2017.02.23 CdT Fisco e pensioni, prevalga un sano pragmatismo

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dalla prima pagina
GIOVANNI GALLI
Prevalga un sano pragmatismo
fisco e pensioni
prevalga un sano pragmatismo
DI GIOVANNI GALLI
Èrimasto in questo Paese un minimo di pragmatismo, di capacità di andare oltre gli steccati
ideologici e di disponibilità al compromesso? Sono ancora in grado le forze politiche di
negoziare su proposte molto diverse fra loro ed estrarre dal cilindro soluzioni condivise? E
sono disposte, in nome di queste ultime, ad accettare il prezzo della rinuncia a certe
rivendicazioni? Oppure la polarizzazione della politica porta al prevalere dei veti incrociati,
lasciandoci in balia di maggioranze che vanno e vengono? I fatti lo diranno presto. Nel breve
volgere di qualche mese ci sarà un duplice banco di prova per capire se la politica svizzera è
ancora in grado di affrontare i problemi con realismo, senza consumarsi in confronti
estenuanti che risolvono poco o nulla.
Il primo test è già in agenda la settimana prossima alla Camere, con la riforma delle pensioni.
Siccome si dà per scontato che non si troverà una convergenza, è già stata messa in conto
una conferenza di conciliazione a fine sessione. Il nodo del contendere è uno solo: la
compensazione della riduzione dell’aliquota di conversione del secondo pilastro. C’è chi la
vuole interamente nell’ambito della cassa pensioni e chi invece chiede un parallelo aumento
delle rendite AVS per i nuovi pensionati. L’ostacolo è ideologico, ma se il braccio di ferro
dovesse risolversi alla fine con una doppia votazione popolare (una è sicura perché il previsto
aumento dell’IVA andrà sottoposto obbligatoriamente ai cittadini), il risultato rischierebbe di
essere drammaticamente concreto. E di rinviare a chissà quando una riforma che a causa
dell’evoluzione demografica e delle condizioni cagionevoli del primo pilastro non può più
attendere. Questo, solo perché è venuta meno la capacità di trovare un’intesa ad ampio
raggio, fatta di concessioni reciproche ed in grado di disinnescare i contrasti.
Come premesse, il secondo test è affine al precedente, e proprio per questo rappresenta
anche un monito. Bisogna trovare una via d’uscita per la riforma della fiscalità delle imprese,
malamente caduta nelle urne. La bocciatura in sé non è un dramma. Può diventarlo però se
adesso vincitori e vinti, invece di trovare in tempi brevi una soluzione condivisa – ci sono
scadenze da rispettare e un settore economico da rassicurare – si perdono in un’inutile e
logorante guerra di posizione. Certo, non è facile: il popolo ha detto chiaramente cosa non
vuole, ma non cosa vuole, anche perché non era stata presentata un’alternativa
circostanziata alla Riforma III. È proprio qui che ora serve uno sforzo di convergenza, che
consenta di riformulare il progetto senza perdere di vista gli obiettivi superiori: mantenere
competitiva la piazza economica elvetica, eliminare le discriminazioni fra imprese,
salvaguardare i gettiti e, soprattutto, scongiurare (per mancanza di alternative) una
concorrenza fiscale senza quartiere fra Cantoni.
È positivo che il Consiglio federale abbia deciso di promuovere un’ampia consultazione e di
presentare un progetto entro l’estate. Ma è dopo che si misurerà l’idoneità delle forze politiche
a condurre in porto una riforma, fra i tentativi degli uni di alleggerire il meno possibile il testo
bocciato e, sul fronte opposto, quelli degli altri di togliere pezzi aumentando anche determinati
prelievi. A tutti gli attori sarà richiesta un’elevata capacità di compromesso. Come nel caso
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della previdenza, un eventuale nuovo fallimento potrebbe avere esiti disastrosi.
Il pragmatismo non deve comunque essere funzionale ad un compromesso fine a se stesso,
specialmente se il risultato è un’intesa al ribasso che non accontenta nessuno. Dovrebbe
piuttosto essere un mezzo per fare politica nel più alto senso del termine, per trasformare un
problema in un’opportunità e per trovare soluzioni innovative. Vaud in questo senso è stato un
modello, perché ha preso il toro per le corna preparandosi con largo anticipo alla riforma
dell’imposizione delle imprese. Con un’operazione ad ampio raggio, partita da un’intesa fra
liberali e socialisti, il 20 marzo scorso il più grosso cantone romando ha quasi plebiscitato in
votazione popolare un piano che abbinava sgravi fiscali per le società a compensazioni
sociali. Lo ha fatto senza lasciarsi condizionare dalla calcolatrice, attraverso una scelta
politica che ha saputo andare oltre la contabilità spicciola. Pur con importi molto inferiori,
anche il Ticino ha ipotizzato un’operazione di questo genere. Il risultato favorevole ottenuto
nel cantone dalla Riforma III dovrebbe quindi essere l’occasione per proseguire lungo la
strada tracciata e per agire con rinnovato pragmatismo, oltre gli steccati di partito (specie a
sinistra). Il modello vodese forse non è importabile così com’è, l’atteggiamento sì.
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