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Arrivano i mostri: la criptozoologia
Cosa è la criptozoologia?
Lo zoologo belga Bernard Heuvelmans (1916-2001) nella metà degli anni '50 coniò il termine “criptozoologia”, dal
greco kryptos (nascosto), zoon (animale) e logos (discorso) e cioè "scienza degli animali nascosti”.
La paleontologia studia e descrive gli organismi del passato, la criptozoologia cerca di fare lo stesso ma con gli animali
attualmente viventi che sono ancora sconosciuti.
Molto spesso le ricostruzioni criptozoologiche non sono più fantasiose di quelle paleontologiche e, partendo dal
presupposto che gli animali terrestri e acquatici non sono ancora stati tutti scoperti, lo scopo della criptozoologia è quello
di sciogliere i miti che stanno alla base di queste creature e aggiungere nuove specie conosciute. Si suppone infatti che
queste specie “nascoste” , chiamate “cripti”, siano ben conosciute dalle popolazioni locali ma non dal mondo scientifico,
quindi la criptozoologia è una “scienza indiziaria” cioè che parte almeno da un indizio. Di conseguenza se viene scoperta
una nuova specie di cui non si sospettava minimamente l’esistenza, vuoi perché specie di dimensioni minuscole o che
abitano zone inaccessibili, non si può parlare di criptozoologia.
Scienza o pseudoscienza?
Questa disciplina non gode di una buona reputazione nel campo scientifico e a volte viene considerata come una
“pseudoscienza”, categoria alla quale appartengono discipline che usano metodi non tradizionali per spiegare eventi e
fenomeni naturali, ma apparentemente insoliti e inspiegabili. La pseudoscienza utilizza per fare questo metodi non
scientifici e per questo viene aggiunto il prefisso “pseudo”, cioè “finto”, perché non ha nulla a che vedere con la scienza.
Tra le pseudoscienze si trovano l’astrologia, la grafologia e alcune pratiche alternative. Purtroppo nel corso degli anni la
criptozoologia ha suscitato l’interesse di esperti proclamatisi che spesso hanno associato questa disciplina ad argomenti
strani ed esoterici, arrivando acollegare gli animali nascosti agli UFO, ai fantasmi , a miti e leggende. Gli elementi
fondamentali che però distinguono la criptozoologia dalle pseudoscienze sono vari e si basano su elementi incontestabili
come:


Non sono ancora stati scoperti tutti gli animali esistenti sul nostro Pianeta.
Ancora oggi si scoprono nuove specie animali di grandi dimensioni sino a quel momento sconosciute alla
scienza.


Questi animali sono una scoperta per gli zoologi ma non per le popolazioni locali dove sono stati trovati.
La scoperta di questi animali nascosti avviene dopo anni e perfino secoli dal momento in cui arrivano le prime
informazioni su di loro.

La criptozoologia si fonda su tesi verificabili utilizzando fonti bibliografiche, metodi di investigazione, analisi
biologiche, ecc.

La criptozoologia si basa su altre discipline come la zoologia, la paleontologia, l’anatomia, l’etologia, la
tassonomia, ecc.

Questa disciplina si poggia sul principio dell’economia delle ipotesi, cioè non contraddice le leggi della fisica al
contrario ad esempio della psicocinesi e della levitazione.
Come nella scena di un crimine
Alla base di un’ adeguata analisi zoologica per scoprire una specie animale presunta ma sconosciuta, ci sono tre tipi di
prove o evidenze, esattamente come in una scena di un crimine.
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
Prove autoptiche: sono le prove visibili a tutti, come ad esempio il cadavere di un animale sconosciuto o una
sua foto o un filmato, esattamente come il video di un criminale nell’atto del reato per quanto riguarda il vero e
proprio crimine. Questo tipo di prova è il più raro, la maggior parte delle inchieste giudiziarie si basa proprio
sulla plausibilità più che sulla certezza. Anche nella criptozoologia ci sono casi in cui, specialmente in campo
cetologico e ornitologico, l’unica documentazione si basa su avvistamenti di ricercatori autorevoli.

Prove circostanziali: sono prove molto più comuni rispetto a quelle autoptiche. Si tratta di “indizi concomitanti”.
Esempi di questo tipo di prove sono le tracce lasciate sul terreno, predazioni, tracce di peli,squame o piume. Si
pensi che nel 1913 in Africa lo zoologo Herbert Lang comprò un souvenir costituito da piume. Da una di queste
piume lo zoologo risalì all’esistenza di una specie sconosciuta di pavone, scoperta ufficialmente 23 anni dopo e
descritta con il nome di Afropavo congenesis. In altri casi si sono scoperte nuove specie di lemuri in
Madagascar partendo dalle registrazione di richiami insoliti. Nel caso di una vera inchiesta giudiziaria si tratta
ad esempio della scoperta di un cadavere, dell’arma del delitto o di frammenti di pelle sotto le unghie della
vittima in caso di omicidio.

Prove testimoniali: sono sicuramente le più frequenti ma anche le più imprecise e criticate, perché gli studi di
Psicologia Sperimentale hanno dimostrato quanto sia inaffidabile la memoria umana e il sistema cognitivo nel
momento in cui si immagazzinano dati. Esattamente come quello che succede per la testimonianza di un reato,
anche per l’avvistamento di un animale sconosciuto è assolutamente fondamentale un’analisi rigorosissima.
In un primo momento quindi l’indagine criptozoologica valuta l’esistenza di un animale sconosciuto come plausibile o no
senza una rigorosa dimostrazione scientifica, mentre in una seconda fase, che può arrivare anche anni dopo, si deve
arrivare a prove concrete che ne dimostrino l’esistenza, al contrario di un’inchiesta legale, la sola plausibilità non è
sufficiente.
Smascheriamo il mostro di Loch Ness
70 anni di studi naturalistici hanno dimostrato senza ombra di dubbio che il “mostro di Loch Ness”, creatura immaginaria
scozzese ricercata per anni dalla criptozoologia, non è altro che una leggenda evoluta nel tempo per diversi motivi. Non
si può dare una sola soluzione per spiegare i numerosi avvistamenti, fotografie, filmati e rilevamenti sonar che hanno
dato vita alla leggenda di Nessie, nomignolo con il quale è conosciuto il tutto il mondo il famosissimo mostro. Qui di
seguito cercheremo di dare alcune spiegazioni.
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Una veduta di Loch Ness
Caratteristiche del lago
Loch Nessè un lago di origine glaciale risalente a circa 10.000 anni fa a 16 metri sul livello del mare ed è lungo 36,6 km
e largo 2 km e con una profondità massima di 227 m.
I suoi 7.452 milioni di metri cubi rappresentano il più grande volume di acqua dolce di tutta la Gran Bretagna. La
vegetazione intorno al lago e quella acquatica è molto scarsa e assolutamente insufficiente per sfamare un’ipotetica
popolazione di grandi erbivori. Nei primi metri di profondità si trovano pesci come ciprinidi, spinarelli, lamprede e trote e
in quelle più profonde anguille e salmerini ma anche una moltitudine di microscopici organismi soprattutto filtratori.
Escludendo alghe e zooplancton, gli scienziati hanno stabilito che le circa 20 tonnellate di biomassa del lago, potrebbero
sostentare a livello teorico a malapena una popolazione di 2 tonnellate di super predatori, ad esempio 20 animali da 100
kg. Per poter avere un’idea di quello di cui stiamo parlando, si pensi che la stenella striata, il comune delfino visibile nel
Mediterraneo, arriva a pesare 160 kg per 2 m di lunghezza, mentre una verdesca di 3 m, squalo che abita le acque delle
nostre coste, arriva a pesare anche 200 kg.
Alle radici di una leggenda
Il mito del mostro di Loch Ness sembra nasca nel 1933 quando due coniugi stavano percorrendo la strada che costeggia
il lago recentemente ampliata, videro uno strano spettacolo: unenorme animale simile ad una balena dimenarsi e tuffarsi
provocando spruzzi di acqua. Venne scritto un articolo a proposito e la leggenda ebbe inizio.
Come si spiegano tanti avvistamenti?
Dal database del “The Official Loch Ness Exhibition Centre” si evince che il numero di testimoni oculari che dicono di
avere visto un’insolita presenza nel lago raggiunga le 10.000 unità.
Sono tante le spiegazioni che si possono dare a riguardo, partendo da numerosi fenomeni naturali che possono essere
scambiati per Nessie.
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Miraggi
Le acque del lago, ad esempio, sono soggette a particolari fenomeni ottici. Infatti il volume di acqua del lago reagisce
molto lentamente alle variazioni di temperatura stagionali e quindi la superficie dell’acqua è spesso più fredda dell’aria
circostante, questo raffredda gli strati d’aria più vicini all’acqua creando delle specie di prismi che fanno apparire un
oggetto molto più grande della realtà. Questa sorta di miraggi avviene ovviamente anche per gli animali che frequentano
la zona come svassi e cormorani, che quindi appaiono come grandi animali dal collo lungo simili ai plesiosauri estinti.
Onde anomale
Le onde sono tra le cause principali degli avvistamenti del presunto mostro, soprattutto quando si tratta della descrizione
di animali sinuosi con numerose gobbe. Infatti, in condizioni di calma delle acque del lago, le scie lasciate dalle
imbarcazioni rimangono visibili per molto tempo anche quando la barca che le ha provocate non è più distinguibile a
occhio nudo. Queste scie percorrono lunghissime distanze ed è proprio durante queste condizioni climatiche che si è
avuta la maggior parte degli avvistamenti di Nessie.
Oggetti inanimati
Tronchi galleggianti, rocce e imbarcazioni possono essere scambiati per mostri, come nel famoso filmato di Tim
Dinsdale, dove in realtà si trattava di una piccola barca da pesca.
Le acque del lago di Ness sono soggette a particolari fenomeni ottici
Gli animali del lago
Il 20 agosto 1952 Greta Finlay e suo figlio Harry furono attratti da un tonfo nell’acqua e vicino alla riva del fiume videro un
“mostro” con un collo e una testa molto strani con due protuberanze che terminavano con un bulbo arrotondato e la pelle
nera lucida. Harry fece uno schizzo dell’animale che aveva visto e in seguito lo zoologo Maurice Burton, dopo un’attenta
analisi, disegnò a sua volta un altro schizzo basandosi sulla foto di un cervo giovane che nuotava nel lago. Il risultato fu
davvero simile. Molte volte, infatti, i cervi sono stati visti nuotare nel lago e sono stati anche fotografati. Bisogna ricordare
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che in agosto i palchi dei cervi (che ogni anno cadono in primavera) sono ancora in crescita e assomigliano a due
piccole antenne con un bulbo in cima. In più il pelo bagnato dei cervi diventa nero e liscio sembrando quasi la pelle
glabra di un serpente o un pesce. Sono stati molto numerosi gli avvistamenti di esseri dotati di due antenne nei pressi
del lago e guarda caso quasi tutti in agosto! Tra gli altri animali che si possono vedere nei pressi del Loch Ness ci sono
anche le foche grigie che corrispondono proprio ad altri avvistamenti di mostri che si muovono come bruchi e con un
corpo massiccio sorretto da due corte zampe. Un altro animale della zona è la lontra anche se visibile raramente per le
sue abitudini notturne. Un solo esemplare non potrebbe mai essere scambiato per un mostro, ma un gruppo di lontre che
fa evoluzioni in acqua può sembrare qualcosa di simile ad un mostro acquatico con le gobbe, soprattutto se le lontre
nuotano in fila indiana compiendo balzi fuori dall’acqua.
Fotografie del mostro
Sono circa una quarantina le foto che ritraggono presumibilmente Nessi e in seguito ad una attenta analisi e lunghi studi,
si può affermare che nessuna foto ritrae il mostro di Loch Ness.
Studi con il sonar
Un sonar non è in grado di fornirci le dimensioni esatte e la forma di un oggetto. La forza del segnale del sonar è un
rapporto tra la densità dell’oggetto e l’acqua, la dimensione dell’oggetto e la sua forma. La carne di un pesce differisce di
poco in densità con l’acqua, infatti la forza del segnale proviene dal gas contenuto nella vescica natatoria e crea segnali
deboli, mentre i mammiferi marini provocano segnali molto più forti. Il sonar è stato utilizzato molte volte per trovare
Nessie, ma non si sono mai avuti risultati convincenti. Nel 1986 con l’”Operation Deep Scan” si scandagliarono le acque
del lago con una flotta di 20 battelli che navigarono fianco a fianco il linea retta per non perdere alcun segnale. La
maggior parte dei contatti risultarono falsi allarmi provocati da oggetti inanimati sul fondo ma tre casi rilevati a 78, 172 e
174 metri di profondità risultano ancora oggi inspiegati.
Identikit di un mostro
Dalle varie testimonianze raccolte è stato tracciato un identikit del mostro: un animale nero o marrone lungo dai 6 ai 10
metri con un lungo collo e testa piccola, due o tre gobbe sul dorso, quattro arti a forma di pinne e una coda, avvistato sia
in acqua sia sulla terraferma. Questa creatura molto simile ad un plesiosauro, non potrebbe però essere sopravvissuta
al passare dei millenni in un luogo visitato da migliaia di turisti ogni anno senza lasciare una minima traccia della sua
esistenza (ad esempio non sono mai stati trovati fossili riconducibili a Nessie).
Qualche criptozoologo ha ipotizzato che si potesse trattare di una grande otaria con gobbe adipose e lungo collo
flessibile, ma di contro un animale con queste caratteristiche si sarebbe già scoperto da tempo!
Un’altra ipotesi su quale animale possa essere Nessie è quella di un grosso pesce come ad esempio un’enorme
anguilla. Le anguille sono presenti nel lago, ma la lunghezza massima raggiunta dall’anguilla europea è di circa 180 cm,
dimensioni che non possono certamente ricondurre ad un presunto mostro. Presupponendo anche che esista nel lago
una popolazione di anguille di grandi dimensioni o un qualsiasi altro grosso pesce, non potrebbero di sicuro essere
sfuggiti a centinaia di anni di pesca sportiva o a 70 anni di campionamenti scientifici. Più probabile allora affermare che
possano esserci rari individui di anguilla che talvolta raggiungono dimensioni inaspettate, tali che il loro avvistamento
possa ricordare Nessie a persone particolarmente suggestionabili.
Alla luce di antiche testimonianze che parlavano di “uno strano pesce”, forse si potrebbe pensare che si possa essere
trattato di uno storione comune. Lo storione è un grosso pesce che può raggiungere i 3 metri ed è una specie anadroma,
cioè capace di vivere sia in acque dolci sia in quelle salate, che risale i fiumi per riprodursi. Sebbene gli storioni non si
riproducano in Gran Bretagna, sono stati avvistati e catturati alcuni esemplari in Galles e presso Inverness. Questi pesci
sono molto longevi e arrivano a vivere mediamente fino ai 100 anni e questa potrebbe essere una spiegazione
accettabile sul fatto che la leggenda si mantenga da tantissimi anni e contemporaneamente il loro numero ridottissimo
avrebbe potuto eludere ogni tentativo di cattura.
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Una ricostruzione del mostro di Loch Ness
Mostro o leggenda?
Un ultimo punto da affrontare per sapere se Nessie esiste davvero, è un esperimento condotto alla fine degli anni 70 da
Adrian Shine, che ancora oggi guida il “Loch Ness&Morar Project”. Il biologo marino ideò un esperimento per mettere
alla prova la capacità di percezione dei volontari che arrivavano a Loch Morar per scovare Morag, il “cugino” di Nessie.
Calò nel lago ad una certa distanza dalla riva un palo di legno dritto e lungo, unito ad una puleggia e ad una corda. Il
palo rimaneva completamente immerso, ma se si allentava la corda spuntava dall’acqua, sembrando un animale in
emersione. I visitatori che arrivavano per la prima volta venivano lasciati da soli per un po’ e in quel lasso di tempo il palo
di legno veniva fatto sbucare dall’acqua. Invitati in seguito a tracciare uno schizzo del presunto animale avvistato, un
numero incredibile di testimoni disegnava una piccola testa con un lungo collo, nonostante il palo non avesse alcuna
sporgenza. I testimoni conoscevano il presunto aspetto di Morag e riproducevano quello che si aspettavano di vedere e
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non quello che era davvero apparso.
Se nonostante tutto credete ancora nell’esistenza del mostro di Loch Ness…
Sappiate che da poco potete navigare da casa vostra nelle cupe acque di Loch Ness grazie a Street View, il servizio di
Google Maps per esplorare i luoghi a 360 gradi, con foto panoramiche del luogo ed è possibile addirittura di immergersi
nel lago perché speciali apparecchiature hanno permesso di scattare immagini in profondità nonostante l'oscurità delle
acque.
Il vampiro di Porto Rico: la leggenda del Chupacabra
Non c’è bisogno di essere appassionati di Mistero o Voyager per aver sentito parlare del chupacabra.
Il chupacabra o chupacabras è un animale leggendario che dovrebbe abitare in alcune zone delle Americhe. Il termine
deriva dallo spagnolo chupar cioè “succhiare” e cabra, ovvero “capra” e quindi il significato letterale è “ il succhia capra”.
Il nome deriva dal fatto che sarebbe sua abitudine succhiare il sangue di capre o altri animali domestici.
Le origini del chupacabra sono sull’isola di Porto Rico. Nel marzo del 1995 iniziarono a spargersi strane voci su capre e
altri animali da cortile trovati morti e apparentemente dissanguati. Ad agosto dello stesso anno Madelyne Tolentino,
casalinga di Canovanas, vide uno strano animale bipede con arti sottili, senza naso e orecchie, occhi rossi e una cresta
di spine sulla schiena. Di lì a poco la storia si diffuse velocemente grazie anche ad un gruppo locale di ufologi e fu fatto
un vero e proprio identikit della bestia, che finì su uno dei giornali di Porto Rico.
Una ricostruzione del chupacabra.
Crediti: www.commons.wikimedia.org
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Il chupacabra viaggia in USA
In diverse parte dell’America Latina iniziarono a girare storie della bestia leggendaria, fino a che in Texas trovarono
addirittura delle carcasse di presunti chupacabra. Durante il viaggio però verso gli USA il suo aspetto era cambiato: gli
avvistamenti parlavano di un quadrupede privo di peli o quasi e di molte caratteristiche in comune con i canidi e altri
carnivori. L’unica caratteristica rimasta in comune con il chupacabra portoricano era il fatto di succhiare il sangue delle
sue vittime fino a dissanguarle. Dopo analisi dettagliate delle carcasse ritrovate, comprese quelle del DNA, si scoprì che
si trattava di comuni canidi, ma con malattie, come la scabbia, che li rendevano irriconoscibili alla gente comune poiché
perdevano totalmente o quasi il pelo.
Coyote malato di scabbia. Crediti: www.commons.wikimedia.org
Soluzione del mistero del chupacabra
Cosa aveva dissanguato tanti animali e cosa era la strana creatura vista a Porto Rico?
L’unico modo per stabilire se una animale è stato dissanguato, è l’autopsia. L’assenza di sangue sul luogo della
predazione e nell’incisione dei tessuti, non significa nulla, infatti, un predatore selvatico può uccidere diversi animali
domestici senza lasciare tracce di sangue, prede che possono morire per shock o trauma interno. Non tutti i tessuti di un
animale morto da diverse ore contengono sangue, perché il sangue per gravità è raccolto nelle parti più basse del
cadavere. In nessuna delle autopsie fatte sulle presunte vittime della bestia, si è riscontrato un dissanguamento. Quindi
la descrizione della scena del crimine è assolutamente indistinguibile da quella di una predazione da parte di un animale
selvatico. Bisogna chiarire anche che nel 1995 a Porto Rico un quotidiano aveva preso a cuore la vicenda del
chupacabra, un giornale a stampo quasi scandalistico, che avrà esagerato appositamente riportando ogni vittima dei
cortili e pollai e classificando i fatti come misteri insolubili.
La descrizione della Tolentino era pura fantasia?
Madelyne Tolentino non deve per forza aver mentito per creare una bufala, ma in perfetta buona fede ci si può sbagliare
anche se si è convinti che quella sia la verità. Il processo viene chiamato in psicologia confabulazione, che consiste nella
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costruzione fantastica, prendendo spunto da un qualunque suggerimento o domanda, di falsi ricordi riferiti a situazioni ed
avvenimenti irreali.
Benjamin Radford, scrittore che indaga su fenomeni paranormali da anni, ha una teoria a proposito: secondo lui, infatti,
la descrizione della Tolentino è stata ispirata ad un film di fantascienza Species del 1995. La creatura del film,
chiamata Sil , nasce da un mix di DNA umano e DNA alieno che guarda caso assomiglia tantissimo al mostro descritto.
La Tolentino nel 1996 aveva dichiarato di aver visto prima dell’avvistamento proprio quel film e che era rimasta
sbalordita dalla somiglianza tra il mostro da lei visto e quello del film!
Seguendo le orme del Bigfoot
Bigfoot o sasquatch è una leggendaria creatura dalle fattezze scimmiesche che dovrebbe vivere nelle foreste
dell’America settentrionale. Sembra che la maggior parte delle segnalazioni della sua presenza arrivino dagli stati di
Washington e Oregon. Non ci sono vere prove della sua esistenza se non foto, orme anomale di piedi e un video. Il
bigfoot dovrebbe essere alto dai 2 ai 3 metri, con folta peluria rosso-nera e grandi piedi (da cui il nome) che lascerebbero
orme di 43 cm sul terreno. E’ descritto come un ominide bipede, con volto simile a quello umano con occhi grandi e una
cresta abbassata sulla testa. Sembra privo di collo e potrebbe pesare all’incirca 225 kg.
Sono diverse le teorie formulate dalla comunità criptozoologica. In una di queste si parla di primati sconosciuti, creature
aliene, megateri (genere di mammiferi estinti che comprendono bradipi giganti) sopravvissuti all’estinzione. Già dal 1900
si parla di un incontro tra due cacciatori e un orso bruno violento e stranissimo. In seguito questo incontro verrà trattato
come uno dei primi incontri con bigfoot.
Ricotruzione del bigfoot. Crediti: www.commons.wikimedia.org
L’antropologo Gordon Strasenburgh e il primatologo John Nepier hanno teorizzato che i bigfoot siano ominidi
sopravvissuti all’estinzione, in particolare dei Paranthropus robustus o Australopithecus robustus (cioè una specie
di mammifero ominide estinto, vissuto fra i 2,3 e gli 1,2 milioni di anni fa). Contro questa teoria però vi sono i resti di
questa famiglia ritrovati unicamente nell’Africa meridionale. Altri pensano che il bigfoot sia imparentato con lo yeti del
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Tibet e l’alma della Mongolia. Nel caso dello yeti, esisteva un cranio conservato in un tempio tibetano, rivelatosi in
seguito un falso, mentre per questa creatura pelosa ci sono solo video ritenuti falsi.
Un video di cui si parla ancora…
Uno dei video più incredibili di bigfoot, e di cui si è parlato a lungo, è stato girato il 20 ottobre 1967 da due cacciatori
Roger Patterson e Bob Glimin. Nel video, girato vicino al fiume Bluff Creek, si vede un’enorme creatura pelosa bipede,
che cammina con passo incerto, girarsi verso i due uomini e poi infilarsi nella foresta. A distanza di tanti anni ancora
nessuno ha accertato al veridicità del filmato.
Secondo il regista John Landis nel video si vede un uomo travestito da bigfoot , con un costume ideato secondo lui dal
truccatore che vinse l’Oscar per “ Il pianeta delle scimmie”, John Chambers. Il Sig. Bob Heironimus confessò di aver
indossato un costume da bigfoot creato dal costumista Philip Morris e venduto ad un certo documentarista dilettante
Roger Patterson. Patterson fino alla sua morte avvenuta nel 1972, ha sempre sostenuto l’autenticità del filmato.
Per vedere il video di Patterson clicca qui
Pro e contro a favore il filmato di Patterson
Vari sono i tentativi per dimostrare che il filmato sia vero e altrettanti tentativi sono stati fatti per dimostrare il contrario.

Pro: il giornalista John Green sostenne per primo che né Patterson né Gimilin avevano i mezzi e le capacità per
realizzare un costume tanto elaborato. Molti esperti di effetti speciali dichiararono che a quell’epoca non
sarebbero stati in grado di riprodurre niente di simile. In effetti, alla fine degli anni 60 nel campo degli effetti
speciali non si avevano casi di costumi di gorilla o uomini scimmia così credibili. Difficilissimo, infatti, riprodurre
con i mezzi di allora un costume che permetteva di osservare il movimento delle fasce muscolari sotto la pelle.
Contro: il ricercatore Daniel Perez ritiene che nel film del 1966 intitolato “One million years B.C.” ci siano uomini
scimmia truccati in modo molto simile al bigfoot del video.

Pro: l’antropologo Grover Krantz cercò di stabilire le dimensioni della creatura dalle analisi del filmato,
concludendo che le misure del presunto bigfoot non corrisponderebbero affatto alle misure di un uomo: altezza
198 cm e spessore del torace di 46 cm.
Contro: l’antropologo David J. Daegling fece una ricerca sull’” Anthropometry Sourcebook” che conteneva
misurazioni di migliaia di esseri umani appartenenti a differenti popolazioni e ne concluse con gran sarcasmo
che se non esistono esseri umani con le proporzioni indicate da Krantz, allora il 5% degli appartenenti alla
German Air Force ha bisogno di una riclassificazione zoologica!

Pro: il filmato fu analizzato anche da Jeff Glickman, un esaminatore forense professionista, specializzato in
ricostruzioni e miglioramenti grafici. I risultati furono che la creatura doveva misurare circa 225 cm di altezza,
pesare 816 kg e avere una circonferenza toracica di 210 cm, dimensioni ovviamente incompatibili con quelle di
un essere umano che indossa un costume.
Contro: per confutare questa teoria semplicemente si è dimostrato che è impossibile ricavare dati dimensionali
da un filmato di cui non si hanno dati certi. Le stime possono variare tantissimo se l‘oggetto da misurare e
quello calibratore sono fuori piano dalla cinepresa e in base all’asse ottica delle cinepresa.

Anche la locomozione di bigfoot del filmato di Patterson è stata presa in esame in modo molto dettagliato. I
movimenti della creatura erano facilmente imitabili anche da un uomo?
Pro: Il dott. Daniel Schmitt della Duke University, esperto di locomozione umana, ha suggerito che quella del
filmato è un’andatura caratteristica delle scimmie antropomorfe quando camminano erette e degli ominidi
antecedenti al Homo erectus. Un uomo è in grado di imitare tale andatura, ma richiede uno sforzo muscolare
non indifferente che affaticherebbe un uomo dopo uno o due minuti.
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Contro: nel 1971 il dott. D.W. Grieve, esperto di biomeccanica, si focalizzò sulla velocità con cui era stata
girata la pellicola. Se la pellicola era stata girata a 16 o a 18 frame al secondo, i movimenti di bigfoot erano
simili a quelli di un uomo che imita un’andatura veloce muovendosi a rallentatore, possibile soltanto ad una
creatura con un metabolismo e un sistema neuromuscolare molto lontano da quello umano. Se invece era stata
girata a 24 frame al secondo, il video mostrava un uomo che camminava ad una velocità sostenuta. La
cinepresa di Patterson poteva registrare a due velocità sia a 16 sia a 24 frame. Si registrava a quell’epoca a 16
frame per secondo in genere a livello amatoriale, mentre a 24 per i documentari in modo che potessero essere
riprodotti in televisione. All’inizio Patterson dichiarò che aveva girato il video a 24 frame al secondo ma dopo le
dichiarazioni di Grieve, disse di non ricordarsi a quale velocità avesse ripreso bigfoot, poiché aveva preso in
fretta efuria la telecamera durante l’avvistamento improvviso e che questo forse avrebbe modificato
involontariamente le impostazioni. In realtà con la stessa telecamera di Patterson, cambiare tale modalità
richiede movimenti determinati che non possono avvenire casualmente soltanto scuotendo malamente la
cinepresa.

Pro: perché Patterson si sarebbe complicato la vita ricostruendo un bigfoot femmina con tanto di mammelle che
renderebbero il costume ancora più complicato?
Contro: Patterson un anno prima della realizzazione del filmato in oggetto aveva scritto un libro proprio
sull’esistenza di un abominevole uomo delle nevi e lo aveva illustrato lui stesso. Si trova “casualmente” in
questo libro una ricostruzione di un bigfoot femmina con le stesse caratteristiche di quello del filmato, sia dal
punto di vista posturale sia fisico!
Quando creature leggendarie diventano nuove specie…
Era il 1938 quando Marjorie Courtenay-Latimer, curatrice di un museo di East London, Sudafrica, si mise ad esaminare il
pescato di alcuni pescatori locali in cerca di animali marini insoliti. Trovò cosi un pesce blu davvero particolare, catturato
da alcuni pescatori di squali nell’Oceano Indiano all’altezza della foce del fiume Chalumna. Tornata al museo si rese
conto che non era capace di classificarlo e così chiese aiuto al collega professor James Leonard Brierley Smith. Il pesce
fu imbalsamato e identificato da Smith come un celacanto, genere conosciuto solo da resti fossili fino a quel tempo. La
specie venne chiamata Latimeria chalumnae in onore della scopritrice e della zona in cui fu pescato.
Iniziò così una caccia mondiale per trovare nuovi esemplari di celacanto con un premio di 100 sterline, somma notevole
a quell’epoca per i pescatori africani. Nel 1952 fu ritrovato un altro esemplare alle Comore. All’inizio si pensò che fosse
un altro ritrovamento unico, ma si scoprì presto che gli abitanti delle isole Comore conoscevano bene quel pesce
chiamato gombessa o mame. Il pesce, infatti, ogni tanto finiva nelle reti dei pescatori per sbaglio, pesce che per loro non
aveva nessun valore economico, poiché le sue scaglie secernono muco e il corpo trasuda olio che, essendo lassativo, lo
rende immangiabile se non viene disseccato e salato. All’inizio questo esemplare fu classificato come un’altra specie ma
in seguito si capì che la mancanza della pinna dorsale dell’esemplare era dovuta semplicemente ad un incidente
avvenuto in giovane età.
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Un celacanto
Nel 1997 Arnaz e Mark Erdmann durante la loro luna di miele in Indonesia, al mercato di Manado Tua sull’isola di
Sulawesi, si imbatterono in un pesce che sembrava la gombessa ma di colore marrone invece che blu. Pubblicarono la
foto del pesce su internet e fu notata da un esperto che fece in seguito il test del DNA. Si scoprì così che quella specie,
chiamata dagli indonesiani Rajah laut (re del mare,) non era la stessa del celacanto delle Comore: la nuova specie fu
chiamata Latimeria menadoensis.
a cura di Tiziana Bosco
Fonti
www.criptozoo.com