SOCIETÀ
L’INTERVISTA/1
Il ritorno dei “cervelli”
Ines Barone, 32enne cosentina, da anni studia
il tumore alla mammella. E dopo un lungo periodo
a Houston, ha deciso di fare ricerca nella sua terra
attualmente lavora
nei laboratori di patologia
generale dell’università
della calabria, la
struttura dove ha iniziato
a muovere i primi passi
mirella molinaro
V
iso raggiante, colori mediterranei che esaltano la sua bellezza. In particolare quando
indossa il camice bianco. Ines
Barone, 32 anni di Cosenza,
laureata in Farmacia all’Unical, ha fatto la
valigia per coronare il suo sogno professionale: fare ricerca in campo medico-farmacologico. È stata in Texas per studiare il
tumore alla mammella. Poi, però, ha deciso di tornare in Calabria. Ha intrapreso
un cammino, che le ha permesso di rag-
giungere mete eccellenti, ma ha voluto
percorrerlo al contrario. Ottenendo ugualmente ottimi risultati. È una delle ricercatrici su cui l’Airc (Associazione italiana per
la ricerca sul cancro) conta molto e sa che
può fare tanto anche rimanendo nella sua
terra.
Dall’Unical a Houston. Da Houston di
nuovo in Calabria. Lei è un cervello non
più in fuga?
«Qualcuno ha detto “grazie ad un’ancora
di salvezza non è più in fuga”. Ed infatti è
stato proprio così... Le racconto brevemente la mia storia. Durante lo svolgimento della tesi di laurea, che riguardava
la relazione tra i recettori per gli estrogeni
nel carcinoma mammario e la leptina – un
ormone i cui livelli sono particolarmente
elevati nei soggetti obesi – mi sono appassionata alla ricerca oncologica. Così dopo
la laurea ho scelto di proseguire con un
dottorato di ricerca, sempre qui in Calabria, nei laboratori di Patologia generale diretti dal professor Sebastiano Andò.…
CORRIERE della CALABRIA
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9 maggio 2013
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SOCIETÀ
…Concluso
anche il dottorato, durante il
quale ho continuato ad occuparmi dello
studio dei meccanismi molecolari alla base
dell’insorgenza e della progressione del
carcinoma mammario, ho avuto la straordinaria opportunità di andare all’estero per
qualche anno, selezionata per una borsa
post dottorato al Baylor College of Medicine di Houston, in Texas, che per gli studi
che conduco rappresenta un centro di eccellenza. Sono rimasta lì tre anni, avrei potuto scegliere di restare ancora all’estero,
ma nonostante le opportunità e le strade
offerte negli States che sono innumerevoli,
competitive e stimolanti, avevo voglia di ritornare e di investire le mie energie e capacità nella nostra terra. Grazie ad una borsa
di studio congiunta Airc-Marie Curie, un
programma speciale che la Comunità europea sostiene in collaborazione con l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro
per favorire il ritorno in patria dei ricercatori che sono all’estero, ho avuto la possibilità di ritornare. Attualmente svolgo la
mia attività di ricerca nei laboratori di Patologia generale dell’Università della Calabria, la struttura dove ho conosciuto per la
prima volta cosa significa fare ricerca, dove
mi sono formata e dove sono cresciuta... ed
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è bello poter dimostrare che anche nella
nostra realtà è possibile condurre ricerca di
qualità».
Il suo primo stipendio a Houston nel 2007
– a 26 anni – per la borsa triennale di ricerca post dottorato, che aveva vinto, era
In basso, Ines Barone
(anche in apertura di servizio), ricercatrice cosentina
che da tempo collabora
con l’Airc: da anni è impegnata nello studio del tumore alla mammella. A
destra, la locandina dell’iniziativa l’“Azalea della ricerca”. A pagina 63,
l’Università della Calabria,
dove attualmente la
32enne lavora
INIZIATIVA AIRC
Sboccia un fiore
per aiutare la ricerca
Domenica 12
maggio, Festa
della Mamma,
tornerà anche
nelle piazze
calabresi
l’Azalea della
ricerca, il fiore
simbolo dell’impegno per
rendere sempre più curabili i tumori
che colpiscono le
donne.
Un numero
imponente di
volontari Airc,
circa venticinquemila, distribuirà oltre
seicentomila
azalee. Così
per un giorno
anche i ricercatori lasceranno i
laboratori per contribuire da protagonisti a sostenere la ricerca
nelle piazze e, in alcuni casi,
presso i banchetti nei loro istituti
di ricerca.
L’Azalea della ricerca è inoltre
l’occasione migliore per ricordare
il ruolo cruciale della prevenzione: quasi il 70 per cento dei tumori potrebbe essere prevenuto o
almeno diagnosticato in tempo,
se tutti avessimo stili di vita corretti e aderissimo ai protocolli di
screening e diagnosi precoce.
La guida “I colpi vincenti della
prevenzione-Vecchi e nuovi esami
per battere il cancro”, che verrà
distribuita con le azalee il 12
maggio, sottolineerà, attraverso
precise indicazioni, come la prevenzione sia infatti la vera sfida
nella lotta ai tumori.
Ho avuto la straordinaria opportunità di andare all’estero per qualche anno,
selezionata per una borsa post dottorato in Texas in un centro di eccellenza.
Sono rimasta lì tre anni, avrei potuto scegliere di restare ancora all’estero
ma, nonostante le opportunità offerte negli States che sono stimolanti, avevo
voglia di ritornare e di investire le mie energie e capacità nella nostra terra
9 maggio 2013
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È possibile fare ricerca in Calabria e i risultati raggiunti dal gruppo di
Oncologia endocrina coordinato dal professore Andò, del quale faccio parte,
ne sono la dimostrazione. Numerosi i lavori pubblicati e i progetti di ricerca.
Certo, rispetto ad altri atenei italiani più grandi e a strutture estere, le difficoltà
sono notevolmente maggiori e i fondi minori… ma le menti non mancano
di 3.200 dollari netti. In Italia, la borsa di
studio da dottoranda le dava diritto a 800
euro, mentre un equivalente contratto da
“post doc” italiano vale tra i 1.100 e 1.200
euro al mese. Perché ha deciso di tornare?
«Ad esser sincera, per me non è mai stata
una questione di soldi... E il differente trattamento economico non poteva trattenermi all’estero. Amo il mio lavoro e amo
la nostra terra e ho pensato che la borsa di
studio Airc mi potesse offrire l’opportunità
di ricreare in Italia le modalità di fare ricerca che ho conosciuto all’estero. Ora, a
distanza di poco più di 2 anni, sono davvero contenta della scelta di vita e professionale che ho fatto».
Cosa ha imparato da quell’esperienza e
quali sono le differenze con l’Italia e
quindi con la Calabria?
«Il periodo all’estero è importante per acquisire quell’autonomia scientifica necessaria per poter ideare, condurre
e portare a termine un progetto
scientifico, adattandolo anche
ad eventuali risultati non attesi,
ma comunque possibili e non
trascurabili nelle diverse fasi
della ricerca. Inoltre, consente
di inserirsi in network internazionali utili perché la buona
scienza non è frutto del lavoro
di un singolo, ma dell’integrazione di gruppi di ricerca con
competenze scientifiche anche
diverse. La differenza più evidente è la facilità nella reperibilità di fondi, che purtroppo in
Italia è davvero difficile soprattutto per i giovani ricercatori».
Da tempo studia il tumore alla
mammella e come creare
nuovi farmaci per combatterlo. A che punto è la ricerca
in questo campo?
«Successivamente alla decodifica del genoma umano, gli studi sono stati rivolti alla
definizione delle caratteristiche molecolari
dei diversi tumori, allo scopo di identificare
diversi sottotipi tumorali nell’ambito della
stessa neoplasia. Ciò ha consentito di sviluppare strategie terapeutiche sempre più
individualizzate, mirate a selettivi bersagli
molecolari, migliorando notevolmente la
qualità e le aspettative di vita del paziente.
Oggi, grazie a questi avanzamenti della ricerca scientifica, ma anche al miglioramento in campo diagnostico e alla
diffusione degli screening, il tasso di mortalità per il carcinoma mammario in Italia
si è ridotto del 10% negli ultimi cinque
anni. Naturalmente, l’obiettivo di noi ricercatori è quello di azzerarne la mortalità. E
per il tumore alla mammella siamo abbastanza vicini».
Lei è una delle ricercatrici scelte dall’Airc
come testimonial in occasione dell’Azalea
della ricerca. Cosa vuol dire promuovere
e sostenere tali iniziative?
«Nella lotta contro il cancro sono certo importanti le idee, la curiosità e la passione di
noi ricercatori, ma considerati gli esigui finanziamenti provenienti dalle istituzioni
pubbliche, è ugualmente fondamentale
credere nella ricerca scientifica e non
smettere mai di supportarla. Continuiamo,
quindi, a sostenere tutti insieme iniziative
come quelle dell’Azalea per far sì che il
cancro diventi sempre più una malattia curabile».
È difficile per una donna fare carriera nel
suo ambito?
«Nella scienza e nel mondo della ricerca
oncologica, non esistono differenze di genere: è l’ingegno che conta, la curiosità di
studiare ciò che altri hanno trascurato, la
costanza di un lavoro quotidiano, non
privo di sacrifici e difficoltà. Ma quando si
parla di far carriera... forse la storia è un po’
diversa, anche se fortunatamente sta progressivamente cambiando».
È possibile fare ricerca in Calabria?
«Assolutamente sì e i risultati raggiunti dal
gruppo di Oncologia endocrina coordinato
dal professore Andò, del quale faccio parte,
ne sono la dimostrazione. Sono numerosi
i lavori pubblicati su riviste di prestigio internazionale e molti i progetti di ricerca sostenuti per la loro rilevanza scientifica da
fondi pubblici e privati. Certo, rispetto ad
altri atenei italiani più grandi e a strutture
estere, le difficoltà sono notevolmente
maggiori e i fondi minori... ma le menti
non mancano, così come la volontà di contribuire al progresso scientifico».
Secondo lei, quali opportunità hanno i “cervelli” che si
formano negli atenei della
nostra regione?
«Non credo che le opportunità dei “cervelli” che si formano nei nostri atenei siano
dissimili da quelle di altri atenei, e la mia storia ne è un
esempio. Forse, il problema
reale è più che altro rappresentato dalla difficile congiuntura economica e politica
che stiamo vivendo».
Nelle sue scelte professionali
ha pesato molto il legame
con la sua famiglia e con la
sua terra?
«La famiglia è per me un valore fondamentale così come
il sentirmi parte di una nazione allo stesso
tempo controversa e affascinante. Tuttavia,
non sono state queste le motivazioni delle
mie scelte professionali, ma è stato determinante credere nella realtà scientifica in
cui lavoro e a cui sono orgogliosa di appartenere».
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