Vol. 23, Num. 2 Agosto 2014 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB - Roma ISSN 2280-8663 Periodico della Società Italiana di Citometria Modelli di refertazione in citometria ematologica, orientati per patologia Valutazione citofluorimetrica della modulazione di Fingolimod sui linfociti T effettori e regolatori in pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante Studio dell’espressione della molecola MUC18 (CD146) in cellule mesenchimali (MSC) isolate da diversi tessuti Periodico della Società Italiana di Citometria Vol. 23, Num. 2 DIRETTORE RESPONSABILE Raffaele De Vita COMITATO EDITORIALE Marco Danova Dipartimento di Medicina A.O. di Pavia S.C. di Medicina Interna e Oncologia Medica Ospedale Civile di Vigevano SOMMARIO Agosto 2014 Modelli di refertazione in citometria ematologica, orientati per patologia L. Del Vecchio 7 News in Bibliografia 13 Valutazione citofluorimetrica della modulazione di Fingolimod sui linfociti T effettori e regolatori in pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante remittente 19 Peer Review Journal Studio dell’espressione della molecola MUC18 (CD146) in cellule mesenchimali (MSC) isolate da diversi tessuti 25 Grafica: Renato Cafieri A. Cuneo Raffaele De Vita Unità Biologia delle Radiazioni e Salute dell’Uomo ENEA - Centro Ricerche Casaccia Roma Eugenio Erba Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” Milano Giuseppe Starace Istituto Medicina Sperimentale CNR Roma Volume 23, numero 2 - Agosto 2014 Lettere GIC Periodico della Società Italiana di Citometria Autorizz. del trib. di Roma n° 512/92 del 17/9/92 Edizione quadrimestrale Spedizione in abbonamento postale ISSN 2280-8663 a cura di “Marty DV.” L.D. Serpero, G. Filaci , A. Parodi, F. Battaglia, F. Kalli, D. Brogi, G.L. Mancardi, A. Uccelli, D. Fenoglio D. Campioni, A. Melandri, A. Fiocchi, L. Ferrari, S. Moretti, F. Lanza, Stampa: Redazione: Società Italiana di Citometria c/o Unità Biologia delle Radiazioni e Salute dell’Uomo ENEA Centro Ricerche Casaccia, s.p. 016 Via Anguillarese, 301 - 00123 ROMA 06/30484671 Fax 06/30484891 e-mail: [email protected] http://biotec.casaccia.enea.it/GIC/ Associato alla Unione Stampa Periodica Italiana In copertina, dal lavoro: “Studio dell’espressione della molecola MUC18 (CD146) in cellule mesenchimali (MSC) isolate da diversi tessuti” di D. Campioni, A. Melandri, A. Fiocchi, L. Ferrari, S. Moretti, F. Lanza, A. Cuneo - In questa figura viene messa in evidenza la strategia di gating nell’analisi delle D45neg/CD34neg/7-AADneg MSC dopo espansione in coltura e distacco con tripsina. Sono inoltre mostrati diversi casi di MSC in cui l’espressione del CD146 risulta negativa, come ad esempio in MSC isolate dal chorion o dal midollo ma dopo alcuni passaggi in coltura e dopo scongelamento. Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 SOMMARIO 5 Modelli di refertazione in citometria ematologica, orientati per patologia L. Del Vecchio Unità Operativa di Citometria Generale e Clinica, Istituto CEINGE - Napoli Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche, Università Federico II, Napoli Premessa Quest’articolo ha lo scopo di mostrare come la refertazione citometrica in ematologia1 non possa essere considerata un processo unico, invariabile, indipendente dalla patologia identificata. Refertare il risultato della caratterizzazione citometrica di un aspirato midollare in un paziente con leucemia acuta è altra cosa rispetto al refertare la tipizzazione di una sindrome mielodisplastica o di un linfoma non-Hodgkin. Sarebbe più giusto, pertanto, parlare di refertazioni citometriche in ematologia. Poiché sono al lavoro molti gruppi di studio nel campo della refertazione citometrica (compreso un Gruppo di Studio GIC), questo lavoro non intende offrire soluzioni a problemi ancora aperti ma piuttosto fornire qualche spunto di discussione sui contenuti che un referto citometrico dovrebbe mostrare. Uno dei compiti centrali della citometria clinico-ematologica è descrivere in maniera puntuale e approfondita la popolazione cellulare patologica. Maggiore sarà la competenza e la sensibilità del citometrista, più precisa e dettagliata sarà la descrizione, che apparirà più concretamente orientata verso la soluzione del problema diagnostico. Essere orientati verso la soluzione non significa ostentare in ogni caso una sicurezza diagnostica definitiva, tale da far pronunciare al referto il nome della patologia. Significa, piuttosto, restringere lo spettro delle ipotesi in modo efficace, orientando il destinatario del referto verso una o comunque poche patologie ematologiche. Secondo la normativa italiana, recepita da numerose strutture ospedaliere ed universitarie, il Biologo Clinico (ospedaliero o universitario) non può esprimersi, nel referto, in modo conclusivo verso una diagnosi. Questa restrizione è in contraddizione con la pratica quotidiana della maggioranza dei laboratori clinici, nei quali i Biologi refertano comunemente positività sierologiche e molecolari per HIV e per HCV (il che sottintende un chiaro orientamento diagnostico), gruppi sanguigni, prove di compatibilità crociata, analisi cariotipiche complete (anch’esse frequentemente correlate ad una diagnosi definitiva), test genetici di vario livello ed applicazione, tipizzazioni HLA (comprese tipizzazioni di interi gruppi familiari a scopo trapiantologico). Per la legge italiana il Biologo può refertare ma non diagnosticare. Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 Per fortuna, in campo citometrico, questa forma di limitazione è senza significato, perché il processo diagnostico in onco-ematologia è sempre multidisciplinare e gli specialisti sono chiamati a descrivere i loro reperti, componendo un tassello che produrrà, solo alla fine del processo, una diagnosi conclusiva. Di solito la sintesi di tutti i contributi diagnostici è operata dall’ematologo clinico, che, di volta in volta, decide come inquadrare il paziente, in conformità a tutti i contributi ricevuti. Nel caso dei linfomi, il peso maggiore sarà quello del patologo, mentre nel caso delle leucemie acute la morfologia e la citometria saranno le metodologie più efficaci per l’orientamento della diagnosi, mentre citogenetica e genetica molecolare forniranno la definizione della lesione genotipica, gli elementi per un inquadramento prognostico e lo spunto per una eventuale targeted therapy. In conformità a quanto detto, il referto citometrico in onco-ematologia non ha il compito di tirare conclusioni diagnostiche autonome e conclusive, indipendentemente da chi lo ha formulato. Dunque, il Biologo può refertare e firmare le indagini citometriche che produce. Quanti tipi di referto? In quest’articolo, a titolo di esempio, parleremo di almeno cinque tipi di refertazione differenti: Leucemie acute mieloblastiche Leucemie acute linfoblastiche Sindromi mielodisplastiche Linfomi non-Hodgkin Emoglobinuria parossistica notturna Con quale format refertare? La scelta del formato di referto non va operata sul sospetto diagnostico, ma su quanto realmente trovato. Capita, anche se la letteratura scientifica non segnala questi casi, di ricevere un campione di aspirato midollare accompagnato da un sospetto clinico di sindrome mielodisplastica e di ritrovare, in citometria, una chiara infiltrazione da linfoma non-Hodgkin, (ad esempio, di hairy cell leukemia). Due patologie distanti, nei testi di ematologia, centinaia di pagine, possono diventare elementi di diagnostica differenziale. In questo caso, useremo un formato di referto adatto a descrivere una proliferazione linfomatosa. ATTIVITÀ SCIENTIFICA 7 La percentuale di cellule patologiche: stabilirla citometricamente è rilevante? Negli esami citometrici, l’importanza di quantificare percentualmente le cellule patologiche varia in dipendenza del tessuto analizzato. In un aspirato midollare, ad esempio, la quantificazione delle cellule patologiche non va utilizzata come elemento di diagnostica differenziale. L’aspirato midollare studiato in citometria è di solito più povero in eritroblasti e in cellule patologiche infiltranti rispetto al mieloaspirato utilizzato per la morfologia convenzionale2,3. La diagnostica delle leucemie acute mieloidi si basa, fatta eccezione per alcune forme con fortissima identità genotipica [ad esempio leucemie acute mieloidi con t(8;21), inv(16) e t(15;17)] sul superamento di un cut-off predeterminato (nella maggioranza dei casi il 20% per le mieloblastiche e il 25% per le linfoblastiche) da parte delle cellule patologiche midollari4,5. La tecnica maggiormente abilitata a definire la percentuale di cellule patologiche è la morfologia del mieloaspirato, seguita, in selezionati casi, dall’esame istologico della biopsia ossea. Ad esempio, riporre importanza particolare sulla percentuale di blasti assegnata mediante citometria, nelle leucemie acute mieloblastiche e nelle sindromi mielodisplastiche, è un errore. Si può fare riferimento nel referto alla percentuale di blasti, ma non si deve utilizzare questo dato per costruire ragionamenti di diagnostica differenziale. È da ricordare sempre che la forza della citometria nelle leucemie acute è quella di definire la qualità delle cellule, la loro appartenenza a un lineage, il loro stadio maturativo e la loro eterogeneità/omogeneità. Altri tessuti, come il sangue periferico, non risentendo di particolari bias di campionamento, si prestano alla determinazione percentuale esatta delle cellule patologiche, come anche di quelle normali di accompagnamento. La cosa da ricordare, che un citometrista clinico sa perfettamente, è che nel quantificare esattamente la percentuale di cellule patologiche, è cruciale la scelta degli antigeni caratterizzanti. In genere i blasti in una leucemia acuta sono caratterizzati dalla presenza simultanea di più antigeni, oppure, essendo eterogenei, dalla presenza di distinti mosaici fenotipici su popolazioni differenti. La WHO raccomanda più volte, ma questo tutti i citometristi lo sanno, che enumerare le cellule CD34+ non equivale a contare i blasti. Refertazioni e diffusione della cultura citometrica I referti vanno discussi con gli ematologi clinici. Questo fa crescere i citometristi, ma produce un avanzamento culturale anche degli stessi ematologi. L’interazione costruttiva con l’ematologo clinico deve essere utilizzata come uno strumento di lavoro, al pari del citometro, dei reagenti e dell’abilità del citometrista. 8 Come esprimere i risultati, antigene per antigene? Il metodo più antico e ancora oggi molto usato è la perATTIVITÀ SCIENTIFICA centuale di cellule positive, antigene per antigene. Su come si definisca la positività di una cellula si può discutere, ma è comunque necessario un riferimento oggettivo per stabilire un cut-off di intensità oltre il quale una cellula è considerata positiva6-8. Un altro metodo è quello che, ripudiando la percentuale, propone di distinguere semplicemente gli antigeni in positivi e negativi. Il terzo è il metodo che fa riferimento all’intensità di marcatura, distinguendo gli antigeni in negativi, positivi a bassa intensità, positivi ad intensità intermedia, positivi ad alta intensità. Questo metodo, in genere, prevede la descrizione degli istogrammi anche sulla base di un’ispezione visuale in unimodali, bimodali e complessi (picchi multipli o ampi plateau). Qual è il modo migliore? Nessuno può dirlo, oggi. Ognuna di queste metodologie ha un suo diritto di esistere. Bisogna ricordare che mentre alcuni anni fa, a livello di società scientifiche citometriche, si discuteva (non senza un po’ di snobismo verso i lavori d’impostazione clinica) sulla necessità di abolire la valutazione percentuale, qualche ricercatore clinico pubblicava lavori sulle migliori riviste del mondo9, utilizzando rigorosamente e fieramente la percentuale di positività. Inoltre, va segnalato che in letteratura è presente un ricco dibattito sul potenziale predittivo diagnostico della mieloperossidasi citometrica, valutata mediante la percentuale di positività10-13. Nel nostro laboratorio abbiamo deciso, in particolare per le leucemie acute, di utilizzare un’integrazione dei vari metodi: (1) la positività percentuale di ciascun antigene, (2) la distinzione fra antigeni positivi ed antigeni negativi, (3) la distinzione fra intensità basse, medie ed alte, (4) la segnalazione di eventuali bimodalità (doppia popolazione) dell’istogramma. Ovviamente questa è una soluzione transitoria, in attesa che la letteratura si esprima in modo convincente e definitivo. Credo, comunque, che la percentuale di cellule positive per ciascun antigene non sia il metodo meno scientifico, e neanche il meno ricco di informazioni. Obiettivi della refertazione onco-ematologica La tabella 1 mostra schematicamente quali siano gli obiettivi delle refertazioni citometriche in onco-ematologia. Nei successivi paragrafi saranno analizzati separatamente gli obiettivi nelle leucemie acute mieloidi, leucemie acute linfoidi, sindromi mielodisplastiche, linfomi non-Hodgkin e emoglobinuria parossistica notturna. Leucemie acute mieloidi Lo scopo principale della caratterizzazione citometrica di una leucemia acuta mieloide non è quello di fornire una diagnosi finale, indipendente dal concorso di altre tecnologie e da ragionamenti di stampo clinico. Sebbene nella maggioranza dei pazienti la tipizzazione dei blasti porti concretamente verso un orientamento diagnostico, una ragguardevole percentuale di casi continua ad aver bisogno dell’attenta valutazione morfologica e dell’esatLettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 ta conta percentuale delle cellule patologiche e del surrounding cellulare non neoplastico14-19. Casi borderline, in cui il problema cruciale è quello di stabilire se possono essere classificati come sindromi mielodisplastiche ad alto rischio oppure come leucemie acute mieloblastiche, hanno bisogno di un’attenta valutazione morfologica del midollo osseo20,21. Nonostante questa limitazione (forse l’unica) la citometria a flusso è oggi il migliore strumento analitico per implementare le analisi morfologiche nelle leucemie acute mieloblastiche. Nel caso siano presenti due popolazioni, come nelle forme mielomonocitiche, esse vanno descritte separatamente, a sottolineare l’eterogeneità intraclonale della popolazione patologica. Nella tabella 1 sono riportate sei potenziali sezioni da includere nel referto, soprattutto nella parte testuale di commento conclusivo: (a) descrizione del fenotipo, (b) identificazione del lineage, (c) definizione formale della clonalità, (d) diagnosi definitiva, (e) template per malattia minima residua, (f) predizione genotipica. A una precisa descrizione del fenotipo, deve seguire un chiaro riferimento alla natura mieloide della proliferazione (identificazione del lineage). Per quanto riguarda la clonalità, non esiste un metodo che formalmente possa sancirla nelle leucemie acute mieloidi. Ad ogni modo, la drammatica espansione di precursori a fenotipo aberrante (ad esempio, CD34+, CD56+, CD33+, CD13+) è incontrovertibilmente un marcatore surrogato di clonalità. Non è possibile esprimersi con una diagnosi definitiva, perché non esiste la leucemia mieloblastica, ma le leucemie mieloblastiche. Sarà la diagnosi integrata a far tirare le somme. È molto utile stabilire già alla diagnosi il template per la malattia minima residua, scelto tra i LAIP (immunofenotipi associati alle leucemie) più efficaci22. Ultimo riferimento, se è possibile, va fatto al più probabile genotipo che sottende la proliferazione. Un Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 caso in cui può essere fatto riferimento al probabile genotipo è la leucemia acuta mieloblastica con t(8;21), in cui l’espressione del CD19 sulle cellule blastiche, l’alta espressione del CD34 e la chiara tendenza alla maturazione granulosa sono elementi predittivi sufficienti23. Nel caso della leucemia acuta mieloblastica con inv(16) o con t(16;16), un profilo fenotipico mielomonocitico, accanto al’espressione del CD2 ed un incremento della serie eosinofila possono essere indicativi24,25. Infine, la diagnosi di leucemia promielocitica con t(15;17) può essere predetta dalla completa negatività dei marcatori di maturazione mieloide (CD15, CD11b, CD11c, CD66b, CD66c), dalla presenza omogenea ed intensa del CD45RA, dall’espressione alta e omogenea del CD33, accompagnata da un’espressione più bassa ed eterogenea del CD1326,27. Le anomalie della banda cromosomica 11q23 possono essere predette da un atteggiamento fenotipico monoblastico/mielomonocitico e dalla presenza dell’antigene NG24. In sintesi la conclusione del referto dovrà contenere: (a) descrizione puntuale del mosaico antigenico ed eventuale segnalazione di una doppia popolazione cellulare; (b) chiaro riferimento alla natura mieloide delle cellule patologiche; (c) disegno dell’analisi multiparametrica che servirà per lo studio della malattia minima residua; (d) suggerimento a ricercare la lesione genotipica più probabile. Leucemie acute linfoidi Nelle leucemie acute linfoblastiche B le possibilità di esprimersi secondo una classificazione precisa sono maggiori, perché la letteratura ci offre una classificazione tutta citometrica (pro-B, pre-preB, pre-B e B mature). Dunque nel referto è possibile, forse anche opportuno, esprimersi in termini di “netta espansione di una popolazione di cellule a fenotipo pro-B”, oppure “netta prevalenza di cellule blastiche a fenotipo pre-pre-B” etc. La ATTIVITÀ SCIENTIFICA 9 clonalità può essere formalmente sancita nelle forme mature Burkitt-like, attraverso la restrizione kappa-lambda di superficie. Il template per la malattia minima residua va inserito nel referto e deve prevedere gli antigeni caratterizzanti l’atipia del fenotipo (asincronismi) accanto, specie nelle forme pediatriche, al CD58. Per quanto riguarda la possibilità di predire il genotipo, l’espressione di CD19 accanto alla negatività di CD10 e la positività di CD15, CD65 e NG2 deporrà fortemente in favore di un’alterazione del tipo t(v;11q23) con riarrangiamento di MLL; l’espressione del CD25 (spesso associata a CD69), accanto all’espressione rilevante di antigeni mieloidi, di CD19, CD10 e TdT sarà predittiva di t(9;22) BCR-ABL1; i classici casi “common” con co-espressione di CD19, CD10 e CD34 (pre-pre-B), accanto alla negatività di CD20 suggeriranno l’alterazione citogenetica t(12;21) TEL-AML1; nei casi CD19+CD10+ ed incremento della popolazione eosinofila dovrà essere attesa la t(5;14) (IL3-IGH); i casi negativi (o quasi) per CD34 e positivi per CD19, CD10, e spesso CD20 (pre-B) saranno predittivi di una citogenetica t(1;19) (q23;p13.3) E2A-PBX128. Anche nelle leucemie acute linfoblastiche T la situazione è abbastanza chiara, poiché si tratta di distinguere le forme di leucemia early-T (CD7+, CD99+, CD2+/-. CD5+/-, CD4-, CD8-, CD1a-) dalle forme più differenziate (CD7+, CD2+, CD5+, CD4+ e/o CD8+, e/o CD1a+/-). La clonalità (ed anche la neoplasticità) è sancita indirettamente dalle aberrazioni fenotipiche e dall’abnorme localizzazione: cellule a fenotipo intratimico non possono essere presenti nel midollo osseo, se non in casi di leucemia/linfoma T. Il template per la malattia minima residua deve essere descritto nel referto e deve comprendere gli asincronismi maturativi ed i marcatori di abnorme localizzazione (CD1a). La predizione del genotipo può essere compiuta, ad esempio, nei casi di leucemia linfoblastica T CD117/c-kit positivi, in cui si possono prevedere le mutazioni a carico di FLT3 (sia puntiformi che internal tandem duplication)25,29-31. In sintesi la conclusione del referto dovrà contenere: (a) descrizione puntuale del mosaico antigenico; (b) chiaro riferimento alla natura linfoide T o B delle cellule patologiche e livello differenziativo da esse raggiunto (classificazione immunologica diagnostica); (c) nel caso delle forme Burkitt-like, dimostrazione formale della clonalità; (d) disegno dell’analisi multiparametrica che servirà per lo studio della malattia minima residua; (e) suggerimento a ricercare la lesione genotipica più probabile. 10 Linfomi non-Hodgkin Per quanto riguarda i linfomi non-Hodgkin, l’obiettivo della refertazione è di distinguere nettamente forme a fenotipo T da forme a fenotipo B, di mostrare alcune peculiarità fenotipiche (ad esempio positività per marcatori del mantello o del centro germinativo), e di sancire formalATTIVITÀ SCIENTIFICA mente la clonalità. La definizione formale di alterazione clonale si ottiene facilmente nelle proliferazioni B attraverso la restrizione kappa-lambda di superficie. Nei linfomi T si può utilizzare la caratterizzazione fenotipica delle varianti della catena β del T cell receptor, sebbene questo vada considerato un test surrogato di clonalità, piuttosto che una dimostrazione diretta. Nella refertazione della citometria dei linfomi non bisogna mai esporsi con una definizione diagnostica definitiva. Va ricordato che la classificazione dei linfomi è istologica, e non si può ottenere una diagnosi istologica con una tecnica citologica. Il compito del referto citometrico è quello di definire l’appartenenza della cellula patologica ad un lineage e la sua clonalità. Sebbene la letteratura non si sia mai pronunciata in questo campo, è bene costruire un template per la ricerca della malattia minima residua. Disegnare un template al termine della caratterizzazione di una sospensione linfonodale, può essere molto utile per cercare la malattia nel midollo osseo e dare un contributo alla valutazione dell’infiltrazione midollare durante il follow-up. Infine, non è necessario, né possibile, dare un contributo alla predizione del genotipo nei linfomi. In sintesi la conclusione del referto dovrà contenere: (a) descrizione puntuale del mosaico antigenico; (b) chiaro riferimento alla natura linfoide T o B delle cellule patologiche; (c) dimostrazione formale della clonalità (restrizione kappa-lambda nei linfomi B, surrogato di clonalità nei linfomi T); (d) disegno dell’analisi multiparametrica che servirà per lo studio dell’infiltrazione midollare della malattia. Sindromi mielodisplastiche La refertazione delle sindromi mielodisplastiche è un argomento ancora molto delicato, come è, in generale, la tipizzazione citometrica del midollo osseo nelle sindromi mielodisplastiche. Non sono ancora chiari i principali parametri da inserire in un referto e non è ancora chiaro l’impatto diagnostico della citometria, sebbene si riconosca a questa un impatto rilevante sulla prognosi. Le conclusioni del referto dovranno contenere una descrizione generale del fenotipo midollare nelle varie popolazioni studiate. E’ importante segnalare il numero di alterazioni riscontrate, rispetto al midollo osseo normale20,21. Non è ancora possibile definire la clonalità dell’emopoiesi, né stabilire una diagnosi definitiva. E’ altresì non indicato disegnare pannelli per la malattia minima residua (fatta eccezione per casi che, essendo in evidente trasformazione, si candidano a diventare in breve delle leucemie acute mieloidi) né tentare di trovare elementi predittivi del genotipo. In sintesi la conclusione del referto dovrà contenere: (a) descrizione puntuale del mosaico antigenico di varie popolazioni midollari (precursori, cellule granulose, eritroblasti); valutazione critica e segnalazione della numerosità delle alterazioni rilevanti riscontrate. Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 Emoglobinuria parossistica notturna (EPN) La refertazione nel caso dell’emoglobinuria parossistica notturna deve rendere evidenti le alterazioni fenotipiche caratteristiche della patologia (negatività degli antigeni GPI-linked) a carico di granulociti, monociti ed eritrociti. Il reperimento di una rilevante popolazione negativa per le molecole GPI-linked (normalmente questa popolazione è nell’ordine di grandezza di 5-10 cellule su un milione) è implicitamente una dimostrazione di clonalità. La presenza del clone EPN porta a una diagnosi definitiva, nel senso che un paziente con il clone, per quanto piccolo esso sia, è portatore di un’EPN. Si tratta di stabilire a quale classe di Parker l’EPN appartiene, ossia se è un’EPN florida, un’EPN simultanea a una patologia da insufficienza midollare, o un’EPN subclinica32. I pannelli oggi esistenti per l’EPN sono capaci di seguire il clone persino quando esso è molto piccolo (10-4). Per quanto riguarda il genotipo, non è possibile stabilire la mutazione a carico del gene PIG-A, ma è possibile stabilire se il difetto di ancora GPI è sostenuto da una mutazione che ne abolisce l’espressione (EPN3) o che ne riduce l’espressione (EPN2). In sintesi la conclusione del referto dovrà contenere: (a) descrizione puntuale del difetto delle molecole GPI-linked su granulociti, monociti ed eritrociti, che rappresenta un riferimento indiretto alla clonalità della proliferazione; (b) diagnosi definitiva di PNH, che coincide con la presenza del clone, anche se di ridotte dimensioni (0.01%). Conclusione La refertazione citometrica in onco-ematologia è un argomento complesso ed in evoluzione. Numerosi gruppi di studio sono all’opera per cercare di stilare delle linee guida. Alcune impostazioni tendono alla semplificazione, altre al rispetto della complessità dell’argomento. In quest’articolo abbiamo semplicemente cercato di segnalare l’enorme sforzo che ancora è necessario per ottenere uni referto efficace, esportabile a vari ambienti diagnostici, semplice ma comprensivo di tutte le informazioni utili all’inquadramento del caso. Abbiamo anche cercato di sostenere che non è tanto importante il formato, ma il contenuto del referto, e che ogni patologia ha i suoi contenuti. Bibliografia 1. Del Vecchio L, Brando B, Lanza F, Ortolani C, Pizzolo G, Semenzato G, Basso G; Italian Society for Cytometry. Recommended reporting format for flow cytometry diagnosis of acute leukemia. Haematologica 89(5),594-8 (2004) 2. Loken MR, Chu SC, Fritschle W, Kalnoski M, Wells DA. Normalization of bone marrow aspirates for hemodilution in flow cytometric analyses. 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Blood 106(12),3699-709 (2005) Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 News in Bibliografia a cura di “Marty DV.” Differential expression of granulopoiesis related genes in neutrophil subsets distinguished by membrane expression of CD177 Hu N, et al. PLoS One. 2014 Jun 13;9(6):e99671. doi: 10.1371/journal.pone.0099671. Differential gene expression in CD177+ and CD177neutrophils was investigated, in order to detect possible differences in neutrophil function …………….. Neutrophils were isolated from healthy controls (HC) with high, negative or bimodal CD177 expression, and sorted into CD177+ and CD177- subpopulations…….. CD177 expression on neutrophil precursors in bone marrow was analyzed using quantitative PCR and flowcytometry. The proportion of CD177+ cells increased during neutrophil maturation in bone marrow…….. patients had higher amounts of CD177+ neutrophils, but contrary to neutrophils from HC expression of GP-genes was increased, possibly due to activation. The neutrophil population can be distinguished by membrane expression of CD177 into subsets ……... Hypoxia induced impairment of NK cell cytotoxicity against multiple myeloma can be overcome by IL-2 activation of the NK cells Sarkar S, et al. PLoS One. 2013 May 28;8(5):e64835. doi: 10.1371/journal.pone.0064835. We aim to develop allogeneic Natural Killer (NK) cell immunotherapy for MM. As the BM contains hypoxic regions and the tumor environment can be immunosuppressive, we hypothesized that hypoxia inhibits NK cell anti-MM responses. NK cells were isolated from healthy donors by negative selection and NK cell function and phenotype were …….. Hypoxia reduced NK cell killing of MM cell lines in an oxygen dependent manner, …….. the percentage of degranulating NK cells was slightly reduced. Adaptation of NK- or MM cells to hypoxia was not required, …….. Hypoxia did not alter surface expression of NK cell …….. Pre-activation of NK cells by IL-2 abrogated the detrimental effects of hypoxia and increased NKG2D expression. …….. Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 Hypoxia abolishes the killing potential of NK cells against multiple myeloma, which can be restored by IL2 activation ……… Reproducibility studies for experimental epitope detection in macrophages (EDIM) Japink D, et al. J Immunol Methods. 2014 May;407:40-7. doi: 10.1016/j.jim.2014.03.018 We have recently described epitope detection in macrophages (EDIM) by flow cytometry. This is a promising tool for the diagnosis and follow-up of malignancies …….. The pre-analytic and analytic phases were investigated. Five different aspects were assessed: …….. The outcomes in the pre-analytic phase showed that samples are stable for 24h after …….. Biological variation over time was similar to that of serum tumor marker assays; …….. Intra-assay variation showed good reproducibility, while inter-assay variation showed reproducibility similar to …….. Under optimal analytic conditions the …….. Positive selection for CD90 as a purging option in acute myeloid leukemia stem cell transplants Feller N, et al. Cytometry B Clin Cytom. 2008 Jan;74(1):9-16. Several studies showed the benefit of purging of acute myeloid leukemia (AML) stem cell transplants. We reported previously that purging by positive selection of CD34+ and CD133+ cells …….. Similar to CD34 and CD133, CD90 marks the hematopoietic CD34 positive stem cells capable of full hematopoietic recovery after myeloablative chemotherapy, ……... CD90 expression was established by flowcytometry in diagnosis AML on the clonogenic AML CD34+ blast population by flow cytometry. …….. we found coexpression of CD34 and CD90 (>3%) in 42 cases (35%). In AML patients 60 years or younger, representing the patients who are eligible for transplantation, only 23% (16/69) of the patients showed CD90 expression. Positive selection for CD90 in transplants containing CD90 negative AML …….. Purging by positive selection using CD90 can potentially be applied effectively …….. NEWS IN BIBLIOGRAFIA 13 Correlation of morphologic and cytochemical diagnosis with flowcytometric analysis in acute leukemia Belurkar S., et al. J Cancer Res Ther. 2013 Jan-Mar;9(1):71-9. doi: 10.4103/0973-1482.110378. The classification of acute leukemias has revolutionized over the years. Immunophenotyping of …….. The various antigens expressed by the leukemic cells can be assessed by flowcytometry (FCA) and can be used in rendering specific treatment and predicting …….. The main aim of this study was to compare the morphologic and cytochemical diagnoses with flowcytometric diagnoses …….. In this study we analyzed 50 cases of acute leukemia and found concordance rate as high as 86% between morphologic/cytochemical diagnosis and flowcytometric diagnosis. ........ FCA not only helps in confirming morphologic diagnosis in acute leukemia but also helps in assigning specific lineage to the blasts, …….. Increased mitochondrial apoptotic priming of human regulatory T cells after allogeneic hematopoietic stem cell transplantation Kazuyuki Murase, et al. Haematologica September 201499:1499-1508; doi:10.3324/haematol.2014.104166 CD4 regulatory T cells play a critical role in establishment of immune tolerance and prevention ……….The recovery and maintenance of regulatory T cells is dependent on homeostatic factors including the generation of naïve regulatory T cells ……... In this study, quantitation of mitochondrial apoptotic priming was used to compare susceptibility of regulatory T cells, conventional CD4 T cells and CD8 T cells to intrinsic pathway apoptosis …….. In healthy donors, regulatory T cells are more susceptible to mitochondrial priming than conventional T cells. Mitochondrial priming is increased after hematopoietic stem cell transplantation ……... Regulatory T cells express high levels of CD95 and are also more susceptible than conventional T cells to apoptosis through the extrinsic pathway. However, CD95 expression and extrinsic pathway apoptosis is not increased …….. Sensitivity improvement in fluorescence-based particle detection Kettlitz SW1, et al. Cytometry A. 2014 Sep;85(9):746-55. doi: 10.1002/cyto.a.22499. Epub 2014 Jun 17. Microfluidic flow cytometers are highly interesting candidates for biomedical point-of-care applications. However, the sensitivity, reliability, and throughput of these systems must be improved to provide …….. One proposed method to improve fluorescence detection systems is to use spatial modulation techniques. We derive the noise-related statistics and calculate the coefficient of variation for a detection system with and without spatial modulation. We measure the noise properties of a nonmodulated microfluidic fluorescence particle detection …….. Ł. Sędek, et al. Cytometry Part B: Clinical Cytometry DOI: 10.1002/cyto.b.21176 (pages 329–339) Currently, there are three major maturational stages of CD19 antigen expressing B-cell precursors (hematogones). In B-cell precursor acute lymphoblastic leukemia (BCP-ALL), the malignant counterpart of hematogones, Different rates of DNA replication at early versus late S-phase sections: Multiscale modeling of stochastic events related to DNA content/EdU (5-ethynyl-2′′deoxyuridine) incorporation distributions Biao Li, et al. Article first published online: 3 JUN 2014 | DOI: 10.1002/cyto.a.22484 Mathematical modeling allows relating molecular events to single-cell characteristics assessed by multiparameter cytometry. In the present study we labeled newly synthesized DNA ……... All DNA was stained with DAPI and cellular fluorescence was measured by laser scanning cytometry. The frequency of cells in the ascending (left) side of the “horseshoe”-shaped EdU/DAPI bivariate distributions reports …….. To understand the connection between molecular-scale events and scatterplot asymmetry, we developed a multiscale stochastic model, which simulates DNA replication and cell cycle progression of individual cells …….. For each S-phase cell the time points at which replication origins are fired are modeled by a non-homogeneous Poisson …….. distributions are assumed for durations of cell cycle phases (G1, S and NEWS IN BIBLIOGRAFIA Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 The immunophenotypes of blast cells in B-cell precursor acute lymphoblastic leukemia: How different are they from their normal counterparts? 14 the leukemic blasts share common phenotypic features. The aim of the study was to enumerate the actual differences between the leukemic blasts in the CD10+ and CD10− subgroups of BCP-ALL ……... To enable quantitative assessment of antigen expression on the different cell types, an objective scale of antigen expression was developed, the basis of which was direct fluorescence measurement using multicolor flow cytometry ……… Multiparameter flow cytometry combined with the use of absolute antigen expression scale based on direct fluorescence measurement, has enabled a clear distinction between blasts in BCP-ALL cases and their normal counterparts. This novel and previously undescribed method has allowed …….. G2M), Depending on the rate of DNA synthesis being an increasing or decreasing function, …….. Assuming NHPP rate estimated from independent experiments, simulated EdU/DAPI …….. This finding proves consistency between the S-phase DNA-replication rate based on molecular-scale analyses, and cell population kinetics ……… Our approach opens a possibility of similar modeling to study the effect of anticancer drugs on DNA replication/cell cycle progression and also …….. Standardized flow cytometry assay for identification of human monocytic heterogeneity and LRP1 expression in monocyte subpopulations: decreased expression of this receptor in nonclassical monocytes Ferrer DG, et al. Cytometry A. 2014 Jul;85(7):601-10. doi: 10.1002/cyto.a.22455. Epub 2014 Mar 17. In this article, we present a flow cytometry assay by which human blood monocyte subpopulations-classical (CD14(++) CD16(-)), intermediate (CD14(++) CD16(+)), and nonclassical (CD14(+) CD16(++)) monocytes-can be determined. Monocytic cells were selected from CD45(+) leukocyte subsets by differential staining of …….. Percentages of monocyte subpopulations established by this procedure were significantly comparable with those obtained by a well-standardized flow cytometry assay based on the HLA-DR …….. Finally, we established the within-individual biological variation (bCV%) of circulating monocyte subpopulations in healthy donors, obtaining values of 21%, 20%, and 17% for nonclassical, intermediate, and classical monocytes, respectively. Similar values of bCV% for LRP1 measured in each monocyte subpopulation were also obtained, suggesting that ……. Valutazione citofluorimetrica della modulazione di Fingolimod sui linfociti T effettori e regolatori in pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante remittente L.D. Serpero, G. Filaci , A. Parodi, F. Battaglia, F. Kalli, D. Brogi, G.L. Mancardi, A. Uccelli, D. Fenoglio Abstract La sclerosi multipla (SM) è una patologia progressiva a carattere infiammatorio e patogenesi autoimmune che interessa il sistema nervoso centrale (SNC), che colpisce oltre un milione di individui nel mondo ed è la più comune causa non traumatica di disabilità neurologica nell’età adulta. Fingolimod (FTY720), un farmaco di nuova generazione, agisce come antagonista non selettivo del recettore S1P presente sui linfociti T e linfociti B, inducendo queste cellule a rimanere nel linfonodo e riducendo il loro ingresso nel sistema nervoso centrale. Scopo di questo studio è stato caratterizzare la produzione di IL-17 e IFNγ da parte di linfociti T effettori CD4 e CD8 e la frequenza dei linfociti T regolatori (Treg) CD4+CD25highCD127low in pazienti SM pre- e post-terapia con Fingolimod. Non è stata osservata alcuna differenza significativa nella percentuali di linfociti T CCR6 e CD161 positivi sia nella popolazione CD4 sia CD8. Al contrario, è stata osservata una riduzione significativa dei livelli sia di linfociti T CD4+ CCR6+ CD161+ e CD8+ CCR6+ CD161+ producenti IFN-γ da solo o in combinazione con IL-17. In particolare, la percentuale di linfociti T secernenti IL-17 in entrambi i subset cellulari è stata influenzata in maniera meno marcata. Infine, è stata osservata una riduzione di cellule regolatorie T CD4+ CD25highCD127low in pazienti SM rispetto ai controlli la cui frequenza è risultata significativamente aumentata in seguito a terapia con Fingolimod. In conclusione, si può affermare che Fingolimod sia in grado di modulare l’attività di linfociti potenzialmente patogenetici in grado di produrre citochine pro-infiammatorie ed aumentare la popolazione di linfociti T regolatori in circolo contribuendo al ripristino del bilancio tra queste due popolazioni. Introduzione La SM è una patologia cronica, progressiva, su base autoimmunitaria causata dall’infiltrazione di linfociti T autoreattivi nei confronti della mielina nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) e nel midollo spinale il cui processo infiammatorio ed neurodegenerativo genera placche sclerotiche che costituiscono il vero hallmark della patologia (1). Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 Nel soggetto sano, l’instaurarsi di una risposta autoimmunitaria nei confronti del SNC è preservata da un equilibrio finemente regolato tra linfociti T e B autoreattivi e T regolatori. È ormai consolidato che sia linfociti Th1 che Th17 contribuiscano in maniera importante all’instaurarsi delle condizioni patologiche della SM (2, 3). Sebbene il coinvolgimento di queste cellule nella patogenesi della SM sia stato ampiamente studiato, recentemente è stato evidenziato anche una partecipazione di linfociti T CD8+ (4). Inoltre, lavori più recenti hanno descritto la presenza di linfociti T CD8+ secernenti IL17, denominati Tc17 (5), tra le cellule infiltranti le placche in pazienti SM (6, 7). Inoltre, recentemente è stata dimostrata la presenza di linfociti T CD161highCD8+ in pazienti MS (8). Si ipotizza che i linfociti T regolatori (Treg) abbiano il compito di modulare l’attività dei linfociti T autoreattivi nel tentativo di mantenere uno stato di omeostasi del sistema immunitario. Nell’uomo i linfociti T regolatori sono caratterizzati dal fenotipo T CD4+CD25+FoxP3+ e da una bassa espressione del recettore per l’IL-17, CD127 (9) e da un’elevata espressione del CD39, una ectonucleotidasi con funzione immunosoppressiva con bassa espressione su linfociti T regolatori circolanti di pazienti con la forma RRSM (10). Fingolimod (FTY720), è un farmaco di nuova generazione approvato per il trattamento della forma RRSM, che agisce come antagonista non selettivo del recettore S1P presente sui linfociti T e linfociti B (11, 12). Nella sua forma fosforilata causa l’internalizzazione e degradazione del recettore di membrana S1P, uno dei cinque recettori per la sfingosina presenti su diversi tipi cellulari, che riveste un ruolo critico nel regolare l’ingresso dei linfociti T e B da linfonodi e organi linfoidi secondari al circolo. La conseguente ritenzione negli organi linfoidi è mediata dall’espressione della molecola di membrana CCR7 espressa dai linfociti T memoria (13). Queste caratteristiche hanno consentito di dimostrare che Fingolimod è in grado di ridurre in maniera significativa il numero di linfociti T circolanti interferendo sui subsets di linfociti T naive e della memoria centrale (14, 15). In questo studio ci siamo occupati di valutare l’effetto della terapia con Fingolimod su subset cellulari di linfoATTIVITÀ SCIENTIFICA 19 citi T periferici rilevanti per la patogenesi della SM focalizzando l’attenzione sulla reciproca relazione tra il braccio effettore e regolatore della risposta immunitaria in pazienti affetti da RRSM pre- e post- somministrazione di FTY720. 20 Materiali e metodi Dieci donatori affetti da RRSM sono stati selezionati e reclutati in seguito a firma di consenso informato per il recupero di campioni di sangue periferico, immediatamente prima dell’inizio della terapia con Fingolimod, e un mese post-terapia. I pazienti sono stati dunque trattati con 0.5 mg di farmaco una per/die per un mese, in accordo con le indicazioni correnti per la terapia con Fingolimod. Campioni di sangue periferico sono stati inoltre ottenuti da 10 donatori sani conformi per sesso ed età. Il numero dei pazienti per ciascun esperimento è indicato nella legenda delle figure. Lo studio è stato approvato dal comitato etico dell’IRCCS dell’Università di Genova Ospedale San Martino. Anticorpi Monoclonali (mAbs): Per la colorazione e l’analisi citofluorimetrica sono stati utilizzati i seguenti anticorpi: allophycocianin (APC)-cyanin 7 conjugated anti-CD3, Horizon 500 conjugated anti-CD3, APC conjugated anti-CD25, phycoerytrin (PE) conjugated antiCCR6, PE conju-gated anti-CD127, Pe-cyanin 7 conjugated anti-IFNγ, fluo-rescein isothiocynate (FITC) conjugated anti-CD39, PE-Cy7 anti-CD4 (Becton Dickinson (BD) Biosciences); PerCP-cyanin 5.5 conjugated antiCD8 (Biolegend); FITC conjugated anti-IL-17A (eBioscience); APC conjugated anti-CD161 (Miltenyi Biotec). Generazione di linee cellulari T short-term e valutazione di citochine intracellulari: cellule mononucleate da sangue periferico (PBMC) sono state isolate in seguito a prelievo venoso in provette eparinate e separate utilizzando un sistema a gradiente di densità con FicollHypaque (Biochrom). Linee cellulari di linfociti T shortterm sono stati generati mediante stimolazione di PBMC alla concentrazione di 3×106 cells con anticorpi antiCD3 e anti-CD28 mAbs (BD) come precedentemente descritto (Fenoglio et al. 2011). La frequenza di linfociti T short-term secernenti citochine è stata valutata in seguito a stimolazione con phorbo-12-myristate-13-acetate (PMA 50 ng/ml, Sigma) e ionomicina (2 µg/ml, Sigma) come altrove descritto (16). Il profilo di produzione di citochine in vitro è stato valutato mediante analisi con FACSCanto II flow cytometer (BD Bioscience) e FACSDiva software, su una popolazione di 30000 cellule T CD3+ vitali. I risultati sono stati espressi come percentuale di cellule CD3+, CD8+ or CD3+ CD8- (per i CD4) attivate secernenti citochine, sottraendo la percentuale di linfociti T non attivati secernenti citochine spontaneamente. Caratterizzazione T regolatorie: a caratterizzazione fenotipica è stata valutata su 1× 106/100 µl PBMC colorati ATTIVITÀ SCIENTIFICA con i seguenti anticorpi: fluorochrome-conjugated anti-CD3, -CD4, -CD25, -CD127, -CD39. LIVE/DEAD (Invitrogen/Molecular Probes) è stato aggiunto per escludere le cellule morte. I campioni sono stati analizzati con citofluorimetro FACSCanto II flow cytometer mediante l’utilizzo di software FACSDiva. Analisi statistica: differenze statisticamente significative sono state analizzate mediante test non parametrico Mann–Whitney utilizzando il software GraphPad Prism, Version 4.00. Risultati CD8 La frequenza di linfociti T CCR6- e CD161-positivi non è influenzata da trattamento con FTY720 Dal momento che le molecole di superficie CD161 e CCR6 sono considerati marcatori affidabili per la caratterizzazione di linfociti Th17, nel totale della popolazione di linfociti T circolanti CD4+ e CD8+ è stata analizzata l’espressione di linfociti T CD161 e CCR6 positivi, pre- e un mese post-terapia orale con FTY720. La valutazione è stata fatta sia in “ex-vivo” che su linfociti T attivati via TCR e i dati ottenuti paragonati a quelli ricavati su controlli sani. La frequenza dell’espressione delle molecole di superficie CCR6+ e CD161+ su linfociti T CD4+ e CD8+ di pazienti SM non hanno mostrato alcuna differenza statisticamente significativa rispetto ai controlli ne’ pre- ne’ post-farmaco (Fig. 1a–d). Per valutare se l’attivazione di queste cellule potesse causare un qualche significativo cambiamento nella frequenza delle popolazioni cellulari analizzate, le stesse valutazioni sono state condotte su linfociti T attivati via TCR. Anche in questo caso non sono state osservate differenze statisticamente significative nella frequenza dell’espressione delle molecole CCR6 e CD161 in linfociti T CD4+ e CD8+ da PBMC isolati pre- e post-trattamento con Fingolimod. (Fig. 1e–h). Tutti insieme questi dati suggeriscono come Fingolimod non sia in grado di influenzare la popolazione di linfociti T periferici esprimenti le molecole CCR6 e CD161. FTY720 reduce significativamente la produzione di citochine pro-infiammatorie in subset cellulari T CD4+ Contemporaneamente alle precedenti valutazioni abbiamo deciso di valutare il contenuto di citochine infiammatorie, in particolare IFN-γ e IL-17, in seguito ad attivazione via TCR. La percentuale di linfociti T CD4+ secernenti IL-17 in pazienti SM risulta significativamente ridotta in seguito ad un mese di terapia con Fingolimod rispetto ai livelli pre-farmaco (p=0.03; Fig. 2b). Al contrario, non è stato osservato la stessa efficacia per quel che riguarda la produzione di un’altra citochina infiammatoria, l’IFNγ da parte di linfociti T. (Fig. 2a). Ad ogni modo, la frequenza di linfociti T CD4+ secernenti citochine risultava ridotta post-trattamento con Fingolimod (p=0.05; Fig. 2c). Inoltre, nella sottopopolazione di linfociti T CCR6+ CD4+ è stata osservato un significativo effetto sulla percentuale di cellule secernenti IFN-γ (p=0.01; Fig. 2d) Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 mentre è stato evidenziato solo un trend per quel che riguarda la produzione di IL-17 (Fig. 4b). Quando è stata svolta un’analisi combinata della produzione di entrambe le citochine nella sottopopolazione di cellule T CCR6+ CD4+ è stata osservata una significativa diminuzione in seguito ad un mese di terapia con FTY720 (p=0.05; Fig. 2f). Risultati simili sono stati ottenuti quando è stato analizzata la sottopopolazione di linfociti T CD161+ CD4+, confermando l’abilita’ da parte di FTY720 di inibire la produzione della citochina IFN-γ, ma non IL-17 pre- e post- somministrazione orale in pazienti SM (p=0.002; Fig. 2g–i). Similmente, la produzione di IL-17 e IFN-γ da parte di linfociti T risulta significativa solo per la sottopopolazione di cellule CD161+ CD4+ (p=0.02; Fig. 2h). Questi risultati suggeriscono che fingolimod abbia un ruolo significativo solo sulla sottopopolazione di cellule CCR6 e secernenti IFN-γ e IL-17. FTY720 riduce la produzione di IFN-γγ ed IL-17 in linfociti T CD8+ In una seconda parte di esperimenti siamo andati a valutare se la somministrazione di fingolimod potesse influenzare il numero di cellule secernenti IFN-γ e IL-17 nel compartimento di linfociti T CD8+. Abbiamo osservato una differenza statisticamente significativa nella diminuzione della percentuale di cellule secernenti IFNγ (p=0.014; Fig. 3a), non evidente invece per quel che riguarda la produzione di IL-17 sa sola o in combinazioLettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 ne con IFN-γ (Fig. 3b e c). abbiamo inoltre osservato una significativa diminuzione nella percentuale di linfociti T CCR6+ CD8+ secernenti IFN-γ da solo o in combinazione con IL-17 in pazienti SM dopo un mese di terapia con il farmaco (p=0.003, Fig. 3d e p=0.009, Fig. 3f rispettivamente). La percentuale di cellule secernenti IL-17 nel compartimento di linfociti T CCR6+ CD8+ non risultava statisticamente significativa pre- o post-somministrazione con FTY720 (Fig. 3e). inoltre, anche il numero di cellule CD161+ CD8+ producenti IFN-γ da solo o in associazione con IL-17 risultava diminuire marcatamente in seguito a trattamento con fingolimod per un mese rispetto ai livelli osservati prima dell’inizio della terapia (p=0.05, Fig. 3g con p=0.03, Fig. 3i rispettivamente). La diminuzione della percentuale di cellule T CD161+CD8+ producenti IL-17 non risulta invece statisticamente significativa (Fig. 3h). Dal momento che è stato precedentemente riportato che linfociti T CD161bright coesprimenti CCR6 rappresentano la fonte principale di cellule secernenti IL-17 e IFN-γ nel compartimento di cellule CD8+ (8), abbiamo deciso di analizzare questa sottopopolazione di cellule nella nostra coorte di pazienti SM pre- e post-somministrazione orale di Fingolimod. La frequenza di cellule CD8+ CD161highCCR6+ secernenti IFNγ da solo o in combinazione con IL-17 è risultata significativamente ridotta in seguito a trattamento con il farmaco rispetto ai livelli riscontrabili all’inizio della terapia (p=0.005; Fig. 3j con p=0.03 Fig. 3l). I dati finora ottenuti confermano che, similmente a quanto osservato nel compartimento cellulare di linfociti T CD4+, anche i livelli di cellule CD8+ esprimenti CD161 e CCR6 e secernenti IFN- e, in misura minore, IL-17, diminuiscono in seguito a terapia con fingolimod. FTY720 aumenta la concentrazione di linfociti T regolatori in pazienti SM Infine abbiamo analizzato l’impatto di fingolimod sulla sottopopolazione di cellule T regolatorie CD4+ fenotipizzate in base all’espressione delle molecole di superficie CD25 e CD127 su linfociti T periferici di pazienti SM pre- e post- terapia con il farmaco. La percentuale di cellule T regolatorie di pazienti SM è stata inoltre analizzata per ciascun paziente pre- e post-terapia. Già basalmente si è osservata una diminuzione statisticamente significativa nella percentuale di linfociti T regolatori in pazienti SM rispetto a controlli sani (p =0.005; Fig. 4a). Particolarmente interessante è risultato l’aumento significativo di cellule T regolatorie nei pazienti SM in seguito a trattamento con fingolimod, il quale riporta i valori ATTIVITÀ SCIENTIFICA 21 simili a quelli osservabili nei controlli sani. Abbiamo inoltre osservato una marcata riduzione dell’espressione di molecole di superficie quali il CD39 sulla sottopopolazione di linfociti T CD4+ CD25highCD127low in pazienti SM rispetto ai controlli (p=0.006; Fig. 4b). L’espressione del CD39 risulta aumentata sulle cellule T regolatorie 1 mese dopo terapia farmacologica con Fingolimod (Fig. 4b). Al contrario, l’espressione di questa molecola non è stata modificata in seguito a trattamento sull’altra popolazione di linfociti T CD8+ (dati non mostrati). Questi risultati confermano la presenza di bassi livelli di cellule T regolatorie in pazienti SM ipotizzando un ruolo cruciale per Fingolimod nel ristabilire i livelli normali osservabili nei soggetti sani. 22 Discussione La sclerosi multipla (SM) è un disordine su base autoimmunitaria in cui il ruolo cruciale è giocato da linfociti T reattivi nei confronti di antigeni mielinici (17). Le malattie autoimmunitarie hanno origine in seguito ad uno sbilanciamento tra il braccio regolatorio ed effettore del sistema immune (16, 18). I dati attualmente a nostra disposizione ottenuti da ricerche su modelli e studi sull’uomo suggeriscono che ad avere un ruolo fondamentale nella patogenesi della SM sia la popolazione di linfociti T helper CD4+ secernenti IFN-γ e IL-17 caratteristici di un fenotipo Th1 e Th17 (2,3). Tuttavia, la sottopopolazione di linfociti T è ampiamente eterogenea come dimostrato dalla capacità di produrre citochine molto diverse, quali IL-17 e IFN-γ (19, 20). L’elevato grado di complessità è dimostrato dal coinvolgimento della sottoATTIVITÀ SCIENTIFICA popolazione di linfociti T CD8 positivi nella patogenesi della SM (4). Recentemente l’immagine di un cosi complicato quadro immunologico è stata chiarita dalla scoperta di marcatori di superficie, quali il CD161 presente sulle cellule Natural Killer (NK), specificatamente associato con un fenotipo Th17 (21). Questa popolazione cellulare può, in alcune condizioni, acquisire un fenotipo Th1 non classico in seguito a stimoli come dimostrato appunto dall’espressione di molecole di superficie quali il marcatore delle cellule Th17, CD161 CD161 (21). Recentemente, è stato inoltre evidenziato nella patogenesi della malattia un ruolo per la sottopopolazione di linfociti T CD8+ secernenti IL-17 (Tc17) (7), i quali sono stati ritrovati sia nel liquido cerebrospinale che nel SNC di pazienti SM dove sono responsabili della produzione dell’ IL-17 ivi presente. Questo loro ruolo è stato inoltre supportato dall’espansione di una sottopopolazione di cellule T CD161highCD8+ nel sangue periferico con caratteristiche pro infiammatorie tra le quali la capacità appunto di produrre IL-17 (8). Cellule Th17 esprimono anche alti livelli della molecola di superficie CCR6, un recettore avente la funzione di mediare il passaggio dei linfociti T all’interno del SNC (22). In questo studio noi abbiamo analizzato l’impatto del farmaco Fingolimod, un nuovo agente farmacologico da poco approvato per il trattamento della forma recidivante remittente di SM, su sottopopolazioni di cellule Th17 classiche e non, rilevanti per la patogenesi della malattia. FTY720 ha dimostrato diminuire in maniera significativa la percentuale di linfociti T CD4+, e in misura minore, di linfociti T CD8+, modulando maggiormente la Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 componente di cellule naive e cellule della memoria centrale, mentre in misura meno significativa le cellule effettrici della memoria CCR7 positive probabilmente coinvolte nel controllo delle infezioni microbiche osservate nei pazienti trattati con il farmaco (14). FTY720 ha Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 dimostrato di diminuire significativamente la percentuale di linfociti T secernenti IL-17 circolanti appartenenti alla sottopopolazione di cellule CCR4+ CCR6+ CD4+, dimostrando la loro ritenzione negli organi linfoidi secondari da parte del farmaco (16). In disaccordo con quest’ultimo studio, noi abbiamo dimostrato che fingolimod è in grado di influenzare modestamente la frequenza relative di linfociti T CCR6+ CD161+ presenti in circolo ex-vivo, sia per quel che riguarda il comparto di cellule CD4+ sia CD8+ di pazienti SM post-terapia rispetto ai livelli osservati prima del trattamento. Risultati simili sono stati ottenuti quando le stesse sottopopolazioni linfocitarie sono state valutate in seguito a stimolazione in vitro simulando l’attivazione dei linfociti T nel qual caso non sono state evidenziate alcune differenze significative. Tuttavia in accordo con il lavoro di Mehling e collaboratori (15), anche nel nostro caso la somministrazione di Fingolimod ha dimostrato di modulare in maniera significativa la frequenza di cellule CD4+ secernenti IL17 da sola o in combinazione con IFN-γ. Per quel che riguarda la componente di linfociti T CD8+ FTY720 ha dimostrato di modulare in particolare la sottopopolazione di cellule secernenti IFN-γ. Quando il fenotipo delle cellule potenzialmente patogenetiche è stato ulteriormente analizzato, abbiamo osservato che in seguito a terapia si ha una riduzione della frequenza delle cellule T CCR6+ e CD161+ secernenti IL-17 in combinazione con IFN-γ o IFN-γ da solo sia per quel che riguarda la sottopopolazione di CD4+ che di CD8+. In particolare, fingolimod è in grado di ridurre in maniera significativa il numero di linfociti T CD8+ CD161highCCR6+ secernenti IFN-γ da solo o in associazione con IL-17, una sottopopolazione di cellule aventi un ruolo cardine nella ATTIVITÀ SCIENTIFICA 23 24 patogenesi della malattia (8). Questi risultati confermano l’efficacia di Fingolimod nel modulare significativamente la sottopopolazione di linfociti T CD4+, ma anche i linfociti Th17 secernenti IL-17, una frazione di linfociti Th1/Th17 non classici che originano da Th17 classiche in ambiente infiammatorio (23). L’efficacia preferenziale da parte del farmaco sulla sottopopolazione di cellule CCR6+ CD161+ producenti entrambe le citochine IFNγ e IL-17 può essere attribuita all’inabilità da parte di cellule Th17 di proliferare mediante stimolazione via TCR in condizioni infiammatorie a causa di una bassa responsività a stimoli quali IL2 o ad un difetto a carico della via RORC-dipendente che causa secrezione di IL-2 e proliferazione cellulare provocando l’espansione di cellule Th17 nei siti infiammatori (24). Questi dati confermano ancora una volta l’efficacia di Fingolimod su diverse sottopopolazioni linfocitarie di pazienti SM (14, 15), agendo probabilmente mediante modulazione del recettore S1PR1 presente sulla superficie di queste popolazioni cellulari e controllando perciò il loro traffico dagli organi linfoidi al circolo (13). Particolarmente interessante è stata l’osservazione, nel nostro studio, dell’efficacia del farmaco nel ridurre la frequenza della popolazione di cellule T CD4+ CD25highCD127low in pazienti SM liberi da terapia rispetto ai controlli. In pazienti SM è stato descritto un danno della funzionalità delle cellule T regolatorie che si pensa possa essere responsabile della compromessa capacità da parte di queste cellule di esercitare un controllo su linfociti T autoreattivi. Nel nostro studio, la frequenza di queste cellule CD4+ Nel nostro studio la frequenza dei linfociti T reg CD4+CD25highCD127low è risultata ritornare a livelli pressochè normali dopo un mese di trattamento con fingolimod. I nostri risultati sono in accordo con uno studio recente che ha analizzato come il polimorfismo della molecola CD127 abbia effetto sulla frequenza dei linfociti T regolatori nel circolo di pazienti SM. Infatti, anche nel nostro studio, è stata osservata una drastica diminuzione della percentuale di cellule CD4+ CD25highCD127low regolatorie esprimenti CD39 in pazienti SM rispetto ai controlli normali, che viene ulteriormente influenzata in seguito a trattamento con il farmaco. Questi risultati sono di particolare importanza in quanto questa molecola, il CD39, un’ectonucleotidasi con funzione immunosoppressiva coinvolta nella degradazione dell’ATP, sembra avere un ruolo chiave nella regolazione dell’attività regolatoria della sottopopolazione di linfociti T CD4+ (10) e CD8+ (25). Fingolimod dimostra quindi di essere efficace nel diminuire i livelli circolanti di T regolatorie esprimenti CD39 che giustificherebbe l’abilità del farmaco di ripristinare l’omeostasi e la funzionalità di questa sottopopolazione di linfociti in pazienti SM. Tutti insieme questi dati suggeriscono che Fingolimod sia in grado di avere un duplice effetto benefico sia modulando negativamente ATTIVITÀ SCIENTIFICA l’attività delle cellule T infiammatorie circolanti sia ripristinando l’omeostasi delle cellule con funzione regolatoria. In base a questo scenario, l’analisi delle frequenze delle cellule effettrici e regolatorie e il loro reciproco bilancio risulta di particolare interesse per comprendere il meccanismo d’azione di farmaci con attività immunomodulatoria in pazienti con SM. Bibliografia 1. Compston A, Coles A (2008) Multiple sclerosis. Lancet 372:1502–1517 2. Lock et al. 2002 Gene-microarray analysis of multiple sclerosis lesions yields new targets validated in autoimmune encephalomyelitis. Nat Med 8:500–508 3. Brucklacher-Waldert et al. 2009 Phenotypical and functional characterization of T helper 17 cells in multiple sclerosis. Brain 132:3329–3341 4. Friese and Fugger 2009 Pathogenic CD8(+) T cells in multiple sclerosis. Ann Neurol 66:132–141 5. Kondo et al. 2009 Cutting edge: Phenotypic characterization and differentiation of human CD8+ T cells producing IL-17. J Immunol 182:1794–1798 6. 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Cancer Immunol Immunother. 62:851–862 Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 Studio dell’espressione della molecola MUC18 (CD146) in cellule mesenchimali (MSC) isolate da diversi tessuti D. Campioni1, A. Melandri1, A. Fiocchi1, L. Ferrari1, S. Moretti1, F. Lanza2, A. Cuneo1 1Sezione di Ematologia-Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara –Ferrara di Ematologia, Azienda Ospedaliera di Cremona- Cremona 2Sezione Riassunto Lo studio biologico delle cellule staminali mesenchimali e soprattutto lo studio del loro immunofenotipo, anche dopo espansione in vitro, costituisce un importante campo di approfondimento per le possibili applicazioni cliniche che possono avere queste cellule. Infatti, la conoscenza del profilo antigenico delle MSC potrebbe risultare cruciale poiché in relazione alle loro proprietà funzionali che sono sicuramente da valutarsi prima della reinfusione. A questo proposito lo studio dell’espressione di alcune “nuove” molecole come ad esempio il CD146, antigene non propriamente solo mesenchimale, puo’ risultare utile sia per la standardizzazione dello studio dell’immunofenotipo delle MSC che per la puntualizzazione dei parametri biologico funzionali di queste cellule prima di ogni applicazione clinica. Introduzione Nonostante le linee guida pubblicate dal Comitato della Società Internazionale per le Terapie Cellulari (ISCT) che indicano il CD73 (ecto-5-nucleotidasi), il CD90 (Thy-1) e il CD105 (recettore del TGFb-III) come i principali marcatori espressi dalle MSC coltivate, altri markers vengono di fatto utilizzati sia per l’isolamento che per la caratterizzazione di routine delle MSC dopo espansione in coltura. A questo proposito bisogna dire che non esistono procedure standardizzate e l’eventuale utilizzo di un pannello condiviso di antigeni da testare sulle MSC dovrebbe sicuramente tener conto di molte variabili (primi fra tutti la derivazione tessutale e i metodi nonché i terreni di espansione e coltivazione in vitro delle MSC) che sembrano influenzare la selezione e la successiva espansione in coltura di alcuni “subsets” o sottopopolazioni fenotipiche di MSC, probabilmente con distinte proprietà funzionali. Inoltre l’attuale definizione delle MSC è basata sullo studio delle loro proprietà generiche funzionali osservate in vitro e nel modello animale, e sul loro immunofenotipo sebbene i markers utilizzati non permettono di distinguere fenotipicamente ancora in modo specifico queste cellule ad esempio da altri tipi cellulari (come dai fibroblasti o dalle cellule emopoietiche) durante l’isolamento dai diversi tessuti e in coltura. Inoltre l’approccio analitico di tipo multiparametrico che risulta sicuramente molto utile nello studio delle MSC è relativamente recente e ancora in via di Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 definizione. Date queste premesse, tra tutti gli antigeni noti, ci è sembrato interessante soffermarci sull’espressione di una molecola come il CD146 in quanto si tratta di una glicoproteina di membrana di 113 kDA che appartiene alla superfamiglia delle immunoglobuline coinvolte nei meccanismi di adesione cellulare. Questo antigene, noto anche con il nome di M-CAM, Mel-CAM, S-Endo, MUC18 e Gicerina viene espresso soprattutto dalle cellule endoteliali e da cellule solitamente situate in una posizione più sub-endoteliale nei sinusoidi del midollo osseo (Bianco et al., 2011) come ad esempio nelle cellule avventizie reticolari e nei periciti. Il CD146 sarebbe costitutivamente espresso anche in altri tipi cellulari normali quali le cellule mesenchimali, le cellule del trofoblasto e in una sottopopolazioni di cellule T attivate (Woywodt et al., 2006; Lehman et al., 1989); la distribuzione tessutale del MUC18 suggerisce anche un ruolo funzionale nella regolazione dell’ematopoiesi. Poiché questa glicoproteina trans-membrana funziona come molecola di adesione Ca2+ indipendente nelle interazioni cellulari eterofiliche svolgerebbe però un ruolo cruciale e complesso anche nelle cellule tumorali. La molecola infatti è stata identificata come un marcatore della progressione tumorale inizialmente nel melanoma, in cui favorirebbe i processi d’invasione e metastasi (Shih et al., 1999) e successivamente evidenziata in altri tipi di tumori solidi. L’espressione della Gicerina o MUC18 è stata segnalata anche sulle cellule del linfoma del pollo (Tsuchiya et al., 2003) e in un subset di cellule emopoietiche maligne (Filshie et al., 1998). In questo studio di base, allo scopo di aumentare le nostre conoscenze sulla caratterizzazione immunofenotipica delle MSC, attraverso una strategia a 4 colori, ci siamo soffermati sull’espressione del CD146 sulle MSC sia in relazione alle diverse fonti tessutali normali (midollo, tessuto adiposo, membrana amniotica, chorion, pelle, e linee cellulari stabilizzate) che patologiche (midollo osseo di pazienti affetti da patologie ematologiche e da patologie autoimmuni) nonché alle differenti condizioni di espansione ex vivo (diversi terreni di coltura, passaggi in coltura). I risultati ci porteranno sia ad approfondire il significato e il ruolo di questa molecola in relazione alle MSC che a suggerire un protocollo citometrico standardizzato valido per l’isolamento e la caratterizzazione delle stesse prima di ogni utilizzo clinico. ATTIVITÀ SCIENTIFICA 25 Materiali e metodi Isolamento ed espansione delle MSC Tutti i campioni di aspirato midollare dai quali sono state isolate le MSC per farne colture primarie sono stati ottenuti, dopo consenso informato da donatori normali e pazienti affetti da diverse patologie. Nella tabella 1 sono riassunti il numero e il tipo di campioni normali e patologici dai quali sono state isolate le MSC. In breve, dopo gradiente di Ficoll Limpholyte-H (Cederlane Laboratories Limited, Hornby, Ontario, Canada) 1x 106 cellule mononucleate midollari (BMMNC) sono state seminate in piastrine di Petri collagenate (collagene I, diametro 35 mm) (Biocoat, Becton-Dickinson Labware, Bedford) ed incubate a 37°C con il 5 % CO2. Dopo il 15° giorno si è proceduto alla valutazione del numero di colonie di cellule mesenchimali (CFU-F). Le cellule MSC sono state isolate anche da altri tipi di tessuti normali come la membrana amniotica, il tessuto adiposo, la cute, il corion, diversi tipi di midolli normali e liquidi pleurici (per mesoteli normali). Sono inoltre state analizzate cellule tumorali appartenenti a linee cellulari piu’ o meno stabilizzate (tabella 2). Per le modalità di isolamento delle MSC da altri tessuti si rimanda alla referenza numero 7. 26 MSC e terreni di coltura in vitro Per le colture delle MSC, sono stati utilizzati i seguenti terreni diversi. Terreno MDOM : medium 5100 tipo Dexter (StemCell Technologies Inc., Vancouver, B.C., Canada) (M5100), siero fetale 12,5%, siero di cavallo 12,5%, (StemCell Technologies Inc., Vancouver, B.C., Canada), 1% penicillina/streptomicina, 2% L-glutamina (entrambi i prodotti forniti da Invitrogen Ltd, Paisley, UK) (MLB); Terreno MLB : medium LB Dulbecco Modified Eagle (DMEM-LG) con 1,000 mg/L di glucosio (Invitrogen Ltd, Paisley, UK; Invitrogen-Gibco, Milan, Italy), GlutaMAXTMI e piruvato, addizionato con 10% di siero fetale bovino (FBS) (StemCell Technologies Inc., Vancouver, B.C., Canada) e 1% di antibiotici-antimicotici (Invitrogen Ltd, Paisley, UK) (MLB); Terreno MEGM : medium commercialmente disponibile con EGM-2 SingleQuots (BioWhittaker, Cambrex Bio Science Walkersville, Inc, USA): siero fetale bovino (FBS) al 2%, hFGF, VEGF, R3-IGF, hEGF, GA-1000, eparina, idrocortisone, acido ascorbico (MEGM); (Campioni D et al. 2008). Caratterizzazione immunofenotipica delle MSC a 4 colori. Dopo espansione in coltura le MSC sono state analizzate tramite FACSCalibur o FACSCanto (Becton Dickinson, San Jose, CA, US) con un approccio a quattro colori. Per evidenziare le cellule non MSC DA MIDOLLO N° Giorni Pn vitali, i campioni sono stati marcati con il di coltura colorante 7-amino-actinomicina D (7MIELOMA MULTIPLO (MM) 6 27±5 1 SINDROMI MIELODISPLASTICHE (MDS) 3 40±20 1 AAD; 4 mg/ml per ciascun campione, LEUCEMIE ACUTE MIELOIDI (LAM) 7 24±5 1 Molecular Pobes Leiden, The LEUCEMIE MIELOIDI CRONICHE (LMC) 3 26±6 1 Netherlands). Il pannello utilizzato ha comLEUCEMIE ACUTE LINFOIDI (LAL) 4 26±11 1 LEUCEMIE LINFATICHE CRONICHE (LLC) 5 31±3 1 preso i seguenti antigeni di superficie: antiLINFOMI NON HODGKIN (NHL) 3 34±7 1 CD45 (clone 2D1, APC), (BectonSOGGETTI NORMALI (NBM) 14 28±17 1 PATOLOGIE AUTOIMMUNI (AD) 6 19±8 1 Dickinson); CD 105 (clone SN6, PE), (4 SSc e 2 SM) CD29 (cl. MEM101A, PE) (Caltag Tabella 1. Nella tabella sono specificati, oltre ai soggetti normali (NBM), i tipi di Laboratories, CA,US), CD31 (clone WMpatologie (ematologiche ed autoimmuni), il numero di pazienti dal midollo dei quali 59, PE), CD90 (clone 5E10, FITC), CD146 sono state isolate le MSC utilizzate in questo studio e l’età in giorni e il numero dei (clone P1H12, IgG1, PE), CD34 (Qpassaggi in coltura delle MSC al momento della tipizzazione. Si sottolinea che i cam- Bend/10, class II-reactive CD34 antibody, pioni di MSC in tabella sono composti da cellule primarie analizzate al primo, masPercP, Serotec Ltd., Oxford, UK) e CD 73 simo secondo, passaggio. SSc = sclerodermie sistemiche, SM = sclerosi multiple, MM=mieloma multiplo, LAM=leucemia acuta mieloide, LAL=leucemia acuta linfo- (clone 2B6, PE) tutti forniti dalla BD e blastica, LLC=leucemia linfatica cronica, LMC=leucemia mieloide cronica, NHL= HLA-ABC, I classe (cl. Tü149 FITC), , Linfoma di non Hodgkin, MDS=mielodisplasie, AD=patologie autoimmuni, SSc= CD80 (cl. MEM-233, PE), CD59 (cl. sclerodermie sistemiche, SM= sclerosi multipla. P282-H19, PE) tutti forniti da Caltag Laboratories, HLA-DR (cl. Immu-357 DERIVAZIONE TESSUTALE MSC N° PAZ Pn FITC) fornito da Caltag Lab, CD44 (cl. MEMBRANA AMNIOTICA (AM) 5 4° MEM-85 FITC), CD10 (cl. SS2/36 PE) TESSUTO ADIPOSO ADDOMINALE (LPA) 7 3° TESSUTO ADIPOSO MIDOLLO (AT) 4 1° (DAKO). Per analizzare le MSC abbiamo CUTE (SKIN) 13 3° utilizzato una strategia di “gating” basata LINEE NORMALI MIDOLLO (LINEE NBM) 7 7° CHORION (COR) 2 3° sulla negatività delle MSC per il CD45 e la LINEE TUMORALI 5 n° 7-AAD con le seguenti combinazioni: (RKO, CV-1, da ascite, da lipoma) LINEE NORMALI ( LINEE NBM) 7 2°-15° CD31/CD146/CD34/ CD45; CD90/CD146/CD34/ CD45; Tabella 2. Nella tabella sono specificati i diversi tessuti da cui sono state isolate le CD90/CD105/7-AAD/CD45; MSC utilizzate in questo studio e il numero di pazienti (N° PAZ) dai quali sono state prelevate nonché il passaggio in coltura al momento della tipizzazione (Pn). Si sotto- CD90/CD73/7-AAD/ CD45; linea che i campioni di MSC elencati in tabella sono nella maggior parte linee cellu- DR/ CD80-CD14/ CD34/ CD45; lari scongelate e già con molteplici passaggi. CD29/HLA-A-B-C/7-AAD / CD45; ATTIVITÀ SCIENTIFICA Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 CD90/ CD59/7-AAD / CD45, CD44/ CD10/7-AAD/ CD45. Saggi di plasticità funzionale La plasticità funzionale delle MSC derivate dai pazienti, dai controlli normali e dai diversi tessuti è stata testata con saggi in vitro verso le filiere: osteogenica, adipocitaria come precedentemente descritto (Campioni et al., 2009) utilizzando i terreni specifici per il differenziamento NHOsteoDiff e NHAdipoDiff (Miltenyi Biotec). Risultati I risultati che riguardano l’immunofenotipo delle MSC isolate da diversi tessuti normali e patologici sono stati ottenuti attraverso un approccio citometrico multiparametrico a 4 colori usando una strategia di gating sequenziale basata sull’ identificazione di eventi CD45, 7-AAD, CD14 o CD34 negativi (figura 1-2) e nel rispetto delle linee guida dettate dall’ISCT per la caratterizzazione delle MSC in quanto nei campioni provenienti da pazienti affetti da patologie ematologiche esiste la possibilità che i monostrati di MSC presentino fenomeni “di contaminazione” ovvero di persistenza di cellule emopoietiche CD45 positive adese al monostrato anche dopo aver effettuato cambi di terreno e diversi passaggi in coltura. MSC isolate da diversi tessuti e linee cellulari Le MSC di derivazione non midollare sono state isolate rispettivamente dalla membrana amniotica (AM), chorion (COR), lipoaspirato (LPA), tessuto adiposo midollare (AT), pelle (SKIN) e alcune linee midollari normali (linee NBM) ma anche derivate da tumori (linee TUMORALI). Cellule mesenchimali-simili sono state isolate anche da liquidi pleurici e asciti di pazienti ematologici nonché utilizzando linee cellulari tumorali. Inoltre è da sottolineare che l’analisi dei campioni di MSC ha riguardato sia campioni di MSC appena isolate ai primi pas- saggi di coltura sia MSC stabilizzate e scongelate con un numero maggiore di passaggi in coltura. Durante la caratterizzazione immunofenotipica post-espansione, come mostra la figura 1, le MSC isolate dai diversi tessuti hanno mostrato un espressione stabile del CD73 indipendentemente dalla fonte tessutale e dal terreno di coltura. Un po’ più variabile si dimostra invece l’espressione del CD90 soprattutto nelle MSC derivate dai pazienti ematologici (HM-MSC) e autoimmuni (AD) se coltivate nel terreno MEGM. Ancora più sensibile la variazione di espressione del CD105 in relazione alle HM-MSC e ADMSC nonché dalle MSC isolate dall’amnios e dal tessuto adiposo e a seconda dei terreni di coltura utilizzati. Anche per quanto riguarda l’espressione del CD146, i risultati sembrano mostrare una tendenza alla diminuzione dell’espressione di questo marker nelle MSC isolate soprattutto da alcune fonti tessutali come in particolare dall’amnios e dal chorion e in relazione sempre all’utilizzo in particolare del terreno MEGM. MSC isolate da midolli normali (NBM) Nelle MSC derivate da midolli normali si evidenzia un espressione piuttosto uniforme del CD90, CD73 e del CD105. I valori medi di espressione di questi markers variano tra l’85-95%, per il CD90, tra il 60-90% per il CD105 e tra il 95-100% per il CD73 ma sono assolutamente simili in tutti i campioni di MSC sebbene coltivati in tre terreni diversi come mostrato nei grafici di figura 1. Non è così per quanto riguarda il CD146 la cui espressione risulta mediamente piu’ bassa nelle diverse condizioni di coltura, passando da valori di espressione attorno al 56±28% in MDOM e 72±25% in MLB a valori significativamente cinque volte piu’ bassi, attorno all’ 11±20% in MEGM. Dobbiamo sottolineare inoltre che questi risultati si riferiscono a MSC dopo 28 giorni circa di coltura e solo al primo, o al massimo al secondo, passaggio (NBMMSC nel grafico A di figura 1). Se consideriamo invece MSC stabilizzate da midolli di pazienti sani, in coltura dopo almeno 2-8 passaggi e scongelate (linee BM nel grafico A di figura 1) potremmo osservare che in questi campioni i valori medi di espressione del CD90, CD105 e CD73 rimangano alti mentre l’espressione del CD146 risulta notevolmente più bassa se non addirittura negativa (figura 1-2) specialmente in MEGM. Si sottolinea inoltre che l’espressione del CD146 può diminuire nelle Figura 1. Nei grafici sono riportati gli andamenti dell’espressione del CD146 analizzato in cellule MSC isolate da diversi tessuti. Mentre in A è visibile come la media di espressione del CD146 sia estremamente variabile nelle MSC a seconda della fonte tessutale di isolamento e dei diversi terreni di coltura, in B, C, D è riportata invece la percentuale media di espressione degli antigeni standard per la caratterizzazione delle MSC quali il CD90, CD73, CD105. Da questi ultimi grafici è evidente come l’espressione del CD90 e del CD105 possa essere diminuita in alcuni casi mentre quella del CD73 rimane stabile e non varia. Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 ATTIVITÀ SCIENTIFICA 27 Figura 2. In questa figura viene messa in evidenza la strategia di gating nell’analisi delle D45neg/CD34neg/7-AADneg MSC dopo espansione in coltura e distacco con tripsina. Sono inoltre mostrati diversi casi di MSC in cui l’espressione del CD146 risulta negativa, come ad esempio in MSC isolate dal chorion o dal midollo ma dopo alcuni passaggi in coltura e dopo scongelamento. Figura 3. In questa figura sono messi a confronto due campioni di MSC isolati rispettivamente da midolli normali e da liquido ascitico coltivate in parallelo in due terreni di coltura diversi. In A si noti come MSC di midollo normale esprimono alti livelli di CD146 e CD90. Questi livelli cambiano in C sino ad arrivare alla negatività per il CD146 se le stesse MSC vengono isolate e mantenute in un altro terreno ricco di citochine ma senza siero. In B e D è osservabile lo stesso confronto rispetto pero’ all’espressione del CD105 e del CD146 su cellule mesenchimali-simili, successivamente caratterizzate come cellule di un tumore gastrico. 28 linee di MSC midollari con l’aumento dei passaggi in coltura. MSC isolate dal midollo di pazienti ematologici (HM) L’immunofenotipo di MSC derivate dal midollo di pazienti con patologie ematologiche dimostra come mediamente il valore di espressione piu’ alto (tra l’80100%) riguardi il CD73 seguito dal CD90, con valori di espressione tra il 70- 95%. Si osservano invece valori piu’ bassi per il CD105, con un intervallo tra il 60-90% almeno dopo coltivazione in MDOM e MLB (figura 1). Nelle MSC coltivate in MEGM si osserva una diminuzione di questo trend di espressione in relazione a tutti questi antigeni ed in particolare del CD146 la cui espressione varia da patologia a patologia e risulta minima nelle MSC coltivate in MEGM. ATTIVITÀ SCIENTIFICA MSC isolate da pazienti affetti da patologie autoimmuni (AD) Anche nelle MSC isolate da midollo di pazienti con patologie autoimmuni i valori dell’espressione del CD90, del CD105, del CD73, si attestano sui valori descritti per le MSC isolate da midolli normali (figura 1), ma anche in questo caso i valori dell’espressione del CD146 diminuiscono significativamente se le MSC vengono coltivate in terreni diversi (74% in MDOM versus 14% in MEGM). Dobbiamo sottolineare inoltre che questi risultati si riferiscono a MSC dopo 19 giorni circa di coltura al primo passaggio. MSC isolate da linee tumorali Per cercare di capire meglio le variazioni immunofenotipiche sopra descritte, soprattutto in relazione al CD146, Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 fondimento e di utilità prima di ogni applicazione clinica. Il concetto di uniformità immunofenotipica delle MSC appartiene ormai al decennio scorso. Piu’ recentemente infatti è stata dimostrata un eterogeneità immunofenotipica di queste cellule sia in relazione alla fonte tessutale di provenienza, che alle condizioni di coltura. Questa eterogeneità immunofenotipica risulterebbe essere in relazione ad una diversa attività funzionale da parte delle MSC all’interno della nicchia tessutale di provenienza. Molte problematiche rimangono comunque in sospeso; ad esempio, uno dei problemi principali nell’utilizzo di queste cellule è la difficoltà di trovare antigeni specifici che possano distinguere le MSC da altre popolazioni cellulari molto simili. Rimane da stabilire quale Figura 4. Nella figura è riportata la morfologia e la relativa espressione del CD146 approccio citometrico possa essere maggiorin MSC coltivate tutte nello stesso terreno MDOM ma isolate da tessuti diversi mente utile, pratico e standardizzabile per l’ come ad es. da A) midollo (BM), B) tessuto adiposo (AT), e in cellule di C) meso- analisi pre-clinica delle MSC. telio normale (MES) nonché di D) una linea di tumore come le RKO. Nel presente lavoro oltre allo studio dell’espressione degli antigeni di riferimento come il CD90, CD105 e il CD73 abbiamo voluto soffermarci sullo stuabbiamo provato ad analizzare l’espressione di questo dio dell’espressione del CD146 quale antigene addizioantigene non solo sui campioni normali e patologici di nale che potrebbe rivelarsi utile nella caratterizzazione MSC ma, per confronto, anche in diversi tipi di cellule delle MSC isolate da diversi tessuti e coltivate in diverse tumorali con aspetto mesenchimale-simile (figura 2-3condizioni. Infatti il CD146 puo’ essere espresso sia 4). I risultati relativi all’espressione del CD146 in quenelle cellule normali del microambiente midollare come ste cellule si sono mostrati variabili in quanto si passa da nelle cellule endoteliali, nei precursori stromali di tipo una positività piena nelle cellule di lipoma o di tumore osteoblastico, vascolare e pericitario (Crisan et al., DOM gastrico coltivate nel terreno standard tipo M con 2008), che in cellule patologiche di derivazione tumorasiero, a valori di negatività in cellule di mesotelio normale come accennato nell’introduzione. L’approccio citole e in cellule di tipo RKO (figura 3-4). Da sottolineare metrico a 4 colori che proponiamo per l’analisi delle che anche in questi casi di cellule mesenchimali-simili MSC in coltura, comprende quindi un gate morfologico indipendentemente dalla loro natura tumorale, si rileva e di fluorescenza su cellule di tipo CD45/7una sensibile diminuzione di espressione che arriva AAD/CD14/CD34 negative, approccio che diventa anche alla negatività se queste cellule vengono isolate e necessario per lo studio delle MSC isolate soprattutto dal coltivate in MEGM. midollo per distinguerle da altri tipi cellulari come le celSaggi di plasticità lule emopoietiche e che deve arricchirsi di “nuovi” antiTutti i monostrati di MSC espanse in coltura sono stati geni da studiare come ad esempio il CD146. I risultati testati per verificare le loro proprietà plastiche in senso qui esposti confermano i dati della letteratura di negatialmeno osteocitario e adipocitario. I risultati ci hanno vità delle MSC verso il CD45, CD31, CD34, CD14, confermato questo tipo di attitudine plastica per tutte le HLA-DR e CD80 etc. e di forte positività per il CD73, MSC isolate dal midollo (normale e patologico), dal tesCD29, CD59, HLA-ABC. Si evidenzia in particolare suto adiposo, dall’ amnios dal chorion e dalla pelle e coluna certa variabilità di espressione che riguarda il CD90, tivate nel terreno classico MDOM. Non abbiamo invece il CD105 e soprattutto il CD146. Le differenze immunoevidenziato alcun tipo di differenziamento osteocitario e fenotipiche non riguardano solo le MSC provenienti dal adipocitario nelle cellule isolate dal liquido pleurico o midollo dei pazienti rispetto ai campioni normali, ma dalle asciti ovvero dai mesoteli, dal lipoma, e dalle celriguardano anche MSC provenienti da altre fonti tessutalule tumorali di diverso tipo. Le MSC coltivate in terreli. Per esempio, abbiamo riscontrato una diminuzione EGM no M hanno mostrato una piu’ lenta e minore capacidell’espressione del CD90 e del CD105 in MSC isolate ta’ di differenziare in senso osteogenico e adipocitario. da pazienti ematologici, da lipoaspirato e da membrana amniotica e questo può avere interessanti risvolti se si Ddiscussione pensa che la diminuzione di espressione del CD105 Lo studio dell’immunofenotipo delle MSC prima e dopo sarebbe correlata ad un minor potenziale osteogenico espansione in coltura risulta ancora un campo di approLettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014 ATTIVITÀ SCIENTIFICA 29 mentre quella legata al CD90 ad una minor capacità immunotollerante (Campioni et al. 2009). Particolarmente variabile risulta l’espressione del CD146 sulle MSC soprattutto in relazione al terreno di coltura, al numero di passaggi e alla fonte tessutale. Nelle MSC coltivate in MEGM (terreno ricordiamo senza siero ma arricchito di citochine angiogeniche) si raggiunge infatti il minimo dell’espressione possible del CD146 soprattutto in quelle derivate dal midollo di leucemie acute o derivate dal chorion e dalla membrana amniotica. Questi dati sarebbero in accordo con quanto osservato da Tormin et al., in MSC di origine midollare in cui l’espressione del CD146 ad esempio diminuirebbe in modo significativo in condizioni di bassa tensione di ossigeno, dove può aumentare l’anossia, e quindi in corso di angiogenesi così come puo’ accadere nella nicchia midollare in corso di patologia. Una diminuzione dell’espressione del CD146 è riscontrabile nel nostro studio anche con l’aumentare dei passaggi in coltura e dopo scongelamento. Poiché in letteratura non ci sono informazioni a riguardo, questi dati risultano importanti da mettere in relazione anche con la patologia stessa se si pensa che l’espressione del CD146 potrebbe favorire la progressione tumorale come evidenziato nel melanoma (Shih et al., 1999) poi nel tumore ovarico e della prostata (Zabouo et al., 2009) mentre la sua assenza potrebbe essere messa in relazione ad una maggior capacità di migrazione delle cellule patologiche e quindi in una logica di disseminazione del tumore. A questo proposito si potrebbe speculare che la diminuzione di espressione del CD146 possa essere un segnale di cambiamento nella nicchia midollare nei rapporti tra le cellule stromali e i blasti in corso di patologia e questo dato è attualmente allo studio da parte del nostro gruppo (dati non ancora pubblicati). Questa diminuzione dell’espressione si accentua poi mantenendo le MSC in coltura , dopo diversi passaggi e in terreno MEGM come per le MSC normali. Percio’ lo studio di questa molecola sia sulle MSC che sulle altre cellule mesenchimali simili e tumorali dimostra la versatilità di questa molecola di esprimersi a seconda delle condizioni microambientali e del tessuto di appartenenza. Questi dati sull’espressione del CD146 e sul suo possibile ruolo all’interno del microambiente tessutale in condizioni normali o patologiche potranno essere correlati a diversi parametri clinici e biologici ed avere implicazioni terapeutiche, da quando è stato proposto l’uso di MSC autologhe in un ampio campo di applicazioni cliniche, incluse quelle dell’area della medicina rigenerativa e della terapia cellulare. 30 stiche di eterogeneità immunofenotipica a fronte invece di un’uniformità morfologica riconoscibile in vitro. La caratterizzazione del fenotipo delle MSC prima e dopo espansione in coltura è sicuramente un campo da ampliare studiando nuove molecole in aggiunta a quelle previste per correlare la loro espressione alle proprietà funzionali di queste cellule. BIBLIOGRAFIA 1. Bianco P, Robey P, Simmons P. Mesenchymal stem cells: revisiting history, concepts, and assay. Cell Stem Cell 2008; 2:313-9. 2. Woywodt A, Blann AD, Kirsch T, Erdbruegger U, Banzet N, Haubitz M, Dignant George F. Isolation and enumeration of circulating endothelial cells by immunomagnetic isolation: proposal of a definition and a consensus protocol. J of Thromb Haem 2001 4: 671677. 3. Lehman JM, Riethmüller G, Johnson JP. MUC18, a marker of tumor progression in human melanoma, shows sequence similarity to the neural cell adhesion molecules of the immunoglobuli superfamily. Cell Biology 1989; 86: 9891-9895. 4. Tsuchiya S, Tsukamoto Y, Furuya M, Hiroi S, Miki N, Sasaki F, Taira E. 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CONCLUSIONI L’impiego della citometria a flusso policromatica in associazione alle colture cellulari può rappresentare un valido supporto alla clinica e in particolare nello studio dell’immunofenotipo delle MSC, che mostrano caratteriATTIVITÀ SCIENTIFICA Lettere GIC Vol. 23, Num. 2 - Agosto 2014