GIOVANNI REALE UMBERTO VERONESI RESPONSABILITÀ DELLA VITA Un confronto fra un credente e un non credente BOMPIANI © 2013 Bompiani / RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli, 8 – 20132 Milano ISBN 978-88-452-7346-9 Prima edizione Bompiani maggio 2013 Chissà se il vivere non sia morire e il morire non sia vivere? Platone Chi vive non può accettare la morte, tuttavia deve affrontarla. Noi siamo viandanti sul confine tra l’aldiquà e l’aldilà. Ci si deve attendere che una simile esperienza di frontiera, oltre la quale soltanto i messaggi religiosi concedono la possibilità di un superamento e di uno sguardo ulteriore, lasci poco spazio al pensiero filosofico, alle sue domande, ai suoi principi razionali e al suo procedere concettuale. Hans-Georg Gadamer PrefazioNe Questo libro è nato da un particolare interesse che da sempre ha suscitato in me la persona di Umberto Veronesi, non solo come scienziato e organizzatore che ha realizzato l’ieo (istituto europeo di oncologia) – ben noto in italia e in tutto il mondo –, ma anche come emblematica figura spirituale di medico, quale si rivela nei suoi libri e nei vari articoli che pubblica su riviste e quotidiani. Di persona l’ho conosciuto solo di recente, quando mi ha chiamato a far parte di un gruppo di persone (Mario Monti, Giuseppe De rita, roberto Schmid, Chiara Tonelli) che dovevano aiutarlo nella formulazione e nello sviluppo di una sua idea, che avrebbe dovuto essere uno degli assi portanti spirituali dell’expo 2015 di Milano, la quale si riassume nella formula “sfamare gli affamati” (di cui parliamo nell’Appendice). in questa occasione gli ho presentato la proposta di un dialogo su alcuni problemi particolarmente 7 importanti per l’uomo di oggi, dei quali io stesso ho avuto occasione di parlare in libri, articoli e interviste (e le cui idee qui riprendo), nella convinzione che da una serrata discussione su tali problemi con uno scienziato della statura di Veronesi, sarebbero derivate certamente fruttuose conclusioni. Da queste pagine, infatti, emerge con chiarezza la figura dello scienziato nel suo spessore morale e spirituale. Già Platone aveva formulato tre importanti concetti. in primo luogo, non si possono curare i mali del corpo dell’uomo, se non si curano anche i mali della sua anima. in secondo luogo, il vero medico può curare i mali del corpo solo se li comprende a fondo e in qualche modo li prova lui stesso. in terzo luogo, il medico non cura con il suo corpo, ma con la sua anima “la quale”, precisa Platone, “non può curare con successo qualcosa, se è essa stessa cattiva o lo è diventata”. Questo significa, in altri termini, che è essenziale la formazione spirituale del medico, oltre quella scientifica e tecnica. Hans-Georg Gadamer, durante discussioni in occasione di due interviste che gli ho fatte, si lamentava (riferendosi a quanto detto nel suo libro Dove si nasconde la salute, raffaello Cortina, Milano 8 1994) che in alcune cliniche tedesche, quando uno vi entrava perdeva la sua identità personale e diventava un paziente indicato solo con un numero. Certi medici, infatti, sono convinti che il malato, in quanto portatore di una malattia, si possa curare assai meglio mettendo in parentesi il soggetto umano, per poterlo trattare come paziente in modo oggettivo e scientificamente perfetto. Ma così non si cura un uomo che soffre, ma solo la sua malattia, considerata come qualcosa di separato da colui che ne è affetto, ossia dal paziente, che, trattato in questo modo, perde la sua qualità di essere umano. ebbene, Veronesi sostiene, a buona ragione, la tesi esattamente opposta. La moderna medicina deve recuperare il fattore umano come avveniva nella medicina antica, e deve tenere in debito conto le sofferenze psicologiche prodotte dai mali fisici. ecco le sue parole: “Ci sono malattie che provocano un dolore terribile, ma è un male che si può dominare e annullare con le medicine. Solo il dialogo risolve invece le sofferenze. Bisogna aver voglia di parlare e bisogna saper parlare. il messaggio che io cerco di infondere nei miei collaboratori è di esplorare chi ci sta dolorosamente di fronte, prima di mettere in atto qualsiasi terapia.” il paziente, di conseguenza, non può e non deve essere ridotto a un semplice “caso clinico”. 9 La grande idea che costituisce un asse portante del pensiero di Veronesi è che l’attività del medico deve essere considerata una vera e propria “missione”. ecco le sue parole: “esiste dunque un fil rouge nella storia della figura del medico, che conduce a una missione, più che a una professione, in cui l’attenzione e l’amore per l’uomo e per l’umanità sono elementi imprescindibili. Dico sempre ai giovani che sono incerti se intraprendere gli studi di medicina che devono prima di tutto guardare dentro se stessi e capire se hanno una propensione alla solidarietà, un forte istinto di protezione dei più deboli e un certo spirito di sacrificio.” Di conseguenza, fondamentale per la cura del malato è il dialogo fra medico e paziente e la fiducia che ne nasce. Veronesi esprime, inoltre, una grande verità, che a molti sfugge o che comunque viene nascosta e non detta, ossia che la medicina oggi può curare molto, ma in non pochi casi non può guarire in proporzione alle imponenti terapie messe in atto. Proprio per questo, non ha senso curare con accanimenti terapeutici ad oltranza, e quindi applicare in maniera forzata cure che si sa in anticipo che non guariscono i malati terminali, come per esempio imporre contro la volontà del paziente l’alimentazione artificiale, o l’uso di strumenti invasivi che ne ledono la dignità. il malato va certamente 10 assistito fino alla fine, ma con cure che leniscano i dolori, e quindi lo aiutino a giungere a quel termine della vita stabilito dalla natura per ognuno in modo irreversibile. e così giungiamo alla questione che oggi si impone in primo piano: nessuno può decidere sulla vita di un uomo, e meno che mai può decidere lo Stato, per legge. L’autodecisione, per quanto riguarda la vita, è irrinunciabile. Togliere all’uomo l’autodecisione significa negargli la libertà, ossia il bene più grande che Dio gli ha dato, con le conseguenze che questo comporta. Qualcuno può pensare: reale è un credente, mentre Veronesi è un non credente; come possono andare in qualche modo d’accordo su problemi così fondamentali come quelli che trattano? La risposta è semplice: Veronesi cerca la Verità, e Dio stesso ha detto espressamente: “io sono la Verità.” e chi cerca la Verità in qualche modo è vicino a Dio, e le idee che sopra ho richiamato contengono, a mio avviso, riflessi di verità. Soprattutto su un punto mi sento lontano da Veronesi: sull’eutanasia, problema su cui ha scritto due libri, oltre a quello che qui dice, peraltro con molta finezza e sensibilità. Le cure palliative per il malato terminale, a mio avviso, sono le sole che ri- 11 spettano a fondo la dignità dell’uomo, e gli permettono di aspettare la morte con serenità. Le differenze di opinione su altri problemi particolari rientrano nella dinamica dialettica, che le discussioni di questioni delicate e complesse come quelle che riguardano la vita, la morte, la malattia, la scienza e la tecnica necessariamente comportano; ma la conoscenza critica trae proprio da tale dinamica arricchimenti e non pochi vantaggi. giovanni reale 12