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Camminare verso la verità...ci vuole una vita!
don Alberto Brignoli
V Domenica di Pasqua (Anno A) (14 maggio 2017)
Mi stanno troppo simpatici, 'sti due apostoli...forse anche perché abbino i loro nomi a bambini
quasi sempre vivaci e spassosi! Tommaso e Filippo: ognuno dei due è pervaso da quel senso pratico
tipico degli abitanti della Galilea, gente concreta, generosa, grandi lavoratori, magari un po' "rudi"
o, come diciamo dalle nostre parti, "tagliati giù a fette", ovvero gente che non va molto per il
sottile. È Giovanni, galileo come loro, socio di pesca e condiscepolo alla scuola del Battista, che
ci parla di loro e ce li descrive così, "al naturale", dando solo alcune "pennellate" alla loro
fisionomia.
Tommaso, pochi capitoli prima di questo, di fronte a Gesù che vuole andare a fare visita all'amico
Lazzaro ma teme la violenza dei Giudei nei suoi confronti, esorta il Maestro e i compagni ad andare
con decisione a Betania "a morire con lui"; salvo poi, con la stessa immediatezza, rifiutarsi di
credere a un'invenzione da donne come quella della Resurrezione di Gesù, per accettare la quale
esige di vedere il corpo flagellato e trafitto, magari per capire bene come abbia fatto a essere ancora
vivo.
L'altro, Filippo, è citato più volte da Giovanni, sin dall'inizio del Vangelo, e anche lui caratterizzato
da immediatezza, entusiasmo e concretezza. È stato appena chiamato da Gesù a seguirlo sulle rive
del lago di Galilea, e già ha capito di trovarsi di fronte al Messia...tant'è che lo va a comunicare
immediatamente a Natanaele, e sappiamo bene come quello gli risponde, riguardo a uno che viene
"da Nazareth"... Quando, poco dopo, cinquemila persone rimangono ad ascoltare Gesù fino a tarda
sera nel deserto e hanno fame senza avere con sé nulla da mettere sotto i denti, Filippo fa due conti
e capisce subito che con duecento denari di pane non si va da nessuna parte, per cui meglio che
tornino tutti a casa loro. Ma il Maestro lo smentisce, e sappiamo bene come.
Arriviamo così all'ultima cena, dopo che Gesù ha compiuto il gesto scandaloso di lavare i piedi ai
suoi discepoli. Nell'intimità e nel raccoglimento di quel momento così importante, il Maestro fa
un lungo discorso - riportato solo da Giovanni - in cui rivela al mondo tutto quanto di sé, a volte
con concetti e terminologie che i nostri "rudi galilei" fanno fatica a cogliere. Certo, i nostri due
amici mica glielo mandano a dire: non appena Gesù parla della sua partenza verso la casa del
Padre, verso questo luogo così misterioso del quale ad ogni modo i discepoli conoscono la strada,
Tommaso senza mezzi termini interviene a mettere in chiaro le cose: "Non sappiamo nemmeno
dove vai, come facciamo a pretendere di sapere la strada?". Anche con il migliore dei Tom-Tom,
se non imposti la destinazione sarà ben difficile individuare la strada per arrivarci... Poi è la volta
dell'altro, di Filippo, che di fronte a un Gesù che parla del Padre, e della sua comunione col Padre,
e della missione che ha ricevuto dal Padre, e dell'importanza del Padre nella sua vita, e via di
seguito, chiede senza mezzi termini al Maestro la cosa più immediata: "Facci conoscere ‘sto Padre
e siamo a posto!". Giustamente, invece di fare tanti discorsi, presentacelo, e così giungiamo alla
verità tutta intera!
Gesù con Filippo sembra spazientirsi un po', mentre con Tommaso, è tutto rimandato a dopo la
Resurrezione: eppure, di fronte a queste due osservazioni così schiette e anche un po' ingenue, non
lascia senza risposta le richieste dei suoi due discepoli. La chiave di tutto sta in quell'affermazione
lapidaria di Gesù, collocata al centro di questo vangelo, e divenuta una delle frasi più famose e più
belle del Figlio di Dio: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo
di me". Questa è la verità che Gesù è venuto a insegnarci: la sua perfetta unità con il Padre, il suo
essere Figlio di Dio. E la cosa più interessante è che Gesù non afferma di "avere" la verità, di
possederla, ma di "essere" la Verità, nell'ottica del Dio dell'Esodo, il Dio dell' "Io sono",
pronunciando il quale Gesù non lascia spazio ad equivoci. Lui non ha la verità in mano, e per
questo non la impone a nessuno: lui è la Verità, e per questo vuole che tutti stabiliamo con lui una
relazione talmente profonda da giungere a conoscere la Verità sul mondo e sulla vita solo dopo
essere entrati in comunione con lui.
Ma sa benissimo che entrare in comunione con lui non è una cosa immediata, non è una trovata
geniale tipica dei Galilei che si realizza in un batter d'occhio. È frutto di un cammino faticoso, di
una strada da percorrere giorno per giorno, di un itinerario alla scoperta della Verità che
comprenderemo solamente quando saremo una sola cosa con lui. E proprio per questo, nessuno di
noi, per quanto possa sentirsi avanti nella fede, può dire di avere in mano la Verità, di avere
compreso tutti i misteri delle cose di Dio, e quindi ancora meno può pretendere di imporre la
propria verità agli altri (ammesso che coincida con la verità di Dio). "Noi cerchiamo la Verità diceva Sant'Agostino - ma non troviamo se non la possibilità di continuare a cercarla all'infinito,
fino all'incontro definitivo con lui, che è la Verità".
Che fatica, questa scoperta della Verità...nemmeno Tommaso e Filippo sono stati capaci di spillare
a Gesù un frammento di Verità. Non possiamo far altro che metterci in cammino: ma dobbiamo
stare sereni, perché egli è la Via. Sarà una Via lunga, a volte dolorosa, che sembra non esaurirsi
mai, che dura tutta la vita: nessun problema, perché è lui la Vita, e allora non abbiamo nulla da
temere.
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