Scarica - Stefano Gentili

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Crocifisso da abolirsi?
Non è la prima volta che la presenza del Crocifisso nelle Scuole pubbliche viene
presa di mira all'insegna di un rispetto per l'altro e di una falsa concezione del
'laicismo' dello Stato. Ultimo è l'intervento del Tribunale dell'Aquila che,
accogliendo il ricorso presentato da Adel Smith, presidente dell'Unione
Musulmani in Italia, ha ordinato la rimozione del Crocifisso esposto nelle aule
della Scuola materna ed elementare 'Antonio Silveri di Ofena', frequentata dai
figli dello stesso Smith.
Nella sentenza emessa dal giudice Mario Montanaro si legge tra l'altro:
"Nell'ambito scolastico la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno ad
una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della
espressione di fede… La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica
un'implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i
cittadini".
Si tratta di un ultimo esempio che indica fin dove può giungere una ignoranza e
miopia religiosa, dove può approdare il condizionamento da pregiudizi o visioni
molto ristrette della realtà.
Alcune persone sono prigioniere di una ideologia che ha fallito. Tuttavia
continuano ancora a sostenerla con più determinazione ed esaltazione mistica.
Questo genere di cecità è davvero sconcertante.
Il Crocifisso, simbolo della fede cristiana da duemila anni, oggi si vuol rimuovere
dalle aule scolastiche, dagli ospedali, dagli uffici pubblici in nome del pluralismo
religioso ed all'insegna del rispetto per l'altro, della tolleranza, del dialogo
religioso.
Oltre a questo si sta infiltrando l'uso di non celebrare più il Natale nelle scuole,
non fare il presepio, evitare di far cantare inni natalizi.
Il dibattito sulla presenza del Crocifisso nei luoghi pubblici evidenzia un problema
più profondo, cioè il rapporto tra coscienza religiosa e coscienza civile all'interno
della nostra società pluralistica e secolarizzata.
Per comprendere questo si deve tener conto che oggi la cultura laica ha
assimilato nel suo seno alcuni elementi di natura religiosa. Infatti oggi molti valori
originati da una cultura e sensibilità religiosa sono comunemente ritenuti 'valori
laici' (1) come: primato della persona umana, valore della solidarietà, principio di
sussidiarietà, da cui scaturiscono i vari movimenti di volontariato. Tutti di antica
origine cristiana che ormai fanno parte anche della cultura civile.
La distinzione tra l'ambito laico dello Stato e quello religioso della Chiesa, che
tuttavia non esclude una collaborazione, implica anche alcune conseguenze.
Da parte della chiesa: c'è la consapevolezza che la fede religiosa non può essere
imposta a nessuno.
Da parte dello Stato: la sua laicità esclude ogni ingerenza in campo religioso; non
può perciò né imporre, né proibire gli atti religiosi e l'ostensione dei simboli
religiosi. "Nell'ambito del bene comune (nel rispetto sempre dell'ordine pubblico,
della legalità e della pubblica moralità), lo Stato 'laico' riconosce la rilevanza
sociale del fatto religioso, tutela la libertà religiosa e ne garantisce l'esercizio" (2).
Le soluzioni vanno cercate in un clima di mutua collaborazione. Certamente si
dovrà evitare qualunque tentativo di strumentalizzazione della religione e dei suoi
simboli per scopi politici.
Coloro che desiderano esporre il Crocifisso nei luoghi pubblici non devono farlo
né per opportunismo, né per ipocrisia. Ma come segno del dolore di ogni uomo.
In un mondo in cui i segni sono tanti, il segno della croce obbliga ad alzare lo
sguardo, a riconoscere l'appartenenza ad una civiltà nata dal cristianesimo.
Anche coloro che non sono disposti ad accettare il Crocifisso per motivi religiosi,
dovrebbero ugualmente condividerne l'ostensione almeno per evidenziare i
contenuti umanitari che quella realtà esprime.
Ma: come può atteggiarsi a paladino del Crocifisso colui che non s'impegna a
vivere almeno 'laicamente' questi valori, con i quali invece Colui che si è fatto
crocifiggere ha voluto identificarsi? "La croce è per eccellenza il simbolo della
universalità dell'amore di Dio e dell'accoglienza aperta a tutti i popoli e a tutte le
razze, specialmente ai più diseredati. Non può divenire il simbolo di una sola
cultura o di una specifica identità… Pertanto fare del Crocifisso il simbolo
esclusivo della civiltà occidentale, e - peggio ancora - usarlo a fini di
discriminazione culturale, etnica e razziale, equivale a distruggere il significato
stesso della croce e a rinnegare l'universalità del messaggio cristiano" (3).
Quando alla croce non si riconoscono più tali caratteristiche, si tende ad
eliminarla ma nel contempo viene sostituita con altri simboli (di tremenda
memoria la 'croce uncinata') che non esprimono questi valori ma esattamente
l'opposto. L'essere umano ha bisogno di simboli ai quali appellarsi. Se viene
privato di quelli veramente religiosi, viene inevitabilmente obbligato a credere in
altri non forieri di vita ma di morte.
Per fermarsi alla scuola: da giustamente 'laica' sta orientandosi verso un
cammino di laicizzazione. Da 'laica' la si vuol trasformare in 'laicista'.
In questa prospettiva è molto difficile riconosce quei valori umani dei quali il
Crocifisso è l'emblema ed il portavoce. Il Crocifisso, anche da un punto di vista
semplicemente umano, è un simbolo altamente educativo.
Non è forse il Crocifisso che, in vita, ha insegnato ad amare il prossimo come noi
stessi? Non è questa una lezione di umanità universale? Non ha detto di amare
anche i propri nemici, al contrario di altre religioni che invece insegnano l'odio?
La croce era il supplizio riservato agli schiavi, alle persone più abbiette, a coloro
che erano considerate 'res', 'cose', non persone, non degno di un cittadino
romano.
Colui che è morto in croce, ha voluto riscattare il dolore umano, ridare personalità
a coloro che il diritto romano privava di dignità umana; ha riabilitato i deboli, i
poveri, il rifiuto della società.
Il Crocifisso è il simbolo di tutti coloro che nel mondo soffrono e muoiono per
l'egoismo e la cattiveria di quelli che li schiacciano con la violenza delle armi e
con la sopraffazione del loro potere economico e politico. La croce è il supremo
simbolo dell'amore. Non sono forse questi aspetti condivisi anche dai laici?
"Togliere da un'aula scolastica il Crocifisso significa, in fondo, privare gli studenti
di un segno che potrebbe aiutarli a riflettere sulle cause profonde del peso
immane e crudele di sofferenza e di morte che grava sui poveri, in particolare sui
bambini, in tante parti del mondo; cause che sono l'egoismo e l'avidità del denaro
e del potere" (4).
Questi sono i motivi che hanno convinto il legislatore a mantenere il Crocifisso.
"La Croce, a parte il significato per i credenti rappresenta un simbolo della civiltà
e della cultura cristiana, della sua radice storica come valore universale,
indipendente da una specifica confessione religiosa" (5).
La Corte di Cassazione (13 ottobre 1998) ha affermato che la presenza del
Crocifisso nelle aule scolastiche non contrasta con la libertà religiosa sancita
dalla Costituzione. Ha inoltre rilevato che la Croce, a parte il significato per i
credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua
radice storica, come valore universale, indipendentemente da specifica
confessione religiosa. Ha concluso osservando che la presenza dell'immagine
del Crocifisso nelle aule scolastiche non può costituire motivo di costrizione della
libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa (6).
L'Avvocatura di Stato di Bologna (16 luglio 2002) ha sostenuto che "le
disposizioni che prevedono l'affissione del Crocifisso nelle aule scolastiche vanno
ritenute ancora in vigore… L'affissione del Crocifisso va ritenuta non lesiva del
principio della libertà religiosa".
Nessuno che abbia un minimo di apertura culturale, può negare queste
conclusioni.
Questo approccio non può essere frainteso con il proselitismo. Quante volte si
elogiano Martin Luther King, Gandhi per i valori universali che hanno espresso,
Budda per alcuni principi sulla mortificazione ed il superamento delle passioni!
Eppure nessuno si permette di dire che si fa propaganda per l'Induismo o per il
Buddismo! Perché l'unica eccezione dovrebbe farsi per gl'insegnamenti universali
espressi dal Crocifisso? Non si tratta di una estrema miopia intellettuale?
Non manifesta questo quanto siano ancora radicati certi pregiudizi storici e
quanto sia difficile liberarsene?
A meno che uno desideri eliminare anche il riferimento a questi valori che stanno
invece a fondamento di una società laica. Perché allora il Crocifisso come
emblema umano, simbolo di una umanità sofferente, tradita e sfruttata, non
dovrebbe essere accettato universalmente? Se non si vogliano accettare i
contenuti religiosi che illuminano l'umana esistenza e danno un significato a tutto,
si possono sempre condividere i contenuti umani, laici. O forse c'è tanta cecità ed
ostinazione da essere disposti a rifiutare anche i contenuti umani pur di non
accettare quelli religiosi? Non è forse segno di limitatezza e di poca duttilità
mentale il non essere capaci di distinguere i due ambiti?
Compassione sarà il lievito dei secoli bui, la fratellanza degli oppressi,
l'eguaglianza nel dolore, la libertà di chi non ha più nulla da perdere. Non c'è
progresso senza compassione. E' per questo che il Crocifisso non appartiene
solo ai cristiani, non è loro monopolio.
Si deve ancora chiarire la natura della laicità. La Chiesa non ha paura della
laicità. Già Pio XII sosteneva che "la legittima sana laicità dello Stato è uno dei
principi della dottrina cattolica" (7).
Da un certo punto di vista significa distinzione tra poteri civili e religiosi,
autonomia dello Stato e rispetto per la Chiesa. Ma questo non significa
marginalizzazione e relativizzazione delle fedi religiose. Non si può ridurre la fede
a qualcosa semplicemente di intimo, privato e pubblicamente irrilevante.
In conseguenza del rispetto che si deve portare per le varie fedi e culture, si
dovrebbe rispettare anche il Crocifisso con i suoi significati. Il rispettare infatti le
fedi altrui, non implica compromettere la propria. L'accettazione dell'altro non
dovrebbe concludere con il venir meno alle proprie convinzioni offuscando i
contenuti della religione di appartenenza.
La condivisione delle altrui culture non deve portare ad alterare e svuotare la
propria dei suoi genuini contenuti. Il rispetto per le altre religioni non può portare
a denigrare la propria.
L'accoglienza di credenti di altre religioni che hanno chiesto ospitalità nel suolo
italiano, non può concludersi con la mancanza di rispetto verso coloro che
condividono la religione cristiana.
Non è giusto sottovalutare e tanto meno dimenticare una constatazione storica:
che cioè l'Italia affonda le sue radici nel cristianesimo che ne ha ispirato i codici
morali di base; che la cultura italiana è stata plasmata dal cristianesimo; che le
espressioni letterarie ed artistiche non possono essere comprese prescindendo
dai contenuti cristiani. Questa è storia e 'contra factum non valet argumentum'.
Il dialogo consiste nell'incontro di due entità, capaci di arricchirsi reciprocamente.
"Se non diamo al Crocifisso significati arroganti e strumentali che non ha, allora
conserva quello che è, l'immagine di un Innocente sacrificato dal potere, la fonte,
la causa ed il simbolo della nostra compassione, antica, contemporanea e futura.
Guardare poi al Crocifisso non sarà - non potrà mai essere - un atto ideologico,
soggetto a interpretazioni o strattoni di parte. Non ha senso appellarsi al
Crocifisso e ignorare o disprezzare le persone crocifisse nella storia di ieri e di
oggi, dimenticare le vittime dei campi di sterminio come dei gulag siberiani,
scalciare sui disperati che arrivano sui nostri lidi. Così induce a sospetto
dichiararsi con gli ultimi e nel contempo rimuovere l'Ultimo" (8).
"Soltanto questo ricordo inattuale di lui libera gli uomini dal potere esercitato da
fatti e leggi del nostro tempo, dalle coercizioni della storia, e li apre ad un futuro
che non ripiomba nell'oscurità. Ciò che oggi importa è che la chiesa e la teologia
riflettano sul Cristo crocifisso per mostrare al mondo la sua libertà" (9).
Natalia Ginzburg (1916-1991) il 25 marzo 1988 ha scritto sul quotidiano L'Unità,
un articolo dal titolo "Non togliete quel Crocifisso". E' interessante che un giornale
non religioso come L'Unità abbia pubblicato un articolo i cui contenuti tanti
cristiani invece non sono capaci di cogliere (10).
Lei laica ma intelligente ed intellettuale, aveva nella sua onestà compreso i valori
universali di quel simbolo. Ed obiettava contro coloro che, pur cattolici, avevano
la vista così corta da non essere capaci di cogliere nel Crocifisso il suo
messaggio universale, di non vedere il Lui l'archetipo di ogni persona che soffre.
Riporto alcuni brani: "A me dispiace che il Crocifisso scompaia per sempre da
tutte le classi. Mi sembra una perdita. Tutte o quasi tutte le persone che conosco
dicono che va tolto. A me dispiace che il Crocifisso scompaia. Se fossi un
insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato… Il Crocifisso non
genera nessuna discriminazione. Tace. E' l'immagine della rivoluzione cristiana,
che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini fino allora
assente… Il Crocifisso è segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi,
evocano le sue sofferenze… Fa parte della storia del mondo… Prima di Cristo
nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri,
credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui
aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà
tra gli uomini… A me sembra bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai
banchi della scuola. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o
accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura
diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici perché troppo forte e da
troppi secoli è impressa l'idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e
laici portiamo o porteremo il peso d'una sventura, versando sangue e lacrime
cercando di non crollare. Questo dice il Crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai
cattolici".
L'esposizione della croce o la riproposizione di eventi fondanti la religione
cattolica non devono essere intese come mancanza di rispetto verso altre
religioni o cittadini italiani non credenti, ma come percorso culturale fondamentale
per comprendere le radici della nostra identità storica e culturale. Per cui non
dovrebbe apparire scandaloso che una scuola laica riproponga simboli, valori ed
eventi di natura religiosa sui quali si è costruita la nostra cultura e si è definita la
nostra identità storica.
Questo non va confuso con un altro atteggiamento già molto nocivo nel passato:
il Crocifisso non deve essere considerato come simbolo della identità occidentale
contro il fondamentalismo islamico. Ciò potrebbe far credere agli immigrati
musulmani una identificazione del cristianesimo con l'occidente promovendo la
'occidentalizzazione' del cristianesimo, cosa quanto mai funesta, che porterebbe
ancora di più ad odiare il cristianesimo pensato ormai come 'emanazione'
dell'occidente (11).
Il Crocifisso diventerebbe ancora segno di contrapposizione e non di unione,
elemento di divisione e non di armonia.
L'equivoco nasce dal c.d. multiculturalismo, che è cosa ben diversa dalla società
multietnica. E' importante che le varie culture, nel confrontarsi, non perdano la
propria individualità. Quella occidentale è simboleggiata proprio dal Crocifisso ma
non si identifica con esso proprio perché alcuni valori espressi dal Crocifisso,
tolleranza e rispetto del diverso, non sono valori 'occidentali' ma universali.
E' per questo che il Crocifisso, proprio perché è portatore di questo
universalismo, non deve mai diventare segno di contrapposizione e causa di
divisione ma deve essere condiviso in quanto elemento di unione e di armonia
anche tra i popoli.
Passiamo ad una obiezione frequente: la presenza del Crocifisso urterebbe la
sensibilità dei musulmani e potrebbe turbare il loro sentimento religioso. Si tratta
di una questione di contenuto teologico. Prima di rispondere analizziamo alcuni
aspetti.
Se un musulmano ha diritto al rispetto delle proprie convinzioni religiose, uguale
diritto ha il cristiano al rispetto della propria fede e dei simboli nella quale la
esprime. Se quindi il togliere il Crocifisso da un'aula scolastica può apparire
rispettoso verso il sentimento di un musulmano credente, nello stesso tempo
però non è rispettoso verso i sentimenti di un cristiano, che si sente gravemente
offeso nella propria fede.
Ma forse dietro tutto questo non si nasconde una forte presenza laicista nella
cultura e nell'insegnamento, un tentativo tout court di abolire tutto ciò che c'è di
religioso nelle espressioni del popolo italiano?
Il Crocifisso non può essere ridotto ad una dimensione sociologica. E' pregno di
contenuti teologici, che qui non posso affrontare per esteso. Solo due
chiarificazioni.
1) Dietro questo 'zelo' ed apparente rispetto mi sembra nascondersi una buona
dose di ignoranza verso la religione musulmana. Si sono voluti togliere anche il
presepio ed i canti natalizi. Ma: i cristiani che hanno fatto infelicemente questa
scelta non sanno che anche i musulmani venerano Gesù, seppur solo come un
grande profeta, ne festeggiano il natale e lo tengono in alta considerazione?
L'abrogare queste manifestazioni ed il significato dei simboli non potrebbe essere
una mancanza di rispetto verso la loro sensibilità religiosa? Il celebrare il natale
non sarebbe una buona occasione di far meglio conoscere il contenuti della fede
musulmana e cristiana e far capire che nelle differenze ci sono anche punti in
comune?
2) Per la religione musulmana è impossibile che un Dio si sia fatto crocifiggere;
questa possibilità è considerata altamente offensiva. Si tratterebbe di una
sconfitta e del trionfo dei suoi carnefici. Il Corano nega la crocifissione di Cristo
come conseguenza della grande stima che ha del Profeta. Il Profeta deve essere
sempre vincitore. Dio invia il suo messaggero che deve essere sempre vittorioso.
Questa è la visione teologica coranica.
Non potendo negare il fatto della crocifissione, il Corano è ricorso alla
escamotage della 'sostituzione vicaria': al momento di venire messo in croce,
Cristo sarebbe stato misteriosamente 'sostituito' da un altro essere umano. Per
cui non sarebbe stato Cristo a morire in croce come un malfattore, ma solo un
suo 'sostituto'. In tal modo però, secondo questa concezione, non c'è più
salvezza, crolla tutto il progetto redentivo del Padre…
Per cui anche per i musulmani Gesù Cristo è vivo, seppur con modalità diverse
dalla concezione cristiana (12).
E' proprio evidenziando questo aspetto che si potrà meglio mettere a fuoco il
valore del Crocifisso, che non rappresenta soltanto Cristo apparentemente
sconfitto ma che rinvia a tre giorni dopo, alla sua gloriosa risurrezione, preludio
della vittoria finale. Su questo punto il Bormans così si esprime: "La pietà
occidentale si è compiaciuta, soprattutto a partire dal Medioevo, a rappresentarlo
al massimo della sua sofferenza, come il 'servo sofferente' cantato da Isaia ('un
verme non un uomo') mentre la pietà orientale ha rappresentato generalmente
nei suoi crocifissi bizantini, un Cristo già glorioso, dotato di attributi reali ed
effettivamente 'pantocrator', perché vincitore del peccato e della morte proprio nel
momento in cui questi pensavano di averlo vinto. In questa seconda prospettiva
non si potrebbe forse sviluppare un discorso comune sulla 'potenza di Dio', per
potervi meglio includere in seguito una valorizzazione della sofferenza,
dell'agonia, e della morte nei confronti delle quali l'Islam ci propone soltanto una
'bella rassegnazione'?" (13).
Una riflessione linguistica sarà molto utile. Cristo è considerato il vero
musulmano ante litteram e preso come modello dagli stessi musulmani. Perché?
Perché Cristo è colui che si è abbandonato completamente alla volontà di Dio.
Infatti: il vocabolo Islam significa 'sottomissione a Dio', 'abbandono di sé a Dio'. Il
vero sentimento religioso è quello di abbandonarsi a Dio. Muslim (musulmano) è
colui che pratica l'Islam, cioè colui che si abbandona totalmente a Dio. In questo
contesto anche Adamo, Abramo sono stati musulmani perché si sono messi
completamene nelle mani di Dio, si sono affidati del tutto a Lui. Di riflesso
l'essere umano in quanto tale è 'musulmano' e l'Islam si pone come religione
naturale dell'umanità (14).
Il Prof. Samir in una conferenza a Palermo l'11 novembre 1989, si è espresso in
questa maniera: "Il vero Muslim, ossia l'unico vero musulmano è Cristo. Lo è
stato proponendo al mondo un insegnamento che rovescia i valori del mondo,
mettendo la non violenza al posto della violenza, l'amore al posta della 'giusta
vendetta'. Lo è stato rivelando al mondo un Dio che è anzitutto Padre, che si
manifesta nell'amore più che nella potenza, che è sì l'Onnipotente, ma
l'Onnipotente nell'amore. Lo è stato vivendo perfettamente quest'insegnamento
insolito, preferendo l'umiliazione alla gloria, la povertà alla ricchezza 'per
arricchirci della sua povertà'. Sì, il Muslim per eccellenza è Cristo, quello che
sulla croce si abbandona per amore all'amore di Dio Padre, per amore
dell'umanità" (15).
Dietro l'alibi del rispetto per l'altro, in alcuni cattolici non si nasconde forse una
certa… allergia nei riguardi del Crocifisso? La motivazione di andare verso gli
altri non potrebbe indicare una mancanza di interesse per i contenuti e simboli
della propria religione? Alle spalle di tutto non ci potrebbe stare una limitata e
frazionata conoscenza del cristianesimo, per cui, non conoscendo, non si può
neanche comprendere ed apprezzare?
Schiavitù dell'ignoranza, della indifferenza, del fastidio. Schiavitù di un falso
perbenismo: si vogliono coprire con il rispetto nei riguardi verso l'altro le proprie
mancanze e deficienze. Schiavitù dell'orgoglio intellettuale. Si ha appena una
patina di religiosità, sia teorica che pratica, e nello stesso tempo uno si ritiene
preparato a fare scelte ed a prendere decisioni estremamente importanti e di
grande rilevanza come se ne avesse la preparazione e capacità.
NOTE
(1) Cfr. Bartolomeo Sorge, "Votare per il Crocifisso?", in Aggiornamenti Sociali,
dicembre 2002, p. 805 - 810
(2) Bartolomeo Sorge, o.c., p. 806.
(3) Bartolomeo Sorge, o.c., p. 809.
(4) "Via il Crocifisso dalle Scuole italiane?", in La Civiltà Cattolica, Editoriale, 5
gennaio 2002, n. 3637, p. 5.
(5) Consiglio di Stato, 27 aprile 1988. La prima codificazione risale all'articolo 140
del regio decreto 15 settembre 1860, n. 4336, riguardante il regolamento per
l'istruzione elementare e attuativo della legge 13 novembre 1859, n. 3725, la c.d.
legge Casati che prescriveva l'esposizione del Crocifisso in tutte le aule
scolastiche. L'ultima codificazione in ordine di tempo risale al 19 ottobre 1967,
quando il Ministro della Pubblica Istruzione emanò la circolare n. 367 circa
l'ediliza e l'arredamento delle scuole dell'obbligo.
(6) Cfr. Paolo Armaroli, "Il Crocifisso a scuola è ammesso dalla Costituzione", in
Il Giornale, 8 ottobre 1999, p. 10.
(7) Discorso del 23 marzo 1958.
(8) Bartolo Ciccardini, Il crocifisso e i crocifissi nella storia, in Avvenire, 22
settembre 2002, p. 2.
(9) Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso, Queriniana, Brescia 1973, p. 7; da notare
che l'Autore nello scrivere quest'opera pensava ancora alla tragedia del
nazionalsocialismo conseguenza della pretesa di poter costruire una società
senza Dio e senza cristianesimo; cfr. anche: "La croce di Cristo speranza del
cristiano", in La Civiltà Cattolica, marzo 2001, n. 3618, Editoriale, p. 547 - 559.
(10) Questo articolo è stato ripubblicato sul numero 14 di Liberal, novembre
2002.
(11) Per tutto questo: cfr. L'Enciclica di Benedetto XV, Maximum Illud, in AA. VV.
Roma e Pechino, a c. di Agostino Giovagnoli, Studium, Roma 1999,
specialmente p. 69 - 90.
(12) Cfr. Maurice Bormans, I musulmani di fronte al mistero della croce: rifiuto o
incomprensione?, in AA.VV., La sapienza della croce oggi, Atti Convegno
internazionale, Roma 13-18 ottobre 1975, LDC, Torino 1976, vol. I, p. 615 - 628.
(13) Maurice Bormans, o.c. 628.
(14) Per tutto questo, cfr. lo studio di Samir Khalil Samir, La crocifissione di Cristo
nel Corano, in Piero Coda - Mariano Crociata, Il Crocifisso e le religioni, Città
Nuova, Roma 2002, p. 49 - 82; questo studio è molto importante perché riporta e
spiega i testi del Corano riguardanti Cristo; nella stessa opera di Coda - Crociata
cfr: Marcello Di Tora, Musulmani e cristiani di fronte al Crocifisso: tra scandalo e
adesione di fede, p. 281 - 298.
(15) Samir Khalil Samir, o.c., p. 82).
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