Il Rinascimento viene inteso come ritorno al principio, ovvero un

UMANESIMO E
RINASCIMENTO
Edoardo Incani, 4 A Liceo Tecnologico
IL RINASCIMENTO CONSISTE IN UN “RITORNO AL
PRINCIPIO”
Questo periodo storico e filosofico che inizia nel '400 per proseguire nel '500, si apre
con il tramontare definitivo delle istituzioni universalistiche del Papato e dell'Impero.
Culturalmente, la Chiesa perde il predominio che aveva mantenuto per buona parte del
Medioevo e il peso della religione sulla vita dell’uomo viene rivalutato.
Il Rinascimento viene inteso come ritorno al principio, ovvero un ritorno ai classici.
Nel neoplatonismo antico, il ritorno al principio era un concetto riguardante
esclusivamente la religione; il principio è Dio e il ritorno a Dio è il compimento del
destino dell’uomo.
Ma nel Rinascimento il ritorno al principio assume anche un significato umano e
storico, secondo il quale il “principio” su cui si deve ritornare è una specifica
situazione del passato. E’ questo il senso in cui lo intesero gli umanisti, o come lo
intese successivamente Machiavelli (“ritorno alla natura antica”).
L’arte del Rinascimento, per esempio, ha come insegna il ritorno alla natura, così
come per quanto riguarda la filosofia dei naturalisti del Cinquecento.
LA VISIONE RINASCIMENTALE DELL’UOMO
Il nucleo dell'antropologia rinascimentale risiede nell'affermazione:
"homo faber ipsius fortunae", seconda la quale la prerogativa specifica
dell'uomo risiede nel forgiare se medesimo e il proprio destino nel mondo.
Ma tutto sommato, i rinascimentali, pur concependo l'uomo come il forgiatore
di sé stesso tramite la virtù, appaiono consapevoli del fatto che gli individui
sono condizionati da una serie di forze reali, casuali e soprannaturali.
Per i rinascimentali, l'uomo non è un ospite di passaggio, ma un essere
profondamente radicato sulla terra, destinato in primo luogo a giocarsi la
propria sorte nel mondo.
Nell’orazione De hominis dignitate, che può essere considerata una sorta di
manifesto dell’antropologia rinascimentale, Pico della Mirandola presenta
l’uomo come “libero e sovrano artefice di se stesso”.
RAPPORTO TRA UOMO E DIO
Se nelle filosofie moderne la concezione dell’uomo come soggetto del proprio
destino mondano assumerà un significato spesso antireligioso, nel
Rinascimento essa coesiste con una concezione religiosa: Dio viene
considerato come il creatore, l’uomo come il plasmatore.
Ciò traspare, per esempio, dal De hominis dignitate di Pico della Mirandola,
ma soprattutto dal De dignitate et excellentia hominis (“Sulla dignità ed
eccellenza dell’uomo”) di Giannozzo Manetti:
“Dopo che Dio ebbe creato gli uomini, li benedisse e li fece padroni di tutte le
cose create e sovrani e signori assoluti di tutta la terra”.
Tuttavia vi è una evidente contrapposizione tra il Medioevo e il Rinascimento:
se nell’età di mezzo Dio appare al centro e l’uomo alla periferia, ora la
situazione cambia totalmente.
IL NATURALISMO RINASCIMENTALE
Per “naturalismo” si intende un carattere specifico del pensiero rinascimentale
nei confronti di quello medievale.
L’uomo, infatti, non è un ospite provvisorio della natura, ma è un essere
naturale lui stesso, che ha nella natura la sua patria.
Secondo Giordano Bruno, “La natura non è l’ombra sbiadita di un mondo
ideale, ma una realtà piena, costituita da un immenso serbatoio di forze vitali,
di cui l’uomo è partecipe e in cui si incarna la potenza di Dio, che in essa
trova la sua manifestazione”.
Il naturalismo, dunque, rappresenterà uno dei presupposti generali su cui si
baserà la scienza moderna.
LAICIZZAZIONE DEL SAPERE
Il Rinascimento, dopo aver portato a termine la rottura dell’unità politica del
Medioevo, ne spezza anche l’unità culturale, rifiutando l’enciclopedia del
sapere di tipo teologico.
Si ha infatti una tendenziale laicizzazione del sapere, in virtù della quale le
varie attività e discipline umane cominciano a rivendicare ognuna la propria
libertà. Per esempio, Machiavelli difenderà l’autonomia della politica nei
confronti della morale e della religione, mentre Galileo giudicherà la scienza
come un’attività autosufficiente.
Questo processo di laicizzazione affonda le sue radici nella mentalità di
intellettuali che non essendo ecclesiastici sono maggiormente portati a
riconoscere l’autonomia delle varie attività umane, ossia ad avvertire
l’esigenza che esse si svolgano secondo regole proprie, indipendentemente da
regole imposte dall’esterno.
Niccolò Machiavelli
Difende la politica
dalle influenze della
morale e della
religione
Galileo Galilei
giudica la scienza
come un’attività
autosufficiente
RINASCIMENTO E CIVILTA’ MODERNA
Per molto tempo il Rinascimento è stato considerato come il periodo storico
che ha visto l’inizio dell’età moderna e il definitivo seppellimento dell’età di
mezzo.
Questa idea è stata rifiutata dai teorici della “continuità”, secondo i quali il
Rinascimento è apparso come figlio della civiltà cristiana medioevale.
Gli studiosi odierni, comunque, hanno preso le distanze da entrambe le teorie:
essi tendono a considerare il Rinascimento come un’età di transizione tra il
Medioevo e il mondo moderno, un periodo di sintesi tra il vecchio e il nuovo.
Si deve dunque ritenere che il Rinascimento, pur affondando alcune sue
radici nel passato, nei suoi tratti più significativi appare proteso verso il
futuro.
LA NASCITA DEL PLATONISMO
Con l’Umanesimo si ha una vera e propria riscoperta di Platone, che prende
corpo dal cosiddetto “platonismo rinascimentale”. Ciò avvenne per diversi
fattori, per esempio lui veniva considerato il più artista tra i filosofi e la figura
più affascinante dell’antichità.
Ma Platone veniva soprattutto considerato come il filosofo più vicino allo
spirito religioso del Cristianesimo. Tuttavia bisogna considerare alcuni fattori
storici: per esempio, durante caduta di Costantinopoli in mano ai turchi, in
Italia arrivarono dall’oriente tantissimi conoscitori del greco; inoltre in questo
periodo si ebbe l’unione tra la chiesa greca e quella orientale.
Questo rinnovato interesso per Platone si concretizzò con le prime traduzioni
di Leonardo Bruni, e successivamente con la traduzione completa delle opere
da parte di Marsilio Ficino.
LA DISPUTA PLATONICI-ARISTOTELICI
Poiché nel Rinascimento, parallelamente alla riscoperta di Platone, si ha un
rinnovato interesse anche per Aristotele, è facile comprendere le ragioni che
hanno portato alla famosa disputa sulla superiorità dell’uno rispetto all’altro.
I Platonici ponevano in primo piano l’esigenza di una rinascita religiosa e
pertanto vedono nel ritorno al platonismo la condizione di questa rinascita.
Gli Aristotelici, invece, tendevano soprattutto alla rinascita della ricerca
razionale, e vedevano nel ritorno ad Aristotele la condizione della rinascita di
una libera ricerca naturalistica.
Un tentativo di conciliazione fu quello di Basilio Bessarione, autore dello
scritto Contro un calunniatore di Platone. Bessarione non voleva certo
condannare Aristotele per difendere Platone, ma di mostrare, per quanto
possibile, il loro accordo di fondo.
CUSANO
Un grande difensore del platonismo fu senza dubbio Niccolò da Cusa, il
maggiore dei platonici del Rinascimento. Secondo lui l’uomo può avvicinarsi
infinitamente alla verità e a Dio, ma non potrà mai raggiungerli. Su questa
teoria si basa l’esistenza di una “dotta ignoranza”, fondata su buoni motivi.
Se da un lato Cusano aveva una visione mistica di Dio, concepito come unità
e conciliazione di tutte le forze motrici della realtà, esso aveva anche una
nuova concezione del mondo fisico, che preludeva a quella di Keplero,
Copernico e Galilei.
Cusano nega che il mondo abbia un centro e una circonferenza, come aveva
supposto invece Aristotele, ma il mondo ha centro dappertutto e la
circonferenza in nessun luogo. Il mondo, pur essendo privo di confini e limiti,
non possiede l’infinità propria di Dio.
I movimenti che si verificano sulla Terra, come in ogni altra parte del mondo,
hanno lo scopo di salvaguardare l’ordine e l’unità del tutto.