2. Gli strumenti dello scrittore Molte parole che designano il materiale scrittorio sono legate al mondo della natura: folium, il foglio, possiede l’originario significato di foglia, perché nell’antichità erano usate proprio le foglie, come supporto su cui scrivere. Liber, il libro, era materialmente la membrana sottile posta sotto la corteccia dell’albero, utilizzata in tempi successivi con le medesime finalità del folium. Papyrus era la carta ricavata dalla pianta omonima: dal suo fusto, tagliato in strisce sottili, macerate in acqua e incollate tra loro, si preparavano i fogli che, arrotolati, costituivano il volumen, largo circa 35 centimetri e di lunghezza variabile, sino a 80 metri! All’estremità era fissato un sottile cilindro di legno, umbilicus, utilizzato per avvolgere il rotolo, le cui basi erano levigate con la pomice e colorate. All’esterno, il volumen recava il titulus ed era custodito nella paenula; capsa e scrinium servivano per riporre le raccolte di volumina. La pergamena, così chiamata perché inventata a Pergamo, era invece prodotta dalla pelle conciata della pecora. Il calamus, il fusto della canna appuntito e tagliato obliquamente ad una estremità, oppure la penna, appunto una penna di un volatile, servivano come strumenti da intingere nell’atramentum, un inchiostro nero preparato con gomma e nerofumo, oppure nel rosso minium. I contenitori per l’inchiostro erano detti atramentaria mentre le penne erano conservate nel calamarium. Esistevano anche gli inchiostri “invisibili”, per le corrispondenze segrete. A tale proposito, Ovidio spiega che le lettere tracciate con il latte fresco diventano visibili, allorché si sparge sul foglio la polvere di carbone: “Tuta quoque est fallitque oculos e lacte recenti / Littera carbonis pulvere tange: lege” (Ars amatoria, III, 627-628). 1 Considerati gli alti costi del materiale scrittorio, i vari fogli potevano essere riutilizzati, cancellando le scritte con l’acqua oppure raschiando gli inchiostri con lo sculprum. Tabulae o cerae costituivano un supporto scrittorio formato da tavolette di cera, sulle quali venivano tracciati i segni mediante lo stilus, le cui terminazioni erano dotate rispettivamente di punta aguzza per incidere i caratteri e di spatola, per cancellarli. L’impiego delle tabulae era limitato a tutti i testi, per così dire d’immediato consumo: compiti scolastici, note, calcoli della contabilità corrente. Raggruppate insieme, le tabulae costituivano veri e propri taccuini, denominati codices. 2