Capitolo I – La fisica di base dell`accelerazione ottica di ioni

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Introduzione
3
I Capitolo - La fisica di base dell’accelerazione
ottica di ioni
1.1
Fisica dei
5
Plasmi: considerazioni introduttive
1.1.1 Lunghezza di Debye
5
8
1.1.2 Descrizione fluidodinamica del Plasma
12
1.1.3 Oscillazioni e onde di elettroni nei Plasmi
16
1.1.4 Propagazione delle onde elettromagnetiche in un plasma
freddo 23
1.2
Laser
29
1.2.1 Interazione di un fascio Laser con la materia
29
1.2.2 Forza Ponderomotrice
32
1.3
Accelerazione di ioni indotta da impulsi Laser
40
1.3.1 Target Normal Sheath Acceleration (TNSA)
42
1.3.2 Radiation Pressure Acceleration (RPA)
47
1.4
Alcuni risultati sperimentali
50
1.5
Esperimento LILIA
55
II
Capitolo
-
Progetto dello Spettrometro
Thomson
2.1
61
Teoria dello Spettrometro Thomson
61
2.1.1 – Il Campo Magnetico
62
2.1.2 – Il Campo Elettrico
64
2.2
Distribuzione degli spostamenti
66
2.2.1 – Incidenza non normale con solo campo magnetico
70
2.2.2 – Il caso più generale
73
2.2.3 – Distribuzione in xS e yS
76
1
2.3
III
Descrizione del codice di calcolo
PROPAGA
Capitolo - Descrizione delle Simulazioni
78
81
3.1 Incidenza normale con ipotesi di assenza di impulso
trasverso
81
3.2 Protoni con impulso trasverso
91
3.3
Incidenza con distribuzione angolare compresa in
un cono
103
Conclusioni
121
Bibliografia
123
2
Introduzione
In
questo
elaborato
simulazioni
viene
numeriche
spettrometro
a
descritto
alla
parabola
base
di
il
della
lavoro
teorico
progettazione
Thomson,
da
e
le
di
utilizzare
uno
per
la
caratterizzazione in energie di un fascio di protoni accelerato
otticamente;
tale
lavoro
è
stato
svolto
nell’ambito
dell’esperimento LILIA dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
(INFN).
L’obiettivo
è
quello
di
ottenere
uno
strumento
che,
in
sede
sperimentale, sia in grado di caratterizzare lo spettro energetico
di un bunch di protoni con energia massima non superiore ai 60 MeV,
e viene raggiunto partendo da un ciclo di simulazioni numeriche
svolte
con
l’applicazione
del
codice
di
calcolo
PROPAGA
che
risolve le equazioni del moto, applicate ai singoli protoni, lungo
una linea di trasporto definita.
La
trattazione
è
suddivisa
in
tre
parti,
nella
prima
saranno
illustrati i più importanti aspetti della fisica dei plasmi e i
principali
regimi
laser-plasma.
sperimentali
di
Saranno
e
la
accelerazione
riportati
descrizione
conseguenti
inoltre
all’interazione
alcuni
dell’esperimento
LILIA
risultati
che
è
in
lavoro
di
corso di svolgimento.
Nella
seconda
parte,
dedicata
all’esposizione
del
simulazione, è esposto il background teorico di una parabola di
Thomson che ne definisce il principio di funzionamento, è presente
inoltre una sintesi della struttura con cui il codice di calcolo
PROPAGA,
sviluppato
presso
la
Facoltà
di
Fisica
ed
Astronomia
dell’Università degli Studi di Bologna e utilizzato per svolgere i
calcoli, porta a termine le simulazioni.
La
terza
ed
ultima
parte
illustra
i
risultati
del
lavoro,
le
selezioni in energia ed angolo, con tre ipotesi differenti, dal
caso
più
ideale
a
quello
più
realistico;
3
seguono
infine
le
conclusioni,
nelle
quali
si
espongono
brevi
considerazioni
sui
risultati e sulla loro utilità nell’ambito dell’esperimento LILIA.
4
I Capitolo - La fisica di base
dell’accelerazione ottica di ioni
In
questo
capitolo
verranno
illustrate
le
più
importanti
caratteristiche fisiche di un Plasma e le sue interazioni con un
Laser; saranno inoltre descritti brevemente i principali regimi di
accelerazione di ioni conseguenti all’interazione Laser-Plasma.
1.1
Fisica dei
introduttive
Plasmi:
considerazioni
Un Plasma è fondamentalmente un gas completamente ionizzato.
Normalmente un gas a temperatura arbitraria presenta una certa
quantità di atomi ionizzati anche se, di solito, il totale degli
atomi in stato neutro è di gran lunga preponderante; un plasma è
caratterizzato invece dalla condizione opposta.
In un Plasma costituito da una sola specie di particelle neutre,
ioni
monovalenti
ionizzazione,
dello
stesso
all’equilibrio
tipo
ed
elettroni,
termodinamico,
lo
viene
stato
di
descritto
dall’Equazione di Saha:
ni ne 2   2 meT 

n0
h3
Dove
ne,
ni
ed
3/2
 E 
 exp   i   f  t 
 T 
n0
rappresentano
rispettivamente
le
densità
di
elettroni, ioni ed atomi neutri, Ei è l’energia di ionizzazione
5
della specie atomica considerata, me è la massa dell’elettrone, h
la costante di Planck e T la temperatura in unità energetiche (eV)1.
La condizione di equilibrio termodinamico non è molto frequente,
molto più realistica risulta invece la condizione di cosiddetto
Equilibrio Termodinamico Locale (LTE), caratterizzata dal fatto
che le proprietà dinamiche delle particelle costituenti il Plasma
(ad es. velocità di ioni ed elettroni, popolazione di particelle
eccitate o densità degli stati di ionizzazione) sono descritti
dalla distribuzione di Boltzmann:
  
n jm  exp   jm 
 T 
Tenendo conto che la temperatura è diversa per ioni ed elettroni.
L’Equazione di Saha è soddisfatta con la condizione di LTE, e può
essere estesa anche a Plasmi costituiti da diverse specie atomiche.
Contrariamente
a
quanto
avviene
in
condizioni
di
completo
equilibrio termodinamico, in un Plasma caratterizzato da LTE la
radiazione
elettromagnetica
può
fuoriuscire,
per
cui
non
è
necessariamente in equilibrio con le particelle all’interno del
Plasma stesso, con queste premesse
sono valide tutte le leggi
relative all’equilibrio termodinamico tranne la Legge di Planck.
L’ipotesi di Equilibrio Termodinamico Locale è valida per lo più
in relazione a Plasmi ad alta densità, all’interno dei quali gli
urti frequenti tra ioni ed elettroni (o tra elettroni) portano
all’equilibrio, situazione che si verifica se le densità di ioni
ed
elettroni
sono
sufficientemente
elevate
da
far
sì
che
gli
eventi di collisione siano preponderanti rispetto ai processi per
così dire dissipativi.
Da un punto di vista strettamente dinamico, un Plasma è un numero
statisticamente rilevante di particelle cariche che interagiscono
1
Tipicamente
T  kB TK , essendo TK la temperatura in gradi Kelvin
6
tra
di
loro
generando
approssimazione,
la
campi
sua
elettromagnetici,
dinamica
può
essere
e,
in
descritta
prima
tenendo
conto che la forza agente su ogni particella è la forza di Lorentz,
e che l’evoluzione dei campi elettromagnetici è governata dalle
Equazioni di Maxwell:
 xi  vi

vi  B  xi  


p

q
E
x




i
i
 i
c



  B  0

  E  4

  B  1 E  4 J

c t
c

  E   1 B
c t

Dove xi e pi  mi  i vi rappresentano i vettori posizione e quantità di
moto dell’i-esima particella e 
e J
sono i termini di sorgente
calcolati a partire dalla distribuzione nello spazio delle fasi,
senza effettuare operazioni di media sulle coordinate spaziali, in
modo da includere nel modello anche le collisioni binarie.
Dalle
equazioni
considerando
un
sopra
plasma
illustrate
si
costituito
evince
da
N
facilmente
particelle
che,
cariche
mutuamente accoppiate dai rispettivi campi auto-consistenti, si
dovrà risolvere un sistema di 6N equazioni accoppiate.
Questo
approccio
è
piuttosto
carente
in
termini
di
praticità
analitica e numerica, ma presenta ampi margini di semplificazione
se si considera un plasma senza collisioni, la validità di tale
modello viene valutata a partire dal concetto di
Debye e dalle sue relazioni con gli altri parametri.
7
Lunghezza di
1.1.1
Lunghezza di Debye
Per capire il significato di Lunghezza di Debye, si può partire
dalla descrizione di un plasma di Idrogeno completamente ionizzato
con densità di elettroni e di ioni pari rispettivamente a ne  ni  n0
in tutti i punti del volume occupato dal plasma, vale a dire che
il plasma si trova in uno stato imperturbato.
Si supponga di perturbare il plasma con una carica puntiforme Q  0
a riposo, posta nell’origine del sistema di riferimento; nel vuoto
il
campo
elettrostatico
distribuzione del tipo
densità
di
carica
generato
dalla
carica
avrebbe
Q
una
  r   Q r , ma all’interno del plasma la
elettrica
e ,
utilizzata
nell’equazione
di
Poisson, deve tener conto anche dei fenomeni di polarizzazione
dovuti
alle
differenze
nell’intorno della carica
di
densità
di
ioni
ed
elettroni
Q ; tale densità andrà quindi scritta
nella seguente forma: e  e  ni  ne  .
L’equazione di Poisson viene infine formulata come segue:
2   4e  4  e  ni  ne   4 Q  r 
come
detto,
con
l’ipotesi
di
LTE
le
densità
ioniche
ed
elettroniche seguono la distribuzione di Boltzmann:
 q j
n j  n0  exp  
 T
j

dove



j  e , i per elettroni e ioni rispettivamente e n0 è la densità
media delle particelle nella regione imperturbata, dove il plasma
è neutro, cioè a distanza sufficiente dalla carica Q .
8
Inserendo questa espressione di n j
nell’equazione di Poisson, si
ottiene l’equazione auto-consistente per il potenziale scalare:

 q 
 q  
 2  4  e n0  exp   i   exp   e    4  Q   r 
 Ti 
 Te  

equazione che può essere risolta in punti molto distanti dalla
carica Q , dove l’energia potenziale è molto minore dell’energia
termica, cioè dove e
Ti ,e .
A tali distanze si può espandere l’RHS della formula precedente
con la condizione r  0 e ottenere:
1
1
 2  4  e2 n0  

T
T
e 
 i
Sfruttando le simmetrie del problema, e definendo la grandezza:
D 
e ,i
Te,i
4  n0 e2
in modo che:
1
D2

1
D2
e

1
D2
(1.1)
i
l’equazione per il potenziale diventa:
9
1 d  2 d 

r



r 2 dr  dr  D2
con le condizioni al contorno:
  0 per r  


Q


per r
D


r
la cui soluzione è:
 
 r 
Q
exp  
.
r


D 
Tale
soluzione,
accoppiata
alla
seconda
delle
due
condizioni,
significa che nelle immediate vicinanze della carica
Q
il suo
potenziale ha la canonica forma coulombiana, essendo assente ogni
effetto di “schermaggio”; mentre per distanze r  D esso è di molto
inferiore proprio a causa dell’effetto di screening (schermaggio)
del
plasma,
in
sostanza
la
portata
dell’interazione
elettrica
risulta “accorciata” fino ad una distanza pari a circa D , in una
sfera di raggio D , cioè, il campo elettrostatico viene schermato
dalla carica, questa sfera viene chiamata Sfera di Debye, e la
distanza caratteristica Lunghezza di Debye, essa rappresenta la
distanza
alla
quale
il
plasma
scherma
generato da una carica puntiforme.
10
il
campo
elettrostatico
Vale la pena notare, dall’espressione (1.1), che per temperature
ioniche
Ti
diverse
da
zero,
anche
gli
ioni
contribuiscono
all’effetto schermante.
Si ipotizzi ora di introdurre in un plasma, la cui dimensione
D , un potenziale esterno; naturalmente i
caratteristica è
L
campi
generati
elettrici
risulterebbero
schermati
a
distanze
inferiori ad L, ma per lunghezze nell’ordine di D il plasma non
sarebbe
elettricamente
neutro,
nonostante
sia
tale
su
scale
dimensionali maggiori; questa condizione descrive la cosiddetta
Quasi-neutralità di un plasma.
Essendo
mi
me
è
ragionevole,
nella
maggior
parte
dei
casi,
considerare gli ioni come un background immobile, specialmente per
piccole scale temporali, cioè
Ti  0
che permette di riformulare
l’espressione della lunghezza di Debye come segue:
D 
T
4  n0 e2
dove T è ora la temperatura degli elettroni in unità energetiche
(eV).
Da quanto sopra esposto, è chiaro che l’effetto schermante (il
cosiddetto Debye Shielding) risulta efficace soltanto se il numero
di elettroni presenti nella “nube” che circonda la carica
sufficientemente
elevato;
conseguentemente
si
può
Q
definire
è
il
parametro N D come segue:
ND 
4
 ne D3
3
e identificare la condizione necessaria per l’efficacia del Debye
Shielding:
11
ND
1
N D viene chiamato parametro del plasma, e la condizione
ND
1
è strettamente connessa con la validità dell’ipotesi sull’assenza
di collisioni, come sarà mostrato nel prosieguo.
1.1.2
Descrizione fluidodinamica del Plasma
Il modello sviluppato sotto l’ipotesi di assenza di collisioni può
essere ulteriormente semplificato fino ad arrivare ad un sistema
matematico che descriva il plasma come una massa di fluido, purché
si riesca ad esprimere la funzione di distribuzione nello spazio
delle fasi come uno scalare che varii in funzione delle variabili
spaziali:
per
univocamente
ogni
punto
definita.
del
Il
dominio
cosiddetto
la
velocità
modello
fluido
deve
essere
può
essere
utilizzato per descrivere comportamenti del plasma nel suo insieme,
ma non include la descrizione di fenomeni di interdizione delle
onde elettromagnetiche, nei quali diverse particelle hanno diverse
velocità nello stesso punto.
Un modello cinetico che contenga lo stato delle particelle di
plasma
può
essere
distribuzione
sviluppato
a
partire
da
una
funzione
di
f j  x , p , t  , che rappresenta la densità di particelle
della specie j nella fase
x, p m v ;
con queste premesse il numero
di particelle nel volumetto elementare dxdp dello spazio delle fasi
si esprime:
n  f j  x , p , t  dxdp .
Effettuando una media della funzione di distribuzione sui momenti
si
possono
ottenere
grandezze
macroscopiche
specie j :
12
per
ognuna
delle
nj  x 
 f  x , p , t  dxdp
densità di particelle
j
n j u j  x    v f j  x , p , t  dxdp
velocità media
 Pkl  x   m j  vk vl f j  x , p , t  dxdp
pressione media
 j  x   q j  f j  x , p , t  dxdp
densità di carica
J j  x   q j  v f j  x , p , t  dxdp
densità di corrente
se si suppone costante il numero di particelle e il volume dello
spazio delle fasi, come dimostrato dal teorema di Liouville, si ha:
df j
dt
 0
e visto che sia
x
che
sono funzione del tempo, l’equazione
p
diventa:
f j
t
 v x f j  p  p f j  0
nota come Equazione di Vlasov, essa non tiene conto degli urti tra
particelle,
temporali
aggiungere
quindi,
per
comparabili
un
la
alla
cosiddetto
risoluzione
frequenza
termine
di
di
di
problemi
su
collisione,
collisione
e
scale
bisogna
utilizzare
l’Equazione di Boltzmann.
Accoppiando l’equazione di Vlasov a quella del moto si ottiene:
13

vj  B xj  
p f j  0
 v x f j  q j  E  x j  


t
c


f j
dove i campi elettromagnetici vengono forniti dalle equazioni di
Maxwell che chiudono il sistema rendendolo auto-consistente.
Se
si
considerano
i
momenti
dell’equazione
di
Vlasov,
si
può
descrivere il plasma con un numero n di modelli fluidi, nei quali
ogni
specie
interagisce
tecnica
viene
j
con
che
gli
trattata
altri
come
attraverso
rappresenta
uno
un
i
singolo
campi
standard
fluido
che
elettromagnetici,
nella
risoluzione
dell’equazione di Vlasov.
Il
costo
di
un
gerarchia
di
equazioni
momenti
di
simile
ordine
approccio
accoppiate
sempre
però,
da
è
che
termini
successivo,
si
che
come
ottiene
una
rappresentano
è
facilmente
comprensibile dall’espressione dei primi due momenti:
 f


vj  B xj  
j
 dp  t  v  x f j  q j  E  x j   c   p f j   0




 f


vj  B xj  
j



 f 0
 dp p  t  v  x f j  q j  E  x j  
 p j
c




Integrando la prima delle due, si ottiene l’equazione relativa al
momento di ordine zero, cioè l’equazione di continuità, essendo
ciò ovvio dal momento che si è assunto costante il numero di
particelle:
n j
t
 x J j  0
14
dall’integrazione
della
seconda
delle
due
sopra
riportate
si
ottiene quindi l’equazione corrispondente al momento di ordine uno,
cioè
l’equazione
di
Eulero
che
esprime
la
conservazione
della
quantità di moto:
J j
t

qjnj 
u B
1
 x  Pk l  
E i

0
j
m
m 
c 
In quest’ultima compare il tensore delle pressioni che rappresenta
il momento di ordine successivo.
È comunque ragionevole troncare il set di equazioni mettendo in
relazione
il
tensore
delle
pressioni
con
altre
variabili
termodinamiche del plasma, di solito se vale l’ipotesi di LTE si
può chiudere il sistema come segue:

Per
un
plasma
freddo,
nel
quale
prevalgono
le
forze
termici
sono
elettromagnetiche, si pone la pressione Pj  0

Per
un
plasma
sufficientemente
nel
veloci
quale
da
i
rendere
flussi
il
plasma
a
tutti
gli
effetti isotermo, si assume Pj  n jT j

Nel caso in cui i flussi termici siano trascurabili e si
possa utilizzare l’ipotesi di adiabaticità, vale la seguente
relazione: Pj nj  cos t. Dove l’esponente  è il rapporto cP cV e
dipende dal numero di gradi di libertà del sistema.
Con questi assunti l’equazione della conservazione dell’energia,
relativa al momento di ordine tre, non è più necessaria e la
gerarchia di equazioni viene troncata in maniera plausibile.
15
1.1.3
Oscillazioni e onde di elettroni nei Plasmi
Con l’utilizzo del modello fluido è possibile studiare un semplice
moto
collettivo
all’interno
di
un
plasma:
le
oscillazioni
di
carica e di campo elettrostatico associate al moto degli elettroni.
Si parte dal considerare un plasma freddo, la cui temperatura sia
pari a zero, le velocità termiche di ioni ed elettroni quindi si
annullano; interpretando questa condizione dal punto di vista del
modello fluido ciò equivale ad annullare le forze di pressione
all’interno del plasma. Si considerano inoltre gli ioni come un
background neutralizzante in ogni punto del volume considerato.
Se
vengono
perturbati
soltanto
gli
elettroni,
ad
esempio
da
un’onda elettromagnetica che si propaga all’interno del plasma, si
genera un campo elettromagnetico; l’obiettivo è quello di capire
come si muovono gli elettroni in seguito a tale perturbazione.
Ci si riferisce alla seguente equazione di Maxwell:
  E  4  e
dove
e
(1.2)
è la densità di carica elettrica, in relazione con la
densità di corrente attraverso l’equazione di continuità:
  Je 
e
0
t
facendo uso della legge di Ohm
nella
relazione
precedente,
J e   nee ve   E
derivando
per esprimere
rispetto
al
confrontando con la (1.2) si ottiene un’equazione per  e :
 4  e2 ne 
 2 e

 e  0
t 2
m
e


16
tempo
Je
e
che descrive l’oscillazione armonica della densità di carica.
La quantità tra parentesi ha le dimensioni del quadrato di una
pulsazione  rad 2 sec2  e prende il nome di frequenza di plasma:
12
 pe
 4  e2 ne 
 

 me 
5.64 104 ne
Per comprendere il significato di  pe si può considerare uno slab
monodimensionale di plasma attraversato in direzione normale da
una perturbazione che “sparpaglia” gli elettroni lungo una piccola
distanza x , mentre gli ioni restano fissi a riposo.
Come mostrato in Figura I-1 il dislocamento degli elettroni porta
ad avere una densità di carica, sulla superficie originaria, pari
a  ne ex , mentre sulla faccia spostata in avanti tale valore risulta
pari a  ne ex .
17
Figura I-1 - Violazione della neutralità di carica in uno slab monodimensionale
di plasma
La separazione di cariche crea un campo elettrico uniforme di
modulo E  4  ne x che esercita su ogni elettrone una forza tendente
a riportarlo in equilibrio.
La legge del moto di Newton, applicata agli elettroni, descrive un
semplice moto armonico con una frequenza caratteristica pari a  pe ,
le
oscillazioni
fenomeno
elettrica,
con
 pe
del
plasma
vanno
cui
il
plasma
è
la
frequenza
quindi
preserva
di
interpretate
la
propria
risonanza
come
un
neutralità
propria
delle
oscillazioni di densità degli elettroni, rispetto al background
neutralizzante di ioni.
18
La relazione sopra ottenuta non descrive propriamente un fenomeno
ondulatorio, in quanto le oscillazioni non si propagano, per avere
come risultato un’onda vera e
propria si dovrebbe trattare un
plasma caratterizzato da una temperatura non nulla.
Si
può
analizzare
un
caso
in
cui
gli
elettroni
abbiano
una
temperatura pari a Te e gli ioni siano a riposo, cioè con Ti  0 .
Le equazioni fluide necessarie alla risoluzione del problema sono
le equazioni di continuità e di conservazione della quantità di
moto:
 ne
    ne ve   0

 t

me ne  ve   ve   ve    ne e E   Pe
 t





dove ne , ve , - e e me rappresentano rispettivamente la densità, la
velocità, la carica e la massa degli elettroni,
elettrico all’interno del plasma e
dagli
elettroni,
legata
alla
Pe
loro
E
è il campo
è la pressione esercitata
temperatura
attraverso
l’equazione di stato che, per un Gas Ideale, con Te
espressa in
elettronvolts, si esprime:
Pe  neTe
inoltre,
utilizzando
l’ipotesi
di
adiabaticità
per
gerarchia delle equazioni fluide, si può scrivere:
Pe  C ne
essendo C una costante.
Utilizzando le relazioni appena esposte si ottiene:
19
chiudere
la
  ne 
 Pe  Pe  
   Te  ne
 ne 
che deve essere sostituita nell’equazione di conservazione della
quantità
di
moto
e
risolta
accoppiandola
con
l’equazione
di
Maxwell:
 E  4   ni  ne  .
Queste
equazioni
oscillazioni
è
sono
non-lineari,
l’ampiezza
si
può
delle
la
seguente procedura di linearizzazione, indicando col pedice 0
la
componente
di
equilibrio
e
contenuta,
se
sfruttare
in
sufficientemente
ma,
col
pedice
I
le
ampiezze
oscillazione:
ne  ne 0  neI ;
ve  ve 0  veI ;
Ee  Ee 0  EeI ;
le condizioni di equilibrio sono:
ne 0  ni  cos t. ;
ve 0  0 ;
E0  0 ;

ne 0 , ve 0 , E0  0 .
t


Inoltre, per poter trascurare i termini di ordine superiore, anche
le seguenti condizioni devono essere verificate:
 neI 


n
 e0 
2
neI
;
ne 0
 veI   veI
20
veI
; ...
t
l’intero sistema, correttamente linearizzato, risulta infine:
 neI
 t  neI    veI   0

 ve
  e E   Te  neI
me
t

  EI   4  e neI


Per
semplificare
(1.3)
ulteriormente,
viene
trattato
un
modello
monodimensionale, in modo che tutte le variabili siano funzioni
del tempo t e dell’unica coordinata spaziale x ; con un solo grado
di libertà il fattore  è pari a 3.
Si cercano soluzioni che abbiano la forma di un’onda monocromatica
di frequenza  e numero d’onda k  2  :
neI  n exp i  kx  t  


veI  v exp i  kx  t  

 EI  E exp i  kx  t  

(1.4)
combinando le espressioni (1.3) e (1.4) si ottiene un’equazione
algebrica la cui soluzione è la seguente relazione di dispersione,
detta plasmon, che descrive onde elettrostatiche longitudinali:
2
 2   pe
 3k 2 vth2
in un modello monodimensionale la velocità termica vth vale
21
Te me .
Il
concetto
di
frequenza
di
plasma
può
essere
utilizzato
per
comprendere meglio i limiti di validità dell’ipotesi sull’assenza
di collisioni, e come quest’ultima sia in relazione col parametro
di plasma.
In un plasma completamente ionizzato le interazioni binarie tra
particelle sono per lo più dovute alle forze Coulombiane, la cui
portata è comparabile con la lunghezza di Debye; si consideri una
popolazione di particelle cariche con densità n , massa m0 , carica
e e velocità media pari a v0 , incidente su un bersaglio costituito
da una particella carica a riposo, avente uguale carica ma una
massa
M
m0 ; si può dimostrare che il tasso di scattering per
angoli elevati vale:
4  e4 n
c 
m2 v03
con l’uso delle relazioni finora illustrate è facile dimostrare
che un elettrone termico percorre una distanza pari alla lunghezza
di Debye in un tempo pari al periodo di oscillazione del plasma:
 pe 
vth
D

2
 pe
e, richiamando la definizione di parametro di plasma N D :
 pe

 c  ND .
c
 pe
È chiaro che N D , il numero di particelle contenute nella sfera di
Debye,
mette
in
relazione
i
moti
collettivi
con
quelli
delle
singole particelle che avvengono su scale temporali comparabili
con quelle dei fenomeni di collisione; la condizione N D
22
1 , che
deve essere verificata per poter considerare efficace il Debye
Shielding, può quindi essere espressa:
 pe

 c  ND
c
 pe
1.1.4
1.
Propagazione delle onde elettromagnetiche in un
plasma freddo
l’interazione tra un’onda elettromagnetica e un plasma può essere
descritta a partire dalle equazioni di Maxwell (in unità MKS):
  B  0

  D  

  H  J  D

t

  E   B
t

L’onda interagisce con tutte le specie di particelle che incontra
nella sua propagazione, ma l’interazione con gli atomi neutri è di
gran lunga più debole rispetto a quella con particelle cariche e
di fatto può essere trascurata, tenendo presente inoltre che la
massa degli ioni è molto maggiore.
L’interazione
vettore
tra
densità
di
l’onda
e
corrente
gli
elettroni
la
J
cui
viene
descritta
espressione
può
dal
essere
ricavata dalla soluzione della legge del moto applicata al singolo
elettrone:
m
dv
 eE
dt
23
da notare che sono stati trascurati i fenomeni di collisione e si
è ipotizzato che v
l’intensità
della
dipende solo dal tempo; si è inoltre assunta
forza
magnetica
molto
inferiore
rispetto
a
quella della forza elettrica.
Se si considera un campo elettrico monocromatico E  E0 ei  t , si può
ottenere una soluzione, per la velocità, cha abbia lo stesso tipo
di
dipendenza
dal
tempo:
v  v0 e i  t
.
Quindi
la
soluzione
all’equazione del moto è:
v 
eE
 i  me
Il vettore densità di corrente è proporzionale alla velocità e,
dopo una razionalizzazione, si giunge all’espressione:
n e2 E
J  nev  i 2
 me
dove n e m
rappresentano rispettivamente la densità e la massa
dell’elettrone.
Introducendo
la
permittività
elettrica
del
vuoto
0 ,
si
può
inserire, nell’espressione della densità di corrente, la frequenza
di plasma, che in unità MKS risulta:

2
pe
 e2 n 


 me  0 
e, quindi, il vettore J :
24
2
 0  pe
E
J  i
2
combinando quest’ultima con l’equazione per il campo H si ha:
2
2
  pe

 0  pe
E
  H  i

i


E

i


1

E  i  E  i  D

0
0
2 

2



Si è giunti a constatare che il plasma è un mezzo dispersivo
perché
la
sua
permittività
dipende
dalla
frequenza
della
radiazione che si propaga al suo interno:      , con:
2
  pe
     0 1  2



 .

Finora si è trattata la propagazione di onde
longitudinali; è
possibile completare lo studio analizzando anche fenomeni relativi
a onde trasversali, partendo dalle classiche relazioni:
k 2  2    i     k    i
dove:
 
 
2 
1  1  2 2  ;
2 
  
 
 

2
1

1


1

 ;
2 
 2  2 
Con l’ipotesi sull’assenza di collisioni vale   0 , come mostrato
in [1] e, ponendo   0 :
25
2
 pe
 
1
;
c


 0;
nrefr 
2
 pe
1

da cui si capisce che, nel caso in cui    pe , il coefficiente di
propagazione  è puramente immaginario.
Dunque considerando un’onda elettromagnetica piana che si propaga
lungo la direzione z, descritta dalla seguente relazione:
E  E0 exp i  kz  t   E0 exp  i  z   z  i  t  .
È chiaro quindi che il termine spaziale rappresenta un fattore di
smorzamento; in questo caso non v’è alcuna propagazione, soltanto
un’onda smorzata esponenzialmente su una lunghezza caratteristica:
lsd 
essa
c
2
 pe

viene
chiamata
skin
depth,
e
rappresenta
la
scala
di
lunghezza con cui il plasma smorza un’onda elettromagnetica di
frequenza inferiore a  pe , che è di fatto un valore di cut-off.
Per un’onda di data frequenza, la densità alla quale    pe è detta
densità critica, e può essere definita come segue:
 me
nc    
2
 4 e
 2
 .

Quando la densità è maggiore del valore critico, cioè ne  nc , il
plasma è opaco e l’onda viene smorzata, viene quindi denominato
Overdense Plasma o Overcritic; quando ne  nc esso è trasparente e
26
le
onde
possono
propagarsi,
in
questo
caso
il
plasma
è
detto
Underdense.
Tenendo
conto
di
tali
conclusioni,
l’equazione
sopra
formulata
mostra che l’indice di rifrazione di un plasma è sempre compreso
tra 0 ed 1.
Il
seguente
grafico,
che
riporta
l’andamento
dell’indice
di
2
1
rifrazione in funzione della frequenza, mostra che il valore nrefr
è un valore asintotico.
Figura I-2 - Andamento dell'indice di rifrazione
Da quanto esposto si può affermare che la velocità di fase di
un’onda EM in un plasma è sempre maggiore della velocità della
luce:
27
v 

k

c
nrefr
L’effettiva

c
2
 pe
1

velocità
di
propagazione
però,
alla
quale
viaggia
l’informazione trasportata dall’onda, è la cosiddetta velocità di
gruppo, che per un plasma può esprimersi:
vg 

 e E  e v  B0
t
(1.4)
essa può essere scritta diversamente introducendo l’espressione
della frequenza di ciclotrone c  e B0 me :
v
eE

 c v  zˆ
t
me
Risolta
questa
un’espressione
equazione,
avente
la
si
forma
trova
di
per
una
la
matrice
permittività
Hermitiana
con
dimensioni 3x3, che descrive quindi il plasma magnetizzato come un
mezzo anisotropo; come conseguenza di tale anisotropia, un’onda,
nella sua propagazione all’interno di un plasma magnetizzato, può
essere
suddivisa
in
due
componenti:
la
componente
di
onda
ordinaria (O-mode), chiamata così perché in direzione normale al
campo B0 si comporta come se fosse all’interno di un plasma nonmagnetizzato, e la componente di onda straordinaria (X-mode).
Inoltre,
direzione
se
di
si
considera
propagazione
una
polarizzazione
perpendicolare
al
lineare
campo
B0 ,
e
una
si
può
dimostrare che il piano di polarizzazione si flette di un angolo
pari a   V B0 l , dove l è il cammino compiuto dall’onda nel plasma
28
e V
è la costante di Verdet. Questo fenomeno è tipico dei mezzi
ottici attivi e viene detto Effetto Faraday.
1.2
In
Laser
questo
paragrafo
si
esporranno
le
principali
dinamiche
di
interazione tra un fascio laser e la materia, tralasciando la
descrizione
della
fisica
che
sta
alla
base
del
principio
di
funzionamento di un laser.
1.2.1
Interazione di un fascio Laser con la materia
È ampiamente noto come impulsi laser ad elevata potenza possano
ionizzare
un
acquisiscono
bersaglio:
un’energia
gli
elettroni
cinetica
maggiore
espulsi
della
dai
loro
nuclei
massa
a
riposo, per poi transire al regime altamente relativistico.
In tale situazione risulta utile definire la seguente grandezza,
che prende il nome di laser strength parameter:
a0 
si
e A0
me c 2
tratta
relativo
fondamentalmente
al
laser,
del
modulo
normalizzato
del
rispetto
potenziale
alla
massa
vettore,
a
riposo
dell’elettrone; il valore del parametro a0 definisce il regime nel
29
quale avviene l’interazione laser-plasma: se a0  1 si è in regime
relativistico.
L’LSP può inoltre essere messo in relazione con l’ampiezza del
picco elettrico del laser EL :
EL  a0
me  c
e
considerando inoltre l’espressione dell’intensità di picco:
I0
c EL2

8
si può esprimere a0 in funzione di EL , I 0 e della lunghezza d’onda
L corrispondente all’intensità di picco:
a0 
e
me c 2
I 0 L
2
c
.
Tale grandezza può essere interpretata come il valore massimo del
momento di un elettrone che oscilla nel campo laser, normalizzata
rispetto alla sua massa a riposo, e da quest’ultima espressione si
evince
che
il
regime
relativistico
entra
in
gioco
in
maniera
significativa per intensità di picco del laser superiori a circa
1018 W cm2  .
È
possibile
stimare
l’intensità
di
un
laser
necessaria
per
ionizzare un atomo di idrogeno utilizzando il modello di Bohr.
Ad una distanza pari al raggio di Bohr la forza esercitata dal
campo elettrico è, in unità cgs, Ea  e aB
e l’intensità del laser
che occorre per eguagliare l’energia di legame dell’elettrone, la
cosiddetta intensità atomica, è [1]:
30
c Ea2
Ia 
8
3.51  1016 W cm2 
un’intensità I L  I a garantisce una ionizzazione anche solo parziale
del bersaglio, qualsiasi sia il materiale di cui è costituito; un
elettrone
infatti
può
essere
espulso
dall’atomo
se
assorbe
un
singolo fotone di energia pari alla sua energia di legame, come
nell’effetto
fotoelettrico,
o
assorbendo
diversi
fotoni
di
frequenza (e quindi energia) minore. Quest’ultimo processo viene
detto Ionizzazione Multifotonica (MPI) e ha una forte dipendenza
dalla
densità
accordo
con
di
fotoni
la
teoria
(cioè
dall’intensità
delle
della
perturbazioni,
il
luce);
in
tasso
di
ionizzazione con n fotoni è dato da:
n   n I Ln
dove
n
decresce
al
crescere
di
n,
ma
la
dipendenza
da
I Ln
garantisce diversi eventi di ionizzazione purché l’intensità sia
sufficientemente
menzionata
resta
elevata
valida
( I L  1010 W cm2 );
la
fintanto
potenziale
che
il
relazione
appena
che
lega
l’elettrone all’atomo resta imperturbato.
Se il campo laser è particolarmente intenso può distorcere il
campo
elettrico
percepito
dall’elettrone,
in
questo
caso
la
barriera coulombiana diventa una barriera finita di potenziale e
l’elettrone può fuggire per effetto tunnel (tunnelling ionization);
a intensità ancora maggiori la barriera coulombiana può essere
soppressa, e si ha una cosiddetta barrier soppression ionization
(BSI).
Si
può
ricorrere
al
parametro
di
Keldysh
per
stabilire
quale
regime di ionizzzazione (tunnelling o MPI) prevale ad una data
intensità:
31
Eion
 
 pond
dove Eion è l’energia di ionizzazione e  pond
è il potenziale della
forza ponderomotrice relativa al campo laser:
 pond
e 2 EL2

4 me L2
che esprime l’energia effettiva acquisita dall’elettrone nella sua
oscillazione all’interno del campo laser.
In generale si può dire che il regime di ionizzazione per effetto
tunnel prevale per campi intensi ed elevati valori delle lunghezze
d’onda, cioè per   1 ; la ionizzazione multifotonica è più presente
nel caso in cui il campo elettrico non sia abbastanza intenso da
perturbare la barriere di potenziale, cioè per   1 .
All’inizio
del
processo
quindi,
quando
il
pre-pulse
del
laser
impatta sul bersaglio, data l’intensità contenuta, la ionizzazione
multifotonica è prevalente, quando l’impulso principale raggiunge
il bersaglio domina invece l’effetto tunnel.
1.2.2
Forza Ponderomotrice
Un’onda
elettromagnetica
all’interno
di
un
piana,
plasma
con
come
si
è
velocità
visto,
di
si
fase
propaga
espressa
dall’equazione (1.4); questo risultato non è valido per impulsi
laser
di
breve
durata,
dal
momento
che
il
punto
focale
ha
dimensioni nell’ordine del micron.
Di
conseguenza
impulsi
laser
brevissimi
generano
gradienti
estremamente intensi sia in senso radiale che longitudinale, tali
intensità,
associate
alla
forza
32
ponderomotrice,
trascinano
gli
elettroni verso le zone in cui il campo è più debole e sono quindi
responsabili dell’insorgere di onde longitudinali nel plasma.
Con
un’approssimazione
l’effetto
modulo
del
sia
particelle,
gradiente
non
di
opportunamente
in
oscillazione,
un
sia
relativistica
un
campo
trascurabile
di
possibile
elettrico,
contenuto
intervallo
è
e
tempo
rispetto
lo
pari
valutare
purché
il
spostamento
ad
un
suo
delle
periodo
all’estensione
di
spaziale
del gradiente stesso.
L’equazione del moto monodimensionale applicata ad una particella
carica immersa in un campo elettrico oscillante diventa:
m x  q E0 cos  t 
che, integrata due volte rispetto al tempo, con la condizione
iniziale x0  0 , restituisce:
x  x0 
Questa
q E0
cos  t  .
2
m
relazione
descrive
un
moto
oscillatorio
intorno
posizione di equilibrio x0 , come mostrato in Figura I-3.
33
alla
Figura I-3 - Moto di una particella carica in un campo elettrico oscillante con
ampiezza costante (sinistra) e variabile (destra)
Se si assume per l’ampiezza E0 una funzione debolmente crescente
della coordinata x , allora il campo elettrico tenderà a riportare
la particella nella posizione iniziale in maniera più efficiente
nell’emiciclo positivo del cos  t  , dove E è maggiore.
Per integrare l’equazione del moto è comodo esprimere la posizione
x
della
particella
come
somma
di
una
componente
lentamente
variabile x , ed una che varia molto rapidamente, indicata con x ,
quindi: x  x  x , dove:
t
x t   x
T

1
T
T
2

t
T
2
x  t ' dt ' 
2

t
T
2
 x t ' dt '
t
T
2
rappresenta il valore medio di x in un periodo di oscillazione del
campo elettrico.
34
Applicando
lo
sviluppo
di
Taylor
intorno
alla
posizione
x
all’espressione del campo elettrico si ottiene:
E
 
 
 E0 x   x E0 x x  cos  t 


che, sostituita nell’equazione del moto, fornisce:


m x  m x  q  E0 x   x E0 x x  cos  t 


con gli assunti appena fatti, si ha che
x
dipendenza
campo,
E0  x 
spaziale
dell’ampiezza
di
x e, data la debole
si
può
porre
 x E0  x  x .
Dunque
per
la
componente
rapidamente
variabile
si
osserva
un’oscillazione di frequenza  :
x

qE0
cos  t 
2
m
mentre per la parte lentamente variabile, che rappresenta il moto
del centro di oscillazione, dopo aver effettuato una media su un
periodo di oscillazione, si ottiene:
q2
x 
E0  x   x E0  x  .
2 m2  2
Da quest’ultima espressione si nota che il centro di oscillazione
è accelerato in direzione opposta al gradiente di campo; la Forza
Ponderomotrice è responsabile di tale accelerazione, e può essere
espressa come segue:
35
q2
FP  
 E02
2
4 m
che, ovviamente, rappresenta il gradiente del potenziale relativo
alla forza Ponderomotrice [1].
è
importante
notare
che
la
forza
ponderomotrice
dipende
dal
quadrato della carica elettrica, dunque la sua direzione è la
stessa per particelle dotate di carica positiva e negativa, mentre
il suo modulo è maggiore per gli elettroni che per gli ioni, data
la sua dipendenza da 1 m .
Tale forza tenderà a spingere gli elettroni lontano dalle regioni
in cui l’intensità (del campo
elettrico) è elevata, quindi il
singolo elettrone si allontanerà dal centro di un fascio laser
acquisendo un velocità di oscillazione di modulo:
vOS 
eE
m
.
L’estensione relativistica completa dell’espressione della Forza
Ponderomotrice è:
FP   mc 2  
dove:
  1
p
mc 2

a02
2
come descritto in [2].
Quando
propaga
un
in
impulso
un
laser
plasma
ultra-breve
sottodenso,
36
(nell’ordine
la
forza
dei
fs)
si
ponderomotrice,
spingendo
gli
elettroni
ma
non
gli
ioni
vista
la
loro
massa
maggiore, crea una separazione di cariche in senso longitudinale
che
genera
un
campo
elettrico,
tale
campo
elettrico
tende
a
riportare gli elettroni nella loro posizione iniziale.
Una perturbazione del genere porta alla nascita di un’onda che
viaggia con una velocità di gruppo uguale a quella dell’impulso;
gli elettroni tenderanno quindi a ‘inseguire’ l’impulso laser come
fosse una sorta di ‘scia’.
Se
la
lunghezza
d’onda
dell’impulso
laser
è
circa
la
metà
di
quella del plasma, vale la condizione di quasi-risonanza:
LL
P 2
e la formazione della scia è particolarmente efficiente, in queste
condizioni infatti, la forza ponderomotrice e il campo elettrico
oscillano con la stessa frequenza.
In Figura I-4 è riportata una rappresentazione schematica della
generazione della ‘scia’.
37
Figura I-4 - Generazione della scia di campo.
Questo fenomeno può essere sfruttato per accelerare, ad esempio,
gruppi di elettroni che viaggiano in fase con la scia generata nel
plasma da un impulso laser, tecnica alla quale ci si riferisce col
nome di Laser Wake-Field Acceleration (LWFA).
Naturalmente, perché l’impulso laser si propaghi e crei una scia,
il plasma dev’essere sotto-denso, inoltre, se il parametro
molto minore di 1 ( a0
a0
a0
è
1 ) la scia di campo è lineare, se invece
1 diventa non-lineare e il moto di oscillazione degli elettroni
transita al regime relativistico, se infine a0
1 si raggiungono
diversi regimi di accelrazione.
Come esempio si riporta in Figura I-5 [2] la generazione di un
canale di propagazione scaturito dall’interazione di un laser di
38
intensità
pari
monodimansionale:
a
la
31019 W cm2
forza
con
uno
ponderomotrice,
slab
relativa
di
plasma
all’intenso
fascio laser incidente dalla sinistra forma un canale spesso circa
4
  m
e profondo 10
  m ,
con una durata dell’impulso pari a 850
 fs  .
La scala delle densità è riportata in colori diversi: il bianco
indica una densità nC  1021 cm3  , il verde arriva fino circa 4 nC ,
il blu
1 4 nC ,
il rosso
 7 12 nC
e il Magenta supera i 12 nC , come
descritto in [2].
Figura I-5 - Formazione del canale di propagazione generato dall'interazione di
un laser di intensità pari a 3x10^19 W/cm^2 con uno slab monodimensionale di
plasma.
39
1.3
Accelerazione
impulsi Laser
di
ioni
indotta
da
Quando un impulso laser irraggia un bersaglio solido, si crea uno
strato
di
plasma
ultra-denso
e
possono
innescarsi
diversi
meccanismi di assorbimento energetico.
L’energia del laser, assorbita dal bersaglio, riscalda e accelera
gli elettroni nel plasma; inoltre, se si considera un’incidenza
normale,
la
forza
ponderomotrice
spinge
verso
l’interno
gli
elettroni appartenenti alla faccia opposta a quella irraggiata,
creando
una
separazione
di
cariche
e
un
conseguente
campo
elettrostatico percepito dagli ioni.
I primi esperimenti, effettuati con un impulso breve (   1 ps ) di
intensità pari a circa 1018 W cm2 su un bersaglio costituito da una
sottile lamina di materiale solido, hanno portato alla produzione
di fasci di protoni con energie nell’ordine di svariate decine di
MeV, originati nella parte posteriore del bersaglio, tali fasci
mostrano un notevole grado di collimazione e un valore piuttosto
alto dell’energia di cut-off che, finora, è arrivato ad un massimo,
non ancora superato, di circa 58 MeV .
La tipologia di applicazione più adatta per una tecnologia del
genere
occorre
è
senza
dubbio
ancora
un
quella
grosso
medicale,
lavoro
anche
se,
al
sull’ottimizzazione
momento,
dei
fasci
accelerati otticamente e su tutta la fase di post-accelerazione
perché
a
si
seconda
possa
delle
pensare
ad
caratteristiche
una
applicazione
dell’irraggiamento,
realistica.
si
possono
distinguere diversi regimi di accelerazione, nella maggior parte
degli esperimenti tuttavia, il regime dominante è il cosiddetto
Target
Normal
Sheath
Acceleration
(TNSA),
nel
quale
i
protoni
provengono dalla faccia posteriore del bersaglio e il campo di
accelerazione
è
conseguenza
dell’espansione
degli
elettroni
riscaldati intorno al bersaglio.
Sono stati proposti e testati altri regimi di accelerazione, nei
quali la pressione di radiazione del laser è predominante rispetto
40
ai processi di trasferimento di calore, e il bunch di protoni
nasce
dalla
faccia
irraggiata
del
bersaglio,
tali
tecniche
prendono il nome di Radiation Pressure Acceleration (RPA) e il
meccanismo di accelerazione dipende dallo spessore del bersaglio.
È da tener presente che le massime intensità laser disponibili
raggiungono circa i 1021 W cm2
corrispondenti ad una pressione di
radiazione di circa 300 Gbar .
La fisica che descrive tali regimi di accelerazione non è affatto
semplice,
lineari
laser
principalmente
coinvolti
ad
alta
nelle
potenza
a
causa
dei
condizioni
e
plasmi
fenomeni
estreme
fortemente
di
non-
interazione
super-critici;
le
tra
difficoltà
permangono anche qualora si considerino modelli semplificati da
varie
ipotesi,
come
ad
esempio
plasmi
preformati,
assenza
di
ionizzazione o di collisioni e così via.
Prima di analizzare i vari regimi di accelerazione vale la pena
notare
che
finora
si
è
parlato
degli
ioni
come
un
background
neutralizzante rispetto alle fluttuazioni degli elettroni generate
dal
laser,
ad
alte
intensità
però,
la
situazione
si
altera
sensibilmente a causa del forte campo elettrico, nell’ordine del
GV m , indotto nel momento in cui un gran numero di elettroni viene
rapidamente spostato dalla posizione iniziale; come conseguenza,
una notevole frazione di ioni può essere accelerata fino a valori
di energia di molte decine di MeV.
È importante notare che il moto di oscillazione degli ioni nel
campo
laser
è
trascurabile
rispetto
a
quello
degli
elettroni,
vista la loro massa molto maggiore; per uno ione di massa
carica
Ze
Mi e
la velocità di oscillazione può essere scritta come
segue:
vi
Z me

a0
c
Mi
41
quindi,
per
accelerare
ioni
fino
a
velocità
relativistiche
soltanto tramite l’interazione col campo laser, si avrebbe bisogno
di intensità di
I  2  1024 W cm2 , corrispondente ad un valore del
parametro a0 di circa 2000.
Ovviamente queste sono intensità che vanno ben oltre le massime
disponibili al giorno d’oggi, in un plasma però gli elettroni
compiono un lavoro di mediazione tra il campo laser e gli ioni
attraverso la separazione di carica; in altre parole il laser
disloca
e
riscalda
gli
elettroni
e
il
conseguente
campo
elettrostatico trascina via gli ioni. A causa della loro grande
inerzia la risposta degli ioni al campo è in ritardo di un fattore
Mi
Zme 
12
, valore che può essere messo in relazione col rapporto
tra le frequenze di plasma relative a elettrone e ione  p  pi .
La derivazione dell’espressione della frequenza di plasma relativa
agli ioni può essere trovata in [2].
1.3.1
Target Normal Sheath Acceleration (TNSA)
In seguito all’interazione tra un’intensa onda elettromagnetica e
un solido, la superficie frontale del bersaglio viene ionizzata
ben più in avanti rispetto al picco dell’impulso, il successivo
contatto tra laser e plasma riscalda gli elettroni tramite vari
meccanismi di assorbimento di calore ad alte temperature ( T  MeV ),
e il loro libero cammino medio diventa maggiore della skin depth
del
plasma
riscaldati
e
dello
diffondono
spessore
sia
del
nella
bersaglio.
direzione
di
Gli
elettroni
propagazione
del
laser sia in direzione opposta, quindi si propagano all’interno
del bersaglio fino a raggiungerne la faccia posteriore, dove si
espandono nel vuoto per diverse lunghezze di Debye dando origine
ad
una
nube
di
elettroni
relativistici;
lo
sbilanciamento
di
cariche, causato dalla presenza della nube, porta alla formazione
42
di
un
campo
elettrico
longitudinale
estremamente
intenso,
responsabile dell’efficiente meccanismo di accelerazione ionica.
L’effetto più evidente si ha sulla faccia posteriore del bersaglio,
dove il campo elettrostatico è tale da ionizzare gli atomi della
superficie
imperturbata
e
accelerare
gli
ioni
prodotti;
tale
meccanismo è noto come Target Normal Sheath Acceleration (TNSA).
I
protoni
accelerati
fino
ad
energie
di
molti
MeV
nascono
indipendentemente dalla composizione materiale del bersaglio, dal
momento che essi sono generati a partire dai contaminanti ricchi
di idrogeno presenti nel solido, come idrocarburi o vapori d’acqua;
il
loro
spettro
energetico
è
tipicamente
esponenziale
con
un
descrivere
il
valore di cut-off nell’ordine di alcune decine di MeV.
Sono
stati
proposti
diversi
modelli
teorici
per
regime TNSA, il più efficiente dei quali, nel predire il valore di
cut-off e nel dare una buona interpretazione del meccanismo di
accelerazione,
è
nonostante
forti
le
risultato
essere
quello
approssimazioni;
di
tale
Passoni
modello
sarà
[1],
ora
brevemente descritto.
La popolazione elettronica coinvolta nell’accelerazione TNSA può
essere suddivisa in due tipologie: la prima è la cosiddetta hot (o
fast)
electron
component,
che
nasce
direttamente
dall’impulso
laser quando questo impatta sullo strato più esterno del bersaglio,
la sua densità è nell’ordine della densità critica ( nh  1020  1021 cm3 )
e
la
sua
temperatura
è
comparabile
con
quella
relativa
al
potenziale della forza ponderomotrice ( Th  MeV ); il moto libero di
tale componente di elettroni veloci richiede la presenza di una
corrente elettrica di ritorno che compensi localmente il flusso di
elettroni, con bersagli metallici questa corrente viene fornita
dalla
seconda
componente
della
popolazione
elettronica:
la
conduction (o cold) electron component, messa in moto dal campo
elettrico degli elettroni veloci; la densità di questa seconda
tipologia è paragonabile a quella del bersaglio solido, cioè molto
maggiore
di
quella
degli
elettroni
43
veloci,
dunque
la
velocità
della corrente richiesta per compensare il campo generato dalla
componente di elettroni ‘caldi’ è relativamente contenuta, e la
sua temperatura molto inferiore.
La
popolazione
ionica
può
anch’essa
essere
suddivisa
in
due
insiemi: il primo, costituito dagli ioni pesanti, anche di specie
diverse,
caratterizzati
carica/massa
che
ZH M
da
di
bassi
densità
valori
sia
nH ,
un
e
del
rapporto
secondo
gruppo
costituito da ioni leggeri, presenti solitamente come contaminanti
sulla superficie del bersaglio, con carica Z L e densità nL .
L’effetto accelerante è più efficace sugli ioni leggeri, mentre la
componente
di
ioni
pesanti
fornisce
una
carica
positiva
che
aumenta l’inerzia e rende la separazione di cariche tale da creare
un enorme campo accelerante.
Si assume ora una geometria monodimensionale e si descrive la
popolazione elettronica attraverso una densità espressa come somma
di due valori: ne  nh  nc  nc , dove il pedice c sta per conduction
e il pedice
sta per hot, il bersaglio è uno slab (aggettivo
h
monodimensionale);
l’equazione
di
Poisson
per
il
potenziale
elettrostatico auto-consistente   r , t  è:
d 2
 4  e  N e  Z H nH  Z L nL 
dt 2
per
impulsi
di
durata
sufficientemente
breve,
l’interazione
avviene su scale temporali più piccole rispetto a quelle tipiche
del
moto
degli
ioni,
dunque
è
possibile
considerare
gli
ioni
pesanti immobili, al contrario gli ioni leggeri sono in moto, ma
data
la
loro
bassa
densità,
il
campo
da
essi
generato
è
trascurabile.
Per semplicità si assume costante la densità della popolazione di
elettroni di conduzione, pari ad un valore
n0c , e si considera
l’insieme degli elettroni veloci in equilibrio con il potenziale
elettrostatico, descritto quindi dalla distribuzione di Boltzmann.
44
Gli elettroni più energetici possono uscire dal sistema fuggendo
dal
potenziale
all’equazione
auto-consistente,
per
il
potenziale
motivo
per
cui
diverge
in
punti
la
soluzione
lontani
dal
bersaglio; si descrive quindi la popolazione di elettroni veloci
attraverso una funzione di distribuzione relativistica di MaxwellJuttner,
caratterizzata
da
un
unico
valore
della
temperatura,
considerando solo elettroni con energie negative, cioè legati al
sistema.
Con tali assunti la soluzione per il potenziale elettrostatico,
all’interfaccia
temperatura
T
bersaglio-vuoto,
risulta
essere
funzione
della
e dell’energia massima di legame dell’elettrone,
 MAX :
  0    T ,  MAX 
Per valutare l’energia massima e lo spettro energetico relativi
alla
popolazione
ionica
deve
essere
nota
la
temperatura
degli
elettroni veloci, che determina la massima energia di legame; si
può usare la seguente espressione:


a02
Th  m c  1 
 1


2


2
che mette in relazione la temperatura elettronica con la radianza
del laser I  2 attraverso il parametro a0 .
L’energia massima dei protoni, che è di fatto il valore di cut-off
nello spettro energetico, è data da:
Ecut off  Z L   0   Z L f  EL , I L 
Nonostante le forti approssimazioni il modello descrive bene la
legge di accelerazione protonica in regime TNSA ed è compatibile
45
con
i
risultati
sperimentali,
i
quali
mostrano
una
dipendenza
lineare dell’energia di cut-off da I 1 2 .
La principale caratteristica di questo tipo di accelerazione è
proprio l’andamento esponenziale dello spettro energetico troncato
nettamente in corrispondenza di Ecut off , come mostrato in Figura I-6.
Figura I-6 - spettro energetico dei protoni accelerati in regime TNSA
L’efficacia dell’accelerazione TNSA può essere incrementata se si
aumenta
l’efficienza
bersaglio,
per
del
questa
trasferimento
ragione
si
energetico
prendono
in
dal
laser
al
considerazione
diversi tipi di bersaglio nei quali, ad esempio, viene depositato
un sottile strato di schiuma che porta ad un considerevole aumento
nell’assorbimento
di
energia;
anche
parametro importante.
46
lo
spread
angolare
è
un
1.3.2
Radiation Pressure Acceleration (RPA)
Un’altra possibile modalità di accelerazione, che porta gli ioni
fino
ad
energie
relativistiche,
è
stata
proposta
in
teoria
e
simulata numericamente; si tratta di meccanismi che iniziano ad
essere
predominanti
tipiche
del
regime
ad
intensità
TNSA,
cioè
del
laser
superiori
I  1023 W cm2 ,
circa
a
quelle
a
queste
intensità infatti, gli ioni raggiungono energie nell’ordine del
GeV
per nucleone, e il fattore di proporzionalità tra impulso
laser ed energia ionica è lineare.
Nonostante
non
esistano
ancora
installazioni
laser
che
possano
raggiungere tali intensità, il regime RPA può essere preponderante
rispetto
al
irraggiamento
TNSA
anche
a
basse
caratterizzato
da
intensità
una
se
si
utilizza
polarizzazione
un
circolare
invece che lineare, in queste condizioni infatti, l’assorbimento
di
calore
da
parte
degli
elettroni
diventa
trascurabile
e
il
meccanismo TNSA, generato dalla distribuzione spaziale di carica
nata dalla fuga di elettroni veloci nel vuoto, tende a scomparire;
la
forza
ponderomotrice,
dunque,
agisce
direttamente
sia
sugli
elettroni che sugli ioni, accelerandoli.
Esistono due modelli di accelerazione RPA, la cui realizzazione
dipende dallo spessore del bersaglio: la
Hole Boring (HB)
per
bersagli più spessi, e la Light Sail (LS) per i più sottili.
Hole Boring:
con bersagli di un determinato spessore l’accelerazione è dovuta
al
campo
elettrostatico
Ex
che
nasce
dal
dislocamento
degli
elettroni come effetto della forza ponderomotrice, dove x è la
direzione di propagazione del fascio laser.
Un modello fenomenologico [1] considera una situazione di quasiequilibrio tra la forza ponderomotrice e quella elettrostatica.
Si consideri un bersaglio di spessore h  L , nello stadio iniziale
la pressione della radiazione laser spinge gli elettroni creando
47
un campo elettrostatico Ex che bilancia la forza ponderomotrice,
mentre
gli
densità
ioni
non
elettronica
subiscono
diminuisce
spostamenti
quindi
molto
significativi;
rapidamente
in
la
uno
strato di spessore xd , mentre la densità di ioni n0 resta costante,
come mostrato in Figura I-7
Figura I-7 - Profilo di densità di ioni (blue), elettroni (verde) e campo
Elettrostatico (rosso), in corrispondenza di tre diversi stadi di accelerazione
ionica
Il campo elettrico risultante ha un massimo che vale E0  4  e n0 xd e
accelera gli ioni nella regione in cui la densità è diminuita,
essi si spostano in avanti e si accumulano finché la densità non
diventa singolare e le particelle veloci prendono il sopravvento
sulle
più
lente,
quest’ultimo stadio
abbandonando
la
regione
di
accelerazione;
in
avviene un fenomeno di wavebraking e gli ioni
non possono acquisire ulteriore energia.
Ciò che si osserva dalle simulazioni è che gli ioni veloci formano
un
bunch
molto
ultra-denso;
i
stretto
restanti
di
velocità
formano
un
vm ,
altro
penetrando
picco
che
nel
plasma
viaggia
a
velocità vb  vm 2 , dove vb è la velocità alla quale viene “scavata
la buca”.
Si può avere una stima dell’energia ionica:
48
EI  2 Z me c 2
relazione
laser
che
tramite
nc 2
a0
ne
mostra
il
una
dipendenza
parametro
a0 ,
lineare
inversa
dall’intensità
quindi
alla
del
densità
elettronica.
L’accelerazione di ioni in questo regime è piuttosto povera, ma
una
corretta
densità,
progettazione
potrebbe
migliorare
dei
bersagli,
la
con
situazione,
le
anche
appropriate
se
ottenere
densità intermedie presenta notevoli difficoltà.
Light Sail:
Se
si
considerano
bersagli
di
spessore
h  L ,
il
fenomeno
di
accumulazione di ioni fino ad un valore singolare non avviene, dal
momento che essi costituiscono ora tutto lo spessore del bersaglio,
il laser dunque può continuare a spingere gli elettroni reiterando
lo stadio di accelerazione.
Il laser interagisce principalmente con gli elettroni, ma visto
l’esiguo spessore del bersaglio, il moto ionico è strettamente
correlato con quello elettronico e la targhetta si può considerare
un oggetto rigido; l’equazione del moto descrive quindi il modello
di una cosiddetta vela solare (light sail) spinta in avanti dalla
pressione di radiazione del laser.
L’efficienza del processo di accelerazione è tanto più efficace
quanto più sottile è il bersaglio, tenendo presente che il limite
principale
è
imposto
dalla
trasparenza
della
targhetta,
essa
infatti resta opaca e si comporta come una vela solare solo fino a
che:
a0 
 ne h
nc L
49
Considerando però le difficoltà nella realizzazione di bersagli
che abbiano uno spessore vicino al limite di trasparenza e la
presenza
di
varie
instabilità
nelle
simulazioni
2D
e
3D,
la
realizzazione di un simile processo di accelerazione risulta poco
promettente, inoltre l’assenza di impianti laser con le intensità
e il contrasto necessari ad innescare il regime RPA introducono
ulteriori difficoltà tecniche.
In
Figura
I-8
sovrapposizione
è
di
riportata
vari
una
regimi
rappresentazione
di
accelerazione
ideale
della
conseguenti
all’impatto di un impulso laser su una targhetta [4].
Figura I-8 - Rappresentazione ideale della sovrapposizione dei vari regimi di
accelerazione conseguenti all'impatto di un impulso laser su una terghetta.
1.4
Alcuni risultati sperimentali
Saranno ora esposti brevemente alcuni dei risultai sperimentali
più significativi nell’ambito dell’accelerazione ottica di ioni.
50
In
seguito
alle
prime
misure
effettuate,
il
processo
di
accelerazione ionica è stato investigato da vari team sperimentali
sotto condizioni fisiche molto diverse, utilizzando sistemi laser
con
caratteristiche
differenti.
Le
intensità
dei
fasci
laser
impiegati in questi studi variano in un range compreso tra circa
107 W / cm2 e 3  1020 W / cm2 [3]; sono state esplorate anche targhette
di
varie
composizioni
(singoli
strati
di
materiali
plastici
o
metallici o anche idrocarburici) e spessori, da poche lunghezze
d’onda fino a centinaia di micron, o anche millimetri.
È stato possibile osservare ioni molto energetici provenienti sia
dalla faccia irradiata del bersaglio che da quella posteriore,
essendo però questi ultimi leggermente meno energetici [3].
Come esposto in precedenza, i protoni, provenienti dalla presenza
di
idrogeno
adatti
ad
contaminante
essere
sulle
accelerati
targhette,
sono
efficacemente
particolarmente
grazie
all’elevato
valore del rapporto carica/massa.
In Figura I-9 e Figura I-10 è riportata una selezione di dati
pubblicati
[3]
concernente
l’accelerazione
protonica
sotto
condizioni relativamente simili di durata ed energia dell’impulso
laser e composizione del bersaglio.
Viene mostrata, in Figura I-11, anche una tabella che descrive i
parametri tipici di fasci di protoni ottenuti con alcune delle
maggiori
installazioni
laser
disponibili,
delle loro caratteristiche.
51
con
una
descrizione
Figura I-9 - (a) Energia massima dei protoni provenienti da bersagli metallici
(Al o Cu) di spessore compreso tra i 5 e i 10  m , in funzione della durata
dell'impulso laser e per tre diversi range di radianza. (b) Stessa grandezza
riportata in funzione della radianza del laser per tre diversi range di durata
dell’impulso. Le due linee tratteggiate rappresentano i trend proporzionali a I
e
I 0.5 rispettivamente.
52
Figura I-10 - (a) Numero di protoni accelerati a 10 MeV compresi in un bin
energetico di 1 MeV in funzione della durata dell'impulso laser per due diversi
range di radianza del laser. (b) La stessa grandezza riportata in funzione della
radianza del laser per due diversi range di durata dell’impulso.
la Figura I-9 mostra l’evoluzione della massima energia ottenuta
per
i
protoni
in
funzione
della
durata
dell’impulso
e
della
radianza del laser; i dati sono stati raggruppati in maniera tale
da poter essere facilmente confrontati.
La Figura I-10 mostra chiaramente che l’energia massima cresce con
la durata dell’impulso, lungo linee grossolanamente parallele a
vari valori della durata dell’impulso, ciò può essere riscontrato
in Figura I-10(b) che riporta l’evoluzione della stessa energia
massima come funzione della radianza del laser.
53
Figura I-11 - Tabella che descrive i risultati ottenuti con alcune delle
maggiori installazioni laser oggi disponibili.
È interessante notare che, per impulsi di durata via via crescente,
il
picco
energetico
cresce
proporzionalmente
fattore di proporzionalità è lineare con
I
a
I 0.5 ,
quindi
il
solo per impulsi di
durata compresa entro determinati valori.
Utilizzando
simulazioni
fattore
proporzionalità,
di
PIC
si
è
da
osservato
I
a
I 0.5
un
passaggio,
corrispondente
nel
alla
transizione della radianza del laser dal regime subrelativistico a
intensità maggiori, e questo risulta chiaro se si considera che
EMAX   pond
I
,
allora
per
I
1018 W / cm2   pond  I
e
per
1018 W / cm2   pond  I 0.5 .
La Figura I-10 mostra che, oltre all’energia massima dei protoni,
anche l’efficienza del processo di accelerazione cresce con la
durata dell’impulso e la radianza del laser.
Si nota un bunch di protoni ben collimato e diretto in avanti, un
numero di protoni pari a circa
3  1013
54
con energie fino a circa
60 MeV ,
(
corrispondenti
a
circa
il
12%
dell’energia
del
laser
48 J ), generato come risultato dell’interazione tra impulsi laser
da
su una sezione
400 J
1 m ,
di
della
durata di
0.5 ps
che
producono un’intensità pari a circa 3  1020 W / cm2 con un bersaglio
di CH spesso 100  m ; si osservano energie simili, ma con un numero
di protoni circa cinque volte inferiore, con bersagli in oro (Au).
1.5
Da
Esperimento LILIA
quanto
sopra
esposto,
è
chiaro
che
il
meccanismo
di
accelerazione di ioni basato sull’interazione tra impulsi laser e
plasma
è
caratterizzato
costituendo
una
netta
da
proprietà
innovazione
molto
rispetto
interessanti,
alle
tradizionali
tecniche di accelerazione di particelle.
Gli aspetti più rilevanti possono essere riassunti dai seguenti
punti:

La possibilità di accelerare ioni fino ad energie di decine
di
MeV
qualche
in
strutture
decina
di
molto
molto
micron),
compatte
grazie
ai
(nell’ordine
campi
di
elettrici
estremamente intensi;

Un’eccellente qualità del fascio, con un’emittanza trasversa
minore di 108 mm  mrad ;

Una
durata
dell’impulso
di
protoni
estremamente
ridotta
(nell’ordine di pochi fs);

La
possibilità
di
sincronizzare
il
fascio
protonico
con
l’impulso laser fino ad una scala temporale nell’ordine dei
fs
per
ottenere
sorgenti
multiple
e
sincronizzate
di
particelle diverse e radiazioni (protoni, elettroni e raggi X
monocromatici).
55
Un
acceleratore
contraddistinto
da
una
struttura
così
compatta
quindi, può avere una grande utilità in molte applicazioni, come
ad
esempio
la
medicina
(produzione
di
radioisotopi
per
PET,
Adroterapia), la fisica nucleare, lo studio dei reattori nucleari
a fusione inerziale (ignizione di protoni veloci), la diagnostica
avanzata o l’analisi delle proprietà dei materiali.
LILIA
è
un
esperimento
di
accelerazione
di
ioni
basato
sull’interazione di un fascio laser con sottili bersagli metallici,
che si svolge nel complesso dei laboratori FLAME, operativo nella
sede dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Frascati;
in particolare LILIA è finalizzato allo studio e al progetto di
uno
schema
di
accelerazione
che
effettui
la
produzione,
la
caratterizzazione e il trasporto di un fascio di protoni verso uno
stadio di post-accelerazione costituito da moduli linac compatti
ad alta frequenza.
Fino
ad
oggi
l’esperimento
la
è
massima
stata
intensità
pari
a
laser
disponibile
1019 W / cm2
circa
,
a
per
causa
dell’impossibilità di avere una lunghezza focale ancora minore;
con
una
configurazione
protonico
con
un’energia
del
genere
massima
di
ci
si
pochi
aspetta
MeV
e
un
un
fascio
numero
di
protoni per shot non superiore a 1010  1012 .
Quando
sarà
lunghezza
disponibile
focale
OA
la
configurazione
Parabola:
waist
FLAME
II
(minore
2.5  m, I 1021 W cm2 ),
sarà
possibile selezionare un bunch di energie intorno ai 30 MeV , con
uno spread in energie E molto stretto e un ragionevole numero di
protoni ( 107  108 ); ciò apre una serie di prospettive promettenti
per
quanto
concerne
applicazioni
principalmente
medicali,
tipo
l’adroterapia, in connessione con uno stadio di post-accelerazione
è possibile raggiungere energie fin’oltre i 100 MeV [11].
Il complesso FLAME è stato pienamente operativo durante il 2012
per i primi esperimenti di prova, relativi all’accelerazione di
elettroni
con
la
tecnica
Laser
56
Wake-Field
Acceleration
(LWFA);
nell’Ottobre 2012 sono stati installati i componenti necessari per
le sessioni sperimentali di accelerazione protonica (LILIA).
Come
detto
sopra,
la
massima
intensità
laser
al
momento
disponibile è limitata a circa 1019 W cm2 , con questa configurazione,
in accordo con le simulazioni numeriche, ci si aspetta un fascio
di protoni con un’energia massima di qualche MeV (10 MeV è, per
ora, il valore massimo concesso dalle autorità per il luogo in cui
si svolgono gli esperimenti) e intensità totali di circa 1010  1012
protoni per shot.
Tali valori possono sembrare modesti se confrontati con quelli
prodotti
dalle
migliori
tecnologie
disponibili,
ma
presentano
comunque una grande rilevanza scientifica, soprattutto se si pensa
che,
con
un
ragionevole
impegno,
si
potrà
ottenere
una
vera
sorgente di particelle generata da laser. Essa giocherebbe poi il
ruolo di installazione di prova, dal momento che si avrebbe a che
fare con il controllo del processo di emissione particellare, lo
studio della ripetibilità degli esperimenti e degli stadi di postaccelerazione.
Nella prima fase dell’esperimento LILIA si prevede di effettuare
uno studio parametrico sulla correlazione tra la massima energia
dei protoni accelerati con la tecnica TNSA, e i seguenti parametri:

Intensità dell’impulso laser (nel range 1018  51019 W / cm2 )

Energia dell’impulso laser (nel range 0.1  5 J )

Lunghezza dell’impulso laser (nel range 25 fs  1 ps )

Spessore delle targhette metalliche (nel range 1  100  m )
Con tale sistema, l’obiettivo è quello di investigare a fondo le
dinamiche
sperimentali
per
capire
le
potenzialità
del
compleso
FLAME, ciò darà inoltre la possibilità di acquisire esperienza
nello sviluppo di tecniche diagnostiche e nell’ottimizzazione dei
bersagli.
57
Descrizione del set-up meccanico
L’esperimento
SL-LILIA
è
stato
progettato
per
essere
ospitato
nella camera di interazione presente all’uscita del compressore
laser nel bunker del complesso FLAME, nei laboratori di Frascati.
Il layout della prima fase della sessione sperimentale, mostrato
in Figura I-12, comprende:

Una
piastra
madre
appositamente
progettata
per
fornire
un
piano di riferimento comune e assemblare i vari componenti
nella camera;

Un
supporto
per
le
targhette
che
può
essere
mosso
da
un
comando a distanza nelle tre direzioni spaziali e ruotato
intorno all’asse verticale rispetto alla direzione del fascio
laser, permette un posizionamento estremamente accurato del
bersaglio e quindi la possibilità di effettuare esperimenti
con
più
shots
senza
aprire
la
camera
per
sostituire
le
targhette già utilizzate. Il supporto è stato progettato per
essere usato con fogli di alluminio di spessore minimo di
1 m
e dà la possibilità di ripetere fino a 30 shots. La
precisione
del
posizionamento
del
bersaglio
rispetto
al
fascio laser è nell’ordine di circa 20  m per le traslazioni
e di 0.1 per le rotazioni;

Un supporto per diversi rivelatori, anch’esso mobile da un
comando a distanza, può ospitare fino a 8 gruppi di detector
radio-cromici
da
utilizzare
vicino
( 50 mm )
alla
zona
di
interazione;

Uno spettrometro a parabola di Thomson (TP), con relativo
detector, per una più accurata analisi della distribuzione
energetica
degli
ioni
prodotti,
determinato angolo di emissione.
58
da
effettuarsi
ad
un
Figura I-12 - Schema che riproduce il layout della prima fase dell'esperimento
LILIA
È
stata
inoltre
dell’intera
effettuata
linea
di
una
simulazione
accelerazione,
“Start
to
dall’interazione
End”
laser-
targhetta allo stadio di post-accelerazione, in accordo con quanto
illustrato
diversi
in
Figura
meccanismi
I-13;
di
dalle
simulazioni
accelerazione
possono
3D
è
emerso
contribuire
che
per
raggiungere un fascio di energia fino ai 60 MeV , stanti i classici
valori di cut-off per gli spettri tipici dei protoni accelerati
otticamente.
Con una semplice linea di trasporto può essere selezionato un
bunch di 30 MeV
pari
a
circa
con il 2
108 ,
e
3 % di spread su un numero di protoni
oltre
107
protoni
possono
essere
post-
accelerati fino a 60 MeV con un linac compatto.
L’esperimento LILIA intende dimostrare che lo schema proposto è
applicabile con successo, soprattutto per applicazioni medicali
[11].
59
Figura I-13 - Schema della linea di trasporto completa proposta nell'esperimento
LILIA
60
II Capitolo - Progetto dello
Spettrometro Thomson
In questo capitolo sarà illustrato il procedimento di calcolo alla
base
dalla
della
progettazione
descrizione
di
un
dello
Spettrometro
modello
teorico
Thomson,
che
ne
preceduto
descrive
il
principio di funzionamento.
2.1
Teoria dello Spettrometro Thomson
Si consideri la geometria descritta in Figura II-1, in cui un
fascio di protoni si propaga in direzione coincidente con l’asse z,
nel verso positivo; vengono applicati un campo elettrico ed un
campo magnetico che si estendono nella regione 0  z  l :
E   ey
B  B ey
in modo che il fascio, nella sua propagazione, li attraversi; a
distanza Q  l è posto uno schermo al fine di registrare le tracce
dei protoni deviati dalla duplice azione dei campi elettrico e
magnetico.
61
Figura II-1 - Descrizione della geometria dello Spettrometro Thomson
2.1.1 – Il Campo Magnetico
Si prenda in considerazione dapprima l’effetto del campo magnetico,
valutando come viene deviato uno ione di carica
m  AmP
che
si
propaga
con
velocità
v  c
q  Ze
nella
e massa
direzione
dell’asse z.
Lo
ione
descrive
un
arco
di
circonferenza
di
raggio

nella
regione 0  z  l con angolo al centro  :
l   sin 
il raggio dell’arco di cerchio si ottiene eguagliando la forza
centrifuga alla forza di Lorentz:
1


Z eB
Z B

A mP v c
A 
dove si è definito:
62
B 
eB
 0.0031952 B cm1
2
mP c
e il modulo del vettore campo magnetico è espresso in Tesla.
Dopo
l’arco
di
circonferenza
la
traiettoria
dello
ione
è
rettilinea e nel punto di raccordo la tangente è continua, allora
la deviazione osservata sullo schermo è data dalla somma di due
termini: QA e AB . Pertanto la coordinata x sullo schermo è data
da x   xS dove xS  QA  AB , si ha quindi:
QA   1 cos  
AB  D tan 
che, sommati, forniscono:
xS   1 cos    D tan 
Per piccoli angoli al centro, 
1 , si può sviluppare il coseno
tenendo solo i termini fino all’ordine 2:
xS  
2
2
 D
 
l

si ha infine:
l2
Dl
l 
l  Z B 
l
xS 


l D 
D  
2

 
2 A  
2
63
2.1.2 – Il Campo Elettrico
Si
prenda
ora
in
considerazione
un
campo
elettrico,
applicato
nella regione 0  z  l , di modulo E :
E  E ey
si vuole calcolare la deviazione subita dal fascio di particelle
in seguito all’interazione con tale campo; le equazioni del moto
sono:
AmP y  Z e 
z0
e la loro risoluzione fornisce:
y 
Z e 2
t
A 2 mP
z  vt
dunque nell’istante t*  l v si ha che:
Q ' A '  y  t* 
Z e l2

A mP c 2 2  2
e l’angolo  è determinato da:
tan  
v y  t* 
vz

Z e l
A mP c 2  2
si ricava infine la deviazione:
yS  Q ' A '  A ' B '
64
dove A ' B '  D tan  . Una volta estesa, risulta:
yS 
Z e
l
Z e l
Z e 
l

D

D



A mP c 2 2  2
A mP c 2  2
A mP c 2 
2
oppure, riscritta in maniera più semplice:
yS 
Z E
A 2
l

lD  
2

con:
E 
e
 0.000011929 E
mP c 2
cm1
e il modulo del vettore campo elettrico è espresso in MV m .
È facile notare che le traiettorie degli ioni sul piano x y dello
schermo posto in z  l  D sono archi di parabola se lo spettro di
velocità è continuo:
xS2
Z E
yS 
l
A  2B 
lD  
2

dove:
E


2

m
c

1.1684
P
2B
e B2
B2
con  sempre espresso in MV m e B in Tesla.
65
cm
2.2
Distribuzione degli spostamenti
si vuole calcolare lo spettro degli spostamenti per uno ione. La
distribuzione
in
energia
cinetica
E
di
un
nucleone
determina
quella degli spostamenti e viceversa; ci si riferisce, stavolta,
al caso in cui sia presente il solo campo magnetico.
Si consideri in principio uno spettro esponenziale senza cut-off
dato da:
dN
 N0   E 
dE
dove E0  E
 E 
 E
1
exp   
E0
 E0 
è l’energia media, e:

   E  dE  1
0
Si calcola la distribuzione in x :
ˆ  x  dx    E  dE
puntualizzando che:
x
k

k 
si nota inoltre che:
66
Z
l

B l  D  
A
2

E  mP c
2
2
E
 ion
2
A
E0  mP c
2
02
2
relazioni che permettono di risalire al seguente risultato:
dE
3
2
d
2
2 
ˆ  x     E 
   E  mP c 
 mP c
 E
k
k
dx
d
e quindi alla distribuzione ˆ  x  :
 2 
23
ˆ  x  
exp   2 
k  02
 0 
che può essere riscritta:
 2
ˆ  x  dx   exp   2
 0
Da notare che l’intervallo
 2  d
  2  d 2
  exp   2  2

2
 0
 0  0
0 ,  
per x si trasforma in
   , 0
per
 , questo spiega il segno meno. Esplicitamente in termini di x si
ha:
 x02 
2 x02
ˆ  x   3 exp   2 
x
 x 
si calcola ora il massimo xm :
67
x0 
k
0
 x02 
x02
x04 
d ˆ 
   6 4  4 6  exp   2   0
dx 
x
x 
 x 

2
xm   
3
1
2
x0
quindi, se si pone m  k xm , il valore di  corrispondente a xm è
m   3 2  0 . Allora, detto Em il valore dell’energia relativo al
12
massimo nella distribuzione in x , si ottiene:
Em  mP c
I
punti
di
massimo
2
 m2
2

relativi
      2 02  exp    2 02 

3
3
mP c 2 0  E0
2
2
2
alle
non
due
distribuzioni
corrispondono,
ˆ  x 
e
poiché
ˆ  x       d  dx       2 k .
Il punto di massimo per     si ha invece per   0
Si riporta in Figura II-2 il grafico di

2.
come funzione di
E
avendo scelto E0  1 e un cut-off a 10 MeV.
Figura II-2 - Lato sinistro: grafico della distribuzione rho(E) per E0=1 MeV in
scala lineare. Lato destro: lo stesso in scala logaritmica
68
Nella Figura II-3 è riportata invece la distribuzione in velocità
sempre
considerando
l’approssimazione
    , come funzione sia di 
non
relativistica,
ossia
che di E . Nel secondo grafico si
vede che il massimo si ha per E  E0 2 . Questa distribuzione è di
tipo Maxwelliano.
Figura II-3 - Lato sinistro: grafico della distribuzione rho(beta). Lato destro:
lo stesso ma come funzione dell'energia E
Si riporta infine la distribuzione nello spostamento dovuto allo
spettrometro,
ossia
ˆ  x 
come
funzione
stessa, ma in funzione dell’energia.
69
di
x ,
affiancata
alla
Figura II-4 - Lato sinistro: grafico della distribuzione rho(x) dove x in cm è
lo spostamento dovuto al campo magnetico. Lato destro: stesso grafico in
funzione di E
2.2.1 – Incidenza non normale con solo campo magnetico
Si descrive ora il caso in cui la traiettoria delle particelle
incidenti
formi
un
angolo

con
l’asse
z
perpendicolare
alla
regione in cui agisce il campo magnetico.
Nella Figura II-5 a destra vengono rappresentate la traiettoria
delle
particelle,
la
regione
0zl
di
estensione
magnetico e lo schermo, che si trova in z  l  D .
70
del
campo
Figura II-5 - Disegno schematico della geometria per lo spettrometro Thomson con
incidenza non normale con solo campo magnetico. A sinistra si definiscono i
parametri geometrici. A destra si mostra come calcolare Q'A'
Si osserva che la semiretta PO , che corrisponde alla traiettoria
della particella incidente, è parallela ad A ' P ' . La semiretta PO è
tangente all’arco di cerchio in O mentre la retta A ' B è tangente
all’arco di circonferenza in A ' e, infine, AA ' è parallela a z .
Se quindi  è l’angolo al centro per l’arco di cerchio, si ha che
l’angolo BA ' A è dato da    perché BA ' e P ' A ' sono ortogonali a
CO e CA ' e quindi formano un angolo  .
Allora l’ascissa xS sullo schermo risulta:
 xS  QA  AB  Q ' A '  D tan    
Per calcolare
A ' B ' ci si riferisce alla parte destra della (fig
ˆ ' è uguale a:
rif). In questo caso si vede che l’angolo   A ' OQ
   


  2       
 
2
2 
2

ne segue che:
71


Q ' A '  OA 'sin   OA 'sin    
2

Ma
dal
triangolo
isoscele
COA ' ,
suddiviso
in
due
triangoli
rettangoli uguali, si trova:

   
OA '  2  cos 
  2  sin
2
 2 
In definitiva si ottiene:
Q ' A '  2  sin



sin    
2
2

Quando l’incidenza è normale l’angolo 
è nullo, e si ritrova
subito:
Q ' A '  2  sin 2

2
  1  cos  
In questo caso l’angolo formato da
OA '
e
OQ '
vale
 2
e dal
triangolo Q ' OA ' si ha Q ' A '  l tan  2  che corrisponde a quanto sopra;
infatti, essendo l   sin  , la formula precedente si scrive:
sin 2  2 
 
Q ' A'  2l
 l tan  
sin 
2
quindi il risultato finale è dato da:
 xS  2  sin



sin      D tan    
2
2

72
Nel caso in cui, invece, 
1 e 
1 , ricordando che l   sin    ,
si ottiene:

l 
l

 xS        D       D    D   l 
2

2

si introduce 1   Z B
 xS 
k

 A 
per riscrivere il risultato come segue:
  D  l 
k
Z
l

B l  D  
A
2

2.2.2 – Il caso più generale
Si
consideri
ora
una
particella
avente
momento
p
con
una
componente anche lungo y , come mostra la Figura II-6.
Figura II-6 - Disegno schematico della geometria per un impulso iniziale avente
componente lungo il campo magnetico, cioè sull'asse y, oltre che sull’asse x e z
73
Utilizzando un sistema di coordinate polari si avrà:
px  p sin  cos  ;
La
componente
della
py  p sin  sin  ;
velocità
normale
al
pz  p cos 
campo
magnetico,
cioè
all’asse y , è:
v   vx2  v y2 
12
 v  sin 2  cos2   cos 2  
12
L’orbita avrà come proiezione sul piano
xz
un arco di cerchio,
sarà quindi un arco di elica.
I risultati precedenti si applicano sostituendo v al posto di v :
1


eB
eB
1

m c v
m c 2   sin 2  cos 2   cos 2  1 2
La deviazione lungo x è quindi data da:
 xS  2  sin



sin      D tan    
2
2

dove  è espresso dalla precedente formula.
Si calcola ora la deviazione lungo
dalla
stima
del
tempo
t  t1  t2
y , indicata con
impiegato
dalla
yS ; si parte
particella
per
raggiungere lo schermo: detto L  A ' B si ha D  L cos     e quindi:
t1 

v
;
t2 
L
D

;
v
v cos    
Ne segue che:
74
yS  v y  t1  t2  

vy 
D
sin  sin 




v 
cos       sin 2  cos2   cos 2  1 2
Considerando ora il caso in cui  , 
1


B

1


D




cos     

1 si ha:
1
2
sin 2  
12
e quindi:
 xS 
l
l  Z B
1

D    D  l   l  D  
  D  l 

2
2  A  1   2 sin 2  1 2

l
che si può riesprimere nella forma più semplice:
 xS 
k

  D  l  
k 2
 sin 2 
2
definendo, come in precedenza:
k
Z
l

B l  D  
A
2

Per quanto riguarda la y si trova:
 2
 
D
2
yS   sin  1  sin 2    l  D         l  D  sin 
2
2


 
dove è stato omesso il resto di ordine 3.
75
2.2.3 – Distribuzione in xS e yS
Si considera dapprima la distribuzione in x   xS , dove:
x
k

 h 
k 2
 sin 2  ;
2
h  Dl
Ci si riferisce al caso in cui la distribuzione in questione sia
esponenziale in energie ed uniforme in un cono   0 , supponendo
inizialmente   0 .
In
questo
caso,
se

1 ,
l’angolo
solido
infinitesimo
vale:
d  sin  d d   d d ; allora, ipotizzando che i momenti siano sul
piano
y  0 , che corrisponde a   0,  , si può scegliere   0 e
   0 ; 0  . La densità è quindi data da:
   ,          
dove:
 2 
   2 exp   2  ;
0
 0 
2
supponendo

sufficientemente
piccolo
 
da

02
poter
trascurare
i
termini quadratici in  . Si può allora scrivere:
x
k

 h
da cui si parte per calcolare la distribuzione degli spostamenti
in x :
76


0

 2  0 
exp   2   2 d  1
 02
  0   0  0
2
fino alla distribuzione vera e propria:

  x        d  
0

1
 2 2      d  
h 0 0
0



k
d


x


h



 02



0
h 0

0
 



k
k
du u   x   u   u   x   u  

 

  
L’integrale su u ha due contributi:
k

u

x





u  k  x



k
se

 
k
x  h0
k
k
 
x  h0

se
il risultato finale è:
k  x  h0 

1 
k
  x   2 2        x 
h 0  k x




d 

k x

k  x  h0 

     x 


k
d


  
dove l’estremo superiore nel primo integrale è   quando x  h 0 .
Allora, introducendo le seguenti funzioni:
F   

 2 
f     2   x  k  exp   2 
0
 0 
2
 f   ' d  '
si ottiene:
77
  x 
 k 
1   k 
 k 
F

F

2
F
 



 
h 2 02   x  h  0 
 x 
 x  h 0 
per x  h  0
  x 
 k 
1 
 k 
F



F

2
F





 
h 2 02 
 x 
 x  h 0 
per x  h  0
che è il risultato cercato.
La
Figura
II-7
mostra
la
rappresentazione
di
uno
spettrometro
Thomson con, a fianco, un tipico esempio di tracce di ioni con
esso ottenuti [4].
Figura II-7 - (sinistra) schema di una Parabola Thomson. (Destra) un tipico
esempio di tracce ioniche.
2.3
Descrizione
PROPAGA
del
codice
di
calcolo
Nel portare a termine i calcoli necessari al dimensionamento dello
spettrometro, è stato utilizzato il codice di calcolo “Propaga”.
Esso è un codice per la caratterizzazione della dinamica di fasci
multiparticellari, dà la possibilità di visualizzare le tracce di
particelle cariche lungo una linea di elementi di accelerazione
definita
dall’utente,
come
dipoli
e
quadrupoli
magnetici,
solenoidi, iridi e aperture di forma e diametro arbitrari; è in
fase di sviluppo presso la facoltà di Fisica dell’università di
78
Bologna [5] e interagisce con una quantità di altri pacchetti, ad
esempio con codici PIC [6,7] (in modo che si abbia la possibilità
di usare fasci in input provenienti da qualsiasi sorgente), codici
MonteCarlo (come Fluka [8,9]), codici di progettazione di cavità
di
risonanza
(tipo
ASTRA
[10])
e
anche
con
strumenti
di
visualizzazione grafica tipo GNUplot o qualsiasi altro strumento
che supporti le librerie VTK (Paraview e VisIT).
Dal
punto
effettua
di
vista
strettamente
un’integrazione
matematico
diretta
delle
il
codice
equazioni
Propaga
del
moto
utilizzando un algoritmo di Runge-Kutta del quarto ordine, che è
il modo più pratico di gestire la dinamica di fasci di particelle
non-monoenergetici,
come
quelli
prodotti
dal
meccanismo
di
accelerazione laser-plasma.
Per
quanto
riguarda
invece
la
procedura
di
impostazione
delle
simulazioni, l’utente ha la possibilità, come detto, di definire i
singoli elementi del lattice2 attraverso la compilazione di un file
di testo nel quale ogni elemento è contraddistinto da una lettera
e da vari parametri che ne definiscono la geometria e le altre
grandezze caratteristiche; si riporta un esempio in Figura II-8,
nella quale è stato definito un lattice caratterizzato da un’iride
cilindrico coassiale alla direzione di propagazione, individuato
dalla lettera J, che si estende da
z  1 cm
fino a
z  1.1 cm
con
diametro di 0.1 cm , seguito da un magnete (P) caratterizzato da un
campo
di
intensità
pari
ad
1 Tesla ,
posizionato
nella
regione
4 cm  z  14 cm e da un secondo magnete (Q) il cui campo, di uguale
intensità, è orientato in senso speculare al primo, nella zona
24 cm  z  34 cm ; la linea di accelerazione è poi completata con
l’inserimento di tre iridi cilindrici (T) con asse traslato di
3.1 cm
rispetto alla direzione
z
di propagazione e diametro di
0.2 cm e 0.1 cm .
2
Con il termine “lattice” si usa riferirsi all’insieme degli elementi di una
linea di accelerazione.
79
Figura II-8 - Definizione di un generico LATTICE nel codice Propaga
Effettuando varie simulazioni con linee di trasporto diverse è
possibile dimensionare lo spettrometro perché il fascio in uscita
abbia le caratteristiche volute.
Si
rimanda
principali
al
prossimo
simulazioni
capitolo
accompagnate
risultati.
80
per
la
dalla
descrizione
visualizzazione
delle
dei
III Capitolo - Descrizione delle
Simulazioni
In questo capitolo saranno mostrati e commentati i risultati delle
simulazioni effettuate con il codice Propaga, per giungere infine
alla caratteristiche fisiche dello Spettrometro Thomson.
Si
distinguono
tre
casistiche
differenti:
la
prima,
meno
realistica, in cui il fascio incide perpendicolarmente al campo
magnetico
ed
è
soggetto
all’ipotesi
di
assenza
di
impulso
trasverso; la seconda, in cui viene rimossa l’ipotesi sull’impulso
trasverso, ed infine il terzo ed ultimo caso, in cui il fascio
incidente ha una distribuzione angolare compresa in un cono.
Per ogni prova vengono riportati i grafici relativi all’Emittanza
del fascio, la Sigma relativa alla Gaussiana che descrive il bunch,
gli spettri in energia e angolo, le tracce dei protoni sul piano
zx e quelle sul piano zy .
3.1 Incidenza normale con ipotesi di assenza
di impulso trasverso
Il primo gruppo di simulazioni avviene, come detto, con ipotesi di
assenza
di
componente
momento
della
trasverso,
quantità
i
di
protoni
moto
hanno
lungo
la
quindi
un’unica
direzione
di
propagazione.
Si riportano i risultati per le due simulazioni più significative.
81

Prima Prova
La prima simulazione viene effettuata con una linea di trasporto
schematizzata, non in scala, in Figura III-1.
Figura III-1 Schema della linea di trasporto utilizzata nella prima simulazione.
è possibile notare: la sorgente  posta nell'origine degli assi, i due campi
magnetici
B orientati specularmente e la conseguente forza

F e v  B
sui protoni
E il corrispondente lattice utilizzato dal codice è quindi:
82

agente
Si mostrano di seguito le tracce dei protoni, al termine della
procedura di calcolo, sul piano xz :
Figura III-2 - Tracce dei protoni sul piano xz
Si evita di riportare le tracce sul piano
yz , essendo queste
banali, a causa dell’ipotesi sul momento trasverso; per quanto
riguarda la qualità della selezione, si guarda allo spettro in
energia, essendo quello in angolo inutile nel dare informazioni
aggiuntive dal momento che, in seguito all’ipotesi di incidenza
perfettamente normale, sarebbe costituito da una delta di Dirac in
  0:
83
Figura III-3 - Spettro energetico in uscita dalla sorgente  (in blu) e spettro
in uscita dall'ultimo iride (in rosso)
Si
nota
dagli
spettri
l’influenza
della
pesante
ipotesi
sull’impulso trasverso.
C’è infatti una stretta correlazione tra gli spostamenti normali
alla direzione di propagazione e la distribuzione in energie dello
spettro in uscita, visto che i protoni hanno una sola componente
della
quantità
di
moto;
pertanto
sulla
sezione
del
fascio
in
uscita dal campo magnetico la distribuzione di energia è più netta
rispetto ad un caso realistico, ed è quindi più facile selezionare
una data energia.
La
Figura
III-3
mostra
l’andamento,
tipicamente
dello spettro relativo alla sorgente

protoni
dello
accelerato
otticamente,
e
esponenziale,
che genera il fascio di
spettro
in
uscita
dall’ultimo iride; è evidente una netta selezione, in accordo con
quanto sopra esposto, intorno ad un valore di circa 22 MeV .
84
Si riportano infine i grafici di Emittanza e Sigma relative al
picco in uscita dallo spettrometro, anche l’andamento di queste
grandezze concorda con le considerazioni fatte in precedenza.
Figura III-4 - Andamento delle due componenti
x
e
y
dell'Emittanza relativa
al picco in uscita dallo spettrometro
85
Figura III-5 - Andamento delle due componenti
x
e
y
relativi al picco in
uscita dallo spettrometro

Seconda Prova
La seguente simulazione viene effettuata con la stessa ipotesi
della
prima
selezionare
sull’assenza
un
picco
di
momento
relativo
ad
trasverso,
energie
ma
cercando
di
intorno
ai
maggiori,
30 MeV ; a questo scopo, rispetto alla prova precedente, è stato
spostato
verso
magnetici,
per
l’alto
poter
il
set
di
tre
intercettare
iridi
protoni
a
valle
con
dei
spostamenti
verticali minori. Lo schema del lattice è riportato in
III-6.
86
campi
Figura
Figura III-6 - Schema in vengono mostrati gli elementi della linea di trasporto
relativi alla seconda prova.
E il corrispondente file in ingresso al codice:
Si osservano le tracce sul piano xz e yz :
87
Figura III-7 - Tracce dei protoni sul piano xz
E gli spettri in energia:
88
Figura III-8 - Spettro energetico in ingresso (blu) e in uscita (rosso) dallo
spettrometro.
Dall’osservazione dello spettro in energia si nota subito che, con
una traslazione di 0.5 cm verso l’alto dei tre iridi a valle dei
campi magnetici, è stato possibile selezionare un picco energetico
vicino
ai
30 MeV ,
rimanendo
gli
spettri
in
angolo
pressoché
invariati.
Si mostrano infine, in Figura III-9 e Figura III-10, i grafici
relativi all’Emittanza e alla Sigma del picco.
89
Figura III-9 - Andamento delle due componenti dell'Emittanza relativa al picco
in uscita dallo spettrometro.
Figura III-10 - Andamento delle due componenti della Sigma relativa al picco in
uscita dallo spettrometro.
90
3.2 Protoni con impulso trasverso
In
questo
paragrafo
saranno
mostrati
i
risultati
delle
prove
effettuate con un fascio di protoni aventi una componente della
quantità
di
moto
non
nulla
sul
direzione coincidente con l’asse
piano
yz ,
che
si
propaga
in
z , perpendicolare quindi alla
regione del campo magnetico.

Prima Prova
La prima simulazione con impulso trasverso viene effettuata con un
lattice
identico
alla
seconda
delle
prove
precedenti,
la
cui
schematizzazione è riportata in Figura III-11.
Figura III-11 - Schematizzazione del lattice utilizzato nella prima delle
simulazioni con impulso trasverso
È possibile notare, già dalle tracce in Figura III-12 e Figura
III-13, una profonda differenza, soprattutto per quanto riguarda
quelle sul piano yz :
91
Figura III-12 - Tracce dei protoni con momento trasverso sul piano xz
Figura III-13 - Tracce dei protoni con momento trasverso sul piano yz
92
Sul piano
yz
le tracce dei protoni non sono più costanti, esse
infatti descrivono un moto variabile, a causa della presenza della
componente y della quantità di moto.
Vale
la
pena
riportate
sui
puntualizzare
che
grafici
un
sono
i
protoni
piccolo
le
cui
tracce
sottoinsieme,
sono
scelto
in
maniera casuale prima dell’inizio dei calcoli, del numero totale
di quelli che partecipano alla simulazione; per cui, essendo lo
spettro
in
energie
esponenziale,
è
meno
probabile
che
vengano
scelte da plottare tracce di particelle con energie elevate, ecco
perché dal grafico di Figura III-12 sembra, a prima vista, di aver
selezionato le energie più alte disponibili.
Le differenze col caso precedente diventano ancora più marcate
quando
si
guardano
gli
spettri,
riportati
in
Figura
III-14
Figura III-15
Figura III-14 - Spettro energetico del picco in ingresso (blu) e in uscita
(rosso) dallo spettrometro.
93
e
Figura III-15 - Spettro in ingresso (blu) e in uscita (blu) dallo spettrometro.
Lo spettro in energia, centrato intorno ad un valore di circa
30 MeV , è caratterizzato da una maggiore larghezza e da un’altezza
minore, molte particelle vengono infatti perse lungo la linea di
trasporto,
e,
da
un
picco
di
circa
108
protoni
senza
momento
trasverso, si ritrova un numero di protoni compreso tra i 106 e i
107 .
La maggiore larghezza è giustificata dal fatto che, a parità di
spostamento verticale, le particelle possono avere energie molto
diverse, differentemente da quanto avviene in assenza di impulso
trasverso;
non
avendo
l’impulso
totale
sulle
modo
due
di
conoscere
componenti
come
non
è
viene
ripartito
quindi
possibile
selezionare un picco pulito come nei casi precedenti.
Gli
spettri
in
angolo
sono
anch’essi
molto
differenti:
nell’aggiungere una componente della quantità di moto si passa
infatti da un andamento simile ad una delta di Dirac, coincidente
94
con un angolo   0 , ad una distribuzione più o meno costante, in
particolare intorno ai valori   0 e   50 mrad .
Si osservano infine i diversi comportamenti dell’Emittanza e della
Sigma del picco:
Figura III-16 - Andamento delle due componenti dell'Emittanza relativa al picco
in uscita dallo spettromentro.
95
Figura III-17 - Andamento delle due componenti della Sigma relative al picco in
uscita dallo spettrometro.

Seconda Prova
In questa seconda prova si cerca di migliorare la qualità del
picco selezionato, eliminando uno dei tre iridi a valle dei campi
magnetici.
Facendo a meno dell’iride centrale, posizionato in
z  50 cm , si
concede al fascio, già tagliato dall’iride in uscita dalla regione
dei campi magnetici, uno spazio molto maggiore perché esso si
propaghi liberamente, allarghi la sua sezione e distribuisca lo
stesso intervallo di energie su dimensioni maggiori, di modo che
sia più semplice, in teoria, selezionare le energie volute in
maniera più netta, utilizzando iridi facilmente realizzabili; si
prevede
altresì
un
maggior
numero
di
particelle
perse,
e,
di
conseguenza, un abbassamento dell’altezza del picco. Si è inoltre
diminuito il diametro dei due iridi rimasti da 0.2 cm a 0.1 cm , per
dare al fascio un taglio più netto.
96
La
schematizzazione
del
lattice
utilizzato
in
questa
prova
è
riportato in Figura III-18.
Figura III-18 - Schematizzazione del lattice utilizzato nella seconda prova con
impulso trasverso.
Il file che definisce tale linea di trasporto, in ingresso al
codice, è quindi:
Le tracce dei protoni, sui piani xz e yz , sono riportate in Figura
III-19 e Figura III-20.
97
Figura III-19 - Tracce dei protoni sul piano xz
98
Figura III-20 - Tracce dei protoni sul piano yz
Per quanto riguarda gli spettri, compreso quello in spostamenti,
riportati in Figura III-21, Figura III-22 e Figura III-23, si nota
facilmente il verificarsi delle condizioni previste:
99
Figura III-21 - Spettro energetico del picco in ingresso (blu) e in uscita
(rosso) dallo spettrometro.
Figura III-22 - Spettro in angolo in ingresso (blu) e in uscita (rosso) dallo
spettrometro.
100
Figura III-23 - Spettro in spostamento in ingresso (blu) e in uscita (rosso)
dallo spettrometro.
Lo spettro energetico presenta una larghezza minore rispetto al
caso
precedente,
la
selezione
qualità migliore, l’altezza di
è
quindi
caratterizzata
da
una
picco è tuttavia più bassa dal
momento che un maggior numero di particelle è andato perso.
Gli
spettri
in
angolo
e
spostamento
confermano
i
risultati
ottenuti.
Si
riportano
infine,
in
Figura
III-24
e
Figura
III-25
gli
andamenti dell’Emittanza e della Sigma del picco in uscita dallo
spettrometro.
101
Figura III-24 - Andamento delle due componenti dell'Emittanza relativa al picco
in uscita dallo spettrometro.
Figura III-25 - Andamento delle due componenti della Sigma relativa al picco in
uscita dallo spettrometro.
102
3.3
Incidenza con distribuzione angolare
compresa in un cono
In questo paragrafo verranno illustrati i risultati ottenuti con
un fascio incidente di protoni caratterizzato da una distribuzione
in angolo compresa in un cono di     50;  50 mrad .

La
Prima Prova
prove
all’ultima
seguente
prova
viene
del
caso
effettuata
precedente,
con
un
lattice
schematizzato
identico
in
Figura
III-26.
Figura III-26 - Schematizzazione del lattice utilizzato nella prima simulazione
con incidenza obliqua.
Già dalle tracce, riportate nei grafici in Figura III-27 e Figura
III-28, si nota una differenza netta coi casi precedenti, il loro
103
andamento è infatti molto meno regolare che in tutti i casi di
incidenza normale:
Figura III-27 - Tracce dei protoni con incidenza obliqua sul piano xz
104
Figura III-28 - Tracce dei protoni con incidenza obliqua sul piano yz
Per quanto riguarda gli spettri, si osserva, in Figura III-29,
Figura III-30 e Figura III-31:
105
Figura III-29 - Spettri energetici in ingresso (blu) e in uscita (rosso) dallo
spettrometro
Figura III-30 - Spettro in angolo in ingresso (blu) e in uscita (rosso) dallo
spettrometro.
106
Figura III-31 - Spettro in spostamento in ingresso (blu) e in uscita (rosso)
dallo spettrometro.
Le differenze più nette si notano nell’andamento dello spettro in
angolo
in
cui
è
chiaro
che
la
direzione
di
ingresso
nello
spettrometro è distribuita su un intervallo di    0 ; in termini
di
spettri
energetici
e
in
spostamento
la
situazione
resta
piuttosto simile al caso di distribuzione angolare non limitata ad
un cono, solo un po’ meno “ordinata”, come era facile prevedere.
Si riportano infine gli andamenti di Emittanza e Sigma del picco:
107
Figura III-32 - Andamento delle due componenti dell'Emittanza relativa al picco
in uscita dallo spettrometro.
Figura III-33 - Andamento delle due componenti della Sigma relativa al picco in
uscita dallo spettrometro.
108
È
utile
illustra
riportare,
per
l’evoluzione
simulazione,
riportando
questo
caso
temporale
sia
gli
di
particolare,
tutti
spostamenti
energia, contraddistinti da una scala cromatica:
109
i
che
un
plot
protoni
i
che
della
valori
di
110
111
112
113
114
115
116
117
118
119
Dal
momento
che
in
questo
grafico
vengono
riportati
tutti
i
protoni che partecipano alla simulazione, vale a dire tutti quelli
in uscita dalla
differentemente
simulazione PIC aventi energia minima 10 MeV,
da
quanto
accade
visualizzando
i
grafici
delle
tracce, fortemente sottocampionati, è molto facile vedere anche i
protoni di energia superiore a quella selezionata.
120
Conclusioni
I risultati ottenuti, e sopra illustrati, con l’applicazione del
codice di calcolo PROPAGA costituiscono una base di simulazione
numerica per il dimensionamento di uno spettrometro Thomson utile
per
la
caratterizzazione
di
un
fascio
di
protoni
accelerati
otticamente.
In base a quanto osservato, uno spettrometro realizzato con le
specifiche
adottate
in
fase
di
simulazione
sarà
in
grado
di
effettuare la selezione di un picco di protoni centrati intorno ai
30 MeV, caratterizzato oltretutto da una discreta qualità.
Ci
si
aspetta
di
continuare
il
lavoro
con
l’acquisto
della
componentistica necessaria all’assemblaggio del dispositivo che,
una volta pronto per l’utilizzo, sarà testato nei laboratori FLAME
della sede INFN di Frascati quando la struttura sarà di nuovo
pienamente operativa, con grande probabilità nell’Ottobre 2013; la
realizzazione
dello
nell’evoluzione
spettrometro
dell’esperimento
è
un
LILIA,
passo
importante
permettendo
esso
di
ottenere un fascio protonico di energie adatte ad uno studio di
approfondimento sulla tecnica di accelerazione ottica di ioni, in
termini di diagnostica del fascio, realizzazione delle targhette,
e acquisizione di esperienza che può portare la struttura FLAME a
giocare
un
ruolo
fondamentale,
come
installazione
di
prova
su
piccole scale, nell’ambito della ricerca su questa modalità di
accelerazione ionica.
Il
procedere
radicalmente
dello
le
studio
tecnologie
di
questa
odierne
che
tecnica
fanno
può
uso
modificare
di
fasci
di
particelle cariche, avendo la possibilità di fornire, si spera in
un
futuro
acceleratori
prossimo,
fasci
tradizionali
ma
con
con
enormemente minori.
121
le
stesse
ingombri
e
caratteristiche
oneri
di
realizzativi
122
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