Patologia generale Prof. Ezio Laconi Lezione 16 10 novembre 2012 Giulia Scanu Cenni sull’immunologia dei trapianti e sulla tolleranza immunologica. Autotrapianto: trapianto il tessuto da una zona all’altra dello stesso individuo. L’esempio più frequente è il trapianto di lembi di cute da un sito a un altro in caso di ustioni o di midollo osseo prelevando le cellule staminali dal paziente che si possono rinfondere. Isotrapianto: trapianto tra individui della specie identici (tra gemelli omozigoti), immunologicamente identici. In questi casi non ci sarà un coinvolgimento del sistema immunitario e non ci saranno reazioni immunitarie. Allotrapianto: tra individui della specie ma non identici, è il trapianto che vediamo più spesso nella clinica. Xenotrapianto: trapianto tra specie diverse. È un argomento di frontiera, si è iniziato pensando che fosse possibile trapiantare organi tra animali di specie diverse ma questo non è possibile, anche se si spera ancora di riuscirci un giorno. Poter fare gli xenotrapianti vorrebbe dire avere a disposizione tutti gli organi necessari e completamente sani e giovani, tutta una serie di condizioni che con l’allotrapianto non sempre son presenti. Si risolverebbe anche la carenza di organi, legati ora a eventi drammatici. I problemi legati alla medicina dei trapianti per l’immunologia sono: 1. Reazione dell’ospite verso il trapianto: il ricevente non accetta il tessuto trapiantato, il suo sistema immunitario lo riconosce come qualcosa di estraneo; 2. Reazione del trapianto contro i tessuti dell’ospite: accade col midollo osseo non compatibile. La medicina dei trapianti è estremamente costosa e non c’è disponibilità sufficiente di organi per esaurire le liste d’attesa. C’è una certa mortalità legata ai trapianti, non sempre riescono, e all’immunosoppressione che si deve applicare in chi subisce allotrapianti. I fattori che limitano l’estensione su larga scala della medicina dei trapianti allo stato attuale sono: Disponibilità di organi Costi Morbilità Mortalità La reazione dell’ospite verso il trapianto: 1. se il trapianto avviene da un animale di tipo A a un altro animale di tipo A il tessuto viene perfettamente accettato e non ci sarà il rigetto; 2. se il trapianto avviene da un animale B a un animale A l’organo verrà rigettato perché il sistema immunitario di A riconoscerà il tessuto di B come non-self; 3. se il trapianto avviene da un animale B a un animale che è un incrocio di AxB l’organo sarà accettato perché l’animale AxB ha come strutture self anche B che sarà riconosciuto quindi come self; 4. se il trapianto avviene a un animale AxB a un animale B l’organo verrà rigettato perché il sistema immunitario dell’animale B riconoscerà anche antigeni A che non sono self. Noi abbiamo un sistema immunitario che riconosce il self ed estingue tutto quello che non è self. Quando si fecero le prime volte queste osservazioni non si sapeva che esistessero dei simili meccanismi immunitari e queste osservazioni furono sorprendenti. La medicina dei trapianti ha avuto inizio un secolo fa e ha visto la sua espanzione durante le guerre come spesso succede, per la necessità di intervenire maggiormente dal punto di vista medico. Gli interventi più frequenti erano quelli sugli avviatori con ustioni estese e si cercava di trapiantare i lembi cutanei. Si osservo che quando i lembi erano prelevati da loro stessi non succedeva nulla, in caso contrario esisteva il problema dei rigetti. Si notò anche che: se il donatore era un parente il rigetto avveniva di meno, se riavveniva il trapianto in una persona che aveva già avuto un rigetto la seconda volta il rigetto era ancora più veloce. Oggi ci è chiaro che tutto questo dipende dal sistema immunitario e le molecole coinvolte sono le molecole del complesso maggiore d’istocompatibilità. Le basi biologiche sono legate in larga parte al polimorfismo del MHC. Nei meccanismi di rigetto sono coinvolte sia le risposte anticorpali (di tipo umorale) ma soprattutto i linfociti T helper e T citotossici. Il sistema immunitario è attivato in caso di trapianto sia con meccanismi diretti sia indiretti. Il meccanismo diretto avviene quando una cellula presentante l’antigene del donatore presenta antigeni (del donatore) al sistema immunitario del ricevente che li riconoscerà come non-self e avverrà il rigetto. È il meccanismo prevalente. Il meccanismo del riconoscimento indiretto avviene quando frammenti delle cellule del tessuto trapiantato vengono presentati da APC del ricevente. Il tessuto trapiantato inizialmente accettato inizia a lesionarsi, ad avere cellule che muoiono, vengono captati da cellule presentati l’antigene i frammanti e avviene il rigetto. Elenco di HLA1 aggiornati al 2010: Le MHC di classe I2 sono costituite da una catena α che si divide in tre subunità (α1, α2, α3) e arriviamo a quasi 2000 aplotipi conosciuti, Le MHC classe II3 è formata da due catene polimorfe anche se il grado di polimorfismo tra catene α e β son differenti (le catene β son più polimorfe). Nei trapianti son più coinvolti HLA 1A, HLA 1B e HLA DR, son quelli che servono maggiormente per stabilire la compatibilità, gli altri non sempre si testano. Cosa succede effettivamente quando si trapianta un organo che ha antigeni riconosciuti come non-self? Sappiamo che si attiva l’alloriconoscimento diretto con moltissimi lintociti T CD4+. Solitamente abbiamo pochi linfociti per ogni specifico antigene, in questo caso la letteratura ci dice che addirittura fino al 10% dei linfociti T vengono attivati a seguito del ttrapianto di un organo o tessuto non compatibile. Abbiamo solo delle ragionevoli ipotesi in proposito. Il sistema immunitario riconosce il sistema MHC+antigene non-self, ricordiamo che i linfociti T potenzialmente autoreattivi vengono distrutti, quelli con nessuna reattività vengono anch’essi distrutti, si salvano quelli con affinità intermedia. Il complesso MHC+antigene di un tessuto trapiantato molto probabilmente ha antigeni simili ai self ma sono non-self, questa è una situazione ideale per cui molti linfociti si legheranno a queste cellule. Questo spiegherebbe l’alta percentuale di linfociti T attivati in queste situazioni, i linfociti riconoscono maggiormente antigeni simili ai nostri, non completamente diversi ma non identici, facendo superare la soglia di attivazione dei linfociti T. Quando parliamo di varianti alleliche non parliamo di sequenze geniche completamente diverse, possono differire anche per un solo amminoacido che è sufficiente a far attivare i linfociti in periferia.. 1 Il sistema maggiore d’istocompatibilità MHC nell’uomo prende anche il nome di Human leukocyte antigen (HLA). HLA si chiama così perché inizialmente si pensava fossero espressi solo dai leucociti. 2 MHC di classe I: le molecole di Classe I vengono espresse pressoché su tutte le cellule nucleate (in cellule prive di nucleo, come i globuli rossi, vengono espresse in piccolissime quantità) e sono formate da un polipeptide transmembrana di 44.000 dalton, codificato dall'MHC, associato alla β2microglobulina, una molecola invariante di 15.000 dalton codificata dal cromosoma 15. 3 MHC di classe II: le molecole HLA di Classe II sono presenti solo su alcune cellule immunocompetenti, in grado di effettuare la presentazione dell'antigene (APC daantigen presenting cell), quali cellule dentritiche, linfociti B e macrofagi. Inoltre la loro presenza, anche su queste cellule, non è costante, ma soggetta a modulazione, cioè possono essere presenti o meno a seconda dello stato di attivazione della cellula. Questa espressione viene modulata dalla presenza o meno di alcune interleuchine e/o interferoni. Le molecole di Classe II sono proteine di membrana eterodimeriche, formate cioè da una catena α (che varia fra i 33.000 e i 34.000 dalton), e da una catena β (fra i 28.000 e i 29.000 dalton), entrambe codificate dall'MHC. C'è poi una terza catena, detta invariante, che non attraversa la membrana cellulare. Questa catena invariante (Ii) ha funzione di chaperone e di indirizzamento del complesso MHC-II dal reticolo endoplasmatico alle vescicole, dove viene degradata lasciando solo un frammento di essa (CLIP) a occupare il sito in cui andra a collocarsi successivamente il peptide da esporre. Non vi sembra strano che abbiamo una maggiore risposta immunitaria per delle cellule simili alle nostre rispetto ad organismi completamente differenti che ci possono infettare? Evvidentemente il sistema immunitario nasce per identificare il self, quello che ci da coscienza di noi stessi dal punto di vista organico. Antonio Damasio recentemente ha scritto Self comes to mind che è stato tradotto con il Self viene alla mente nel senso che la coscienza che abbiamo di noi stessi è quella mentale ma il sistema immunitario si deve rendere conto del nostro individuo ancora più nel dettaglio. La vita è organizzata in individui, unicellulari, pluricellulari, quindi deffinire la propria identità e integrità è importantissimo. Il sistema immunitario si costruisce un immagine del nostro profilo molecolare attraverso i nostri recettori, nel momento in cui trovano piccole variazioni si attivano.