I costi e le conseguenze della seconda guerra mondiale

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ISC - Istituto di Studi sul Capitalismo
I costi e le conseguenze della seconda guerra mondiale
KUZNETS Simon, Popolazione, tecnologia, sviluppo. SOCIETA' EDITRICE IL MULINO. BOLOGNA. 1990 pag 366 8°
introduzione di Onorato CASTELLINO note tabelle, bibliografia delle opere di Simon Kuznets, Collana 'I grandi
economisti contemporanei', Istituto Bancario San Paolo di Torino. Simon Kuznets, nato a Pinsk (Ucraina) nel 1901, si è
trasferito nel 1922 negli Stati Uniti. Ha insegnato all'Università della Pennsylvania, alla John Hopkins e a Harvard, e ha
collaborato intensamente con il National Bureau of Economic Research. Nel 1971 gli è stato attribuito il Premio Nobel per
l'economia. E' morto ad Harvard nel 1985. ['Designare i conflitti multinazionali del 1939-45 e del 1914-18 come 'mondiali'
è una libertà semantica - poiché in nessuno dei due tutto il mondo risultò essere coinvolto. Praticamente tutta l'America
Latina evitò una partecipazione effettiva; una buona parte dell'Asia e dell'Africa coloniali fu molto meno intensamente
coinvolta di quanto lo furono le nazioni madrepatria; e anche l'impegno di alcuni partecipanti dichiarati - il Giappone e il
Portogallo nella prima guerra mondiale o il Brasile in ambedue le guerre mondiali - fu alquanto contenuto. Queste
differenze nell'intensità di partecipazione, nel grado con il quale gli stati-nazione attivamente impegnati subirono
l'invasione e l'effetto devastante delle battaglie combattute sui loro territori, e nel risultato della guerra per ciascuno di
essi, condussero, naturalmente, a differenti effetti sulle rispettive economie, con prospettive di crescita economica
postbellica conseguentemente diverse. In questa luce, nessuna delle due guerre mondiali fu universale. Ma sarebbe
estremamente difficile designare questi conflitti attraverso i nomi dei partecipanti, anche se ci si limitasse ai sei-dieci più
attivi (la lista completa per il 1939-45 include 28 paesi); ed è vero che l'importanza politica ed economica delle nazioni
coinvolte fu tale che i conflitti determinarono la scena mondiale. E' perciò utile mantenere l'appellativo, per distinguere
queste guerre da altre molto più circoscritte in termini numerici e dimensionali. (...) Queste stime dirette dei costi della
guerra in termini di perdite di popolazione, di capitale e di prodotto presentano molte difficoltà, e non possono essere
facilmente effettuate con i dati a disposizione. Un'idea approssimativa dell'effetto della guerra può essere desunta,
tuttavia, dal confronto della popolazione e del prodotto aggregato (o, meglio, del prodotto meno la produzione bellica,
ove quest'ultima sia ancora rilevante) tra la fine della guerra e il periodo prebellico. Qualunque decremento assoluto di
popolazione o di prodotto, o un aumento nel periodo molto meno elevato di quello stimato basandosi sui passati modelli
di crescita nei tempi di pace, suggerirebbero la dimensione dell'effetto della guerra. Questo confronto necessariamente
presuppone che l'anno precedente la guerra rifletta una posizione relativamente in linea con la tendenza evolutiva
secolare, e che l'anno successivo rifletta l'intero effetto cumulativo, prima che una qualunque ripresa abbia inizio. Di più,
esso non rivela nulla delle dinamiche interne al periodo considerato, e quindi difetta nell'indicare se i livelli dell'ultimo
anno siano propri soltanto di quell'anno o anche di alcuni dei precedenti. Esso tuttavia indica pur sempre i livelli alla fine
della guerra, appena prima che la ripresa abbia inizio; e offre così una sintesi parziale del possibile effetto della guerra
sulla ripresa e sulla crescita postbellica che segue (...). Con poche eccezioni, delle quali l'Urss, con una caduta del 10%
nella popolazione tra il 1940 e il 1944, costituisce la più considerevole, il numero degli abitanti era leggermente più
elevato alla fine della guerra che non negli anni prebellici anche per le nazioni più attivamente partecipanti e invase
(invase nel senso che furono teatro di guerra) (1). Ma questi incrementi furono chiaramente inferiori al «normale» livello
di lungo periodo; e persino nel 1950 la crescita della popolazione di molte delle nazioni partecipanti non era
completamente in ripresa, riflettendo le ampie perdite effettive registrate durante il conflitto, combinate con notevoli
perdite nel potenziale di crescita demografica. Questa conclusione è avallata dai dati decennali per il totale della
popolazione delle principali nazioni del mondo (2). (...) Per quanto approssimativi, questi calcoli indicano che le perdite
indotte dalla guerra, per la popolazione vivente e per le nascite potenziali, si aggirano intorno a parecchie decine di
milioni. (...) Gli indici della produzione pro capite (...) narrano una storia in qualche modo più complessa, e le conclusioni
possono essere meglio sintetizzate se si distinguono diversi gruppi di paesi. Il primo gruppo, esemplificato da Germania,
Urss e Giappone, è composto da partecipanti attivi che subirono invasioni; e il loro prodotto pro capite (alla fine della
guerra) si collocava su livelli estremamente bassi. I numeri indice - pari a 48 per cento per i Paesi Bassi, 57 per cento per
la Francia, 47% per l'Italia, probabilmente all'incirca lo stesso valore per la Germania Ovest nel 1945 (era 78 nel 1948),
46% per il Giappone e 30% per la Grecia - indicano chiaramente che il rendimento economico pro capite era
spaventosamente basso. (...)" (pag 299-310) [(1) Il livello anormalmente elevato per la Germania dell'Ovest riflette il forte
afflusso di rifugiati dalla Germania dell'Est e da altre aree; (2) Si veda United nations, 'Demographic Yearbook, 1961,
tabelle 2, p. 120] [Capitolo 15. Le conseguenze della seconda guerra mondiale (pag 299-323)] [ISC Newsletter N° 77]
ISCNS77TEC [Visit the 'News' of the website: www.isc-studyofcapitalism.org]
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