COMO, CATTEDRALE 31 AGOSTO 2013
SOLENNITÀ DI SANT’ABBONDIO
IL “SAPERE” DEI PICCOLI
La vicenda umana, sacerdotale e ministeriale del nostro Sant’Abbondio,
insieme alle letture che abbiamo ascoltato, sono un ottima introduzione al mio
messaggio di quest’anno che, come molti di voi sanno, parte dalla
provocazione che Giovanni Paolo II affidava alla sua Enciclica «Fides et ratio»:
la ragione e la fede sono le due ali che permettono allo spirito umano di alzarsi
alla contemplazione della Verità.
Partendo dal Vangelo che abbiamo ascoltato (Mt 11, 25-30), penso che Gesù
ci voglia dire che il rischio pericolosissimo dei sapienti e dei dotti è quello di
non pensare più, di non ragionare più, ma di ripetere semplicemente quanto
già saputo e visto, tronfi della propria cultura. È a questa categoria di persone
o, meglio, a questo grave rischio che Gesù fa riferimento, quando ringrazia il
Padre che ha nascosto le cose più importanti ai sapienti e ai dotti, perché così
possiamo parafrasare: la cosa più importante è la curiosità, la sorpresa davanti
a ciò che di nuovo si presenta alla nostra ricerca e alla nostra ragione, molto
più importante di ciò che dottrine chiuse e sapienze autosufficienti possono
offrire al cuore e alla vita dell’uomo, per cui non si pensa e non si ragiona più.
Mi è venuta in mente un’espressione molto bella di san Paolo ai Corinti (1
Cor 8, 1-2): fratelli «la scienza gonfia, mentre la carità edifica», e «se
qualcuno crede di sapere qualche cosa, non ha ancora imparato come bisogna
sapere». San Paolo, che era sicuramente un intellettuale, dotto ed istruito,
avendo frequentato la principale università del suo popolo, ci dice: non importa
soltanto «sapere», ma bisogna avere coscienza chiara del «come si sa». E
come dobbiamo noi sapere, se non vogliamo gonfiarci di orgoglio, di
supponenza, della pretesa di aver sempre già capito tutto?
Le parole di Gesù ci danno un’indicazione importante: «Ti ringrazio, Padre,
che hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti». Ciò non significa che siano
state rivelate…agli ignoranti e agli stupidi, infatti aggiunge: «Le hai rivelate ai
piccoli». Chi sono questi piccoli? Coloro che sanno di aver sempre qualcosa da
imparare, aperti a pensare con la propria testa di fronte a provocazioni, a
incontri nuovi, che si fanno sempre delle domande, che tante volte ci
inchiodano per la loro essenzialità e la loro novità. Il «sapere» quindi è dei
piccoli: mai pensa di possedere la verità, di averla in tasca (nessuno ha questo
diritto), ma si muove verso di essa, con un pensiero coraggioso, per edificare,
per costruire, al servizio del bene di tutti: per questo san Paolo diceva «il
sapere gonfia, la carità edifica».
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A partire da questo, possiamo accogliere il messaggio di quest’anno, che ho
voluto intitolare «Le due ali dello spirito umano».
Abbondio, come tutti sapete, ha avuto un momento di particolare
responsabilità nella storia della Chiesa, di particolare impegno ecclesiale,
quando a lui, vescovo occidentale, il vescovo di Roma papa Leone Magno ha
affidato una lettera da recare ai vescovi d’Oriente, nella quale si comunicava il
modo con il quale l’Occidente pensava e ragionava sulla verità di Gesù. Per
questo trovo bellissima la parabola che la liturgia della parola ci ha offerto
oggi: «Amici miei – dice san Paolo – voi siete la mia lettera, scritta però non
con un inchiostro esteriore, su pezzi di papiro o di carta, ma con lo Spirito di
Dio dentro al vostro cuore, perché è con lo Spirito di Dio, che si è manifestato
pienamente in Gesù e che da Gesù e dal Padre di Gesù ci viene comunicato,
che noi possiamo riprendere continuamente la nostra ricerca della verità,
sull’uomo, sul cosmo, sulla storia, sul futuro, distinguendo nei nostri desideri,
nelle nostre speranze, quello che è giusto, edificante, positivo, liberante, da
quello che è invece disumano, violento, sbagliato, illegale, falso». San Paolo
dice che è a partire dall’incontro con Gesù, è per mezzo di Lui che ha scritto
quella lettera, e la verità di Cristo è talmente importante che vale la pena di
incontrala, di ascoltarla e assimilarla, perché – dice ancora san Paolo – sapete
qual è la caratteristica fondamentale del discepolo? Non solo avere le emozioni
di Cristo, fare le sue scelte, ma avere il suo pensiero. Ci domandiamo: come
penserebbe Lui se fosse al mio posto, se si trovasse in queste stesse
circostanze? È questa la «benedizione» che il Siracide, questo antico sapiente,
richiama alla nostra mente nella prima lettura, questa l’intelligenza alla quale
siamo tutti chiamati, come figli maturi e maggiorenni di un Padre che ci ama e
ci rispetta.
Se, per concludere, torniamo al Vangelo, ci viene detto che gli affaticati e gli
oppressi non sono invitati a qualche fitness o luogo di relax, ma ad andare da
Gesù: «Venite a me – ci dice – voi che siete affaticati e oppressi, perché
conoscendo me conoscerete il Padre, nessuno infatti conosce il Padre se non il
Figlio, e nessuno conosce il Figlio se non il Padre, ma il Figlio è venuto a
rivelarvi il Padre, così che voi potete cominciare a pensare da figli, a
programmare da Figli, ad assumervi le responsabilità di figli, e l’obbedienza
della fede non è un obbedienza di uno schiavo impaurito o interessato, ma
quella di un figlio carico di riconoscenza, gratitudine e amore».
Abbondio, per incarico del Papa, ha attraversato i mari, si è assunto una
missione pericolosa e estremamente impegnativa, perché la verità di Gesù
potesse essere consegnata alla Chiesa: se vogliamo essere devoti di questo
grandissimo santo, che è il patrono della nostra Diocesi, cerchiamo, ciascuno
nel proprio piccolo, di fare lo stesso.
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