenti su diritti
disponibili dall'articolo 4, comma 2, della legge 218/1995- ben
poteva il giudice straniero pronunciarsi.
La Corte di cassazione conferma la tesi del giudice di merito
escludendo ogni possibile forum shopping in materia di status
coniugale.
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RICONOSCIMENTO AUTOMATICO E GIURISDIZIONE DEL GIUDICE
STRANIERO.
Come noto, la legge 218/1995 ha introdotto nel nostro
ordinamento il riconoscimento delle sentenze e degli atti di
volontaria giurisdizione stranieri senza la necessit&agrave; del ricorso
ad alcun procedimento giurisdizionale, intervenendo quest'ultimo
solo in caso di mancata ottemperanza o di contestazione del
riconoscimento, ovvero quando sia necessario procedere a
esecuzione forzata (articolo 67 della legge 218/1995).
In altri termini, al necessario procedimento di delibazione,
gi&agrave; riservato, alla Corte d'appello secondo le modalit&agrave; e le forme
previste dagli articoli 796 e seguenti del Cpc (abrogati
dall'articolo 73 della legge 218/1995), si &egrave; sostituita
l'efficacia tout court del provvedimento straniero, divenendo la
delibazione una fase assolutamente eventuale.
L'efficacia automatica &egrave; riconosciuta per&ograve; solo, a quei
provvedimenti stranieri che godano di determinate caratteristiche,
elencate negli articoli 64 (per le sentenze), 65 e 66 (per gli
altri provvedimenti) della legge 218/1995.
Il primo requisito richiesto dall'articolo 64 lettera a) -la
cui verifica &egrave; rimessa in prima battuta all'Ufficiale dello stato
civile quando si tratti di una sentenza sullo status delle
persone- &egrave; che &laquo;il giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere
della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale
propri dell'ordinamento italiano&raquo;.
In un suo non lontano precedente (sentenza n. 10378 del 28
maggio 2004, in Rivista di diritto internazionale, 2005, pag 209,
ma anche Cassazione 8 aprile 2011 n. 8038) la Corte aveva chiarito
che la formulazione, riprendendo l'analogo requisito fissato
dall'ormai abrogato articolo 797, n. 1, del Cpc, vuole
semplicemente dire che il giudice straniero ha giurisdizione tutte
le volte in cui &laquo;in casi corrispondenti, il giudice italiano
esercita la sua .giurisdizione nei confronti dello straniero&raquo;.
In quell' occasione, tra l'altro, il Supremo collegio rigett&ograve;
la questione di costituzionalit&agrave; della legge n. 218 del 1995
eccepita dalle parti con riferimento all'articolo 3 della
Costituzione, ritenendo non parificabili &laquo;le posizioni di chi
essendo gi&agrave; residente all'estero, abbia anche titolo per adire 1'
autorit&agrave; giudiziaria di quel luogo e di chi risiedendo in Italia.
ed essendosi sposato in Italia, non abbia perci&ograve; stesso titolo per
adire l'autorit&agrave; giudiziaria straniera&gt;&gt;.
I criteri di giurisdizione previsti dal nostro ordinamento,
che per primi vengono: in esame in materia di divorzio, sono
dunque quelli desumibili dall'articolo 3 della legge n. 218 del
1995, il quale fa riferimento principalmente alla residenza e al
domicilio del convenuto, richiamando poi le Convenzioni
internazionali e indicando infine quali ulteriori criteri quelli
stabiliti per la competenza per territorio.
Fondamentale &egrave; inoltre la disposizione di cui all'articolo 32
che, per le cause di nullit&agrave;, annullamento, separazione personale
e scioglimento del matrimonio, riconosce la giurisdizione italiana
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anche quando uno dei coniugi .&egrave; cittadino italiano o il matrimonio
&egrave; stato celebrato in Italia.
La .Corte di cassazione, nella sentenza in esame, parte
proprio da tali elementi per disconoscere l'efficacia della
sentenza dominicana rilevando come fosse assolutamente
incontestato che i coniugi al momento della proposizione della
domanda avessero entrambi cittadinanza italiana, che il loro
matrimonio fosse stato celebrato in Italia e che infine la loro
residenza comune (rilevante anche ai fini dell'individuazione del
diritto applicabile ai sensi dell'articolo 31 della legge
218/1995) fosse ancora quella italiana.
Tali circostanze escludevano in radice la giurisdizione del
giudice straniero, che non avrebbe potuto pronunciarsi n&eacute; in base
al principio bilateralizzato di cui all'articolo 64, lett. a) -nel
senso chiarito dalla sentenza 10378/2004 sopra richiamata- e
neppure in base all'articolo 4 della medesima legge, contemplante
l'ipotesi. di una deroga convenzionale della giurisdizione ma solo
laddove la causa verta su diritti disponibili.
Afferma infatti, la Corte che la materia matrimoniale, e in
specie quella relativa al divorzio, &egrave; tuttora inderogabile in
quanto nell'ordinamento italiano le condizioni normative
dell'attribuzione dello status di divorziato &laquo;non sono
disponibili, ma rigidamente predeterminate anche in ordine al
requisito temporale&raquo;.
E ci&ograve; nonostante l'introduzione in Italia del divorzio a
domanda congiunta, operata con la riforma della legge divorzile
(legge 74/1987), che non ha certo cancellato la connotazione
pubblicistica della materia familiare.
I PRESUPPOSTI PER IL RICONOSCIMENTO.
Delibazione (giudizio di) -Dichiarazione di efficacia di sentenze straniere -Condizioni -In genere Riconoscimento di sentenza straniera -Ai sensi dell'articolo 64, lettera a), della legge 218/1995 -Presupposto
del potere del giudice straniero di conoscere secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri
dell'ordinamento italiano -Nozione -Portata. (Legge 218/1995, articolo 64)
La formulazione prescelta, in tema di presupposti per il riconoscimento in Italia delle
sentenze straniere, dalla lettera a) dell'articolo 64 della legge 218/1995 di riforma del sistema di
diritto internazionale privato italiano, allorch&eacute; riprendendo fra l'altro l'analogo requisito fissato
dall'ormai abrogato articolo 797,- 797, n. 1, del codice di procedura civile richiede che il giudice
straniero che abbia pronunciato la sentenza straniera potesse &laquo;conoscere della causa secondo i
principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano&raquo;, non intende designare
altro concetto che quello secondo cui &lt;&lt;tali principi non siano altro che quegli stessi in base ai
quali, in casi corrispondenti, il giudice italiano esercita la sua giurisdizione nei confronti dello
straniero&raquo;.
Sezione I, sentenza 28 maggio 2004 n. 10378.
La Corte chiarisce inoltre che un conto &egrave; la problematica
relativa alla giurisdizione del giudice che ha pronunciato la
sentenza di cui si reclama l'efficacia immediata, e un conto &egrave;
l'eventuale produzione di effetti contrari all'ordine pubblico
della stessa, requisito. questo previsto dalla lettera g)
dell'articolo 64.
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Lo scrutinio relativo al parametro della non contrariet&agrave;
all'ordine pubblico –afferma la Corte- pu&ograve; operare soltanto dopo
che abbia avuto esito positivo la verifica gradata di tutti gli
altri parametri contenuti nell'articolo 64, e quindi solo dopo
aver accertato che la pronuncia &laquo;sia stata emessa da giudice non
privo della giurisdizione, nel rispetto del contraddittorio, non
in violazione del giudicato; n&eacute; dei principi di litispendenza
internazionale&raquo;.
Nel caso di specie il giudice dominicano non poteva
pronunciarsi sullo scioglimento del vincolo matrimoniale, poich&eacute;
nessuno dei criteri di radicamento della giurisdizione applicabili
nel nostro ordinamento risultava essere stato adottato nella
sentenza straniera.
La Corte si preoccupa infine di sgombrare il campo dai dubbi
posti da un orientamento giurisprudenziale -richiamato dai
ricorrenti a sostegno dell'affermata disponibilit&agrave; della materia
divorzile- secondo il quale pu&ograve; essere dichiarata l'efficacia nel
nostro ordinamento di sentenze straniere di scioglimento del
vincolo coniugale, ancorch&eacute; pronunciate sulla base del mutuo
consenso dei coniugi e in assenza dell'accertamento
dell'irreversibile disfacimento della comunione coniugale (a
quest'ultimo accertamento &egrave; in sostanza limitato l'oggetto dei
giurisdicere nei divorzi a domanda congiunta nostrani).
Il giudice dominicano non poteva pronunciarsi sullo
scioglimento delle nozze, poich&eacute; nessuno dei criteri, di
radicamento della giurisdizione applicabili nel nostro ordinamento
risultava adottato nella sentenza straniera.
Le pronunce richiamate, afferma la Corte, non hanno la forza
di precedenti contrari sull'oggetto della controversia devolutale,
poich&eacute; in essi non era in dubbio o era comunque stata accertata
positivamente la giurisdizione del giudice straniero,
controvertendosi solo sulla contrariet&agrave; delle pronunce straniere
esaminate rispetto all'ordine pubblico (il riferimento &egrave;
specificamente a Cassazione 25 luglio 2006 n. 16978, su &laquo;Guida al
Diritto&raquo; n. .36/2006 pag. 38, che aveva affermato -incidenter
tantum e in maniera invero criptica- la natura disponibile della
materia dello scioglimento del vincolo coniugale).
IL RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE DI DIVORZIO PRONUNCIATE
NELL'UNIONE EUROPEA.
Vale la pena ricordare brevemente che per le decisioni
relative ai divorzi; alle separazioni e agli annullamenti, del
matrimonio, pronunciate nei Paesi membri dell'Unione europea e
riguardanti cittadini comunitari, non trovano applicazione le
norme di diritto internazionale privato appena citate bens&igrave;
occorre far riferimento al regolamento (Ce) n. 2201/2003 del
Consiglio del 27 novembre 2003, entrato pienamente in vigore nello
Stato italiano il 1 marzo 2005 (se ne pu&ograve; leggere il commento nel
n.1/2005 del supplemento Diritto comunitario e internazionale di
Guida al Diritto).
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Il capo III del Regolamento disciplina il riconoscimento e
l'esecuzione di dette decisioni, prevedendo anch'esso un
meccanismo automatico di efficacia.
L'Ufficiale di stato civile deve senz'altro provvedere
all'annotazione della decisione purch&eacute; essa presenti le condizioni
di autenticit&agrave; prescritte, sia allegato a essa un certificato da
cui risulti il requisito della non impugnabilit&agrave; qualora sia stata
resa in contumacia, nonch&eacute; la data da cui decorrono gli effetti
giuridici nello Stato membro in cui &egrave; stata .pronunciata.
Per contestare il riconoscimento, o per ottenerlo qualora, vi
sia stata contestazione, si deve inoltre esperire un'apposita
procedura (articolo 21) per l'accertamento della sussistenza o
meno dei requisiti di cui all'articolo 22 del regolamento.
Il riconoscimento pu&ograve; inoltre essere rifiutato per motivi in
linea di massima analoghi a quelli previsti dall'articolo 65 della
legge 218/1995, e cio&egrave; in caso di contrariet&agrave; all'ordine pubblico
della pronuncia, di violazione dei diritti del contraddittorio, e
infine di sussistenza di un contrasto di giudicati, ancorch&eacute; si
tratti di pronunce emesse in altri Stati membri.
Non &egrave; ammesso in ogni caso alcun riesame n&eacute; della competenza
del giudice che ha pronunciato n&eacute; tanto meno del merito della
pronuncia.
LA GIURISDIZIONE IN MATERIA DI AFFIDAMENTO E MANTENIMENTO DEI
FIGLI MINORI IN AMBITO COMUNITARIO.
&Egrave; interessante infine il richiamo che la Corte compie,nella
motivazione della sentenza in esame, dell'ordinanza delle sezioni
Unite n. 30646 del 30 dicembre 2011, nell'intento di dare maggiore
sostegno all'affermata inderogabilit&agrave; della giurisdizione in
materia di status e di diritti indisponibili che ne conseguono.
In tale ordinanza le sezioni unite hanno escluso che i
genitori possano derogare tacitamente alla giurisdizione prevista
per le domande relative all'affidamento dei figli e loro
mantenimento, giurisdizione che appartiene di massima al giudice
del luogo cui il minore risiede abitualmente, a norma dell'art.8
del Regolamento (Ce) n.2201/2003 del Consiglio del novembre 2003.
Si tratta invero di un criterio relativamente assoluto.
L'articolo 12 del regolamento citato, a determinate
condizioni, ammette infatti che le autorit&agrave; giurisdizionali dello
Stato, competenti a decidere sulle domande di separazione
personale dei coniugi, siano competenti anche per le domande
relative alla responsabilit&agrave; dei genitori che si ricollegano a
tali domande.
Per le decisioni relative ai divorzi, alle separazioni e agli
annullamenti del matrimonio, pronunciate nei Paesi Ue e
riguardanti cittadini comunitari, non trovano applicazione le
norme di diritto internazionale privato.
Devono per&ograve; ricorrere specifiche ulteriori condizioni: -che
almeno uno dei coniugi eserciti la responsabilit&agrave; genitoriale sul
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figlio, che la competenza giurisdizionale di detta autorit&agrave; sia
stata espressamente accettata da entrambi i coniugi e che la
deroga sia &laquo;conforme al superiore interesse del minore&raquo;.
L'individuazione della giurisdizione in capo a un giudice
diverso, rispetto a quello del luogo di residenza del minore, &egrave;
subordinata all'espressa e univoca accettazione dei coniugigenitori, cui &egrave; fisiologicamente rimessa la tutela dell'interesse
del minore.
Ecco perch&eacute; tale volont&agrave; non pu&ograve; essere desunta dal semplice
fatto che le parti abbiano accettato la giurisdizione del giudice
della separazione personale.
Secondo le sezioni Unite, ove si ritenesse l'accettazione
della giurisdizione sulla domanda di separazione idoneo
presupposto per la proroga della competenza anche sulle domande
relative alla responsabilit&agrave; dei genitori, si sostituirebbe al
parametro normativo indicato un altro, &laquo;basato su un consenso
prestato con riferimento a domanda non direttamente incidente
sulla posizione del minore, e indipendentemente da ogni.
valutazione circa l'interesse di questi&raquo;.
E ci&ograve; si tradurrebbe in sostanza in una violazione delle
norme. sulla giurisdizione in materia dl affidamento e
mantenimento dei figli minori in ambito comunitario.
Ci sembra che il richiamo di tale ordinanza si .giustifichi
pi&ugrave; che per sostenere l'inderogabilit&agrave; della giurisdizione in
materia familiare, per l'attenzione che la Corte ha voluto porre
sulla non completa consensualizzazione dei criteri di attribuzione
della giurisdizione, in un contesto come quello familiare che oggi
vede invece sempre pi&ugrave; allargarsi le frontiere dell'autonomia
privata, fino a consentire alla scelta concorde dei coniugi
appartenenti all'Unione l'individuazione della legge applicabile
al divorzio e alla separazione personale (giusto il recente
Regolamento Ue n. 1259/2011 adottato dai Consiglio il 20 dicembre
2010, Roma III, relativo all'attuazione di una cooperazione
rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla
separazione personale).