T erra, acqua, aria e luce solare sono considerati, fin dagli albori del

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L’IMPIEGO DEI AMMMIFERI E DGLI UCCELLI COME BIOINDICATORI
Dr. Alessio Durastante
Tecnico della Prevenzione
Servizio Veterinario I.A.P.Z. della A.S.L. n° 04 di L’Aquila
Terra, acqua, aria e luce solare sono considerate, fin dagli albori del pensiero
scientifici gli elementi fondamentali della vita sul nostro pianeta. Di questi elementi,
la sola luce solare è costantemente rinnovata; gli altri sono invece riutilizzati,
attraverso processi oltremodo complessi, sinteticamente descritti nel loro svolgersi
dai grandi cicli biogeochimici che attraversano la biosfera.
La storia della vita, a noi nota solo in parte, evidenzia una spiccata capacità degli
esseri viventi di comportarsi in modo utilitaristico, reagendo, adeguandosi o
trasformandosi, secondo la teoria evolutiva attraverso casuali errori di riproduzione,
per selezionare forme in grado di vivere nelle diverse condizioni ambientali Per
diffondersi essa ha inventato un’impressionante varietà di forme, con caratteristiche e
specializzazioni adattative diverse, abbandonando ed eliminando quelle aventi
caratteri non più congruenti e competitivi.
L’esplosione demografica dell’uomo, favorita e affiancata dai prodotti dello sviluppo
tecnologico e scientifico, ha perturbato i meccanismi ciclici e gli equilibri naturali sui
quali si basa tutta la vita, compresa quell’umana. La correlazione stretta che esiste tra
espressioni di vita e tipi d’ambiente, fa del materiale biologico un descrittore
dell’ambiente stesso individuando cosi in ogni forma di vita un “indicatore” delle
condizioni ambientali presenti o passate. Pur nella diversità di sfumature quasi tutti
gli Autori concordano nel paragonare il bioindicatore a una sorta di raffinato e
complesso strumento in grado di evidenziare le variazioni. Nella considerazione
proposta da Iserentant e De Sloover (1976), ampiamente accettata dalla letteratura
scientifica, si definisce un bioindicatore: “Organismo o sistema biologico usato per
valutare una modificazione – generalmente degenerativa – della qualità
dell’ambiente, qualunque sia il suo livello d’organizzazione e l’uso che se né fa.
Secondo i casi, il bioindicatore sarà una comunità, un gruppo di specie con
comportamento analogo (gruppo ecologico), una specie particolarmente sensibile,
oppure una porzione d’organismo, come organi tessuti cellule o anche una soluzione
d’estratti enzimatici”. I requisiti di un buon bioindicatore variano con la natura dello
stesso, con il tipo di risposta che è in grado di esprimere, con il tipo e la durata
dell’alterazione ambientale che s’intende rilevare. Comunque sia, un parametro
irrinunciabile è l’accertata sensibilità nei confronti di una azione perturbatrice,
chiaramente identificata rispetto a tutta una serie di stress ai quali l’indicatore è
costantemente sottoposto sensibilità che può esprimersi con un’ampia gamma di
risposte: alterazione biochimica e fisiologica, disturbo dei bioritmi, modificazione
anatomico-morfologica, variazione della composizione della biocenosi per la morte
degli individui e delle specie sensibili, fino alle trasformazioni territoriali che hanno
diretti effetti sul paesaggio, sulle sue forme e sul suo funzionamento.
In generale, vari gruppi d’invertebrati fungono da ottimi indicatori a livello di biotopi,
habitat e aree geografiche d’estensione relativamente ridotta, mentre i vertebrati
superiori (uccelli e mammiferi) risultano essere più idonei a monitorare habitat e
paesaggi.
In particolare, gli uccelli sono stati più volte utilizzati per valutazioni su larga scala
della qualità ambientale e per la pianificazione dell’uso del territorio, trattandosi del
gruppo di vertebrati terrestri più ricco di specie e più facilmente osservabile. Nel caso
dello studio delle alterazioni chimiche dell’ambiente, uccelli e mammiferi, come
strumento di monitoraggio, si differenziano dagli altri gruppi animali a causa della
differente sensibilità ai disturbi: in questo caso il carattere che li contraddistingue
dagli invertebrati, normalmente utilizzati come bioindicatori, è l’elevata longevità. Si
può considerare come esempio l’impiego di piccoli animali quale il riccio comune nel
monitoraggio di pesticidi organofosfati ed organoclorati mediante l’impiego delle
carcasse rinvenute sulle tratte stradali derivanti da incidenti stradali (studi preliminari
condotti sul comprensorio aquilano dalla A.S.L. n°04 Servizio Veterinario IAPZ,
anno 2007 e 2008 – Dr. Alessio Durastante). Gli stessi possono rappresentare un
ampio e specifico sistema di monitoraggio da inquinamento in quanto specie di
notevole presenza e abbondanza nel territorio italiano.
Inoltre mammiferi e uccelli, come peraltro gli invertebrati, vivono in svariate
tipologie ambientali (ubiquità), il che ne consente l’utilizzo come bioindicatori in
diverse circostanze.
Concludendo per numerosi e complessi motivi, gli uccelli ed i mammiferi risultano
essere ottimi indicatori indispensabili sia in studi di monitoraggio, sia in studi
finalizzati al ripristino ambientale. Va tuttavia precisato che i differenti gruppi
d’animali, così come le differenti specie, rispondono in modo diverso a disturbi simili
e che le risposte possono apparire diverse in funzione della scala alla quale si sta
indagando. Pertanto la scelta dell’indicatore diviene di fondamentale importanza e
deve essere sempre attuata in funzione del tipo di disturbo indagato e della scala alla
quale si deve effettuare il monitoraggio.
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