Comunicazione scientifica e tecnologica
Marco Piersanti
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Bertrand Russell
L’ABC della relatività
(The ABC of Relativity)
“Tutti sanno che Einstein ha fatto qualcosa di sorprendente, ma pochi sanno che cosa abbia fatto
esattamente”. Così si apre il celebre testo di Russell dedicato alla teoria che Einstein elaborò tra il
1905 e il 1915 e con la quale rivoluzionò l’intera concezione del mondo fisico. Il saggio, scritto nel
1925, rimane dopo ottant’anni forse la migliore introduzione al pensiero di Albert Einstein, e non
certo per mancanza di concorrenza. Esistono infatti innumerevoli esposizioni popolari della teoria
della relatività, ma in genere esse cessano di essere comprensibili proprio nel punto in cui iniziano
a spiegare qualcosa di importante. Proprio qui sta la forza dell’opera di Russell, che mediante l’uso
di una lunga serie di paragoni e similitudini, esempi di vita reale e immagini alla portata di tutti
(dalle scale mobili alle chiatte sui fiumi, dagli sciami d’api ai galli sullo sterco, dai topi nelle
incubatrici alle tigri in mezzo alla folla, dall’ottimismo degli americani al pessimismo degli slavi),
riesce a chiarire anche i punti apparentemente meno intuitivi e più difficoltosi della teoria di
Einstein; Russell riesce così nell’intento di “cambiare l’immagine del mondo che ci siamo costruiti
con la fantasia”, che fondamentalmente è l’essenza della comprensione della teoria della relatività.
L’autore introduce gradualmente tutti i concetti che sono alla base della “rivoluzione einsteiniana”,
partendo dai sensi e dalla percezione che l’uomo ha del mondo fino a ridefinire concetti che
sembrano banali come il moto, lo spazio, il tempo. Tutto ciò premesso, il discorso si focalizza sugli
aspetti che più caratterizzano la teoria in esame, e quindi si analizza la natura e la velocità della
luce, la questione della sincronizzazione degli orologi e l’arbitrarietà dell’idea di simultaneità; infine
l’introduzione dello spazio-tempo al posto del tradizionale spazio e tempo (chiarito
straordinariamente dal paragone con l’archiviazione della storia e della geografia in favore di una
nuova scienza chiamata geostoria o cronogeografia) e delle nozioni di evento e intervallo tra
eventi. Si è quindi giunti alla teoria della relatività ristretta, illustrata sempre con dovizia di
esemplificazioni che sorprendono per la loro semplicità ed efficacia; concetti come la dilatazione
dei tempi e la contrazione delle lunghezze, che di norma si scontrano con la visione comune,
appaiono qui come immediate conseguenze dei ragionamenti precedenti. Prima di passare
all’esposizione della teoria della relatività generale Russell spiega i motivi per i quali la teoria della
gravitazione di Newton si dimostra fallace in quanto ancorata al concetto di “distanza a un dato
istante”, concetto che dopo la relatività ristretta perde significato, ed espone le conferme
sperimentali alla teoria della gravitazione basata sul modello di Einstein. Quindi l’autore si dedica
alla correzione delle definizioni di massa («massa propria»), momento ed energia (equivalenza
massa-energia) e introduce l’azione, concetto che costituisce la base della teoria dell’espansione
dell’universo e del movimento dei pianeti e delle stelle nello spazio («principio di minima azione»):
“Un poeta potrà dire che l’acqua (di un fiume N.d.A.) scorre verso il basso perché è attratta dal
mare, ma il fisico e il comune mortale diranno che in ciascun punto l’acqua si muove come si
muove a causa della natura del terreno in quel punto, senza tener conto di quel che troverà più
avanti. Come non è il mare a indurre i fiumi a correre verso le sue acque, così non è il sole a
indurre i pianeti a girargli intorno. I pianeti girano attorno al sole perché questa è la loro cosa più
semplice da fare, nel senso tecnico della «minima azione»”.
Il discorso poi si concentra sulle conseguenze della relatività sulle nozioni della fisica classica e in
modo particolare sull’abolizione della nozione di forza e sulla ridefinizione del concetto di materia,
che permettono all’autore di concludere con una speculazione filosofica: “Quel che sappiamo della
materia, per quanto sia astratto e schematico, è sufficiente, in linea di principio, per farci
conoscere le regole in base alle quali la materia produce in noi percezioni e sensazioni; ed è
proprio da queste regole che dipendono gli usi pratici della fisica…Sappiamo molto poco, e tuttavia
è sorprendente che sappiamo tanto, ed è ancora più sorprendente che conoscenze così limitate ci
assicurino tanto potere”.
Il valore di questo saggio risiede appunto nella sua efficacia comunicativa; confrontandolo ad
esempio con Sei pezzi meno facili di Richard Feynman, resoconto delle lezioni che il fisico
americano tenne su questi argomenti, si possono notare differenze sostanziali proprio
nell’approccio con il lettore. Feynman introduce la teoria di Einstein più dal punto di vista tecnico,
mostrando le formule che hanno permesso di teorizzare la relatività e le loro derivazioni,
presentando esempi numerici, svolgendo sì un’analisi più accurata, ma escludendo dal discorso
tutte le persone digiune di fisica; al contrario Russell, grazie a un linguaggio semplice e diretto e
ad un massiccio utilizzo di immagini e metafore, riesce nell’intento di spiegare in maniera chiara e
efficace la teoria della relatività a un pubblico il più vasto possibile.
Come già ho avuto modo di sostenere, considero questo libro un capolavoro della divulgazione
scientifica, che se fosse riscritto oggi non richiederebbe che qualche correzione marginale, come la
rivalutazione della costante cosmologica o la deduzione dell’esistenza di una gran quantità di
materia oscura, ben al di sopra di quanto non si possa osservare, o infine un accenno alla teoria
delle stringhe, il tentativo più importante di unificare la teoria della relatività con la meccanica
quantistica. Ma si tratta di argomenti discussi in molti libri divulgativi facilmente accessibili a
chiunque possegga una preparazione scientifica appropriata: quella, appunto, che Russell fornisce
con il suo libro.