COP 21 a Parigi: adottato il primo accordo universale sul clima L'adozione a Parigi del primo accordo universale sul contenimento del riscaldamento globale rappresenta una storica presa di coscienza della gravità dei cambiamenti climatici in corso Le due settimane di negoziati tenutisi a dicembre in Francia per la XXI Conferenza delle parti (COP21 di Parigi) si sono chiuse con l’adozione, da parte di 195 Stati più la UE, di quello che ben si delinea come il primo accordo universale sul clima: l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale del pianeta mantenendolo al di sotto dei 2°C sembra finalmente condiviso da tutti i Paesi. Una svolta storica La XXI Conferenza delle parti (COP) del protocollo di Kyoto alla Convenzione ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC) si è conclusa a Parigi con un segnale di speranza dato dall’adozione di un accordo subito definito storico. Le due settimane di negoziati, infatti, si sono chiuse con un lungo applauso dell’assemblea che ha seguito le parole del presidente della Cop21 e Ministro degli Affari esteri francese: “Io non ho sentito obiezioni nella sala, dichiaro l’accordo di Parigi sul clima adottato”. Fabius ha accompagnato le sue parole con un martelletto, verde, con cui ha battuto simbolicamente la chiusura del negoziato segnando il raggiungimento dell’accordo universale, fondamentalmente, su tre aspetti cruciali: contenimento entro limite di 1,5 gradi all’aumento del riscaldamento globale rispetto ai livelli preindustriali, stanziamento di 100 miliardi di dollari per i paesi in via di sviluppo, revisione quinquennale dei tagli alle emissioni climalteranti. L’obiettivo principale dell’accordo – limitare l’aumento della temperatura globale del pianeta mantenendolo al di sotto dei 2°C (si è parlato addirittura di un obiettivo ideale di un +1,5°C) – risponde all’appello dei rappresentanti delle piccole isole e degli altri Paesi più vulnerabili alle conseguenze dei cambiamenti climatici globali e si è avvalso del forte impulso di UE e USA. Si tratta certamente di un risultato positivo, per certi versi un vero punto di svolta che, però, segna solo nuovo punto di partenza, che necessita, innanzitutto, la definizione di un percorso chiaro (cosa che l’accordo non fa) e di obiettivi da realizzare a breve termine (tenendo conto che l’ambizioso obiettivo del +1,5C° implica un taglio delle emissioni entro il 2050 molto più elevato di quello sino ad ora stimato). Concorde con la definizione di accordo storico anche il nostro Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, “perché cambia il mondo, 195 paesi hanno imboccato la strada dello sviluppo sostenibile, della salvaguardia dell’ambiente, dell’equità tra i popoli. Si è segnato un punto di non ritorno.” In particolare, secondo Galletti, il limite di 1,5C° ha un valore morale e “vuol dire salvare tutti, anche gli stati più esposti”. Secondo molti – tra i quali Steffen Kallbekken, direttore del Centre for International Climate and Energy Policy – c’è ancora da lavorare dato che il resto dell’accordo non sarebbe coerente con questo obiettivo. Il testo non è dunque perfetto, anzi, molti obiettivi sono stati messi da parte e non definiti, ma come si diceva è visto da molti come un buon punto di (ri)partenza. Il trattato sarà aperto alla firma a New York, presso quartier generale delle Nazioni Unite, dal 22 aprile 2016 21 aprile 2017, ed entrerà in vigore non prima del 2020, giorni dopo la ratifica di almeno 55 parti responsabili almeno il 55% delle emissioni di gas serra. il al 30 di Obiettivo: contenere il riscaldamento globale L’intento principale di raggiungere un accordo internazionale vincolante volto a contenere l’aumento del riscaldamento globale sotto ai 2°C è stato raggiunto, stabilendo il limite ideale del +1,5°C, che – come confermato dal Hans Joachim Schellnhuber, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research – risulta in linea con lo Intergovernmental Panel on Climate Change (IPPC) e le ultime ricerche scientifiche. Per molti, tra cui il WWF, l’accordo rappresenta un buon punto di partenza per fissare l’obiettivo di lungo termine: “Questo deve urgentemente essere rafforzato e completato con un’azione forte nel breve termine se vogliamo avere qualche speranza di raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto di 2C° o 1,5 C°… Mentre l’accordo di Parigi si pone come prospettiva il 2020, la scienza ci dice che, per raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1.5°C o ben al di sotto 2°C, le emissioni devono raggiungere il picco prima del 2020 e da allora in poi diminuire drasticamente. Gli impegni attuali forniscono circa la metà di ciò che è necessario, abbiamo bisogno di ridurre le emissioni di altre 12-16 gigatonnellate di CO2.” In merito, anche Kallbekken ha rilevato che, in base alle stime dello IPCC, “per limitare il riscaldamento a 2°C dobbiamo tagliare le emissioni rispetto al 2010 del 40-70% entro il 2050. Per raggiungere il target di 1,5°C il taglio deve essere più sostanziale, tra il 70 e il 95% entro il 2050”. Impegno finanziario Uno dei temi caldi delle discussioni è stato quale dovesse essere l’impegno finanziario che i Paesi industrializzati e inquinanti dovrebbero inviare a quelli in via di sviluppo per realizzare le politiche nazionali di riduzione della CO2, così da garantire il rispetto degli impegni presi a livello nazionale. La cifra concordata è di 100 miliardi di dollari all’anno da mobilitare da qui al 2020, cifra che anche in questo caso deve essere intesa quale base di partenza, con l’impegno di fissare un nuovo obiettivo finanziario al più tardi nel 2025, e di chiarire nel frattempo contributi e responsabilità. Copyright © - Riproduzione riservata