La malattia della modernità, la ragione calcolante

753 fogli di Padre Lodovico Acernese contenuti in tre volumi inediti
La malattia della modernità, la ragione calcolante
Padre Lodovico Acernese di Pietradefusi (1835-1916) compose alla fine del secolo XIX il
"Compendio di Filosofia Tomistica" in tre volumi di 753 fogli inediti.
Questi sapeva leggere i segni dei tempi. La malattia della modernità consisteva nel modo di
intendere la ragione: una facoltà tutta calcolante capziosa, che si estrinsecava in forme
apparentemente logiche, ma sostanzialmente fallaci fondate su una ingegnosa e cavillosa
coerenza epidermica. Secondo il nostro irpino «il filosofismo appesta e ammorba l'atmosfera
ideale, morale, sociale, religiosa, civile e politica corrompe ed uccide ogni gente, ogni classe, ogni
istituzione... L'impudente filosofismo ha sconvolto [così] la mente e il cuore dell'individuo
paganizzandolo».
Con questa concezione si riportava l'essere umano ai costumi dei pagani: costume caratterizzato
dal «religioso indifferentismo, il quale ha appestato ed appesta ed uccide l'umanità per ogni dove».
Il frate di Pietradefusi coglie in questo modo aspetti inquietanti della nostra epoca: aspetti che
purtroppo sono in continua espansione e non risparmiano alcuna classe sociale. Il vivere si
restringe nel "qui e adesso" nel non aver tempo per porsi la domanda essenziale sul senso. La
modernità vive nella sua forma radicale il disinteresse e la disaffezione nei confronti di Dio. La
conseguenza è in una moralità «posta sull'indifferentismo religioso. La professione di fede di un
indiferentista è di bestemmiare pensatamente, rispettare per ironia, infingersi con destrezza sono
le sue arti e i suoi consigli».
Un altro culto colora l'epoca moderna: la superficialità, quell'affidarsi all'apparenza, quell'esser
privo di profondità ed interiorità con superbe pretese di saperi tutti incentrati su assoluti terrestri,
tra l'altro senza alcuna competenza: «per giudicare un pezzo di musica rinomatissima non basta
siccome d'ordinario accade, sentire senza saper nulla... ma si richiede indispensabilmente che si
sia maestri in contrappunto». Il neopagano ha assimilato il panteismo: quel far coincidere il divino
con l'universo naturale e con il divenire storico; tale coincidenza comporta la perdita della nozione
di persona riferita sia a Dio che alle creature. Si compromette così radicalmente la creazione, la
Rivelazione, che risultano dimenticate in tutte le filosofie panteistiche. Spinoza ha grandi
responsabilità per aver elaborato un monismo panteistico, cancellando trascendenza finalismo.
Questo filosofo di origine ebraica ci ha presentato un Dio senza volto: una non persona verso la
quale è rivolto un'amore intellettuale che può nutrire solo il "saggio". Così scompare quella
dimensione di ritorno a Dio che è la carità cristiana sostituita da una aristocrazia di pochi che
godono di quella perfetta fase conoscitiva. Queste idee insieme alla lettura della Bibbia da
interpretare come un testo qualsiasi penetrano, secondo il fondatore delle suore francescane
immacolatine, nei sistemi filosofici moderni. Padre Lodovico Acernese conduce per questi motivi
una battaglia contro il panteismo che considera «assurdo perché confonde Dio con l'universo».
Anche Cartesio partendo dall'Io e non da Dio e "ha dato ansa ai foggiatori del Panteismo di
farneticare a tutta carica di capriccio e di delirio". Ma uno dei bersagli preferiti del filosofo irpino è
Giordano Bruno, che così viene definito: «l'immondo Bruno da Noia e delle sue oscenità inaudite
delle quali fece soggetto di stampa, mentre non era degno neanco di un metro cubo di letame». Il
filosofo irpino successivamente ritorna su questa "malattia del pensiero": «come sono le teorie
così saranno le conseguenze: ora Panteismo è la somma delle teorie del vieto Ontologismo, la
conseguenza è la religione di Giordano Bruno. E di fatti ci sanguina il cuore al vedere giovani
imberbi divenuti Brunisti in tutto il rigore della parola». Fra i pensatori del negativo non mancano
gli empiristi. È Locke che «dichiara il concetto di sostanza una finzione mentale ... Locke rasenta il
manicomio diciamo ciò per fargliela buona». Per il frate cappuccino tali concezioni dunque non
sono accettabili perché sono un forte attacco ai pilastri della metafisica dell'occidente. Questa
demolizione trova in David Hume un altro filosofo impegnato che nega l'esistenza della sostanza e
riduce il principio di causalità a mero fatto soggettivo, a risultato di abitudine. In questo percorso
dèl pensiero dell'occidente Kant che effettua un ulteriore ridimensionamento delta metafisica
dichiarandola non scienza nella Critica della ragion pura, per poi recuperarla nella Critica della
ragion pratica come esigenza, come postulato come finalità nella Critica del Giudizio.
Questo filosofo ha chiuso la religione nei limiti della ragione subordinando la religione alla
morale. Padre Lodovico Acernese a questo punto sottolinea l'originalità e il valore di GianBattista
Vico: filosofo "solitario nella sua grandezza, ma non chiuso nel suo pensiero né isolato nella sua
cultura attraversa gli ardui e aspri sentieri della ricerca" conquistando il sapere metafisico e
facendo di esso «vivissima dipintura».
La metafisica per il filosofo napoletano somiglia a una donna che ha «alate le tempia ed impetto un
gioiello convesso, sta a cavalier del globo, lo sovrasta estatica contemplazione di un luminoso
triangolo nel cui centro interno hawi un occhio veggente onde parte un raggio di luce, il quale
alluma Il gioiello ed all'esterno si spande dopo di essersi rifratto. Le tempia alate sono simboli dei
voli dell'ingegno metafisico, la parole a cavaliere del globo, sovrastà cioè al globo ed è la
spiegazione secondo il nome e la cosa... dal triangplo luminoso è simboleggiato Dio, cui raffigura
la sua Provvidenza, mediante la quale la Metafisica Lo contempla... il raggio della divina
Providenza che alluma un gioiello convesso di che adorna il petto, la, metafisica dinota il cuor
terso e puro, che qui la Metafisica deve avere non lordo, né sporcato dalla superbia di spirito e da
viltà di corporali piaceri...».
Fausto Baldassarre