Richieste su Regolamento di Ateneo sulle modalità di ripartizione dei proventi da Conto Terzi e Convenzioni Si propone di elevare il prelievo destinato al Fondo Comune dall’attuale 10% al 15%. Si propone di introdurre l’obbligatorietà della “quota minima di utile” in ogni contratto e convenzione, ripristinando quanto già previsto nel precedente Regolamento di Ateneo. Si propone di introdurre un prelievo, in misura ridotta rispetto alle attività commerciali, nelle commesse e nei progetti di ricerca (Overhead non soggetto a rendicontazione), cancellando la modifica da poco introdotta con l’approvazione del Senato Accademico. Si propone di introdurre un prelievo, anch’esso in misura ridotta ed in egual misura ai progetti di ricerca e commesse, per le attività di gestione amministrativa dei master (sul 7%) in capo ai dipartimenti. Si propone di introdurre un prelievo per le attività amministrative dei dipartimenti, in misura analoga alle convenzioni, sui fatturati CIRI. Art. 3, comma 1, let. b, 1^ capoverso. Art. 1, comma 2, 2^ capoverso (grassetto) Si propone di redigere ed indirizzare alla totalità dei dipartimenti delle Linee Guida per i Regolamenti di Ripartizione di Dipartimento. Art. 5,comma 2. All’interno dei Regolamenti di Dipartimento è bene sia contenuta l’obbligatorietà della pubblicità e trasparenza delle ripartizioni sull’apposita bacheca informatica di dipartimento. Per ciò che riguarda la corretta applicazione del Regolamento di Ateneo in oggetto, si chiede di adottare strumenti di controllo e monitoraggio accessibili alle rappresentanze sindacali di Ateneo. Art. 2, comma 1. Conto Terzi, Convenzioni, Progetti istituzionali, Master, attività commerciali, Spin Off, etc… Croce o delizia dell’Università pubblica…? Ciò che viene riportato in apertura è la proposta avanzata da FLC CGIL per una revisione del Regolamento di Ateneo relativo alle “modalità di ripartizione dei proventi da Conto Terzi e Convenzioni”. E’ l’estrema e parziale sintesi di un ragionamento molto più complesso e articolato che fa riferimento ad una molteplicità di attività commerciali, istituzionali e/o extraistituzionali, tutte comunque accomunate da una capacità di produrre profitti. Il Regolamento in questione, e tuttora vigente, risale al 2010 ed è entrato in vigore a partire dal 1 gennaio 2011. Lo stesso, come da programma, sarebbe stato oggetto di revisione dopo un anno dalla sua applicazione. Da qui i ragionamenti e la proposta sindacale CGIL. In questo Regolamento sono contenute alcune innovazioni rispetto al precedente che, almeno a giudicare dalle implicite intenzioni degli estensori, potrebbero ancora essere positive. Ma… Nel sistema di prelievo, ad esempio, si agisce a monte del fatturato, garantendo così la effettiva trasparenza e la certezza del dovuto priva della “discrezionalità” dei dichiaranti, come invece avveniva precedentemente, e carica di voci che “alleggerivano” il prelievo effettuabile. Altra importante innovazione è stata il riconoscimento della coincidenza del lavoro per Conto Terzi e Convenzioni con l’orario di lavoro istituzionale. Da ciò ne discende una serie di possibili interpretazioni ed applicazioni. Partiamo dalla più immediata: la coincidenza dell’orario di lavoro. In precedenza le attività commerciali in discussione potevano essere svolte “fuori” dal normale orario di lavoro e cioè con ore straordinarie. L’effetto era paradossale: non solo non si sostituiva al normale orario di lavoro istituzionale ma, anzi, si “aggiungeva” ad essa generando in taluni casi un monte di ore straordinarie persino scandaloso e che, nel pagamento di queste, generavano addirittura un secondo introito aggiuntivo al normale stipendio e a quanto percepito con il conto terzi. A ciò si è rimediato nel contratto integrativo, seppur con un certo ritardo, con l’esclusione dalla fruibilità dello straordinario per coloro che percepivano proventi da Conto Terzi e Convenzioni. Primo pannicello caldo ma che, tuttavia, non funzionò più di tanto: le ore in surplus, infatti, rimanevano e dovevano comunque essere smaltite come “recupero ore in eccedenza”, con evidenti problemi per le strutture interessate e per i colleghi esclusi dal conto terzi. La coincidenza dell’orario istituzionale con quello “commerciale” ha “sanato” la situazione, ed inoltre pare suggerire anche una “diversa” interpretazione: il Conto Terzi e le Convenzioni, poiché di fatto “istituzionali”, non dovrebbero dar luogo a compensi aggiuntivi ai diretti esecutori. Sarebbe questa, a nostro avviso, l’interpretazione sicuramente più appropriata. E’ infatti corretto ritenere che le attività “profittevoli” dell’Ateneo sono tali proprio perché è il “sistema azienda” che attrae il “cliente”, funzionando sinergicamente ed in maniera articolata. La più appropriata ripartizione, dunque, sarebbe quella di una distribuzione generale, attraverso il Fondo Comune di Ateneo, a tutti i lavoratori, a quelli che fanno Conto Terzi e Convenzioni, così come a quelli che NON lo fanno, ma mantengono in efficienza il complesso “aziendale” Unibo. Siamo consapevoli, tuttavia, che questa possibile applicazione è avversata dai “diretti esecutori” e trova vari “difensori d’ufficio” che ostacolano questo ragionamento, sicché è preferibile al momento concentrarsi sulle questioni più immediatamente richiedibili ed esigibili come…: il Fondo Comune di Ateneo, per l’appunto. E’ bene partire da un primo dato empirico, ovvero la prima distribuzione del Fondo Comune con il nuovo Regolamento andato a regime, ed applicato a partire dal 1 gennaio 2011. Ebbene, nell’anno 2012 il Fondo Comune di Ateneo ha distribuito MENO soldi (il 13% circa) che nell’anno precedente. In poche parole, nonostante il nuovo regolamento appaia più “virtuoso”, nella realtà dei fatti si dimostra più avaro di denari. I fattori, in verità, possono essere vari e pure concomitanti: la crisi che colpisce le aziende che si rivolgono ad Unibo; l’obsolescenza di molte apparecchiature di laboratorio e l’assenza della certificazione di qualità che induce le aziende a rivolgersi a soggetti privati dotati di questa; la presenza di soggetti competitori come i CIRI (formalmente assoggettati ad Unibo, ma in realtà dotati di vita propria) che, pur utilizzando i mezzi e le strutture dell’ateneo, hanno una gestione ben diversa dei proventi delle stesse attività svolte in Conto Terzi. A tutt’oggi, inoltre, non sappiamo se i CIRI abbiano veramente versato la loro parte di contribuzione ad Unibo corrispondente al 10%. Le richieste avanzate, dunque, non sono affatto “rivoluzionarie” né chiedono la luna; si limitano piuttosto a considerare una pluralità di fonti di profitto extraistituzionale e che, in alcuni di questi casi, danno cospicui “aumenti” alla sola parte docente. I Master, per esempio, vedono un compenso ai vari docenti che oscilla in una forbice tra i 100 ed i 160 euro all’ora, senza alcun introito per il fondo comune. E’ ben evidente, dunque, che “margini di manovra” ce ne sarebbero, eccome…! Le linee guida da indirizzare ai dipartimenti. Va detto che l’odiosa iniquità che caratterizza la gestione dei proventi da attività commerciali e convenzioni non si riflette solo tra chi fa e chi non fa queste attività. Purtroppo, anche all’interno di alcune di queste stesse strutture “privilegiate” e graziate da questi proventi extra esiste una forte disparità di trattamento nelle ripartizioni. Si assiste, ad esempio, a casi in cui si supera di pochissimo il limite del Fondo Comune di Ateneo a fronte di compensi che arrivano a raddoppiare l’intero stipendio di un anno. E’ questo l’effetto di una sciagurata applicazione decisa in CdA una decina di anni fa, in cui il limite che si poteva ottenere da proventi per Conto Terzi e Convenzioni prima fissato al 30% del proprio stipendio venne superato e portato al 100% dello stesso. L’estrema eterogeneità dei regolamenti interni di dipartimento, infine, favorisce le più diverse applicazioni, non tutte certamente equilibrate, e perpetua una conflittualità interna tra i lavoratori dello stesso dipartimento. Inoltre l’accorpamento dei dipartimenti ha accentrato su poche persone (sempre le stesse) alcune attività istituzionali a pagamento come conto terzi accentrando maggiori guadagni su poche persone. La richiesta di Linee Guida, la richiesta della pubblicità e trasparenza delle ripartizioni interne ai dipartimenti, e la richiesta di strumenti di monitoraggio rispondono proprio a queste esigenze di maggior omogeneità di trattamenti e di possibile intervento da parte delle rappresentanze sindacali del personale oggi impossibilitate, di fatto, ad intervenire sulla materia. In conclusione, il documento consegnato dalla CGIL all’Amministrazione è sicuramente un primo significativo passo verso una più ampia e partecipata distribuzione di fondi che a tutt’oggi sono una delizia per alcuni ed una chimera per molti altri, ma che con una diversa ratio distributiva potrebbero costituire una risorsa utile a lenire le numerose manchevolezze salariali.